Health Garden Nicosia: l'oasi del benessere

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Cor s odiLaur e ai nI nge gne r i aEdi l e Ar c hi t e t t ur a AnnoAc c ade mi c o201 9/ 2020

HEALTH GARDENNI COSI A:L’ OASIDELBENESSERE Re l at or e : PROF.I NG.SEBASTI ANOD’ URSO Candi dat o: FEDERI COGENTI LE

Alla mia famiglia, che mi ha sempre appoggiato e sostenuto.

Presentazione Il lavoro sviluppato in questa tesi, muove i suoi primi passi nella ricerca di un sito in cui la presenza dell’uomo, negli anni passati, ha lasciato delle tracce e magari ad oggi queste aree risultano abbandonate o comunque poco utilizzate. Per tali motivi si è scelto di agire con un progetto di riqualificazione, tentando di riutilizzare delle strutture e degli spazi esistenti.

Tali caratteristiche sono state individuate in un’area di circa 17.000 m2 nella zona Nord di Nicosia, piccola cittadina al centro della Sicilia. La scelta è stata incoraggiata dalla multifunzionalità del sito, con la presenza di due edifici storici, di cui uno in stato di abbandono, mentre l’altro ospitante un centro residenziale psichiatrico, la presenza di impianti sportivi abbandonati o poco utilizzati, la presenza di servizi adiacenti quali un asilo e un ufficio postale ed infine la vicinanza con il centro storico.

Tali considerazioni hanno portato alla scelta di progettare un healing garden, ovvero un parco che stimoli e favorisca il benessere fisico e mentale, non solo dei pazienti che vivono all’interno del centro psichiatrico, ma anche dei medici, operatori, familiari e tutti quei cittadini che vogliono godere dei benefici della natura. Inoltre si è pensato non solo di ripristinare gli impianti sportivi, ma anche di crearne dei nuovi per favorire l’approccio allo sport della cittadinanza di qualsiasi età.

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Indice 1. L’importanza del verde urbano……………........................5 2. Il Parco urbano: caratteristiche e progettazione.........17 3. Healing gardens: parchi terapeutici e riabilitativi…..…23 4. La Salute mentale…………………......…………………………….29 5. Area d’intervento…………………………….……………………….55 6. Proposta progettuale…………………………....……………..….79 7. Conclusioni……………………………………………………….......107 8. Bibliografia……………………………………………………….…….109

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Dei sei giorni della creazione del mondo, uno intero era stato dedicato a creare un giardino con i suoi alberi, fiori ed erbe. Il giardino ha, nella creazione, la stessa importanza temporale e la medesima dignità della separazione della luce dalle tenebre.

Rudolf Borchardt

1. L’importanza del verde urbano Le città sono sempre più grandi e popolate e con esse cresce anche il desiderio di aumentare gli spazi verdi urbani. I parchi urbani aiutano a combattere l’inquinamento e favoriscono il benessere dei cittadini.

Le antiche città erano perfettamente integrate con la campagna circostante, mentre con i primi processi di forte inurbamento tali equilibri sono stati alterati sconfinando nel conflitto città/campagna. Solo a partire dalla fine del XVIII secolo, in molte città europee, il verde assume maggiore importanza nei centri urbani generando la definizione di “giardino pubblico” e delineando una visione in cui alla vegetazione ornamentale, considerata quale elemento di salute pubblica, viene riconosciuta un forte apporto in funzione estetico-ricreativa. Negli ultimi anni, sempre più persone si spostano nei grandi centri urbani e nelle metropoli, e a tal proposito le sfide da affrontare in campo ambientale e sociale sono molte: tra queste c’è sicuramente quella di aumentare la superfice urbana destinata alle aree verdi, spazi fondamentali sia per i cittadini che per l’ambiente.

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Oggi il verde urbano può contribuire in modo determinante al miglioramento del microclima grazie alla vegetazione, mitigando gli squilibri ambientali della città contemporanea mediante iniziative di integrazione tra il verde e il costruito. Gli spazi verdi, infatti, aiutano a combattere l’effetto isola di calore, evitando l’innalzamento eccessivo delle temperature causato dalla presenza di grandi superfici ricoperte da materiali impermeabili quali l’asfalto e il cemento. Inoltre la permeabilità del suolo, garantita dal verde, favorisce lo smaltimento delle acque piovane. Altro vantaggio offerto dai parchi urbani è sicuramente l’aiuto che ci offrono nella lotta all’inquinamento atmosferico ed acustico: la vegetazione, infatti,

Figura 1: Vista di Central Park, New York

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è in grado di assorbire parte delle sostanze inquinanti ed emettere ossigeno in maniera del tutto naturale e spontanea, contribuendo al miglioramento della qualità dell’aria in città. Ciò però richiede una precisa progettazione paesaggistica sul territorio da parte della politica, che è venuta in soccorso alla causa mediante la Convenzione Europea del Paesaggio adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa a Strasburgo il 19 luglio 2000, considerato che tra i punti principali figurano proprio la riqualificazione del paesaggio urbano e nello specifico, le aree degradate e dismesse.

1.1.

Storia del verde urbano

I due temi, parzialmente sovrapponibili, dell’intenzionalità e della mondanità di parco, inteso come celebrazione dell’urbanità, sono particolarmente visibili a partire dalle prime realizzazioni dell’Ottocento. L’analisi di questi primi parchi urbani tende ad evidenziare il complesso ruolo attribuito al verde pubblico nella seconda metà del XIX secolo ed il modo con cui esso divenne oggetto di attenzione dalle parti più avvertite della società e dei ceti intellettuali, oltre che dallo Stato. I parchi vengono configurati ed organizzati non solo come “luoghi dello stare” della città, ma soprattutto come degli elementi che contribuiscono a produrre un effettivo miglioramento della qualità urbana, e l’insieme della sua immagine. Il parco quindi non ricopre un ruolo di antagonista nei confronti della città di “pietra” in quanto elemento di “natura”: il confine tra le due realtà si rivela, nei fatti, illusorio, o almeno non totalizzante. Per conseguire questo obiettivo, vennero impegnati più saperi volti ad un accurato controllo sia per quanto riguarda gli 7

aspetti tecnologici ed impiantistici, sia per quanto riguarda gli aspetti materici dei manufatti. Ci furono una serie di ripensamenti su delle convinzioni consolidate, sui comportamenti circa lo sviluppo della città, dell’elaborazione di nuove e più adeguate strumentazioni normative e progettuali. Gli effetti di tali attenzioni possono essere così schematizzate:  La realizzazione dei parchi urbani non costituisce un intervento settoriale, ma contribuisce, in quanto elemento strutturante di un piano, alla ridefinizione dell’urbanità che in tale periodo viene tentata; si devono effettuare degli interventi che prevedono una riorganizzazione considerando le esigenze, i valori e le emozioni emergenti;  Il sistema del verde urbano deve essere una delle componenti che contribuisce a riqualificare la città sia in termini morfologici, che prestazionali, che culturali, tenendo in considerazione aspetti quali l’igiene, la cultura del decoro, la produttività, la qualità del tempo libero e l’educazione sociale;  La progettazione del verde è strettamente correlata ad interventi di espansione e riqualificazione urbana, tenendo in considerazione anche dei fondamentali aspetti economici, quali la maggiore vendibilità dei nuovi interventi in zone verdi e una remunerazione dei costi di tale urbanizzazione;  Le complesse politiche di riqualificazione urbana ed ambientale che vengono attivate determinano un adeguamento del piano legislativo e finanziario, in grado di garantire l’attuazione ed il controllo del processo di pianificazione;

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 La nuova idea di verde, come pubblica attrezzatura, come servizio, che incide profondamente sul disegno della città modifica generi e saperi tradizionali collaudati: sono necessarie nuove competenze collaudate per garantire il successo degli interventi condotti, sia in termini economici di contenimento dei costi di realizzazione e manutenzione che di accettazione da parte degli utenti.

Queste complesse confluenze, in una così pervasiva esperienza di intervento sulla città, hanno portato a una consapevolezza più alta in cui i progetti non possono limitarsi a descrivere il manufatto, ma devono concentrarsi nell’interpretare le relazioni con l’ambiente, le attività umane e il contesto tutto. Si è cercato quindi di rendere leggibile l’estrema densità di usi e di funzioni, l’insostituibilità del ruolo urbano svolto, la profondità del ruolo culturale e simbolico che i parchi ed i giardini urbani hanno rivestito: tale complessità di ruoli e valori, è un tema con cui tutt’oggi il progettista si deve confrontare. Inoltre si è cercato di raccontare non tanto l’evoluzione dell’arte dei giardini, quanto le diverse situazioni che si sono presentate nel tempo e che hanno riguardato il grande tema della riqualificazione urbana, nei confronti della quale, la progettazione dei parchi, attraverso uno specifico lavoro, ha saputo dare una risposta.

L’arco di tempo che va dalla seconda metà dell’800 al primo trentennio del 900 è un periodo nel corso del quale il rapporto tra trasformazioni urbane e parco pubblico si definisce, e in qualche modo, si esaurisce. Facendo riferimento alle grandi capitali europee, si può verificare come all’antinomia iniziale tra Londra e Parigi, tra i rispettivi modelli di parco pubblico (ma anche di metropoli), si sia 9

determinata la frantumazione monumentale del parco urbano, ciò anche attraverso la contraddittoria esperienza tedesca delle infinite “stanze verdi” di Leberecht Migge. Parigi, grazie anche all’opera di Haussmann, è diventata durante il XIX secolo la “capitale dei parchi urbani”, ben più di Londra proponendosi come modello di una modernità dominata dal consumo e dalle mode: da ciò si può evincere il confronto tra il giardino “all’inglese”, che ha come fine la contemplazione del singolo spettatore, e quello “alla francese”, scenario mondano regolato dalla varietà funzionale. Nonostante l’apparente vittoria formale degli impianti “irregolari” è la concezione francese, che con Versailles aveva fatto l’insuperabile modello urbanistico, ad imporsi così come l’ottimistica ipotesi di Haussmann sembra avere la meglio sull’esaltazione inglese della diversità della “country”. Prende forma la cultura del gardening, con cui la collettività risponde ad

Figura 1: Esempio di giardino Prior Park Landscape Garden

un’esigenza del verde con cottage e giardini privati che circondano Londra, formando una vera e propria cintura verde. L’accezione della capacità di 10

all’inglese,

Figura 2: Esempio di Giardino alla francese, I Giardini di Versailles

compensazione del parco, nell’accogliere le esigenze della nuova società di massa sia in senso reale che metaforico, si nota particolarmente nel caso tedesco: la “bisogno” di creare parchi si traduce da un lato nella difesa del paesaggio tedesco e dall’altro in una frammentazione estremamente diversificata di tipologie quali i giardini come espansioni della casa individuale, i primi orti urbani e i parchi.

Dunque, l’ipotesi elaborata da Haussmann cede il posto ad una marginalizzazione del verde pubblico, in cui la specializzazione delle tipologie (il giardino dell’abitazione individuale, del condominio, del quartiere, etc.) si accompagna al prevalere di una dimensione sempre più domestica: si ribalta il concetto stesso di spazio pubblico verso una caratterizzazione sempre più privata, rifacendosi alla teoria freudiana del parco come riserva del perduto e del represso della moderna metropoli.

1.2.

Il Primo Atlante: Il secolo dei parchi

Al dibattito riguardante la progettazione dei parchi nell’Europa dell’Ottocento si accompagna il primo atlante, denominato “Il Secolo dei Parchi”, il cui apparato iconografico costituisce un termine di confronto e un racconto della classificazione dei progetti, che vogliono evidenziare il rapporto fra la pianificazione della città e quella del parco, in un rapporto che comincia ad assumere una connotazione con la caratterizzazione pubblica del verde dei grandi interventi di Haussmann e che si implementa con le successive in Europa, con un complesso sistema di analisi, obiettivi e strategie, e quindi un nuovo modo di affrontare la progettazione prima urbana, e poi urbanistica. Inoltre sono evidenziate le prassi esecutive, che con 11

evidente aspirazione, configurano il sistema dei parchi come una vera e propria rete di unificazione e di connessione della città, insieme ad una grande attenzione sia nell’interpretare le articolate esigenze del pubblico che nell’assicurare un alto livello alla manifattura delle opere.

Un secondo elemento che caratterizza l’opera è l’esplicita consapevolezza di aver partecipato ad un evento di grande portata, di aver profuso in tale impresa tutte le proprie capacità tecniche e professionali nonché la convinzione di aver determinato una legittimazione dell’ingegneria applicata all’arte dei giardini e dei parchi.

