Vivere 28 giugno

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Vivere Festa 28

giugno “Dimmi, hai fede senza una speranza?” (G. K. Chesterton) Continuare a lottare per la cultura della vita Ieri sera abbiamo avuto l'onore di ascoltare dei grandissimi esempi che hanno vissuto, nella loro esperienza, episodi di profondissima Fede, nonostante non ci fosse più una Speranza. Il primo a raccontarci che il titolo della nostra festa può essere realmente messo in pratica è stato il professor Giuseppe Noia, docente di Medicina dell'Età Prenatale, presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore. La Compagnia ha potuto conoscere già qualche anno fa questa figura, grazie ai miei genitori, che hanno vissuto in prima persona cosa significa portare avanti una gravidanza patologica contro il parere di numerosi medici, ma che grazie al prof. Noia hanno avuto la conferma che è possibile avere Fede senza una speranza. Il professore ha iniziato il discorso raccontandoci del suo incontro con Madre Teresa di Calcutta, episodio che ha influito fortemente nella sua vita professionale e nella sua missione di salvare delle Vite. “Cerca di entrare con grande umiltà nella sofferenza e pregate perché i medici vengano illuminati per aiutare, promuovere e difendere il dono meraviglioso della vita.” Noia svolge la sua professione di medico avendo sempre in mente queste parole. È un persona straordinaria perché combatte contro la realtà di morte che domina la società attuale. Egli vede in un bambino malformato, non un peso e un costo in più, ma un grande prodigio, cioè il fatto che c'è stata una chiamata alla vita. Ogni bambino che nasce, infatti, ci ricorda che Dio non si è stancato dell'uomo. Il professore ci ha spiegato che al Policlinico Gemelli c'è la realtà dell'Hospes Prenatale, dove tutto il personale si occupa di accogliere le donne che stanno vivendo una gravidanza

patologica, di accompagnarle in questo loro percorso, di fare tutto il possibile dal punto di vista scientifico affinché sia data una vita dignitosa al nascituro. “La scienza senza il faro dell'etica è una scienza che si incaglia”, dice il prof, Spesso quello che manca alle donne a cui viene proposto l'aborto come "soluzione finale" è il diritto di una corretta informazione, cosa che invece non manca nell'Hospes Prenatale, nato grazie alla comprensione che c'è qualcosa di grande anche nell'esistenza di un feto terminale. La “benzina” speciale per la messa in pratica della medicina condivisa non può che essere la preghiera. Le famiglie della fondazione “Il cuore in una goccia” non si dimenticano della loro esperienza e mensilmente si incontrano per recitare insieme il Rosario, a sostegno di tante altre coppie che stanno vivendo e vivranno la stessa sofferenza. Abbiamo ascoltato anche la testimonianza di due coppie (Jacopo e Giuditta Coghe e Simona e Andrea Pasquetti) che ci hanno dimostrato che è possibile avere Fede senza una Speranza, anche quando si è soli nelle proprie convinzioni e soprattutto quando, invece, si incontrano figure come i medici del Policlinico, secondo i quali nulla è perduto. Il professore è un grande esempio di Fede e di umiltà, di amore per la propria professione, e in particolare, di amore per la Vita: da quando l'ho conosciuto, è stato per me, che vorrei avvicinarmi al mondo della medicina, una grande fonte di ispirazione e sicuramente un modello da seguire. Valeria Graci


Nella serata di ieri grazie all’intervento del professor Pino Noia, dei coniugi Jacopo e Giuditta Coghe e dei coniugi Andrea e Simona Quaglietti è stato spiegato il tema della festa dal punto di vista del valore della vita, in contrasto con la predominante cultura della morte. Il primo a prendere la parola è stato il docente di medicina dell’età prenatale che inizialmente ha spiegato che nel reparto da lui diretto, bambini con malformazioni e problemi anche gravi sono all’ordine del giorno. Grazie ai vari incontri che si sono succeduti nella sua vita (come ad esempio quello con madre Teresa) ha iniziato a capire sempre di più che ogni creatura, a partire dall’embrione fino ad arrivare al bambino, è un dono grandissimo, perché Dio si è fatto come noi per farci come Lui. Poi ha inquadrato la situazione attuale con particolare attenzione verso l’Europa, in cui si sta consolidando sempre di più questa cultura della morte e in cui i medici non vogliono avere a che fare con il dolore e infatti consigliano l’aborto chiamato terapeutico, anche se di terapeutico c’è ben poco. Purtroppo alla base di tutto questo c’è una grande disinformazione che si distribuisce su due livelli: il primo è quello che riguarda la “massa” che viene costantemente tenuta all’oscuro riguardo a queste questioni e il secondo, ma non meno importante, riguarda le dirette interessate ovvero le madri che portano in grembo queste creature con cui non si instaura un dialogo medico-paziente, ma c’è una sorta di sottomissione al camice bianco che non lascia spazio a nessun tipo di trattamento “etico” e di rispetto nei confronti di queste donne che spesso non sanno neanche a cosa stanno andando incontro. Il professor Noia invece, al policlinico Gemelli di Roma, ha creato un Hospice perinatale che si occupa proprio di queste persone che vengono trattate come esseri umani aventi una dignità che viene costantemente rispettata non nascondendo le eventuali complicazioni che ci potrebbero essere dopo il parto. Nell’Hospice, oltre a un’assistenza medica di altissimo livello e familiare, viene anche accostata quella spirituale che nella maggior parte dei casi porta le famiglie a prendere la decisione giusta, ovvero quella di glorificare Dio mettendo alla luce una Sua creatura. Grazie a questi metodi molto semplici (comunicazione leale e assistenza), più di 4500 madri hanno cambiato idea nel corso di pochi anni. La scienza senza etica è solo un insieme di nozioni. Successivamente hanno preso la parola i coniugi Coghe che hanno parlato del loro terzo figlio, a cui era stata diagnosticata l’incompatibilità della vita a sedici settimane, a causa dell’assenza di liquido amniotico. Anche se tutti avevano consigliato loro di abortire, hanno chiesto consiglio al professor Noia che li ha accompagnati in questa gravidanza. Alla fine Gregorio è nato ed è vissuto per 40 minuti e c’è anche stato tempo per fare il battesimo nella più grande gioia e commozione dei genitori. Infine è stato il turno dei coniugi Quaglietti che hanno condiviso una simile esperienza, ma a differenza di Jacopo e Giuditta, loro non erano dei grandi fedeli e inoltre pensavano in maniera egoistica al lavoro piuttosto che al figlio. Dopo qualche settimana di gravidanza i medici hanno diagnosticato la sindrome di Down al bambino e anche qui, nella più totale disinformazione e anche scarsa professionalità, era stato consigliato vivamente l’aborto perché tanto sarebbe risultato inutile mettere al mondo un bambino con questo tipo di patologia. Per fortuna anche queste due persone oserei dire coraggiose, grazie a una sorta di passaparola, sono venute in contatto con l’equipe del professor Noia che li ha accolti, ha “confermato” la diagnosi ma li ha aiutati in ogni passo del loro percorso. Al bambino, Andrea e Simona hanno dato il nome di Pietro in virtù della pietra scartata che diventa pietra d’angolo. Questo bimbo è vissuto per 5 mesi e i genitori hanno capito che mai avrebbero potuto fare una scelta migliore anche perché hanno riconosciuto quanto potesse essere bello e gratificante fare ciò che la Divina Provvidenza ha riservato per ognuno di noi. Riccardo Savelli


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