Notiziario trimestrale delle Sezioni del Club Alpino Italiano di Alessandria, Acqui Terme, Casale Monf., Ovada, San Salvatore Monf., Tortona, Valenza Autorizzazione Trib. di Casale n. 155 del 27.2.1985 - Direttore Responsabile Diego Cartasegna - Direzione e Amministr. Via Rivetta, 17 Casale Monferrato Redazione Stampa Tipografia Barberis snc San Salvatore Monferrato “Spedizione in a. p. art. 2 comma 20/c legge 662/96 - Filiale di Alessandria” Anno XXIII - Num. 2 - APRILE 2012 __________________________________________________
PROTOCOLLO DI INTESA TRA PROVINCIA DI ALESSANDRIA E CAI
Il 14 marzo scorso a Palazzo Ghilini è stato firmato il rinnovo del protocollo di intesa tra Provincia di Alessandria e Club Alpino Italiano - Regione Piemonte per la manutenzione e segnalazione dei sentieri inseriti nel catasto regionale. “È un utile strumento per tenere in ordine la rete dei sentieri della Provincia di Alessandria, che conta più di 1350 km di sentieri - ha detto Carlo Massa, Assessore ai Parchi e Aeree protette - per la cui segnalazione e manutenzione sono stati presentati progetti dalla Provincia stessa e dagli enti “aggregati” del territorio. L’accordo con il CAI permette di attivare una collaborazione tra i volontari dell’associazione e l’Assessorato Parchi e Sentieristica per monitorare la Rete e aggiornarla con l’implementazione di nuovi sentieri e percorsi. Il Presidente del CAI regionale Gino Geninatti ha suggellato con la firma del protocollo di intesa un periodo che ha visto il CAI assumere un ruolo importante in Piemonte, proprio per i finanziamenti che hanno consentito di far confluire fondi per il potenziamento della rete sentieristica regionale, con la creazione di nuovi posti tappa, la sistemazione di molti tratti franati, la creazione dei sentieri accessibili ai disabili e la pubblicazione di guide escursionistiche e carte dei sentieri, come la guida “Nelle Terre del Drago” edita dalla Provincia di Alessandria.
Lo scandalo in una società che fonda tutto sulla sicurezza
ALPINISMO: RISCHIO O PERICOLO?
Rischi e pericoli dell’alpinismo in una società fondata sulla sicurezza e sulla prevedibilità tecno-scientifica, questo è il tema dibattuto al Palamonti di Bergamo nel novembre 2011. Organizzato dalla C.N.S.A.S.A. e dal C.A.A.I., sono intervenuti numerosi relatori di spicco, quale Bernard Amy, Spiro dalla Porta Xidias, Erik Svab e il past President Annibale Salsa, il cui intervento mi è parso molto interessante. Cercherò di rielaborarlo e di riassumerlo nelle sue linee essenziali. Per rispondere all’interrogativo del titolo, farò un’analisi condotta sulla base di una griglia socioantropologica che rifletta sulle parole; queste in sé hanno un peso, non sono una semplice flactus vocis, una semplice emissione di voce, non sono una semplice convenzione. Rimandano a precisi concetti, i quali rimandano a loro volta a delle pratiche vissute. In primo luogo dobbiamo prendere coscienza in quale tipo di società ci troviamo attualmente. Sappiamo tutto sulla legislazione e che si legifera molto in materia di sicurezza perché oggi noi siamo in una società che pone al suo centro la sicurezza totale. E la pone perché in una società fondata sull’ideologia della scienza (non sulla scienza che è un’altra cosa) e sulla ideologia della tecnica, diventa scandaloso non riuscire a regolarizzare e a prevedere. Ecco l’altro concetto, a prevedere, termine che in greco è l’etimologia di matematica, il sapere previsionale. La nostra è quindi una società previsionale, ha l’esigenza di prevedere tutto e nulla le può sfuggire. Se così non fosse rimanderebbe alla società premoderna che era una società magico-religiosa, dove non tutto poteva essere previsto e quindi rimandava alla dimensione del magico, del religioso, del divino. Questo è il salto che ha come punto di separazione cronologico l’illuminismo, rappresentante la modernità, e l’alpinismo è figlio dell’illuminismo perché, ad esempio, la salita al Monte Bianco è stata dettata da una volontà di conoscenza in senso oggettivo. Questo è il modello culturale dominante, egemone della società contemporanea. Non se ne può uscire soggettivamente e, provandoci, ci si pone fuori dalla cultura dominante che è quella della società securitaria dove non è ammesso, anzi diventa
scandaloso, il fatto di non prevedere sempre quello che si va a fare. Ecco perché genera scandalo l’incidente in montagna, ecco perché suscita scandalo l’incidente alpinistico: l’alpinismo è una delle pratiche sociali che sfugge al paradigma della società securitaria, perché nell’alpinismo non tutto può essere previsto. Il modello securitario nasce nel momento in cui nasce il sistema assicurativo. Le assicurazioni rappresentano il salto di paradigma da una società non assicurata e quindi non prevedibile, ad una società della sicurezza totale. Le merci che allora viaggiavano nell’oceano potevano essere esposte a delle insidie, nasceva l’esigenza di prevedere tutto e se le merci non arrivavano a destinazione, si cominciava a pagare. Il modello assicurativo è quindi figlio della cultura della sicurezza e quindi della cultura del rischio. Alla luce degli studi e delle ricerche contemporanee, nelle scienze sociali e cioè nella sociologia, nell’antropologia e nella psicologia sociale, il concetto di rischio non si abbina più col concetto di pericolo. Il concetto di rischio è il rovescio della medaglia della sicurezza, tanto è vero che i sociologi definiscono la nostra società, società della sicurezza o del rischio, non più del pericolo, perché quest’ultima è una società premoderna. Qual è allora la differenza tra rischio e pericolo? Gli antropologi e i sociologi l’hanno posta all’attenzione della comunità scientifica. Il rischio si collega alla concezione della sicurezza calcolata, al calcolo matematico, al calcolo statistico e quindi il rischio è sempre calcolato. Tradotto in termini alpinistici o arrampiSegue a pag. 3
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Sentieristica