Il Tiro a Volo 213

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UN NATALE

ITALIANO

Campioni del centocinquantesimo



S O M M A R I O

M A G A Z I N E

TAV Numero 213 Dicembre 2011

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L’EDITORIALE DI LUCIANO ROSSI

Direttore: Luciano Rossi

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MASSIMO FABBRIZI

Direttore Responsabile: Luigi Agnelli

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RODOLFO VIGANO’

Coordinatore Redazionale: Massimiliano Naldoni (maxnaldoni@alice.it)

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GIOVANNI PELLIELO

Direzione e Redazione Federazione Italiana Tiro a Volo Viale Tiziano 74 00196 Roma Tel. 06 45235200 Fax 06 3233791 E-mail: redazione@fitav.it

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JESSICA ROSSI

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CARLA FLAMMINI, MARTINA MARUZZO, KATIA VAGHI

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L’ALFABETO DEL CENTOCINQUANTESIMO

Tutti i diritti riservati Vietata la riproduzione anche parziale se non autorizzata.

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CORPO FORESTALE DELLO STATO

Aut. del Tribunale di Roma n.111 del 17 marzo 1994

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IL TIRO A VOLO AL DUE PONTI SPORTING CLUB

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PIERLUIGI SOLLAMI

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ANGELO MOSCARIELO

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FRANCESCO D’ANIELLO

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SABRINA PANZERI, BIANCA REVELLO, NADIA RIGHETTI

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CAMPANIA TRAP

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ATTI UFFICIALI

In copertina: E’ proprio un Natale italiano (nei colori e nella suggestione delle località che fanno da cornice alle immagini) quello celebrato dai tanti campioni che appaiono in copertina. Quei campioni sono poi anche gli assoluti protagonisti di questo fascicolo monografico de IL TIRO A VOLO tutto dedicato ai vincitori dei titoli più importanti della stagione 2011.

SPONSOR FEDERALI Munizioni Baschieri & Pellagri Cheddite Fiocchi Munizioni Nobel Sport Italia Armi Pietro Beretta Perazzi Armi Rizzini

Macchine Fab Eliche Rodenghi Tiro a Volo Lazio Abbigliamento Castellani

Piattelli Eurotarget Laporte Mattarelli Gestione Gare Hard Soft Elettronica Progetti

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E D I T O R I A L E

UN ANNO IN ITALIA E PER L’ITALIA

Si è parlato molto di Italia in questo 2011 che stiamo salutando per accedere all’anno della terza Olimpiade londinese della storia. Se ne è parlato molto, dicevo, e si tratta di un fenomeno più che legittimo poiché l’anno che sta gradualmente defilandosi dal calendario ha coinciso con le celebrazioni per il centocinquantesimo anniversario dell’unità del nostro Paese. Noi, uomini e donne del tiro a volo, in questo 2011 di cui andiamo a tracciare il bilancio, abbiamo voluto parlare dell’Italia, ma soprattutto abbiamo voluto lavorare per l’Italia. Che è, siamo convinti, il modo migliore per dimostrare l’amore autentico per il nostro Paese. L’ampia rassegna di campioni che presentiamo in questo numero della Rivista (una rassegna che, come apparirà chiaro al lettore, anche sotto il profilo tematico delle immagini celebra in parallelo le imminenti festività natalizie e appunto il centocinquantesimo compleanno della nostra patria unita) è innanzitutto un tributo al lavoro di noi tutti. Il 2011 ha permesso agli atleti italiani delle discipline olimpiche e di quelle non olimpiche di conquistare ripetute e prestigiose vittorie. Ma questa nostra capacità di vincere e quindi di far bene, attraverso i prodotti di prestigio delle nostre Aziende di armi, di munizioni e di strumenti, attraverso il prezioso lavoro condotto con l’adeguamento ambientale delle nostre strutture e con l’opera accurata dei tanti tecnici italiani prestati alle altre Nazionali, contribuisce a quella crescita armonica del tiravolismo mondiale che ha rappresentato e rappresenta il nostro traguardo e che ha prodotto, a livello planetario, un incremento sia qualitativo che quantitativo. Nel 2011 abbiamo profuso energie e risorse ingenti per essere quotidianamente a fianco delle Associazioni che compongono la Federazione. Abbiamo assicurato a quelle Associazioni accurata e competente assistenza giuridica e sull’adeguamento ambientale abbiamo appunto fornito indicazioni precise su temi peraltro da sempre delicatissimi. Nel 2012 faremo altrettanto e cercheremo addirittura di fare anche meglio. In favore di tutte quelle Associazioni

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che rappresentano il cuore e il motore della vita federale siamo intervenuti con dei contributi economici finalizzati essenzialmente all’adeguamento ambientale e abbiamo promosso azioni nelle giuste sedi per tutelare il nostro diritto di esistere: ad esempio sul tema della legislazione in materia di movimentazione e detenzione delle armi e delle munizioni. A questo prposito, proprio le autorizzazioni in materia di armi e munizioni e altre materie altrettanto delicate, dovranno ricevere attenzioni particolari. In questo progetto di impegno responsabile a favore di tutti i comparti del nostro mondo sportivo, spesso ci siamo trovati a procedere senza quei compagni di viaggio che invece avremmo immaginato essere energicamente sensibilizzati dalle tematiche in questione. Non ci spaventa, tuttavia, percorrere quella strada in solitudine. E soprattutto la tiepida, tiepidissima condivisione di questo progetto da parte di taluni non ci persuade certo a cambiare percorso o a moderare il ritmo del nostro incedere. Anche perché nell’impegno promosso in favore del nostro sport e delle nostre Associazioni, in particolare in ambito legislativo e negli ambienti ministeriali, ci conforta energicamente la sintonia con l’Anpam e con tutte le Aziende del settore. Ma naturalmente, come è già avvenuto nell’anno da cui ci stiamo congedando, anche nel 2012 dovremo poter contare sull’impegno e la dedizione che potranno prestare i singoli atleti e i singoli appassionati. Perché l’impegno, anche minimo, di ciascuno aggiungerà un mattone importante a quella complessa e articolata costruzione che è nostra volontà erigere e sarà proprio il mattone posto da ognuno di noi a conferire vera solidità alle fondamenta di quella struttura. Occorrerà però appunto un impegno corale. Ciascuno di noi dovrà adoperarsi per produrre rinnovata fiducia nei confronti del nostro movimento sportivo con quell’entusiasmo che hanno saputo manifestare molti Presidenti delle nostre Associazioni e molti operatori dell’Organizzazione territoriale che si sono resi protagonisti di un lavoro prezioso e insostituibile corroborato in ogni circostanza dall’opera qualificata e di alta qualità prestata dal personale della Federazione italiana tiro a volo. Il 2012 sarà dunque un anno in cui tutti saremo chiamati a profondere il massimo impegno e se, responsabilmente, ognuno di noi farà la propria parte, potremo tangibilmente constatare i risultati del nostro lavoro e della nostra dedizione. Sono chiamati a grandi impegni gli atleti di vertice perché attraverso la loro opera, i loro risultati, le loro vittorie, il nostro sport si avvantaggerà di un forte incremento di visibilità. Sono chiamati a grandi imprese, però, anche tutti gli appassionati che compongono la nostra Federazione perché la salda coesione del loro impegno rappresenterà una grande forza che attribuirà ulteriore vigore all’immagine e all’azione della stessa Federazione. Siamo coraggiosamente e orgogliosamente in prima linea da molto tempo nell’opera di tutela, di difesa e di promozione del nostro sport. E auspico - ma dirò di più: sono certo - che questo sia motivo di orgoglio per tutti i Tesserati della Federazione italiana tiro a volo. Quell’atteggiamento - fatto di dedizione disinteressata, di volontari sacrifici, di entusiastica disponibilità, di determinazione mai doma - è stato, è tuttora e continuerà ad essere il nostro atteggiamento nei confronti del nostro sport. E quell’atteggiamento è stato e continuerà ad essere anche il modo migliore per certificare il nostro lavoro in favore dell’Italia e degli italiani. il Presidente Luciano Rossi

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FOSSA OLIMPICA

MASSIMO FABBRIZI Recitava una canzone di qualche tempo fa: il mare d’inverno sembra un film in bianco e nero visto alla tv. Il mare d’inverno di Massimo Fabbrizi (quel mare che incornicia il campione del mondo di Fossa Olimpica nel “poster” della pagina a fianco) contiene invece mille colori. Mille colori del litorale di San Benedetto del Tronto (la spiaggia, il mare e le palme della foto sono proprio lo splendido corredo del litorale della località marchigiana in quella soleggiata giornata di inizio novembre in cui il campione del mondo e recordman di Trap si è prestato simpaticamente alla rivisitazione in senso tiravolistico del personaggio di Babbo Natale) che idealmente sintetizzano le mille sfumature della multiforme vittoria che Massimo ha saputo cogliere al Campionato del Mondo di Belgrado. Ma come matura un successo strepitoso come quello centrato sulle pedane di Kovilovo? Nel nostro sport - dice Massimo Fabbrizi - occorre essere nel posto giusto al momento giusto. Quindi, ci vuole la gara giusta quando entri davvero in forma. Al Campionato italiano di metà luglio ho avvertito chiaramente che stavo entrando nella forma giusta quando ho spareggiato con Erminio Frasca e ho conquistato il terzo posto. La tappa successiva è stata quella del Campionato europeo all’inizio di agosto. Ho sparato benissimo e soltanto il 21 della finale non mi ha permesso di salire sul podio. Ma quel test in quella struttura di Belgrado che è una delle migliori del pianeta mi ha permesso di preparare accuratamente il Campionato del Mondo. In vista del Mondiale mi sono allenato in quei campi dove era possibile tenere il punteggio alto.

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Sono andato ad allenarmi a Ponso (e lì ho fatto un 123 e un 124) e poi a Conselice. E sentivo intanto che la forma cresceva. E in parallelo cresceva quella voglia di gareggiare, quella voglia di sparare e di vincere che è l’ingrediente principale di ogni grande impresa. Infatti sono arrivato tranquillo al Mondiale di Belgrado. In prova ho fatto 125. A quel punto ho scelto di fare una serie ad un colpo solo e ho fatto 17. Però Albano Pera, in quel frangente, diceva chiaramente di avermi visto poche volte così in forma come in quel momento, quindi occorreva che non mi lasciassi condizionare da quella fortissima differenza tra il punteggio ottenuto nelle serie di gara e quello della serie ad un colpo. Albano continuava a dirmi di non sottovalutare nessun piattello, ma nello stesso tempo mi invitava a essere consapevole di aver raggiunto una forma strepitosa. Sono arrivato in finale con qualche timore dopo aver fatto di nuovo in gara 125/125 come avevo già fatto in prova. Sapevo di dover fare almeno 23 in finale per essere sicuro di vincere. È venuto fuori addirittura un 24 con quell’unico errore al quinto piattello: su di un centrale sparato bene, ma troppo veloce. Come si svolge l’allenamento di Massimo Fabbrizi nell’arco di un anno? Dalla metà di novembre fino a marzo lavoro in palestra facendo carichi pesanti. Soltanto a gennaio torno in pedana, ma in tutta la prima fase anche in pedana faccio un lavoro di quantità. Sparo intensamente: 200 piattelli al giorno, anche 250 in molti casi. In quel periodo resto in pedana


Massimo Fabbrizi

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// massimo fabbrizi

dalle nove del mattino alle quattro del pomeriggio. Non guardo il punteggio: faccio soltanto il carico. A febbraio, invece, inizio a cercare il punteggio. Sparo 100 piattelli al giorno: al massimo 125. Anche se dire che cerco il punteggio non è proprio esatto, perché abitualmente mi alleno con piattelli mediamente più lunghi e più angolati di quelli che poi trovo in gara. I lanci su cui mi alleno sono così esasperati che raramente in allenamento riesco a fare un 25. Per i punteggi altissimi occorre però che si verifichino tutte le condizioni... Naturalmente. Indipendentemente dal tuo stato di forma e dalla tua volontà di gareggiare e vincere, sono le condizioni del’impianto che consentono di fare i record. I record li puoi fare soltanto nei migliori impianti del mondo: Belgrado, Lonato, Nicosia, Maribor. In queste strutture le macchine sono perfette, i lanci sono regolarissimi, i piattelli si rompono con un solo pallino, la visibilità è perfetta con qualunque condizione atmosferica: all’Europeo di Belgrado ad esempio, anche quando pioveva, i piattelli erano visibilissimi. La vittoria individuale e quella di squadra ottenuta in collaborazione con Rodolfo Viganò e Giovanni Pellielo al Campionato del Mondo con tutto il bagaglio di strepitosi primati non devono farci trascurare che nel 2011 di Massimo Fabbrizi c’è anche una prestigiosa medaglia di bronzo alla Finale di Coppa del Mondo...