Interessanti sono i riferimenti alla storia della progettazione dei giardini trattati, da cui si evince l’adozione in maniera entusiastica del disegno all’inglese, anche se nel necessario rapporto con la metropoli, il rigore del piano e della esecuzione delle opere, hanno portato alla rivincita della rigorosa progettazione alla francese; infatti la dimensione degli interventi e la loro destinazione pubblica, elementi fortemente innovativi nei confronti della tradizionale prassi, creavano la necessità di una normalizzazione delle procedure per garantire un successo delle iniziative, sia in termini di immagine che di gestione, comportando un’enfatizzazione degli aspetti “materiali” delle opere, visti, prevalentemente in termini tecnologici, cultura, questa, profondamente radicata nella tradizione francese. Non a caso, al termine di questa complessa trattazione, Alphand conclude affermando che “Parigi ha dato l’esempio di trasformare una città non attraverso la realizzazione di opere fantasiose e di inutile fasto, come nel passato, ma applicando le conquiste della scienza e dell’arte alla viabilità ed alla salubrità della grande città”.1

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Nota 1: Il giardino e la città: Il progetto del Parco Urbano in Europa Giovanni Cerami, Editori Laterza, 1996

1.3.

Figura 1: Jean-Charles Alphand, The Palais du Trocadero at the Exposition Universelle, Paris, 1878

Il Verde urbano in Italia

In Italia, negli ultimi anni, l’interesse e la sensibilità verso il recupero degli spazi verdi, siano essi parchi o giardini, o l’utilizzazione del modello di cinture verdi sono notevolmente cresciuti, ma i risultati, confrontati con altre esperienze internazionali, tuttavia non sono soddisfacenti. Una prima criticità è che un programma di salvaguardia, valorizzazione e progettazione del paesaggio urbano dovrebbe essere il fulcro di uno strumento di pianificazione ordinario o specifico, 13

così come succede in altre realtà europee: tali strumenti darebbero delle linee guida per quanto riguarda la riprogettazione delle aree dismesse, la riqualificazione di spazi verdi esistenti o interventi minimi di risistemazione di spazi urbani minori.

La qualità del territorio che passa attraverso il verde urbano, sia pubblico che privato, è considerato un fattore di grande qualità per la vita dei cittadini, dando un’identità paesaggistica alla città ed essendo elemento attrattivo di quest’ultima.

All’interno del contesto urbano e periferico, è possibile trovare diverse tipologie di verde urbano, che nonostante siano legate tra loro da delle affinità stilistiche e progettuali si differenziano per alcuni aspetti caratteristici.

1.3.1.

Giardini storici

I giardini storici sono delle aree verdi di impianto solitamente non recente, connesse alla città mediante aspetti culturali. Tra gli obiettivi gestionali più importanti troviamo la conservazione dell’impianto originario e la contemporanea fruizione sicura del sito ponendo particolare attenzione al degrado e alla manutenzione di quest’ultimo.

Figura 1: Giardino storico Garzoni, Collodi

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1.3.2.

Spazi verdi di quartiere

Essi sono presenti in diversi punti del tessuto urbano e sono utilizzati prevalentemente dagli abitanti della zona, che utilizzano queste aree con funzione ricreativa, di svago e di semplice incontro. I criteri di progettazione di queste aree sono solitamente semplici, anche considerata la modesta estensione: alberi, arbusti e zone a prato vanno ubicati in modo da alternare zone d’ombra a zone soleggiate; devono inoltre essere previste delle zone pavimentate, attrezzate per il gioco e la sosta.

Figura 1: Corte Verde a San Cristoforo, Milano Stefano Boeri Architetti Vista dello spazio verde pubblico

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1.3.3.

Verde residenziale e privato

Il diffondersi dell’attività edilizia fa sorgere una serie di problemi legati alle nuove urbanizzazioni. In tali aree edificate, il verde deve trovare il suo spazio e soprattutto, nei nuovi interventi residenziali deve essere prevista la realizzazione di un adeguato arredo che migliori e renda più gradevole la fruizione del sito. In Italia, anche se in ritardo rispetto agli stati più sensibili alla tematica del verde, molti Comuni stanno adottando un regolamento per suggerire ai cittadini dei criteri per la realizzazione del verde ornamentale.

1.3.4.

Parchi urbani

Si tratta di aree verdi più o meno estese, presenti nelle aree urbane o ai loro margini, che svolgono delle funzioni perlopiù ricreative, ambientali e culturali.

Essi possono essere progettati in modo molto attento ed essere più o meno complessi, in base alle esigenze della comunità e suddivisi in aree funzionali come ad esempio zone dedicate al riposo, allo sport, alla cultura o ai servizi in generale. In Italia i cittadini hanno in media a disposizione circa 30 mq di verde urbano pro capite, ma a delle realtà più positive, come Trento in cui si superano i 400 mq, se ne affiancano altre più negative, che arrivano a malapena i 9 mq previsti dal D.M. 1444/68. La Convenzione Europea del Paesaggio e la Carta di Aalborg si muovono nella direzione che vede l’aumento del verde urbano e in Italia, importanti linee guida alle amministrazioni su come promuovere ed aumentare gli spazi verdi in città, sono date dalle “Norme per lo Sviluppo degli Spazi Verdi Urbani” del 2013.

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2. Il Parco urbano: caratteristiche e progettazione Nel progettare un parco urbano è di fondamentale importanza valutare i temi funzionali che avranno un’importanza sostanziale per quanto riguarda la risposta alle finalità di fruizione e di aggregazione. Le tematiche da considerare a monte di un progetto di un parco urbano sono:  Il gioco: momento di grande aggregazione per i bambini, stimola il movimento e i rapporti sociali. Si punta solitamente alla creazione di aree gioco naturali con strutture innovative che stimolino una percezione del luogo fortemente collegata all’aspetto naturalistica;  Lo sport: funzione da incentivare ad ogni livello ed età in quanto migliora la salute fisica e mentale;

Figura 1: Attrezzature ludiche Figura 2: Attrezzature sportive

 La formazione civica: il parco urbano ha un elevato contenuto dal punto di vista culturale ed è strumento di apprendimento e di conoscenza di, ad esempio, 17

tipologie di flora e fauna, e favorisce l’aggregazione mediante orti sociali e giardini condivisi;  Gli animali: è bene prevedere degli spazi dove essi possano giocare senza essere oggetto di fastidio per gli altri utenti del parco ed inoltre devono essere previsti dei cestini e strumenti di raccolta delle deiezioni, nonché il comfort per proprietari e animali, con dotazioni di ombra, spazio, zone di seduta, acqua potabile, etc;  La sosta: il parco dovrà essere dotato di aree per la lettura, per il riposo individuale, per il relax, ma anche per la socializzazione, per l’aggregazione e la conversazione. Dovranno essere individuate delle zone sia ombreggiate che soleggiate, preferibilmente lontane dalla circolazione e da altre fonti di inquinamento acustico;  I percorsi pedonali: saranno costruiti in modo da essere agevolmente percorribili anche da persone diversamente abili, avere una larghezza minima adeguata e opportunamente illuminati. Dovranno collegare le varie zone dell’area verde, prevedere idonei accessi dalle strade limitrofe e comprendere zone di sosta con panchine, aree ombreggiate con alberature, pergole, gazebo e fontanelle d’acqua potabile.

2.1.

Elementi di progetto

Alla base di un parco urbano, aldilà delle caratteristiche e degli usi funzionali, ci sono degli elementi comuni che devono essere sempre pensati e progettati con una precisa pianificazione. Essi sono:

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 Il suolo: inteso non come semplice superficie orizzontale, anzi solitamente si adegua alla morfologia del territorio, con la possibile presenza di collinette e conche nel terreno che vengono agevolmente superate con dei percorsi o delle rampe. Tali differenze di livello danno una dimensione paesaggistica più suggestiva e permettono l’utilizzo del parco per finalità differenziate in base alle zone;  La vegetazione: permette la possibilità di una visibile variazione cromatica che potrà giocare sia su verdi diversi per quanto riguarda la piantumazione, sia su temi di colore coerenti con le funzionalità del progetto e ispirati a principi di cromoterapia. Altri elementi da considerare sono la tipologia di verde, sia verticale che orizzontale, e la stagionalità che favorisce un ricambio di colori in maniera del tutto naturale;

Figura 1: Schizzo della progettazione del suolo e della vegetazione, Concept design | Schema,

 L’acqua: oltre che ad avere una funzione estetica ed emozionale, essa contribuisce in maniera importante alla mitigazione del clima, raffrescando

BibLusBim: Progettare un parco

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ed umidificando l’ambiente; inoltre ferma o in movimento, induce a una variazione cromatica e sonora;  L’ombra: deve essere oggetto di un’attenta progettazione al fine dell’utilizzo delle varie zone del parco per consentire ai cittadini una condizione di benessere, considerando anche gli edifici circostanti e la vegetazione verticale prevista.

2.2.

Materiali di progetto

I materiali scelti nella progettazione di un parco urbano, dovranno tener in considerazione la funzionalità, la durata prevista e il linguaggio del progetto stesso. È inoltre importante sottolineare che la scelta dei materiali deve misurarsi con l’identità stessa del luogo, considerando e assecondandone l’architettura e le 20

Figura 1: Schizzo della progettazione dell’acqua, Parco di Trenno, Gioia Gibelli Architetto

finalità di fruizione. Infine, sono sempre preferibili dei materiali a basso impatto ambientale, riciclabili e quindi inseribili nella filiera del recupero della materia.  I diversi materiali da impiegare per la realizzazione di strutture e arredi, potranno avere uno stile coerente con il taglio naturalistico del parco;  Per l’illuminazione si potranno prendere in considerazione elementi illuminanti d’atmosfera per luoghi di particolare interesse nelle ore serali;  Per l’arredo verranno pensate delle parti fisse e altre mobili, in più c’è la possibilità di creare oasi d’ombra con dei gazebi o delle pergole leggere, soprattutto nei primi tempi in cui ancora le chiome arboree non abbiamo formato una perfetta copertura vegetale;  Le strutture d’arredo devono considerare le varie fasce di fruizione del parco, quindi non essere di potenziale pericolo per i più piccoli ed inoltre devono essere realizzare con materiale di facile manutenzione e reperimento. Solitamente le sedute vengono realizzate in materiale ligneo o in pietra;

Figura 1: Esempio di Gazebo Figura 2: Esempio di Chiosco

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 I chioschi, i bar e i piccoli ristoranti sono solitamente dei punti di aggregazione nei parchi: essi devono essere progettati con dei materiali che non abbiamo un forte impatto ambientale e possibilmente essere delle strutture provvisorie che possono essere smontate e ricollocate all’evenienza. Infine da non trascurare i locali di servizi quali toilette ed eventuali depositi.

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3. Healing gardens: parchi terapeutici e riabilitativi “Il medico cura, la natura guarisce” così recitava Aristotele più di 2000 anni fa.

Il rapporto con la natura, la vista di piante ed animali, il profumo dei fiori e degli arbusti rappresentano una vera e propria terapia per il fisico e l’anima. Questo è un tema molto conosciuto nell’antichità e tutt’oggi valido soprattutto quando si parla di malattie quali stress, ansia e disturbi mentali in generale. Se consideriamo che più dell’80% della popolazione italiana vive in aree urbane, dove il verde è presente solamente in piccole percentuali, si può capire ancora meglio l’importanza di piante e fiori che da sempre sono sinonimo di cura ed energia, proprio per questo negli ultimi anni si parla sempre più del potere curativo della natura, sia sul fisico che sulla mente, concetto che ha portato alla nascita e diffusione degli healing gardens, ovvero giardini del benessere.

Un healing garden è uno spazio esterno, ma talvolta anche un’area verde interna, appositamente progettato per promuovere e migliorare la salute e il benessere delle persone, e dove per salute non intendiamo solamente un’assenza di malattia o infermità ma anche uno stato di complessivo benessere fisico, mentale e sociale così come precisa l’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.).

All’interno di questi parchi/giardini si può avere un’esperienza sia di tipo passivo, ovvero guardando e permanendo a contatto con il verde, senza avere nessun tipo di interazione, sia di tipo attivo relazionandosi e rapportandosi con l’ambiente circostante mediante delle attività quali il giardinaggio e la terapia riabilitativa.

