DIARIO DEI CURATORI
“Noi siamo la memoria che abbiamo e la responsabilità che ci assumiamo. Senza memoria non esistiamo e senza responsabilità forse non meritiamo di esistere”.
José Saramago
Da un paio d’anni andavamo ricercando e raccogliendo gli articoli pubblicati sui giornali che avrebbero dovuto illustrare la vita di Falconara nel periodo storico compreso tra il 1941 e il 1944, anni che avevano visto, dopo la caduta del fascismo e la sua “rinascita” come repubblica sociale, l’occupazione tedesca e, dopo, la liberazione di Ancona da parte delle truppe inglesi, polacche, americane; inoltre, la costituzione del Fronte di Liberazione Nazionale, divenuto poi Comitato di Liberazione Nazionale, che aveva operato con sabotaggi e azioni armate per affrettare l’arrivo degli eserciti alleati. Eravamo ben consapevoli, comunque, che gli articoli pubblicati sui giornali dell’epoca avrebbero potuto consegnarci un resoconto, purtroppo, alquanto limitato della vita falconarese. Lo stesso avevamo voluto intraprendere questa ricerca per rintracciare quanto più possibile di quel vissuto. Così, con la pazienza che in questi casi non deve mai venir meno, abbiamo iniziato le consultazioni nelle diverse biblioteche marchigiane, ma facendo anche ricorso alla miriade di pubblicazioni digitalizzate offerte da quelle nazionali pur di recuperare ogni e qualsiasi notizia. Necessario si era rivelato quest’infinito percorso: il materiale trovato sembrava però non dare ancora completezza alla storia del periodo che volevamo, dovevamo, quasi per obbligo morale, consegnare alla città. Perché sui trascorsi falconaresi le fonti giornalistiche non ci offrivano che una visione incompleta se solo si pone mente alla difficoltà, insita di quei momenti, di pubblicare brevi articoli quando era venuta imponendosi la riduzione della fogliazione dei quotidiani (una pagina in bianca e volta, al massimo due pagine), causa il contingentamento della carta da stampa e, quindi, con la conseguente limitazione del numero delle righe riservate a contenere le notizie su Ancona e quelle spicciole delle tante frazioni. Per non dire dell’impossibilità di uscita dei giornali, come era capitato al Corriere Adriatico (organo ufficiale del fascismo anconitano, a cui è impossibile non fare riferimento) quando, a causa dei bombardamenti alleati che avevano danneggiato e gli uffici redazionali e le macchine tipografiche, aveva fornito una serie di notizie battute a macchina per scrivere, con esemplari ciclostilati di poche pagine, dove più di ogni altro fatto era la propaganda a tener desta l’attenzione dei lettori sulle vicende militari dei tanti fronti di guerra in cui il regime aveva coinvolto la nazione. Per dovere di conoscenza e completezza della memoria, ma anche per poter intervenire con le nostre ricerche nel quadro storico del “racconto” falconarese, ci eravamo risolti a leggere tutto quanto era stato sin qui realizzato sul passato della cittadina. Ma se la proposta iconografica, pur concentrata su determinati momenti temporali, era apprezzabile, come non erano mancate alcune biografie di personalità della cultura, ben poche informazioni, invece, era possibile trovare sugli anni del “consenso” e su quelli, terribili, della guerra (qualche pagina, in brevi monografie, sulle azioni alleate relative al bom -
bardamento del 30 dicembre 1943 riprese però da un inserto posteriore del Corriere Adriatico): non molto rispetto a quanto i cronisti dello stesso giornale avevano dato conto allora, pur con la virulenza verbale nei confronti dei belligeranti nemici, in puntuali, quotidiani articoli; e qualche altra pagina relativa all’arrivo delle truppe polacche, le prime a liberare Falconara Alta. Ancor meno era possibile trovare sui cambiamenti succedutisi tra il 1943 e il ‘44 o dell’assoluto silenzio sulla particolare situazione che contraddistinse i lunghi mesi dopo la caduta del regime, l’armistizio, l’occupazione tedesca, la formazione di una repubblica fascista, la lotta di liberazione fino all’iniziale quanto difficile e faticosa ricostruzione. Dalla lettura di quelle pagine non affiorava un solo nome, non una testimonianza su coloro che ebbero a dirigere per anni la politica fascista della frazione, nulla sugli indirizzi organizzativi della macchina dittatoriale, nulla sui fasti del regime, né sull’obbligatorietà dell’istruzione militare, sui metodi scolastici, sulle infinite sottoscrizioni; e, ancora, nulla sulla presenza di presidi militari, sulle conseguenze dei molteplici bombardamenti, del problema degli sfollati e del loro ritorno e reinserimento; e, poi, nemmeno sulla mancanza della mano d’opera, che una propaganda assillante aveva invogliato a trasferirsi nella patria dell’alleato germanico, e nulla sulle reazioni partigiane per non dire del “dopo”, col non facile rapporto creatosi tra la popolazione e le forze militari alleate. Sembrava davvero che nel tempo trascorso fra lo scatenamento della seconda guerra mondiale e la liberazione poco fosse accaduto a Falconara; quasi, forse, che non si volesse far emergere tutta una ben triste memoria collettiva che sicuramente aveva percorso e segnato la quotidianità della popolazione falconarese.
Non è pensabile, ma non del tutto impossibile, che si volesse davvero stendere un velo a voler dimenticare quelle storie. Perché, secondo alcuni, non bisognerebbe affatto infierire sulle decisioni assunte “a quei tempi” e nemmeno polemizzare con quelle scelte. Per costoro ciò che era accaduto apparteneva ad un’epoca ormai lontana.
E se alcuni documenti, dopo tanta distruzione, si fossero pure salvati, avrebbero dovuto rimanere sepolti nella polvere del tempo, perché quelle vicende non devono interferire affatto sul nostro quotidiano; semmai saranno gli storici, altri storici, naturalmente, ad incaricarsi, in un momento di là da venire, di trarre conclusioni su quel passato, di sicuro conclusioni più assennate e definitive. Soprattutto liberate dalle passioni! Che, pare, siano troppo evidenti, e di parte, in ogni atto, in ogni conversazione, in ogni proposta culturale!
Questa, invece, la nostra convinzione: che non si vuole ammettere, ancora oggi e a distanza di oltre ottant’anni, l’adesione e la partecipazione convinta di una popolazione ad una dittatura militare.
Certamente, e lo abbiamo sempre affermato, il nostro impegno si doveva limitare a salvare la memoria di una città attraverso la riproposizione degli articoli che i periodici avevano pubblicato e che, a distanza di tempo, quei giornali, a cui noi ci rivolgevamo con passione e assiduità, per il periodo che volevamo documentare, erano consunti, purtroppo, molte volte con parti strappate, altre con numeri mancanti dalle sempre meno agevoli raccolte custodite nelle emeroteche; e quel periodo in cui dovevamo districarci si presentava con descrizioni alquanto povere perché poco, se non brevissime cronache, ci fornivano i divenuti rari articoli sugli accadimenti, sulle situazioni politiche
e sui gravi eventi bellici che anche Falconara aveva sopportato. Occorreva, dunque, altro.
Le difficoltà, sempre presenti in questo tipo di ricerche, non ci avevano scoraggiato e così, con le indicazioni degli insostituibili assistenti dell’Archivio di Stato di Ancona, ci siamo immersi nella consultazione dei faldoni colà depositati contenenti documenti redatti a quel tempo dalla Prefettura, dalla Questura, dalla Corte d’Appello, dalla Commissione per l’epurazione e, altri ancora, contenuti in raccolte private, sempre catalogati all’Archivio di Stato. (Molto interessanti, ma purtroppo limitate nel numero, le relazioni mensili redatte dalla Prefettura al pari delle “riservate personali” – riprodotte in questo volume con un carattere tipografico differente, per sottolineare la diversità della fonte informativa – inviate dalla Questura e relative allo stato della città, dove sono riportate le implicazioni politiche, le indicazioni e i suggerimenti risultanti dallo stato delle cose).
Non potevamo minimamente immaginare la mole di informazioni contenute in quelle pagine ascrivibili a fatti e personaggi falconaresi. Indubbiamente queste ci stavano offrendo una quantità notevole di elementi conoscitivi che avrebbero portato davvero a dare completezza al “racconto di Falconara”. Ci era sembrato impossibile che quel regime illiberale non avesse influenzato e influito sul vissuto delle persone, sulla società, l’economia, la cultura della frazione anconitana. Del resto nulla poteva essere svolto autonomamente al di fuori delle direttive, indiscutibili tra l’altro, quanto imposte da Roma. Perché ad una disciplina militare e ad un ordine gerarchico, come era stato configurato il regno e il governo della nazione, non era assolutamente possibile derogare.
Ed è stato così, semplicemente, che fatti e nomi sono affiorati dal nulla, a dimostrazione di quanta rovina, di quanta miseria economica, morale e culturale, di quanta violenza nascondesse quella pletora infinita di parole d’ordine, gratificanti e rassicuranti, tanto sbandierate e propagandate da radio e stampa (richiamate a volte, anche oggi, da quella infima schiera di nostalgici di una dittatura in cui non hanno vissuto e di cui poco conoscono!), ammantate per di più da asserzioni di invincibilità, di efficientismo fascista, di maschia virilità.
E le risposte, alle tante domande, che pure ci eravamo posti anche durante la realizzazione dei precedenti volumi, emergevano chiare e inequivocabili dalle righe di quei fogli: tutta una serie di informazioni che stavano veramente dando corpo ad una storia, ancora non scritta, per colmare la distanza che separava il sentito dire dalla realtà. E che quel regime, con le sue declamate quanto baldanzose iniziative, avesse convinto e coinvolto tanta parte della popolazione lo dimostrano le partecipazioni locali ad ogni iniziativa voluta dal fascismo a cui non si può, oggi, non porre attenzione.