un muro di mattoni rossi che rendeva invisibile il piattello in tutta la prima fase di volo. La Finale di Coppa del Mondo è una gara bellissima: basti considerare che quest’anno nella batteria dei finalisti c’erano i campioni olimpici delle ultime tre edizioni delle Olimpiadi. Però qualcosa non funziona: la collocazione nel calendario, l’assenza totale del pubblico. Sicuramente ci sono alcuni aspetti della configurazione attuale dell’agonismo nel tiro a volo che richiedono un esame attento. E’ quello che accade quando si parla della finale ad un colpo solo. Siamo costretti a ripeterci, è vero, ma non si può negare che facciamo gare perfette nelle cinque serie di selezione e poi in finale siamo costretti a pensare: come va, va! Questo accade perché la vera serie ad un colpo la possiamo effettuare soltanto nelle finali delle competizioni. Non c’è la possibilità di riprodurre la stessa atmosfera in nessuna fase dell’allenamento. La finale diviene una gara separata e se in quella gara - nella finale ad un colpo solo, intendo - non riesci a stare perfettamente in partita per tutto il tempo, ti ritrovi con tre zeri e sfuma tutto il lavoro perfetto che hai compiuto nelle serie di selezione. Se penso che sarebbe meglio che tutta la gara di Fossa Olimpica fosse ad un colpo solo? Potremmo davvero pensarci...

Esattamente. Anche perché io sono davvero felicissimo di quel piazzamento dal momento che la Finale di Coppa del Mondo è una gara che mi stimola moltissimo. Però devo dire che all’impianto di Al Ain c’erano condizioni davvero non buone. Il primo problema è stato che i piattelli erano indistruttibili. Inoltre davanti alla fossa era stato creato TAV MAGAZINE _ IL TIRO A VOLO

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FOSSA OLIMPICA

Rodolfo Viganò La migliore stagione di sempre. Non ha esitazioni Rodolfo Viganò quando gli si chiede di descrivere sinteticamente l’anno 2011. Non potrei definire diversamente questa stagione - dice appunto l’azzurro del Corpo Forestale - dal momento che nelle gare a cui ho partecipato ho raggiunto la finale in più del 70% dei casi e nei casi in cui ho partecipato alla finale, nel 75% dei casi ho anche ottenuto una medaglia. Si tratta di una qualità di tiro e di un grado di competitività che non avevo mai raggiunto in precedenza. Dal punto di vista della calendarizzazione del lavoro, ho condotto una preparazione mirata ai singoli obbiettivi. A febbraio mi sono preparato per la Coppa del Mondo di Sydney. Poi mi è stato detto: fai l’Europeo. E ho fatto l’Europeo. Successivamente mi è stato detto: fai anche il Mondiale. E ho fatto anche il Mondiale. La Finale di Coppa del Mondo è stato l’unico appuntamento fissato davvero con largo anticipo perchè mi ero qualificato naturalmente già in Australia. Quindi si è trattato di un’unica preparazione lunga sei/ sette mesi. Con una quantità normale di piattelli (che significa per intendersi: circa 20.000 piattelli in un anno) ma con difficoltà

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oggettive davvero non comuni. Anche perchè, per mia abitudine ormai consolidata, adeguo l’allenamento al mio stato di forma: quindi mi sono sottoposto a grandi difficoltà quando la mia condizione me lo ha permesso e mi sono invece umilmente retrocesso a difficoltà minori nei momenti in cui non c’era forma sufficiente. La vera differenza rispetto al passato è che prima spalmavo quella quantità di piattelli su undici mesi, mentre adesso li distribuisco lungo sette mesi: ho sparato l’ultimo piattello alla


Rodolfo Viganò

casi, il mazzo di carte era completo, ma le carte non si incastravano. E’ stato il lavoro con Fegatelli che ha permesso di farle incastrare e di dare forza al gioco che potevo fare. Il capolavoro della stagione, pur piena di traguardi importanti, è però sicuramente il titolo iridato a squadre con annesso record del mondo.

Coppa dei Campioni del 9 ottobre e tornerò a sparare ai primi di febbraio. Nel 2012 Rudi Viganò festeggerà i suoi venticinque anni di maglia azzurra... Esattamente e li festeggerò con molto orgoglio, consapevole di aver fatto, nell’arco di questo quarto di secolo, un percorso per me molto importante. Un percorso a cui hanno collaborato anche persone rivelatesi molto importanti. Un ringraziamento particolare lo devo al Corpo Forestale dello Stato che mi agevola in tutte le fasi della mia preparazione. Ma la gratitudine va anche alle Aziende sponsor: mi piace sottolineare infatti che il nuovo fucile con cui sparo dal 2008 non mi ha suggerito soltanto un modo nuovo di sparare, ma anche un nuovo modo di pensare. E se si parla di un nuovo modo di pensare, non si può fare a meno di menzionare colui che io chiamo il grande mago: Dario Fegatelli. Dario, psicologo del Corpo Forestale, mi ha insegnato in questi anni come ci si mette in discussione e come si riparte da zero. Come si dice in questi

Indiscutibilmente. E il record del Mondiale è maturato per la “delusione” dell’Europeo, in occasione del quale, con un punteggio di un solo piattello inferiore al vecchio record del mondo, con Massimo Fabbrizi e Giovanni Pellielo ci siamo ritrovati solo terzi. Dire “solo terzi” è uno strano modo di commentare quel risultato, lo so! Il terzo posto ad un Campionato d’Europa è un gran risultato e ci sono nazioni che farebbero carte false per un risultato del genere. Ma per noi, arrivare terzi con due 122 e un 123 è stato francamente uno schiaffo. Da quello schiaffo è maturata però la consapevolezza che al Mondiale non avremmo potuto permetterci di sbagliare. Al Campionato del Mondo, peraltro, mi sono ritrovato a sparare l’ultima serie di noi tre e, anche se tra allenamento e gara avevo messo insieme addirittura una sequenza di otto 25 di fila, è accaduto che in quell’ultima serie abbia attraversato un momento di calo di rendimento. Quando è arrivato il secondo zero di quella serie, a tre/quattro piattelli dalla fine, mi sono sentito improvvisamente investito di una responsabilità pesantissima perchè, oltre a rischiare di giocarmi l’ingresso in finale, correvamo il rischio di non fare il record a squadre. So che in quei tre piattelli finali ho rivissuto un po’ tutta la mia vita di tiratore e sicuramente sono stati i tre piattelli più difficili di tutti i miei venticinque anni di carriera! TAV MAGAZINE _ IL TIRO A VOLO

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FOSSA OLIMPICA

GIOVANNI PELLIELO Il gigante, il fenomeno. Questi sono soltanto alcuni degli appellativi assegnati negli anni a Giovanni “Johnny” Pellielo: il tiratore che non ha soltanto attraversato gli ultimi venti anni di storia del tiro a volo mietendo allori di ogni genere, ma ha perfino dato il proprio nome ad un modo di gareggiare. Da quando Johnny calca le pedane (quantomeno da quando le calca con i risultati che sappiamo) esiste infatti la gara “alla Pellielo”: il segno inconfondibile di un atleta che ha fatto della dedizione assoluta al proprio sport la cifra distintiva del proprio essere campione. Ma alle soglie del ventesimo anniversario del suo debutto olimpico (e a pochi mesi dal conseguimento di un altro strepitoso record: quello iridato confezionato a Belgrado in collaborazione con Massimo Fabbrizi e Rodolfo Viganò), come guarda alla propria stagione agonistica Johnny Pellielo? Guardo ad ogni stagione della mia carriera dice il fuoriclasse vercellese - considerando innanzitutto che ogni giorno sei un uomo e un atleta diverso. E credo che il segreto della longevità di un campione risieda proprio in questo modo di intendere se stesso e il proprio sport. Si definiscono opere giovanili e opere della maturità quelle di un Mozart

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o di un Beethoven, di conseguenza anche le prove di un atleta vanno sotto la medesima definizione di vittorie giovanili o vittorie della maturità, record giovanili e record della maturità. Quindi, anche a proposito della preparazione della stagione esistono percorsi diversi in base alle diverse età del campione? In realtà io non smetto mai di sparare precisa Giovanni Pellielo - perchè per me il tiro è un divertimento e non si trasforma mai in un sacrificio. Quindi non dico mai: adesso che ho sparato per sei mesi, smetto e non


Giovanni Pellielo

voglio saperne di piattelli per un paio di mesi, perchè appunto questa è l’attività che più amo. Magari in qualche periodo sparo un’ora o due invece di stare in pedana tutto il giorno come accade nei momenti di punta della preparazione, ma non sospendo mai il mio contatto con la pedana. D’altronde è proprio il genere di allenamento che ho condotto che mi ha permesso di essere quello che sono e che mi ha permesso di conseguire le vittorie e i record che ho conseguito. Ho anche provato ad adottare metodi diversi proprio per questa mia volontà di sperimentare modi diversi di essere atleta e campione, ma alla fine ho constatato che quello era il modo giusto per poter ottenere il massimo dalla mia tecnica e dal mio talento. Si potrebbe dire che il tiro è un vizio da cui non riesco a liberarmi...

quest’anno: nella finale di Belgrado molti campionissimi del panorama attuale non c’erano. Per quanto mi riguarda, sono soddisfatto della stagione 2011 perchè le tre manifestazioni che per me rappresentavano il traguardo di questa stagione (il Campionato del Mondo, il Campionato d’Europa e il Campionato italiano) sono andate bene. Del resto, all’inizio di quest’anno io sapevo con certezza soltanto che sarei andato al Campionato del Mondo, ma all’inizio della stagione non ero ancora certo di quali altre gare avrei fatto, perchè l’esigenza della conquista della seconda carta olimpica condizionava la mia presenza in squadra. Sapevo quindi soltanto che avrei dovuto trovarmi nella forma migliore ad agosto, in vista del Mondiale dell’inizio di settembre.

E se Johnny Pellielo dovesse sintetizzare la situazione attuale del Trap mondiale, cosa direbbe?

E in senso più ampio, a livello sportivo, qual è oggi la filosofia del campionissimo Giovanni Johnny Pellielo?

Che la difficoltà principale è quella di riuscire ad esserci: ad esserci nelle finali, intendo, sul podio e in generale in posizione di preminenza negli appuntamenti che contano. Abbiamo avuto l’esempio del Mondiale di

Un concetto molto semplice che valeva comunque già anche quando io ero giovanissimo e mi affacciavo all’agonismo di vertice. Non ha senso dire: largo ai giovani! Siano proprio quei giovani a farsi largo..! TAV MAGAZINE _ IL TIRO A VOLO

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FOSSA OLIMPICA

JESSICA ROSSI

È il sole di Bologna quello che illumina il sorriso di Jessica Rossi nelle immagini di queste pagine e le pietre sulle quali quel sole proietta l’ombra, giocando con i riflessi biondi dei capelli della ragazza di Crevalcore e con quelli altrettanto dorati della medaglia d’oro della Finale di Coppa del Mondo, sono quelle della Garisenda: una delle torri che da secoli indicano il cuore del capoluogo emiliano. Perché se c’è natural12

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mente una Jessica internazionale che corre da un continente all’altro a catturare titoli e allori, c’è anche una Jessica affezionata ai riti, ai colori e ai sapori di quella Emilia che ha saputo far sbocciare un talento tiravolistico rarissimo. Come tante belle storie di tanti inarrivabili campioni, anche la storia tiravolistica di colei che oggi è l’Agente di Polizia Jessica Rossi è iniziata quasi per gioco.


alcuni amici di famiglia. E’ iniziato tutto così. Però mi ricordo bene anche il mio primo 25: era il 2005 e lo stand era quello di Valle Aniene. In termini di qualità di tiro a quel punto ne avevo fatta di strada, ma in realtà non era passato così tanto tempo... Dal primo piattello del pascolone al più recente: quello che ha concluso la Finale di Coppa del Mondo degli Emirati. La Finale di Al Ain è risultata una gara difficilissima per molte delle mie colleghe che si erano qualificate. Io invece sentivo di essere perfettamente in forma. Ero in forma già a casa e quindi sono partita consapevole di poter fare bene. In più ero naturalmente un po’ arrabbiata e quindi la Finale di Coppa si presentava come il giusto momento per il riscatto di una stagione che non era andata esattamente come volevo: in particolare il Campionato del Mondo. E in più avevo un conto aperto proprio con la Finale di Coppa perché nel 2010 quel traguardo era sfumato proprio negli ultimi piattelli e poi con uno spareggio un po’ sfortunato. Già nelle tre serie ufficiali di allenamento ad Al Ain avevo fatto 71 e vedevo che la fucilata era centrata: i piattelli erano molto duri, d’accordo, ma vedevo che si rompevano bene. Invece, molte delle mie colleghe si sono trovate in forte difficoltà, sia in allenamento che in gara. Ma quali sono i ritmi di allenamento di Jessica?

