aprile 2023

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La processione del Venerdi Santo a Somma Vesuviana con uno spendido tramonto

Aprile 2023

La processione del Cristo Morto

Ogni Paese il venerdì Santo ha un rituale diverso dall’altro In questo caso la morte di Cristo, può essere narrata in modo diverso a seconda dei numerosi paesi presenti in Campania durante la settimana Santa , ci sono molteplici elementi in comune, come la processione, una grande partecipazione sociale e la forte devozione, e altri elementi costanti e che si ripetono con una certa similarità

. Il paese di cui racconto è Somma Vesuviana, una frazione situata nel cuore del parco Nazionale del Vesuvio e precisamente racconto della giornata dedicata alla processione del Venerdì Santo.

Questo tipo di rituale ha origine a partire dall’800 e venne istituito dalla Reale Arciconfraternita Pio Laical Monte della Morte e della Pietà, questa arciconfraternita nata a partire dalla metà del 1600, fu voluta da uomini illustri ed ecclesiastici dell’epoca, che debellata la pestilenza che colpì diversi paesi campani in quel secolo, istituirono come devozione quest’ordine per compire opere pie a suffragio alle anime del purgatorio. Oggi alla realizzazione di questa processione oltre alla Reale, ci sono anche altre confraternite che partecipano indossando sai bianchi e si distinguono tra loro a seconda dei diversi colori dei cordoni che ne identificano l’appartenenza, questi devoti, con in mano lunghe candele, scortano la statua di Cristo deposto dalla croce e della Madonna in tutta la processione, intonando il Miserere, simulando così una lunga veglia.

Un rituale emozionante

La processione inizia nel tardo pomeriggio quando dall’interno della chiesa della Collegiata, situata tra le mura dell’antico borgo del Casamale, che risale al periodo della dominazione degli Aragonesi a Napoli, esce la statua dell’Immacolata, vestita di nero e con ai piedi la statua del Cristo morto, seguono all’uscita dei due simboli della sacralità, una folla di fedeli che accompagnano il lungo cammino dove sarà presente la banda che intonerà in tutto il paese le marce funebri raccontando attraverso la musica la straziante fine di Cristo e il dolore della madre. La processione, dopo aver toccato le tappe principali del paese, termina con il ritorno delle statue in tarda serata, in Chiesa.

Si assiste ad una vera e propria spettacolarizzazione della religione, dove immancabile oltre alla musica sono gli applausi che sostengono il corteo e il pathos che inevitabilmente, esso tende a regalare ai suoi spettatori

Stiamo trascorrendo un lungo periodo difficile. La guerra in Ucraina non sembra dovere finire in tempi brevi, mentre in tante altre parti del Mondo imperversano conflitti, mobilitazioni, scioperi. E poi, il terremoto in Siria, la lotta per la sopravvivenza di intere popolazioni che cercano la salvezza scappando dalle loro terre martoriate ,affidandosi a scafisti privi di scrupoli, alla ricerca, talvolta vana, di porti sicuri. Ed ancora, il cambiamento climatico, che ci fa tanto preoccupare per il futuro dei nostri figli. Insomma, tutto ci porta ad essere malinconici e sfiduciati. Pur tuttavia, non dobbiamo abbatterci e non ci deve mancare la speranza che, come si dice, è sempre l'ultima a morire. E,quando al mattino ci si sveglia con il sole tra un cielo sereno, gli alberi fioriti e il cinguettio degli uccelli, viene voglia di pensare alla Pasqua ormai vicina e di prepararsi alla Festa che viene. Si sente già dovunque un piacevole profumo di carciofi arrostiti, casatielli rustici, e dei buoni dolci tipici di questo periodo, la colomba, la pastiera,le zeppole. Ma soprattutto, si sente il bisogno di stringersi in un abbraccio collettivo e si ha tanta, ma tanta voglia di pace, di serenità, di amore. Basta guerre, basta sofferenze, basta morti,sogniamo un mondo migliore. Buona Pasqua di Resurrezione per tutti.

Polittico Averoldi, 1520-1522, Olio su tavola, 278 x 292 cm, Brescia, Collegiata dei Santi Nazaro e Celso

Longola e gli Yanomami di Jussara Alvarez

Una giornata soleggiata, un limpido cielo azzurro ed una brezza primaverile gradevole, a ben dire molto attesa, è ideale per immergersi nell’età del bronzo presso il Parco archeologico Naturalistico Longola di Poggiomarino, definito dagli archeologici la Venezia di 3500 anni fa. Il territorio italiano sorprende sempre. Nel 2000 durante i lavori per la costruzione del depuratore delle acque reflue di Poggiomarino – Striano, ci fu il ritrovamento di questo importante insediamento perifluviale nella piana del Sarno. Le campagne di scavo, hanno rivelato le progredite conoscenze idrauliche possedute dagli abitanti del sito. La lentezza del fiume Sarno dovuta alla sua pendenza pari a poco più di 20 metri dalla foce fino a Castellamare faceva del fiume un veicolo importantissimo come via di trasporto, commercio e comunicazione per la navigazione, sia a salire contro corrente che a scendere verso la fascia costiera, lo testimonia il ritrovamento di due canoe di quercia, una delle quali ancora con il suo carico a bordo. Acqua purissima, circondato da boschi e una fauna straordinaria allora il fiume non era diritto come lo conosciamo oggi e in quella zona si allargava permettendo al villaggio di estendersi, per circa sette ettari su isolotti ricavati artificialmente in una laguna del fiume Sarno, separati tra loro da canali limitati da palizzate lignee, utilizzate sia per il drenaggio dell’acqua che per le navigazioni. Sugli isolotti erano impiantate capanne in legno, generalmente a pianta sub rettangolare, dotate di tetto a doppio spiovente e all’interno un focolare o un piccolo forno domestico con un ambiente separato forse per provviste o deposito. Queste strutture, infatti, non avevano solo una funzione abitativa, ma erano destinate anche alle fiorenti attività artigianali, che sono ben documentate attraverso i numerosissimi oggetti rinvenuti durante le ricerche, realizzati in metallo, osso, pasta vitrea e ambra e trovati spesso anche non finiti o mal riusciti