La campagna demografica, per esempio, con la tanto magnificata elargizione di premi in danaro (non a tutti!), che aveva finito per impoverire le famiglie, era coincisa con la chiamata alle armi a sostegno di una guerra che avrebbe dovuto portare pace e giustizia.
Un fatto ci ha profondamente colpiti. Una busta, ritrovata nell’interno di un faldone, all’apparenza ancora chiusa: dentro una fotografia realizzata in uno studio fotografico di Ancona. Vi è ritratta una famiglia, padre, madre e otto figlie. Orgogliosamente, appeso all’occhiello della giacca dell’uomo il simbolo della sua prolificità. Un foglietto, piegato, l’accompagnava; una scrittura vergata faticosamente, parole scritte col cuore più che
con la penna. I timbri sulle pagine testimoniano della ricezione da parte dell’autorità politica che doveva assumersi il compito d’indirizzarla alla destinataria. Quelle parole, dunque, e quell’immagine rivelano tutta la miseria e i lutti che il fascismo seppe produrre con le sue aberranti manifestazioni di grandezza, col miraggio di un benessere assoluto che sarebbe derivato dalla vittoria militare su tutti i fronti, ma che non avrebbe mai potuto realizzarsi dopo che ogni risorsa, umana e materiale, era stata sacrificata e scientemente gettata nel vortice della guerra. E quei lutti e quella miseria rappresentavano la sintesi veritiera del fascismo: una dittatura votata alla morte, costruita sul mito dell’eroe guerriero, del sacrificio sublime avallato, per di più, da una chiesa prona ad un altro Capo, in cui un infame quanto blasfemo riferimento all’aldilà luminoso diveniva il premio meritato per tutta quella infinita schiera di giovani, e meno giovani, che credettero ciecamente nella potenza guerriera, nelle parole e nelle azioni di un uomo e dei suoi tanti accoliti che nell’odio verso ebrei (si leggano le elucubrazioni, le vessazioni e le invettive riportate dal Corriere Adriatico e non solo), inglesi (accusati di controllare e sfruttare tutte le ricchezze del pianeta a danno di tanti popoli) e comunisti (questi ultimi visti come il male assoluto) avevano fagocitato le coscienze dei tanti che finirono tristemente la loro esistenza lontano dagli affetti, in luoghi impervi e sconosciuti, dopo avere, a loro volta, imposto leggi e provocato violenze e rovine, convinti di portare in quelle terre e a quei popoli, con le armi, la vera religione e la “civiltà millenaria di Roma”. Un colonialismo assassino e predatorio: questo, invece, il portato ultimo del fascismo. E a dar man forte a questo stato di cose la chiesa ufficiale, non solo le risapute perorazioni guerrafondaie a pro della dittatura fascista, dei combattenti e delle guerre di conquista di nefandi cappellani militari, bensì con gli interventi di vescovi e cardinali, parroci e frati: si leggano le cronache per le giornate di preghiera istituite a favore del “soldato italiano” e per la vittoria, tenute nelle diverse diocesi, di Ancona e Falconara; le invocazioni innalzate ad un Supremo per la sottomissione violenta di interi popoli e, poi, le messe, le infinite messe in suffragio degli “eroi immolatisi sul campo dell’onore” (abusata frase ripetuta all’infinito in ogni intervento, in ogni cronaca giornalistica, per definire i caduti nelle terre invase) a difesa dei valori cristiani. Mai una parola, un cenno, un pensiero a coloro che cadevano inermi sotto i colpi delle armi e della bandiera sabauda senza conoscerne il motivo. A costoro non una parola, non un cenno, non un pensiero. Nessuna carità cristiana! Sì, furono tanti, anconitani, falconaresi, castelferrettesi che si “immolarono” per la “patria fascista”, convinti senza dubbio anche loro, e benedetti dalla religione di Stato, di aver operato nel giusto combattendo, uccidendo e morendo in Spagna, in Africa, in Jugoslavia, in Grecia, in Albania o in Russia. Dopo tanti anni nelle toponomastiche cittadine qualche nome di questi “eroi” è ancora ricordato attraverso le targhe delle vie, o con la mai rimossa intitolazione a caserme, palestre, scuole. Ma circola anche, e viene troppo spesso enunciata, una divenuta “leggenda metropolitana”: e cioè che non è vero che tutti aderissero al fascismo, o meglio, che l’adesione fu data per paura, per salvaguardare la famiglia, per pura sopravvivenza materiale. E se per una parte dell’opinione pubblica questo viene recepito quale verità, o almeno considerato credibile, ci domandiamo come sia potuto sopravvivere un regime dispotico per vent’anni e più, e come dovrebbero allora venire considerati →
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coloro, e non furono pochi, che non si piegarono e mai s’iscrissero nelle organizzazioni del fascismo, preferendo la disoccupazione, la miseria, infine la galera o la clandestinità piuttosto che servire una dittatura illiberale, violenta, vessatoria?
Nella piccola realtà falconarese l’adesione al fascismo fu quasi plebiscitaria: i numeri non mancano così come le testimonianze. Il risveglio dall’incantamento era iniziato proprio quando la propaganda aveva cominciato a vacillare dopo i tracolli militari e i bombardamenti alleati su Ancona; bombardamenti che avevano colpito pesantemente anche Falconara, provocando lutti e rovine. Solo dopo, tanto dopo e timidamente, proprio quando la difficile ricostruzione stava dimostrando la possibilità non più remota di un altro modo di vivere, era affiorata la consapevolezza, non in tutti beninteso, di quello che aveva significato il peso oppressivo della dittatura e allora le parole d’ordine, i proclami, i motti guerrieri, le divise militari, le sfilate, le bandiere, i gagliardetti, i distintivi, le tessere, gli inni, le messe, la paura, in una parola il corollario della tragedia vissuta finirono per voler essere dimenticati. Anzi, rimossi dalla memoria collettiva! Ma la memoria non può venire cancellata! E allora diviene necessario immergersi e ripensare a quella propaganda e ai suoi deleteri effetti proprio con la lettura degli articoli prodotti sulle ricorrenze, innumerevoli, del regime, o degli interventi di personalità atti alla sollecitazione dei comportamenti da assumere nella quotidianità; così come rileggere i tanti “resoconti” di guerra (pur limitati nel numero per ragioni esclusivamente di doverosa documentazione) dove gli inviati non si limitavano a descrivere i luoghi, gli avvenimenti, le battaglie, ma infarcissero i loro scritti di tutti quegli elementi retorici quanto di impossibili eroismi atti a sensibilizzare il lettore, a imbonirlo, a suscitare in lui emozioni per finire con l’instillare emulazioni, soprattutto nell’animo di tanti giovani “organizzati” nelle diverse associazioni politiche e militari, sorte col preciso intento di prepararli al combattimento, all’odio verso i nemici, tutti i “nemici”, all’eroismo esaltato fino al “sacrificio supremo” per la “grandezza” della patria! Triste risultato: il tumulo in una chiesa, qualche volta il ritorno delle spoglie mortali, le messe cantate, le immancabili, infinite preghiere, un panegirico ad esaltazione del sacrificio del caduto, il saluto del segretario politico, l’esposizione di labari e gagliardetti, infine la consegna di una medaglia a madri o spose chiamate, poi, di continuo a dare testimonianza e con fierezza in tutti i raduni civili, militari e religiosi della loro generosa offerta fatta alla patria fascista. E Falconara non visse immune da questa realtà. Perché, anche qui, e parafrasando il titolo di un film (solo il titolo!), “Noi credevamo”, era stato il convincimento unanime prodotto da una propaganda martellante a far presa, così come l’illusione che i sacrifici imposti dalla guerra avrebbero finito per cambiare il mondo con l’instaurazione di un ordine assolutamente perfetto. E quanto questo ordine fosse “perfetto” è stato ampiamente dimostrato!
Tutto il vissuto falconarese non ha, evidentemente, trovato ancora spazio per una riflessione obiettiva, se ancora oggi si adombrano perplessità sul quel passato quando, addirittura, non si giunge ad invocare un ritorno, in qualche misura, ad alcuni dettami di quella dittatura. Affermazioni aberranti che denotano appunto la non conoscenza.
Nessuno ha, dunque, mai voluto, se non sporadicamente, spendere tempo nella ricerca e nella riproposizione di quei vecchi articoli giornalistici e riportare alla luce i tanti documenti che pure scandivano molto bene, e giorno dopo giorno, l’evoluzione, o l’involuzione, dei costumi, della cultura, di tutto un insieme di fatti che rappresentavano davvero l’essenza stessa
del vivere quotidiano sotto la dittatura fascista. Mai sono stati considerati la piaga dei furti, la truffa del latte annacquato, del pane immangiabile, del contingentamento di ogni derrata alimentare; mai sono stati considerati i sussidi straordinari elargiti dal fascio per lenire l’indigenza delle famiglie dei combattenti; degli insegnamenti scolastici ben distinti tra maschi e femmine, queste ultime, ovviamente, dedite solo all’apprendimento dell’economia domestica; delle radiodiffusioni; delle colonie elioterapiche e della misera refezione scolastica; o degli svaghi con proiezioni obbligatorie di film di guerra e delle riviste musicali con l’esclusiva esibizione di piccoli cantanti, come di compagnie comiche al Teatro Ciucci a vantaggio del morale di combattenti e feriti a cui, alla fine dello spettacolo, venivano elargiti, da nobili signore, immancabilmente sigarette e vino; o della presenza in paese di caserme, di presidi militari, di campi contumaciali per i reduci della campagna di Russia; delle adunate al campo sportivo “Corridoni”; della sede del fascio con i personaggi che lo frequentavano e di quanto lì dentro vi avvenisse; del dopolavoro cittadino incaricato della raccolta di indumenti usati, del ferro, della lana per i combattenti e della confezione di pacchi da inviare ai militari sui vari fronti e di quelli per la befana fascista (sempre realizzati attraverso il concorso della beneficenza pubblica) in favore dei figli dei caduti, dei soldati e di quelli delle tante famiglie povere; povertà che il fascismo, nonostante le sue promesse, non era riuscito a debellare; o delle adunate, degli incontri culturali nella sede falconarese dell’istituto nazionale di cultura fascista, dell’arrivo degli sfollati anconitani in Falconara prima, a Castelferretti poi, degli inutili rifugi antiaerei cittadini.