Non si direbbe, - dichiara Jessica - ma anche per me c’è stato un primo piattello nella vita. Avevo otto anni, stavo provando a sparare sotto l’attenta custodia del mio papà, Ivan, e usavo un calibro 8. Eravamo in quello che noi chiamiamo il pascolone: un grande spazio vicino alla nostra casa a Crevalcore e il piattello in questione era lanciato con le mani da

Quando riprendo l’allenamento a dicembre e poi anche a gennaio e a febbraio non sparo tantissimo: preferisco però sparare tutti i giorni. Poi, più avanti, quando si arriva vicino alle gare, allora posso arrivare a sparare anche dieci o undici serie al giorno. In parallelo c’è tanto lavoro in palestra e una regola stretta a tavola: da quando manca un mese e mezzo alla prima gara fino alla fine della stagione mangio insalata a pranzo e carne e insalata a cena. E niente che sia fritto per TAV MAGAZINE _ IL TIRO A VOLO

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// jessica rossi

tutto il periodo delle gare. Insomma, devo aspettare le feste di Natale per mangiare quello che voglio: tortellini, lasagne e cotechino con il purè di patate. Le congratulazioni ovviamente piovono ogni volta che si conquista un traguardo importante, ma quando è accaduto che una parola di elogio abbia convinto Jessica Rossi che non era più la ragazzina con una buona predisposizione per il tiro ma, frattanto, ormai una campionessa stellare? Sicuramente il gesto più importante è stato quello di Zuzana Stefecekova al Granditalia

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del 2007. Io allora ero naturalmente soltanto una giovanissima tiratrice di belle speranze e lei era già una fuoriclasse, tant’è che un anno dopo avrebbe vinto la medaglia d’argento alle Olimpiadi. Zuzana venne a complimentarsi con me per il modo in cui sparavo, siamo diventate amiche e da allora siamo costantemente in contatto in rete. Fu davvero un bel gesto quello e Zuzana si dimostrò molto simpatica e disponibile. E credo che quel gesto, oltre a confermare che potevo avere grandi soddisfazioni dal tiro a volo, mi abbia anche fatto comprendere che quel modo semplice e genuino di stare in pedana e fuori era proprio anche il mio!


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COMPAK SPORTING

Carla Flammini

KATIA vaghi Martina Maruzzo Carla Flammini Compak Sporting: il tuo nome è varietà. Se le tre ragazze d’oro del Compak italiano dovessero descrivere sinteticamente la loro disciplina d’elezione in poche parole, sceglierebbero sicuramente questa definizione. E per confermare la vocazione della più estrosa delle specialità non olimpiche del tiro a volo e la continua ricerca della varietà che perseguono gli appassionati di quella disciplina, le ragazze d’oro del Compak hanno posato in esclusiva per noi in sedi diverse: Carla Flammini e Katia Vaghi lungo il mare luminoso delle Marche e Martina Maruzzo all’ombra dell’Arena di Verona. Perché è anche proprio attraverso percorsi sportivi molto diversi che Carla, Martina e Katia, nell’agosto scorso, hanno centrato una vittoria storica: il titolo mondiale a squadre di 16

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quel Compak che aveva sempre visto in prima fila le specialiste inarrivabili di Francia, Gran Bretagna e Spagna. Lasciarsi alle spalle in classifica tiravoliste dalla tecnica raffinatissima come le inglesi, le francesi e le spagnole, - dice l’abruzzese Carla Flammini - quelle tiratrici, cioè, che negli anni hanno vinto titoli su titoli, è stata una delle emozioni fortissime del Campionato del Mondo di Foligno. Il tiro a volo non è il mio lavoro: io mi occupo di software gestionali e allenamento significa strappare il tempo al lavoro, alla famiglia, al tempo libero. Tiravolisticamente sono nata tra la Società di Acquaviva e Il Sentiero di Bellante, che è una piccola struttura che gestisce la mia famiglia, anche


72/75. Ma non puoi mai essere definitivamente certa del risultato in una disciplina così varia: ad esempio al Mondiale io ho fatto un 25 in un campo che aveva un doppio simultaneo che a prima vista mi sembrava difficilissimo. Poi, però, sono uscita con un 16 da un altro campo che appunto già anche in allenamento presentava grandi difficoltà.

Martina Maruzzo

Anche Martina Maruzzo conferma che l’imprevedibilità di ogni serie è proprio l’ingrediente più attraente del Compak Sporting.

se attualmente sono tesserata a Foligno che è divenuta la capitale del Compak: una delle capitali mondiali, potremmo dire, non soltanto la capitale italiana. Ma è proprio ad Acquaviva e a Bellante che è scaturita la mia passione per il Compak Sporting. Ma che cosa rende il Compak Sporting così affascinante? Carla Flammini non ha dubbi: Certamente la varietà dei lanci e l’imprevedibilità della gara. In ogni campo di Compak ci sono in realtà cinque o sei lanci: è poi il movimento che compie il tiratore da una postazione all’altra che crea la varietà. Questo è uno dei motivi per i quali noi specialisti del Compak siamo cugini degli skeettisti. Ma il grande fascino della nostra specialità è che nella stessa serie lo stesso lancio assume tanti aspetti diversi anche soltanto con una minima variazione di prospettiva. E poi nel Compak non puoi mai abbassare la guardia! Al Mondiale di Foligno c’è stato un continuo avvicendarsi di situazioni: al termine della prima giornata ero in testa nella gara individuale con

La mia gara al Mondiale di Foligno è partita tutta in salita, - dice la ragazza vicentina che frequenta il quinto anno dell’Istituto Alberghiero - perché nella prima serie ho affrontato uno schema che aveva tutti doppietti! Era anche il campo in cui avevo fatto una brutta serie al Campionato italiano: anche se poi in quell’occasione avevo vinto. Comunque la paura incredibilmente si è subito dissolta: ho affrontato quel campo difficile e ne è venuto fuori un 25 strepitoso. Ho avuto la fortuna di avere davanti a me in batteria per tutta la gara Cheryll Hall che poi ha vinto il titolo mondiale individuale. Cheryll è un vero “mostro” da pedana e per una ragazza come me il confronto diretto con una campionessa di quel calibro è uno stimolo fortissimo. Anche se tecnicamente mi sento molto più vicina alla spagnola Laparra. Mi identifico molto nel suo modo di adottare la posizione di attesa e mi ispiro al suo stile anche nel modo di “curare” i piattelli, con quell’aggancio dai movimenti morbidi, mai aggressivi nell’approccio con il bersaglio. So che il terzo posto individuale al Mondiale era a portata di mano: è stato il 21 dell’ultimo giorno che mi ha fatto sfuggire il podio. Ho pagato un po’ l’inesperienza e anche il fatto che non posso condurre l’allenamento esattamente nel modo che vorrei. Nell’arco di tutto l’anno, se va bene riesco a fare un paio di sedute di allenamento al mese: il problema non è soltanto nella gestione del tempo, ma anche nel forte impegno econoTAV MAGAZINE _ IL TIRO A VOLO

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// katia vaghi, martina maruzzo, carla flammini

Katia Vaghi

mico che richiede un allenamento intenso. Come accade a molte mie colleghe, mi alleno in gara. Ogni gara diviene insomma il training per la gara successiva. E come si vede, spesso funziona… Se Carla Flammini e Martina Maruzzo si sono rivolte al Compak fino dai primi momenti, c’è stata invece una importante sperimentazione tiravolistica ad ampio spettro nella storia sportiva di Katia Vaghi. Sì, - conferma la grafica pubblicitaria di Milano che è ormai marchigiana d’adozione - ci sono significativi trascorsi di Skeet nei miei primi contatti con il tiro a volo. Nel 2005 sparavo allo Skeet alla Società Sant’Ambrogio. È stato nel corso del 2007 che ho scoperto il Compak Sporting a Fagnano Olona. Mi sono appassionata alla disciplina, ho iniziato a lavorare sulla tecnica e proprio a Fagnano ho incontrato Lazzarin, tiratore di sconfinata esperienza, che mi ha fornito suggerimenti importanti. Di conseguenza è cresciuta la qualità della mia tecnica tant’è che nel 2008, al Mondiale di Roma, ero già in Nazionale. La grande varietà di lanci è quello che mi attrae di più del 18

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Compak Sporting, ma io insisto sempre sul fatto che in questa specialità è estremamente attraente l’ambiente in generale. Quando vai in pedana sei concentratissima, ma fuori dallo specifico momento agonistico nel Compak c’è molta voglia di divertirsi e l’atmosfera, anche nei grandi appuntamenti internazionali, è sempre molto distesa. Vincere il titolo mondiale a squadre, però, non è stato davvero uno scherzo! Anche perché a livello internazionale le migliori ragazze di alcune nazioni sparano come gli Eccellenza italiani. In più, occorre dire che Carla, Martina ed io non abbiamo potuto condurre un lungo allenamento insieme in vista della gara: soltanto nei giorni immediatamente precedenti abbiamo sparato insieme e ci siamo confrontate sulle varie questioni. Per il resto, ognuna di noi conduce il suo allenamento. Fuori stagione io mi alleno una volta alla settimana e sparo cento piattelli in un giorno. Qualche volta a Rio Salso, più spesso a Foligno dove sono tesserata e dove posso beneficiare delle “lezioni” di Veniero Spada: una seduta di allenamento con Veniero ne vale dieci condotte da sola. Devo dirlo: la vittoria al Mondiale è anche merito di quelle “lezioni”!


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C A M P I O N I DA L L’A A L L A Z E TA

L’ALFABETO DEL CENTOCINQUANTESIMO.

