Anno 50 | N°11 del 16.12. 2019 | quindicinale | € 8,00 | www.fashionmagazine.it
Poste Italiane S.P.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 N.46) Art. 1, Comma 1 Lom/Mi/1769
Il magazine di news, business e trend
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RENAISSANCE OF
STYLE
Cover photo: Clan Upstairs
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fashion n ° 11 www.fashionmagazine.it
10 SOMMARIO
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editoriale
6 giorgio rossi/coin
«UN UPGRADE DECISO NEL SEGNO DELL’EXPERIENCE»
10 IL RINASCIMENTO dei MULTIBRAND
Nuove Factory di relazioni ed emozioni
23 Viaggio nel retail indipendente
il bello di essere se stessi
36 BEAUTY BUSINESs
Il beauty? Sempre più in forma
40 prefall 2020
Il segreto della seduzione
56 TREND
BRAND TO WATCH
58 JEWELRY BUSINESS
I SIGNORI DEL TEMPO
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MISTERY SHOPPING
portrait/ELISABETTA FRANCHI
Sorelle Ramonda: “complici del tuo essere” di nome e di fatto
Il suo motto è se vuoi, puoi: una storia da 200 milioni di euro
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TREND forecast
CAREERS
Il 2020 che verrà
ANNO NUOVO, VITA NUOVA PER SEBASTIAN SUHL
34 motivi/miroglio
L’e-commerce che funziona ha il wholesale come partner in business
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63 Q&A/EMANUELE SVETTI
LO STORE: SU MISURA E CONTROCORRENTE
66 RED CARPET
SPORTMAX NELLA SWINGING LONDON
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On the cover Lo store Clan Upstairs a Milano, fondato da Fabio Bisogno
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In un’epoca in cui i marketplace virtuali, Amazon e Farfetch in testa, rischiano di emergere come vincitori incontrastati, paradossalmente la dimensione fisica e relazionale del negozio multimarca sta vivendo una fase di nuova, inaspettata vitalità. Si tratta, in realtà, di una contraddizione solo apparente. Ma andiamo per ordine. Secondo i più recenti dati di digitalCommerce, nel 2019 il colosso di Seattle muove ormai, negli Stati Uniti, da solo il 24% di tutte le vendite di abbigliamento online. Durante il recente Black Friday, evento di scontistica massiccia per antonomasia, l’azienda capeggiata da Jeff Bezos ha ottenuto addirittura, come ha rilevato Adobe Analytics, una strabiliante quota di mercato, superiore al 50% di tutte le vendite passate sul web. È inoltre di questi giorni la notizia che sempre Amazon ha lanciato una sneaker in lana merino, a tutti gli effetti identica al modello più popolare di Allbirds, digital vertical brand che attualmente sta andando per la maggiore, a meno della metà del prezzo di listino: 49 dollari contro i 99 dollari di Allbirds. Sembra dunque esservi una chiara sequenza di step strategici: penetrazione di un brand, spinta al ribasso sul prezzo, sostituzione con il prodotto proprio. Anche Farfetch non esita a far parlare di sé in termini di aggressività commerciale. Dopo aver prima oscurato la provenienza multimarca dei prodotti luxury che aveva in stock, ha poi via via sostituito i multimarca come canale di approvvigionamento con accordi diretti con i brand. Quest’estate, con l’acquisizione di Off-White, il colpo di genio finale: il pure player portoghese ha ora interesse a spingere il brand di sua proprietà, a discapito di chi di sua proprietà non è. Non solo: agli stessi multimarca che una volta ne costituivano l’arteria primaria (ma che sono tuttora parte fondamentale della sua strategia) viene ora fortemente contingentato, se non negato, il prodotto Off-White, uno dei best seller più profittevoli degli ultimi tempi. Quanto possa essere lungimirante in tempi stretti una tale sequenza sarà da vedersi. La Borsa e la maggior parte degli analisti non ne sembra essere convinta - il titolo viaggia infatti a circa un terzo del prezzo di emissione. Certo è che brand e multimarca si trovano schiacciati in un angolo quando, anziché collaborare proficuamente, si fanno concorrenza sul web, mettendosi alla mercé di colossi molto più grandi di loro. Per non soccombere, bisogna invece investire insieme in logiche di sellout. Puntando su design, esclusività ed esperienzialità. Gli atout di sempre, dunque. Reinventarsi, infatti, spesso vuol dire riscoprire lo spirito delle origini.
EDITOR’S NOTE
Uniti come una falange spartana
As virtual marketplaces are voraciously conquering ever bigger slices of the market, multibrand stores are sending out signs of newfound vigour. This is only apparently a contradiction in terms. While Amazon, Farfetch & Co. try to cut out the middlemen, the players of the traditional distribution chain have to collaborate stronger than ever before in the realms of design, exclusivity and unique customer experience. Only united will they stand.
Marc Sondermann CEO & Editor-in-Chief
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INTERVIEW GIORGIO ROSSI
«UN UPGRADE DECISO NEL SEGNO DELL’EXPERIENCE» 120 nuovi marchi entrati in un anno e 40 milioni sul piatto per ristrutturare numerosi punti vendita nel biennio 2020-2021. Giorgio Rossi, presidente di Coin, fa il punto della situazione sull’evoluzione del retailer, sempre più proiettato verso una dimensione premium e lifestyle di Carla Mercurio
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COIN IN CIFRE
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ono passati circa 20 mesi dall’operazione che ha milioni di euro visto Bc Partners cedere il controllo di Coin a una fatturato 2018 cordata di investitori e 12 mesi dalla nomina di Giorgio Rossi a presidente della nuova compagine. Un periodo in cui la proprietà ha delineato le linee guida per il futuro di una realtà che oggi conta 40 nego- department store zi diretti, di cui tre con la formula premium Excelsior a Milano CityLife, Roma Cola di Rienzo e Trieste, più i 100 Che apporto darà Marco Marchi? store Coincasa tra Italia ed estero. Upgrading è la paro- insegne Coincasa Sarà operativo nelle scelte e nella la d’ordine che mette d’accordo i nuovi stakeholder: figestione di Coin, con un fruttuoso apgure di spicco del panorama imprenditoriale e finanziamilioni porto di idee e strategie. Il fatto che un rio come Giorgio Rossi, Alessandro Bastagli, Enzo de scontrini emessi in un anno imprenditore come lui abbia creduto e Gasperi e Jonathan Kafri, cui si aggiungono un gruppo investito nei nostri department store di manager di Coin e Stefano Beraldo, a.d. di Ovs, che è proprio in questo momento vuol dire stato promotore del new deal e che in Coin non ha ruoli di rappresentanza operativi. Un team al quale si è appena unito molto per noi. Non ci dimentichiamo che Liu Jo opera nel segMarco Marchi, fondatore e presidente di Liu Jo, entrato nel con- mento premium, verso il quale puntiamo. siglio di amministrazione del retailer con un aumento di capitale, Come chiudete il 2019? che lo ha portato a detenere una quota del 15%. La squadra è A oggi registriamo un +0,6% delle vendite rispetto al 2018, anno forte, gli obiettivi sono chiari e i risultati si vedono: lo racconta a che si è chiuso con un turnover di 450 milioni di euro, di cui il 60% dall’abbigliamento, il 20% da Coincasa e il 20% dal beauty. Fashion Giorgio Rossi. Dopo soli sette mesi Cristina Mollis ha lasciato il ruolo di ceo di Coin: come mai questa uscita prematura? Quali sono state le sfide di Coin nei mesi successivi al passaggio Si è trattato di un divorzio consensuale, perché da entrambe le parti di proprietà e alla sua nomina a presidente? In questo periodo abbiamo intrapreso un percorso di upgrading ver- ci siamo accorti di avere vedute diverse. Al momento non abbiamo so il segmento premium, che si è tradotto nell’ingresso nei nostri l’intenzione di nominare un nuovo ceo, perché c’è un confronto prostore di 120 nuovi marchi in tutti i settori merceologici, dall’abbiglia- ficuo tra la proprietà e il consiglio di amministrazione. mento alla gioielleria, con un chiaro innalzamento del target. Una Quali le scommesse per i prossimi mesi? scelta che ci sta premiando anche a livello di numeri. Una direzione Nei biennio 2020-2021 investiremo complessivamente 40 milioni di che adesso diventa ancora più chiara con l’ingresso di Marco Marchi. euro nella ristrutturazione di molti punti vendita. Per la precisione,
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nel 2020 è previsto l’upgrade dello store di corso Vercelli a Milano in Coin Excelsior e nel 2021 di quello di Verona, in sintonia con il nostro percorso di innalzamento del target. Le altre tappe importanti di questo percorso coinvolgeranno i punti vendita Coin di Genova, Livorno, Padova, Sassari, Treviso, Bologna e Como. Come stanno cambiando i vostri store? L’obiettivo è fare dei nostri spazi dei luoghi non solo di vendita ma anche di intrattenimento, con caffetterie, aree per la ristorazione, eventi culturali e focus sulla cura della persona. Moderne agorà che si connotano come luoghi di incontro ed esperienziali. In un momento in cui gli store fisici registrano decrementi del traffico, noi puntiamo a mantenere le posizioni, forti di un totale di 40 milioni di visitatori l’anno e 12 milioni di scontrini emessi, con un portafoglio di 800 marchi e una superficie di vendita di circa 115mila metri quadri. L’aumento dello scontrino medio, conseguente all’upgrading dell’offerta, ci consentirà comunque di tenere testa a eventuali contrazioni del traffico. Quanto è importante oggi per un marchio essere in Coin? Coin è presente in location importanti nei maggiori centri in Italia. Essere nei nostri store vuol dire entrare in contenitori in grado di generare grande traffico (in media un milione di visitatori per ogni filiale) e in questo momento c’è un grandissimo interesse da parte dei brand nei nostri confronti. Avere un presidio nei nostri negozi, inoltre, contribuisce a far vivere i centri città, mantenendoli vivaci e interessanti. Come si amplia la famiglia di prodotti? Parlava di 120 nuovi marchi entrati nell’ultimo anno... Tra le new entry in Coin Excelsior figurano realtà come Damiani, Raspini, L’Autre Chose, Momonì, Chiara Ferragni, Barbour, Isaia, Sandro, Blauer per citarne alcuni. Inoltre sono previste aperture di spazi dedicati a Liu Jo, che ha già un corner nello store di piazza Cinque Giornate a Milano.
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Anche la famiglia di insegne Coin Casa cresce: nell’ultimo bimestre avete aperto tre punti vendita stand alone a Bassano, Udine e Belluno... Coincasa è un’insegna su cui spingiamo molto e che sta performando benissimo, con circa il 10% in più di vendite rispetto allo scorso anno. Si tratta di un vero brand, di cui curiamo tutto il processo verticale. E ora state investendo anche sulla formula temporary. Certo, lo scorso novembre abbiamo aperto tre pop-up Coincasa nei centri commerciali di Arese, Nave de Vero a Verona e Fiordaliso a Milano e due negli outlet di Valmontone a Roma e Mondovicino a Cuneo. Una scommessa vincente in realtà commerciali in cui il traffico è garantito, con picchi di +40% rispetto alla previsioni. Per tale ragione di sicuro qualcuno di questi si trasformerà in store permanente. Qual è il target del consumatore e della consumatrice, in termini di età, gusti, potere di spesa, a cui vi rivolgete con i diversi format? Non è facile fare uno screening dei 40 milioni di persone che entrano da noi ogni anno, con un’età che va dai 20 ai 65 anni e con un target trasversale che abbraccia il ceto medio, per arrivare alla classe imprenditoriale. C’è chi compra solo le capsule per il caffè o i profumi, che ci hanno sempre connotati come una realtà premium, oppure è interessato alla casa, che attrae l’attenzione anche dei designer. Ora, con l’innalzamento del target nel mondo dell’abbigliamento, si aprono nuove chance. Quali le sfide sul fronte dell’omnicanalità? Il negozio fisico rimane il luogo di elezione per gli acquisti, ma non è più possibile prescindere dal digitale. 4 Coincasa ha da diversi anni un portale di ecommerce che cresce a doppia cifra, gestito con una visione omnicanale. Ora stiamo lavorando su questo fronte con le insegne Coin e il debutto potrebbe essere già nel 2020. Qual è il vostro approccio alla sostenibilità? La responsabilità ambientale è un dovere morale e un obbligo sociale. Stiamo esaminando varie azioni da portare avanti per contribuire a questo cambiamento culturale. ■ 1. Giorgio Rossi, presidente di Coin 2. L’esterno dello storico negozio di Trieste, divenuto lo scorso maggio un Coin Excelsior, format caratterizzato dall’attenta selezione di marchi italiani e internazionali di moda, bellezza e home decoration 3. L’interno di uno store Coin Excelsior 4. Atmosfera calda e accogliente nei punti vendita Coincasa
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NEWS
DI ELISABETTA FABBRI
ASIAN CUSTOMERS, MAINLY CHINESE, DELIVER ALL OF THE MAR GROWTH IN 2019 2
BAIN-ALTAGAMMA LUXURY MONITOR 2019
Personal luxury goods by consumer L'Asia traina gli market acquisti nationality | €B
di personal luxury goods
È DEFINITIVO: LA ROBERTO CAVALLI VAContribution AL DICO GROUP to 2019E personal luxur (% | @K)
È arrivata al closing la cessione della Roberto TREND 18-19E @K Cavalli da parte di Clessidra Sgr al veicolo d'investimento Vision Investments, che fa parte del Gruppo Dico di Dubai, fondato da Hussain Sajwani. La holding è la stessa che controlla Damac, luxury developer in affari con Cavalli dal 2017 per un progetto immobiliare sulla Dubai Marina, che prevede la costruzione di cinque hotel nei prossimi dieci anni. Il primo dovrebbe essere ultimato nel 2023.
TUTTI PAZZI PER LE SNEAKER GOLDEN GOOSE Il marchio italiano di sneaker Golden Goose potrebbe passare di mano. Si vocifera che sia nel mirino del gruppo americano VF Corporation (proprietario di brand come The North Face, Timberland, Eastpak Trend e Vans), nonché i private at constant exchange rates (increasing, decreasing, flat) equity Advent e Permira. Carlyle, che nel 2017 ha rilevato le sneaker di lusso da Ergon Capital, avrebbe incaricato Bank of America Merrill Lynch di gestirne la vendita. Tra gli interessati ci sarebbero anchel'americana PVH (Tommy Hilfiger e Calvin Klein, tra i brand in portafoglio) e Tapestry (Coach e Kate Spade, per citare alcune label). Carlyle punterebbe a ricevere offerte da almeno 1,2 miliardi di euro, vale a dire 15 volte l’ebitda di Golden Goose, di circa 80 milioni di euro. Intanto lo stesso fondo pare stia lavorando a un'offerta per gli anfibi Dr.Martens, al momento in mano a Permira. CHI
Note: RoW = Rest of the World
@K: At constant exchange rates
Valori totali in miliardi di euro RoW: Rest of the World Fonte: Bain & Company-Altagamma
colossi francesi alla carica
L'asia motore della crescita
Il gruppo del lusso francese Lvmh ha raggiunto un'intesa definitiva per rilevare Tiffany. Il prezzo pattuito è di 135 dollari per azione in contanti, che valorizza il gioielliere americano 14,7 miliardi di euro, oltre 16 miliardi di dollari. «Abbiamo immenso rispetto e ammirazione per questo marchio - dicono i francesi - e intendiamo svilupparlo con la stessa dedizione e lo stesso impegno che abbiamo messo in tutte le nostre maison». L'operazione, il cui closing è stimato a metà del 2020, avviene in un momento definito «di trasformazione» dal management del marchio americano, guidato dall'italiano Alessandro Bogliolo. Come mostrano i risultati a nove mesi, il giro d’affari è sceso del 2% a 3,1 miliardi di dollari e i profitti hanno accusato un -11%, a 340 milioni. Entrare in una scuderia come quella di Lvmh significa rafforzare gli anticorpi per sostenere il protrarsi della guerra dei dazi Usa-Cina, l’avanzata di nuovi competitor e l’ipotesi, sostenuta da alcuni analisti, che l'economia globale sia agli sgoccioli di una fase di espansione, se non addirittura sull'orlo di una recessione. Di altro tenore sarebbe, invece, l'acquisizione di Moncler da parte di Kering, deal di cui si vocifera alle soglie del Natale, benché liquidato con un «niente di concreto» dal presidente e ceo di Moncler, Remo Ruffini. Alcuni analisti lo vedono come la possibilità di Kering di diversificare da Gucci. Inoltre il management di Moncler potrebbe trasmettere le proprie best practice ai marchi soft luxury dei francesi. I piumini, invece, si avvantaggerebbero della piattaforma digitale di Kering e dell’esposizione ai Millennials: dunque si tratterebbe di sinergie più di ricavo che di costi.