E, ancora, dei bombardamenti alleati con le foto ritrovate testimoni di un paese, Falconara, “completamente spopolato e distrutto” (dalla didascalia che accompagna le poche immagini del fotografo Tadeusz Szumanski). Senza dimenticare il comportamento della popolazione durante i quarantacinque giorni del governo Badoglio e di quelli successivi all’armistizio con un territorio in mano alle forze militari tedesche.
E del ripiegamento (ovvero fuga) verso nord di fascisti e repubblichini, delle macerie, e del difficile ritorno in ciò che rimaneva dopo il saccheggio delle abitazioni da parte di chiunque, civili e militari, si fosse trovato a passare per la cittadina: necessità assoluta per la sopravvivenza in alcuni casi, per altri quale bottino di guerra… Mai ci si è soffermati a ripensare e a sottolineare questi fatti. La storia, e il tempo naturalmente, sembra non averne tenuto conto, incaricandosi di occultarne il processo comunicativo!
Coltivare la memoria, e con essa la verità, sembra a noi di riportare nella giusta dimensione ciò che è accaduto senza giustificazioni di sorta. La lettura di un articolo dopo l’altro (ma oggi faticoso diviene il leggere, faticoso e, pare, inutile, visto che siamo supportati e oppressi dai cosiddetti social, attraverso i quali ci si accontenta di un’essenzialità linguistica che conduce ad una deludente povertà espressiva) rappresenta il miglior modo per comprendere davvero di come le parole abbiano potuto, nell’assenza totale di quelle di una qualsiasi opposizione e di una cultura altra, incidere tanto profondamente nelle coscienze di un intero popolo e convincerlo ad accettare e intraprendere un’avventura tragica, che non poteva che portarlo alla completa rovina (a questo proposito si leggano le lettere inviate dai combattenti dai vari fronti, scritte con una prosa elementare, carica di convinzioni assorbite e fortemente esaltate, che ben dimostrano di come il regime avesse avuto facile presa sull’inconsapevolezza di tanti individui!).
E se è vero quanto abbiamo sin qui affermato, pure anche le
Perdonerà l’ardire che mi prendo, è una povera vedova madre di otto figlie femmine avendo perduto il marito e non avendo mezzi per poter sostenere le mie propprie figlie, mi rivolgo a Lei madre della nostra Patria che con benevole aiuto del Duce potrà farmi risorgere nelle mie condizioni misere.
Nobile ed Augusta Donna può immaginare una povera madre con ben otto figlie femmine come può vivere senza nessun aiuto? La più grande di esse conta 19 anni e la piccola di 5 anni ove le accludo la fotografia. Immagini Lei una povera donna con a carico tutta la sua famiglia ove sono ancora ammalata.
Voglio sperare che il Padre nostro che protege alle famiglie numerose di lenire la mia miseria, ed io pregherò al buon Iddio per tutta la sua famiglia e per la grandezza della nostra Patria. Mi scuserà e perdoni il disturbo ringraziandole anticipatamente con alta osservanza.
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fasi difficili della ricostruzione non hanno avuto, nella storiografia ufficiale sin qui prodotta, alcuno spazio. E sempre con il sostegno di articoli pubblicati su periodici, poveri anch’essi di fogliazione, ma sicuramente liberi seppur, in alcuni casi, nella contingenza del controllo dell’amministrazione militare alleata, ci viene presentata la complessità positiva di una nuova realtà, fatta di partecipazione, di ricerca di identità, in una parola la
rinascita di una comunità: la comunità falconarese. La nuova vita iniziava il suo percorso con la costituzione, o ricostituzione, dei partiti politici, il coinvolgimento collettivo e solidale per il superamento delle immense difficoltà quotidiane. E a tutto questo non poteva non aggiungersi, purtroppo, la piaga, inevitabile in tanto fermento, dei furti e così le cronache hanno iniziato a registrare denunce e arresti; di borsaneristi, di →
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Alla Nobile Donna Rachela
ladri e di truffatori e, poi, non ci si dimenticò affatto della violenza fascista passata, compresa la spoliazione economica che pure si era verificata negli anni del regime; così la stampa ebbe a raccontare i fatti e le prime denunce con richieste di epurazione politica; e, infine, col racconto della lotta partigiana.
Come si vede un quadro variegato, che avrebbe meritato, già nel tempo, approfondimenti e studi più appropriati, a sottolineare anche i sommovimenti futuri che sarebbero intervenuti per offrire elementi di pensiero atti a contrastare quegli atteggiamenti di stampo negazionista, nostalgico e reazionario riscontrabili in ancora tanti atti del nostro presente.
Lo rimarchiamo; questo l’impegno che ci eravamo assunti: scartabellare e recepire documenti e inseguire le cronache giornalistiche perché quel grande patrimonio d’informazione e di conoscenza non andasse perduto e dimenticato.
La tecnologia, che pure sarebbe disponibile e applicabile per la salvaguardia, attraverso la riproduzione digitale, di tutto il cartaceo, viene utilizzata in minima parte: non per i costi, certamente notevoli, ma perché pare davvero avere scopo e interesse solo per un sempre minor numero di studiosi. E dove si è cercato di sopperire “artigianalmente” la quantità riprodotta
è risultata, e non poteva essere diversamente, limitata agli impieghi culturali di un determinato ente o per le necessità di qualche frequentatore di biblioteca.
Dunque, per salvare questa memoria occorreva giungere a riprodurre il materiale ritrovato accorpandolo in una pubblicazione che comportasse, con carta e stampa più appropriate, una divulgazione complessiva e fruibile. Lo abbiamo fatto. Convinti, più che mai – nonostante la fatica, l’impegno economico, i non molti riscontri, ma con l’orgoglio della nostra assoluta autonomia – della necessità nel proseguire quest’avventura e, come sempre, senza alcuna interferenza da parte nostra, se non le righe introduttive affidate al “Diario”.
Lo abbiamo fatto e lo facciamo per noi, per il piacere, appunto, della conoscenza e, forse, con l’intimo intento di riuscire a coinvolgere, con il nostro lavoro, coloro che non vogliono dimenticare. Ci sorregge, però, e non possiamo negarlo, anche quest’altra speranza: di trovare ancora nuove persone, soprattutto giovani, interessate a voler conoscere per davvero la storia del proprio paese.
Lucia Perazzoli e Athos Geminiani
“Oggi le persone benpensanti, questa classe intelligente così sprovvista di intelligenza, cambiano discorso infastidite quando sentono parlar di antifascismo. (…) Finita e dimenticata la resistenza, tornano di moda gli ‘scrittori della desistenza’: e tra poco reclameranno a buon diritto cattedre ed accademie.
Sono questi i segni dell’antica malattia. E nei migliori, di fronte a questo rigurgito, rinasce il disgusto: la sfiducia nella libertà, il desiderio di appartarsi, di lasciare la politica ai politicanti. Questo il pericoloso stato d’animo che ognuno di noi deve sorvegliare e combattere, prima che negli altri, in se stesso: se io mi sorprendo a dubitare che morti siano morti invano, che gli ideali per cui son morti fossero stolte illusioni, io porto con questo dubbio il mio contributo alla rinascita del fascismo.
Dopo la breve epopea della resistenza eroica, sono ora cominciati, per chi non vuole che il mondo si sprofondi nella palude, lunghi decenni penosi ed ingloriosi della resistenza in prosa. Ognuno di noi può, colla sua oscura resistenza individuale, portare un contributo alla salvezza del mondo: oppure, colla sua sconfortata desistenza, esser complice di una ricaduta che, questa volta, non potrebbe non esser mortale”.
Piero Calamandrei (da Il Ponte, ottobre 1946)
“… Il ventennio fascista non fu, come oggi qualche sciagurato immemore figura di credere, un ventennio di ordine e di grandezza nazionale: fu un ventennio di sconcio illegalismo, di umiliazione, di corrosione morale, di soffocazione quotidiana, di sorda e sotterranea disgregazione morale. Non si combatteva più sulle piazze, dove gli squadristi avevano ormai bruciato ogni simbolo di libertà, ma si resisteva in segreto, nelle tipografie clandestine dalle quali fino dal 1925 cominciarono a uscire i primi foglietti alla macchia, nelle guardine della polizia, nell’aula del Tribunale speciale, nelle prigioni, tra i confinati, tra i reclusi, tra i fuorusciti”.
Piero Calamandrei
“Coltivale la Memoria è ancora oggi un vaccino prezioso contro l’indifferenza e ci aiuta, in un mondo così pieno di ingiustizie e di sofferenze, a ricordare che ciascuno di noi ha una coscienza e la può usare”.