Chiara Cainero

L’alfabeto dei campioni del centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia è inaugurato dall’A di Danilo Aceto, campione italiano dei Veterani di Fintello. Nello stesso gruppo troviamo Alessandro Alderani, vincitore del titolo degli Juniores di Elica, Carlo Ambreck, primo tra i Seconda categoria di Fossa Universale calibro 20, e la Società di Aosta, prima tra i sodalizi di Quarta categoria di Trap. Il primo nome della lettera B è quello di Mario Barbieri, campione italiano dei Master di Trap e di Fintello. Seguono Alberto Bartoli, vincitore dello scudetto di Eccellenza di Fossa Universale, Jessica Bartoli, prima tra le Juniores di Trap al Campionato del Settore Giovanile, Daniel Barzaghi, campione di Fintello nel Settore Giovanile, Marco Battisti, campione italiano, europeo e mondiale degli Juniores di 20

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Compak, Mhabel Becchi, prima tra le Juniores di Skeet al Campionato del Settore Giovanile, Alessandro Belli, primo tra i Terza categoria di Double Trap e Alberto Bellini, campione italiano di Prima categoria di Double Trap. Ci sono poi Maurizio Belloni, primo dei Terza categoria di Trap, Christian Benet, campione italiano degli Juniores di Skeet al Campionato del Settore Giovanile, Marco Bicchi, primo tra i Seconda dello Skeet calibro 20, Paolo Bortolin, campione italiano dei Disabili SH1 di Trap e A1 di Double Trap, Giacomo Bovolenta, campione nazionale dei Veterani di Double Trap e Eugenio Bruscolini, primo tra i Master italiani di Compak e campione del mondo a squadre dei Superveterani. La C è inaugurata da Giuseppe Caccia che ha vinto lo scudetto dei Terza di Trap calibro 20, seguito da Chiara Cainero, prima tra le Ladies di Skeet e autrice della conquista della carta olimpica alla Coppa del Mondo di Concepcion. Marco Calafiore ha vinto il titolo dei Prima di Skeet calibro 20, la Campania ha primeggiato al Campionato delle Regioni di Fossa Olimpica, Domenico Cannizzaro ha vinto il titolo dei Seniores di Fintello, Nicola Carbone quello dei Prima di Trap calibro 20 e Roberto Carnali il titolo di Seconda di Compak. Cascata delle Marmore, che ha vinto il titolo di Prima categoria delle Società di Trap e quello di Skeet del Gruppo A, precede Tammaro Cassandro, campione del mondo a squadre tra gli Juniores di Skeet e campione italiano dei Prima di Skeet con formula Fitav. Paolo Cavarzan è campione dei Prima di Fossa Universale e Pietro Paolo


Daniele Di Spigno

Cenna ha vinto il titolo dei Seconda di Trap calibro 20. Gianfranco Corradi è campione del mondo a squadre dei Superveterani di Compak, Pasqualino Corridore è il migliore dei Seconda di Skeet, Roberto Cota ha vinto tra i Veterani di Trap, mentre Giuseppe Covini è campione europeo dei Superveterani di Elica. Pietro Curini è campione italiano dei Veterani di Elica e precede in ordine alfabetico Valentina Cuzzani, campionessa italiana ed europea delle Ladies di Elica. La lettera D è inaugurata da un nome illustrissimo: quello di Francesco D’Aniello, campione italiano degli Eccellenza di Double Trap e autore della conquista della carta olimpica della stessa disciplina a Sydney. Seguono Guido Di Cesare, primo dei Master di Double Trap, Jacopo Di Grazia, primo degli Allievi di Skeet al Campionato del Settore Giovanile, Ludovico Di Maio, campione italiano degli Eccellenza di Skeet con formula Fitav, Vito Di Renzo, primo dei Terza categoria di Skeet con formula Fitav. Con Daniele Di Spigno, autore della conquista della carta olimpica di Double Trap a Sydney, chiude l’elenco Carlo Duranti, campione mondiale a squadre dei Veterani di Compak. Un altro

Luigi Agostino Lodde

nome illustre apre la lettera F: è Massimo Fabbrizi, campione mondiale individuale e a squadre di Trap, seguito da un nome altrettanto altisonante: quello di Ennio Falco, primo degli Eccellenza di Skeet calibro 20. La Fattoria ha vinto la Coppa dei Campioni di Fossa Universale nel Gruppo B, Giulio Fioravanti il titolo europeo a squadre degli Juniores di Trap, Carla Flammini e campionessa del mondo a squadre di Compak, Foligno ha conquistato la Coppa dei Campioni di Double Trap del Gruppo A, la Coppa dei Campioni e il Campionato delle Società di Compak, il Corpo Forestale dello Stato ha vinto la Coppa dei Campioni di Trap e la Coppa dei Campioni di Skeet con formula Issf. La lettera G è inaugurata dal nome di Andrea Galesso, campione italiano degli Allievi di Double Trap del Settore Giovanile, seguito da Andrea Gallo, primo degli Allievi di Double Trap dello stesso comparto. Deborah Gelisio, che ha vinto il titolo delle Ladies di Trap, precede Enzo Gibellini, campione dei Veterani di Compak, Valerio Grazini che nel Trap è campione europeo a squadre degli Juniores nonché campione italiano degli Juniores calibro TAV MAGAZINE _ IL TIRO A VOLO

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// l’alfabeto del centocinquantesimo

Paola Tattini

12 e calibro 20 e nella Fossa Universale è campione europeo individuale Juniores. Conclude la lettera G Vincenzo Grizi, campione mondiale a squadre degli Juniores di Skeet e primo del Settore Giovanile di Skeet calibro 20. Con la lettera I, Gerardo Iannacone è primo dei Terza categoria di Skeet calibro 20, Ester Iannotti è campionessa europea a squadre di Fossa Universale e la Società Ilva è vincitrice del titolo delle Società di Skeet del Gruppo B. Antonino Labate, campione italiano dei Prima di Compak, apre invece la lettera L in cui troviamo anche Oreste Lai, primo dei Disabili SH2 di Trap e B2 di Double Trap, Adriano Lamera, campione italiano di Eccellenza di Fossa Universale calibro 20, e la Lauretana, vincitrice della Coppa dei Campioni di Double Trap del Gruppo B. Con il Lazio, squadra prima classificata al Campionato delle Regioni di Skeet del Settore Giovanile, nello stesso elenco ci sono anche Alessandro Lince, primo dei Prima di Double Trap calibro 20, Luigi Agostino Lodde, autore della conquista della carta olimpica dello Skeet a Sydney, la Lombardia, prima tra le squadre di Trap al Campionato delle Regioni del Settore 22

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Giovanile e Giuseppe Loteta, campione europeo a squadre dei Veterani di Fossa Universale. Carlo Mancarella apre l’elenco della lettera M: il “cannibale” campione europeo individuale e a squadre degli Juniores di Trap precede Pietro Maneri, campione italiano di Seconda di Elica, Eros Marcellini, primo tra i Seconda di Skeet con formula Fitav, Livio Marin, campione dei Seconda categoria di Trap, Giorgio Marrozzini, primo dei Disabili SH1 B di Trap e B1 di Double Trap, Martina Maruzzo, nel Compak campionessa italiana individuale e campionessa mondiale a squadre, Lionello Masiero, campione europeo individuale e a squadre tra i Veterani di Fossa Universale insieme a Roberto Mazzei, Daniela Mazzocchi, prima tra le Ladies del Fintello, Mesero, prima tra le Società di Terza di Trap, Stefano Mezzetta, campione italiano degli Eccellenza di Double Trap calibro 20, Enrico Moraglia, primo del Settore giovanile di Fossa Universale. Chiude l’elenco Angelo Moscariello, campione italiano di Eccellenza di Skeet. Roberto Nanni, campione europeo a squadre dei Superveterani di Fossa Universale, precede il lungo elenco della lettera P inaugurato da Michael Palmieri, campione italiano dei Prima di Skeet. L’elenco prosegue con Maria Lucia Palmitessa, prima tra le Esordienti di Trap al Campionato del Settore Giovanile, Sabrina Panzeri, campionessa mondiale a squadre di Fossa Universale, Paolo Parrini, primo tra i Master italiani di Elica, Carmine Pascale, campione italiano tra i Veterani di Skeet calibro 20, Germano Pavanello, primo in Europa tra i Veterani di Elica, Giovanni Pellielo, campione del mondo a squadre di Trap, Pierluigi Pescosolido, primo tra i Terza di Double Trap, Alfredo Petroni, campione italiano dei Veterani di Skeet con formula Fitav, Carlo Petrucci, primo tra i Veterani nel Trap calibro 20, Giulia Pintor, campionessa italiana delle Ladies di Trap calibro 20, Pisa, prima tra le Società di Seconda categoria di Trap, Erik Pittini, primo degli Esordienti di Skeet al Campionato del Settore


// l’alfabeto del centocinquantesimo

Giovanile, Roberto Poli, campione italiano di Terza di Compak, Leandro Roberto Prado, campione italiano di Prima categoria di Trap e Roberto Proietti, vincitore dello scudetto dei Prima categoria di Elica. Mauro Quarantini, campione italiano dei Master di Trap calibro 20 e Renzo Quarti, primo dei Veterani della Fossa Universale con il calibro 20, compongono il breve elenco della lettera Q. Più nutrito invece e pieno di campionissimi l’elenco della lettera R. Inizia con Valeria Raffaelli, prima delle Allieve di Trap al Campionato del Settore Giovanile e prosegue con Zdenka Ratek, prima tra le Ladies della Fossa Universale con il calibro 20, Bianca Revello, campionessa europea e mondiale a squadre di Fossa Universale e vincitrice dello scudetto delle Ladies italiane nella stessa disciplina con il calibro 12, Nadia Righetti, campionessa europea e mondiale a squadre di Fossa Universale, Enzo Rossetti, primo tra i Master di Skeet con il calibro 20 e con formula Fitav, Gabriele Rossetti, campione italiano e campione del mondo a squadre degli Juniores di Skeet, Jessica Rossi, prima alla World Cup di Pechino e vincitrice della Coppa del Mondo di Trap del 2011, Ottorino Rovetta, campione mondiale a squadre dei Superveterani di Compak. Angelo Sciarra, primo degli Juniores di Trap al Campionato del Settore Giovanile, inaugura la lista della lettera S che prosegue con Simona Scocchetti, prima tra le Ladies di Skeet calibro 20, Giancarlo Serra, campione europeo di Elica dei Seniores, Daniele Silvagni, primo tra i Prima di Fossa Universale con calibro 20, Pierluigi Sollami, vincitore dello scudetto degli Eccellenza di Trap, Michael Spada, primo tra gli Eccellenza di Compak e Silvana Stanco, campionessa italiana delle Ladies Juniores di Trap. La lettera T è inaugurata da Andrea Tabanelli, vincitore del titolo italiano dei Disabili A2 di Double Trap. Prosegue con un nome illustre e una vittoria altisonante: Paola Tattini, campionessa del mondo di Elica. Sotto la lettera T vanno anche Aurelio Tezze, campione europeo a squadre

dei Superveterani di Fossa Universale, Graziano Tognoni, campione italiano dei Veterani di Fossa Universale, la Toscana, prima nel Campionato delle Regioni di Skeet, Antonio Michael Torsello, primo tra le Giovani Speranze di Trap al Campionato del Settore Giovanile, Leonardo Tosto, primo tra gli Esordienti di Trap della stessa sfida, Le Tre Piume di Agna, Società vincitrice della Coppa dei Campioni di Fossa Universale del Gruppo A e Jacopo Trevisan, campione italiano Juniores di Double Trap nel calibro 12 e nel 20. L’Umbria è prima tra le squadre in lizza al Campionato delle Regioni di Double Trap. Nella lista della lettera V il primo è Marco Vaccari, nella Fossa Universale campione italiano dei Master e campione europeo individuale e a squadre dei Superveterani. Salvatore Valentini è campione mondiale a squadre dei Superveterani di Compak, Bruno Valessina è il migliore in Italia dei Master di Double Trap con il calibro 20, mentre Renato Vargiu è il campione italiano dei Terza di Skeet. Con il Veneto al primo posto tra le squadre in lizza nel Double Trap al Campionato delle Regioni del Settore Giovanile, sotto la lettera V sono contemplati anche Santo Verducci, primo tra i Master di Fossa Universale calibro 20, Valter Veroli, primo tra i Veterani di Double Trap calibro 20, Andrea Vescovi, al vertice tra gli Juniores di Double Trap al Campionato del Settore Giovanile, Luigino Viale, campione italiano di Terza categoria di Fossa Universale nel calibro 12 e nel 20, Giambattista Viola, campione italiano di Terza categoria di Double Trap calibro 20, Rodolfo Viganò, campione del mondo a squadre di Trap e autore della conquista della carta olimpica del Trap a Sydney e Luigi Viscovo, campione italiano di Eccellenza di Trap nel calibro 20. Tre nomi infine per la lettera Z: Roberto Zallocco, campione italiano di Seconda categoria di Double Trap nel calibro 20, Andrea Zambon, primo tra i Disabili SH2 A di Trap e Giovanni Zamboni, campione mondiale a squadre tra i Veterani di Compak. TAV MAGAZINE _ IL TIRO A VOLO

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FOSSA OLIMPICA

CORPO FORESTALE DELLO STATO.