Il mercato del lusso dovrebbe raggiungere un valore globale di 1.268 miliardi di euro per la fine di quest’anno, in aumento dell'8% rispetto al 2018 a cambi correnti e del 4% a cambi costanti. Questo grazie soprattutto agli acquisti dei cinesi, dei Millennials e della Generazione Z (i nati fra la seconda metà degli anni '90 e la fine degli anni 2000). Come emerge dal Bain-Altagamma Worldwide Luxury Market Monitor 2019, l’alto di gamma beneficia degli impulsi di segmenti dinamici come le imbarcazioni (+9% a cambi costanti), le auto (+7%) e il gourmet food (+6%). Il settore dei personal luxury goods, dove la moda ha un posto di primo piano, ha registrato un +4% senza l'effetto cambi, in linea con l’andamento generale, raggiungendo i 281 miliardi di euro. Il tasso di crescita composito annuo tra il 1996 e il 2019 risulta così del 6%, mentre la società di consulenza Bain & Company prevede aumenti fra il 3% e il 5% da qui al 2025, sulla base di fondamentali macroeconomici, che risultano solidi, e della crescente classe media, sempre più propensa ai consumi di lusso. Tuttavia insidie tipo le proteste dei gilet gialli in Francia o quelle pro-democrazia a Hong Kong (dove si parla di 2 miliardi di vendite perse) potrebbero repentinamente cambiare gli scenari. Il motore del mercato è tutt'ora l'Asia: nel 2019 la Cina Mainland ha registrato un +35% di acquisti di lusso per la persona rispetto a un anno prima, cui si aggiungono il +11% del Giappone e il +6% del resto del continente asiatico, dove spicca per dinamismo la Corea, oltre ai consumi vivaci di Singapore, Taiwan e Thailandia (vedi grafico in alto).
LVMH compra tiffany, a kering piace moncler
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il lusso decelera ma continua a crescere
191128 Altagamma 2019 Wo ... FT v46
ALIBABA RACCOGLIE QUASI 15 MILIARDI DI DOLLARI A HONG KONG Doppio listing per Alibaba. Il gigante cinese dell'e-commerce si è quotato di recente a Hong Kong dopo l’Ipo alla Borsa di New York del 2014. Quasi 14,6 miliardi di dollari Usa la raccolta (incluso l'esercizio dell'opzione di over-allotment), che risulta così in linea con le ipotesi iniziali di una cifra fra i 10 e i 15 miliardi e indica un’attestazione di fiducia degli investitori cinesi per il gruppo guidato da Daniel Zhang (in primo piano nella foto).
IL RINASCIMENTO DEI MULTIBRAND
IDRESSMAP P Trapani D SUPERFICIE: 500 mq D MARCHI: Elisabetta Franchi, Pinko,
Bagutta, Zanellato (donna) e Lardini, Paul&Shark, Xacus e Danilo Paura (uomo) D SEGNO DISTINTIVO: spettacolarità della location, un tempo sede della Banca Sicula D PROGETTO: Baciocchi & Associati
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NUOVE FACTORY DI RELAZIONI ED EMOZIONI DI ANDREA BIGOZZI
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IL RINASCIMENTO DEI MULTIBRAND
BERNARDELLI P Mantova D MARCHI: Lanvin, Maison Margiela,
Etro, Comme des Garçons, Dior, Jacquemus, Gcds, Incotex, Golden Goose Deluxe Brand, Tagliatore, Sacai D SEGNO DISTINTIVO: un forte link tra moda, arte, design e fotografia. Tra le novità del restyling un'area green per il relax D PROGETTO: Storage Associati
CLAN UPSTAIRS P Milano D SUPERFICIE: 700 mq D MARCHI: Cédric Charlier,
Philosophy di Lorenzo Serafini, Clan Upstairs, Closed, Destin, Fortela, Handle With Freedom. Hibourama, L’Autre Chose, Moschino, S77, Salvatore Santoro, New Balance D SEGNO DISTINTIVO: un progetto che si basa sullo spirito di condivisione e dello star bene, tra party e attività fisica
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D’ANIELLO BOUTIQUE P Salerno D SUPERFICIE: 500 mq D MARCHI: Prada, Dior, Fendi,
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egolarmente presenti nella top 20 globale dei principali seller di Farfetch, protagonisti nel 2019 di nuove aperture e restyling di punti vendita per un investimento monster di 60 milioni di euro (stima che coinvolge solamente i 103 soci di CBI-Camera Buyer Italia): i big player dei multimarca made in Italy sapranno mantenere per il 2020 le aspettative di chi li vede principali artefici del rinascimento del wholesale? Tra gli ottimisti che rispondono sì con fiducia e i cauti che ricordano alcune variabili, come i rapporti con i big brand e lo strapotere dei marketpace, la percezione del balzo che il comparto della distribuzione multimarca è pronto a fare si ha contando i nuovi progetti retail in corso o in fase di avvio. «Il momento è sfidante - commenta Francesco Galli, a capo del gruppo Folli Follie, di cui fanno parte l'e-shop TheDoubleF e, da quest'anno, anche il nuovo concept store One-Off, lanciato a Brescia in collaborazione con Gianni Peroni di G&B - . Le vendite online e il successo dei marketplace hanno cambiato le regole del gioco e il rischio della massificazione dell'offerta è innegabile. Proprio per questo noi retailer multibrand dobbiamo appellarci alla forza delle idee». «A mio avviso - prosegue - il principio di lusso esclusivo è superato, così come la formula del multibrand organizzato in shop in shop: il segreto è reinventare continuamente il proprio stile, realizzare pop up a rotazione e limited edition con i marchi. Abbiamo
Saint Laurent, Burberry, Dolce&Gabbana, Givenchy e Balenciaga D SEGNO DISTINTIVO: moda, arte e architettura in un unico spazio D PROGETTO: Baciocchi Associati
GALIANO E ACANFORA P Sorrento D SUPERFICIE: 600 metri quadri D MARCHI: Saint Laurent, Valentino,
Off-White, Gucci, Fendi e Manolo Blahnik
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vasto assortimentio, stanze tematiche, servizio omnicanale D PROGETTO: Storage Associati
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IL RINASCIMENTO DEI MULTIBRAND
GAUDENZI P Cattolica e Riccione D MARCHI: Acne, Alberta Ferretti,
Alexander Wang, Dolce&Gabbana Dries Van Noten, Dsquared2, Fendi, Off-White D SEGNO DISTINTIVO: un concept rilassato, che ricorda l'immagine accogliente di una casa, con i suoi ritmi lenti
MARCOS P Prato Nevoso D SUPERFICIE: 400 mq D MARCHI: Brunello Cuccinelli,
concepito One-Off per cambiare pelle ogni sei mesi. L'impegno riversato in questo progetto imprenditoriale è enorme, ma andare oltre il percorso standard è l'unica strada percorribile, specie per sostenere il retail fisico». Tra chi è pronto a scommettere sul futuro del punto vendita brick&mortar c'è anche Gino Cuccuini, la terza generazione della famiglia di buyer livornesi, che lo scorso 7 dicembre ha dato il via a un nuovo progetto, con una nuova insegna: Show. «Non si tratta di un negozio tradizionale - puntualizza Cuccuini -. Il consumatore più giovane, su cui tutti noi puntiamo, inizia a trovare noioso fare shopping sullo smartphone e il nostro compito è dargli un'alternativa in chiave omnicanale. Per questo abbiamo creato Show: i suoi punti di forza sono un'esperienza retail spettacolare, tanto che come location abbiamo scelto un ex teatro, abbinata a tante attività di marketing, comunicazione ed eventi». Pur potendo contare su un business online a sette zeri, Aldo Carpinteri di Modes è in prima linea quando si tratta di investire sul ritorno del negozio di quartiere, visto che ne ha inaugurato uno da poche settimane in un'area super residenziale di Milano. «In realtà - dice l'imprenditore, partito da Trapani e ora a capo di una realtà internazionale - non penso che sia giusto parlare di rinascita, ma di un nuovo inizio per il retail multimarca, anche perché è il pubblico a cui ci rivolgiamo a essere nuovo». Anche per Carpinteri la mission del punto vendita è sorprendere continuamente i clienti. Come? «Con le contaminazioni: oggi il multimarca trova forza se si trasforma in un punto di incontro per il consumatore. Per questo nostri spazi sono modulari e flessibili, in modo da adattarsi alle attività commerciali, ma anche alle esigenze specifiche di eventi speciali, come il lancio di
Dolce&Gabbana, Dsquared2, Golden Goose, Max Mara, Moncler, Moschino, Neil Barrett, Off-White, Philipp Plein D SEGNO DISTINTIVO: non un semplice negozio, ma un luogo da vivere all'interno di uno chalet e con annessa caffetteria D PROGETTO: Studio Velvet e l’interior designer Gianluca Bocchetta
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MANTOVANI P San Giovanni Valdarno D SUPERFICIE: 500 mq D MARCHI: Alanui, Furla, Aspesi, Bally,
Giorgio Armani, Hugo Boss Givenchy, Maison Margiela, Msgm, Moncler, N21 D SEGNO DISTINTIVO: modernità, tradizione e lusso in un edificio storico, con massima attenzione alla sostenibilità D PROGETTO: Roberto Baciocchi
MILAURA P Milano D SUPERFICIE: 450 mq D MARCHI: Martin Grant, Coperni,
Atlantique Ascoli, Studio Nicholson, Sara Battaglia, Nico Giani, Circolo 1901, Officine del Poggio, Sofie D’Hoore e Jupe by Jackie D SEGNO DISTINTIVO: una brand list forte, incentrata sulla ricerca e una politica di pricing molto attenta
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IL RINASCIMENTO DEI MULTIBRAND
MODES P Milano D SUPERFICIE: 400 mq D MARCHI: Ader Error, Ambush, Ami,
Balenciaga, Bode, Collina Strada, Comme des Garçons, Craig Green, Danton, Federico Curradi, Ganni, Jil Sander, Lemaire, Marni, Marine Serre, Medea, Nanushka, OAMC, Our Legacy, Patou, Random Identities, Sease, Vetements D SEGNO DISTINTIVO: concept ricco di novità tra cui la lartnership con Reflaunt per la moda circolare D PROGETTO: Studio Andrea Caputo
IN UN ANNO PER I SOCI 2,2 MILIARDI DI VENDITE E 30 OPENING
Francesco Tombolini (CBI): «In questo mestiere nessuno sta fermo, servono nuove skill e per questo arriva l'academy»
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i sono due cose che stanno a cuore a Francesco Tombolini, presidente da poco più di un anno di Camera Buyer Italia. La prima è la buona performance dei multimarca italiani indipendenti e di qualità, visto che da soli gli associati di CBI (poco più di 100 insegne, l'80% delle quali ha anche un e-shop di riferimento) hanno raggiunto i
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2,2 miliardi di euro di vendite. La seconda, data la fase di rinnovamento che queste realtà stanno vivendo, è la necessità di nuovi profili professionali, con competenze ibride tra fisico e digitale. Per rispondere a questa necessità il manager ha ideato un progetto ad hoc, battezzato Cbi next generation, con cui punta a gestire il passaggio generazionale all’interno delle realtà multimarca italiane. «Abbiamo concepito questa iniziativa - racconta Tombolini - pensando non solo ai figli degli associati, ma a tutti i giovani. Stiamo costruendo un gruppo di docenti, reclutati all’interno e all’esterno della nostra associazione, e definendo un nuovo protocollo educativo di questo mestiere. Che è tutt’altro che in via d’estinzione». «Di ottimi corsi per fashion buyer ce ne sono - puntualizza Tombolini - ma
vengono tutti sviluppati in un’ottica monomarcaazienda. Noi invece ci occuperemo in prima linea dei multimarca». Le best practice all’interno della Cbi non mancano per quanto riguarda il passaggio generazionale - da Tessabit a Giglio, da Bernardelli a Tricot - ma l’ambizione di Tombolini è quella di favorire la formazione di una nuova classe dirigente, «attraverso una vera scuola, che insegni alle nuove generazioni a non accontentarsi di essere commerciantiimprenditori, come i loro genitori, ma diventare retailer-manager, come richiede il mercato di oggi». «Creeremo una academy - prosegue il numero uno di Cbi -. Chiederò il via libera a procedere con questa iniziativa: l’obiettivo è avere i primi corsi Cbi next generation già da ottobre 2020». (an.bi.)