Liliana Segre
Mussolini ultimo atto
“Tutti coloro che dimenticano il loro passato sono condannati a riviverlo”
Primo Levi
Quando nel giugno del 1940, dal balcone di Piazza Venezia, il Duce annunciò l’entrata in guerra dell’Italia, nell’euforia del momento nessuno poteva immaginare che di lì a tre anni il conflitto avrebbe decretato la definitiva resa dei conti per la dittatura fascista e per il suo capo. L’evidente impreparazione militare e i conseguenti insuccessi subiti dalle nostre truppe sui vari fronti – débâcles che smascherarono il vero volto del regime fino a quel momento ammantato di reboante quanto vuota retorica –, costrinsero sin da subito gli alleati tedeschi a combattere per noi e l’illusione mussoliniana di una “guerra parallela” si sciolse come neve al sole.
Dopo il fallimento dell’Operazione leone marino contro la Gran Bretagna e la lunga battaglia d’Inghilterra che costrinse Hitler a rinunciare all’invasione dell’isola, nel corso del ’41 i tedeschi, vittoriosi nei Balcani, danno vita al Piano Barbarossa che prevede l’invasione dell’URSS, operazione cui partecipa l’Italia col Corpo di Spedizione Italiano in Russia, mentre alla fine dell’anno i giapponesi attaccano la flotta statunitense a Pearl Harbour determinando l’entrata in guerra degli americani. La guerra diventa mondiale.
Nel ’42 si concretizzano le mire della Germania di edificare un’Europa nuova guidata dalla “razza pura” e il dominio nazista appare inscalfibile; nell’estate dello stesso anno l’Armata Italiana in Russia (ARMIR) subisce una vera e propria disfatta e in autunno gli italo-tedeschi vengono sconfitti nella battaglia di El-Alamein (ottobre-novembre ’42). Ha inizio nel frattempo l’epica battaglia di Stalingrado che sarebbe durata mesi, fino alla resa tedesca nel febbraio del ’43, e nei vari Paesi sotto il tallone tedesco cominciano a sorgere gruppi di opposizione e resistenza al nazifascismo. Il conflitto è a una svolta quando nel Pacifico si susseguono le vittorie alleate nelle grandi battaglie navali che frenano l’offensiva giapponese.
In Italia è il momento del redde rationem per un regime ormai agli sgoccioli. Il 25 luglio del ’43 Vittorio Emanuele III fa destituire e poi arrestare Mussolini, messo in minoranza durante l’ultima seduta del Gran Consiglio del Fascismo, e l’incarico di formare un nuovo governo è affidato al maresciallo Badoglio. Il regime crolla come un castello di carte tra manifestazioni popolari e distruzione dei simboli della dittatura, mentre già in primavera in tante industrie del Nord gli operai hanno dato vita ai primi scioperi.
Dopo lo sbarco alleato in Sicilia e l’occupazione dell’isola, il governo italiano firma l’armistizio reso noto l’8 settembre e si dà alla fuga insieme al re verso Brindisi sotto protezione alleata lasciando gli eserciti senza ordini e l’intero Paese allo sbando. Mussolini, intanto, liberato dai tedeschi sul Gran Sasso, fonda a settembre la Repubblica Sociale Italiana, in pratica un governo fantoccio in mano agli hitleriani. Gli italiani vivono così la realtà di un Paese diviso a metà tra Regno d’Italia – che ha dichiarato guerra al vecchio alleato – e RSI.
È nel corso di questo scorcio dell’anno che, ripresa l’attività da parte dei partiti antifascisti, si organizzano le formazioni partigiane nell’Italia centro-settentrionale con la futura creazione di alcune forme di autogoverno nelle zone liberate dai tedeschi. La guerra di liberazione è cominciata e il movimento della Resistenza, coordinato dal neonato CLN,
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vede ingrossare le sue file di uomini e donne decisi a combattere per un futuro di libertà. Alle azioni dei combattenti fanno da contraltare le feroci e indiscriminate rappresaglie naziste come quella a Marzabotto dove i tedeschi passano per le armi quasi duemila abitanti inermi.
Nel giugno del ’44, con lo sbarco in Normandia, gli Alleati aprono un secondo fronte, mentre Roma e la Francia vengono liberate e sorge il Corpo Volontari della Libertà che unifica militarmente il movimento dei resistenti guidato da Parri, Longo e Cadorna. Le sorti del conflitto sono ormai segnate e la resa della Germania solamente questione di mesi.
Le cronache giornalistiche degli anni presi in esame in questo volume registrano per Falconara, a parte quanto attiene agli eventi bellici, le solite manifestazioni di regime in ossequio al Duce e i proclami pomposi cui Mussolini ha abituato da un ventennio gli italiani. Le stagioni del “romanzo d’estate” sono ormai un lontano ricordo, poca cosa le attività delle colonie balneari elioterapiche o le soirées spensierate, così come la fondazione della Società Polisportiva Falconarese del Littorio e del Comitato turistico “Pro Falconara” per la valorizzazione di un litorale che anni addietro poteva gareggiare con Rimini e Riccione e vantarsi d’essere “l’avanguardia di Ancona Marinara”… Ora la realtà vera è un’altra: furti (specie di biciclette), borsa nera, penuria di viveri, generi razionati, oscuramenti e carte annonarie, raccolta del rame, radio-scuola, famiglie sfollate, atti di sciacallaggio, interruzioni dell’erogazione del gas, allarmi e coprifuoco. In tale contesto, ha del tragicomico il pezzo del Corriere Adriatico con la proposta di sostituire, in Piazza del Littorio (ex Mazzini), con panchine di cemento quelle “antiestetiche e scomode” di ferro, un materiale utile “per fornire le armi per la Vittoria” rendendo insieme “un servizio alla Patria in armi ed un altro ai cittadini e agli ospiti” …
Una certa attenzione merita la lettura delle lettere spedite dai combattenti. In esse è il riflesso lampante dell’indottrinamento di regime che letteralmente ha plasmato le coscienze soprattutto dei tanti giovani mandati al macello, e nelle cui scarne righe risuona l’eco di parole d’ordine ormai stanche, ripetitive e vuote: passione, entusiasmo, fede, spirito di sacrificio e patriottico e soprattutto certezza della vittoria finale (“Vincere e vinceremo…”).
La stampa locale informa puntualmente, com’è logico, sui bombardamenti degli Alleati e sulle loro tragiche conseguenze, uno stillicidio da parte delle “fortezze volanti”. Particolarmente cruenti gli attacchi aerei che investono Ancona il 16 ottobre, l’1 e 2 novembre 1943 colpendo maggiormente quartieri occidentali della città dorica, il rifugio del Reclusorio e l’Istituto degli orfani “G. Birarelli”. L’8 dicembre gli “anglo-assassini ” bombarderanno il quartiere sud-occidentale comprendente l’Istituto psichiatrico dove le vittime risulteranno decine; una cinquantina tra morti e feriti quelle dell’incursione del 30 dicembre a Falconara, dove a essere danneggiati saranno molte abitazioni, le arcate del ponte sull’Esino e tratti della linea ferroviaria, mentre rimarrà distrutta la chiesa parrocchiale dedicata alla Beata Vergine che sorgeva lungo la Flaminia.
Alle 14,30 del 19 luglio del ’44, i polacchi dell’VIII Armata del generale Anders liberano Ancona e di lì a poco entra in carica il primo governo Bonomi cui seguirà il secondo a dicembre.
Gli anni del conflitto sono per Falconara quelli della scomparsa di quattro concittadini oggi ricordati dalla toponomastica locale. A distanza di un mese, dicembre1940-gennaio 1941, muoiono il maggiore Umberto Saracini e il primo aviere Ugo Catalani, ai quali la cittadinanza falconarese ha dedicato rispettivamente la caserma già sede dell’ 84° Battaglione Fanteria “Venezia”, dal 2000 dismessa e in stato di completo abbandono, e una piazzetta nella zona nord.
Ugo Catalani è abbattuto ventiduenne sul fronte greco-albanese e gli verrà conferita la medaglia d’argento al valore militare; sul fronte greco Umberto Saracini, ex squadrista, muore guadagnandosi la medaglia d’oro al valore militare mentre sul fronte mediterraneo la stessa sorte tocca al tenente pilota Duca Gabriele Ferretti di Castelferretto. Nel 1942 iniziano le riprese del film “Ossessione” – protagonisti Clara Calamai e Massimo Girotti – capolavoro della cinematografia neorealista del regista Luchino Visconti, con sequenze che hanno come sfondo zone del colle Guasco della città dorica. L’anno successivo, invece, segna la scomparsa di un uomo la cui figura ci riporta al presente. Investito da un autocarro, muore a Bologna lo scienziato Arturo Donaggio, nato a Falconara, docente universitario nonché presidente della Società Neurologica Italiana. Il suo nome compare tra i firmatari, nel 1938, della relazione al Duce concernente la questione della razza da cui scaturirono le famigerate leggi. Da tempo nella nostra cittadina è attiva la proposta di cancellazione della via a lui intitolata, come già accaduto a Roma nel 2019. Riposa invece nel cimitero di Falconara Goffredo Baldelli, il partigiano azionista ucciso a Poggio San Vicino nel 1944.
Il 1944… Dopo anni di propaganda urlata, di sfilate e parate, esibizioni di forza e slogan trucibaldi, di un decantato quanto fittizio benessere, l’uscita dal tunnel ventennale e l’imminente fine della guerra consegneranno agli italiani un’altra realtà. E un’altra storia.