Trionfalmente, sulla gradinata romana di Trinità dei Monti, il Corpo Forestale dello Stato celebra la sua strepitosa vittoria nella Coppa dei Campioni di Fossa Olimpica del 2011. E se il verde delle casacche del team, combinato con il bianco e il rosso di quel copricapo di Babbo Natale che indossano i ragazzi della Forestale ritratti in uno degli scorci più belli di Roma, ci ricorda cromaticamente che questi atleti sono i campioni del centocinquantesimo anniversario dell’unità italiana, è altrettanto vero che i verde-oro (per l’occasione trasformati in verdebianco-rossi) celebrano anche un’altra importante ricorrenza. Nel gennaio del 2012 - segnala Piero Alisciani, Coordinatore del Gruppo Sportivo Tiro a Volo del Corpo Forestale - festeggeremo i venti anni del Gruppo Sportivo Tiro a Volo e, da autore di questa iniziativa, sono naturalmente emozionato al pensiero. Ricordo il primo vero arruolamento che coinvolse i magnifici quattro del 1994: Emanuele Bernasconi, Daniele Lucidi, Angelo Sperandeo e Spartaco Battista. E ricordo come fosse adesso la prima vittoria nella nostra prima uscita ufficiale: l’affermazione al Campionato delle Società a Pisa tra i Gruppi Aderenti. Ricordo bene tutti i ragazzi che negli anni si sono avvicendati nel Gruppo Sportivo: atleti 24

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che hanno dato lustro alla Forestale come Antonello Iezzi, Sergio Forte e appunto Battista e Sperandeo. Alcuni di loro nel tempo hanno lasciato l’attività sportiva per svlgere altre mansioni nell’ambito del Corpo Forestale. Frattanto oggi abbiamo una struttura un po’ più articolata: io sono il Coordinatore e Emanuele Bernasconi è il Commissario Tecnico (e vorrei sottolineare anche il contributo recente del dottor Dario Fegatelli in qualità di Psicologo della squadra) ma nei fatti, quando siamo in gara, ci sono ancora fraternamente sette atleti e sette tecnici! Ogni atleta è un elemento d’elite nell’ambito di tutti i Corpi dello Stato e delle Forze Armate, ma nella Forestale questo criterio è ulteriormente evidenziato per una serie di ragioni oggettive. Questo avviene - spiega l’ingegner Mauro Capone, Primo Dirigente e Responsabile del Gruppo Sportivo del Corpo – perché quando parliamo di organico del Corpo Forestale facciamo riferimento a circa 8.000 operatori contro i 50.000 della Guardia di Finanza o i 130.000 della Polizia di Stato e dei Carabinieri. In considerazione dei numeri ben più ridotti rispetto ad altri Corpi, il Centro Sportivo del Corpo Forestale dello Stato schiera 150 atleti distribuiti in 18 discipline. Bisogna ammettere che con il tiro a volo in questi anni si è creata una “pericolosa” assuefazione alla vittoria, ma il fenomeno in questione ha anche permesso a questo sport di collocarsi tra quelli seguiti con maggiore attenzione dai massimi vertici del Corpo. Di conseguenza c’è grande partecipazione alle gesta dei nostri tiravolisti: quando ad esempio Chiara Cainero ha vinto a Pechino, hanno vinto un po’ tutti i Forestali d’Italia.

L’ingegner Mauro Capone, Primo Dirigente del Corpo Forestale dello Stato e Responsabile del Gruppo Sportivo, posa con il team che ha conquistato la Coppa dei Campioni di Fossa Olimpica. Da sinistra sono ritratti: il CT e atleta Emanuele Bernasconi, Daniele Lucidi, Federico Fanali, Giulio Fioravanti, il Coordinatore Piero Alisciani, lo Psicologo Dario Fegatelli, Giuseppe Ciccarelli e Gabriele Bernasconi.


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// corpo forestale dello stato

Piero Alisciani

E si deve proprio ad una decisione maturata nell’ambito del team del Corpo Forestale dello Stato se il Double Trap azzurro per quasi un decennio ha potuto sfoggiare un talento singolare come quello di Emanuele Bernasconi. È proprio così, - conferma l’attuale coach dei verde-oro – perché la mia carriera tiravolistica inizia con la Fossa Olimpica. Nel ’92 l’allora CT della Nazionale Ennio Mattarelli mi ha convocato per l’Europeo di Istanbul tra gli Juniores. Ero in squadra con Adriano Lamera e Mirko Acciarri. Ed ero compagno di stanza di Albano Pera che era tra i titolari con Marco Conti e Roberto Scalzone. Poi, per quei percorsi curiosi della vita, qualche anno dopo con Albano Pera ci siamo ritrovati nel Double Trap: io da atleta e lui da Commissario Tecnico. Io avevo appunto intrapreso intanto la strada del doublista perché nel Corpo Forestale c’erano soltanto specialisti di Trap e si voleva invece aprire il team anche alla nuova disciplina. Per me sono stati dieci anni di grandi soddisfazioni e di belle vittorie, ma non posso nascondere che il mio grande amore è sempre stato il Trap e quindi oggi mi sto gustando in pieno i tanti

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Emanuele Bernasconi

successi che stiamo conseguendo con questa squadra nella disciplina in cui ho esordito. Anche Daniele Lucidi, elemento storico del gruppo, ha portato nel tempo ai verde-oro il suo grande contributo di esperienza. Il tiro a volo è uno sport individuale, non c’è dubbio, - conferma il tiratore ternano - ma nelle gare di squadra si vince insieme: non si vince comunque mai da soli. Ed è la distribuzione della qualità dei punteggi che produce la vittoria: se in squadra un tiratore fa 99/100 e un altro 80, non si vince. Recentemente ho iniziato una stimolante esperienza di allenatore con la squadra di Cascata delle Marmore. Abbiamo vinto il titolo delle Società di Trap di Prima categoria, ma ho potuto constatare, anche analizzando il lavoro di molte altre formazioni, che la coesione raggiunta dalla squadra del Corpo Forestale dello Stato è qualcosa di unico. Un gruppo può essere composto da ottimi tiratori, ma senza la giusta coesione quel gruppo renderà all’80%. Soltanto saldando i vari elementi il risultato sarà il massimo possibile. Mi sento di dire che al Concaverde,


// corpo forestale dello stato

Daniele Lucidi

in occasione della Coppa dei Campioni, alcune squadre sulla carta disponevano di potenzialità anche maggiori della nostra. La differenza l’ha fatta proprio quella nostra capacità di essere totalmente squadra. Tra i Forestali che, in esclusiva per IL TIRO A VOLO, sulla gradinata che unisce Piazza di Spagna a Trinità dei Monti si sono trasformati in verde-bianco-rossi, c’è anche uno degli ormai celeberrimi “cannibali” dell’Europeo di Belgrado: Giulio Fioravanti. Come si concilia allora la preparazione agonistica di un azzurro con quella di un verde-oro? Non è un doppio binario quello dell’agonismo con la Nazionale e quello con il Corpo Forestale. La mia preparazione, anche quella che poi si esprime in azzurro, è condotta nel contesto del lavoro che svolgo con la Forestale. Semmai è stato del tutto nuovo per me assimilare pienamente la mentalità del tiratore di squadra. Innanzitutto ovviamente la mia esperienza di pedana non è neppure lontanamente paragonabile con quella di molti miei colleghi. Però sono stati proprio que-

Giulio Fioravanti

sti miei compagni di squadra ad agevolare il mio ingresso nel gruppo e sono stati loro ad aiutarmi ad assumere atteggiamenti nuovi. Un tributo particolare di gratitudine lo devo poi a Emanuele Bernasconi che io definisco ormai simpaticamente il mio personal coach. Si può essere forti quanto si vuole a livello individuale, ma nel contesto della squadra cambia tutto ed è proprio su questo aspetto che Emanuele e gli altri miei colleghi mi hanno dato gli strumenti per maturare come atleta. Nella famiglia Bernasconi il talento per il tiro a volo è un dato di fatto incontrovertibile, perché nel team del Corpo Forestale dello Stato non c’è un solo Bernasconi, ma due. Se Emanuele svolge il duplice e difficilissimo ruolo di coach e di atleta, nel team milita da lungo tempo anche il fratello Gabriele. Come si riesce allora ad essere proficuamente insieme fratelli, colleghi e compagni di squadra? Il livello agonistico - dice Gabriele Bernasconi - è sempre talmente alto che non puoi permetterti di essere fratello. E soprattutto in pedana non puoi permetterti di pensare che,

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U N I V E R S I A D E

// corpo forestale dello stato

Gabriele Bernasconi

ad esempio, tuo fratello ha fatto uno zero. È già difficile pensare a quello zero se l’autore è un tuo compagno di squadra… Far funzionare bene una squadra è un’impresa davvero ardua perché si sa che ogni tiratore vive un periodo di forma e un periodo di crisi ed è impossibile che tutti e sei i tiratori di una squadra arrivino in forma perfetta in quelle settimane in cui si disputano le gare più importanti della stagione. La forza della nostra squadra risiede nel fatto che se uno di noi sta sparando male, gli altri si impegnano a far meglio per compensare. Che la militanza in una squadra come il Corpo Forestale sia un elemento importante di maturazione tecnico-agonistica lo conferma anche Federico Fanali, uno dei più recenti acquisti della formazione verde-oro. Sono entrato in squadra il 16 novembre del 2009, - dice il giovane tiratore di Viterbo - ma ho capito subito che poter gareggiare con atleti dell’esperienza dei miei colleghi della Forestale avrebbe rappresentato per me un’opportunità di grandissima importanza. È proprio dal punto di vita tecnico che que-

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Federico Fanali

sta militanza ha avuto e continua ad avere importanza. Inoltre i miei colleghi non hanno mai fatto pesare la loro maggiore esperienza e i loro tanti titoli. Anzi, un atleta affermato e famoso come Rodolfo Viganò, che ha vinto con noi la Coppa dei Campioni a Lonato ma che ha una carriera strepitosa anche come azzurro della Nazionale di Trap, mi ha subito aiutato con suggerimenti preziosi e ha dimostrato una grandissima collegialità. A differenza delle “matricole” Federico Fanali e Giulio Fioravanti, Giuseppe Ciccarelli è invece uno dei verde-oro della vecchia guardia e ha vissuto mille battaglie con la casacca della Forestale. Sì, - conferma il tiratore casertano - davvero mille battaglie e ogni gara è una storia nuova. Ci sono gare che abbiamo stravinto fino dall’inizio e gare che abbiamo conquistato nelle ultime battute amministrando piattello per piattello. Certo, anche noi, come tutti, qualche calcolo in pedana lo facciamo, ma sempre facendo attenzione a non utilizzare il calcolo per limitare la vera forza della nostra squadra. A volte il calcolo non è per strappare il “pareg-


// corpo forestale dello stato

Giuseppe Ciccarelli

gio”, ma proprio per ottenere il contrario: se al terzo giro siamo già in vantaggio su tutte le altre squadre e a quel punto, vista la situazione, potremmo anche mettere il pilota automatico, allora magari tiriamo fuori quella serie “alla Forestale”, cioè una serie con appena quattro zeri su sei tiratori! A suo modo un po’ “matricola” è anche Dario Fegatelli, lo Psicologo della formazione verde-oro che ha seguito passo dopo passo il lavoro del team nelle imprese delle stagioni più recenti. Sì, mi sento effettivamente un po’ matricola perché ho scoperto il tiro a volo appena due anni fa. A volte ho l’impressione che questi ragazzi sappiano già come rubarmi il lavoro perché li sento parlare con straordinaria convinzione di concetti come “essere risorsa l’uno dell’altro” oppure di “coesione di gruppo”. La loro disponibilità mi ha dato la possibilità di imparare molto del loro sport: capire i meccanismi e cercare di fornire il mio supporto come risorsa. La bellezza di questo gruppo è che ciascuno è risorsa dell’altro. La stranezza - ma vorrei dire di nuovo: la

Dario Fegatelli

bellezza – è trovare persone che competono in molti casi l’una contro l’altra, ma nella gara di squadra sono disposte a prestare aiuto reciproco. Capiscono che donando questo aiuto accrescono, non diminuiscono, le loro potenzialità. Sotto il profilo psicologico, c’è un lavoro che deve essere fatto a distanza dalle gare, ma ci sono anche micro-interventi che si fanno durante la gara: infatti io ho seguito personalmente tutta la gara di Lonato. E’ naturale che ciascun tiratore gradualmente acquisisce la capacità di auto-regolarsi, ovvero non ha la necessità di avere una figura di sostegno lì accanto, ma mette in atto i comportamenti idonei per cambiare situazioni che non stanno andando come si pensava e per trovare strategie funzionali per offrire il massimo della prestazione in ogni momento. Quanto al nemico numero uno di ogni tiratore: lo zero; possiamo dire che è un grande mistero. Lo zero può iperresponsabilizzare in negativo il suo autore, oppure fungere da stimolo ad altri per trovare l’attenzione necessaria per rimettere insieme tutta la squadra. E’ ancora la bellezza e la stranezza dello sport a questi altissimi livelli!