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IL RINASCIMENTO DEI MULTIBRAND
ONE-OFF P Brescia D SUPERFICIE: 400 mq D MARCHI: Adidas Originals, Alanui,
Balmain, Bottega Veneta, Burberry, Casio G-Shock, Church’s, Jil Sander, Just Don, Juun.J, Life Sux, Loewe, United Standard, Unum, Valentino, Vans D SEGNO DISTINTIVO: aggiornamento ogni sei mesi dell'intero spazio con nuovi marchi, pop up a rotazione e limited edition D PROGETTO: Baciocchi Associati (uomo), Dimore Studio (donna)
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collaborazioni esclusive, mostre e talk. E poi è importante differenziarsi. Noi lo facciamo sin dai dettagli: dalla playlist a tema con la radio Nts, al progetto di moda circolare che darà ai nostri clienti la possibilità di rivendere i propri capi e ricevere un buono per acquistarne di nuovi». Fabio Bisogno ha fatto crescere il suo Clan Upstairs fino a trasformarlo in un luogo d’incontro, di relazione «e soprattutto di emozione», sottolinea il buyer milanese e precisa: «La nuova evoluzione è la risposta alla velocità del digitale e alla massificazione. Dentro Clan Upstairs si è creata una factory dedicata alle idee e alla comunicazione, oltre al concetto di negozio fisico». Per diversicarsi rispetto al mercato, il buyer ha prima potenziato la ricerca, poi creato un home brand, infine creato il monomarca Philosophy di Lorenzo Serafini all'interno del suo multimarca milanese . «Ma volevano ancora di più - aggiunge Bisogno - così è arrivata l'idea del Club, che ci ha portato a proporre in store momenti di incontro e condivisione. Anche i saldi rientrano ormai nelle attività del Club: noi non facciamo sconti selvaggi generalizzati, ma lanciamo offerte speciali ai nostri clienti-soci nella prima settimana di saldi e poi subito spazio alle nuove collezioni». Sposano il modello del laboratorio creativo e puntano sull'idea di community, più che su quello di clientela, i negozi street evoluti, che in Italia stanno iniziando a farsi conoscere: best practice come Spectrum e One Block Down, solo per citare le realtà più quotate a Milano. «Siamo sempre stati diversi da un negozio - conferma Patrizio Vita, fondatore e titolare di OBD -. A guidarci è la nostra "cricca", non i marchi. Per questo consideriamo il nostro prodotto no gender e valutiamo alcune rimanenze un plus della nostra azienda». Quello che non è mancato nel 2019 agli imprenditori top dei multibrand italiani sono quindi lo spirito di iniziativa e la visione, ma per compiere la rivoluzione in atto serviranno anche aiuti dall'esterno, in particolare da quei top 20 brand che, di fatto, condizionano l'intero mercato del lusso. «Siamo sempre stati una categoria camaleontica - commenta Claudio Betti, a capo del network multimarca Spinnaker - propensa al cambiamento e all'innovazione, ma trovo che le strategie messe in atto dalle grandi aziende siano sempre meno favorevoli alle nostre attività. Contratti più selettivi sul fronte dei quantitativi e delle aree geografiche mettono un freno agli investimenti attivati, primi tra tutti l'ecommerce e il b2b». Anche il rapporto con i marketplace è complesso: «In certi momenti dell'anno, tra costi di commissione e sconti, il rischio di vendere sotto costo esiste afferma Betti -. Puntare tutto sulla ricerca
SHOW
P Livorno
D SUPERFICIE: 900 mq D MARCHI: Palm Angels, Off-White,
Amiri, Fear of God, Jacquemus, Acne e Alessandra Rich D SEGNO DISTINTIVO: all'interno tutto è spettacolare, acominciare dalla location, un ex cinema del 1930 D PROGETTO: Luca Difonzo (ristrutturazione) e studio Wpa (arredi e scenografia)
THECORNER.COM (THECORNER MAGENTA) P Magenta D MARCHI: Alberta Ferretti, Alexander Mcqueen, Attico,
Bottega Veneta , Dsquared2, Emilio Pucci, Etro, Gcds, Givenchy, Gucci, Jacquemus, Jimmy Choo, Jw Anderson, Kenzo, Maison Margiela, Marc Jacobs e Marni D SEGNO DISTINTIVO: grande attenzione al legame con il territorio e forte integrazione con la piattaforma e-commerce del gruppo
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IL RINASCIMENTO DEI MULTIBRAND
TRICOT P Chianciano Terme D SUPERFICIE: 500 mq D MARCHI: Gucci, Prada,
Givenchy, Fendi, N21, Miu Miu, Isabel Marant, Marc Jacobs, Off-White, Pinko, Prada, Tory Burch D SEGNO DISTINTIVO: un hub polifunzionale tra moda, arte e food
di nuovi brand si può, ma richiede tempi lunghi. Alla fine, essere innovativi nei concept e differenziarci con i nostri punti vendita è l'arma più efficace che abbiamo per essere tenuti in considerazione dalle griffe, in un sistema distributivo che vedrà una sempre maggiore concentrazione». In effetti il 2019 sarà ricordato per il numero eccezionale di joint venture tra boutique multimarca: Folli Follie e G&B, Tricot e Mantovani, Galiano e Acanfora, O' e L'Inde les Palais e altre potrebbero arrivare nel 2020. «É vero conferma Sabina Zabberoni di Julian Fashion - siamo entrati in una fase nuova, che prevede anche una politica di aperture massicce, lontane dalle città di origine delle insegne e anche delle sinergie tra buyer. Ma non tutto avviene in nome del nuovo consumatore, ci sono risvolti anche pratici: le partnership tra noi imprenditori servono per recuperare costi, mentre è la necessità di avere sempre più quantità di prodotto dei grandi marchi che porta i buyer ad aprire nuove attività. Visto che avere più location significa disporre di più capi da vendere su diversi canali. Anche noi abbiamo ingrandito il network e, se ci sarà l'occasione, continueremo a farlo». Ma che ruolo hanno i negozi di quartiere, quelli che sono rimasti indipendenti e non rincorrono i mercati internazionali, in questo scenario di rinascimento? Seguono altre logiche di business (vedere servizio nelle pagine seguenti) e sposano iniziative come Community Store,il progetto online lanciato da poche settimane da giglio.com. «Abbiamo ancora una visione etica di questo mestiere - spiega Giuseppe Giglio - e per questo il nostro progetto crea una rete italiana di punti vendita indipendenti. Per i servizi chiediamo commissioni sostenibili, rispettiamo il criterio della prossimità degli acquisti. Così daremo competitività ai singoli negozi sul territorio». Insomma tutti i negozinti possono partecipare alla rinascita, nessuno escluso. ■
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VINICIO P Marsiglia D SUPERFICIE: 900 mq D MARCHI: Dior, Celine, Balenciaga,
Balmain, Chloé, Burberry, Gucci, Dsquared2
D SEGNO DISTINTIVO:
una grande attenzione agli accessori con il basement intermente riservato
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outhere for
Outhere apre un nuovo capitolo con Max Moda DALL’AUTUNNO-INVERNO 2020/2021 L’AZIENDA DI GALLARATE SARÀ LA NUOVA LICENZIATARIA DI OUTHERE: AL VIA UN PIANO DI INVESTIMENTI CHE VEDE COME PRIMO OBIETTIVO IL POSIZIONAMENTO DEL MARCHIO FRA I MIGLIORI BRAND ITALIANI NEL SUO SETTORE ENTRO I PROSSIMI TRE ANNi
Sarà la Max Moda di Gallarate la nuova licenziataria dell’innovativo brand di giubbotteria Outhere, a partire dalla stagione autunno-inverno 2020/2021. Per il marchio una business strategy mirata, con due priorità: l’incremento del sell out e il rafforzamento della brand awareness. Il tutto sarà all’insegna di un approccio al mercato fuori dagli schemi e di un’idea di prodotto basata sui concetti di libertà, dinamismo, animo sportivo, funzionalità e innovazione, caratteristiche fin dal principio intrinseche nel brand, fondato da Graziano Moro e Renato Pigatti. Con lo sportswear come fulcro e ispirazione, Outhere punta a connotarsi come anel-
lo di congiunzione tra utility ed estetica, frutto di una profonda ricerca sui materiali, i tagli, i particolari e il comfort, indispensabile nella quotidianità. «Un giubbotto per noi deve essere, e sempre sarà, un oggetto di design - sottolineano Moro e Pigatti - frutto di passione e ricerca, che nasce dalla materia e dallo studio di quest’ultima, un qualcosa che muta ma che non passa, rimanendo nel tempo». La praticità, inoltre, è assicurata da dettagli come le doppie zip, mentre il patch con il logo non è solo un segno di riconoscibilità, ma anche uno spazio personale attraverso il quale l’utente può esprimersi in libertà, senza schemi né
www.outhereofficial.com
costrizioni. Forte di un fatturato che supererà nel 2019 i 4,5 milioni di euro, di cui il 40% dall’export, Max Moda guarda oltre, puntando a 6 milioni nel 2020. Fondamentale intento, che non riguarda i numeri in senso stretto, sarà per Max Moda non solo sostenere la brand purpose di Outhere ma rafforzarla, elevandone costantemente valore e connotazione. Tre le direttrici su cui agire per fare centro: il posizionamento del brand, anche attraverso una campagna editoriale, la comunicazione digitale con una presenza più incisiva sui social e, non ultimo, il supporto visual ai clienti, tramite materiali identificativi e d’impatto.
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Ferramenta Bologna - Ph. Giacomo Maestri
Viaggio nel retail indipendente
il bello di essere se stessi
Torino, Pescara, Genova, Bologna, Novara: niente a che vedere con metropoli come Roma o Milano, ma è proprio qui che si trovano multimarca ancora connessi con il territorio e con le reali esigenze della clientela. Per loro il prodotto viene prima di tutto, insieme al servizio: le persone che entrano in negozio, del resto, spesso le conoscono una a una e non è un modo di dire. Intorno a questo patrimonio costruiscono le loro strategie e, a volte, sfide controcorrente che si rivelano vincenti. 23
Viaggio nel retail indipendente
né griffe né vetrine: Il segreto è parlare Ai clienti
San carlo dal1973 P Torino
di andrea bigozzi
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Torino la chiamano la “signora della moda”, ma lei stenta a riconoscersi in questa definizione. In quasi 50 anni di carriera ha concepito uno stile understated e lussuosamente sobrio, amatissimo dalla borghesia sabauda, ma non solo da quella, che ha sempre considerato la sua boutique di piazza San Carlo un punto di riferimento. Lei è Giorgina Siviero, classe 1943, una donna innamorata del suo «formidabile mestiere, ancora oggi stimolante e redditizio, se fatto con intelligenza». Di Giorgina Siviero tra gli addetti ai lavori in questi mesi si è parlato molto. A giugno ha deciso di abbandonare il negozio in strada (ceduto a una profumeria) e costruire uno spazio multimarca “segreto”, ospitato all’intero di Palazzo Villa, ovvero l’edificio che per anni ha ospitato la sua attività commerciale. Una svolta che Siviero definisce naturale: «La mia ricerca e conoscenza del mondo della moda avevano bisogno di nuove
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modalità di presentazione e, soprattutto, basta grandi griffe». Rimpianti? Già dalla prima stagione (per giunta non ancora conclusa), la buyer non ha dubbi e risponde senza esitazione: «Direi proprio di no, anzi. In questo spazio succedono cose magiche. Quando si è trattato di fare gli ordini, in vista del cambio di location ho ridotto il budget del 36% rispetto all’anno precedente. Risultato? Ci manca la merce, abbiamo venduto quasi tutto e il fatturato è cresciuto del 20%. Se continueremo così, con la prossima primavera-estate i volumi di vendita di San Carlo dal 1973 torneranno a essere quelli del negozio su piazza, ma con 600mila euro di costi fissi annui in meno». Giorgina Siviero è letteralmente innamorata dell’ atelier inaugurato a settembre, che definisce la liofilizzazione di oltre 50 anni dedicati a questo mestiere. Una casetta di vetro all’interno di Palazzo Villa rappresenta la porta d’accesso al nuovo punto vendita, dove i protagonisti sono i profumi, i gioielli, gli accessori, l’oggettistica, la biancheria
La storica boutique di Giorgina Siviero dopo aver spento le vetrine su piazza San Carlo è rinata all’interno di Palazzo Villa. L’idea di puntare sul negozio-appartamento ha funzionato: prima stagione a +20%, a fronte di un budget ridotto di un terzo
per la casa e anche i gadget tecnologici. Un ascensore porta poi diritti al secondo piano, dove ci sono circa 700 metri quadrati che ospitano le collezioni di moda donna, selezionate personalmente da Siviero («Con questa nuova avventura sono tornata io l’unica responsabile degli acquisti»), ma anche un salottino privato e una sartoria. Qui si cuciono gli abiti firmati Rappel à l’ordre, l’home brand di San Carlo dal1973, che si affiancano a una brand list sui cui nomi Siviero vorrebbe sorvolare «perché è il prodotto che vale, non il marchio», ma che include tra gli altri Daniela Gregis, Sophie d’Hoore, Avant Toi, Pallas Paris, &Shu, Zucca, La Fee Parisienne, Bunzaburo e Iacobella Gaetani, senza dimenticare la passione di sempre della buyer, i designer giapponesi, come Issey Miyake e Yohji Yamamoto. «Fortunatamente chi viene da me non insegue i loghi, ma uno stile personale - afferma la retailer -. Quando faccio un ordine non devo pensare alla Cina o all’e-commerce, ma ai nomi e ai cognomi
delle mie clienti, so come sono fatte e cosa fanno, posso scegliere prodotti al loro stile di vita e questo funziona. A un mese da Natale, avevamo già raggiunto i nostri target stagionali». Un approccio al buying che consente a Siviero di fare a meno dei big brand: «Nessuna polemica, in carriera ho lavorato con tutti i migliori e ne sono onorata, ma ora i tempi sono cambiati. Per carattere non accetto di sentirmi dire cosa e quanto devo comprare». Nonostante l’assenza dei grandi stilisti, la nuova San Carlo 1973 resta l’indirizzo di shopping più famoso di Torino: «Chi vuole vestirsi per la vita vera, senza
essere noiosa, sa che qui trova la soluzione giusta e un prezzo equo». L’appartamento di Palazzo Villa è quindi lo specchio degli amori di Giorgina Siviero, a cominciare dalla maglieria, i pantaloni, le camicie e i cappotti. «Capi che arrivano da tutto il mondo - conclude -: Giappone, Australia, Francia, Italia. Alle showroom per fare scouting, preferisco le lunghe passeggiate di shopping a Parigi e Londra. Quando vedo qualcosa che mi interessa segno il nome, contatto direttamente l’azienda e l’affare è fatto. Possiamo permetterci ancora ■ questo modo di lavorare».
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Ph. Giacomo Maestri
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la moda glocal come antidoto all’omologazione di ELISABETTA FABBRI
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uando ancora nessuno avrebbe potuto immaginare che un giorno sarebbero esistiti gli ipermercati del bricolage, in centro a Bologna c’era una ferramenta che riforniva gli artigiani e le famiglie locali. Nell’era del single use, del “non si ripara più nulla”, quel negozio di viti e bulloni è diventato uno store di abbigliamento che ha scelto l’avanguardia per il suo brand mix e il recupero rispettoso per il concept dello spazio, che nel ‘600 fu anche una confraternita. L’insegna Ferramenta invita a sbirciare dalle vetrine minuscole e subito si intuisce che ha una storia da raccontare. Curiosare in libertà - senza l’invadenza di commessi intenzionati a proporti improbabili abbinamenti - è la regola della casa. Stone Island, Mauro Grifoni, Msgm, Ami Paris, Polo Ralph Lauren sono tra i marchi di punta al maschile, insieme al
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FERRAMENTA P Bologna
mood scandinavo di Our Legacy e al basic style dei marchi di Los Angeles Sunflower e Les Tien. Possiamo parlare di moda “a chilometro zero” per la maglieria di Laneus o “di prossimità” per i look della label marchigiana Department Five e per Cellar Door, progetto contemporaneo dello storico pantalonificio vicentino Vetta: il modello baggy, ripreso dal paracadutismo, è tra i best seller di questa stagione. Sul fronte scarpe, vanno per la maggiore i boot Dr Martens e le capsule Adidas. Tra le linee femminili, al piano inferiore, spiccano gli outfit Mauro Grifoni, le proposte glam di Circus Hotel, prodotte dalla riminese Abraham Industries, e il womenswear cosmopolita di Weili Zheng, designer nata in Cina, cresciuta in Italia e attiva con il suo brand nel bolognese. Tra gli accessori l’eyewear sta prendendo sempre più piede, trainato da marchi come Thom Browne, Dita e, non ultimo, Jacques Marie Mage.