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Quindi, quando si parla di healing garden si intende un giardino specificamente progettato pensando alla salute e al benessere, tenendo in considerazione non solo i pazienti delle strutture di cura o delle strutture socio-assistenziali limitrofe, principali fruitori del parco, ma anche i loro familiari ed amici, ed il personale che lavora a stretto contatto con essi, ovvero medici, infermieri, psicologi, educatori, etc.

Gli Healing Gardens rientrano nel concetto più ampio di Healing Environment (ambiente di guarigione) termine usato per descrivere “l’atmosfera” generale delle strutture sanitarie. Considerando che il fine di questi luoghi è il raggiungimento del benessere dei pazienti, appare di fondamentale importanza la progettazione dell’ambiente che li circonda così da creare dei luoghi che promuovano l’armonia della mente, del corpo e dello spirito. Secondo degli studi scientifici condotti a partire dagli anni Ottanta, le piante e i fiori riescono a influenzare positivamente, 24

Figura 1: W.E. Carter School Sensory Garden, Boston

grazie ai loro colori e profumi, la mente e il corpo, bilanciando la nostra dimensione energetica e spirituale; questo perché nel nostro corpo non esiste una linea netta di demarcazione che segna il confine tra l’entità spirituale e quella corporea, pertanto ciò che influenza positivamente la mente induce a dei sentimenti di pace, benessere e bellezza che si riversano sul corpo. Secondo i risultati raccolti da Roger Ulrich, professore di psicologia comportamentale e ambientale alla Texas A&M University, sono sufficienti cinque minuti di esposizione alla vista di un paesaggio verde per ridurre immediatamente i livelli di stress e abbattere l’ansia, il dolore o la rabbia entrando in uno stato di rilassamento mentale e fisico.

Le caratteristiche fondamentali, affinché un giardino sia “healing” sono:  Offrire delle distrazioni positive quali viste di aree verdi, passeggiate, contemplazione della natura, suoni, etc.;  Trasmettere un senso di sicurezza e controllo come il libero accesso ai giardini e la massima fruibilità delle zone visitabili;  Favorire la socializzazione, il raccoglimento e i rapporti sociali prevedendo delle attrezzature adeguate per implementare gli incontri e le relazioni;  Consentire delle pratiche di rilassamento, contemplazione e meditazione pensando a degli spazi in cui si possa stare da soli;  Progettare degli spazi in cui si possano effettuare degli esercizi per la riabilitazione fisica e motoria.

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Quindi, uno degli aspetti fondamentali dei giardini curativi, è la percezione visiva, in quanto ormai è appurato che la semplice osservazione di uno scenario naturale (alberi, arbusti, fiori…) è in grado di stimolare dei sentimenti di serenità, vitalità e positività.

3.1.

Progettazione di un Healing Garden

Quando si vuole creare un healing garden occorre innanzitutto prevedere delle piante non tossiche ed autoctone che attirino farfalle ed uccellini. Si può pensare anche a delle zone in cui è consentita la cura dei fiori e degli ortaggi, ideali per sfruttare i benefici dell’orticultura e dell’ortoterapia, creando dei veri e propri giardini sensoriali che possano stimolare i cinque sensi. Altra caratteristica del giardino curativo è la creazione di composizione ricche di fiori e giochi d’acqua disposti su più livelli, sfruttando sia una vegetazione orizzontale che verticale in maniera tale da creare le forme più diverse, tutto accompagnato da dei giochi

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Figura 1: Carter School Sensory Garden, percorsi Figura 2: Carter School Sensory Garden, attrezzature

d’acqua e delle fontane che non solo emettono dei piacevoli rumori rilassanti, ma contribuiscono anche alla mitigazione del microclima. Oltre ai vari spazi pensati, bisogna avere particolare cura nella progettazione dei collegamenti interni al parco che dovranno avere delle dimensioni e delle pendenze adeguate anche per i diversamente abili, quindi va posta particolare cura ai materiali utilizzati, eventuali ringhiere, considerando che circa il 70% del totale sarà spazio verde mentre il restante 30% potrà essere costituito da superficie non permeabile, quali vialetti e zone di sosta.

Figura 1: Esempio di Giardino Sensoriale

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“Il benessere mentale è una componente essenziale della definizione di salute data dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Una buona salute mentale consente agli individui di realizzarsi, di superare le tensioni della vita di tutti i giorni, di lavorare in maniera produttiva e di contribuire alla vita della comunità.”

Dott.ssa Margaret Chan Direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità

4. La salute mentale La salute mentale è parte integrante della salute e del benessere, come si evince dalla definizione data dalla Costituzione dell’O.M.S.: “La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplice assenza di malattia o di infermità”. Essa, come altri aspetti della salute, può essere influenzata da altri fattori esterni di natura socio-economica sui quali è importante agire attraverso delle strategie di promozione, prevenzione e trattamento.

4.1.

Legge Basaglia 13 maggio 1978, n. 180

La riforma psichiatrica, attuata con la legge 13 maggio 1978, n. 180, ha sancito sul piano giuridico l’approccio agli interventi riguardanti la malattia mentale, a seguito di un’accurata ricerca sia nel campo della comprensione psicodinamica, sia nel campo della psicobiologia con la messa a punto e la sperimentazione di psicofarmaci sempre più mirati.

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Tali conoscenze hanno modificato in misura determinante le categorie diagnostiche e l’evoluzione stessa dei quadri clinici, con un miglioramento sostanziale e un incremento della recuperabilità sociale, attraverso dei percorsi riabilitativi piÚ specifici e mirati.

La nuova disciplina legislativa ha proposto un diverso approccio alla malattia mentale, modificando gli obiettivi fondamentali dell’intervento pubblico passando dal controllo sociale dei malati alla promozione della salute e alla prevenzione dei disturbi mentali.

Figura 1: Franco Basaglia, psichiatra, docente ed ispiratore della legge 180/1978.

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La riforma perseguiva principalmente tre obiettivi:  Depenalizzare la malattia mentale e regolamentare il trattamento sanitario obbligatorio (T.S.O.), per la tutela del paziente, oltre che della collettività;  Favorire mediante la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari (O.P.G.) il rinserimento e il recupero sociale del paziente, disincentivando così la cronicizzazione del ricovero manicomiale;  Proporre un modello assistenziale nel territorio, facilmente accessibile da parte di tutti gli utenti e fondato sull’interazione de più figure professionali specializzate.

4.2.

Approvazione del progetto “Tutela Salute Mentale 1994-1996"

Gli anni successivi al ’78 sono stati di rilevata importanza in termini di lavoro e sperimentazione nell’ambito psichiatrico. Tuttavia, si è notata una profonda carenza e disorganizzazione dei servizi, dovuti tra l’altro, alla difficoltà di attuazione dei protocolli del Servizio Sanitario Nazionale. Inoltre, emergono differenze sostanziali tra le varie regioni italiane per quanto riguarda i servizi proposti e le modalità di intervento, come dimostrano le statistiche e le ricerche condotte su scala nazionale.

Le questioni che sono state affrontate per migliorare ed omogeneizzare gli interventi riguardano:  La costruzione in tutte le Unità Sanitarie Locali (U.S.L) di una rete di strutture ospedaliere, di una rete di strutture territoriali psichiatriche, residenziali e 31

semiresidenziali, con particolari attenzione alla riabilitazione del paziente e alla gestione dei casi problematici;  La specializzazione e la diversificazione delle competenze professionali degli operatori per metterli nelle condizioni di svolgere delle mansioni mirate, grazie ad una preparazione aggiornata ed accurata. Essi dovevano confrontarsi sia con le vecchie patologie psichiatriche croniche, sia con tutte le altre in forte aumento vista la presenza di poli ambulatori, prima inesistenti, che convogliano verso il settore pubblico una domanda d’intervento che prima restava inespressa e gestita, alle volte malamente, dalle famiglie;  Dotare la rete dei servizi psichiatrici di una responsabilità gestionale e tecnica, che garantisca il funzionamento nel tempo dei servizi, assicurando una perfetta collaborazione tra le figure professionali;  Il superamento definitivo dell’ospedale psichiatrico giudiziario (O.P.G.): non è stato previsto un piano di reinserimento sociale dei pazienti nei contesti familiari e lavorativi, nonostante la delegittimazione che ha investito questo tipo di istituzione.

Tutti questi elementi, insieme alla lentezza burocratica e al ritardo nel predisporre servizi adeguati sul territorio hanno portato a un sovraccarico funzionale delle famiglie dei pazienti, che hanno maturato un sentimento di sfiducia verso la legge n. 180/1978 con il conseguente intervento di associazioni che recriminavano lo stato di “abbandono” e degrado dei pazienti.

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Va segnalato che alcune regioni hanno mostrato sensibilità e interesse varando dei progetti-obiettivi o dedicando comunque attenzione nei programmi sanitari regionali. Altre regioni invece, hanno presentato dei programmi carenti o addirittura sono rimasti impassibili alla problematica.

Il risultato finale è stato comunque insufficiente per quanto riguarda i servizi erogati e gli obiettivi raggiunti cosicché è venuta fuori la necessità di uno specifico progetto-obiettivo all’interno della programmazione sanitaria nazionale per dare una svolta decisiva al campo della psichiatria e alla salute mentale in generale.

Con l’approvazione del progetto obiettivo “tutela salute mentale 1994/96” l’intenzione è quella di attivare una linea di governo che rafforzi e completi quel disegno organizzativo che non può essere più lasciato ad azioni individuali e spontanee. Concretamente si parla di attuare questi strumenti a livello regionale mediante una pianificazione accurata, razionalizzando l’impiego delle risorse, limitando ed evitando gli sprechi e le diseconomie puntando a degli standard qualitativi che verranno verificati mediante dei meccanismi di controllo partecipativo e attraverso la valutazione tecnico-politica degli organi istituzionali determinando il grado di raggiungimento degli obiettivi prefissati, i costi sostenuti per procedere così una programmazione futura alla luce delle esperienze compiute.

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I servizi che risultano essere più rilevanti riguardo la prevenzione, la cura e la riabilitazione sono: la medicina di base, la medicina scolastica, la guardia medica, l’assistenza sociale, i servizi ospedalieri e i servizi di neuropsichiatria.

In questa sede si intende per Dipartimento di Salute Mentale (D.S.M.) la rete di strutture facenti parte del U.S.L. con finalità preventive, terapeutiche e riabilitative.

Inoltre, detto organo, garantisce l’unitarietà e l’integrazione dei servizi psichiatrici di uno stesso territorio, e a esso fanno capo tutte le attività territoriali ed ospedaliere atte a garantire:  La rilevanza istituzionale e la potenzialità operativa con le altre strutture dell’azienda sanitaria;  La programmazione dei progetti terapeutici e di ricollocazione sociale;  La collaborazione e l’integrazione con la medicina di base, il dipartimento materno-infantile, i servizi per le tossicodipendenze e i servizi per gli anziani;  La collaborazione con le associazioni che rappresentano le famiglie dei pazienti, le cooperative sociali, il volontariato;  La limitazione dei ricoveri, delle cronicità e gestione delle crisi;  L’incremento di tirocini professionali e la responsabilizzazione nella gestione economico-finanziaria dei budget.

Ogni D.S.M. per perseguire gli obiettivi di prevenzione, cura, riabilitazione e reinserimento sociale adotta un modulo-tipo riferito solitamente a un bacino d’utenza non più grande di 150.000 abitanti dotato di:

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 Un Centro di Salute Mentale (C.S.M.) sede organizzativa del Dipartimento con attività ambulatoriali e domiciliari;  Un Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (S.P.D.C.) che offre circa un posto letto ogni 10.000 abitanti;  Strutture semi-residenziali (centro diurno e/o day hospital) con una ricettività di almeno un posto ogni 10.000 abitanti;  Un organico di professionisti quali infermieri specializzati, psicologi, psichiatri, assistenti sociali, educatori, OSS, OSA, personale amministrativo quantificabile in almeno un operatore ogni 1.500 abitanti.

Gli interventi prefissati nel triennio 1994/96 sono:  In primis realizzare ed estendere il modello organizzativo del D.S.M. su tutto il territorio nazionale;  Promuovere dei progetti che eliminano completamento le strutture manicomiali residue;  Individuare a livello nazionale un sistema di controllo qualità dell’assistenza psichiatrica, con un monitoraggio della spesa nel settore;  Promozione di progetti di formazione e aggiornamento degli operatori coerenti con le finalità degli obiettivi prefissati.