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verso

L O N D R A

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IL TIRO A VOLO AL DUE PONTI SPORTING CLUB Un pomeriggio al “Due Ponti” in compagnia di Emanuele e Pietro Tornabuoni, fondatori del Circolo capitolino che ospiterà gli atleti del tiro a volo nella preparazione atletica che li condurrà ai Giochi. Testo di Simona Parisella

I cinque cerchi olimpici che si prolungano al centro a formare una doppia linea parallela che sovrasta due rami di alloro incrociati: il Due Ponti Sporting Club di Roma si presenta così, con i simboli dello sport e della vittoria sul suo emblema. Entrato ormai di fatto tra i circoli storici della capitale, il “Due Ponti” nasce più di venti anni fa dalla nuova idea di fare sport dei fratelli Emanuele e Pietro Tornabuoni, due “tecnici” dello sport cresciuti come nuotatori nel Circolo Canottieri Aniene di Roma. La piacevolissima conversazione che faccio con loro in una calda giornata dell’autunno romano inizia proprio da quel lontano 1990, anno di fondazione del Circolo; ed il riferimento a Italia ’90 è inevitabile. È Emanuele a collegare i due eventi, in un curioso alternarsi di causa ed effetto: “I lavori eseguiti a Roma in occasione dei mondiali di calcio – afferma, accennando un sorriso – hanno indubbiamente giovato in termini di viabilità alla nascita del nostro Circolo. In occasione di Italia ’90 sono stati creati nuovi svincoli stradali ed è stato sistemato lo stesso ponte che è poi nel nome del nostro Club. Oltre ovviamente ad avere grande ripercussione e clamore e dunque una straordinaria pubblicità sull’idea di fare sport ad alti livelli.” sopra: Perché è proprio questo quello che garantisce ai suoi iscritti un Circolo sportivo: sport praticaL’Avvocato Giuseppe condizioni, La Sala, to nelle migliori unitamente a spazi e momenti per la socializzazione. Presidente nazionale dell’Anciu, “Lo spirito del Circolo – dice Pietro Tornabuoni – è quello di mettere insieme persone come riceve un omaggio dal Consigliein un grande contenitore e di farle stare bene insieme.” re nazionale della Fitav Gianluigi Quella Circolo sportivo è una tradizione a Roma. I Circoli storici e notoriamente élitari Gualini neldel corso della serata della capitale mostrano, in modo meno evidente rispetto a quanto faccia il Due Ponti Sporting conviviale. Club, la doppia funzione di “palestra” e “villaggio”. Si, perché al “Due Ponti” si può nuotare in 30

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Emanuele e Pietro Tornabuoni con Chiara Cainero e la sua medaglia d’oro di Pechino e Fabio Partigiani.


una delle tre piscine, giocare a calcio o a tennis in uno dei campi in terra rossa battuta, ci si può allenare in una delle cinque grandi sale dedicate al Fitness e ci si può rilassare nell’area benessere o nella sala carte. I fratelli Tornabuoni sono orgogliosi di affermare quanto la loro creatura abbia la doppia funzione ludica e benefica, sportiva e di intrattenimento. Non è difficile infatti, frequentando il “Due Ponti”, riuscire a vedere alternarsi in modo del tutto naturale le tute e le sacche sportive delle ore di allenamento agli abiti da cocktail degli eventi benefici, delle iniziative sociali o delle feste private. In questo paradiso dello sport e della vita sociale immerso nel cuore verde di Roma che, come dichiara Pietro Tornabuoni, è vivaio di numerose promesse dello sport italiano, trovano l’ambiente ideale per l’allenamento e lo sviluppo della concentrazione gli atleti del tiro a volo. “È sempre grande – dichiarano i fratelli Tornabuoni – la disponibilità del Due Ponti Sporting Club ad ospitare gli atleti per le sedute di allenamento. Anche perché qui da noi alla preparazione fisica si unisce la ricerca della concentrazione che richiede uno sport tanto di mente come il tiro a volo.” Con me c’è Fabio Partigiani, il nostro Preparatore Atletico. Anche lui condivide pienamente lo spirito del Circolo, anche lui parla di preparazione atletica corretta perché, concordano, “con la salute non si può scherzare, gli errori di oggi vengono alla luce domani”. L’allenatore – secondo quanto mi dicono i miei interlocutori – diventa educatore e manager. Per raggiungere la massima prestazione sportiva con gli atleti del tiro a volo, è necessario organizzare in modo razionale le sedute di allenamento che vanno oltre l’applicazione di formule per la scelta dei carichi di lavoro, la compilazione meccanica di griglie o la determinazione di percentuali. “L’allenamento deve essere scientifico, strategico, sulla base di competenze professionali quali comunicare, osservare, motivare, ma anche di pratiche come analizzare, decidere, realizzare, valutare. La gara è poi, alla fine, il momento della verità: nessuna vittoria arriva mai per caso.” Il momento della verifica per gli atleti di vertice del tiro a volo arriverà tra pochi mesi sui campi di tiro di Londra 2012. Da quella Olimpiade potrà dipendere tutta una vita fatta di allenamenti, sacrifici, rinunce. “Però poi – precisa Fabio Partigiani – quando riesci nell’impresa, tutto passa, sei il numero uno!” A quelli che saranno i numeri uno di Londra 2012, i migliori auguri di un allenamento sano e mirato, che porti al gradino più alto del podio, e che noi della rivista seguiremo molto da vicino nelle sale fitness del Due Ponti Sporting Club di Roma. Fab:Layout 1 25/05/2010 9.57 Pagina 1

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FOSSA OLIMPICA

PIERLUIGI SOLLAMI Sul primo gradino di un podio del Campionato italiano per ricevere lo scudetto tricolore Pierluigi Sollami era già salito nel 1997. La sede era il Concaverde di Lonato e il titolo era quello di Seconda categoria di Trap. Ma allora, e ancora per molto tempo, il tiratore di Caltanissetta tesserato alla Società Toretta non avrebbe immaginato di poter salire sul primo gradino di un altro podio per ricevere lo scudetto più importante della stagione. Invece il titolo italiano degli Eccellenza di Fossa Olimpica in palio a Umbriaverde nella stagione del centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia è andato proprio a questo trentottenne a cui la definizione di outsider va già legittimamente stretta. Come si dice in questi casi, - dichiara il tiratore nisseno che si è prestato con ironia e disponibilità a posare in esclusiva per questa intervista in alcuni scorci suggestivi del centro di Catania – con la mia vittoria ho sfatato la tradizione. Non c’è mai stato prima di me un siciliano che si sia laureato campione italiano della massima categoria di Trap ed erano comunque molti anni che quello scudetto non andava ad un tiratore il cui nome non fosse incluso nella rosa dei Nazionali. Devo ammettere che non sono andato a Umbriaverde con la convinzione di poter vincere: contavo di far bene e di ottenere un posto tra i finalisti ma, con senso realistico, sapevo anche che vincere a quel livello non è davvero facile. Ho cominciato a crederci serie dopo serie e quando sono arrivato alla finale con quel 123/125 che per me è un punteggio stratosferico (dopo che avevo fatto 116 al primo Gran Premio e 119 al secondo), allora

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effettivamente l’ipotesi di vincere si è fatta più concreta. Ma c’era ancora da fare i conti con campionissimi del calibro di Massimo Fabbrizi, Erminio Frasca, Giovanni Pellielo: autentiche leggende non soltanto del tiravolismo italiano, ma planetario. È curioso che io sia arrivato alla finale di Umbriaverde senza aver mai sperimentato prima la serie ad un colpo solo. Ma sono arrivato alla serie decisiva talmente determinato che si è quasi sorpreso anche mio fratello Fabio, che è in Nazionale già da tre anni. Dopo la gara Fabio mi ha confermato quell’impressione. Mi ha detto: Pierluigi, ti ho guardato mentre scendevi in pedana e mi sembravi davvero carico al punto giusto! Centrare questa vittoria non è stato soltanto un’esperienza meravigliosa per me, ma è stata la conferma che con la volontà e la caparbietà si possono raggiungere grandi risultati. Il mio lavoro non è sparare: gli impegni del mio lavoro non mi permettono di stare in pedana ad allenarmi dalla mattina alla sera. Quest’anno, infatti, ho sparato relativamente poco: due serie alla settimana per tutto il periodo dell’attività agonistica. Però devo ammettere che ho condotto la preparazione in tutto l’arco della stagione concentrandomi sul Campionato italiano. Il mio desiderio era quello di arrivare a competere con i più forti specialisti del circuito e, se possibile, centrare un buon risultato. È arrivata addirittura la vittoria e questo è stato veramente un sogno che si è trasformato in realtà. È proprio per la profonda commozione che ho sperimentato quando ho centrato la vittoria che ho voluto dedicare quello scudetto a Giuseppe Vitale: il giovanissimo figlio dell’amico Paolo Vitale


Pierluigi Sollami

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// corpo forestale dello stato

che è scomparso in un tragico incidente. Provengo da una famiglia di grandi appassionati della pedana, - precisa Pierluigi Sollami - perché se mio fratello Fabio è ormai un Nazionale ben noto, l’altro mio fratello Michele è il Presidente della Società di Torretta e mio padre Giovanni ha svolto il ruolo di Presidente del Comitato regionale Fitav della Sicilia per dodici anni. Questo per dire che il tiro a volo è nel mio patrimonio genetico. Ricordo ancora il mio primo 25/25: l’ho realizzato a Malta quando ho compiuto diciotto anni, ma sparavo già dall’età di quattordici. Sono nisseno purosangue e a Caltanissetta vivo e lavoro, ma nell’arco della stagione vado a sparare a tutti i Gran Premi: senza esclusione. E non si tratta soltanto delle competizioni a livello 34

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individuale: ad esempio ho partecipato alla Coppa dei Campioni al Concaverde con la squadra di Torretta. Un siciliano come me lo sa bene che fare attività agonistica ad alto livello significa essere sempre in aereo e significa far fronte a spese considerevoli per sostenere le trasferte. Ho detto appunto che durante la stagione non riesco a fare più di due serie alla settimana di allenamento: ma in compenso faccio migliaia di chilometri! Per un siciliano l’attività tiravolistica di vertice comporta davvero immensi sacrifici e spese ingenti: credo che questo fenomeno debba essere sottolineato per far comprendere il grado di passione e di dedizione al tiro a volo che profondiamo noi tiratori del profondo sud.


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SKEET

Angelo Moscariello Angelo Moscariello, classe 1990, è stato enfantprodige dello Skeet italiano, ma andando a conquistare il titolo degli Eccellenza nell’anno del centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia ha nei fatti confermato il grande valore tecnico e agonistico che in lui aveva intuito il CT Francesco Fazi quando lo aveva convocato in prima squadra - pur essendo Angelo ancora formalmente under 20 - per il Campionato del Mondo del 2010. Ne scaturì un secondo posto a squadre (nella formazione di capitan Ennio Falco, insieme a Moscariello, c’era anche Valerio Luchini) ad un solo piattello dai formidabili tre di Cipro e dal titolo iridato.

Moscariello che ha posato in esclusiva per IL TIRO A VOLO nel suggestivo complesso di San Leucio, a Caserta - perché probabilmente non ero ancora preparato psicologicamente per una gara così importante. Ma devo ammettere che da lì è partita la mentalità del tiratore vincente. È vero che avevo collezionato belle prove in quella stagione e nella precedente: nel 2009 ho conquistato il bronzo individuale al Mondiale di Maribor tra gli Juniores e nel 2010 sono stato ancora terzo all’Europeo. È stato proprio quel risultato che ha convinto il CT Fazi a inserirmi in squadra per il Mondiale.