«La nostra ricetta anti-crisi? Griffe di qualità e occhio alle novità»
LE gabrielli P Pescara
di CARLA MERCURIO
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a storia di Le Gabrielli inizia 45 anni fa a Pescara, quando vendere moda era molto più facile e non c’era la concorrenza delle grandi catene e dei siti Internet. Carmen Mori e Rosalba D’Egidio (socie, nonché cognate) partono come concessionarie di Nazareno Gabrielli e dopo 20 anni il business si evolve nel negozio di abbigliamento multimarca che ancora oggi ha sede in via Nicola Fabrizi, a due passi dal corso e dalla piazza principali della città: 100 metri quadri affacciati su tre vetrine, con un concept minimal-chic. Nel 2008 arriva una nuova scommessa: si inaugura Le Gabrielli Officina, una boutique di 100 metri quadri che sorge a pochissima distanza, in piazza della Rinascita, concepita per dialogare con una clientela più giovane, ma anche con le consumatrici affezionate in vena di uno shopping più easy. «Oggi che lo scenario è cambiato e molti negozi si sono evoluti in società finanziarie, Le Gabrielli ha scelto di rimanere fedele alla sua dimensione di boutique famigliare», racconta Carla Gabrielli, figlia di Carmen,
che alla fine degli anni Novanta è arrivata ad affiancare le due socie direttamente da Milano, dove si è laureata in Economia alla Bocconi. «Abbiamo scelto di concentrarci sulla selezione attenta di griffe note, a cui affianchiamo chicche frutto della nostra attività di ricerca meticolosa in Italia e all’estero». Nello store storico Le Gabrielli propongono infatti una moda contemporary, con etichette come Etro, Aspesi e Liviana Conti, accompagnate da marchi meno noti ma molto attenti alla qualità e alla façon, principalmente made in Italy, tra cui la maglieria firmata Maïda Mila, in arrivo da Milano («Filati di alta qualità e contenuti di design»), o le proposte plissé di Thanny, altra etichetta di stanza nel capoluogo lombardo. Da Officina il bouquet comprende 19.70 Seventy, Kangra Cashmere, Sun 68, Manila Grace e Gabs, ma anche scommesse vincenti come Il Thè delle 5, sartoria fiorentina che realizza abiti e capispalla, e Notshy, «maglieria francese molto apprezzata dalla clientela». «Serviamo donne con un’età media di 45/55 anni, che si abbassa un po’ nello spazio Officina, ma da noi vengono anche le figlie delle clienti,
così come continuano a seguirci le nostre consumatrici storiche, più avanti con gli anni». Lo scontrino medio, spiega Carla Gabrielli, è di circa 200 euro nella boutique Le Gabrielli e di 100 per lo store Officina: «Maglieria e abiti sono i capi più venduti - chiarisce - mentre si fa più fatica con i capispalla. Diciamo che oltre i 300 euro si compra con grande oculatezza. Oggi la gente fa molta attenzione a tutto: guarda la composizione dei tessuti, si informa sulle modalità di lavaggio, confronta i prezzi. Niente a che vedere con la spensieratezza con cui si comprava fino a dieci anni fa». Alle lusinghe del digital Le Gabrielli hanno risposto appieno con i social media: «Siamo molto attive su Instagram e Facebook, dove veicoliamo anche informazioni in merito a offerte speciali e iniziative particolari, mentre abbiamo notato che l’invio di posta elettronica rischia solo di intasare le caselle delle clienti e quindi abbiamo abbandonato la strada delle mailing list». Sull’e-commerce Carla, Carmen e Rosalba non hanno dubbi: «Si tratta di un progetto che implica costi di gestione altissimi. Non è adatto per una realtà come la nostra». ■
Ferramenta è uno dei pochi distributori italiani di questo brand americano, che produce in Giappone usando materiali nobili (500-800 euro la fascia di prezzo). «Il nostro cliente tipo? Siamo sul percorso che collega la Stazione Centrale alla zona universitaria - racconta Pietro Rampa, uno dei soci fondatori -. Non a caso l’orario è particolare: dalle 11 alle 20. Ma abbiamo anche clienti di passaggio. Ci conoscono per il passaparola o perché negli alberghi ci segnalano come store da visitare, anche se non abbiamo mai fatto pubblicità sulle shopping guide. Spesso siamo capiti più da chi viene da fuori che dai
bolognesi». L’acquirente uomo è il 18-20enne, ma anche il 50enne. Dipende dai marchi, scelti appositamente per accontentare fasce diverse. Per la donna è diverso: in media si tratta di over-30 dal budget alto - per lo più clienti fisse - alternate alle occasionali, che acquistano per eventi speciali come la laurea. Il successo di Ferramenta è un mix di ingredienti. «Facciamo molta ricerca di prodotti esclusivi - spiega Rampa soprattutto alle fiere estere, tra cui Parigi e Copenaghen. Cerchiamo di inserire delle novità a ogni stagione che segnaliamo tramite i social o con eventi in negozio, anche in
partnership con i brand». Per rinsaldare il legame con gli affezionati dello store, ogni due anni circa si festeggia il compleanno del negozio (nato nel 2012) con un happening in spazi ampi della città, tipo Palazzo Gnudi. «I rapporti umani sono importanti - dice Rampa - mentre i social media sono quasi un’arma a doppio taglio. Capita che ci chiedano un capo indossato da qualcuno visto sui social, che per noi è già tramontato. Qui preferiamo scegliere di testa nostra, non perché condizionati dagli influencer». Solo così, infatti, si scongiura l’effetto omologazione. ■
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Giglio Bagnara P Genova
tradizione e futuro nella Genova che verrà
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nrico Montolivo, amministratore delegato di Giglio Bagnara, è un veterano della storica insegna ligure di abbigliamento e accessori. «Lavoro qui dal 26 marzo 1976 - racconta - e da allora a oggi tutto è cambiato, tranne la nostra mission: vogliamo che l’autenticità sia sempre e comunque la nostra compagna di viaggio». A 150 anni dalla fondazione, l’insegna multibrand continua a essere un punto di riferimento per qualità e scelta merceologica, nonostante le sfide che ha dovuto affrontare perché, come ammette l’a.d., «ci sono stati periodi difficili. La crisi economica, Internet e il proliferare di nuove formule commerciali, come i grandi centri e gli outlet, ci hanno messo a dura prova. Abbiamo cercato di far fronte a questi problemi facendo dialogare la nostra lunga tradizione con la modernità e diversificando i prodotti e il concept del negozio». Nato originariamente come cappellificio dove lo stesso Giuseppe Borsalino iniziò il suo praticantato, Giglio Bagnara è attualmente presente con lo storico shop di via Sestri, distribuito su cinque piani per un totale di 4mila metri quadrati di superficie e 22 vetrine, e con il più recente negozio Lux Bagnara
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di via XX Settembre nel centro città, inaugurato nel 2008 e che punta ad attrarre la nuova generazione di consumatori, in primis i Millennials. «I genovesi sono persone vere - afferma Montolivo - proprio come lo è il nostro brand. Per questo l’attenzione ai bisogni dei clienti la riteniamo fondamentale. In quest’ottica, il nuovo concept è stato studiato per una shopping experience a 360 gradi. Dal bar ristorante alla libreria in store, fino al reparto casa-alimentare di 400 metri quadri e agli spazi profumeria e tecnologia con Apple, cerchiamo di tenerci aggiornati nel customer service, attraendo le persone, a prescindere dall’atto di vendita in sé». All’interno di Giglio Bagnara, infatti, il prodotto non è il solo protagonista: il nuovo format prevede che entrambi gli store siano la casa di numerosi progetti, in grado di coinvolgere il pubblico. Eventi e presentazioni editoriali sono solo alcune delle iniziative intraprese dal gruppo, che cerca di dare il suo contributo per risollevare le sorti della città: «Purtroppo Genova sta soffrendo molto la fuga dei giovani. Si contano 29mila ragazzi residenti, ma più della metà di
questi studiano o lavorano altrove. Questo è un grave problema per noi negozianti e allo stesso modo lo è per tutti gli imprenditori del territorio, che vorrebbero far leva non solo sulla new generation ma anche sul turismo, che non viene sfruttato al meglio per poter essere un motivo di crescita della regione», precisa Montolivo. Il nuovo format prevede anche un upgrade per quanto riguarda l’aspetto comunicativo e interattivo del gruppo, grazie all’uso pianificato dei contenuti per i social di riferimento (Instagram, Facebook e YouTube) e per l’online in generale. «Internet è una parte integrante della vita di tutti - commenta il ceo -. Per questo curiamo i social, e soprattutto il sito, in modo da cercare di attrarre anche la Gen Z. Per il nostro 150esimo anniversario abbiamo riscontrato dati positivi: complessivamente più di 100mila visitatori unici al mese e 2 milioni di visualizzazioni totali tra Facebook, Instagram e YouTube». Un tema, quello dell’online, che ha spinto il department store a studiare il lancio della piattaforma
Il cortile P Novara
e-commerce, in programma fra un mese, «ma solo come una vetrina espositiva aggiuntiva». Giglio Bagnara punta infatti a consolidare innanzitutto la presenza fisica. Per questo «stiamo prendendo in considerazione l’idea di inserire in store dei totem digitali, utili per consulenze personalizzate alla clientela, e non escludiamo l’ipotesi di inserire personal shopper». Più di 100 sono i marchi trattati, dagli storici come Armani Exchange e Weekend Max Mara fino ai contemporary Maliparmi, Liu Jo, Manila Grace e Pinko. «Il nostro cliente vuole qualità e crediamo che quest’ultima possa ritrovarsi anche nei brand diversi dai soliti», conclude l’a.d.. Grazie alla posizione strategica di entrambi i punti vendita, il target dei 30enni conosce bene Giglio Bagnara, pur non spendendo eccessivamente (intorno ai 100/150 euro a scontrino medio), e mostrando una spiccata sensibilità verso i prodotti particolari, più che verso le marche. Oggi come ieri, l’obiettivo di Giglio Bagnara è, in sintesi, non essere solo un negozio, ma una parte fondante di quella tradizione e storia che fa di Genova un luogo autentico. (c.bo.)
«RADICATI NEL TERRITORIO E ORGOGLIOSI DI ESSERLO»
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di alessandra bigotta
n corso Cavour, una delle vie dello struscio serale a Novara, un tempo una sosta al caffè-pasticceria Bertani era un’abitudine, così come per comprare biancheria di qualità non si poteva che andare alla Fiorentina. Luoghi del passato, insegne dal sapore antico che hanno chiuso i battenti, cedendo il passo al fast fashion o a negozi più moderni e popolari. Ma Il Cortile, multimarca affacciato sulla corte interna di un palazzo del Settecento, è ancora “alive and kicking”, nonostante una concorrenza che arriva dal basso ma anche dall’alto, visto che i luxury store in città non mancano. Il Cortile è sinonimo di una boutique di circa 300 metri quadri, con un’offerta che spazia dalle griffe (Antonio Marras, Marni, Ralph Lauren) a brand come Golden Goose, Woolrich, Moncler e Zanellato, cui si sono aggiunti nel tempo altri punti vendita in centro. Uno, in via Omar, riguarda l’uomo e comprende su 250 metri quadri Barbour, Etro, Brooks Brothers, Incotex, Piombo e Zanone, mentre l’altro, in via Bianchini, misura un’ottantina di metri quadri e si focalizza sugli accessori, in particolare le scarpe, firmate per esempio da Hogan, Tod’s e Tory Burch, ma anche da Chiara Ferragni Collection e Kendall+Kylie, per intercettare un pubblico più giovane di quello abituale. Modestina Antonini, la titolare, ha fondato Il Cortile con una socia nel 1978, prendendo come punto di partenza l’attività di famiglia. «Il negozio inizialmente si chiamava Linea - racconta - e trattava capispalla maschili, ma 40 anni fa, quando ho deciso di accantonare il progetto di
frequentare l’Accademia di Brera a Milano per dedicarmi all’attività commerciale, tutto nella moda, e non solo, si stava rapidamente evolvendo e ci è venuto naturale cogliere al volo il cambiamento». «Armani, Versace, Ferré si imponevano allora sul mercato e noi ci abbiamo subito creduto - prosegue - senza tralasciare fenomeni pop come Fiorucci». Oggi l’approccio mix and match è rimasto, ma con connotati diversi: «La clientela si lascia tentare da Valentino e Ralph Lauren, ma uno spazio nell’armadio per Moncler, Canada Goose, Zanellato, Stone Island e Golden Goose lo trova sempre». «Le persone che vengono da me cercano il prodotto, la sicurezza con un tocco di ricerca - aggiunge -. Per questo, in un periodo di anarchia della moda, mi sono tenuta fuori dall’ondata di streetwear». La clientela è “territoriale” e questo Antonini tiene a precisarlo: «Novaresi, naturalmente, ma anche da città limitrofe, che rispetto a Novara sono rimaste un po’ indietro». Quattro anni fa la decisione di avviare l’e-commerce attraverso il sito ilcortileshop.com, ma senza cedere a realtà come Farfetch, «che impone condizioni per noi non accettabili». «Al centro c’è sempre il negozio fisico - conclude la retailer - e anche sui social posso dire che sì, bisogna esserci e infatti ci siamo, ma alla fine il riscontro sulle vendite è minimo». ■
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MISTERY SHOPPING
Sorelle Ramonda: “complici del tuo essere” di nome e di fatto Abbiamo visitato in incognito uno degli store dell’insegna con negozi sparsi in tutta Italia, protagonista in questi giorni della campagna “Complici del tuo essere”. Obiettivo, vestire un uomo allergico allo shopping e con una taglia non sempre facile da trovare di ALESSANDRA BIGOTTA
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ochi fronzoli all’esterno e una notevole varietà di prodotti e marchi all’interno, ma senza cedere alle logiche del mass market: quello di Bovisio Masciago, in Brianza, è uno degli oltre 50 store di Sorelle Ramonda, retailer multimarca italiano attivo da più di 60 anni. Una realtà unica nel suo genere, non solo per la storia che ha alle spalle - tutto è partito dalla rivendita ambulante di Amelia Ramonda negli anni Trenta e oggi si parla di un player da 300 milioni di euro di ricavi -, ma anche per il format. Entrando colpisce la struttura a corner, con il menswear in primo piano: in quest’area si va dalle proposte classiche di Canali a quelle di gusto sportivo-ricercato di Polo Ralph Lauren, passando per Trussardi Jeans, Bugatti, Re-Hash e Digel, per citarne alcuni. Un mix di buon livello e che dà sicurezza,
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ma dovendo individuare modelli per un uomo robusto e alto un metro e 90, questo non basta: la taglia 56 non è sempre facile da trovare e per questo lui è prevenuto. Stavolta però va diversamente: a parte che nello store esiste per l’uomo uno spazio sulle taglie importanti - fino alla 64 -, a ribaltare il solito copione è, oltre all’offerta in sé, la consulenza di addetti alla vendita solerti, preparati ma non invadenti. Una giacca non va bene? Ne propongono un’altra, dando informazioni e consigli su pesi, vestibilità e possibili abbinamenti, fino a individuare il modello perfetto. Poco più in là c’è un cliente di taglia media che prova un paio di pantaloni: anche per lui massima attenzione e suggerimenti mirati. Intanto il nostro mistery shopper, abituato a uscire a mani vuote da tante boutique, decide di comprare. Nel mega-negozio c’è molto di più, dalla donna con, tra gli altri, iBlues, Emporio Armani, Pennyblack, Elena Mirò e Liu Jo, al kidswear e allo sportswear al piano inferiore - uno spazio forse un po’ troppo “affollato” di proposte -, dove per esempio si trovano Woolrich, Timberland, Armani Exchange, Napapijri e Tommy Jeans, insieme all’outlet. Alle casse ci sono code: merito solo dello sconto del 20% applicato per il Black Friday a chi possiede o sottoscrive la fidelity card? Sicuramente aiuta, ma l’uomo protagonista del nostro acquisto in incognito esce con l’idea di tornare, anche in periodi “full price”. ■
«IL servizio fa la differenza»
Digel realizza con Sorelle Ramonda il 10% del fatturato sul territorio italiano: Cristobal Felipe Machhaus, director international sales del brand tedesco di menswear, spiega le ragioni di un sodalizio che dura da oltre cinque anni Voi siete tra i marchi venduti da Sorelle Ramonda: cosa mi può dire di questa esperienza? Siamo presenti nell’80% circa degli store di questa insegna, un percorso iniziato più di cinque anni fa: siamo arrivati a realizzare qui il 10% circa dei ricavi sul mercato italiano. Apprezziamo soprattutto l’alta professionalità dello staff, bene istruito per arrivare a finalizzare la vendita. Il personale di Sorelle Ramonda è in grado di valorizzare il mix&match system di Digel, che permette di abbinare taglie e drop differenti, oltre a non comportare costi aggiuntivi per la sartoria. Da parte nostra, il servizio NOS (Never Out of Stock) garantisce nei negozi della catena consegne “just in time”, nell’arco di tre o quattro giorni per un abito. Si tratta di una realtà grande, ma di impostaziome familiare: un limite o un vantaggio? Di sicuro un vantaggio e un sinonimo di affidabilità: Sorelle Ramonda è una “family oriented company”, come noi. C’è molta collaborazione, che combinata con i plus cui accennavo prima garantisce successo per entrambe le parti ed è uno degli ingredienti principali di un’intesa a lungo termine. Mi parli più in generale del mercato italiano: quanto conta per voi? Parecchio, direi, visto che quasi il 10% del nostro fatturato, che si aggira sui 120 milioni di euro, proviene dalla Penisola e si tratta di una percentuale destinata a crescere. Oltre a Sorelle Ramonda, posso citare realtà come il Gruppo Pellizzari, con cui è in atto una partnership eccellente, senza contare gli oltre 400 multibrand dalle Dolomiti alla Sicilia che ci danno tante soddisfazioni. In breve ne coinvolgeremo di più, focalizzandoci su un segmento di prezzo medio-alto. Cosa mette d’accordo un consumatore del Nord Italia con uno del Sud scegliendo Digel? La carta vincente, che fa parte del nostro dna, è appunto l’abito “quattro stagioni” NOS mix&match, seguito dalla collezione Cerimonia e dalle giacche casual Soft Constructed. I clienti della Penisola ci scelgono per la vestibilità e la disponibilità di taglie, il rapporto qualità-prezzo e i riassortimenti settimanali dei prodotti NOS. Il nostro successo, non solo da voi 2 ma a livello internazionale, è il risultato di investimenti a lungo termine in materiali di alta qualità, provenienti proprio dall’Italia, stile e una buona dose di passione. ■ 1. La campagna autunno-inverno 2019/2020 “Complici del tuo essere” di Sorelle Ramonda 2. Un negozio Digel all’interno di uno store del retailer
Al Duca d’Aosta: il nuovo store reinventa il sartoriale Al Duca d’Aosta ha aperto un nuovo punto vendita a Padova, dove la storica insegna veneta può già contare su un flagship di 2mila metri quadrati. Un punto di incontro tra la moda maschile formale e la voglia di uscire dagli schemi, creato da Matteo, Cristiano, Alvise e Nicolò Ceccato, tutti discendenti di Emilio Ceccato, fondatore della prima boutique nel 1902: l’idea di base è quella di dare vita a una sorta di appendice, dal punto di vista dell’offerta, della boutique storica, situata in Galleria Europa. Il nuovo store è infatti collocato all’angolo di fronte alla Galleria e ha lo scopo di servire i clienti fedeli a uno stile sartoriale, prendendo però le distanze dalla tradizione tout court, come dimostrano i nomi dei marchi selezionati per questo spazio, che includono Gabriele Pasini, Barba, Officine Creative, Tagliatore e Jacob Cohën. Il Duca d’Aosta è una delle realtà che hanno fatto la storia della moda in Veneto. A fondare la boutique, nel 1902 a Venezia, è stata la stessa famiglia Ceccato e oggi, dopo 117 anni di attività, questa insegna si conferma come uno dei nomi più dinamici del retail italiano di abbigliamento, con otto multimarca in sette città del Triveneto e un sito e-commerce che registra tassi di crescita a doppia cifra anno su anno fin dal suo lancio, oltre 10 anni fa. an.bi.