Nonostante il consistente apporto dato dal progetto, con positivi cambiamenti, bisogna tuttavia segnalare aspetti problematici che devono essere ancora affrontati: innanzitutto l’assenza di un’attenzione alla malattia mentale in fase

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evolutiva, con la conseguente carenza di strategie che puntano ad accompagnare il paziente durante il ciclo vitale (infanzia, adolescenza, età giovanile, età adulta, età avanzata); in secondo luogo valutare il rischio di conflittualità e di interventi non coordinati tra le varie figure professionali e l’importanza di sviluppare delle collaborazioni con le associazioni delle famiglie e dei pazienti, riconoscendone il ruolo attivo e l’estrema importanza come risorsa al fianco degli esperti; infine la necessità di chiarezza e omogeneità con nuovi soggetti erogatori di servizi, quali privati o ONLUS, che chiedono ai dipartimenti di salute mentale maggiori informazioni riguardo possibili mix pubblico-privato e la necessità di definire l’offerta complessiva e la degenza ai fini terapeutico-riabilitativi in strutture residenziali o semi-residenziali.

4.3.

Approvazione del progetto “Tutela Salute Mentale 1998-2000"

Con il progetto obiettivo “tutela salute mentale 1998/2000” si definisce la salute mentale come una delle tematiche più complesse, per la quale si ritiene necessaria l’attuazione di precise procedure sulla “missione” dei dipartimenti, sugli obiettivi e sulla priorità degli interventi che devono essere realizzati.

Si adotta la scelta di dare precedenza alla prevenzione, cura e riabilitazione delle patologie che portano a disturbi mentali gravi, che possono compromettere l’autonomia e l’esercizio dei diritti di cittadinanza, con il rischio di cronicizzazione e di emarginazione sociale, senza però trascurare le domande di portatori di disturbi mentali meno gravi.

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Le azioni più consone, per attuare tali interventi, sono:  Intervenire attivamente e direttamente nelle scuole, nei domicili e nei luoghi di lavoro utilizzando dei protocolli mirati, con il supporto delle associazioni dei familiari, di volontariato, di medici e di altri servizi sanitari e sociali;  Prescrizione di specifici piani terapeutici personalizzati ed individuali, coinvolgendo le famiglie durante la formulazione, con precise scadenze di verifica per valutare gli obiettivi prefissati alla luce dei criteri della Medicina Basata su Prove di Efficacia (Evidence Based Medicine);  Attivazione di speciali procedure di recupero per quei pazienti che abbandonano il trattamento psichiatrico, in modo da ridurre atti di autolesionismo o addirittura suicidio;  Sostegno all’instaurazione e al funzionamento di gruppi di mutuo-aiuto di familiari e pazienti, specie per il reinserimento nel mondo lavorativo;  Iniziative di informazione e consulenza rivolte alla popolazione generale, sui disturbi mentali gravi, con lo scopo sia di prevenzione che di diminuzione dei pregiudizi verso i malati. Tali procedure aumenterebbero, tra l’altro, la possibilità di indirizzare i malati psichiatrici ai servizi di salute mentale.

Tali azioni sono sorrette da una serie di indicazioni esplicite sull’organizzazione e sulla qualità dei processi assistenziali fondate su delle linee guida e delle procedure di consenso professionale per una buona pratica clinica nonché da un nucleo di valutazione per il miglioramento costante della qualità dei servizi. Infine la redazione di una documentazione puntuale delle attività e delle prestazioni 37

effettuate in favore di ciascun paziente, all’interno di un sistema informativo dipartimentale contenente tutte le cartelle cliniche.

4.4.

Piano Sanitario Nazionale 2006-2008

Un contributo programmatico importante è contenuto nel Piano Sanitario Nazionale 2006/2008, precisamente al Cap. 5.4 – La tutela della Salute Mentale.

Nonostante i passi avanti fatti dalle riforme e dai piani precedenti, tutt’ora continuano a persistere ed emergere alcune criticità:  Si continua ad avere una scarsa conoscenza dell’esistenza dei servizi di trattamento, delle possibilità di cura e delle malattie mentali in generale;  Il rischio per molti servizi di non soddisfare le richieste di cura, sia per dei deficit organizzativi delle strutture, sia per scarsità del personale;  La difficoltà nella presa in carico di pazienti “non consenzienti” e “non collaboranti” o un’interruzione unilaterale del programma terapeutico riabilitativo da parte del paziente;  Primo contatto tardivo di pazienti “gravi” che si affidano alle strutture psichiatriche solo quando la patologia è cronica riducendo sensibilmente le potenzialità di recupero;  Mancanza di criteri formali per l’accreditamento e per le attività che devono svolgersi nelle strutture residenziali e semi-residenziali, in rapporto alla tipologia di pazienti;  Carenza di attenzione alla salute mentali nelle carceri e nei riformatori;

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 Mancanza di un sistema informativo nazionale, in grado di documentare le attività e le prestazioni fornite, in rapporto ai bisogni dei pazienti.

Per contrastare queste criticità, innanzitutto bisogna implementare la qualità dei C.S.M. e la loro capacità di rispondere alla domanda di trattamento per i differenti disturbi mentali, perfezionando l’organizzazione, riducendo le liste d’attesa e creando dei percorsi differenziati per ogni tipologia di paziente, migliorando così anche l’adesione alle cure, limitando la presenza di pazienti “non collaboranti”.

Inoltre bisogna accreditare le strutture residenziali, connotandone la valenza terapeutico-socio-riabilitativa così da implementare i protocolli di collaborazione fra i servizi per adulti e quelli per l’età evolutiva, garantendo in questo modo la continuità terapeutica nel trattamento, senza tralasciare l’importanza di intervenire nelle carceri in favore dei detenuti con disturbi mentali, garantendo l’assistenza e il ricollocamento sociale.

4.5.

Piano d’Azione per la Salute Mentale 2013/2020

Nel maggio 2012, la Sessantacinquesima Assemblea Mondiale della Sanità ha discusso sul peso globale dei disturbi mentali e sulla necessità di una risposta globale coordinata da parte del settore della sanità e dei settori sociali in tutti i paesi, chiedendo al Direttore Generale, tra le altre cose, l’elaborazione di un piano d’azione complesso per la salute mentale che includesse delle politiche sui servizi, sulla pianificazione e sulle strategie, previa consultazione degli stati membri.

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Tale piano, elaborato dagli Stati Membri, si fonda su un approccio globale e multisettoriale, attraverso un’accurata collaborazione tra il settore della sanità e il settore sociale, e sottolinea aspetti quali la promozione, la prevenzione, il trattamento, la riabilitazione e il reinserimento sociale. Inoltre sono presenti delle linee guida chiare e precise indirizzate agli Stati Membri, al Segretario, ai Partner, alle regioni e si propongono degli indicatori chiave e dei target da utilizzare per valutare l’applicazione e i progressi fatti.

Il piano è strettamente e strategicamente legato ad altri piani d’azione globali come ad esempio la “Strategia mondiale volta a ridurre l’utilizzo nocivo dell’alcool”, il “Piano d’azione mondiale 2008/2017 per la salute dei lavoratori” o il “Piano d’azione contro le malattie sessualmente trasmissibili”. Inoltre vengono chiariti e resi noti, tutti quei disturbi classificabili come “patologie mentali”, ovvero la depressione, i disturbi affettivi bipolari, la schizofrenia, i disturbi d’ansia, la demenza, i disturbi correlati all’uso di sostanze psicoattive, i deficit intellettivi, i disturbi dello sviluppo e del comportamento, l’autismo. Infine vengono definiti come “gruppi vulnerabili” le persone che non presentano una debolezza intrinseca o una mancanza di capacità, ma che sono esposte a delle situazioni o degli ambienti particolari e alle volte malsani.

Il piano d’azione risulta rivoluzionario perché per la prima volta si parla di uno stato di benessere in cui una persona può realizzarsi a partire dalle proprie capacità, affrontando lo stress della vita di ogni giorno, lavorando in maniera produttiva e contribuendo alla vita della sua comunità. Per quanto riguarda i bambini, è data 40

particolare importanza alla fase dello sviluppo, facendogli acquisire un sentimento di identità positivo, la capacità di gestire i propri pensieri, le proprie emozioni, creare rapporti sociali sani, fare propria quell’attitudine ad imparare, migliorarsi ed istruirsi e inserendoli a pieno titolo nella vita sociale.

Considerando le numerose discriminazioni e violazioni di cui sono vittime le persone con disturbi mentali, è di fondamentale importanza che il piano sottolinei la necessità di dotarsi di servizi, di politiche, di legislazioni, di strategie e di programmi che proteggano, promuovano e facciano rispettare i diritti delle persone con disturbi, nel rispetto dei patti internazionali sui diritti civili, politici, sociali e culturali nonché delle convenzioni sui diritti delle persone con disabilità.

Il piano d’azione si pone i seguenti obiettivi:  Rafforzare la leadership e la governance in salute mentale;  Mettere a disposizione degli utenti dei servizi di salute mentale e di supporto sociale comprensivi, integrati e capaci di risposta a livello territoriale;  Implementare delle strategie di promozione e di prevenzione in salute mentale;  Rafforzare i sistemi informativi, le evidenze scientifiche e la ricerca per la salute mentale.

Gli obiettivi generali rappresentano solamente una base di riferimento per misurare l’azione collettiva e i risultati minimi, questo non significa che degli Stati Membri più all’avanguardia non debbano perseguire degli obiettivi globali nazionali più ambiziosi. Per questo motivo il piano d’azione si rifà a sei principi trasversali: 41

 Indipendentemente da età, sesso, etnia, situazione socio-economica, e secondo il principio della totale uguaglianza, tutte le persone con disturbo mentale dovrebbero poter aver accesso e copertura sanitaria totale, senza il rischio di impoverirsi, consentendo così loro la possibilità di cura e di ricollocazione sociale;  Tutti i trattamenti, le strategie e le azioni, riguardanti l salute mentale, devono essere aderenti alla Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità;  Le strategie di intervento devono basarsi sulle evidenze scientifiche e/o sulle pratiche migliori tenendo anche in conto le considerazioni culturali;  La pianificazione delle cure terapeutiche e dei servizi deve tener conto delle esigenze sanitarie e sociali relative a tutte le fasi della vita, dalla prima infanzia alla vecchiaia;  Coinvolgimento dei vari settori pubblici quali la sanità, l’istruzione, il lavoro, la giustizia, l’assistenza sociale nonché del settore privato avendo così un approccio multisettoriale;  Rafforzare le persone con disturbi mentali e disabilità psicosociale coinvolgendole nella pianificazione, nella legislazione, nel monitoraggio e nella prestazione di servizi in materia di salute mentale.

Non esiste un unico modello di piano d’azione valido per tutti i paesi. Il quadro proposto deve essere adattato alle specifiche situazioni delle singole aree, adeguandolo alle priorità e alle situazioni nazionali contingenti per poter raggiungere gli obiettivi prefissati.

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4.6.

Piano Nazionale della Prevenzione

Il piano Nazionale della Prevenzione delinea il sistema di azioni per la promozione della salute e la prevenzione, che accompagnano il cittadino in tutte le fasi della vita e in tutti i luoghi che frequenta. I primi anni di vita sono cruciali per la promozione della salute mentale e la prevenzione di qualsiasi disturbo, poiché fino al 50% delle patologie psichiatriche dell’adulto iniziano prima dei 14 anni d’età. Per questo motivo uno dei macro-obiettivi strategici del piano è dedicato a “Promuovere il benessere mentale dei bambini, adolescenti e giovani”.

4.6.1.

Piano Nazionale della Prevenzione 2005/2009

Il Piano Nazione della Prevenzione (P.N.P.) adottato per il triennio 2005/2007, con Intesa tra Ministero della Salute, Regioni e Provincie Autonome, ha rappresentato un punto di svolta nella programmazione sanitaria del nostro Paese in quanto le Regioni hanno espresso la volontà strategica di voler investire ulteriormente nell’area della prevenzione per raggiungere risultati più ambiziosi, varando delle linee operative precise, degli appositi finanziamenti e un meccanismo di verifica del raggiungimento degli obiettivi.

4.6.2.

Piano Nazionale della Prevenzione 2010/2013

Approvato il 29 aprile 2010, l’Intesa prevede, a livello ordinamentale, la responsabilità formale del Ministero nel coordinamento e nella valutazione del P.N.P. e a livello finanziario, come per il precedente piano, 440.000.000 di Euro.

Il piano ha individuato quattro macroaree tematiche: medicina predittiva, 43

prevenzione universale, prevenzione nella popolazione a rischio e prevenzione delle complicanze e delle recidive di malattie.