Osservando le capanne dall’interno, la divisione, il punto dove accendevano il fuoco e le loro abitudini descritte dalle preziose parole del Prof. Salvatore Ciro Nappo guida di questa visita culturale, la mia mente inevitabilmente si è catapultata al nord del Brasile nel territorio del popolo Yanomami un’area delimitata trent’anni fa, che ospita 28.000 indigeni in più di 300 comunità, al nord del Brasile e al confine con il Venezuela. A prescindere dagli aspetti che in un certo modo accomunano lo stile di vita dei villaggi di Longola e Yanomami, quest’ultimo esiste ancora oggi e vive in quelle capanne e si basa su un sistema comunitario millenario, ma sono minacciati anche se si trovano nel proprio territorio. Infatti sono finiti nella cronaca attuale per le difficili condizioni di vita cui sono stati sottoposti a seguito dell’estrazione di minerali autorizzata dal precedente governo, ampiamente documentate Le spaventose immagini dei corpi scheletrici dei bambini come anche degli adulti Yanomami sconvolgono. Non sono scene di una realtà lontana, ma un'atrocità che si sta compiendo in questo stesso momento! La sussistenza degli Yanomami dipende dalle risorse naturali, dall’acqua dei fiumi, dalla fauna e dalla natura dalla quale estraggono il necessario per la sopravvivenza e le cure che si basano sulla loro medicina tradizionale. Intanto, il loro purissimo territorio è stato stravolto e avvelenato dai prodotti chimici utilizzati senza scrupolo nella zona. Uso l’espressione “puro” perché i popoli indigeni si spostano di continuo per permettere la rigenerazione naturale dell’ambiente.

Sono esperti dei cicli naturali e portano rispetto assoluto per la madre terra, attitudine per la quale sono denominati “guardiani delle foreste”. Quel territorio sano, amato e curato dagli Yanomami, la cui occupazione è precedente alle date raccontate nei libri di storia, come quella della scoperta del Brasile nel 1500, risale a più di 8000 anni fa quando antichi popoli si spostavano dall’ Africa e dall’Asia verso quel continente

Le aree identificate e riconosciute come “riserve” dovrebbero essere protette dal governo, ma sono diventate teatro di atrocità perpetrate da chi distrugge la foresta, contamina i fiumi, provoca malattie, fame, morte e conduce inevitabilmente all’estinzione di popoli

.

Migliaia di indigeni sono stati abbandonati al loro destino e più di cinquanta bambini hanno perso la vita in questa indicibile tragedia umanitaria. Le capanne di Longola e degli Yanomami hanno molto in comune con la differenza che: Longola si presume sia stata abbandonata per un insediamento nuovo più favorevole alle attività di chi lo abitava e fu certamente frutto di una scelta libera e comunitaria; gli Yanomami, come le altre etnie che nel 1500 contavano dai 3 a 5 milioni di indigeni, d’allora subirono un processo di conquista, genocidio e violenza culturale iniziato dai portoghesi e perpetuato fino ai nostri giorni. Oggi risultano circa 360 mila indigeni secondo la Funai Fondazione Nazionale dei Popoli Indigeni. Una tragedia umanitaria profondamente vergognosa per il Brasile. Longola oggi è un parco protetto e dalla sua storia stiamo imparando tanto su questo territorio e sull’uomo di quel periodo, ma mi domando cosa sarebbe oggi la foresta Amazzonica Brasiliana senza i suoi abitanti originari, custodi della cultura ancestrale incentrata sulla conservazione della natura. Mi auguro che le demarcazioni e la sicurezza delle aree indigene in Amazzonia e in tutto il Brasile siano riprese, che gli invasori siano rimossi e che vengano applicate risorse finanziarie per il benessere di questi popoli, ma più di tutto mi auguro che ci sia un governo determinato nel combattere l’illegalità e la violenza al fine di raggiungere risultati che sostengano l’umanità.

Inspiegabile di Nicola Scanga

Inspiegabile vertigine.

Su di un piano inclinato, una pendenza.

Una scivolata improvvisa.

Una luce che acceca, riverbero di un giorno andato.

Pace al cuore.

Tempi lunghi, tempi di riposo.

Tempo di attesa, tempo molle.

Tempo che assale.

Luci bianche, luci di un'alba che si spegne.

Raccolta, racchiusa, nel desiderio di un mattino.

Luce calda che avvolge, onda lunga che riscalda. Vapore che accarezza.

Inspiegabile passione. Inspiegabile desiderio Ombra lunga di una vita narrata. Cuore giallo di Narciso, ombra lunga di un giorno buono. Ombre bruciate da un sole allo Zenit. Sciami di pensieri nel petto, risuoni di rintocchi, che spengono il giorno. Anticipo di notte fredda.

Pelle scura, cute nera. Pieghe sulla pelle, sintesi.

Racconti corti. Riassunto di una vita breve. Luna nel verso nuovo. Assente.

Consapevolezza, certezza, che affiora.

Pianto tra le righe, presente e futuro.

Pieghe di colori. Ombre in chiaroscuro.

Lettere che scendono, appiccano il fuoco all'anima

Il grande successo di Tananai e la sua Tango!

Giovane e frizzante, Tananai è uno dei cantautori in ascesa nella piazza musicale italiana. Gli ultimi anni sono stati di brillante carriera per il cantante milanese: debutta con il pezzo “Sesso occasionale” a Sanremo 2022, che ottiene una posizione mediocre in classifica, ma che guadagna grande fama e approvazione successivamente. Il successo conseguito lo porterà di nuovo sul teatro dell’Ariston, dove sorprende il pubblico con la canzone “Tango”, quinta in classifica. Il pezzo, scritto dal giovane ventisettenne, è un tributo all’amore di fronte a un mondo problematico e soprattutto di fronte alla terribile guerra che spezza legami e separa i cuori di coloro che si amano.