Al termine di questa breve disamina di anni tra i più cruciali del Novecento, una riflessione appare d’obbligo. La rivisitazione in chiave revisionista del fascismo propria degli ultimi anni ha mirato a ribaltare quello che in sede storiografica sembrava un giudizio nel complesso già acquisito e cioè l’innegabile natura liberticida e per tanti versi criminale di un regime le cui false verità sono state smentite alla prova dei fatti. Un regime che, al confronto con quello hitleriano, è voluto apparire a taluni connotato da tratti addirittura tolleranti se non liberali, una sorta di governo autoritario sui generis privo cioè dei caratteri tipici dei veri totalitarismi. Ciò dimenticando a bella posta la purezza della razza vantata da Mussolini ancor prima della presa del potere, l’infamia delle leggi contro gli ebrei, le mille forme di violenza e l’eliminazione fisica degli avversari politici eretta a metodo di lotta, il colonialismo criminale (Rodolfo Graziani docet), la connivenza con gli stragisti nazisti responsabili di 11 milioni di morti nei soli campi di concentramento, la martellante propaganda tesa ad amplificare i presunti fasti italici, il cinismo di una politica improntata alla creazione del mito del Duce-Superuomo, l’esaltazione del popolo in armi (gli otto milioni di baionette…) e della guerra, avventura rivelatasi tragica col suo strascico di sangue e distruzione. Quanto basta, si supporrebbe, per dissuadere chiunque da facili e superficiali – quanto strumentali – riabilitazioni. E invece no. Invece assistiamo a sempre più numerosi tentativi di rileggere e rivisitare uomini e “imprese” del fascismo alla ricerca di ciò che di buono hanno significato, insieme al manifestarsi ripetuto di rigurgiti fomentati da capipopolo in sedicesimo, ridicoli e cialtroni se non fossero un serio e reale pericolo per la democrazia. Non possono non inquietare in tal senso alcune delle proposte da tempo avanzate da parte di frange nostalgiche, non ultima quella quasi grottesca della intitolazione toponomastica a Giorgio Almirante, capo gabinetto del ministero della cultura popolare della RSI, da molti ritenuto uno dei padri della prima repubblica…
L’auspicio è che la lettura di un testo come il presente possa contribuire a smascherare le tante falsità di un esperimento politico condannato dalla storia e a rischiarare le menti, specie dei giovani, offuscate dal vento torbido che da troppo tempo spira nel nostro Paese. Perché la memoria prevalga sulla dimenticanza.
Stefano Graziosi
11 10
1941
L’Eccellenza il Prefetto distribuisce alle famiglie dei pescatori i doni di Donna Rachele Mussolini
Ancona – La sala maggiore del Palazzo provinciale ha nuovamente ospitato la gagliarda rappresentanza delle famiglie della nostra gente marinara: i rudi pescatori, le sane e prosperose donne che condividono con i loro mariti la diuturna fatica lungo i moli e le banchine e con loro dividono le ansie e le gioie della partenza e del ritorno dei natanti dalla perigliosa missione.
Le donne hanno indossato la veste della festa, portano in braccio floridi bimbi e sul viso traspare una luce di contentezza, di serenità. Accanto a loro gli uomini, dal volto rugoso e maschio, se ne stanno muti ma i loro occhi brillano e tradiscono un’intima commozione.
Donna Rachele Mussolini, la loro benefattrice, ha mandato i suoi doni. E di fronte all’ordinato schieramento di questi “fedeli del mare” eccoli i pacchi, che mani gentili di donne fasciste hanno confezionato a seconda dei bisogni di ognuno dei beneficati e sulla scorta delle indicazioni fornite dalle attivissime visitatrici fasciste in collaborazione con i camerati del Consorzio Motopescherecci.
Con puntualità assoluta l’Eccellenza il Prefetto Tamburini, seguito dal Federale, dal Questore, dal vice preside della Provincia, dal maggiore comandante il gruppo dei CC.RR., fa il suo ingresso nella sala mentre dalla folla dei convenuti si leva alto e possente il saluto al Duce.
Sono presenti la gentile consorte dell’Eccellenza il Prefetto, la Fiduciaria dei Fasci femminili, la vice fiduciaria Vicari, la comandante dei reparti femminili, le Segretarie di Fascio femminile, collaboratrici e visitatrici, l’ispettore Cangiani del Consorzio Motopescherecci, i fiduciari dei Gruppi rionali ed altri gerarchi.
L’Eccellenza Tamburini inizia subito la distribuzione dei pacchi dono. Sono 234 famiglie che vengono beneficate da Donna Rachele Mussolini ed alle più bisognose delle quali vengono distribuite anche somme di denaro per un complessivo importo di L. 5000.
La distribuzione avviene tra la più viva soddisfazione di questi umili che si presentano levando la mano nel saluto romano e tutti vogliono esprimere il loro commosso grazie e la loro riconoscenza all’amata Donna Rachele.
Al termine della consegna dei pacchi l’Eccellenza il Prefetto fa ancora distribuire altri indumenti di vestiario per i bambini dai sei ai dieci anni. La manifestazione di riconoscenza e le espressioni di grazie si rinnovano al termine della distribuzione ed infine un potentissimo saluto al Duce dice di quale fede fascista è permeato l’animo di questi popolani, fedeli, tenaci e laboriosi.
Deliberazioni podestarili
Il Podestà ha deliberato lo stanziamento di lire 2000 per restauri agli imbocchi delle strade vicinali soggette a pubblico transito; di lire 198,3 per riparazione e restauro forno di Montesicuro e di lire 24.769,31 per demolizione e ricostruzione cordonata e marciapiedi a Falconara Marittima; ha poi deciso di affidare a trattativa privata la costruzione del nuovo tratto di colombario del cimitero di Castelferretti per la somma di lire 19.957,40 e di esonerare dal pagamento del dazio comunale il vino destinato ai feriti di guerra degenti negli ospedali cittadini, salvo i diritti erariali.
Un tentato furto
Sotto l’imputazione di avere tentato di commettere un furto, senza però riuscirvi, e ciò per ragioni indipendenti dalla sua volontà, è stato deferito al Procuratore del Re e rinviato adesso al tribunale per il giudizio Quinto Canonici fu Antonio di anni 34 da Montemarciano e residente a Castelferretti.
Corriere Adriatico, 1 gennaio
La “campestre” della Gazzetta
I camerati dell’Ufficio sportivo del Comando G.I.L. di Fascio di Falconara stanno lavorando alacremente per l’organizzazione della corsa campestre del 19 gennaio p.v., promossa dalla Gazzetta dello Sport.
Gli organizzatori stanno rivolgendo anche la loro propaganda in provincia e nella regione marchigiana e si è sicuri di ottenere la presenza di tutti i giovani elementi non solo della provincia anconitana, ma anche di Macerata e Pesaro.
Nulla sarà quindi trascurato per fornire alla bella prova della “rosea” un perfetto quadro di stile organizzativo.
I premi individuali sono: medaglione argento dorato mm 50 ed oggetto artistico al primo; al secondo, medaglia argento dorato mm 23; terzo, id. mm 23; quarto, id. argento mm 23; quinto, id.; dal sesto al decimo, medaglia di bronzo mm 32; dall’undicesimo al ventesimo, medaglia di bronzo mm 23.
I premi di rappresentanza: Coppa “Camera dei Fasci e delle Corporazioni”, alla Società, G.I.L., G.U.F, O.N.D., avente i migliori classificati nei primi dieci arrivati; Coppa “Lavoro Fascista”, alla Società, G.I.L., G.U.F., O.N.D., avente il maggior numero di arrivati in tempo massimo.
Ecco i primi iscritti: 1. Balducci; 2. Mazzoni; 3. Massacesi; 4. Pelonari; 5. Giancarli,
G.I.L. di Falconara M. Il Littoriale, 2 gennaio
L’identificazione del cadavere
rinvenuto nelle acque falconaresi
Il cadavere rinvenuto domenica scorsa nelle acque falconaresi è stato identificato. Si tratta di tale Carlo Adanti fu Antonio di anni 46 da Fano. Il riconoscimento è stato possibile per mezzo dei famigliari del defunto.
Corriere Adriatico, 4 gennaio
La Befana fascista
Falconara Marittima, e per essa il Comando G.I.L. di Fascio, ha chiamato ieri mattina al Teatro Ciucci a raccolta tutti i bimbi poveri appartenenti a famiglie numerose, figli di richiamati, orfani di combattenti ecc., dall’età dai 6 ai 12 anni per consegnare ad essi il pacco-dono del Duce il quale ha portato il sorriso sul volto di ben 200 fanciulli e fanciulle che nella benefica volontà del Capo hanno nuovamente veduto con quale paterno amore il Fascismo segue i bimbi del popolo.
Dopo il saluto al Re Imperatore e al Duce, ordinato dal vice Segretario del Fascio, il vice Comandante della G.I.L. camerata Moscarelli Tullio ha rivolto ai bimbi ed ai genitori, i quali gremivano ogni ordine di posti del teatro, chiare parole di circostanza illustrando gli scopi per i quali è stata istituita la “Befana fascista”.
Quindi è stata eseguita la distribuzione dei pacchi contenenti cose utili quali indumenti, divise, dolci e giocattoli, aspirazioni di ogni fanciullo.
Presenziavano tutte le autorità politiche, civili e militari cittadine. La cerimonia ha avuto termine con un’interessante proiezione di due film tra l’entusiasmo dei piccoli beneficiati.
Ai figli dei dipendenti dell’Agip Anche quest’anno il Dopolavoro aziendale Agip ha organizzato la Befana fascista.
Nei vari locali, addobbati con festoni tricolori e con effigi del Re Imperatore e del Duce, si sono riuniti per la simpatica manifestazione, con i propri congiunti, tutti i dipendenti della filiale e dei depositi di Falconara, Macerata e Pescara.
I bimbi hanno ricevuto i doni dalla fiduciaria del Gruppo rionale “Cesare Marini” e dal direttore della filiale che, con spirito altamente fascista, ha patrocinato la buona riuscita della manifestazione.
Il compito della donna nella disciplina degli approvvigionamenti
Una recente disposizione del Segretario del Partito assegna alla donna fascista un nuovo compito: la collaborazione nel campo della disciplina annonaria.