Gisa1965 va online su TheCorner.com Da quando ha rilanciato l’e-commerce multimarca TheCorner.com, Vittorio Chalon (nella foto) si è dato come obiettivo quello di far convergere sulla stessa piattaforma le nove boutique fisiche di cui è proprietario: così, dopo Tony a Magenta, ora tocca a Gisa1965 di Ancona. Per festeggiare lo sbarco nel commercio online, la storica insegna di Ancona e Chiaravalle ha organizzato il 28 novembre un evento nel capoluogo marchigiano, all’interno dello storico negozio di corso Garibaldi: uno street party con dj set, arricchito da un contest fotografico per i clienti più giovani, che ha messo in palio per i tre selfie vincitori altrettanti prodotti della collezione Off-White, venduta all’interno di Gisa1965. «Questa insegna si affaccia al mondo dell’online ampliando l’offerta per i propri clienti, che potranno scegliere di acquistare una selezione di brand non solo in boutique, ma anche attraverso l’e-commerce TheCorner.com», spiega Chalon, che di TheCorner.com è amministratore delegato. L’ingresso di Gisa Boutique su questo portale fa intravedere un imminente progetto di rebranding dell’insegna multimarca, sulla scia di quanto accaduto a Tony a Magenta, che prima si è legato al marchio TheCorner.com solo per l’e-shop, per poi adottarlo anche nello store fisico. an.bi.
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Ph. Imaxtree.com
TREND forecasts
Il 2020 che verrà Ci vestiremo come gli astronauti della Nasa o secondo i nuovi canoni del design giapponese? Chi detterà legge fra Savile Row e il Texas? Le borse saranno micro o macro? I consumatori ci parlano attraverso i principali motori di ricerca specializzati nella moda di ELISABETTA FABBRI
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ul finale del 2019 è tempo di bilanci per la moda e di riflessioni sugli interessi dei consumatori, fra brand noti ed emergenti, anche per farsi un’idea dei fashion trend del nuovo anno. In tal senso, possono dare un orientamento le piattaforme online per la ricerca di marchi della moda come la tedesca Stylight (consultata da 144 milioni di utenti l’anno) e la britannica Lyst (104 milioni), che sulla base delle “tracce” lasciate dagli internauti hanno realizzato una serie di classifiche in tema. Gli inglesi di Lyst, per esempio, hanno individuando otto brand rivelazione del 2019, monitorando 200 milioni di ricerche online a livello globale, fra gennaio e novembre di quest’anno. Bottega Veneta è in cima alla lista: sotto la direzione creativa di Daniel Lee il marchio vicentino ha scalato 21 posizioni, entrando per la prima volta nella Top 20 dei più desiderati. Il numero due è Pyer Moss, seguito da Jacquemus. Poi è la volta di Paco Rabanne, Molly Goddard, Richard Quinn, Saks Potts e Telfar, quest’ultimo special project al prossimo Pitti Uomo. L’aggregatore Stylight ha invece individuato i cinque most popular dell’anno, distinguendo per Paese. Si scopre così che agli italiani piacciono gli italiani: nelle prime tre posizioni della classifica per l’Italia risultano infatti, nell’ordine, Elisabetta Franchi, Hogan e Golden Goose Deluxe Brand. Seguono il brand canadese Dsquared2, che è in licenza alla Staff International di Renzo Rosso, e Off-White, marchio disegnato dallo statunitense Virgil Abloh e in capo alla mi-
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I MARCHI Rivelazione DELL’ANNO
1 Bottega Veneta 2 PYER MOSS 3 Jacquemus 4 paco rabanne 5 MOLLY GODDARD 6 RICHARD QUINN 7 SAKS POTTS 8 TELFAR 1
le missioni spaziali, i giochi olimpici in giappone e le presidenziali americane possibili trend setter del nuovo anno sione di stile. Qualcuno si farà attrarre dal trend spaziale, visto che la Nasa sta preparando una missione con equipaggio umano su Marte e si stanno progettando navicelle spaziali di nuova generazione per i viaggi interstellari. I giochi Olimpici, che comincia2 no il prossimo 24 luglio, potrebbero invece innescare una sorta di “nippomania”. Le ridopo che nel 2019 si sono buttati a capofitto lanese New Guards Group, recentemente cerche del 2019 su Lyst avevano già lanciato su tye-dye, pois e animalier. Dagli insight di acquisita dal marketplace Farfetch. Le cose alcuni segnali: +8% quelle mirate a brand Lyst emergono delle analogie con le tencambiano per i francesi, che mettono in tenipponici come Sacai, Undercover, Visvim denze individuate da Stylight, oltre a spunti sta Off-White, seguito da Nike, Balenciaga, e Neighborhood. Anche la politica potrebbe aggiuntivi. C’è il romanticismo degli accesGucci e Golden Goose. Off-White è leader essere d’ispirazione. Vedi le cravatte del misori per capelli decorati da perle e cristalli anche in Germania - davanti ad Adidas, liardario Tom Steyer, candidato alle presipiù o meno preziosi, delle borse in taglie Nike, Michael Kors e Superdry - come pure denziali Usa per il Partito Democratico, che mini, delle gonne di tulle e delle maniche a negli Stati Uniti, dove il numero due dei più hanno scatenato diversi tweet e ricerche sbuffo. In più resiste lo streetwear per ogni popolari è Nike, poi vengono Golden Goose, da parte degli americani. L’accessorio che momento della giornata: in base alle anaAdidas e Versace. L’intensità delle ricerche non potrà mancare nel guardaroba al degli internauti permette anche di femminile sarà la XL bag, che torna individuare i trend che hanno connodopo un anno in cui le borse hanno tato l’anno e di capire se la loro forI MOST POPULAR BRAND 2019 ridotto, in media, il 40% delle loro za si stia affivolendo o se proseguirà IN EUROPA E STATI UNITI dimensioni. Nella lista dei brand da anche dopo il 31 dicembre. In primis FR us DE it tenere d’occhio Lyst presenta cinl’alternanza di proposte maxi e mini: que nomi: Rotate Birger Christensu Stylight le ricerche sui cappotti sen (+27% le ricerche quest’anno), oversize sono aumentate del 138% Gcds (+23%), Alyx (+36%), Marispetto a un anno fa e quelle di ocrine Serre (+32%) e Cecilie chiali a mascherina hanno registraBahnsen (+38%). Quest’ultito un +386%. Gli analisti del motore ma, stilista danese finalista di ricerca prevedono che i due item del Lvmh Prize, è anche avranno qualcosa da dire anche nel nella cinquina raccoman2020. In parallelo hanno segnato un data da Stylight, insieme +50% i mini dress e un +26% le mial brand scandinavo Rocro bag. Restando nel mondo degli tate Birger Christensen accessori, spiccano il +108% dei capFonte: Stylight (rispettivamente con un pelli alla pescatora, il +253% delle +93% e un +122% delclip-gioiello per capelli e il +36% le ricerche). I due sono dei cerchietti. I boot stringati hanno totalizzato un +39%: gli esperti di Stylight lisi della piattaforma di Londra quest’anno in compagnia delle borse e dei prospettano che anche nel 2020 sentiremo i consumatori hanno sborsato in media 192 panama responsabili di Sensi ancora parlare di Dr. Martens ma anche di dollari per un nuovo paio di sneaker, che in- Studio (+1.000%), delle collezioni modelli più eleganti e di ispirazione vintage dica un aumento del 39% rispetto al 2018. La “see now-buy now” Arjé (+161%) e come quelli di By Far e Rejina Pyo. Le ri- spesa per le T-shirt è salita invece del 16% delle borse olandesi Wandler (+53%). cerche di balze e volant e di capi con maxi a 67 dollari di media. Confermato il trend Per quanto possa valere il tam tam della spalline confermano l’interesse per gli anni “America rurale”, ma arrivano segnali di Rete glam, sono questi i prossimi nomi da ■ Ottanta (destinato a ripetersi), insieme alle interesse pure per il sartoriale (blazer over- non perdere di vista. proposte di ispirazione Texas, dai cowboy size, completi pantalone, tra le voci più ricerboot alle cinture con fibbia argentata, fino cate), la moda “survivalista” (panta cargo, alla camicia da boscaiolo, che promette gilet da lavoro e stomping boot) e l’univer1. Un look Bottega Veneta per la bene anche per le stagioni a venire. Non so shapewear (pantaloncini aderenti, body prossima estate 2. Il womenswear è dato sapere, invece, su quale genere di e calzamaglie). Anche gli analisti di Lyst si Cecile Bahnsen da tenere d’occhio stampe si focalizzeranno i fashion addict, sono dilettati nel formulare qualche previ- 3. La donna Rotate Birger Christensen
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1. La sfilata di Elena Mirò negli headquarters di Miroglio Fashion ad Alba 2. L’intervento di Marc Sondermann 3. Da sinistra, Roberto Baracco e Martino Boselli, rispettivamente direttore creativo e brand director di Elena Mirò
strategie omnichannel
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L’e-commerce che funziona ha il wholesale come partner in business L’e-commerce cresce e fa ancora paura ai negozi multimarca, ma come è emerso dal Wholesale Day 2019 nella sede di Miroglio Fashion è ora di cambiare: l’unica strategia vincente è stringere alleanze azienda-cliente sfruttando il digitale, come il brand Elena Mirò punta a fare di CRISTIANA BONZI
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volvere e adattarsi alle regole del mercato per restare competitivi. Imperativi che richiedono con urgenza ai player dell’abbigliamento di riconsiderare il proprio posizionamento strategico nel paradigma dell’omnicanalità, dove anche il wholesale deve superare il pregiudizio di vedere l’e-commerce come una minaccia. I tempi sono maturi per superare qualsiasi diffidenza. Una sfida impossibile? Non per Elena Mirò: il brand curvywear di Miroglio Fashion - presente in 28 Paesi con 200 punti vendita monomarca, di cui 145 in Italia, e attraverso 880 negozi wholesale, di cui 542 nel mercato domestico - punta a fare dei propri clienti dei veri partner in business. Se ne è parlato nel corso del Wholesale Day 2019, svoltosi l’11 dicembre negli headquarters di Alba, che ha coinvolto oltre 100 clienti italiani ed esteri dell’azienda piemontese, con l’intervento del direttore della nostra testata Marc Sondermann.
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Come ha fatto notare Sondermann, è un dato di fatto che il canale online, in crescita esponenziale, si stia affermando progressivamente come il terreno dove si gioca la partita, a fronte del calo del retail offline: stando alle elaborazioni di Sita Ricerca riferite al 2018, in Italia l’e-commerce balza del +26,9% e vale quindi il 12,5% delle vendite, ovvero 0,9 miliardi di euro, in rapporto alla contrazione dell’11,9% registrata dai negozi multimarca che per il 2019 si attesta a -2,9% (fonte: Sita, dato YTD Ottobre 2019). Ma proprio dall’impasse dei wholesale store deve scaturire un modo nuovo di operare: per questo l’azienda piemontese sta investendo già da due anni in partnership autentiche con il wholesale, con risultati incoraggianti. I risultati si vedono: su questo canale, infatti, Elena Mirò ha fatto registrare nelle ultime cinque stagioni un trend in rialzo del +4% in media, in controtendenza rispetto al mercato dell’abbigliamento esterno donna,
che nel 2018 è sceso del -4,5% a valore e nell’ultimo decennio, sempre a valore, ha incassato un -32,4% (fonte: Sita Ricerca). «Evolvere significa non dimenticare mai chi siamo, ma al contempo essere capaci di adattarci a un mercato che è sempre diverso - ha osservato Martino Boselli, brand director di Elena Mirò -. Il nostro marchio vuole impegnarsi in una partnership reale tra azienda e cliente, che favorisca il sell out, superando la logica anacronistica del sell in che sposta il rischio di impresa sul cliente stesso». «Stringere alleanze, fare fronte comune tra wholesaler e azienda in un’ottica di condivisione di rischi e obiettivi appare l’unica modalità per resistere allo strapotere dei pure player dell’online», ha sottolineato Marc Sondermann. Da una ricerca condotta da Miroglio Fashion su oltre 500 punti vendita Elena Mirò emergono tuttora ansie e paure, il più delle volte dettate da una scarsa conoscenza delle potenzialità insite negli strumenti digitali, a partire dai social. «Armi in realtà disponibili a tutti, che possono essere sfruttate facilmente come touch point per sviluppare la relazione con la consumatrice finale, nell’ottica di un servizio personalizzato - ha esortato il digital&omnichannel director di Miroglio Fashion, Enrico Bedocchi - tenendo presente che la maggior parte degli acquisti in negozio sono comunque influenzati da qualcosa che è accaduto online». ■
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BEAUTY BUSINESs DI ANNALISA BETTi
Le macrotendenze del futuro
Il beauty? Sempre I più in forma Anche nel 2019 il settore cosmetico è in gran fermento, trainato dalla domanda estera e dal boom dell’e-commerce. Player e trend forecaster fanno il punto su un comparto in forte evoluzione, con plus come personalizzazione e green
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Beautystreams ha individuato i cinque concetti chiave che guideranno il settore nei prossimi anni
Bespoke for everyone Iper-personalizzazione alla portata di tutti. L’oggetto del desiderio è il prodotto creato ad personam
2 Skinfluence
Tutto ruota attorno allo skincare. Il consumatore, sempre più informato, vuole benefici a lungo termine
3 Ingredient centric
Gli attivi diventano più importanti l mondo del beauty è in costandel claim del prodotto te e rapida evoluzione, con un fatturato previsto in crescita 4 Nurture over Nature Con riferimento all’epigenetica, l’idea del 2,8% nel 2019, a quota 11,7 è di formulare prodotti in grado di miliardi di euro. La cosmetica neutralizzare l’impatto che l’ambiente è infatti il terzo settore del made circostante ha sul nostro organismo in Italy, dopo vini e moda, ma è il primo per saldo commerciale, 5 Baby-proof con un bel +8%. Questo è quanto Le formule sono così sicure e clean rilevato dal Centro Studi di Coda poter essere usate anche per smetica Italia, che tiene costanun neonato temente monitorato il settore in tutte le sue sfaccettature. In particolare, dall’analisi dei segmenti skincare, make-up e profumeria alcolica, i dati più recenti contenuti nel Beauty Report 2019 compongono un mosaico complessivamente positivo, con consumi per skincare viso e corpo pari a 2.833 milioni di euro (33,5% del comparto) e quelli per fragranze a 1.033 milioni di euro. La cosmesi maschile rappresenta il 24% del mercato ed è in lieve diminuzione. Per il trucco si spende relativamente poco: dalla vendita di make-up per viso e occhi, i negozianti
I NUOVI COSMETICI
pratici, multitasking e sostenibili
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uali le caratteristiche dei cosmetici del futuro? Abbiamo girato la domanda agli esperti. «Come primo elemento da tenere in considerazione per le nuove formule, ma anche per il pack, fondamentali sono praticità e portabilità - spiega Matteo Locatelli, ceo di PinkFrogs Cosmetics, specializzata nella produzione conto terzi e attiva da 70 anni -. Il cosmetico, in altre parole, deve essere multitasking e offrire diversi benefici in un unico gesto. Poiché il consumatore viaggia sempre di più, anche per trasferte brevi, le formule devono puntare alla praticità, come ad esempio il profumo solido, una formula idratante e setificante che lascia la pelle molto profumata. In più, facilita il check-in perché non è liquido. Ovvio che non mira a sostituire definitivamente il profumo tradizionale, ma ne è un’intelligente alternativa». Un altro obiettivo, come spiega l’imprenditore, è spingersi oltre il concetto di naturale nelle formule ed estenderlo alla produzione e alla
EMOTION COLLECTION - ZARA
JAZZY TWIST - VALMONT
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fase d’uso fino allo smaltimento: «Con i pack ricaricabili - aggiunge - puntiamo al coinvolgimento del consumatore, al quale è richiesto un ruolo attivo, ma incentivato dal risparmio. Infine, stiamo recuperando ingredienti da filiere alimentari, in modo da non doverne creare di nuove a uso esclusivamente cosmetico. Ad esempio, la polvere di caffè del nostro Sustainable Coffee Scrub». ArtCosmetics, azienda B2B specializzata in maquillage e skincare, punta su formule clean ma in versione 2.0. Essere etici e sostenibili non è più sufficiente: il consumatore vuole un make-up ad alto impatto cromatico, con un’anima non convenzionale, per sfatare il luogo comune che “clean = noioso”. E i profumi? In che direzione andranno? Per Cff-Creative Flavours & Fragrances, leader in Italia nella produzione di fragranze, lo scenario è composito e chiaro: tra le note naturali si faranno strada quelle con valenza rituale o mistica, come legni sacri o cristalli. I gourmand scelgono note alcoliche o speziate e di provenienza lontana. Tra gli agrumi, spunta il Kaffir Lime (nome scientifico Citrus Hystrix), detto anche Combava, la cui buccia emana una fragranza con note di rosa.