“Tango non è una canzone sulla guerra, ma sull’amore e sulla sua potenza. Un testo che racconta la storia di Olga, Maxim e Liza: quello che mi premeva portare al Festival di Sanremo era un messaggio, per mettere a fuoco ciò che accade alle persone, aldilà di tutte le strategie politiche e le notizie che si possono leggere sulla guerra. Ho capito che, attraverso le mie canzoni, posso raccontare il mondo e ciò che succede” racconta Tananai a Sky Tg24.

Tananai si trasforma nella voce di chi purtroppo non può raccontare, nel pensiero di chi ha vissuto e sta ancora vivendo la tragedia nella guerra; Tananai racconta la vita di persone semplici, di genitori, figli, coppie, uomini e donne separati dalla brutalità della guerra.

“Molte persone, ascoltando la canzone, hanno detto che è un testo molto bello. Poi, vedendo il video, si sono resi conto di cosa effettivamente parlo. Sono convinto che la semplicità ha delle immagini che sono, in questo caso, i sorrisi e video che si mandano Olga e Maxim. Volevo che il testo fosse semplice, un testo a cui unire un video, che fa comprendere al meglio il significato di questa canzone. Olga e Maxim, in questo video, parlano l’uno all’altro, non comunicano con il mondo. Ma sarebbe bello se il mondo aprisse gli occhi e cogliesse questi messaggi" spiega il cantante.

Olga e Maxim sono due innamorati separati dal conflitto russo-ucraino. I due hanno Liza, la loro figlia quattordicenne. Il video della canzone rievoca tutti i momenti magici vissuti dalla coppia, tristemente alternati con immagini di guerra, di palazzi in fiamme, di Maxim che si prepara agli scontri o che suona la chitarra per la sua Olga; tuttavia, come dice Tananai, questo è un pezzo dove i grandi sentimenti sono protagonisti. “Amore mio, noi stiamo bene. Fa un po’ meno freddo. Ora ci sono -12 gradi, ma c’è molto vento. Comunque non abbiamo freddo. Mi sta scaldando il tuo amore…e il tè. Va tutto bene. Ti adoro.”: l’ultima parte del video mostra un video che ritrae Maxim mentre dedica queste significanti parole ad Olga. Se c’è lei, distante o vicina, tutto va bene.

Ti guardo e lentamente scivola la sottana di seta sul tuo fondoschiena. Sei stanca, una giornata di routine non cancella il sorriso riflesso nello specchio della nostra camera.

Ti adagi di fianco la protezione di una stretta allontana ogni libertà e forte al mio petto avverto il battito del tuo cuore come respiro dell'universo.

Su quel viso una ruga segna il tempo che ti vede matura Sei donna che porta in seno la ricchezza del genere umano, forte

come arbusto che non si lascia piegare dalla tempesta, fragile

quando asciughi una lacrima per le disgrazie dell'umanità

“L’occasione di trascorrere una domenica mattina immersi nella musica e nell’arte, per partecipare ad una significativa iniziativa musicale dedicata a chi è ancora capace di sognare, di credere nel messaggio universale e pacificatore della musica, di provare forti emozioni” . È così che la professoressa Nensi Romano, ex presidente Fidapa, ci presenta il suo progetto: un percorso storico-artistico del Museo archeologico di Nola preceduto dall’ascolto dal vivo di gruppi e formazioni musicali di riconosciuta fama, articolato in 5 concerti svolti la domenica mattina (in media un concerto al mese) e preceduti da altrettante esibizioni, il giovedì mattina, destinate agli studenti delle scuole del territorio. Grazie alla disponibilità della professoressa Annamaria Silvestro (presidente delle Fidapa-sezione di Nola) e dell’architetto Giacomo Franzese (direttore del museo), nonché alla collaborazione viva degli esperti musicisti Filomena Carrella, Domenico Sodano e Luigi D’Avanzo, tutto ciò che poteva sembrare solo un’utopica idea si è trasformata in pura realtà. Dal 19 Febbraio si è avviata, infatti, la programmazione ufficiale che sta conducendo gli ospiti in un percorso che spazia dalla musica medievale a quella da camera, dalla liederistica al cantautorato, dal jazz al folk, dalla musica etnica alla world music. Grande successo ha riscontrato il concerto svolto Domenica 5 marzo, a cura del gruppo Gatos do Mar. Un’arpa e una voce, sorretti dal ritmo delle percussioni, hanno viaggiato ascoltando il richiamo del mare su una zattera di corde e suoni. Attraversando l’oceano tra jazz e folk, bossa e fado, il canto unico e inconfondibile di Annalisa Maddona ha guidato la zattera dei Gatos do Mar, accompagnata dall’eclettica arpa di Gianluca Rovinello e dalle percussioni di Pasquale Benincasa. I vari brani sono stati presentati con elegante ironia, voglia di divertire e divertirsi

. La “zattera” ha viaggiato portando con se le sue storie: alcune serie e profonde come il singolo “Salamastra”, dedicato alla pietra di sale dell’isola di Capri che come un ricordo risorge dalle ceneri; altre ironiche, come l’esilarante e originale “1,93 cm blues”. Non sono mancati i commenti più intimi, come quelli garantiti dalla splendida “Catania”. Molto atteso, tra i vari concerti ancora in programma, quello che si svolgerà Domenica 16 Aprile: Gelsomina Rainone dipanerà il filo della memoria del ‘900 eseguendo dal vivo e raccontando la storia degli indimenticabili capolavori della musica d’autore, con la direzione sonora di Antonio Ferraro che, al pianoforte, rivestirà e armonizzerà fra loro 100 anni di splendide melodie e mode musicali. Il consiglio è dunque quello di non perdere questa caleidoscopica esperienza musicale dove la Musica si esprime senza confini di generi e di stili, presentando il suo carattere di universalità e di libertà all’interno del Museo Archeologico, una perla cheracconta il passato del nostro territorio