Le innovazioni rispetto al piano precedente, sono: i principi fondamentali quali l’azione su evidenze di efficacia e valutazione del processo; la struttura e il modello di governance in modo da esprimere il concorso dei governi centrali e regionali nel perseguimento degli obiettivi, coerentemente con lo scenario istituzionale; il ruolo della valutazione mediante prove di efficacia teorica (efficacy), monitoraggio e misura d’impatto sugli outcome (effectiveness).

4.6.3.

Piano Nazionale della Prevenzione 2014/2018

Da un’analisi condotta sul percorso dell’esperienza dei P.N.P. precedenti, analizzandone punti di forza e criticità, sono emersi gli elementi portanti che hanno significativamente contribuito alla pianificazione e all’adozione di percorsi metodologicamente condivisi, al fine di favorire la qualità della programmazione, la comparabilità dei prodotti e dei risultati e la crescita di cultura di tutti i livelli di responsabilità coinvolti nella messa a punto e nell’attuazione dei piani. Altro elemento di evoluzione è la scelta di fissare pochi obiettivi comuni a Stato e Regioni lasciando la programmazione inserita nei vari contesti regionali. Il risultato che si auspica è migliorativo non solo in termini di cogenza nella relazione tra strategie, obiettivi e interventi, ma anche in termini di integrazione e trasversalità degli interventi programmati dalle Regioni rispetto alla popolazione, condizioni che favoriscono l’efficacia degli interventi stessi.

Inoltre, punto indiscutibile rispetto al percorso portato avanti fino ad oggi è il 44

ruolo della valutazione, con la duplice funzione di misurazione dell’impatto che il piano produce sia nei processi, sia negli esiti di salute, pertanto, esso deve essere affiancato da un attento piano di valutazione, ancorato agli obiettivi che si intendono perseguire a tutti i livelli, e basato su un approccio condiviso che conduca non solo alla messa a punto di metodi e/o procedure di monitoraggio e valutazione (qualitativi e quantitativi), ma anche alla creazione delle condizioni necessarie all’utilizzo dei risultati della valutazione per il miglioramento dell’efficacia e della sostenibilità degli interventi e dei processi in atto per la produzione dei cambiamenti attesi.

I principi su cui si basa il P.N.P 2014/2018 riguardano innanzitutto la promozione della salute con una prevenzione attuata attraverso azioni che si dipanino in un quadro strategico di quinquennio, prevedendo la possibilità di programmazione operativa frazionata con una periodica valutazione dello stato di realizzazione. Il piano fissa degli obiettivi comuni prioritari supportati da strategie e azioni evidence based, in grado nel medio-lungo termine di produrre un impatto sia di salute, sia di sistema essendo realizzati attraverso interventi sostenibili e “ordinari”. Inoltre è garantita la trasversalità degli interventi in termini di integrazione (formale e operativa), ai fini del raggiungimento degli obiettivi del P.N.P. tra i diversi settori, istituzioni, servizi, aree organizzative. Tali obiettivi, sottoscritti a livello internazionale, sono stati raggruppati in delle macro aree:

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 Ridurre il carico di malattia: bisogna rafforzare il contributo da parte del servizio sanitario al sistema di welfare e renderlo più sostenibile, anche in relazione agli andamenti demografici del nostro paese;  Investire sul benessere dei giovani: scelta dal forte contenuto formativo e di empowerment che intende promuovere una crescita responsabile e consapevole attraverso l’adozione di stili di vita sani;  Rafforzare e confermare il patrimonio comune di pratiche preventive: investire in un patrimonio culturale di grande rilevanza sociale e che nel corso degli anni ha potato il nostro Paese a considerare come bene comune la pratica di interventi preventivi;  Rafforzare e porre l’attenzione a gruppi fragili: lotta alle disuguaglianze e prevenzione di possibili disabilità;  Considerare l’individuo e le popolazioni in rapporto al proprio ambiente: promuovere un rapporto salubre tra salute e ambiente contribuendo alla riduzione delle malattie.

4.7.

Il Sistema Informativo Nazionale per la Salute Mentale (S.I.S.M.)

Il sistema informativo per la salute mentale, istituito con il Decreto Ministeriale 15 ottobre 2010, è concepito per costituire una serie di dati, incentrati sul paziente, dalla quale è possibile rilevare delle informazioni utili alla collaborazione tra aziende sanitarie, regioni o province. Il sistema è particolarmente utile ai fini del monitoraggio dell’attività dei servizi, della quantità di prestazioni erogate, nonché delle valutazioni sulle caratteristiche dell’utenza e sulle tipologie di trattamento, 46

inoltre è di fondamentale supporto alle attività gestionali dei Dipartimenti di salute mentale (D.S.M.) per valutare l’utilizzo delle risorse e il grado di efficienza.

4.7.1.

Rapporto S.I.S.M. Anno 2017

Il Rapporto sulla Salute Mentale 2017 illustra nel dettaglio i principali dati sull’utenza, le attività e il personale dei servizi di salute mentale in Italia riferiti all’anno 2017. Nella prima parte del volume è riportata la presentazione del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (N.S.I.S.), mentre nella seconda parte, dopo una breve premessa riguardo la metodologia d’analisi adottata per la produzione del documento, si fornisce un approfondimento concernente la completezza e la qualità dei dati rappresentati. Nei capitoli successivi si fa una panoramica delle strutture che offrono assistenza per quanto riguarda la salute mentale presentando i principali dati di attività relativi alla prevalenza ed incidenza dell’utenza trattata dai servizi di salute mentale e all’assistenza erogata. La terza e la quarta parte del rapporto offrono una panoramica delle evidenze emerse da ulteriori fonti informative e trattano, anche in maniera grafica, un selezionato numero di indicatori che descrivono le risorse a disposizione, l’utenza trattata, l’attività ospedaliera e territoriale di ogni regione.

In questa sezione vengono riportate le schede regionali ovvero la rappresentazione grafica di un selezionato gruppo di indicatori. Tali indicatori sono suddivisi in due gruppi: uno descrive le componenti organizzative e strutturali dell’area salute mentale, l’altro gruppo rappresenta l’attività assistenziale erogata dai servizi. Per ogni indicatore viene rappresentato il valore

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che esso assume nella specifica regione e il valore di riferimento nazionale. Nello specifico prendiamo in esame la regione Sicilia:

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La dotazione complessiva del personale all’interno delle unità operative psichiatriche pubbliche, nel 2017, risulta pari a 28.692 unità . Di queste il 18,6% è rappresentato da medici (psichiatri e con altra specializzazione), il 7,1% da psicologi, il personale infermieristico rappresenta la figura professionale maggiormente rappresentata (44,9%), seguita dagli OTA/OSS con il 10,3%, dagli educatori professionali e tecnici della riabilitazione psichiatrica pari al 6,6% e dagli assistenti sociali con il 4,5%.

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Nel 2017 il sistema informativo salute mentale ha rilevato dati di attività di 1.481 servizi territoriali, 2.346 strutture residenziali e 908 strutture semiresidenziali che si riferiscono a circa il 92% dei DSM. Nel 2017 il numero dei SPDC attivi è pari a 318 con complessivi 3.981 posti letto per ricoveri ordinari e 338 posti letto per ricoveri in day hospital; le strutture ospedaliere in convenzione che erogano attività di assistenza psichiatrica sono pari a 22 con un totale di posti letto per degenza ordinaria pari a 1.155 e a 16 posti per day hospital. Per il totale Italia, l’offerta per i posti letto in degenza ordinaria, è di 10,1 ogni 100.000 abitanti maggiorenni.

Analisi regionale delle strutture residenziali e semiresidenziali:

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4.8.

Chiusura degli O.P.G., Legge n. 81 del 30 maggio 2014

La legge n. 81 del 30 maggio 2014 ha delineato il percorso per giungere all’eliminazione degli ospedali psichiatrici giudiziari (O.P.G.) prevedendo la sostituzione, ad opera delle regioni, con una pluralità di strutture chiamate Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (R.E.M.S.) con un limitato numero di posti letto, a gestione sanitaria e con attività perimetrali di sicurezza e di vigilanza esterna, ove necessaria. Il processo di chiusura di tutti gli ospedali psichiatrici giudiziari attivi sul territorio nazionale si è completato a febbraio 2017, con la chiusura dell’O.P.G. di Barcellona Pozzo di Gotto, in Sicilia.

Figura 1: Corridoio O.P.G. Barcellona Pozzo di Gotto

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L’11 maggio 2017, l’ultimo internato del manicomio di Barcellona Pozzo di Gotto ha lasciato la struttura per trovare accoglienza in una struttura psichiatrica a Modica.

Finalmente si chiude l’era dell’internamento nelle istituzioni totali e l’Italia può essere orgogliosa di essere tra le prime in Europa e nel mondo, iniziando una vera e propria battaglia nel 1978 con la Legge Basaglia. Si conclude così una storia che era iniziata nel 1975, quando gli ospedali psichiatrici giudiziari entrarono a fare parte del sistema penale italiano soppiantando i vecchi manicomi. Già nel gennaio del 2012, il Senato aveva approvato la chiusura degli O.P.G. entro la fine di marzo 2013, poi prorogata definitivamente al 31 marzo 2015.

A sollecitare la necessità di una legge riguardante la chiusura degli O.P.G. erano stati, tra le altre cose, una serie di scandali che a partire dal 2010 avevano portato alla luce le gravi condizioni cui erano sottoposti i detenuti degli istituti italiani. Nel momento in cui la legge entrò in vigore, nel 2012, nel territorio nazionale erano presenti ancora sei O.P.G. in cinque diverse regioni (Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Campania e Sicilia) che ospitavano 700 detenuti. Per 250 di essi, dopo la chiusura, era previsto l’inserimento all’interno di percorsi terapeutici personalizzati, mentre i restanti 450, sono confluiti nelle cosiddette R.E.M.S, ovvero Residenze per l’Esecuzione della Misura di Sicurezza Sanitaria, strutture più piccole, ad alta sicurezza, progettate per garantire ai detenuti che soffrono di malattie mentali l’attivazione di percorsi terapeutico-riabilitativi efficienti, evitando gli errori-orrori degli O.P.G. Al momento in Italia sono attive 30 R.E.M.S per un totale di circa 600 pazienti.

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L’aspetto della riabilitazione è un concetto fondamentale in quanto la qualità del trattamento dei detenuti con malattie psichiatriche può fare la differenza rispetto alla ripetizione di comportamenti criminali. Uno studio epidemiologico condotto dall’equipe del Prof. Giovanni de Girolamo, direttore scientifico del “Irccs Fatebenefratelli di Brescia”, ha svelato che i pazienti psichiatrici con una storia di violenza non commettono atti violenti con maggiore frequenza rispetto ad altri pazienti, a patto che il trattamento sia sano, come avviene nelle strutture residenziali. Per un anno, sono stati monitorati 140 pazienti di strutture residenziali, di cui circa la metà con una storia di comportamenti violenti, inclusi pazienti precedentemente reclusi in carceri od O.P.G, per valutarne l’aggressività.

“I risultati del nostro studio”, spiega de Girolamo, “evidenziano che quando il trattamento è garantito, come può avvenire in strutture residenziali, il rischio di nuovi comportamenti violenti diminuisce in maniera vistosa, e non è diverso da quello esibito da pazienti che non hanno mai commesso atti di violenza”. “Attualmente è in corso la seconda parte dello studio, su un campione più ampio di

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persone, tutti pazienti ambulatoriali. I risultati della prima parte, infatti, non possono essere automaticamente estesi a pazienti ambulatoriali, per due motivi essenziali”, continua il medico: “in costoro il trattamento non è garantito, ossia il paziente può anche sospenderlo, e ciò può determinare una destabilizzazione sul piano clinico; inoltre, per i pazienti ambulatoriali non è scongiurato il rischio di abuso di sostanze o di alcool, che naturalmente non sussiste per i pazienti detenuti nelle Rems, che da solo rappresenta il più importante fattore di rischio per i comportamenti aggressivi e violenti”.

