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Serendipità- Fiat Lux X

Serendipità

di Matteo Balsamo

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"lo scoprire qualcosa di inatteso e importante che non ha nulla a che vedere con quanto ci si proponeva o si pensava di trovare/attitudine a fare scoperte fortunate e impreviste; capacità di cogliere e interpretare correttamente un fatto rilevante che si presenti in modo inatteso e casuale. Serendipità deriva dall’inglese serendipity, a sua volta derivante da Serendip, antico nome arabo di Ceylon (Sri Lanka). Il significato del termine trae origine dalla fiaba persiana “I tre principi di Serendip”, nella quale gli eroi protagonisti posseggono il dono naturale di trovare cose di valore non cercate."

A volte un pomeriggio afoso di luglio può regalare delle inaspettate sorprese, come Hilde che dalla cetra tira fuori i diamanti nascosti (La casa di Hilde – Francesco De Gregori). Qualche giorno fa, inattivo a causa della canicola, ho deciso di ascoltare un po’ di musica contemporanea e devo dire di aver scoperto un talento cristallino: Fulminacci (nome d’arte di Filippo Uttinacci), giovanissimo cantautore romano che ha esordito sulla scena “indie” nel 2019, vincendo la Targa Tenco “Migliore opera prima” per il suo album “La vita veramente”. Il suo stile mi ricorda il Battisti del sound di “Sì, viaggiare” e la leggerezza (non superficialità, attenzione) di Rino Gaetano per i connubi riusciti alla perfezione tra musica orecchiabile e testi freschi (Tommaso) e anche impegnati (Borghese in borghese, uno sproloquio intenso e vincente vicino al migliore Daniele Silvestri), nonché sound struggenti stile De Gregori (Una sera – bellissima canzone, n.d.r.). Così, spulciando tra la sua recente produzione, trovo un brano intitolato “San Giovanni”. Atmosfere iniziali sospese con una progressione Re maggiore/La settima che esplode in un primo ritornello in cui il giovane artista cita Lucio Dalla (“c’è Lucio dalla per vederti ballare”), chiaro riferimento a “Balla, balla, ballerino” e, nel secondo ritornello (e qui viene il bello) cita un tale “Malamore” (C’è Malamore per vederti ballare). Inizialmente credo sia un riferimento al dottor Stranamore, film del 1964 diretto da Stanley Kubrick. Ma qualcosa stona in questo accostamento. Non mi perdo d’animo e, soprattutto, non mi arrendo nella mia ignoranza e inizio a digitare su Google la parola Malamore. Ebbene, scopro con meraviglia che il riferimento di Fulminacci è ad una canzone del 1977 di un tale Enzo Carella, con parole di Panella, il futuro collaboratore di Battisti dopo l’esperienza con l’immenso Mogol. Siamo arrivati fin qui e torniamo indietro? Ovvio che no! Inizio ad ascoltare questa canzone. Giro di basso potente, effetti psichedelici anni ’70, battito di mani e chitarra che avvia un incalzante giro di accordi che sembrano provenire da un’epoca remota (quasi medievale).

E’ una canzone ipnotica, ragazzi. Vi giuro che è da giorni che la sto ascoltando in continuazione, e non mi accade di solito. E’ una canzone azzeccata, che funziona alla grande e rimane impressa, e non solo per la musica che sa catturare l’ascoltatore. E’ una canzone che presenta dei luoghi poetici molto raffinati, condensati in poche parole ermetiche (è il virtuosismo artistico di Panella, che poco apprezzo nei famigerati “Dischi bianchi” di Battisti, in verità), ma che qui è incanto. “Il cuore che divori come un pugno di more”. Richiama in me la infame sorte del trovatore Guillem de Cabestaing, che, secondo la leggenda, amante di Seremonda (moglie di Raimondo di Rossiglione) fu ucciso da Raimondo che ne strappò via il cuore dal petto per servirlo cucinato alla moglie. Echi di questo topos letterario medievale sono presenti anche in De André: “Il cuore di tua madre per i miei cani” (La ballata dell’amore cieco). Ditemi voi se non è poesia trobadorica questa! E per di più, una poesia che inveteratamente continua a pulsare nella forma canzone, la più nobile arte lirica (non a caso, accompagnata dalla lira), da Omero fino a noi. Ad ogni modo, tornando al tormento di “Malamore”: Soffiando il cuore, infiammandomi il polmone”, “L’asma che mi cola come piombo sul cuore”, “il fiore che si secca nell’occhiello del cuore”.

Poche parole, tanta ispirazione poetica. Similitudini, metafore, non bastano a creare arte. L’arte nasce con particolari soluzioni, espressioni sincere di noi stessi che racchiudono e sprigionano il segreto dell’emozione. Non basta l’intenzione per fare arte. Carella qui c’è riuscito alla grande, insieme al suo fidato paroliere, ma il successo non durò a lungo. Poche altre produzioni e Carella venne dimenticato dai più, fino a tempi recentissimi. Uno strano caso quello di “Malamore”: il brano viene teneramente messo in salvo dal dimenticatoio da un autore che stimo molto, Riccardo Sinigallia, che lo inserisce nella colonna sonora de “Lo Spietato”, film gangster italiano in rotazione su Netflix con protagonista Riccardo Scamarcio, distribuito internazionalmente col titolo di “Ruthless”. Sinigallia decide di non alterare l’arrangiamento e prende una delle scelte più sagge della sua carriera. Carella rivive in lui (era morto nel 2017, a soli 65 anni, ricordato artisticamente da pochi coetanei) e “Malamore” ottiene un successo straordinario anche all’estero, rimanendo impressa nel cuore delle persone, tanto da ispirare artisti contemporanei come il già citato Fulminacci, Colapesce (che ne farà una cover), e addirittura il nome di una band salentina, che ha dichiarato di aver conosciuto la canzone grazie alla colonna sonora de “Lo Spietato”. La curiosità spinge a vedere lontano e a riscoprire capolavori che si credevano sepolti dal tempo e in gran parte dal disinteresse della gente che per ignavia non intraprende una ricerca personale e ascolta solo ciò che passa la radio in quel momento, senza spirito critico, obnubilata dai fumi della modernità e della moda. Mi spiace per voi ma dopo 42 anni e tante batoste, “Malamore” vive.

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