Sono Giuseppe, ho 27 anni e sono un imprenditore. Certo, in Italia a 27anni “ imprenditore ” è spesso un termine ritenuto eccessivo, si preferisce definire il tutto come “giovane imprenditore” e questo può far già capire le difficoltà che noi giovani riscontriamo per fare impresa in Italia. In questo articolo, do la mia mia diretta testimonianza delle difficoltà che ravviso ogni giorno nel mio territorio di origine e di lavoro. Oggi fare” Impresa ” in prima persona è diventata davvero”un’impresa”, non un semplice gioco di parole. Le difficoltà sono svariate, e se dovessi iniziare a parlarne dal punto di vista prettamente economico, non potrei fare altro che fare riferimento all’eccessiva tassazione, agli eccessivi costi che ogni passaggio burocratico porta con sè. In realtà, vorrei approfondire alcune tematiche e difficoltà che si riscontrano soprattutto al Sud,diversamente da quelle solite economiche. Mi rendo conto che proprio quest’ultime sono una premessa fondamentale per arrivare alla grande difficoltà sociale che sto ravvisando negli ultimi anni, ovvero: La Mancanza di Nuovi Imprenditori e Nuovi Progetti. E’ chiaro ed evidente che proprio le difficoltà nette e risapute in materia burocratica e fiscale, nello specifico, stanno contribuendo in gran parte ad allontanare le nuove risorse dai settori di impresa.

Il sistema di contribuzione del personale gravante interamente sulla stessa impresa, i costi fissi saliti alle “stelle” con l’inflazione e l’aumento del costo delle risorse energetiche, stanno asfissiando i diversi settori e stanno creando paura ed insicurezza in chi vuole provare un percorso lavorativo indipendente. In particolare al Sud, dove storicamente vi sono minori risorse e disponibilità economiche da investire rischiando in proprio, il presentarsi di queste condizioni lavorative , finisce per far fare scelte diverse anche a chi vuole “inseguire un sogno”, un progetto personale. Vi sono alcune iniziative statali che puntano a sostenere nuovi progetti, ma l’accesso ad esse è limitato da alcune condizioni che le rendono fruibili solo a una minima quota di persone, divenendo di fatto inaccessibili ai più.

Tutto questo finisce per togliere coraggio a gran parte delle nuove generazioni,qui al Sud già penalizzate dalla mancanza di un piano industriale e dove paradossalmente I tanti tesori artistici e naturali sembrano non decollare mai ,mentre dovrebbero essere il volano per tutta l’economia della nostra Campania. Alla fine non solo I giovani che vogliono fare impresa ,ma anche I giovani professionisti ,obtorto collo punta alla “conquista” del cosidetto “ posto fisso” come sogno lavorativo.

Ma che direzione è questa?

L’Italia è stata sempre, storicamente, un paese dal PIL forte, fatto di grandi e piccole aziende, industrie, ma anche con un settore terziario forte e creativo, dal commercio alla ristorazione. Avremmo tutti gli elementi per continuare a portare avanti questa lunga storia italiana, ma ci mancano le giuste condizioni .

Ad oggi fare impresa al Sud, è diventata più una gara di sopravvivenza che altro.

Questo giustificherebbe la scelta delle nuove generazioni di puntare al “posto fisso”, ad un percorso sicuro, ma allo stesso tempo non è accetabile.

L’Italia è da sempre un paese di grandi imprenditori, che hanno segnato la storia, rendendo grande questo Paese nel mondo; ma cosi cosa diventerebbe?

Un paese senza nuove idee, nuovi progetti, destinato a seguire le linee economiche dettate da aziende estere che arrivano qui a fare lavoro. .

E allora la mia difficoltà più grande che sto constatando in questo momento è la mancanza di un confronto con persone della mia generazione, la possibilità di unire le forze e le idee per dar vita a nuovi progetti e nuove realtà. Così facendo quei pochi come me, che intraprendono un percorso autonomo e indipendente, sono destinati a restare soli con le loro idee ,e questo finirà per limitare anche loro stessi.Questa aria di passività e insicurezza economica che si respira da troppo tempo al Sud finisce per condizionare e, difatti, limitare anche chi ha deciso di fare impresa.

E’ necessario fare qualcosa per dare possibilità a tutti coloro che, come me, portano dentro il proprio cuore il sogno di fare libera impresa. Il sogno di “mettersi in gioco” di puntare sulle proprie idee, sul proprio lavoro, per arrivare a risultati di qualsiasi tipo e qualsiasi entità e per generare cosi nuovo lavoro e nuove ricchezze per se e per la mano d’opera.

Bisogna migliorare le condizione lavorative,in materia fiscale e burocratica per dare maggiore leggerezza alle imprese; ma soprattutto bisogna facilitare i percorsi di accesso ad un credito, senza interessi, per l’avviamento di nuovi progetti. Quest ultimo dovrà essere ovviamente accompagnato da un sistema di controllo adeguato e progressivo,dove si possano effettivamente elargire risorse economiche per progetti chiari, definiti e in reale costruzione, senza creare invece un nuovo strumento di truffa ed inganno .

Cosi facendo, queste risorse statali investite saranno nuova linfa per la stessa economia del Paese, perchè creeranno nuovi flussi economici e nuove entrate, contribuendo ad un miglioramento dei risultati macro economici della nazione.e cosa fondamentale una ricaduta sulle famiglie ,ormai ,provate da un’economia asfittica.

Mi auguro,quindi, che questa mia piccola testimonianza possa arrivare a chi può cambiare le cose e provocare un senso di determinazione e di coraggio in chi la legge.

Io sono qui che attendo tanti altri che, come me, vogliano “mettersi in gioco”, per non restare nella propria solitudine lavorativa.

Riflessione di Anna Maria Ciuffa: Il giovane imprenditore si augura e noi lo appoggiamo, che altre persone si uniscano a lui per creare forza e combattere insieme tutte le problematiche che si oppongono e intralciano il desiderio di creare "imprenditoria".

È giusto incoraggiare Tale attività non è da tutti. Sono necessarie: idee chiare su ciò che ci si prefigge, capacità di gestione, conoscenza dei mercati, delle concorrenze, dei rischi che si corrono, degli ivestimenti per tenersi sempre aggiornati, ecc, ecc.