Con questo provvedimento la donna italiana, senza uscire dal campo che l’è proprio, dà un apporto inestimabile alla disciplina dell’alimentazione. Le necessità della spesa giornaliera nelle botteghe e nei mercati la pongono, quotidianamente, alle prese con le difficoltà dell’ora presente per l’approvvigionamento ed il suo alto senso di responsabilità e del dovere può farle perseguire un’azione efficace ed energica per il mantenimento dei prezzi e la repressione di ogni tentativo di accaparramento dei prodotti non razionati, accaparramento che deriva da ingiustificato allarmismo.
Infatti, nessuno più della donna, attraverso il razionamento dei consumi, ha potuto giudicare che il Governo ha predisposto tutto quanto concerne la produzione e la distribuzione dei generi alimentari con tale preveggenza che qualsiasi preoccupazione è infondata. Al fabbisogno è stato pienamente provveduto, tenuto conto, s’intende, delle limitazioni e della disciplina, che in tempo di guerra servono appunto ad assicurare la stabilità del mercato. La fascista è cosciente che ogni speculazione, ogni incetta, qualsiasi egoismo od infrazione si risolverebbe in danno della collettività e turberebbe l’equilibrio della produzione e del consumo, tanto necessario alla resistenza ed alla vittoria.
È lei, che con alto senso della disciplina nazionale, nelle famiglie mantiene l’ordine su tutto quanto si riferisce alla distribuzione dei generi di prima necessità ed in ispeciale modo alle risorse alimentari del Paese. Fin dal primo momento la donna italiana ha sentito la gravità del problema, e con patriottismo e solidarietà sociale, con l’osservanza delle leggi e dei regolamenti, con l’opportuna diminuzione del consumo e con l’obbedienza a tutti gli ordini delle autorità ha uniformata la sua condotta al momento storico che viviamo.
Il nuovo compito le affida essenzialmente un incarico di vigilanza e di coordinamento in appoggio ed in collaborazione all’attività esecutiva delle organizzazioni sindacali e degli enti economici, che il regime corporativo ha costituito e che offrono i mezzi per una disciplina che, in gran parte, è autodisciplina del cittadino stesso.
Operando capillarmente in questo campo la donna può dare il suo concorso per la soluzione dei problemi dell’approvvigionamento e della distribuzione delle derrate,
Un Presepio, artisticamente allestito, ha destato l’ammirazione dei piccoli che con la loro viva allegria hanno dimostrato la propria soddisfazione.
Con il saluto fascista e al canto degli inni della Rivoluzione la simpatica manifestazione ha avuto termine.
Un tentato furto
È stato deferito all’autorità giudiziaria sotto l’imputazione di tentato furto Aristide Pennacchioni fu Ulderico da Falconara.
Secondo i denuncianti il Pennacchioni è stato sorpreso nella camera da letto del contadino Ernesto Ausili fu Antonio nell’atto in cui, aperto il cassettone, stava per asportare un portafogli contenente mille lire.
Il Pennacchioni respinge le accuse ed afferma di essere entrato nell’abitazione dell’Ausili al solo scopo di chiedergli un presti-
poiché l’azione si sviluppa nell’ambito di ciascuna famiglia ed il provvedimento le offre la possibilità di segnalare con cognizione di causa e competenza le manchevolezze ed i miglioramenti, ove occorra collaborando validamente alle direttive emanate dalle sezioni provinciali dell’alimentazione.
Come al tempo delle sanzioni, altissimo è questo compito affidato dal Partito alla donna, alla quale il Fascismo ha dato una così elevata coscienza della sua missione sociale. Sociale… parola che oggi è ovunque una donna penetri nel cuore della vita nazionale.
Nell’ora in cui i suoi cari, valorosi soldati di terra, di mare e dell’aria combattono strenuamente per la vittoria della Patria imperiale, il sacrificio e la disciplina del consumo delle materie prime, necessarie alla vita del Paese, sono certo da essa rigidamente sentiti. Madri, spose, sorelle, fidanzate, che hanno accettato ogni rinunzia nella trepidante attesa, ferme al loro posto, come laggiù essi sono ai loro, formano nell’interno dell’Italia un altro esercito forte e combattivo quanto quello degli assenti, che offrono il loro sangue per la difesa di sacrosanti diritti.
Queste donne costituiscono una forza attiva della Patria e per il loro senso di responsabilità; per il loro lavoro più di una volta hanno meritato l’ambito elogio del Capo.
Dietro i soldati, all’ombra dei soldati, con fede e devozione servono la Patria in armi, e nelle pagine, che l’eroismo dei combattenti scrive per l’eternità nella storia, dopo altre gloriose pagine, che i loro genitori hanno vergato col proprio sangue, esse rimangono come magnifico esempio, come testimonianza di ciò che possono delle semplici donne: presenti ovunque, nelle case, nelle strade, negli ospedali, nei centri di raccolta, ovunque vi è da lenire o da confortare.
Ammirevoli tutte: le piccole massaie e le operaie, povere, ma ricche di cuore, che mettono a disposizione il proprio lavoro, e le signore, che offrono le proprietà ed il denaro, senza dire delle infermiere, delle assistenti e delle visitatrici fasciste, al loro posto fin dal primo istante.
Donne italiane, donne di grande razza nel senso nostro, latino, tanto prolifiche quanto modeste e laboriose, serene, combattenti, in linea, nella totalitaria mobilitazione di tutta la Nazione, forti, fidenti, instancabili fino alla Vittoria.
della
13 - 1941 12 - 1941 continua a pag. 16
M. Ferrara Corriere Adriatico, 2 gennaio
Corriere Adriatico, 3 gennaio
RAZIONAMENTI
Pasta, farina e riso per le due prime settimane di gennaio
In attesa delle prossime norme che disciplineranno tutto il razionamento, che il Ministero dell’Agricoltura sta elaborando, il Consiglio provinciale delle Corporazioni comunica che il prelevamento della pasta, della farina e del riso nel quantitativo corrispondente alle due prime settimane del prossimo gennaio potrà essere effettuato senza prenotazione, in conformità a quanto è già avvenuto nel mese di dicembre.
Il prelevamento potrà essere fatto nei termini di validità di ciascuno dei primi due buoni settimanali della serie valevole per il primo mese, posta a sinistra della carta uno, due e tre, distribuita alla popolazione negli scorsi giorni. I successivi prelevamenti dovranno essere fatti previa prenotazione, da eseguire in conformità a norme che saranno tempestivamente comunicate.
È pertanto indispensabile che la cedola di prenotazione relativa al primo mese, posta in basso a sinistra della carta, sia conservata attaccata alla carta stessa, per valersene al momento opportuno. La prenotazione non è richiesta per il prelevamento dei grassi diversi dall’olio (burro, lardo, strutto). Il prelevamento sarà fatto a mezzo dei buoni n. 6.
È necessaria invece la prenotazione per l’olio e per lo zucchero. Per la prenotazione dell’olio deve essere usato il primo buono di prelevamento n. 5 che diventa così cedola di prenotazione, e il prelevamento verrà fatto per decadi a mezzo degli altri tre buoni n. 5. Per lo zucchero la prenotazione va fatta a mezzo della cedola n. 11 ed il prelevamento in una sola volta a mezzo del corrispondente buono n. 11. Sia per lo zucchero che per l’olio, la prenotazione va fatta entro il 3 gennaio p.v. ***
In seguito al razionamento della pasta, della farina e del riso è stato, come è noto, disposto il divieto di spedizione di questi prodotti ai privati consumatori; allo scopo di accertare la qualifica dei destinatari è stato altresì disposto che questi non possono ritirare la merce se non previa esibizione al competente ufficio svincoli delle ferrovie il certificato rilasciato dal Comune nel quale il destinatario risiede e attestante che egli è commerciante nei generi che riceve. Ai fini delle disposizioni in parola, sono equiparati ai privati consumatori gli alberghi, ristoranti e le trattorie, pensioni e pubblici esercizi similari, i quali però non possono ritirare direttamente alcuna spedizione di pasta, farina o riso.
Corriere Adriatico, 3 gennaio
Come deve essere usata la carta annonaria
Giacché sono stati segnalati numerosi inconvenienti derivati da un errato uso della carta annonaria, riteniamo utile ed opportuno per tutti, per gli esercenti e per i consumatori, chiarire o ripetere quali sono le norme cui devono sottostare gli interessati.
Gli esercenti non devono, intanto, assolutamente trattenere le carte annonarie della clientela, ma bensì restituirle a chi le presenta, immediatamente dopo aver tagliato i tagliandi relativi alle prenotazioni od ai prelevamenti che si intendono fare. Devono staccare soltanto le cedole corrispondenti alle prenotazioni o ai prelevamenti che il cliente vuol fare in quel momento: è tassativo, quindi, lasciare attaccati alla carta quei tagliandi che serviranno al cliente stesso per la prenotazione o il prelevamento di altri generi che intenda fare presso altro negozio.
In quanto al consumatore, esso deve conservare presso di sé la carta annonaria, la quale è un documento strettamente personale e pertanto non deve mai trovarsi in possesso di persone diverse dal titolare; deve dire chiaramente all’esercente quali sono gli articoli per i quali intende effettuare la prenotazione o il prelevamento, conservando, fin dove è possibile, gli abituali fornitori presso cui si serviva prima del razionamento. Inoltre, il consumatore deve assolutamente astenersi dal presentare all’esercente le cedole già staccate dalla carta annonaria, poiché questo rende impossibile il necessario controllo, mediante la firma dell’esercente, sui buoni di prelevamento.