E’ stata una prova molto impegnativa quella di Monaco 2010, - commenta Angelo

Ma quando inizia la storia skeettistica di Angelo Moscariello?

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Angelo Moscariello

Molto prima. Ho iniziato a dodici anni accompagnando il mio papà Tonino che è tuttora un buon tiratore di Skeet. Quest’anno sapevo di non avere impegni internazionali e quindi mi sono concentrato sul Campionato italiano: ho ho lavorato tre mesi intensamente per preparare quella gara. Ho sparato tre o quattro volte alla settimana nei mesi che hanno preceduto il Campionato italiano di Montecatini: con notevoli sacrifici da parte di mio padre, come si può immaginare, soprattutto in termini economici. Ma Angelo Moscariello che oggi vive a Montella, in provincia di Avellino, ed è tesserato con le Fiamme Oro, da autentico fuoriclasse ha elaborato un modo tutto personale di interpretare lo Skeet e di affrontare ogni percorso dal Pull al Mark. Sì, è vero: non penso, come invece molti dicono, che ci siano piattelli facili e piattelli difficili in una serie di Skeet. Cerco di impostare l’allenamento su ogni singolo piattello dando ad ogni singolo piattello il giusto carico psicologico. Ogni volta che scendo in pedana mi dico: non credere che quel piattello sia facile, non credere che quell’altro piattello sia difficile e neppure che la pedana 4 sia impossibile. Ho fatto gare superando la pedana 4 senza neppure uno zero: a quel punto tendevo a rilassarmi un po’ e allora ecco che magari facevo un paio di errori proprio sulle cosiddette pedane facili per un deficit di concentrazione. Ho parlato a lungo di questo anche con un grandissimo dello Skeet come Andrea Benelli che ha sempre detto: quando hai superato la 4 è fatta! Io non sono mai stato d’accordo con questo punto di vista. Ho visto alcune volte anche Ennio Falco uscire pulito dalla 4 e mettere uno zero alla 5 e alla 6. Trovo che davvero non conviene pensare troppo in termini di maggiore o minore difficoltà. Mi viene da dire: questo è lo Skeet. Non è un gioco...

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DOUBLE TRAP

Francesco d’aniello I did it my way. Per Francesco D’Aniello il titolo di una celeberrima canzone di Frank Sinatra calza perfettamente come sintesi programmatica della carriera di atleta. Perchè il fuoriclasse di Nettuno, a dispetto di alcune abitudini consolidate, ha scelto un metodo personalissimo di condurre l’allenamento in quella che va comunemente sotto la denominazione di stagione fredda. Sto affrontando l’inverno preolimpico - dice lo specialista delle Fiamme Oro - esattamente come ho fatto nei mesi a cavallo tra il 2007 e il 2008 in vista delle Olimpiadi di Pechino. Ho smesso di sparare a settembre e ho fatto uno stop temporaneo fino a ottobre. Poi, invece, dal mese di ottobre ad oggi ho ripreso a sparare e continuerò in questo modo. Il mio allenamento prevede normalmente tre o quattro sedute di tiro alla settimana con una media di 150 o 200 piattelli ogni volta. Adesso e fino alla primavera lavorerò molto sulla quantità di fuoco: poi, dal mese di aprile in poi, dirigerò invece il lavoro sulla qualità. Al momento di tratta di un allenamento molto libero: magari ripeto anche due serie consecutive su di uno stesso schema se ho avuto l’impressione di aver avuto qualche problema su alcuni lanci. E del 2011, che giudizio dà Francesco d’Aniello?

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Molto positivo. Io sono felice di aver conquistato la carta olimpica che era l’obbiettivo principale della stagione e sono contento di aver centrato la conquista del titolo italiano perchè rappresenta un altro


Francesco D’Aniello

traguardo a cui ho sempre tenuto molto. Ma nonostante la grande notorietà di alcuni specialisti come il campione di Nettuno e la vivacità della disciplina, il Double Trap è permanentemente in sofferenza. Non possiamo nascondere che il Double Trap è un investimento e quindi rappresenta una disciplina in cui può riuscire bene soltanto chi ha la possibilità di sparare molto. Questo certamente non agevola la diffusione della specialità. C’è poi l’aspetto psicologico del risultato. Facciamo un esempio: se faccio 30/50 nel Double Trap è come se facessi

15/25 in una serie di Fossa Olimpica. Se quello è il risultato intorno al quale mi stabilizzo, piattello più, piattello meno, alla lunga mi convinco che quella disciplina non fa per me. Per divertirmi devo poter fare almeno 46 o 47, ma quello è un risultato che mediamente raggiunge soltanto chi spara tutto il giorno. La disciplina deve essere facilitata e le modifiche che abbiamo introdotto in Italia hanno dato ottimi risultati. Con il sistema Italia ho visto molti tiratori che sono riusciti a fare 27/30, anche 28 e perfino 29. In questo modo il tiratore si diverte, vede concretamente il risultato del suo lavoro e continua. Ma nell’arco della stagione, quando magari le gare importanti sono lontane, c’è ancora spazio nella giornata di Francesco D’Aniello per quella Fossa Universale che ha dato le prime importanti soddisfazioni? Ormai da anni, nella mia vita di tiratore c’è spazio soltanto per il Double Trap. Ho sparato occasionalmente alla Fossa Olimpica quando abbiamo formato le squadre delle Fiamme Oro per gli intersocietari e qualche volta faccio una serie per divertimento anche alla Fossa Universale. Ne viene fuori un 22, un 23. Anche un 24, magari. Ma tutto finisce lì. Il mio mondo è il Double Trap! TAV MAGAZINE _ IL TIRO A VOLO

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FOSSA UNIVERSALE

SABRINA PANZERI BIANCA REVELLO NADIA RIGHETTI Via libera con la Fossa Universale e verso traguardi sempre più alti! Potrebbe anche divenire lo slogan della più amata delle discipline amatoriali. Anche perché lo slogan sintetizza quello che della specialità in questione dicono, praticamente all’unisono, le tre campionesse d’Europa e del mondo della stagione 2011. È vero che fino ad ora a fare scuola nel mondo nella disciplina delle cinque macchine erano principalmente le francesi e le inglesi, ma adesso le “professoresse” dell’Universale sono proprio loro: Sabrina Panzeri, Bianca Revello e Nadia Righetti. Menzionate in rigoroso ordine alfabetico e ritratte all’ombra dell’Arena di Verona: come si conviene a delle vere e proprie specialiste dell’acuto. Già, perché senza l’acuto di ciascuna delle tre ragazze dell’Universale, quello strepitoso titolo mondiale conquistato a Ychoux alla fine di agosto non sarebbe davvero arrivato. Tutta colpa di un inaspettato diluvio. Diluvio universale, s’intende... Abbiamo creduto in maniera fortissima in questa vittoria, - spiega Bianca Revello – e abbiamo trovato insieme la grinta per conquistare il titolo. A dispetto degli elementi, perché il secondo giorno di gara, nel pomeriggio, sul campo di Ychoux si è scatenata una vera e propria tempesta: non si riusciva a stare in piedi dal vento. Una giornata di agosto si è trasformata all’improvviso in una giornata d’inverno. Con il dettaglio non trascurabile che le nostre avversarie dirette avevano sparato la mattina: con la pioggia, sì, ma con una pioggia normale. Il primo giorno, invece, era stato ordinario in senso meteorologico e tutte le squadre erano riuscite a esprimersi in maniera omogenea. È stato il secondo giorno che le cose si sono complicate. Con la pioggia che ci ha penalizzato, le francesi e le inglesi hanno preso infatti un bel vantaggio. Abbiamo sofferto (io sono

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uscita con un 20 dalla serie sotto il diluvio) ma è proprio in quel frangente che abbiamo messo le basi per la vittoria. Ho visto Nadia uscire dalla pedana zuppa di pioggia. Mi ha detto: io ho fatto tutto quello che potevo! Il suo fucile gocciolava ancora d’acqua mentre mi diceva così. Poi abbiamo ingranato e nel terzo e nel quarto giorno abbiamo preso il largo. Fino ad ora, - precisa Sabrina Panzeri – inglesi e francesi dominavano ampiamente anche a livello femminile. Adesso abbiamo dimostrato che esiste una scuola italiana della Fossa Universale che è ai massimi livelli mondiali. Il motivo di questo salto di qualità? Sicuramente ci alleniamo meglio, nel senso che miriamo la preparazione ai singoli obbiettivi e in più abbiamo acquisito un saldo spirito di squadra. Naturalmente servirebbe qualche raduno in più per saldare ulteriormente il gruppo, anche proprio in senso tecnico, perché abbiamo visto chiaramente che anche in pedana è l’unione a far la forza. Già, - si associa Nadia Righetti – il problema di fondo è proprio la quantità e la qualità dell’allenamento. Io non posso fare un allenamento intensissimo perché il lavoro non me lo consente, quindi quest’anno ho fatto coincidere allenamento e gara: ho utilizzato cioè gli appuntamenti agonistici per far crescere la qualità in vista della gara successiva. Per me la grande novità della stagione 2011 è stata la possibilità di partecipare alle gare internazionali più importanti: un’esperienza interessantissima ma anche molto difficile. L’Europeo è stato davvero divertente. Nella gara individuale ho fatto lo stesso punteggio di Bianca e abbiamo spareggiato per il terzo posto. Poi è stata lei a vincere per un piattello, ma io ero contentissima di questa prima uscita: ero partita addirittura con un 24 e un 25… Al Mondiale naturalmente le cose si sono complicate, ma con Sabrina e Bianca siamo ormai un team affiatato e il risultato lo ha dimostrato. Sono sincera: la Fossa Olimpica mi fa diventare cattiva, in senso agonistico. Invece l’Universale è un vero divertimento! TAV MAGAZINE _ IL TIRO A VOLO

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// sabrina panzeri, bianca revello, nadia righetti

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// sabrina panzeri, bianca revello, nadia righetti

Bianca Revello

Nadia Righetti

Questo è il vero segreto della Fossa Universale, - precisa Bianca Revello - perché si tratta di una disciplina aperta. Dice bene Nadia: l’assetto mentale delle due discipline è completamente diverso. E pertanto anche l’approccio agonistico. Dicevamo prima degli allenamenti: in condizioni normali, in certi periodi dell’anno, io alle diciassette scappo dal lavoro, corro a Lonato e faccio quell’ora

Sabrina Panzeri

e mezzo di allenamento finché c’è luce sufficiente. Poi vado al Mondiale di Fossa Universale e trovo magari seicento tiratori che più o meno si allenano come me. Più o meno, diciamo, perché in alcuni casi esiste qualche forma prossima al professionismo anche nell’Universale. Io mi considero un’universalista pura, anche se il circuito dell’Olimpica lo seguo, eccome: non a caso ho conquistato l’argento agli assoluti di Trap del 2010. Allora accade che quando vado ad una gara di Fossa Olimpica, mi confronto con tiratrici che da tre giorni si allenano dalla mattina alla sera su quel campo. Sono abitudini di allenamento che si trasmettono anche all’Universale - conclude Nadia Righetti che per partecipare al Mondiale di Ychoux ha addirittura posticipato la luna di miele – quando qualche big dell’Olimpica viene a fare qualche escursione da noi. All’Europeo di Maribor si è presentata Zuzana Stefecekova: è stata lì ad allenarsi una settimana di seguito prima della gara. Ha vinto lei, d’accordo, però per me è stato strepitoso e stimolante gareggiare con una campionessa come Zuzana. E poi, alla fine della prima giornata, lei ed io eravamo addirittura a pari. Magari, la prossima volta non finisce così... TAV MAGAZINE _ IL TIRO A VOLO