Tante sono le difficoltà ed è incoraggiare chi vuole tentare. Speriamo veramente che le loro voci possano essere udite dai responsabili del lavoro, dal governo e da quanti altri E la speranza " questa parolina importante" possa trasformarsi in realtà

Carmeno Bene, il genio dell’altro Teatro di

Ettore Donadio

Carmelo Bene nacque a Campi Salentina (provincia di Lecce) nel 1937, da una famiglia di piccoli industriali del tabacco e ciò gli consentì nell’infanzia e nell’adolescenza di avere una vita abbastanza agiata. Da sempre attratto dalla cultura, all’età di venti anni si iscrisse all’Accademia di arte drammatica “ Silvio D’Amico” che aveva sede a Roma. Questo gli darà la stura per l’inizio della sua tanto travagliata e discussa carriera artistica. Lo stabilirsi nella Capitale gli concede, tra l’altro, la possibilità di venire in contatto con i principali artefici della cultura del tempo, tra cui Pier Paolo Pasolini che, offrendogli una parte nel film “Edipo Re”, lo inizia alla carriera di attore, rendendolo così da subito famoso al grande pubblico.

Innamoratosi in questo modo della cinematografia, riesce in poco tempo a produrre, interpretare e dirigere la pellicola “ Nostra Signora dei Turchi”, trasposizione filmica di un suo romanzo. Opera complessa e anticonformista, dove non si intravede una autentica trama, ma solo episodi dal sapore onirico che non hanno apparentemente un senso logico, con voli pindarici che stravolgono il racconto.

Mentre il film fu accolto abbastanza positivamente in Francia sia dalla critica che dal pubblico, in Italia la sua rappresentazione fu un autentico fallimento.

Critici sdegnati e spettatori addirittura inferociti ne decretarono l’assoluto insuccesso che costò a Carmelo Bene addirittura la bancarotta della sua casa di produzione.

Da allora iniziò a occuparsi esclusivamente di teatro, producendosi in memorabili e incredibili performance che non si erano mai viste in palcoscenico in nessuna parte del Mondo. Tutte le opere da lui interpretate, da “Caligola” a “Manfred, da “Pinocchio” ad “Amleto”, da “Edoardo II” a “Salomè”, solo per citarne alcune tra le più note, vengono in effetti completamente stravolte grazie alla sua geniale e innovativa concezione del “fare” teatro.

Infatti per lui, il teatro non può essere recitazione nel senso tradizionale del termine , perché recitazione significa dal latino “citare-res”, cioè citare la cosa, ossia ripetere ciò che altri hanno scritto. Ma in questo modo il teatro diviene opera morta e allora per renderlo vivo bisogna dare vita, come egli fece, alla “scrittura di scena”, cioè bisogna parlare spontaneamente nel momento in cui si va in scena. Operazione sicuramente complessa poiché comunque nel dire ci si deve sempre riferire all’argomento che in quel momento viene trattato. E così lo spettatore più che trovarsi di fronte a un argomento dal senso compiuto, viene ammaliato dalla sua “phonè”, ossia dalla musicalità delle parole dette, logicamente in maniera artistica.

E questo suo nuovo modo di intendere il teatro, poco comprensibile sul piano della razionalità, ma molto affascinante e incredibilmente nuovo, insieme alla sua singolare personalità e alla sua immensa cultura, hanno fatto di Carmelo Bene un artista di fama internazionale, le cui varie opere, non solo quelle teatrali, vengono ancora oggi lette e studiate nel Mondo intero.

Ricordati di Vivere i Filomena Menichini

Vivere di ricordi ma ricordati di vivere. Ho sempre sostenuto che i ricordi sono importanti nella nostra vita che è fatta di momenti, alcuni più felici di altri. Tuttavia, in ogni fase della vita, è importante ricordarsi di godere del presente e vivere la propria vita appieno, senza essere imprigionati dai ricordi del passato

Ci sono molti modi in cui le persone possono vivere di ricordi, spesso involontariamente. Ad esempio, alcune persone si concentrano esclusivamente su ciò che è successo nel passato e non sono in grado di apprezzare il presente. Altre persone possono vivere di ricordi perché temono l'ignoto e non sono in grado di lasciare andare il passato.

Tuttavia, non vivere nel presente può avere conseguenze negative sulla salute mentale e fisica. Essere costantemente legati al passato può portare a sensazioni di depressione, ansia e frustrazione. Inoltre, il rimpianto per ciò che si è perso può impedire di apprezzare ciò che si ha al momento.

D'altra parte, ricordarsi di vivere significa godere del presente e cercare di costruire un futuro felice. Ciò significa concentrarsi sul presente e apprezzare le persone e le cose che abbiamo nella nostra vita. In questo modo, possiamo anche creare nuovi ricordi, che ci aiuteranno a mantenere un atteggiamento positivo e a guardare al futuro con ottimismo.

Essere presenti nel momento presente richiede un certo grado di consapevolezza ; bisogna prestare attenzione al momento presente e ad accettarlo per quello che è, senza giudizio o critiche. Questo può aiutare a liberare la mente dalle preoccupazioni del passato o del futuro e permettere di godere di ciò che abbiamo qui e ora.

Inoltre, possiamo anche creare nuove esperienze e ricordi attraverso l'esplorazione del mondo che ci circonda. Viaggiare, incontrare nuove persone e provare cose nuove può portare a emozioni positive e a ricordi felici.

In conclusione, è importante ricordarsi di vivere e di godere del presente, senza essere intrappolati dai ricordi del passato. Questo ci aiuterà a mantenere un atteggiamento positivo e ottimista verso il futuro, creando nuove esperienze e ricordi che arricchiranno la nostra vita.

Riflessioni di Consiglia Carbone: " Come grato occorre il rimembrar delle passate cose", così scriveva il caro Leopardi. Ed è vero, perché il ricordo ha il potere di ridare vita a ciò che è finito per sempre. Inoltre, spesso, noi esseri umani tendiamo a ricordare solo i momenti piacevoli, escludendo quelli tristi. Ma, come dice Mena, è importante vivere il presente in modo completo, accettandolo anche quando non è come lo vorremmo, succhiandone la linfa vitale affinché ci sostenga per affrontare il futuro con entusiasmo.

