Recensione a Le voci remote

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Recensione a “Le voci remote” di Felice Serino di Donatella Pezzino In ogni mondo esiste una porta di comunicazione con tutto il resto. Conoscerne l’esatta ubicazione, aprirla e attraversarla non presuppone capacità medianiche, ma solo un umile atto di fede: una fede qualsiasi, in Dio, nell’amore, nelle energie della natura, in sé stessi. Credere, semplicemente. Ecco, leggere Felice Serino è un po’ come riappropriarsi della consapevolezza che quello stargate esiste, e che possiamo attraversarlo in qualsiasi momento, spinti dalla forza degli eventi, da un desiderio di trascendenza o dalla riflessione sull’oltre che ci attende alla fine dei nostri giorni. In “Le voci remote”, l’anima del poeta ha raggiunto la sua dimensione ideale, meta di un lungo viaggio che lo ha visto percorrere a piedi nudi i vasti deserti umani alla ricerca del sé più puro, nel quale la grandezza dell’uomo sta nella sua valenza infinitesimale e il buio è solo assenza di Dio. tu sei l'ombra del Sé: l'alterego o se vuoi l'angelo che ti vive a lato nei paradossi della vita La lanterna di questo instancabile Diogene non si affida al lume ma al suono: un suono interiore, fatto di silenzi costantemente modulati allo scopo di rievocare i dolori, le gioie e perfino le insipidezze della vita trascorsa. E fra i suoni che questo silenzio è in grado di intercettare ci sono, appunto, le “voci remote”: appena udibili alcune, più chiare e distinte altre. Un titolo niente affatto casuale, come casuale non è, in apertura, la scelta dei versi del poeta greco Ghiorgos Seferis sulle “voci remote/ delle anime in sogno” che riassumono in un certo senso la cifra dell’intera opera. Ma cosa sono queste voci remote, e a chi appartengono? nell'oltre non ci son porte e chiavi è tutto -in trasparenzaun fondersi di sguardi Sguardi; anime; vite. Si, perché la dimensione “altra” non è un luogo solitario; al contrario, è un humus fertile d’amore a nutrire mani, volti e profumi che dalla realtà visibile, come tutti noi, sono passati; e che ora, abbandonati i pesanti costumi teatrali della quotidianità terrena, ci guardano e ci giudicano. eccoti un ectoplasma ovvero un antenato a sentenziare da un aldilà -non sapete neppure vestirvi -bella forza: voi con i vostri doppiopetti vi credevate dio in terra o guappi noi casual-cibernetici della libertà siamo bandiera grida il rosso del nostro sangue nelle piazze per le ginocchia aria di primavera


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