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FOSSA OLIMPICA

Campania trap

Tra le formazioni in gara al Campionato delle Regioni di Fossa Olimpica sulle pedane di Pecetto di Alessandria è la Campania del Presidente regionale Francesco Cembalo e del coach Michele Candilio a centrare la vittoria del trofeo del Centocinquantesimo. E per celebrare questo importante successo i nostri eroi del Trap della Campania hanno accettato simpaticamente di posare in esclusiva nello splendido complesso architettonico di San Leucio, a Caserta. Nel 2010 la presenza sul podio della stessa gara per il team campano era sfumata nelle ultimissime battute e il responso era suonato come una vera beffa per questo team costruito da Candilio con l’accurata e sistematica analisi del rendimento agonistico di tutti i tesserati della Regione. Sì, - conferma il selezionatore Michele Candilio – la conquista della vittoria ci ripaga in pieno degli sforzi, ma sinceramente devo ammettere che ero pienamente consapevole del valore di questa squadra. Anche un anno fa, quando ho debuttato come selezionatore e coach, sapevo di aver composto un bel team, ma questa volta, grazie all’innesto di alcuni giovani sulla base 44

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solida di un terzetto di tiratori di grandissima esperienza quali l’Eccellenza Ligi Mele, il Prima Antonio Mellone e il Veterano di Seconda Giuseppe Capuano, ero certo che potevamo veramente centrare l’obbiettivo. Io sono convinto che il lavoro serio e accurato ripaga sempre: fino dall’inizio dell’anno ho tenuto d’occhio alcuni elementi, li ho seguiti passo dopo passo un po’ in tutta la stagione, poi ho deciso di inserire questo o quell’elemento perché avevano dimostrato di dare garanzie di tenuta agonistica e caratteriale. Ed eccoci qua: sul primo gradino del podio. Meritatamente, aggiungo! L’altro artefice di questo successo è il Presidente del Comitato regionale Fitav della Campania, Francesco Cembalo. Questo è il mio primo quadriennio alla guida del Comitato regionale Fitav della Campania, - dice il dirigente di Altavilla Salentina - e tra gli obbiettivi che c’eravamo prefissati c’era proprio questo. Come Comitato ci eravamo dati il traguardo di centrare la vittoria al Trofeo delle Regioni entro il quadriennio. Nel 2010 abbiamo dovuto rinunciare al

Il Presidente del Comitato regionale Fitav Francesco Cembalo e il CT Michele Candilio posano a San Leucio di Caserta con Giuseppe Capuano, Giovanni Cembalo, Antonio Mellone, Antonio Ansaone e Marco Cuomo.


Pierluigi Sollami

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// campania trap

podio per un soffio e questo indubbiamente bruciava. Quest’anno, l’introduzione in squadra di un gruppo di giovani che il CT Candilio ha saputo ben amalgamare con il gruppo storico, ha permesso di fare il salto 46

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di qualità. La formula del Campionato delle Regioni che impone da regolamento la presenza in squadra di tiratori appartenenti a categorie diverse, ma anche a fasce anagrafiche diverse, ci permette di fare un

Il Presidente del Comitato regionale Fitav della Campania Francesco Cembalo e il Commissario Tecnico della squadra Michele Candilio.


// campania trap

Michele Candilio

lavoro interessante. Prendiamo in esame i risultati di tutti i tesserati della Regione nell’arco dell’anno e con questo lavoro accurato siamo certi di individuare le eccellenze in ogni categoria e qualifica. Tutti i tiratori inseriti nel team hanno dimostrato davvero grande senso di responsabilità. Trovo fortemente simbolico a questo proposito quanto ha detto e fatto Giuseppe Capuano in tutta la fase di preparazione per la gara di Pecetto. L’anno passato Capuano aveva fatto uno zero all’ultimo piattello e, poiché siamo rimasti esclusi dal podio proprio per un piattello, quello zero in certo modo aveva assunto un significato fortemente negativo. E proprio Giuseppe Capuano, consapevole di questo obbligo morale di riscatto nei confronti dei suoi compagni di squadra, ha saputo quest’anno centrare il risultato migliore, vincendo quella sua scommessa che è stata poi la scommessa di tutti noi. Chiamato in causa, tuttavia, Giuseppe Capuano, con grande modestia, distribuisce con equità i meriti di questa luminosa vittoria

Giuseppe Capuano

della Campania sulle pedane piemontesi di Pecetto. Credo che il grande merito della vittoria, - sottolinea il tiratore di Seconda, classe 1949 - sia dei giovani del gruppo, perché quelli della squadra che avevano maggiore esperienza (il sottoscritto insieme a Antonio Mellone e Luigi Mele) dovevano fare il risultato che hanno fatto. È il risultato dei giovani che è davvero un grandissimo successo di questa formazione. D’accordo, sarà anche merito di tutti noi anziani che diamo nozioni e informazioni di qualità ai giovani. Questo è uno sport durissimo e difficile e più che istruzioni serve insegnare la capacità di distribuire le energie. Io ho cercato di sostenere l’entusiasmo di questi giovani fino alla fine della gara, perché non si può mai dire gatto se non l’hai nel sacco. I giovani spesso si galvanizzano facilmente con il bel risultato: sta a noi anziani suggerire di conservare un po’ di energia fino all’ultimo. Mai abbattersi e mai cantare vittoria, mi ripeto sempre. E lo ripeto continuamente anche ai più giovani. Quantomeno fino a TAV MAGAZINE _ IL TIRO A VOLO

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// campania trap

Antonio Mellone

quando non si è sparato l’ultimo piattello. È la lezione dell’esperienza. Io ho acquistato il mio primo fucile nel ’78. Ho vissuto a lungo fuori dalla Campania e da due anni mi sono iscritto di nuovo nella mia Regione. Quindi, questo risultato lo dovevo al Comitato regionale Fitav della Campania dal momento che tutti mi hanno accolto di nuovo molto bene. E credo di aver saputo ripagare con il mio contributo di esperienza la fiducia e la stima che ho ricevuto. Ho quarant’anni, - precisa il Prima categoria Antonio Mellone - e ho iniziato a sparare nel 1999. Non sono soltanto tiratore perché svlgo anche il ruolo di Presidente della Società di Colliano. Appena sono diventato Presidente, abbiamo vinto il Campionato regionale di Società di Fossa Olimpica. Nella gara di Pecetto che ci ha donato questo grande successo ho fatto il secondo miglior punteggio del gruppo. Ma in tutta sincerità ero preparato per fare un punteggio anche più alto di quello che ho fatto. Ho condotto una preparazione specifica perché tenevo tantissimo a questa gara. Sapevo che la squadra era fortissima, quindi ero convinto 48

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Giovanni Cembalo

che avremmo fatto bene. Il più giovane della Campania Trap che ha conquistato la vittoria al Campionato delle Regioni è Giovanni Cembalo, classe 1991. Soggezione di mio padre? Dice il figlio del Presidente del Comitato regionale della Campania. Direi di no, perché quando sono in pedana penso soltanto al piattello. Prima di andare in pedana magari sì: sai che c’è tuo padre che ti segue e approfitta di quell’attimo prima dell’inizio della serie per darti qualche consiglio. Poi, dopo, se tu che devi colpire i piattelli. Facevo già parte della squadra che aveva conquistato il quarto posto nel 2010: quel podio mancato per un soffio non andava giù. Per questo motivo mi sono preparato per questa gara in maniera seria: sia dal punto di vista tecnico-atletico che psicologico. La matricola del team si chiama invece Antonio Ansalone. Ho iniziato quest’anno a sparare e ho fatto


// campania trap

subito dei risultati importanti: ho vinto il campionato invernale a Montecatini e quello regionale estivo di Terza categoria. Michele Candilio un giorno mi ha chiesto di entrare nella squadra della Campania. Lì per lì mi sono sorpreso. Dissi: ma è uno scherzo? No, mi disse Candilio, perché dovrebbe essere uno scherzo..? È stata una grande soddisfazione entrare in squadra, specialmente quando ho visto che c’erano tiratori fortissimi della Campania: Luigi Mele, Antonio Mellone, Giuseppe Capuano. Come sono diventato tiratore? Andavo ogni tanto a vedere sparare e provando, senza aver mai sparato prima ad un piattello, ho fatto dei 19, dei 20 e anche qualche 21. Un tale Peppino del campo in cui andavo mi ha detto chiaramente che vedeva delle doti in me. Mi disse: se continui, magari puoi fare anche qualche bel risultato. Mi sono qualificato per il Campionato invernale, sono andato a Montecatini. Mi sono trovato lì sotto la pioggia e pensavo: ma io sono venuto fino a qui per far cosa? Per vincere, mi sono riposto. E ho vinto…

Antonio Ansalone

Anche io mi sono preparato con cura alla gara di Pecetto, - dice Marco Cuomo, tesserato a Marrandino di Castelvolturno – ho fatto numerose gare anche fuori Regione per condurre l’allenamento, poi ho sparato al Campionato italiano e ho gareggiato con la squadra di Marrandino al Campionato delle Società. In allenamento a Pecetto ho fatto 72 ed ero molto soddisfatto. Quindi sono andato in gara consapevole di far bene: ho fatto 24 alla prima serie, 23 alla seconda e addirittura 25 alla terza. Poi ho fatto l’errore di fare un po’ di conti con il tabellone. Questo era determinato dal fatto che avevano il fiato sul collo dell’Emilia– Romagna. È stato sicuramente un errore: mi sono un po’ fatto condizionare dalla necessità di fare il risultato. Sono andato in pedana molto teso, sotto pressione. Ho fatto 19. Il CT Candilio mi ha aiutato molto in quel momento: ad ogni passaggio dalla quinta alla prima mi dava coraggio e quello mi ha permesso di limitare i danni. Questo vuol dire essere una squadra. E noi abbiamo davvero vinto tutti insieme!

Marco Cuomo

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A T T I

U F F I C I A L I

AVVISO IMPORTANTE Tutti gli atleti (agonisti ed amatori) che disputano gare, nel caso in cui debbano assumere farmaci, devono essere in possesso del modulo di trasmissione della “Dichiarazione di uso terapeutico di sostanze vietate o metodi proibiti”(DUT). La ““Dichiarazione di uso terapeutico di sostanze vietate o metodi proibiti”(DUT) deve essere spedita per Raccomandata A/R all’Ufficio di Procura Antidoping del CONI (Stadio Olimpico, Curva Sud, Gate 23, Secondo piano, 00194 Roma): • - Per gli atleti non soggetti a TUE (Richiesta di Esenzione ai Fini Terapeutici), la DUT va inviata entro 7 giorni lavorativi dalla data di sessione del prelievo ed è soggetta a revisione ed accettazione da parte dell’organismo deputato al controllo della documentazione; il mancato riconoscimento della reale necessità medica al trattamento indicato comporta l’attivazione di un procedimento disciplinare. • - Per Glucocorticosteroidi (Cortisonici) utilizzati per via non sistemica, la DUT va presentata nel momento in cui si inizia la somministrazione, sono interessati tutti gli Atleti compresi quelli inseriti nel Gruppo Registrato ai Fini dei Controlli (RTP). Si ribadisce che gli atleti inseriti nell’RTP, nel caso in cui debbano assumere farmaci, devono compilare la TUE. Nel caso in cui il Comitato per l’Esenzione ai Fini Terapeutici”(CEFT) approvi la TUE, l’Atleta può cominciare il trattamento farmacologico soltanto dopo aver ricevuto la notifica di autorizzazione da parte del CEFT. Si fa eccezione per i casi in cui l’intervento farmacologico si configuri quale trattamento di emergenza indispensabile per le condizioni di salute dell’atleta; in questo caso l’autorizzazione può avere validità retroattiva. Per prendere visione del “Regolamento Antidoping” e la relativa modulistica, collegarsi sul sito federale www.fitav.it , cliccare sul link in basso. Una volta aperta la Home Page del sito www.coni.it , scorrere la colonna laterale sinistra fino alla voce Antidoping e cliccarla. Si prega di prenderne visione e si raccomanda la massima cura e scrupolosità. Per qualsiasi ulteriore informazione, contattare il Medico Federale dr. Francesco Fazi 335333670 e l’Ufficio Antidoping FITAV al numero 06.45235213.

AVVISO A TUTTE LE SOCIETA’ La Federazione per effettuare con sicurezza e velocemente i pagamenti a vario titolo alle Società Sportive ad essa affiliate deve utilizzare lo strumento del bonifico bancario. E’ quindi necessario che le Società inviino urgentemente i propri dati bancari secondo il seguente schema registrandosi ai servizi web del sito www.fitav.it: Denominazione Società Intestatario del Conto Bancario Istituto di Credito Numero Conto Corrente

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