HUFFPOST (Commento sul Libro) - 1 Maggio 2023

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Oltre lo spazio e il tempo. Guida al lavoro del 2050

Lo smart working, la settimana corta, la rottura della Generazione Z, il big bang

tecnologico: siamo nel frullatore di una rivoluzione nel mondo del lavoro che non si vedeva dai tempi di Taylor e Ford. Verso un futuro in cui l'impiego non sarà più una condanna

01 Maggio 2023 alle 10:00

Siamo in viaggio. In viaggio verso un futuro in cui il lavoro non sarà più una condanna, l'opprimente contropartita per raggiungere la nostra fetta di benessere, il sacrificio calvinista per agguantare e garantire una quota di serenità materiale a noi, la nostra famiglia e i nostri figli. Un futuro - mettiamo una data indicativa, né troppo vicina né troppo

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lontana: 2050 - in cui potremo spezzare le catene della schiavitù della fatica che da millenni perseguita l'essere umano. Il lavoratore del 2050 avrà l'opportunità di essere più libero, più autonomo, più capace di essere imprenditore di sé stesso, abile nell'intrecciare e miscelare le ore dedicate al lavoro, alla vita familiare e al tempo libero.

Troppo ottimista? Può darsi. Quello appena descritto è infatti uno scenario volutamente utopico, che presuppone che tutti i cambiamenti epocali nel mondo del lavoro vadano per il verso giusto, che il lato oscuro della rivoluzione tecnologica venga in qualche modo gestito e sterilizzato, che lo sconquasso di pandemie e guerre riesca a essere riportato a un nuovo ordine magnifico e progressivo. Non sarà un futuro per tutti, ovviamente, ma mai come questa volta potrà essere per molti. Chi davvero si metterà di buzzo buono a sfruttare gli immensi vantaggi che ci regala la tecnologia, chi abbandonerà la logica novecentesca dello scambio fra salario e ore lavorate, chi abbraccerà una nuova filosofia basata sui risultati e non sulla quantità di tempo venduta al datore, chi si approccerà al proprio impiego coniugando responsabilità e creatività, chi si ritaglierà il lavoro come un abito su misura e non avrà paura di cambiare e saltare da un'occupazione all'altra, beh per lui si aprirà un mondo nuovo. Il mondo del 2050.

Il punto di partenza di tutti gli sforzi predittivi degli studiosi del lavoro è che mai come in questo momento storico stiamo vivendo delle trasformazioni così profonde - lo descrive bene Francesco Delzio nel suo ultimo saggio L'Era del lavoro libero, Rubbettino, 2023. Come se ci fossero dei piccoli big bang continui: il classico modello fordista e taylorista, che ancora oggi sopravvive in tante aziende dall'epoca della Rivoluzione industriale seppur rivisto e riadattato, viene sempre più strizzato e accartocciato, mostrando ormai una avanzata obsolescenza. Ormai, fuori da alcun dubbio, è inadeguato ai tempi moderni. Soprattutto perché il lavoro oggi ha abbattuto le classiche coordinate spazio-temporali, anzi è andato oltre lo spazio e il tempo. Le barriere spaziali sono cadute, e forse questo è uno dei pochi lasciti positivi della pandemia: ormai le aziende hanno capito che lo smart working funziona, e funziona molto meglio di quello che credevano. Gli uffici-alveari sono già adesso molto meno diffusi di una volta e in futuro saranno sempre di meno. Il lavoro non è più dove lo si fa ma come lo si fa. Ovviamente è un ribaltamento culturale per entrambe le parti: il lavoratore gode di più autonomia ma deve assicurare più responsabilità; il datore di lavoro sfrutta i risparmi ma deve migliorare capacità di delega e coordinamento.

Anche la classica scansione temporale (8 ore al giorno, 40 a settimana, 5 giorni lavorativi) già adesso non è più lo standard aureo per tutte le aziende. Basti pensare a tutte quelle che hanno già firmato accordi con i sindacati per la settimana corta - in Italia lo ha fatto Intesa, solo per citare un esempio - o alle imprese che ormai organizzano il lavoro per

obiettivi, a prescindere da come il lavoratore ci arriva, il quale ha ampia libertà nello scegliere quali ore della giornata dedicare. Insomma, spazio e tempo non sono più quelli di una volta. E non siamo che all'inizio del viaggio: "Per quanto scioccante sia stata la transizione verso il lavoro a distanza durante la pandemia, è stata modesta rispetto a ciò che verrà dopo", assicura Adam Ozimek, economista del lavoro ad Upwork.

Del resto, che quello che ci aspetta sarà straordinariamente accelerato nei prossimi decenni lo si deve anche ad altri due fattori booster. Il primo è la tecnologia: quanto più la digitalizzazione, i cloud, l'automazione, la robotizzazione, l'Intelligenza artificiale faranno passi da gigante - e ci sono tutte le condizioni perché lo facciano - tanto più il processo di liberazione del lavoro dai vincoli e dalle barriere del Novecento sarà esponenziale. Il secondo è generazionale. L'approccio che la Generazione Z, quella dei ragazzi nati tra il 1997 e il 2012 ergo nativi digitali, ha nei confronti del lavoro è diametralmente opposta a quelle precedenti. Per loro gli elementi tradizionali come stipendio, tipo di contratto, possibilità di carriera certamente contano ma non sono le uniche variabili da considerare. La differenza per loro la fa un concetto più ampio di benessere che include l'armonizzazione tra impegno lavorativo e vita privata, la qualità delle relazioni umani in azienda e addirittura l'impatto sociale e i valori dell'impresa per cui lavorano. Non è un caso che proprio questa generazione ha fatto da traino a fenomeni sempre più diffusi ma inconcepibili per chi vede il mondo del lavoro attraverso le vecchie lenti. Stiamo parlando del fenomeno delle great resignation (il lavoratore insoddisfatto che decide di dimettersi anche se non ha un'alternativa pronta), del quiet quitting (la pratica di non lavorare più di quanto si è contrattualmente obbligati a fare, soprattutto per dedicare tempo alle attività personali) o del job hopping (saltare da un lavoro a un altro senza tregua, in pratica il contrario del posto fisso, mito che ormai appartiene per lo più ai film di Checco Zalone o Paolo Villaggio).

Insomma, la rivoluzione è in atto, non si può tornare indietro. Come sempre, aziende e lavoratori hanno due scelte, la pillola rossa e la pillola blu, abbracciare il cambiamento e cavalcare l'onda oppure mettersi di traverso e andare controvento. Quale sia la scelta migliore non è difficile intuire.

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