È il momento della profumeria artistica
l settore delle fragranze è in continua crescita e quella che una volta era chiamata profumeria di nicchia non lo è più, come rivelano i dati di chiusura della più recente edizione di Esxence-The Scent of Excellence - la manifestazione dedicata proprio alla profumeria artistica: 7.890 visitatori da 77 Paesi (+25% di affluenza il primo giorno di manifestazione rispetto al 2018), 221 marchi espositori (+19% rispetto al 2018) provenienti da 19 Paesi (Arabia Saudita, Australia, Danimarca,
Emirati Arabi Uniti, Francia, Germania, Grecia, Italia, Kuwait, Olanda, Oman, Principato di Monaco, Regno Unito, Spagna, Stati Uniti, Svezia, Svizzera, Turchia, Uzbekistan). Numeri che consacrano Esxence come l’evento principale del settore e palcoscenico di rilievo internazionale, come conferma il co-fondatore Maurizio Cavezzali: «Qui si incontrano i più importanti player del settore, qui si decidono le tendenze, qui esordiscono i brand emergenti destinati al successo. Edizione
dopo edizione puntiamo a rinnovarci e innovarci, facendo tesoro delle esperienze passate e analizzando i trend del futuro». A livello mondiale, l’incidenza della profumeria artistica sul mercato della profumeria alcolica, nel suo complesso, si aggira intorno al 10%. In Italia, il volume di fatturato della profumeria d’autore ha superato i 250 milioni di euro, corrispondente al 12% di revenue della profumeria alcolica e al 2,5% del beauty business italiano.
THE SKULL - PHILIPP PLeiN
guadagnano “soltanto” 402 milioni di euro. A proposito di canali distributivi, il dato interessante, ancorché poco sorprendente, riguarda l’e-commerce: dall’analisi condotta da Human Highway emerge come gli acquirenti online di prodotti di cosmetica siano cresciuti del 36% nel 2018, raggiungendo 6,4 milioni di persone, 3,8 milioni dei quali clienti abituali (ovvero, hanno acquistato più di una volta negli ultimi sei mesi). Il confronto tra la crescita di consumatori e di valore (quest’ultima meno sostenuta) mostra che è in leggera diminuzione la spesa pro-capite degli shopper online, non tanto per valore dello scontrino medio, ma per frequenza di acquisto. Dal 2015 a oggi sono cambiate le aspettative dei consumatori verso i servizi di e-commerce: con l’aumentare della confidenza verso questo canale è diminuita la domanda di sicurezza, affidabilità e chiarezza e si chiedono piuttosto servizi di consegna sempre più veloci ed efficienti. Convenienza, assortimento e qua-
lità dei prodotti sono invece tre caratteristiche irrinunciabili. In questo contesto, la buying experience è sempre più social. Come ha sottolineato l’E-commerce Monitor di Netcomm, adesso basta veramente un click per acquistare quello che vediamo sulle pagine di piattaforme come Instagram e Facebook. Ha iniziato proprio il social delle immagini, meno di due anni fa, portando in Italia Shopping, funzione che permette alle aziende di inserire nei propri post speciali tag che indirizzano gli utenti direttamente sulla pagina web del marchio. Successivamente, Instagram ha introdotto questa opzione anche nelle Stories e nella sezione Esplora, ampliando la possibilità di fare acquisti. Quest’anno è stata aggiunta la funzione Checkout, che offre la possibilità di acquistare direttamente all’interno dell’app, senza dover aprire alcun browser. Non sono da meno Facebook - che sta dedicando sempre più spazio allo shopping sulla propria piattaforma inserendo Marketpla-
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l’industria si prepara alle sfide del 2030
ome saremo nel 2030? Quali i bisogni dei consumatori? Quali le sfide per l’industria del beauty? A queste domande cercherà di rispondere il prossimo Cosmoprof Worldwide Bologna 2020, salone che dal 12 al 15 marzo attende oltre 265mila operatori da tutto il mondo. Insieme all’agenzia di trend Beautystreams, Cosmoprof segnalerà i megatrend che influenzeranno l’evoluzione dei mercati internazionali nei prossimi dieci anni. All’interno del Garden of Innovation, tre stazioni tematiche proporranno una visione dei trend, dei look e della beauty routine del prossimo futuro, fornendo una chiave di lettura originale dei cambiamenti già oggi percepibili nella nostra società: le rivoluzioni della bio-tecnologia e della tecnica, l’evoluzione del rapporto tra l’uomo e le risorse ambientali e nutritive, le nuove forme di arte e design. Per capire cosa ci
riserva il domani, è necessario comprendere cosa abbiamo costruito fino a oggi: “The Big Picture” proporrà uno sguardo sui principali fattori che hanno caratterizzato il decennio appena concluso e presenterà i concetti destinati a cambiare l’industria beauty nei prossimi anni. L’installazione “A Day in Life 2030” proietterà gli operatori presenti a Bologna in una tipica giornata del 2030, ipotizzando quali saranno i rituali che guideranno la nostra quotidianità. Una proposta che trarrà spunto dalle innovazioni che stanno trovando spazio già oggi sul mercato. Ultima tappa, uno sguardo al look del 2030, con le tendenze colore di “Faces of the Future”. A queste installazioni si aggiungerà una parte espositiva dedicata alle Beauty Tech start-up, curata in collaborazione con diversi partner da tutto il mondo. Oltre 30 start-up renderanno il Garden of Innovation un luogo per fare scouting delle proposte che cambieranno il volto dell’industria beauty.
ce, un luogo virtuale in cui gli utenti del social network possono sia acquistare sia vendere articoli - e Wechat, sviluppato dalla società cinese Tencent, che ha a sua volta allargato le proprie funzionalità, inserendo anche opzioni per effettuare pagamenti. In questo mercato in fermento, dove si dirigono però i maggiori flussi commerciali del beauty? Il settore cosmetico mostra infatti una tendenza in continua crescita dell’export, trend che si manifesta ormai dal 2010. Come evidenziato nel Beauty Report di Cosmetica Italia, per il sesto anno consecutivo le esportazioni hanno registrato alla chiusura del 2018 un ulteriore, sostanziale incremento (+4,5%), con un valore prossimo ai 4,8 miliardi di euro: i cosmetici italiani esportati toccano infatti i 4.792 milioni di euro (+3,8%). Con un primato: più del 65% del make-up che circola in Europa è prodotto da aziende italiane. Per non parlare dei profumi: soltanto loro fanno guadagnare più di 1,1 miliardi di euro. La spinta all’internazionalizzazione è dovuta soprattutto al richiamo del made in Italy all’estero. In calo, rispetto al trend degli
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MANISH ARORA
cosmoprof 2020
gucci
BEAUTY BUSINESs Di ANNALISA BETTi
ultimi cinque anni, sono invece le importazioni, che segnano valori pari a 2.043 milioni di euro, un -1,4% rispetto al 2017, bilanciato dall’aumento in quantità, superiore ai 14 punti percentuali. La ripresa consolidata dei mercati stranieri incide bene sulla bilancia commerciale del settore cosmetico, che conferma il trend iniziato nel 1996, quando il valore delle esportazioni di cosmetici ha superato per la prima volta quello delle importazioni. Nel 2018 il saldo attivo è ora vicino ai 2.800 milioni di euro, ben al di sopra di molte categorie merceologiche contigue, confermando la cosmetica italiana come elemento attivo per il sistema economico del Paese. La piena ripresa di alcuni storici mercati esteri, analogamente allo sviluppo di nuove aree di consumo, ha sicuramente contribuito alle performance commerciali italiane all’estero, in forte aumento dopo il rallentamento del 2008-2009. Ma a incidere sempre più sono le nuove destinazioni: oltre ai grandi mercati europei, vanno considerati quelli in forte sviluppo nell’area medio-orientale e asiatica, in particolar modo Cina e Hong Kong. ■
Beetroot è il Key Beauty Color del 2020
È
il colore della barbabietola, a metà strada tra il fucsia e il viola, il colore protagonista della bellezza del 2020, dal make-up alle fragranze, passando per i pack della skincare più di tendenza. A prevederlo è Beautystreams, la massima autorità globale in fatto di trend forecast e analisi, che ha motivato la scelta sottolineando che Beetroot è un colore che nasce dalla natura e che comunica energia, gioia, vitalità, benessere, ma ricorda anche gourmandise come i macaron ai frutti di bosco e le centrifughe multivitaminiche. Perfettamente trasversale, è in sintonia con i macrotrend del futuro più vicino, nonché con Classic Blue, eletto da Pantone come Color of the Year per il 2020, ed è una nuance che troverà spazio anche nella moda e nel design, regalando un tocco di vivacità a ogni scenario.
Il mercato cosmetico in Italia (2018) VISO E CORPO
24,9 %
1,8 % solari 4,4 % deodoranti 5,6 %
Barba e rasatura
igIene orale
7,7%
capelli e tinture
10,1 MLD
16 % DETERGENZA CORPO
15,5 % MAKE UP E SMALTI
11,9% 12,2 % profumi
Fonte: Centro Studi di Cosmetica Italia
La cosmesi del futuro è naturale 2.0
Con il significativo lancio di Florena Fermented Skincare, Beiersdorf introduce per la prima volta il concetto di fermentazione sul mercato di massa europeo. In poche parole, la fermentazione è un booster naturale che trasforma gli ingredienti come fiori e oli, rendendoli più potenti. Florena Fermented Skincare rivoluziona così la cosmesi naturale, portando questo processo di trasformazione antico e naturale nel mondo cosmetico odierno, sperimentando nuove tecnologie e nuove combinazioni di ingredienti fermentati, sempre nel rispetto della natura: i prodotti sono infatti certificati Cosmos Natural. Il progetto è 100% italiano, opera del team Beiersdorf Italia, divisione del colosso mondiale nato ad Amburgo 130 anni fa che, oltre a Nivea, la marca numero uno al mondo nella cura della pelle, ha in portafoglio anche i brand Eucerin, La Prairie, Labello e Hansaplast.
Estée Lauder guarda a Est con Have & Be Co.
Con l’acquisto della società Have & Be Co. e dei suoi due marchi Dr. Jart+ e Do The Right Thing, The Estée Lauder Companies rafforza la sua presenza in AsiaPacifico, Nord America, Regno Unito e nel circuito del travel retail. È la prima volta che il gruppo americano rileva un brand con sede in Asia, ma già nel 2015 Estée Lauder aveva effettuato un primo investimento, acquisendo una quota di minoranza nel capitale della società. Da allora, il brand di skincare Dr. Jart+ ha superato i 500 milioni di dollari (quasi 452 milioni di euro) di fatturato annuo, fidelizzando nel contempo una clientela giovane in Asia e negli States. Il marchio coreano impressiona per la sua velocità nello sviluppare prodotti skincare trendy, creme idratanti, maschere, detergenti e sieri. Attualmente è distribuito in oltre 35 nazioni. Secondo Estée Lauder, il gruppo Have & Be Co. è valutato circa 1,7 miliardi di dollari (1,5 miliardi di euro).
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IL
SEGRETO
DELLA SEDUZIONE
Per le Pre-Fall 2020 le maison esplorano il tema della sensualitĂ e femminilitĂ : le linee rigorose e asciutte del mondo sartoriale incontrano texture speciali e stampe che rubano la scena. A CURA DI ALBERTO CORRADO
MISSONI Angela Missoni e il suo team di progettazione hanno esaminato lo stile unico di Jane Forth, una delle muse di Andy Warhol, disegnando una silhouette magra e sensuale. Gli abiti a strati sono indossati sotto generosi cappotti a quadretti o blouson patchwork, mentre i minidress lavorati a maglia, con fantasiosi motivi Missoni o stampati con disegnature floreali, celano il logo della maison. Pezzi che possono essere indossati oltre le stagioni, senza apparire datati.
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TORY BURCH Carattere e personalità sono le suggestioni prese in prestito dall’aviatrice Amelia Earhart, che ben rappresentano la donna immaginata dal brand. Forte, ma amante di un tocco di eleganza e seduzione, frutto dello studio sui tessuti e di forme leggere e lineari.
FORTE FORTE Un omaggio romantico a un’America senza tempo si traduce in una ricca selezione di tessuti e in una palette neutra, bilanciata fra tonalità calde e fresche. Il cappotto maschile anni ’30, il nuovo gessato dal taglio femminile e fluido, il soffice shearling dai bagliori dorati e lo jacquard d’ispirazione navajo sono i nuovi must have di un guardaroba sensuale.
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ROBERTO CAVALLI La delicata vena poetica delle donne ritratte dai pittori preraffaelliti ispira questa collezione femminile in linea con l’heritage del marchio, legato alle stampe. I cappotti maschili di taglio rigoroso hanno bottoni metallici con disegni celtici, mentre le cappe in cachemire double svelano preziosi ricami e frange fluttuanti. Must have è lo spencer, da portare con pantaloni a vita alta o in una variante in velluto per la sera. 17_10_2019
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JIL SANDER Trovare l’armonia degli opposti è il fulcro della continua ricerca di Lucie e Luke Meier, che perlustrano le pieghe della bellezza. Per questa collezione si parte da una forte femminilità, espressa nelle scollature scultoree e nei volumi sagomati, che incorporano una sensuale corsetteria in tessuti morbidi, fluidi o in sete plissettate.
RALPH LAUREN Negli ultimi 50 anni Ralph Lauren ha attinto a numerosi riferimenti cinematografici per costruire una moda che nasce dal tessuto. La flanella, il denim, la pelle e il cachemire presi singolarmente farebbero già storia, ma composti e trasformati in una collezione di lusso si elevano a stile.
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JUST CAVALLI I riferimenti agli anni ’70 e all’inizio degli anni ’80 come omaggio alla storia delle rockstar e del loro mondo trasgressivo, passando attraverso un’atmosfera sportiva e contemporanea. Le stampe animalier vengono rinnovate in modo astratto, mentre i motivi floreali vengono distorti digitalmente. Le immagini ispirate allo Studio 54 assumono la forma dei poster su T-shirt e felpe oversize.
TATRAS Ogni piumino Tatras è la sintesi perfetta tra design giapponese ed eccellenza italiana: si uniscono ricerca dei materiali, alta qualità e firme internazionali. Ogni capospalla è realizzato con un’imbottitura composta al 90% da fiocchi in piuma d’oca e tessuti tecnici giapponesi, un’unione che permette di affrontare i climi più rigidi. 17_10_2019
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PROENZA SCHOULER Nel corso dell’ultimo anno Jack McCollough e Lazaro Hernandez hanno tracciato un nuovo corso con l’aiuto di investimenti privati, riprendendo efficacemente il loro iter da dove si era interrotto e ripartendo da una serie di fluidi look. Le tecniche di drappeggio, annodatura e legatura restano alla base della loro sartoria, riconfigurando l’intera collezione con fantastiche idiosincrasie.
PIAZZA SEMPIONE Stefano Citron e Federico Piaggi, direttori creativi dell’etichetta, si sono allontanati dall’usuale ricetta all’insegna del lusso discreto. Partendo dallo stile anni ’60 di Mia Farrow, deliziosa miscela di fanciullezza e femminilità, hanno creato abiti da giorno pratici ed eleganti. Le stampe floreali astratte su organza ridisegnano le forme e i volumi di gonne a ruota o di camicie boxy, dal taglio classico.