Riflessioni di Maria Antonietta Borrelli: Grazie Mena di queste tue riflessioni e facciamo del “Vivere di ricordi ma ricordati di vivere” la colonna sonora della nostra vita, prendendo spunto da quello che il passato può sicuramente rappresentare, ma avendo il coraggio di guardare il presente con gli occhi dell'entusiasmo e il futuro con quelli della speranza

Riflessioni di Maria Gabriella Chirri: In ogni momento della nostra esistenza dobbiamo cercare di cogliere ciò che di buono e bello la vita ci dà. Le monete hanno due facce, sta a noi,facendo tesoro delle esperienze passate, saper guardare entrambe e ripartire sempre da quella positiva. La memoria è un bagaglio di conoscenze che ci aiuta a non commettere gli stessi errori, conserviamola, ma stiamo bene attenti a non farci prendere dalla nostalgia e dal rimpianto dei tempi passati. Brava Mena, come giustamente dici:"Viviamo il presente". Mi permetto di aggiungere, visto che il futuro è imprevedibile, di ricordare sempre ciò che diceva Ora

Il Palazzetto dello Sport di Crotone, ultima dimora di sconosciuti di

Filomena Menichini

In questi ultimi giorni abbiamo assistito e ripetutamente riflettuto su delle scene veramente strazianti che ci hanno letteralmente devastato il cuore il Palazzetto dello Sport di Crotone, da luogo di gioia e divertimento è divenuto l’ultima dimora di sconosciuti. Il palazzetto ,inaugurato nel 2016 con l’ Intento di ospitare eventi culturali per la città e la regione Calabria, sede anche della squadra di pallacanestro maschile, è divenuto un Luogo simbolico Del Dramma dei migranti che cercano Una vita migliore in Europa e che spesso Incontrano la morte nel Mediterraneo. È stato Teatro di Scene strazianti dopo il naufragio Che ha causato la morte di oltre 60 migranti davanti alle coste di Cutro il 26 Febbraio. Decine di bare sono state allineate sul campo da gioco, cinque delle quali bianche per i minorenni. Il palazzetto ,luogo dove si grida, si gioisce, si esulta,è diventato una camera ardente dove i parenti delle vittime hanno potuto dare l’ultimo saluto ai loro cari ,e dove si è svolta una preghiera Interreligiosa guidata dall’imam della moschea di Cutro e dal vescovo di Crotone. Quanto dolore si è racchiuso in questo luogo, quante lacrime versate! Sarà difficile dimenticare quanto accaduto e cancellare dalla nostra mente quelle terribili immagini di morte che peserà sulla coscienza di tanti esseri umani.

Riflessioni di Elvira Miranda: Questo scritto invita a riflettere o per meglio dire pone una questione etica alla quale è importante non sottrarsi...Personalmente ,sono dell’avviso che si dovrebbe fermare questo traffico e distruggere I trafficanti all’origine, ma non ho intenzione di entrare in merito a questa questione che comunque si basa su un giro di soldi…e intenzioni delinquenziali

Detto ciò, sicuramente le motivazioni di chi lascia la propria patria sono quelle di tutti gli emigranti e dovrebbero essere difese,per poter aiutare I veri emigranti tutto andrebbe discipinato per tutelare loro e il paese ospitante,..al di là di queste che sono questioni politiche che coinvolgono I politici degli stati di partenza e dell’Europa,voglio esprimere il mio orrore per quanto è successo e non trovo altere parole che quelle di Virgilio:

«

Huc pauci vestris adnavimus oris. Quod genus hoc hominum? Quaeve hunc tam barbara morem permittit patria? Hospitio prohibemur harenae; bella cient primaque vetant consistere terra.Si genus humanum et mortalia temnitis arma, at sperate deos memores fandi atque nefandi.»

«In pochi a nuoto arrivammo qui sulle vostre spiagge. Ma che razza di uomini è questa? Quale patria permette un costume così barbaro, che ci nega perfino l’ospitalità della sabbia; che ci dichiara guerra e ci vieta di posarci sulla vicina terra.

Se non nel genere umano e nella fraternità tra le braccia mortali, credete almeno negli dèi, memori del giusto e dell’ingiusto.»

Eneide, Libro I 538-543.

Riflessioni di Jussara Alvarez:Questa é solo un'altra tragedia che si va a sommare alle tante già avvenute e questa osservazione potrà sembrare superficiale, ma purtroppo é cosi! È un fenomeno complesso difficile o impossibile da fermare; la gente vuole scappare via dalla povertà, dalla fame, dalle persecuzioni e repressioni civili, militari e religiose, e rischiano la vita nella certezza di riuscire tenendo anche ben presenti i rischi. Scappano verso un futuro più democratico, mossi dalla speranza di una vita dignitosa. In questo contesto la figura delle mamme che fanno partire da soli i figli piccoli, per me è un estremo atto d’amore, mamme coraggio e da mamma rifletto sulla difficile dimensione della loro esistenza, tanto da arrivare a questa decisione. Stando alle testimonianze di chi c'è la fatta il cammino é lungo e pieno di insidie anche se molti ancora non hanno trovato la nuova patria. Certamente sono sconvolgenti le immagini di Crotone e altrettanto la grande difficoltà dell'Italia nel gestire l'accoglienza di questo grande esodo, di questi essere umani in grande difficoltà, ma determinati a cambiare il loro futuro. Fermare le partenze .. impossibile forse diminuire anche se gli interessi che girano intorno a questo fenomeno vanno oltre all’etica morale.Urge un’intesa veloce, reale e pratica con gli altri Paesi europei, per l’accoglienza e creazioni di un corridoio di smistamento altrettanto veloce verso le nazioni europee, meta del viaggio della maggioranza. Nel nostro territorio, gioverebbe lo snellimento delle pratiche per le persone che vogliono rimanere in Italia, offrendo loro un impiego, giacché manca la mano d’opera in diversi settori e quindi offrendogli una dignitosa possibilità di lavoro e inserimento nella società, togliendoli dalle strade e dalle baracche dove si consumano spesso anche grandi tragedie. Forse è un’utopia, ma in verità siamo tutti impotenti davanti a tutto questo in quanto la burocrazia impolverata giace sulle scrivanie degli uffici e contrasta la velocità dei nostri tempi. Coscienti, confusi e commossi, con una profonda tristezza e rispetto per le vittime, sappiamo che l’Italia da sola non può affrontare un fenomeno di queste proporzioni.