Tornando alla questione del passaggio da O.P.G. a R.E.M.S., è bene evidenziare che oltre alle “luci” paventate dagli esperti, parlando addirittura di un passo storico della salute mentale, ci sono ancora delle ombre, ovvero il timore che le R.E.M.S. diventino semplicemente dei nuovi manicomi con un altro nome. “Per evitarlo”, ha detto lo stesso Corleone al Sole 24 Ore, “va applicata la legge 81, soprattutto nel principio per cui la misura di sicurezza ha un termine e non può superare la durata della pena massima per il reato compiuto. Quando entra una persona, quindi, lo psichiatra sa qual è il giorno dell’uscita e quindi lavora dimensionando l’intervento terapeutico sulla durata necessaria. E fino a ora questo ha funzionato, evitando così gli ergastoli bianchi”. Anche De Girolamo, ha criticato il passaggio dagli O.P.G alle R.E.M.S. definendolo addirittura “un’occasione perduta”, in quanto non si è provveduto ad un’adeguata formazione degli operatori nel valutare e trattare i pazienti a rischio di comportamenti violenti, non si sono predisposti degli standard uniformi sul territorio nazionale, né l’attivazione di un adeguato monitoraggio.

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5. Area d’intervento Si è condotta un’attenta analisi per ricercare un sito d’intervento in cui la presenza dell’interessamento umano, nei decenni precedenti, avesse mutato il rapporto con il contesto urbano ed il paesaggio, e magari col passare degli anni tale rapporto si fosse affievolito lasciando la zona in uno stato di disuso, mancanza di manutenzione nonché addirittura di abbandono.

L’area scelta si trova nella zona Nord di Nicosia, in provincia di Enna, a un’altitudine di 700 metri sul livello del mare. Essa ricopre una superficie di circa 17.000 m2 dei 218 km2 ricoperti dall’intera cittadina che sorge al centro della Sicilia, approssimativamente tra il Val Demone e la Val di Noto.

Figura 1: Le tre valli siciliane

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5.1.

Storia di Nicosia

La città di Nicosia sorge ai piedi di un territorio collinare-montuoso al centro-nord della provincia di Enna, in Sicilia, all’interno della Riserva Naturale orientata Campanito-Sambughetti. Con una popolazione di circa 14.000 abitanti, dista circa una cinquantina di chilometri dalla costa tirrenica e si erge principalmente su quattro colli: Castello, Cappuccini, Monte Olivento e Santissimo Salvatore.

Figura 1: Vista di Nicosia

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L’origine del nome e dunque della città, è ancora incerto. Nei secoli, gli storici hanno provato ad identificare Nicosia con una serie di appellativi curiosamente diversi quali Engio, Erbita e Imachara, ma in ogni caso l’ipotesi più plausibile è che il nome sia di origine greca, vista anche la presenza di una città dall’omonimo nome nella penisola ellenica. Altra ipotesi è che il nome derivasse dalle parole “Nìkou Oikos” che stanno a significare “la città di San Nicola”, effettivamente patrono della cittadina insieme a San Felice.

Edificata probabilmente al tempo della dominazione bizantina nell’isola, intorno al VI-VII secolo, fu utilizzata come avamposto militare, e come protezione dagli attacchi dei Saraceni, fu innalzata una fortezza tra i monti Nebrodi e le Madonie. In seguito all’arrivo degli Arabi in Sicilia, la città iniziò ad essere chiamata Niqusìn, nome molto simile a quello odierno. Ma il percorso di nascita della città siciliana non può non passare dai Normanni: la città fu infatti una delle più importanti colonie gallo-italiche dell’isola. Quest’invasione creò delle lotte interne nella cittadina, prima di carattere sociale, poi religioso: i conquistatori si stanziarono nella parte alta della città, Santa Maria Maggiore, dove sorgeva l’omonima chiesa di rito latino, mentre la popolazione greco-bizantina si spostò nella parte più bassa dando vita alla propria matrice e portando avanti il culto di San Nicola secondo il rito greco. Queste invasioni, lasciano tutt’oggi dei riflessi nel dialetto parlato: il gallo-italico, un misto di francese, latino e siculo.

Durante il dominio di Federico II di Svevia, Nicosia fu denominata “Civitas Costantissima” essendo la quarta città demaniale in Sicilia per importanza, dopo 57

Palermo, Messina e Catania, crocevia fondamentale per gli scambi commerciali considerando la posizione strategica al centro della Sicilia. Anche l’imperatore Carlo V d’Asburgo, nel 1535, passò e visitò Nicosia durante la sua visita siciliana.

Nell’ultimo periodo borbonico si ha la fase acuta del conflitto tra baronato e monarchia. Quest’ultima nel 1814 decide di unificare il Regno delle due Sicilie e trasforma la Sicilia in una provincia, a sua volta divisa in sette intendenze. Nicosia diventa uno dei quattro circondari dell’intendenza di Catania, e si trova ad amministrare i comuni di Leonforte, Regalbuto, Troina, Agira, Centuripe, Cerami, Gagliano, Assoro, Sperlinga, Nissoria, Catenanuova e Carcaci. La nuova situazione sembra galvanizzare l’ambiente nicosiano e la popolazione subisce un incremento attestandosi attorno ai 15.000 abitanti; la città si abbellisce di nuovi palazzi, di strade, viene ristrutturata la Cattedrale, vengono istituite la Casa degli Studi (oggi Liceo Classico) e la Biblioteca Comunale. Diversi nicosiani partecipano al movimento risorgimentale e al governo di Ruggero VII: il poeta e magistrato Nicola Cirino (1801-1851) canta, in endecasillabi e movenze foscoliane, i fasti della Sicilia e di Nicosia.

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Figura 1: Nicosia agli inizi del ‘900

Ennesimo ruolo d’importanza fu conferito a Nicosia nel 1817 con l’elevazione a sede diocesana della città, prima dipendente dall’arcidiocesi di Messina. In tale occasione la chiesa di San Nicola, fu proclamata Cattedrale. Inoltre nel 1882 vi è l’apertura del seminario vescovile. Appellativo che fu dato a Nicosia è “La Città dei due Cristi” per la presenza di due importanti crocifissi, uno nella Basilica di Santa Maria Maggiore, il Crocifisso del Padre della Misericordia (1600), mentre l’altro all’interno della Cattedrale.

Figura 1: Crocifisso del Padre della Misericordia, conservato nella Chiesa di S. Maria Maggiore Figura 2: Crocifisso del Padre della Provvidenza, conservato nella Cattedrale

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In tale periodo, la cittadina godeva di un certo benessere che traeva soprattutto dalla produzione di frumento, dall’allevamento di bestiame e dal commercio; tale status era soprattutto dei baroni e delle altre famiglie nobiliari, che possedevano quasi la totalità dei terreni, principale fonte di ricchezza del tempo. Tra il XIX secolo e l’inizio del XX, a Nicosia, si contavano 24 famiglie di baroni, e per questo motivo essa è tutt’oggi anche conosciuta come la “Città dei 24 baroni”. Il termine “Baronia” indica un titolo nobiliare di origine feudale, concesso dal sovrano con la solenne cerimonia di investitura, con cui si richiedeva il giuramento di fedeltà e l’assunzione di particolari obblighi del barone nei confronti del sovrano. In caso di ribellione, infedeltà o tradimento questo titolo poteva essere revocato. Possiamo ricordare tre tipologie di baronia: • Barone di solo titolo: possedeva solo un piccolo feudo, e pur essendo una persona influente nel paese, ricoprendo alle volte delle cariche importanti, non aveva rappresentanti nel Parlamento del Regno; • Barone con Feudo Nobile: oltre al feudo, possedeva il titolo nobiliare e dunque più potere e prestigio all’interno della società paesana; • Barone di Feudo Nobile con mero e misto Imperio: non solo possedeva il feudo e il titolo nobiliare, ma esercitava anche la giurisdizione civile e penale con l’autorizzazione a comminare la pena di morte. Detto potere poteva essere concesso solo dal Tribunale del Reale Patrimonio.

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Nel 1927, con l’istituzione della Provincia di Enna e con l’avvento del Fascismo, Nicosia perde il ruolo di capoluogo di circondario e la proposta per l’erezione di Nicosia a provincia, avanzata dall’allora podestà La Motta, non viene presa in considerazione. Tuttavia, sia la persistenza del latifondo che la quotizzazione dei feudi comunali, sia il blocco dell’immigrazione voluto dal Fascismo. Determinano un aumento di popolazione per cui Nicosia registra nel 1931, una popolazione di 20.553 abitanti.

Il periodo del post-guerra, caratterizzato da sentimenti di fermento sociale e speranza di sviluppo, è caratterizzato da un’amministrazione baronale, con il barone Salomone sindaco dal 1952 al 1956 e dalla borghesia intellettuale, incalzati da un vivace e combattivo movimento operaio. Nicosia riesce ancora a mantenersi all’altezza della sua tradizione storica, essendo sede del Tribunale, del Vescovado,

Figura 1: Nicosia vista da Porta Palermo

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del Liceo Classico, dell’Ospedale e di altri uffici di zona che permettevano alla cittadina di restare il punto di riferimento per i paesi limitrofi.

Ma l’assenza di progetti di sviluppo, come in tutto il Mezzogiorno italiano, e la mancata valorizzazione delle risorse come l’agricoltura e l’allevamento, la perdita di molte “occasioni storiche” e soprattutto la progressiva emarginazione dovuta alla mancanza di un moderno asse viario attrezzato, determinano prima la stasi e poi la crisi ed un’ondata di emigrazione, passando dai 19.301 abitanti del 1951 ai 14.931 del 1971.

5.2.

Patrimonio storico-artistico di Nicosia

Numerosi sono i monumenti, gli edifici religiosi e i palazzi nobiliari di rilevanza storica ed architettonica, che costituiscono il patrimonio artistico della città nicosiana: • L’antico Castello Normanno, divenuto nel 1065 fortezza del conte Ruggero, anche se oggi se ne conservano solo i ruderi, delinea uno dei punti più alti ed antichi della città; Figura 1: Ruderi del Castello Normanno

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• la Cattedrale dedicata a San Nicolò di Bari, in stile gotico del XIV secolo presenta al suo interno tre bellissime navate con volte settecentesche affrescate con scene bibliche; la volta centrale, inoltre, nasconde uno dei gioielli più preziosi dell’arte medievale siciliana: il “Tetto Ligneo a Capriate”, opera del 1400, interamente dipinto, rappresenta soggetti ed elementi di carattere sacro e profano, sicuramente scene ed elementi che ai tempi non furono ritenuti consoni alla Cattedrale e per questo furono semplicemente nascosti dall’attuale volta nel 1830. La Torre Campanaria della chiesa, alta 40 metri, è uno dei più importanti monumenti dell’architettura arbo-normanna.

Figura 1: Particolare del tetto ligneo della Cattedrale

• La Basilica di Santa Maria Maggiore sita nell’omonimo quartiere, in cui risiede la “Sedia di Carlo V”, realizzata dagli artigiani del paese in vista del soggiorno del sovrano presso la dimora del barone La Via. Altre opere presenti all’interno della basilica sono la monumentale “Cona marmorea” di A. Gagini del 1511 posta dietro l’altare maggiore e il già citato “Crocifisso del Padre della Misericordia” del 1600;

Figura 2: Particolare del tetto ligneo della Cattedrale

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A Sinistra: Affreschi della Volta a botte della Cattedrale In Alto: vista del colonnato e del campanile della Cattedrale da Piazza Garibaldi In Basso: confronto tra i portali principali della Basilica di S. Maria Maggiore (a sinistra) e della Cattedrale (a destra)

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• Di particolare importanza sono gli affreschi, le statue e le tele settecentesche di Guglielmo Borremans, custodite presso la chiesa di San Vincenzo Ferreri e le opere di Filippo Randazzo presenti nella chiesa di San Calogero o ancora gli stucchi d’epoca Rococò della Chiesa di San Biagio; • Le antiche chiese del Santissimo Salvatore, San Michele, San Francesco di Paola, Il Convento dei Frati Cappuccini che fanno parte del patrimonio religioso della città; • Il “Carmine”, ovvero uno dei pochi santuari dedicati alla Madonna del Carmelo: sorse nel 1929 nell’area in cui sorgeva la chiesa del Carmine, ospita un altare barocco restaurato dallo scultore Finocchiaro di Acireale, un Crocifisso in bronzo e una tela della Madonna.

• I palazzi nobiliari dei 24 baroni, di epoca ottocentesca, rappresentano il benessere e lo sfarzo di un ceto sociale che dominò e controllò Nicosia negli ultimi secoli.

Figura 1: Palazzo Vescovile, già palazzo Nicosia, sec.

XVIII, in largo Duomo

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5.3.

Inquadramento e caratteristiche dell’area d’intervento

L’area analizzata, come già detto in precedenza, si trova nella zona Nord di Nicosia, a un’altitudine di circa 700 metri sul livello del mare e si estende per circa 17.000 m2. L’area presenta un salto di quota massimo di 4/5 metri che però sono quasi impercettibili data la pendenza abbastanza costante del 2/3% circa.