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PHILIPP LIM Lo stilista Phillipp Lim è al centro di una metamorfosi, che lo vede abbandonare i metodi di produzione convenzionali, a favore di nuove pratiche sostenibili. La collezione, ispirata alle opere di John Chamberlain, mescola e stravolge forme e colori, introducendo linee irregolari, inserti e tagli all’insegna dello sperimentalismo, fino a rivedere “in grande” le proporzioni.
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ETRO Veronica Etro ha intrapreso un nuovo giro del mondo sulle ali della fantasia, spaziando dai gauchos argentini alle valli del Tirolo, con un pizzico di araldica britannica. Poncho e mantelle sono portate su ampi pantaloni di velluto a coste,mentre i sontuosi paisley conferiscono un tocco di lusso a romantici abiti di chiffon.
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THOM BROWNE Nelle collezioni del designer statunitense il concetto di intercambiabilità è sovrano. Quindi non sorprende che un cappotto, una giacca o un pantalone, fatti su misura in modo identico, possano essere indossati sia da un uomo che da una donna. Un mix di estro e precisione, che continua a superarsi mescolando i codici dell’abbigliamento sportivo americano con uno snob appeal.
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GIVENCHY L’iris, uno dei fiori preferiti di Hubert de Givenchy, regna sovrano in tutta la collezione femminile. La direttrice artistica Clare Waight Keller prende spunto dalla mitologia greca e dalla botanica, trasponendole in moderni armadi, progettati per il movimento. Le pelli metallizzate dégradé, le stampe iridescenti, le maglie, i jeans dip-dye e i ricami di piume di struzzo tinti creano una sensazione di leggerezza, in sintonia con l’esigenza universale di riconnettersi con la Natura.
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CAROLINA HERRERA Il tocco di Wes Gordon ha portato novità e freschezza al brand Carolina Herrera. Il marchio nell’orbita di Puig sta entrando nel pieno della sua nuova rotta con una collezione dalla silhouette quasi couture, in bilico tra gli effetti visivi dei tessuti e i decori che racchiudono l’anima floreale della maison.
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DSQUARED2 Nel bene e nel male, la britannicitĂ ha un fascino perenne e i gemelli Dean&Dan Caten non sono esenti da questa seduzione. CosĂŹ la passione inglese per lo sport viene filtrata con un trattamento efficace di lucidatura, tipico del grande freddo canadese. I piumini, i parka e le mantelle sono abbinati a denim strappati. Per la sera, camicie in denim rivestite di mini cristalli si abbinano ai pantaloni a vita alta o ai tailleur sartoriali, dalle seducenti scollature. 17_10_2019
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PRE-FALL 2020 DOROTHEE SCHUMACHER I toni classici, come il beige e il talpa, alternati al nero e il bianco per la sera, servono ad arricchire le stampe geometriche e i motivi floreali. Vita alta forever per i pantaloni, mentre le gonne fasciano i fianchi. Tra i materiali base della collezione, la sottile pelle che fa tanto easy luxury.
PRABAL GURUNG Il designer affronta la Pre-fall con una nuova mission: ridurre gli eccessi, riflettendo sul ruolo dell’industria della moda nel riscaldamento globale. La nuova collezione è stata realizzata con vari materiali e lacci riciclati dalle sue collezioni passate e con il nuovo taffetà di poliestere, ricavato da bottiglie riciclate.
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CHANEL Bianco, nero e tocchi di fucsia: questi i colori che Virginie Viard ha scelto per la 17esima collezione Chanel MÊtiers d’Art, che non stravolge il classico tailleur ma lo reinterpreta con cristalli multicolor, mentre le perle di Mademoiselle Coco riempiono gli abiti da sera con decorazioni all over su seta e organza. 17_10_2019
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TREND
BRAND TO watch Marchi al debutto, in fase di rilancio o con alle spalle poche stagioni. I loro plus? Un concept originale e una storia da raccontare DI ANGELA TOVAZZI
DANIELE NIBOLI BI494 Lanciate nel 2017 da un pool di professionisti con esperienza nel mondo fashion, le luxury shirt BI494 - dal 2018 realizzate in co-branding con la padovana Confezioni Gallia - sono nate con l’idea di offrire una collezione monoprodotto 100% made in Italy, con trattamenti e interventi manuali sui capi, per creazioni unconventional, ma mai sopra le righe. Distribuite nel canale wholesale e disponibili nella showroom milanese Lucky Sant Fashion, le camicie presentano prezzi sell in intorno ai 90 euro.
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Cresciuto nella fucina di big name come Loro Piana, Dolce&Gabbana e Blumarine, Daniele Niboli - bresciano, classe 1986 - nel 2018 ha deciso di fare il grande passo, lanciandosi en solitaire. Insieme a Giacomo Ferri (che presidia il côté business e commerciale) è l’artefice di una collezione urban tailoring trasversale, dove colori e forme interpretano mise maschili e femminili con piccole variazioni di volumi. Segni particolari: una maniacale attenzione al dettaglio e una produzione made in Italy, frutto della liaison con aziende e laboratori del Belpaese. Un concept che ha già conquistato multibrand come Rail e Julian e che a fine gennaio sbarcherà online, grazie al lancio dell’e-shop. I prezzi al pubblico vanno (esclusi jeans e T-shirt) dai 300 ai 1.900 euro.
GIULIA ROSITANI Linee bon ton dal taglio sartoriale, ma rilette in chiave naïf e ironica, anche grazie a stampe originali disegnate dalla stilista: è questo personalissimo mix che ha permesso a Giulia Rositani - 35 anni, origini calabresi e studi in Textile Design allo Ied di Milano di conquistare visibilità nel popolato mondo fashion. Del resto, la “scuola” di Moschino, dove si è formata, ha forgiato la sua creatività, alimentando la propria visione: quella di una donna sognante e giocosa, libera di esprimere le proprie emozioni. Presente in un network di negozi wholesale, tra cui Rav a Marsala e Keefer in Giappone, la collezione, venduta al pubblico con prezzi fra i 300 e i 600 euro, è pronta al lancio del proprio sito e-commerce.
sea tailor Nasce dalla passione per il mare e la vela la startup Sea Tailor. Lanciata da due trentenni romani - Andrea Postiglione e Cristina Renzi - la collezione per lui e per lei traspone in chiave sartoriale giacche dal concept nautico in neoprene e spinnaker. Disponibili sull’e-shop del brand, con prezzi che vanno dai 180 ai 350 euro, i capi Sea Tailor stanno iniziando anche un cammino wholesale, grazie anche alla diversificazione dell’offerta con polo e T-shirt e al percorso iniziato nella cravatteria con la label Postiglione Sartoria per Sea Tailor.
UNOCASHMERE Nel nome c’è già la mission del brand: essere unici, esclusivi, al top per qualità e creatività. Questa l’idea alla base di UnoCashmere, marchio nato in Brianza, a Seregno, per opera di Simona Colombo. Con in tasca una laurea in Psicologia e una grande passione per l’arte e il design, la creativa-imprenditrice ha messo a frutto le sue competenze per sviluppare un progetto made-to-order di maglieria personalizzata, destinata a chi vuole distinguersi. Nel futuro di UnoCashmere, con base alla showroom brianzola di design Carnaby, il lancio del proprio e-store e l’alleanza con i primi negozi fisici.
VIRGINIA MAINA Unisce glamour e tecnologia questo brand di borse, accessori e bijoux, lanciato nel 2018 da un’ingegnere gestionale con il pallino per la moda. Pezzo forte del marchio VirginiaMaina, che prende il nome dalla sua creatrice, sono le bag, realizzate in serie limitate (in parte a mano) da laboratori artigianali italiani. Il loro plus? Un sistema di aggancio per le tracolle, per cambiare stile velocemente, e un dispositivo Nfc (Near Field Communication) integrato all’interno. Vendute a 800 euro, le borse sono disponibili sull’estore del brand e stanno facendo i primi passi anche nella distribuzione fisica multimarca.
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JEWELRY BUSINESS
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MLD € IL VALORE NEL 2019
+12 RISPETTO AL 2018 +9 A CAMBI COSTANTI BENI RIFUGIO CHE CONQUISTANO ANCHE MR. ARNAULT L’anno che si sta per concludere è risultato particolarmente positivo per i metalli preziosi e i diamanti, a giudicare dalle quotazioni raggiunte. Intanto il valore globale delle M&A, secondo Bloomberg, è già a quota 2,73 trilioni di dollari, contro i 3,07 trilioni dello scorso anno. Un impulso si deve di certo all'acquisizione di Tiffany (nella foto) da parte di Lvmh per la cifra stellare di 16,2 miliardi di dollari. Il deal è la riconferma di quanto contino i preziosi per Lvmh, dopo l'acquisto, nel 2011, del gioielliere romano Bulgari. Più in generale, per il settore hard luxury gli spazi di manovra non mancano, visto che il 70% circa dei prodotti è unbranded. In base al Bain-Altagamma Luxury Market Monitor 2019, il jewelry è uno dei segmenti più dinamici dell'anno nel lusso per la persona: 21 miliardi di euro il valore raggiunto da questo mercato, in aumento del 12% rispetto al 2018 (+9% a cambi costanti), soprattutto grazie alle vendite di gioielli high-end in Giappone e Cina Mainland e, in misura marginale, al successo delle linee maschili.
LA BUONA STELLA DI MONSIEUR DIOR Cara Delevingne è il volto e musa di Dior Joaillerie per la collezione Rose des Vents, disegnata dalla direttrice artistica Victoire de Castellane. Lanciata qualche anno fa, Rose des Vents si arricchisce di una serie di disegni chiamati Rose Céleste, ispirati alla passione di Christian Dior per le arti divinatorie. Fu proprio nel 1946, mentre si trovava a camminare tra le vie di Parigi meditando sulla proposta di Marcel Boussac di prendere le redini della casa di moda Philippe et Gaston, che Monsieur Dior inciampò su un oggetto a forma di stella, che gli indicò “la via del Paradiso" e diventò uno dei simboli iconici della maison.
I SIGNORI DEL TEMPO DI ALBERTO CORRADO
VAN CLEEF & ARPELS A PALAZZO REALE Fino al 23 febbraio Palazzo Reale di Milano ospita nelle sue sale un racconto che parla di alte e raffinatissime opere d’arte decorativa e applicata, grazie agli splendidi preziosi, orologi e oggetti d'inestimabile valore, realizzati da Van Cleef & Arpels e declinati attraverso i temi di Tempo, Amore e Natura. Lavorazioni di minuziosa maestria e pregiata fattura mostrano l’evoluzione di forme e preziosi materiali, rispecchiando i cambiamenti di quasi un secolo di alta creatività di design del gioiello.
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IL FUTURO NEI DIAMANTI Anche Pisa Orologeria investe nei gioielli, con la prima collezione dedicata ai momenti unici e indimenticabili della nostra vita.“Pisa in Love” si lega al concetto del tempo, grande passione della famiglia Pisa, tale da aprire nei primi anni del Novecento, nel cuore di Milano, una bottega artigiana che poi è diventata un’importante azienda familiare, Pisa Orologeria, conosciuta per professionalità e offerta di oltre 40 marchi di orologeria tra i più prestigiosi al mondo, con epicentro lo spazio di Via Pietro Verri . Il tempo che segna i momenti importanti della vita, della gioia, del piacere e dell’amore. La collezione è composta da anelli, ciondoli, e orecchini dove i protagonisti sono i diamanti, talvolta tramutati in pavé a forma di lancetta. Un dettaglio elegante che ricorda le origini della prima collezione di alta gioielleria e la capacità dell’amore di vincere la sfida del tempo.
GIOIELLI TRASFORMISTI
I PREZIOSI ITALIANI DAL 1919
PURO LUSSO PER GIORGIO ARMANI E BOTTEGA VENETA Giorgio Armani e Bottega Veneta hanno recentemente lanciato le proprie collezioni di Alta Gioielleria, improntate al lusso dell’artigianalità e all’eleganza assoluta di linee e materie. Il debutto di Giorgio Armani coniuga la modernità essenziale con un un gusto morbido, elaborando tre temi principali: Borgonuovo, che racchiude raffinate variazioni sul tema del logo; Sì, che ispirandosi al simbolo olfattivo femminile del marchio ne trae il carattere nitido e deciso; Firmamento, che rievoca gli astri nel cielo notturno. Quanto a Bottega Veneta, brand in forte ascesa in seguito all’arrivo del direttore creativo britannico Daniel Lee, nella prima Pre-Fall collection sotto l'egida di Lee sono stati integrati pezzi come catene, sfere e anelli, ispirati al Razionalismo milanese e alla tradizione artigianale italiana, destinati a diventare pezzi iconici da esibire. Giorgio Armani: orecchini e collana della collezione Firmamento Bottega Veneta: alcuni anelli della collezione Fine Jewerly
Fedele al suo percorso storico che vede per le collezioni “ready to wear” l’impiego esclusivo di oro e diamanti, Sergio Antonini, direttore creativo dell'omonimo marchio, ha disegnato Anniversary100 (nella foto) per celebrare una storia centenaria all'insegna della malleabilità e lucentezza dell’oro. Una collezione totalmente in oro lucido, giallo e bianco, impreziosita da sottili onde di diamanti, che sottolineano la doppia anima di Antonini, tra architettura e arte. Non a caso, la showroom è arricchita dagli affreschi quattrocenteschi di Michelino da Besozzo e si trova nel celebre Palazzo Borromeo, che affonda le radici nella storia della città di Milano.
Farnese Gioielli, maison nata a Roma nel 2012 dallo slancio eclettico della designer Barbara Polli e dalle intuizioni imprenditoriali di Alberto Maria Serraino, ha ribaltato i classici canoni statici della gioielleria, creando la collezione Mondo. Un sistema di chiusure meccaniche tempestate di pietre preziose, rinominate Spine (il termine inglese per “dorsi”) permette di cambiare “vestito” ad anelli e orecchini in base alla personalità e agli stati emotivi di chi li indossa, traghettando l’arte orafa verso nuove tecnologie. Partendo da una struttura statica secondo la tradizione artigianale orafa valenzana, disponibile in oro bianco o giallo, si applicano attraverso un semplice clic le Spine, ovvero moduli semirigidi composti di pavé di pietre preziose. Così le linee Luxor, Pantheon e Versailles si trasformano letteralmente ogni volta che si cambiano i dorsi, in cinque colori esaltati dalla luce dei diamanti bianchi o neri, degli zaffiri, dei rubini e degli smeraldi. Per gioielli ogni volta unici e personali.