Le cedole e i buoni devono essere staccati di volta in volta dall’esercente in presenza del consumatore, nei termini prescritti per la prenotazione e per il prelevamento. Il pubblico è invitato quindi a ritirare immediatamente – e gli esercenti immediatamente a restituire – le carte annonarie presentate periodicamente per i necessari rifornimenti alimentari, poiché agli inadempienti verranno applicate gravissime sanzioni, come, per esempio: agli esercenti la sospensione dell’assegnazione di generi razionati e, nei casi più gravi, addirittura la chiusura dell’esercizio e il ritiro della licenza; al pubblico la perdita per un certo tempo del diritto di prelevare i generi razionati.
Corriere Adriatico, 11 gennaio
Norme per il razionamento di generi alimentari da minestra
L’Eccellenza il Prefetto Tullio Tamburini, Presidente del Consiglio provinciale delle Corporazioni, dispone che il razionamento dei generi alimentari da minestra, per il mese di febbraio prossimo, si effettuerà conformemente alle seguenti norme:
Dal 25 al 30 corrente i consumatori dovranno prenotarsi per l’acquisto di detti generi, servendosi della cedola di prenotazione per il secondo mese della carta annonaria UNO, DUE, TRE Il prelevamento sarà fatto in due volte.
Per la prima quindicina di febbraio serviranno i buoni di prelevamento del secondo mese valevoli dall’1 al 18.
Per la prima quindicina i buoni di prelevamento non utilizzati nella prima quindicina, restano valevoli anche nella seconda purché il prelevamento avvenga entro la fine di febbraio.
Non è invece autorizzato il prelievo anticipato.
Si precisa che per farina si intende farina di mais per minestra.
La farina di grano resta razionata e può essere prelevata in sostituzione di pari quantitativo di pasta.
La razione complessiva rimane invariata in kg 2 (due).
È, peraltro, abolita la facoltà della scelta dei generi.
La misura della razione dei singoli generi è stabilita come segue:
PASTA gr 1.000 – RISO gr 600 – FARINA DI MAIS gr 400.
La razione quindicinale deve corrispondere alla metà dei quantitativi suddetti e cioè un kg dei tre generi assortiti, nelle stesse proporzioni delle razioni mensili. Nulla è innovato circa la farina di mais per panificazione la cui vendita rimane libera nel limite dei contingenti assegnati.
Il razionamento dello zucchero, dell’olio e degli altri grassi si effettuerà con la nuova carta annonaria di 12 numeri.
Dal 25 al 30 corrente i consumatori dovranno prenotarsi per l’acquisto di tutti i detti generi.
Per lo zucchero vale la cedola di prenotazione n. 12; per l’olio
quella n. 1, per gli altri grassi quella n. 2. La misura della razione di zucchero è confermata di 600 grammi. La misura della razione dei singoli grassi sarà successivamente comunicata.
Corriere Adriatico, 23 gennaio
Immediata consegna di carte annonarie all’ufficio di tesseramento
I produttori agricoli, loro familiari e dipendenti sono tenuti a consegnare all’ufficio di tesseramento del Comune in via Fanti n. 12
A le carte annonarie contrassegnate dai numeri uno, due, tre qualora il quantitativo disponibile per il consumo familiare di grano, di farina o di riso risulti complessivamente superiore alla razione corrispondente al bimestre febbraio-marzo p.v. cioè quattro chili per persona.
Se il quantitativo disponibile è invece inferiore, dalle dette carte annonarie verranno asportati i buoni settimanali corrispondenti al quantitativo stesso.
I produttori, familiari e dipendenti, provvisti di olio, di burro, di lardo, strutto, pancette e simili dovranno presentare le carte annonarie contrassegnate dai numeri da uno a dodici, dalle quali l’ufficio asporterà i buoni contraddistinti: numeri uno, tre, cinque, qualora il quantitativo di olio disponibile per il consumo familiare sia superiore o uguale alla razione corrispondente al trimestre febbraio-marzo-aprile p.v.; i numeri due, quattro, sei, qualora il quantitativo complessivo di burro, lardo, strutto, pancette e simili sia superiore o uguale alla razione corrispondente al trimestre suddetto.
Se invece i quantitativi disponibili sono inferiori, si provvederà soltanto ad asportare i buoni corrispondenti ai quantitativi stessi.
L’obbligo di cui sopra spetta anche a chi dispone per uso familiare di quantitativi di generi razionati ricevuti quale compenso in natura.
Le carte annonarie intestate alle persone che si trovino in una delle condizioni suddette, dovranno essere presentate immediatamente agli incaricati comunali nelle località sottoindicate, dalle ore 8 alle 12.30 e dalle 15 alle 18.
Ancona (città): ufficio tesseramento, via Fanti n. 12 A. Falconara Alta, Falconara Marina, Castelferretti: delegazione podestarile in Falconara. Frazioni: presso i parroci delle rispettive parrocchie.
Corriere Adriatico, 28 gennaio
La distribuzione razionata della pasta, riso e farina agli esercizi pubblici
L’Unione provinciale fascista dei commercianti ha diramato agli esercenti di alberghi, ristoranti, trattorie e osterie con cucina, una circolare con la quale dà istruzioni in merito al tesseramento dei generi da minestra (pasta, farina, riso) esteso con il mese di febbraio ai pubblici esercizi ed assimilati.
Per quanto riguarda la consumazione di un piatto di pasta o farina o riso l’Unione raccomanda perché gli esercenti provvedano a che i clienti presentino la carta annonaria uno, due, tre, curando quindi di tagliare e ritirare il buono di prelevamento del giorno corrispondente. Se il cliente, avendo già effettuato il prelevamento quindicinale dei generi, non dispone più del buono giornaliero corrispondente alla data della consumazione, potranno utilizzarsi i buoni successivi. Non è invece consentito di utilizzare i buoni giornalieri scaduti.
Le minestre di pasta o farina o riso potranno essere somministrate in tutti i giorni della settimana ed incluse nella lista delle vivande di entrambi i pasti lasciando al cliente la facoltà di scegliere il consumo dell’unico buono giornaliero o a mezzogiorno o alla sera. È fatto obbligo agli esercizi pubblici di includere nella lista giornaliera delle vivande di entrambi i pasti una minestra preparata con generi diversi dalla pasta, dalla farina e dal riso.
La porzione di pasta o farina o riso rimane invariata e cioè: gr 70 negli esercizi extra e di prima categoria; gr 90 negli esercizi di seconda categoria; gr 110 negli esercizi di terza e quarta categoria.
La Sezione provinciale dell’Alimentazione e le autorità comunali vigileranno affinché le disposizioni vengano rigorosamente applicate evitando abusi.
Le assegnazioni dei generi agli esercenti saranno effettuate dietro consegna dei buoni ritirati.
Il prelevamento presso i negozi
I consumatori potranno con i buoni giornalieri non utilizzati nella quindicina presso i pubblici esercizi effettuare il prelevamento dei generi presso i negozi nella quota di razione corrispondente ai buoni restanti e rispettando le proporzioni tra pasta, farina e riso.
I buoni per il secondo mese della carta uno, due, tre corrispondenti ai giorni 29-30 e 31 non hanno valore per il mese di febbraio.
A chiarimento di quanto sopra l’Unione comunica che gli esercizi pubblici, al fine di ottenere per il mese di febbraio l’assegnazione di pasta, farina, riso, dovranno immediatamente presentare ai Comuni una denuncia delle giacenze di tali generi alle ore 24 del giorno 31 gennaio scorso, con la richiesta del fabbisogno mensile globale di tali generi.
I Comuni dovranno trasmettere alla S.A.D.A.C. gli ordinativi di consegna corrispondenti alla differenza tra la giacenza denunziata dall’esercente ed il fabbisogno, per la costituzione di un carico iniziale fisso.
La Sezione provinciale dell’Alimentazione e l’Unione controlleranno gli ordinativi di consegna emessi dai Comuni e determineranno la misura definitiva dell’assegnazione in base alle disponibilità.
Il carico fisso iniziale sarà ricostituito al principio del mese di marzo p.v., in base al consumo effettivo dei generi, risultante dai buoni di prelevamento giornalieri della carta uno, due, tre, ritirati dai pubblici esercizi durante il mese in corso.
I titolari dei pubblici esercizi dovranno tenere un registro sul quale annoteranno giornalmente il numero dei buoni ritirati dai clienti consumatori di minestra preparata con pasta, riso o farina, per esibirlo in caso di eventuale controllo. I buoni ritirati dovranno essere annullati con un timbro recante la data della capacità di cento buoni ciascuno, per il versamento mensile al Comune.
Le assegnazioni della pasta, riso e farina di mais ai pubblici esercizi avverranno nella stessa proporzione provinciale stabilita per il prelevamento dei diretti consumatori; ad esempio, su cento chili complessivi di generi da ritirare, saranno assegnati 50 chilogrammi di pasta, 30 di riso, 20 di farina da minestra, di conseguenza i pubblici esercizi dovranno regolare mensilmente la somministrazione dei piatti a base dei generi sopra indicati, in modo da ottenere la corrispondenza tra il consumo effettivo e l’assegnazione proporzionale dei singoli generi.
Per ora i clienti sprovvisti di carta annonaria potranno consumare solo minestra non contenente pasta, farina, riso.
Per quanto riguarda la somministrazione di minestre a base di pasta, riso e farina di mais ad ufficiali, sottufficiali e militari di truppa in transito nelle varie località e sprovvisti, come è ovvio, di carta annonaria, come pure per la confezione dei cestini da viaggio, seguiranno altre disposizioni.
Corriere Adriatico, 7 febbraio
15 - 1941 14 - 1941
to di 50 lire, precisando anche di essersi limitato ad entrare nella sola cucina.