Il sito d’intervento confina: • a Nord, mediante la Strada Provinciale n.20, con la Contrada Gurri, da cui si apre al paesaggio della campagna e al contesto paesaggistico delle Madonie; Figura 1: Inquadramento e localizzazione del sito

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• a Sud, la Via Bernardo di Falco funge da collegamento con il centro storico; • a Est con l’antico quartiere di San Cataldo; • a Ovest con il quartiere Monte Oliveto, uno dei punti panoramici più alti di Nicosia.

L’area d’intervento è risultata particolarmente interessante per un progetto di riqualificazione urbana e funzionale, non solamente per degli aspetti estetici, paesaggistici e/o architettonici, ma sono stati considerati anche altri fattori tra cui l’attuale esperienza d’uso, la fruizione del sito nonché le effettive aspettative e Figura 1: Planimetria dello stato di fatto

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necessità dei cittadini che lo vivono ogni giorno, attenendoci sempre alle direttive del Piano Regolatore Generale vigente. Le caratteristiche evidenziate sono: • la posizione strategica, considerando che si trova presso una delle uscite del paese, a pochi metri dall’ufficio postale e a nemmeno 300 metri dalla piazza Garibaldi e dalla Cattedrale; • il collegamento diretto con la campagna e il contesto paesaggistico; • la presenza, all’interno dell’area, di due edifici di particolare rilevanza storicoarchitettonica, classificati “A1 – Emergenze monumentali” dal Piano Regolatore Generale vigente; • il parziale disuso, e quindi la carenza di manutenzione, dei suddetti edifici storici; • la presenza di strutture sportive quali un campetto da calcio e un campo da tennis ad oggi non utilizzati e in stato di semi-abbandono; • la presenza di una piscina costruita poco più di un decennio fa; • l’eccessiva cementificazione della zona, usata prevalentemente come parcheggio, con conseguente mancanza di zone verdi e permeabili; • l’assenza di strutture recettive e/o di svago; • la scarsa manutenzione generale dell’intera area.

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Fig. 1

Fig. 2

Figura 1: Ex Stazione Ferroviaria Figura 2: Deposito Ferroviario Figura 3: Piscina e Campo da calcetto Figura 4: Parcheggio Fig. 3

Fig. 4

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Particolare attenzione è stata posta agli edifici storici: essi sono stati edificati nel 1926 e dovevano essere la Stazione Ferroviaria e il Locale Deposito della tratta ferroviaria Leonforte-Nicosia, linea a scartamento ridotto di 950 millimetri, costruita in parte e mai aperta all’esercizio.

Lunga poco piĂš di 24 chilometri, la rete ferroviaria doveva collegare Leonforte, capolinea della linea a scartamento ridotto proveniente da Dittaino, attivata tra il 1918 e il 1923, con la nuova stazione di Nicosia. Nelle intenzioni dei progettisti, essa doveva essere il collegamento della Sicilia Centrale con il versante tirrenico 70

Figura 1: Stralcio Tav. 57, Mappa 5, del P.R.G. di Nicosia attualmente in vigore

siciliano, arrivando sino a Santo Stefano di Camastra e quindi congiungendosi con la rete ferroviaria che attraverso il litorale, unisce Palermo con Messina.

Figura 1: Percorso ferroviario della tratta Leonforte-Nicosia

La realizzazione della Leonforte-Nicosia fu inserita nel Piano Regolatore delle Ferrovie Secondarie Siciliane approvato dal consiglio Superiore dei Lavori Pubblici in data 15 giugno 1914 nel quale era prevista la tratta Santo Stefano-Mistretta e Nicosia-Bronte. Il 13 ottobre 1921 il Consiglio Superiore dei LL.PP. autorizzò il progetto del tratto Leonforte-Nicosia. Nonostante i lavori dovessero iniziare nel 1923, il giornale locale, “Il Fascio Nicosiano” (Anno V – n.11), ci tramanda che i primi lavori furono consegnati all’Ing. Santoro solamente il 19 maggio 1925 per la felicità

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dei Nicosiani che così si pronunciavano: “L’atto di giustizia a nostro favore deve essere e sarà completo così come è stato da tempo preparato. E noi abbiamo fiducia che così sarà”.

Tale fiducia, fu però tradita quando nel 1929, nonostante la linea era pressoché completa, insieme ai fabbricati necessari (tra cui la stazione di Nicosia), i lavori furono sospesi a tempo indeterminato, probabilmente con la scusante, alquanto banale, che l’eccessiva pendenza tra Leonforte e Nicosia non era idonea ad una linea a scartamento ridotto.

Figura 1: Anni ’30, vista della Stazione Ferroviaria e del Deposito da poco costruiti

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L’edifico principale della Stazione Ferroviaria, originariamente di proprietà di “Ferrovie dello Stato”, in seguito al Decreto n. 997 del Presidente della Repubblica del 26 maggio 1948 ha ospitato per lungo tempo l’“Educatorio Provinciale Maschile di Enna”.

Con il D.P.R.S. n. 389/GR VIII S.C. del 24/11/1995 avviene la fusione tra l’Opera Pia Casa di Riposo “Barone di Falco”, le Opere Assistenziali ed Educative “Sant’Anna” e l’Educatorio Provinciale Maschile “Enna” di Nicosia, assumendo l’attuale denominazione “Opera Pia Casa di Riposo Barone DI Falco e Opere assistenziali ed educative S. Anna”.

Tale Ente è una Istituzione Pubblica di Assistenza e Beneficienza (I.P.A.B.), voluta dal lascito testamentario del Barone Bernardo Di Falco (1831 – 1903). Lo scopo è l’assistenza, fino alla concorrenza dei propri mezzi: • Il ricovero, mantenimento, assistenza degli anziani o inabili al lavoro; • L’attuazione di progetti educativi e formativi per minori.

La sede principale si trova nel palazzo baronale ottocentesco sito nella centralissima Piazza Garibaldi al civico 16 di Nicosia. L’altro palazzo, che ospita alcuni dei servizi ricettivi dell’Ente, è situato sempre nell’omonima Piazza ed è denominato ex Palazzo La Via, lasciato in eredità dal Sacerdote Filippo Nicosia e che ospita all’interno la Chiesa di San Filippo Neri.

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Un’altra sede si trova a pochi metri dal centro storico della città, presso la via Bernardo Di Falco n. 53 e consiste nella già citata Stazione Ferroviaria dismessa di Nicosia che ha ospitato per anni l’Educatorio Provinciale Maschile.

In particolar modo, oggi nell’ex Stazione Ferroviaria, è presente una struttura residenziale psichiatrica al primo piano, in cui sono presenti dei pazienti in regime protetto o semi-protetto che vengono costantemente monitorati, assistiti e curati.

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Figura 1: Ritratto del Barone Bernardo di Falco con alle spalle il Palazzo Baronale Di Falco, oggi sede della casa di riposo “Opera Pia”

Al piano terra è presente una struttura psichiatrica semi-residenziale, nel particolare un Centro Diurno, la cui funzione terapeutico-riabilitativa punta a prevenire il ricovero del paziente. Essi si recano al centro almeno quattro pomeriggi alla settimana, e oltre a ricevere le dovute cure, frequentano dei laboratori e impegnano il loro tempo con delle attività di gruppo o individuali, sia all’interno che all’esterno della struttura.

Il locale dell’ex Deposito Ferroviario, è già da diversi anni chiuso e in stato di abbandono.

Figura 1: Ex Stazione Ferroviaria, attuale sede del centro psichiatrico Figura 2: Ex Deposito Ferroviario, attualmente in disuso e in stato di abbandono

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5.4.

Strategia Nazionale per le Aree Interne

Le Aree Interne, in Italia, costituiscono circa il 60% dell’intero territorio nazionale.

Nonostante siano estremamente differenti tra loro, da Nord a Sud, esse presentano caratteristiche simili quali grandi ricchezze naturali, policentrismo, distanza dai grandi agglomerati urbani e dai centri di servizi, potenzialità di sviluppo coniugando innovazione con tradizione. Negli ultimi decenni, complice la narrazione urbanocentrica e scelte pubbliche errate, queste aree hanno subito un drastico e costante spopolamento dovuto in primo luogo alla carenza di servizi, di infrastrutture e di posti di lavoro. Per questo motivo l’Italia ha messo in campo la Strategia Nazionale per le Aree Interne (S.N.A.I.), uno strumento che l’attuale Governo ha la ferma intenzione di rilanciare e che vedrà a breve ampliato e rafforzato il suo raggio d’azione, in termini di aree e comuni interessati. Per il rilancio e la valorizzazione delle Aree Interne, è necessario che i piccoli Comuni, superino i loro limiti, guardando oltre i propri confini e lavorando a forme di gestione associata dei servizi offerti alla cittadinanza, partendo dalla sanità, l’istruzione, la mobilità e la valorizzazione del territorio.

Il progetto è finalizzato a contribuire al processo di riorganizzazione dei servizi pubblici sul territorio delle Aree Interne del Paese, garantendo l’individuazione di modelli di gestione efficaci e coerenti con le esigenze dei territori. Inoltre, l’obiettivo è quello di supportare il Comitato Tecnico Aree Interne e, attraverso questo, gli Enti locali coinvolti nel processo di nascita e/o consolidamento di forme di governo e gestione integrate dei servizi pubblici locali comunali. Ad oggi sono 76

state coinvolte 72 aree, il 17% del territorio italiano e oltre 1000 sindaci, per circa 2 milioni di abitanti.

Le attività si concentreranno su vari punti: • Definizione delle modalità di supporto; • Verifica e valutazione dei processi associativi; • Attività di accompagnamento per supportare i processi decisionali di avvio o sviluppo del processo di aggregazione delle funzioni e dei servizi; • Condivisione e diffusione di documenti, attività e soluzioni.

Infine, i risultati del progetto potranno essere utilizzati anche per altri Enti locali non interessati direttamente alla strategia nazionale per le aree interne e per altre amministrazioni che dovranno attuare interventi di gestione associata di servizi.

Attualmente, 5 delle 72 aree interne localizzate si trovano in Sicilia, e puntano soprattutto a uno sviluppo delle infrastrutture, dei servizi, cercando di combattere la crescente disoccupazione e lo spopolamento che tutta l’isola sta vivendo negli ultimi anni. Le aree sono: • Calatino, nella città metropolitana di Catania; • Madonie, nella città metropolitana di Palermo; • Nebrodi, nella città metropolitana di Messina;

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• Terre Sicane, nel libero consorzio comunale di Agrigento; • Valle del Simeto, città metropolitana di Catania e libero consorzio comunale di Enna.

Nonostante, le aree delle Madonie e dei Nebrodi, confinino direttamente con il territorio nicosiano, la cittadina, che durante il secolo scorso è stata un punto nevralgico dell’economia provinciale, è stata tagliata fuori da questi progetti di sviluppo, restando così in una situazione di assoluta stasi, assistendo sempre più alla crescita della disoccupazione e al conseguente spopolamento del centro urbano. A incrementare questi processi di “abbandono” del paese negli ultimi anni, hanno sicuramente contribuito la chiusura del carcere nicosiano e la chiusura del Tribunale di Nicosia, motore indiscutibile dell’economia paesana.

Per questi motivi, il progetto proposto, non vuole essere un intervento singolo, ma vuole inserirsi in un piano di programmazione strategico, che insieme ad altri interventi aiuti la cittadina ad uscire dalla situazione attuale di stasi e spopolamento. Inoltre altro obiettivo ambizioso sarebbe l’inserimento del comune di Nicosia in una delle 2 aree sopra citate, ovvero Nebrodi e Madonie, o perché no Nicosia diventare l’Ente capofila di un’ipotetica settantatreesima area che coinvolga i paesi limitrofi.

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6. Proposta progettuale Il progetto proposto, come già detto, parte da un’attenta analisi non solo delle caratteristiche morfologiche e architettoniche del sito, ma si sono tenuti in considerazione sia le attuali attività presenti che gli attuali fruitori dell’area.