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Il suo motto è se vuoi, puoi: una storia da 200 milioni di euro
Elisabetta Franchi
«Mi è stata negata la spensieratezza, ma alla fine ce l’ho fatta. E spero di arrivare molto più lontano», racconta Elisabetta Franchi alla vigilia della quotazione in Borsa. Per l'imprenditrice-stilista si apre un nuovo capitolo, nel segno dell'internazionalizzazione di Carla Mercurio
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l 2019 è stato l'anno di Elisabetta Franchi, forse l’ultimo stadio ELISABETTA FRANCHI - BETTY BLUE della trasformazione da crisalide Nascita dell'azienda › 1998 con la collezione Celyn b a farfalla della stilista-imprenLa designer debutta con il suo nome › 2012 ditrice bolognese, che a suon di Approdo alla Milano Fashion Week › 2014 successi in passerella e di fatturati in crescita si è presa la rivincita su Fatturato 2019 (stima) › 123 milioni di euro una vita partita in posizione di netto Raffronto con il 2018 › +6,4% svantaggio. Un percorso destinato Ebitda › 22,3 milioni di euro a culminare nello sbarco in Piazza Utile netto › 15 milioni di euro Affari nel 2020 a seguito della buLiquidità › 9,3 milioni di euro di cassa va a mancare il primo marito Sabasiness combination con Spactiv, la tino Cennamo («Il primo a credere spac promossa da Maurizio BorNegozi monomarca › 84, di cui 8 outlet in me. Dopo la sua scomparsa mi letti, Paolo De Spirt e Gabriele BaMultimarca › 1.100 sono trovata l'azienda sulle spalle e vagnoli. Cenerentola ti ho fottuto, il Valore stimato dell'azienda › 195 milioni di euro una bambina da crescere»), la casa titolo dell’autobiografia nelle librerie da sogno, il secondo marito Alan da questo mese, riassume in quattro Scarpellini, i due figli Ginevra e Leone, gli otto amatissimi cani, parole il senso della vita di Elisabetta, che a dispetto delle umili perfino l’acquisto della tomba: tutto diventa lo spunto per racconorigini e della mancanza di riferimenti affettivi e valoriali nell'intarsi con lo spirito e l’energia che la contraddistinguono. Fresca fanzia, è riuscita con tenacia, passione e grande sacrificio a dare di festeggiamenti per i 20 anni dell’azienda, Elisabetta Franchi è vita a un’azienda da 123 milioni di fatturato previsti per il 2019, con pronta ora per una nuova sfida, l’ingresso in Borsa nel mercato una crescita del 6,4% sul 2018 e una forza lavoro di circa 300 adAim, previsto per il primo trimestre del 2020. Anche questa una detti. «Una delle poche imprese che fanno utili importanti», come scelta all’insegna della condivisione: «Voglio che la mia azienda tiene a sottolineare e come dimostrano i 15 milioni di utili e i 22,3 e il mio brand diventino anche di chi ha creduto in me. La quomilioni di ebitda, sui 115,6 milioni di euro di turnover nel 2018. Non tazione in Borsa è lo strumento giusto perché Elisabetta Franchi a caso nel 2019 Forbes l’ha inserita tra i 100 top manager italiani: continui il suo percorso di evoluzione e soprattutto di internazio«Bello notare che siamo dieci donne e 90 uomini, ma sono sicunalizzazione». Lo crede anche Maurizio Borletti, presidente di ra che tra dieci anni ribalteremo la lista», è stato il commento di Spactiv: «Betty Blue è un’azienda caratterizzata da un’importante Franchi, che a tutte le donne suggerisce: «Non aspettate il principrofittabilità e da un’elevata riconoscibilità del brand, ma anche da pe azzurro, dovete conquistare il palazzo da sole!». Ben lungi dal una produzione made in Italy e da importanti iniziative nel segno rimanere arroccata nella sua reggia dorata, Elisabetta Franchi ha dell’eco-sostenibilità. Le risorse e il supporto di Spactiv le forniscelto di aprirne le porte al mondo intero, mettendo a nudo sui ranno gli strumenti per accelerarne la crescita». La storia contisocial (ha quasi due milioni di follower su Instagram) la sua stonua e la regina resta salda sul suo trono, che difende con le unghie ria, i suoi sogni e i suoi successi, scanditi dallo slogan «Se vuoi, e i denti («Se toccano la mia famiglia e il mio lavoro divento come puoi». Una visibilità mediatica che proprio in questo 2019 di granuna gatta cattiva»). Per questo da imprenditrice lungimirante e acdi conquiste si è moltiplicata con l'uscita del documentario Being corta qual è, Elisabetta Franchi continuerà a detenere la maggioElisabetta, la pubblicazione del libro e le ospitate in trasmissioni ranza del capitale. Perché condividere è bello, ma il frutto di anni televisive. La nascita dell’azienda nel 1998, il nuovo stabilimento inaugurato in provincia di Bologna nel 2008 proprio quando venidi sacrifici e di lavoro va difeso e protetto. ■
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PARIS FEB. 11 — 13 2020
YARNS
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FABRICS
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LEATHER
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DESIGNS
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ACCESSORIES
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CAREERS
A CURA DI ALESSANDRA BIGOTTA
AWAY: DOPO LA CRESCITA STELLARE, LA SQUADRA SI RAFFORZA MA C'È UN'OMBRA CHE PESA SULLA CO-FONDATRICE KOREY In tre anni è salito da 12 a 150 milioni di fatturato, con la previsione di raddoppiare nel 2019: il v-brand di valigeria Away, valutato 1,4 miliardi di dollari, è in corsa e, al contempo, sta spostando qualche pedina. Steph Korey, co-fondatrice con Jen Rubio, non è più ceo ma diventa presidente esecutivo. Il nuovo a.d. è Stuart Haselden (nella foto), ex Lululemon: «Affrontiamo sfide sempre più complesse e dobbiamo strutturarci», commenta Rubio. Pare tuttavia che sul passaggio di ruolo di Korey abbiano pesato le aspre critiche alla sua gestione da parte di ex dipendenti.
DA BALMAIN FINISCE L'ERA PIOMBINI E INIZIA QUELLA DI JEAN-JACQUES GUÉVEL Una laurea alla Hec Business School et Sciences Po Paris ed esperienze in Louis Vuitton, Celine prima dell'era Slimane, nella divisione Fashion Group di Lvmh e, infine, da Zadig&Voltaire, dove è rimasto per tre anni. Questa la carta d'identità di JeanJacques Guével, nuovo ceo di Balmain al posto di Massimo Piombini. Due le sue priorità: sviluppare gli accessori e accelerare l'espansione internazionale, oltre che lavorare in sinergia con il direttore creativo Olivier Rousteing, cosa che era riuscita molto bene al suo predecessore.
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edIn
GIRI DI POLTRONE: NEW ENTRY SVOLTE RITORNI
BEATRICE MONGUIDI MANAGER TO WATCH DA VALENTINO Il 2020 inizia con un cambio di scenario per Valentino. Termina infatti dopo due anni l'intesa tra il gruppo e Sebastian Suhl, cooptato a inizio 2018 come managing director of global markets. Dalla maison bocche cucite al momento di andare in stampa sul successore, anche se c'è chi scommette su una donna, Beatrice Monguidi, entrata quattro mesi fa nella squadra del marchio come chief retail Europe and strategic marketing officer. Di certo c'è solo che, per ora, sarà il ceo Stefano Sassi ad assumere le mansioni di Suhl.
VALÉRIE HERMANN DICE BYE BYE AGLI STATI UNITI: LASCIATO RALPH LAUREN, TORNA A PARIGI CON UNA NUOVA SCOMMESSA Appena il tempo di salutare Ralph Lauren, dove è stata president of global brands per oltre tre anni, e già si torna a parlare di Valérie Hermann: la top executive francese, che in passato è stata anche ceo di Yves Saint Laurent, è tornata in patria, dove la società d'investimento privata Epi le ha offerto il ruolo di managing director della divisione moda e lusso, di cui fanno parte i brand J.M. Weston (calzature di alta gamma) e Bonpoint. Un marchio, quest'ultimo, a cui il lungo heritage, legato soprattutto al kidswear, non basta più. Infatti è già da un paio d'anni che c'è fermento nella maison, acquisita da Epi nel 2007: prima è stata reclutata con il ruolo di direttore artistico la stilista Anne Valérie Hash, mentre Christian Piat, head di Epi in Asia, è ceo ad interim. Una delle priorità è ampliare il raggio d'azione alla donna, categoria in fase espansiva anche per J.M. Weston.
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Q&A
di elisabetta fabbri
«lo store: su misura e controcorrentE»
Creativo eclettico, con la sua crew tra Emanuele Arezzo e Londra ha progettato di tutto: svetti interior design, residenze, centrali geotermiche, hair salon, paninoteche e, architetto non ultimi, negozi di moda. Braccialini a Roma, Anglini a Sansepolcro ma anche multimarca come Caos a Viareggio ed Elle a Camuccia. A Fashion spiega perché ogni commessa è una sfida, che vince coltivando i rapporti con le persone
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ome inizia un progetto per il fashion retail? Qual è l’approccio del suo studio al brand? Dipende dal singolo marchio, ma in genere dalla moda ci aspettiamo delle regole da seguire, che cambiano a una velocità decuplicata rispetto a qualsiasi altro settore. Per noi ogni volta è quasi un concorso interno: siamo come una “crew” che si mette in gioco, ognuno con il proprio pensiero. Così spesso capita di presentare più progetti allo stesso committente, che non solo ha voce in capitolo ma chiama in causa varie figure, dal marketing al commerciale. C’è chi fa più resistenza e chi ti appoggia da subito. L’importante è abbandonare lo stato di ansia perenne, connaturato al mondo della moda, che rischia di falsare il senso delle idee. L’attuale pullulare di pop up store è sintomatico dell’insicurezza dominante, di chi non se la sente del tutto di rischiare. Personalmente preferisco progettare qualcosa su misura, che vada oltre il comune modo di pensare. La moda è più attenta alla sostenibilità, se si tratta di un concept retail? Penso che la sostenibilità nel lusso in
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generale non esista e non è un building che cambia le cose. Noi ci crediamo, seguiamo le normative in materia, ma non è che la moda richieda particolari certificazioni dei fornitori o ponga dei veti sulla provenienza dei materiali. La sostenibilità è ciascuno di noi: un edificio green è inutile, se non siamo individualmente attenti all’ambiente. Sul fronte tecnologie in store, cosa sta cambiando? Erano un tema alla ribalta sei-sette anni fa, oggi meno. Chi ha investito, per esempio, nelle vetrine o nei camerini intelligenti forse ha fatto un passo prematuro per il nostro mercato, mentre in Asia c’è molta apertura. Da noi nel punto vendita conta ancora il rapporto umano. Ci pensano già smartphone e tablet a portarti fuori dalla
Special Projects Matteo Ferrante Veneziani (m.veneziani@fashionmagazine.it) Assistente di direzione / UFFICIO TRAFFICO Valentina Capra (v.capra@fashionmagazine.it) Amministrazione Cristina Damiano (c.damiano@fashionmagazine.it)
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realtà, perché dovrebbe farlo anche una boutique? Stanno emergendo nuovi trend? Ambienti profumati e porte spalancate in pieno inverno sono in o out? Le fragranze in store hanno un senso se dosate in modo equilibrato e temo che continueremo a vedere le porte aperte, perché il pensiero prevalente è che chiuse siano un ostacolo. Quanto ai materiali, va per la maggiore la neutralità, per dare massima enfasi al prodotto. La scelta fra sintetici o naturali dipende dal committente e dal progetto nel suo complesso. Di certo, oggi sono diventati out i marmi costosi. Nell’illuminazione sono sempre più importanti l’orientabilità delle luci, la regolazione dell’intensità e la flessibilità nell’aggiungerle o toglierle. Abbiamo a disposizione binari sempre più evoluti e proiettori ottici che facilitano come e quanto si vuole puntare una luce. Mentre si parla di shopping experience a realtà virtuale o aumentata, cosa può fare il negozio fisico per invogliare a entrare? Deve cercare l’effetto wow puntando, per esempio, su vetrine eclatanti, anche meccanizzate, che impiegano materiali particolari. Poi è importante studiare il posizionamento degli accessi e creare percorsi semplici e chiari. In ultimo, è fondamentale coltivare i rapporti interpersonali. Gli stessi che contano fra committente, progettista e fornitore, senza i quali nessun progetto va avanti. ■
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PEOPLE
DI CARLA MERCURIO
TRA DIGITAL, MODA E MADE IN ITALY
Due amiche dietro la sfida di The Dressing Screen
UN'ARTISTA FUORI DAL CORO
Ha realizzato progetti con realtà come Audi, Estée Lauder, Ralph&Russo, Atelier Emé, e Tezenis, alla ricerca del giusto sound per dare un’identità musicale ai marchi. Caroline Koch, dj, cantante e producer italiana con origini tedesche, ha fatto tesoro di queste competenze per creare un anno fa la sua sound agency, con cui produce colonne sonore e contenuti e offre consulenze tailor made per ogni singolo evento, mettendo a disposizione la sua esperienza discografica per trovare un balance tra il dna della label e la musica. Un passato nell’elettronica e una passione per il blues-rock, Caroline è un’artista fuori dal coro, attenta alle novità e desiderosa di sperimentare. Dopo due anni in sala di registrazione tra Milano e Londra e grazie alla collaborazione con artisti noti come il producer e chitarrista degli Oasis, Paul Stacey, Caroline ha appena lanciato il suo nuovo Ep Stars Aligned, uscito il 6 dicembre, anticipato dal singolo omonimo lo scorso mese.
E LE INFLUENCER AIUTANO Brand artigianali, piccoli laboratori e atelier in giro per l’Italia: grazie al nuovo e-store The Dressing Screen il ricco patrimonio, spesso nascosto, di realtà del made in Italy ha trovato una visibilità e una piattaforma di lancio verso i mercati internazionali. Il progetto nasce da un’idea di Stefania Inama, un’esperienza nella comunicazione di moda con dieci anni nel gruppo Max Mara, e Claudia Maresca, commercialista. Amiche di lunga data ed entrambe bolognesi, hanno scelto di fare tesoro di indirizzi e riferimenti accumulati in anni di ricerca per proporli sul loro portale, nato un paio di anni fa e operativo con la vendita da circa uno. «L'obiettivo è duplice - racconta Stefania Inama -. Da un lato vogliamo portare online marchi storici e senza tempo quali Loretta Caponi, Mantero, Tabarro, e dall'altro realtà emergenti come Vernisse, brand realizzato con materiali di recupero da due ragazze milanesi che puntano sull’alta qualità sartoriale, oppure Iacobella, borse artigianali fatte a mano o, ancora, le bag di Officina del Poggio. Proposte di qualità, fatte per durare nel tempo, che spesso vengono realizzate su ordinazione». Il sito raggruppa circa 76 marchi, per un totale di 900 prodotti, e si divide nelle sezioni abbigliamento, accessori donna e bambino, gioielli, regali, decorazioni per la casa e vende principalmente in Italia, Europa e Nord America.
Stefania e Claudia di The Dressing Screen sono pronte a dare slancio alle strategie oltrefrontiera, facendo leva anche sui contenuti, complici le collaborazioni con personaggi iconici. «Tra questi - racconta Stefania - c'è Helen Nonini, brand advisor e consulente strategica, che ci dà il suo supporto spontaneamente, andando in giro per l'Italia alla scoperta degli atelier presentati sul sito e che nei suoi viaggi incontra le nostre muse: personaggi come Matilde Marzotto, Vanessa Zoppas o Margherita Puri Negri».
CURVY E ORGOGLIOSA DI ESSERLO È stata la prima modella curvy scelta da Victoria’s Secret per interpretare le sue proposte e poi è entrata nel radar di Intimissimi, che l’ha fatta sfilare a Verona sulla passerella dell’autunno-inverno 2019/2020 e l’ha voluta nello spot Bra Twist accanto a Sarah Jessica Parker. Ora Lorena Durán è la protagonista della nuova campagna di Violeta by Mango, immortalata dal fotografo Javier Oller Carrasco, scelta perché la sua bellezza e il suo modo di fare rappresentano lo spirito del brand studiato per le taglie comode. La modella spagnola è la prova che oggi più che mai è la diversità a fare la differenza. Madrina della sfilata Curvy Fashion Model, svoltasi lo scorso novembre a Barcellona, ha dichiarato a proposito dell’evento: «È necessario che ci siano opportunità simili per dare visibilità alle ragazze curvy. In Spagna, sfortunatamente, iniziative di questo genere sono poche. In questo Paese ci sono belle donne dalle forme esuberanti, che meritano di entrare nel settore al pari delle altre».
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RED CARPET A CURA DI ALESSANDRA BIGOTTA
Swinging Sportmax Era il 1969 quando Achille Maramotti diede vita al brand Sportmax, pensando alla Swinging London. L'anniversary party è stato proprio a Londra presso la Maison Assouline, che ha pubblicato il libro sui primi 50 anni, curato da Olivier Saillard, con testo critico di Luke Leitch. Alla festa icone di oggi e di sempre: da Erin O'Connor in versione silver, alla blasonata Amelia Windsor.
Martina Mondadori
Maria Giulia Prezioso Maramotti con Olivier Saillard
«Creeremo altre occasioni per condividere la nostra filosofia», dice Maria Giulia Prezioso Maramotti Amelia Windsor
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Giorgio Guidotti con Erin O'Connor
Al polso di James Bond Occhi di ghiaccio, sorrisi con il contagocce: Daniel Craig più che mai calato nel personaggio di James Bond al party newyorkese per presentare l'orologio Omega che indosserà nel prossimo film della saga, No Time To Die. Si tratta di un modello Seamaster Diver 300M 007 Edition, in titanio Grado 2 con ghiera in alluminio stile vintage: per chi se lo può permettere, costa da 8.100 a 9.200 dollari.
Un labirinto da attraversare per scoprire il vero gentiluomo contemporaneo
Gentleman Agent Omega è l'orologio di 007 dai tempi di Golden Eye, nel 1995
Daniel Craig
Non una festa, ma una "caccia al tesoro", dove il tesoro è una capsule di otto articoli in flanella pettinata di Vitale Barberis Canonico, venduti nelle boutique Gentspace in Cina: l'insolito evento "Gentleman Agent" si è svolto nel negozio del marchio cinese presso Hkri Taikoo Hui a Shanghai.
Sean O' Pry
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