Filomena Carrella e Ettore Donadio

rendono omaggio a Pietro Golia nel Salotto rosso della Feltrinelli con la loro interessante pubblicazione che ha visto partecipi ragazzi di diverse età suscitando in loro interesse e desidero di approfondimento grazie alle loro spiccate doti culturali e umanitarie.

Pietro Golia, una vita

Controcorrente di Carmine Golia

Grazie al desiderio del fratello Carmine Golia è stato pubblicato, dopo cinque anni dalla sua scomparsa, questo libro che è una raccolta di articoli, testimonianze e immagini. Il lavoro è stato possibile grazie alla generosità e preziosa collaborazione dei suoi tanti amici. Della famiglia Golia, Pietro era il primogenito e sin da piccolo ha sempre dimostrato una spiccata inclinazione verso lo studio e la cultura. Creò e diresse ‘’Radio Sud 95’’ . Nel 1974 fondò la libreria e il centro culturale ‘’Controcorrente’’ e nel 1994 divenne anche casa editrice. Giornalista, editore e appassionato di cultura. Nella raccolta, insieme ai tantissimi racconti, ricordi e testimonianze, c’è anche un bellissimo racconto di Gennaro Sangiuliano, oggi Ministro della Cultura, suo amico dell’età universitaria, che inforcava la sua vespa e concedendosi un premio, raggiungeva l’amico, al suo circolo in via Carlo De Cesare, un vicoletto appena dietro la centralissima piazza Trieste e Trento: ‘’ Dovevi aguzzare la vista per scorgere Pietro, infilato dietro cataste di libri.

Leggeva e fumava. Pietro anticipava i grandi editori, era un fabbricante di cultura, di idee, un artigiano del libro. Amava essere una sfida al pensiero dominante, all’egemonia dell’epoca. Un uomo che amava il diffondere una visione del mondo e della vita.

’Hanno contribuito alla stesura del libro Achille Biele, Adolfo Morganti: ‘’Il popolo, a Napoli, è un’altra cosa … un ricordo di Pietro Golia’’.

Annamaria Nazzaro:‘’Lettera a Pietro Golia’. Antonella Ricciardi:‘’Il mio primo lavoro editoriale. Nel segno dell’interesse per la libertà dei popoli oppressi’’. Antonio e Renato: ‘’Radio Sud 95’’.Carlo Soggiomo: ‘’I Cacciatori del Vesuvio’’.Carmine Golia:‘’I mercenari’’. Edoardo Vitale:‘’Il libro e la spada’’.Enzo Jannuzzi:‘’Un raro privilegio’’. Ettore Donadio: ‘’Un’amicizia cinquantennale’’.Fabrizio Carloni: ‘’Così ricordo Pietro Golia’’. Francesco Cianciarelli: ‘’Testimonianza’’. Giuseppe Parente: ‘’La missione di Pietro Golia: l’ostinata ricerca della verità’’. Luca Valentini: ‘’Pietro e l’altra Napoli’’. Luigi Morrone: ‘’Il mio ricordo di Pietro Golia’’.

Marco Tarchi: ‘’Una voce a tarda sera’’. Marina Lebro: ‘’Un saggio e caro amico’’. Massimo Scalfati: ‘’La cultura come ( e per la) ricoluzione’’ . Nando Dicè: ‘’Il domani appartiene ai sorridenti. Frammenti, ricordi, esperienze. Pietro Golia tra militanza e riflessione.’’ Raffaele Bruno: ‘’Il mio amico fraterno’’. Salvatore Calligaris: ‘’In ricordo di Pietro Golia’’.

Stefano Arcella: ‘’L’eredità culturale di Pietro Golia. Andare avanti per la tradizionevivente’’ . Ugo Paliotto: ‘’Un maestro di vita fuori dal coro’’.Vincenzo Nardiello: ‘’Pietro, il nome di un destino’’.Il Lazzaro: ‘’I libri non si vietano per pregiudizio, si leggono. Così ricordo Controcorrente’. Anche io ho voluto rendere omaggio a questo grande uomo con: ‘’Pietro Golia e il Sud’’, per ricordare il suo amore per il sud, la sua esistenza vissuta per dar voce ad una cultura meridionale. Un autentico intellettuale, che ha preferito il sentimento alla ragione. La caratteristica di Controcorrente era quella di essere una casa editrice napoletana indipendente, con una totale assenza di qualsiasi tipo di finanziamento. Un meridionalista che fin da giovane ha fatto della cultura la sua arma principale. Andare Controcorrente. Oggi la casa editrice si chiama La Nuova Controcorrente, ed è gestita dal fratello Carmine Golia, insieme ai suoi figli.

sulla pastiera

napoletana di Antonietta Sorrentino

Origine: La pastiera napoletana è un dolce pasquale ma che oggi viene prodotto tutto l’anno dalle pasticcerie della città in quanto è divenuto insieme al babà e la sfogliatella, un dolce richiesto dai turisti. In altre località d’Italia invece, come per esempio a Milano, viene preparato a Natale, affiancato dal tipico panettone. La sua storia è secolare e se ne ipotizzano varie origini. Quando il termine "pastiera" è comparso per la prima volta su un ricettario è stato alla fine del ‘600 grazie ad Antonio Latini. Si tratta di un dolce molto lontano da quello che vediamo oggi sulle nostre tavole. Più simile a una torta rustica, la ricetta cita grano e ricotta ma sostituisce la pasta frolla con del marzapane e chiede abbondante parmigiano grattugiato, pepe, sale, pistacchi e latte di pistacchi. lo scrittore Giambattista Basile, in "La gatta Cenerentola", sesto racconto del Pentamerone contenuto ne Lo cunto de li cunti, menziona la pastiera fra le delizie del banchetto finale; la prima edizione di questo capolavoro è del 1634. Solo nel 1700 poi, grazie al perfezionamento della ricetta dovuto alle suore di San Gregorio Armeno divenne poi dolce.