Fatte queste considerazioni, in primo luogo si è partiti dai locali dell’ex Stazione Ferroviaria, oggi sede di un centro residenziale psichiatrico e si è voluto non solo mantenere la stessa destinazione d’uso, ma analizzando i dati crescenti negli ultimi anni delle patologie che interessano la salute mentale, si è voluto ampliare e migliorare tale servizio sanitario così da poter trattare terapeuticamente un numero maggiore di pazienti. Inoltre si è lavorato molto sull’esterno progettando un healing garden, ovvero una tipologia di parco curativo che possa essere accessibile a tutti i cittadini, quindi non solo ai pazienti che vivono all’interno del centro psichiatrico, ma anche ai medici, gli operatori, i familiari dei ricoverati, o qualunque altro cittadino che voglia godersi i benefici, scientificamente dimostrati, della natura. In secondo luogo, si è analizzato il Deposito Ferroviario che, insieme all’ex Stazione, è classificato “A1 – Emergenze Monumentali” dal P.R.G. attualmente vigente, quindi nonostante non si possa intervenire esteticamente sull’edificio, a meno di interventi di consolidamento che non ne alterino le caratteristiche, si è pensato di riutilizzare l’edifico, oggi in stato di abbandono, come palestra, considerata anche la vicinanza ai campi da tennis e calcetto e alla piscina. Infine si è pensato di realizzare una rampa con una pendenza al di sotto del 5%, quindi accessibile anche ai disabili, che connetta il parco alla sovrastante Via Bernardo di Falco, collegamento principale con il centro storico.

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Masterplan area d’intervento

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6.1.

Accessibilità al parco

Sono stati previsti quattro accessi pedonali, marcati in rosso nello schema sottostante, che danno accesso al parco e alle strutture che esso contiene: l’entrata più vicina al centro storico è quello all’estrema destra, da via B. Di Falco, con cui il parco si collega mediante una rampa accessibile a tutti e mediante una scalinata.

Infine in blu è evidenziato l’unico accesso carrabile dell’area con cui si possono raggiungere le strutture all’interno e l’asilo adiacente al sito d’intervento. L’area è stata pensata come una Z.T.L., pertanto le auto dovranno essere lasciate necessariamente nel parcheggio all’ingresso del parco.

Figura 1: schema degli accessi al parco: -rosso: pedonale -blu: carrabile

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6.2.

Percorsi pedonali e carrabili

È stato condotto un attento studio dei percorsi pedonali interni al parco, così da poter raggiungere ogni zona d’interesse nel minor tempo e sforzo possibile. Inoltre è stata garantita sempre una pendenza inferiore al 5% così da rendere accessibile l’intero parco anche a chi ha difficoltà motorie o deve utilizzare una sedia a rotelle.

Mediante i percorsi interni si possono raggiungere non solo le strutture psichiatriche, ma anche le strutture sportive e ricettive. Infine in blu è marcata la strada Z.T.L. che dà accesso non solo alle strutture curative e ricettive, ma anche all’asilo adiacente precedentemente citato.

Figura 1: schema dei percorsi interni: -rosso: pedonale -blu: carrabile

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6.3.

Vegetazione ed acqua

Particolare importanza è stata data alla progettazione degli spazi verdi e degli specchi d’acqua: essi ricoprono un ruolo fondamentale per la qualità dell’aria, garantendo un’ossigenazione e un’umidificazione costante, contrastando così le isole di calore e rendendo più piacevole la permanenza all’interno del parco. Inoltre questi due elementi sono di rilevante importanza nell’ideazione di un healing garden, dal momento che studi scientifici hanno dimostrato che la presenza di vegetazione e il “rumore” dell’acqua corrente stimolino e rilassino il cervello umano dando una sensazione di benessere.

Figura 1: schema della vegetazione e dell’acqua

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6.4.

Edifici Storici e di Nuova Progettazione

Per quanto riguarda gli edifici storici, nello schema sottostante con la copertua in rosso, vista l’impossibilità di agire direttamente sulle strutture data l’importanza storico-architettonica, si è pensato più al riuso di tali edifici: per quanto riguarda l’ex Stazione (4), si è ponderata la scelta di estendere la residenza psichiatrica già presente al piano primo, anche al piano terra così da poter ampliare l’offerta delle cure terapeutiche; per quanto riguarda il Deposito (3), data la vicinanza alle strutture sportive e condiderata l’importanza che viene data allo sport nella crescita dei ragazzi, si è pensato di superare l’attuale stato di abbandono di tale edificio

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3

4

2 Figura 1: schema degli edifici storici e di nuova costruzione 1: Nuova Edificazione 2: Nuova Edificazione 3: ex Deposito 4: ex Stazione 5: Nuova Edificazione

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trasformandolo in una palestra. In questo modo si andrebbe a creare un vero e proprio polo sportivo, completato dagli adiacenti campi da tennis, basket e calcetto, non dimenticando la piscina edificata circa un decennio fa tra i due edifici storici.

Figura 1: Pianta Edificio 3, Palestra (ex Deposito) Figura2: Sezione A-A

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Gli edifici moderni di nuova progettazione sono 3, e ovviamente seguono un’architettura completamente diversa rispetto gli storici.  L’edificio numero 1, si erge su due livelli ed essendo adiacente a tre ingressi pedonali e uno carrabile, presenta al suo interno un info-point dove poter chiedere informazioni ed assistenza, un ristorante, un bar in cui si pùo passare del tempo libero e un coworking attrezzato multimedialmente per lavorare in maniera smart e favorire la condivisione di idee.

Figura 1: Volumetrie dell’Edificio 1

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Figura 1: Pianta piano terra Edificio 1 Figura2: Pianta piano primo Edificio 1

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Figura 1: Prospetto Sud-Est Edificio 1 Figura2: Prospetto Nord-Ovest Edificio 1

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Figura 1: Prospetto Nord-Est Edificio 1 Figura2: Prospetto Sud-Ovest Edificio 1

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Figura 1: Sezione longitudinale A-A Figura2: Sezione trasversale B-B

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 L’edificio numero 2, ad unica altezza presenta al suo interno un’ampia aula studio che si collega mediante un corridoio ad una biblioteca, con servizi multimediali e ad un’ampia zona lettura in cui non solo si può studiare, ma anche leggere e passare del tempo libero in tutto relax.

Figura 1: Volumetrie dell’Edificio 2

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Figura 1: Pianta Edificio 2

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Figura 1: Prospetto Nord-Ovest Edificio 2 Figura 2: Prospetto Sud-Est Edificio 2

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Figura 1: Prospetto Sud-Ovest Edificio 2 Figura 2: Prospetto Nord-Est Edificio 2

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Figura 1: Sezione longitudinale A-A Edificio 2 Figura 2: Sezione trasversale B-B Edificio 2

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 L’edificio numero 5, anch’esso si erge su due livelli ed è destinato unicamente a un centro diurno psichiatrico, ovvero una struttura semi-residenziale, già presente tutt’ora al piano terra dell’ex Stazione Ferroviaria, in cui i pazienti che non hanno bisogno di un ricovero, si recano almeno quattro giorni alla settimana per ricevere le terapie necessarie e fare delle attività ludico-ricreative che servono anche a mantenere uno stato di “benessere” mentale. Tale struttura presenta al suo interno una sala multimediale, una sala in cui viene condotto un laboratorio musicale, un’area dedicata alla pittura e infine un’ampia zona dedita ai vari laboratori ceramica, di giornalismo, di cucina, di fotografia, etc. Inoltre alcune di queste attività terapeutiche vengono praticate all’aperto, a diretto contatto con la natura, tra queste l’orticultura e il giardinaggio sensoriale.

Figura 1: Volumetrie dell’Edificio 5

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Figura 1: Pianta piano terra Edificio 5 Figura2: Pianta piano primo Edificio 5

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Figura 1: Prospetto Nord-Ovest Edificio 5 Figura 2: Prospetto Sud-Est Edificio 5

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Figura 1: Prospetto Sud-Ovest Edificio 5 Figura 2: Prospetto Nord--Est Edificio 5

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Figura 1: Sezione longitudinale A-A Edificio 5 Figura 2: Sezione trasversale B-B Edificio 5

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6.5.

Impianti Sportivi

Tenendo in considerazione la presenza del campetto da calcio e del campo da tennis, si è scelto di ripristinare tali attrezzature in attuale stato di semi-abbandono, ed arricchire il parco sportivo creando un campo da basket nell’area compresa tra le strutture esistenti, e sfruttare al meglio la piscina già esistente, così da creare, insieme alla palestra che nascerà all’interno dell’ex Deposito Ferroviario, un polo sportivo che contribuisca alla formazione e alla cultura dello sport per tutte le fasce d’età. Inoltre è stata pensata la creazione di strutture adiacenti ai campi, quali spogliatoi e/o bagni e la realizzazione di tribune accessibili a tutti gli spettatori.

Figura 1: schema degli impianti sportivi

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Figura 1: Vista Edificio 1

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Figura 1: Vista Edificio 2

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Figura 1: Vista Edificio 5 e giardini sensoriali

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Figura 1: Vista campetto e vialetto pedonale

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7. Conclusioni Il progetto proposto, non vuole essere un intervento singolo, ma vuole essere considerato promotore della rinasciata dell’economia nicosiana, inserendosi in un piano di programmazione strategico che insieme ad altri interventi aiuti la cittadina a combattere la situazione di spopolamento e disocuppazione che sta vivendo negli ultimi anni. Per questo motivo sono state analizzate le Strategie Nazionali per le Aree Interne, progetto fondamentale per la crescita e lo sviluppo economico di piccoli centri come Nicosia, che insieme possono sicuramente migliorare o addirittura creare dei servizi quali la sanità, l’istruzione e il turismo. L’obiettivo ambizioso sarebbe quello di inserire il comune di Nicosia in una delle 2 aree strategiche confinanti, ovvero Nebrodi e Madonie, o perché no diventare essa stessa l’Ente capofila di un’ipotetica settantatreesima area che coinvolga i paesi limitrofi.

In secondo luogo si è cercato di creare una struttura di cura psichiatrica che possa diventare un motore economico e lavorativo del paese, essendo motivo d’interesse per gli abitanti dei paesi limitrofi, tutto all’interno di un parco inclusivo che connette il centro urbano con la campagna, dando la possibilità a tutti i cittadini di praticare sport, di godere dei benefici della natura o semplicemente trascorrere del tempo libero.

Infine si è cercato di creare dei servizi, quali il ristorante e il bar per dare la possibilità, non solo ai cittadini, ma anche agli accompagnatori dei pazienti di poter rimanere all’interno del parco, senza tralasciare così l’economia circolare del paese e la creazione di nuovi posti di lavoro.

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8. Bibliografia  Amministrazione Comunale di Nicosia, Nicosia: guida storico-turistica, Enna: Papiro, 1991  Christine Nickl-Weller, Hans Nickl, Healing architecture, Salenstein, Switzerland: Braun, 2013  Clare Cooper Marcus, Naomi A. Sachs, Roger S. Ulrich, Therapeutic Landscapes: An Evidence-Based Approach to Designing Healing Gardens and Restorative Outdoor Spaces, Hoboken, New Jersey: Wiley, 2014  Decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1999 (Gazzetta Ufficiale n.

274 del 22.11.1999) Approvazione del Progetto Obiettivo “Tutela Salute Mentale 1998-2000"  Decreto del Presidente della Repubblica 7 aprile 1994 (Gazzetta Ufficiale n. 93 del 22.04.1994) Approvazione del Progetto Obiettivo “Tutela Salute Mentale 1994-1996"  Ferrovie dello Stato Italiano, Atlante delle linee ferroviarie dismesse, RFI - Rete Ferroviaria Italiana, Roma, 2016  Formez PA, L'associazionismo intercomunale nelle aree interne Azioni di Sistema per le Pubbliche Amministrazioni, IFEL-ANCI, 2019  Gianni Pettena, Olmsted: l'origine del parco urbano e del parco naturale contemporaneo, Firenze: Centro Di, 1996  Giorgio La Motta, Nicosia, Palermo: Ibis, 1963

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Ringraziamenti Alla fine di questo lavoro di tesi, vorrei ringraziare personalmente innanzitutto il mio relatore, Prof. Ing. Sebastiano D’Urso, che non solo mi ha fornito degli incipit e degli spunti di riflessione interessanti per la definizione del progetto, ma mi ha anche trasmesso la sua grande passione per l’architettura.

Inoltre ci tengo a ringraziare l’ufficio tecnico e l’amministrazione comunale di Nicosia, in particolar modo l’assessore, nonché amico, Nando Zappia, il quale mi ha fornito la massima disponibilità nel reperire tutto il materiale necessario.

Un ringraziamento particolare va anche all’Arch. Nicolò Mazza, presidente dell’“Opera Pia casa di riposo Barone Bernardo Di Falco e opere assistenziali ed educative S.Anna” il cui contributo in termini di informazioni e di documenti è stato di fondamentale importanza per la realizzazione di questo lavoro di tesi.

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