La bufala delle 7 strisce: Cercando ancora nei meandri della storia ci imbattiamo nell'onnipresente Ippolito Cavalcanti, uno dei più grandi cuochi e divulgatori dell'800. Nel suo "Cusina casarinola all’uso nuosto napolitano", scrive la ricetta di una pastiera molto simile a quella di oggi dicendo che deve essere "cancellata de tante laganelle" senza fare riferimento al numero preciso. Nel tempo qualcuno ha fatto riferimento al posizionamento di 7 strisce come se fosse la rappresentazione di 7 strade del centro storico: non c’è attendibilità al riferimento urbanistico, né citazioni del reticolato ippodameo che costituisce le strade cittadine.

Storia e aneddoti

Come nasce il detto “

Magnatèlla ‘na risata!” : pare che Maria Teresa (1816-1867) regina del Regno delle due Sicilie e moglie del re Ferdinando II fosse molto viziata e abbastanza fredda, che odiasse la vita di corte e che raramente si sia fatta vedere il pubblico: una donna che ha amato il potere e che ha più volte suggerito di usare il pugno di ferro al marito con i suoi sudditi. Ferdinando II, al contrario, ha amato stare tra la gente ed era famoso per le sue ghiottonerie e per i suoi svaghi. Secondo questa leggenda, in un raro evento con Maria Teresa, quest'ultima si sia concessa una fetta di pastiera, sorridendo per la prima volta in pubblico. Ferdinando si accorge della gioia sul volto della consorte ed esclama davanti a tutti che "per far sorridere mia moglie ci voleva una pastiera, ora dovrò aspettare la prossima Pasqua per vederla sorridere di nuovo". Sembra che proprio da qui nasca il termine "magnatella 'na risata", un tipico detto partenopeo che sollecita le genti all'ilarità.

Ricetta delle suore di San GregorioArmeno del 1700 eseguita dalla mia mamma

Per il ripieno: un kg di grano cotto, un litro e mezzo di latte, 1 kg di zucchero, 50 gr di cedri e scorza a pezzettini, 1 kg di ricotta di pecora, 20 uova, un cucchiaio di sugna, una busta di vaniglia, una fiala di aromi di fiori d'arancio, 1 bicchierino di liquore strega, la buccia grattugiata di un limone

Per la pasta frolla: 5 uova, 600 g di farina, 3 cucchiai di zucchero, qualche goccia di essenza di fiori d'arancio, un po' di sugna, mezzo bicchierino di liquore strega, una busta di vaniglia, acqua qb

Procedimento: con i passaverdura passare metà del grano cotto, in una grande pentola cuocere il grano passato e intero insieme al latte. Portare ad ebollizione e girare di tanto in tanto fino a che il tutto non diventi una crema. Verso la fine della cottura aggiungere un pizzico di sale ed un cucchiaio di sugna Lasciare raffreddare Unire i canditi tagliati a pezzetti molto piccoli, la ricotta passata, lo zucchero, lo strega, la vaniglia, l'essenza di Millefiori. Mescolare.

A parte preparare una pasta frolla impastando gli ingredienti su un tavolo da lavoro. Coprire con un panno e lasciare riposare per qualche ora; dividere il composto in due parti di cui uno più grande; dvidere ancora quest'ultima in tre parti. Stendere ciascuna delle tre parti con un Matterello ed adagiarlo e sul fondo di una teglia imburrata (parentesi le teglie devono avere i bordi bassi ed un diametro di circa 30 cm)

Versare il composto e staccare con un coltello la pasta in esubero, con la pasta rimanente stendere una pettola, tagliarla in tante strisce larghe e un centimetro e mezzo ed adagiarle su ogni teglia, incrociandole in modo da ottenere quadrati o rombi. Infornare per circa un'ora a 200°c

La Pasqua ortodossa e le tradizioni culinarie dell’est di Bogdan Ionut Scinteie

Drob de miel : pasticcio al forno avvolto nell’omento (la rete che avvolge le interiora ) dell’agnello insieme a verdure e uova

Cozonac de Paste: dolce lievitato soffice come la brioche ripieno di cacao e noci decorato con canditi e semi di papavero

Il sabato notte la messa dura dalle 21 alle 2 del mattino, dopo la messa ognuno accende una candela e si fa una lunga poocessione fino al cimitero per portare la luce ai propri defunti. La mattina di Pasqua ci si sveglia tardi dopo una lunga notte in giro e quando ci si sveglia, ci si scambia uova dipinte di rosso e rivolgendosi l’uno all’altro si dice: «Hristos a înviat» (Cristo è risorto!) e l’altro risponde : « Adevărat a înviat» ( E’ vero è risorto!).

Poi si toccano le uova l’uno con l’altro e si iniziano i riti del pranzo di Pasqua.

Redazione Filitalia International Napoli Chapter Magazine

Direttore: Michela Mortella

Caporedattore e Grafica: Antonietta Sorrentino

Responsabili: Filomena Carrella, Elvira Miranda.

Articoli di: Antonietta Sorrentino, Filomena Carrella, Nicola Scanga, Jussara Alvarez, Rachele Romano, Michela Mortella, Manuela Morra, Bogdan Ionut Scinteie, Greta Baldassarre, Elvira Miranda, Antonio

Ferraro, Giuseppe Falco, Maria Gabriella Chirri, Consiglia Carbone, Ettore Donadio, Filomena Menichini, Carmine Golia, Elvira Miranda, Maria Antonietta Borrelli.

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