Corriere Adriatico, 8 gennaio
Simpatico gesto di solidarietà fascista delle alunne delle scuole elementari
Per iniziativa della direttrice Eva Teti, le alunne delle scuole elementari di Falconara Alta e Marittima – offrendo un bell’esempio di solidarietà fascista – hanno confezionato, in questi giorni, 60 pacchi per i nostri feriti di guerra degenti nell’ospedale militare. La consegna dei doni è stata fatta dalla direttrice e dalle insegnanti alle quali i gloriosi combattenti hanno espresso tutta la loro gratitudine pregandole nel contempo di esternare alle piccole gentili donatrici tutta la propria ammirazione.
Refezione scolastica e dopo-scuola a Castelferretti
Il giorno 15 gennaio avrà inizio la refezione scolastica. Nei locali della scuola ogni giorno avrà luogo la distribuzione di un’abbondante minestra calda a bambini figli di richiamati, famiglie numerose e poveri del paese. In detto giorno avrà inizio anche il dopo-scuola che, sotto la guida di un insegnante, dovrà funzionare regolarmente per tutto il periodo della refezione scolastica. La popolazione, ne siamo certi, risponderà all’appello del Segretario del Fascio con slancio e sentimento fascista elargendo somme e viveri a detto, altissimo scopo.
Un infortunio sul lavoro
All’Ospedale civile è stato ricoverato, nel reparto ortopedico, il manovale Pacifico Ricciotti fu Angelo, di anni 50, abitante a Castelferretti.
Il Ricciotti, nel sospingere un carrello al Cantiere Navale, si è prodotto l’asportazione traumatica del dito anulare della mano sinistra.
Corriere Adriatico, 15 gennaio
Simpatico gesto delle scuole elementari e delle massaie rurali di Castelferretti Nei giorni scorsi i bambini delle scuole elementari, con gesto spontaneo ed affettuoso, hanno offerto denaro, sigarette, aranci, ecc. in dono ai feriti degenti negli ospedali di Ancona. Le insegnanti meritano ogni encomio per aver saputo infondere negli scolari un sentimento affettuoso verso coloro che si sono tanto sacrificati per la grandezza della Patria.
In questi giorni le massaie rurali faranno altre offerte per il medesimo scopo e il locale Fascio sarà orgoglioso di offrire ai feriti doni che dimostrino, ancora una volta, quanto amore patriottico alberghi in questa forte e laboriosa popolazione.
Corriere Adriatico, 16 gennaio
L’inizio della refezione scolastica
A cura del Comando G.I.L. di Falconara si è iniziata ieri la refezione scolastica per i bambini e le bambine appartenenti alle famiglie povere di Falconara Marittima e sue frazioni come Falconara Alta, Fiumesino e Palombina Vecchia. Beneficiano di tale refezione ben 160 bambini i quali giornalmente consumano nei locali scolastici appositamente disposti un’abbondante minestra calda con pane e relativo companatico. Dopo la refezione i fanciulli frequentano il Doposcuola assistiti e curati da apposite insegnanti incaricate.
Plaudiamo all’opera altamente nobile della G.I.L. falconarese che, guidata dal comandamento del Duce, sa andare sempre più verso il popolo.
Ieri i bambini beneficiati sono stati visitati durante la colazione dal Segretario del Fascio il quale era accompagnato dal vice segretario e da altri gerarchi locali. Il Segretario ha rivolto parole di
La nomina della Commissione per la risoluzione dei ricorsi sulla valutazione delle quote eccedenti dei patrimoni di cittadini ebrei
Il Ministro delle Finanze ha decretato: La Commissione per la risoluzione dei ricorsi circa la determinazione e la valutazione dei beni costituenti la quota eccedente e la quota consentita ai cittadini italiani di razza ebraica, per la provincia di Ancona è costituita come appresso:
Presidente: il presidente del Tribunale di Ancona.
Componenti titolari: Cecere cav. uff. dr. ing. Enrico, ingegnere capo negli uffici tecnici erariali; Gidoni dr. ing. Emanuele, designato dal Sindacato fascista degli ingegneri; Pellegrini dottor Emanuele, designato dal Sindacato fascista dei tecnici agricoli.
Componenti supplenti: Di Donato dr. ing. Mario, ingegnere principale negli uffici tecnici erariali; Gaggiotti dr. ing. Vittorio, designato dal Sindacato fascista degli ingegneri; Moroder dr. Lucio, designato dal Sindacato fascista dei tecnici agricoli.
Le funzioni di segretario della Commissione verranno esercitate dal dr. Lorenzo Sabbatini, primo segretario dell’Intendenza di Finanza di Ancona ed in caso di assenza o di legittimo impedimento dal dr. Carlo Zampetti, vice segretario nella stessa Intendenza.
La Commissione ha sede presso l’Intendenza di Finanza di Ancona.
Corriere Adriatico, 4 gennaio
circostanza ai piccoli invitando loro ad elevare giornalmente le loro preghiere ed un pensiero di gratitudine al Duce che ha voluto si iniziasse anche quest’anno quest’opera benefica.
IN TRIBUNALE
Un processo per circonvenzione
Ieri mattina, in Tribunale, si è iniziato il processo a carico di Anita Salvi di Emilio, di anni 55, da Ascoli P. e domiciliata in Ancona, via Mantovani 41; del dr. Piero Pergoli di Carlo, di anni 46, abitante a Falconara; ed Egidio Mureno di Salvatore, di anni 56, da Decimomannu (Cagliari) e residente in Ancona, in via Mantovani 41.
La Salvi è accusata di circonvenzione (articolo 613 del C.P.) perché, secondo il decreto di citazione, allo scopo di trarne profitto, ha indotto Edelvige Sabbatini a fare, l’8 luglio 1939, un testamento olografo a favore di lei e del dott. Pergoli, con danno di Sabbatini Penelope. Sempre secondo la denunzia la Salvi è potuta riuscire nel suo intento abusando dello stato di deficienza psichica della Sabbatini Edelvige.
Il Pergoli e il Mureno sono imputati di concorso nel reato ascritto alla Salvi (articoli 110 e 643 del C.P.).
Si prevede che il processo occuperà più udienze.
Sono al banco della difesa degli imputati gli avvocati cons. naz. De Marsico; Bartolini; Scoponi; Conti.
La Penelope Sabbatini, costituitasi P.C., è assistita dall’avv. cons. naz. Franco Andriani.
Presiede il Tribunale il cav. Larovere; sostiene la pubblica accusa il Procuratore del Re comm. Alfredo Lombardi; assiste il cancelliere Bonifazi.
Partenza di operai per la Germania
Tra fervide manifestazioni di fede al Duce, è ripartito ieri sera per la Germania un forte gruppo di lavoratori di Ancona e provincia, venuti in Patria per le feste natalizie.
Gli operai sono stati salutati, alla stazione, dai famigliari e da dirigenti sindacali.
Altri lavoratori partiranno oggi.
Corriere Adriatico, 4 gennaio
Partenza di lavoratori per la Germania
Ieri sera sono partiti alla volta di Verona, per trasferirsi quindi in Germania, circa sessanta lavoratori dell’industria della nostra provincia.
Prima della partenza, nella sede dell’Unione in piazza Santa Maria n. 1, il Segretario camerata Carlo Bonino ha rivolto ai partenti il suo affettuoso saluto e quello dell’organizzazione, facendo rilevare il privilegio che essi hanno di rappresentare il lavoro italiano nella nazione amica e alleata in un momento particolarmente importante per la storia dei due popoli.
Corriere Adriatico, 16 gennaio
Richiesta di lavoratori per la Germania
Tutti gli operai meccanici e metallurgici (aggiustatori, tornitori, fresatori, attrezzisti, fabbri, forgiatori, lattonieri, tubisti, ramai, saldatori, stagnini, ecc. specializzati, qualificati, manovali specializzati e manovali comuni), gli autisti meccanici, il personale di macchina della marina mercantile (macchinisti, fuochisti, conduttori di locomobili e di caldaie a vapore, ecc.), gli edili (muratori, terrazzieri, manovali, cementisti, ferraioli, carpentieri, ecc.) e i falegnami (esclusi i mobilieri), attualmente disoccupati o temporaneamente sospesi dal lavoro, oppure occupati con un orario inferiore alle 40 ore settimanali che desiderano recarsi a lavorare in Germania debbono presentarsi non oltre il 25 febbraio corrente all’Ufficio di collocamento competente per territorio, per compilare gli appositi moduli di domanda.
Corriere Adriatico, 11 febbraio
Vasto reclutamento di lavoratori dell’industria da trasferirsi in Germania
Si è iniziato, come abbiamo annunciato, un nuovo, vasto reclutamento di lavoratori dell’industria da trasferire in Germania. La nostra provincia contribuirà certamente, come per il passato, in misura notevole a questa emigrazione convenuta tra i Ministeri d’Italia e del Reich facendo partire per l’alleata ed amica Germania un forte contingente di lavoratori appartenenti a tutte le categorie industriali e con particolare riguardo ai metalmeccanici, autisti, minatori, edili, falegnami, carpentieri, maniscalchi, manovali di tutte le categorie.
I reclutati devono aver compiuto i 31 anni e possedere i requisiti morali, professionali e fisici richiesti.
Sono anche compresi i giovani disoccupati delle classi 1922, 23 e 24 per l’eventuale trasferimento quali apprendisti.
Allo scopo di ottenere un rapido e accurato accertamento delle effettive disponibilità di mano d’opera disoccupata della nostra provincia, l’Unione provinciale fascista dei lavoratori dell’industria ha impartito opportune direttive agli uffici periferici.
Tutti quei lavoratori attualmente disoccupati o temporaneamente sospesi dal lavoro, oppure occupati con un orario inferiore alle 40 ore settimanali, devono presentarsi entro il 25 corrente all’Ufficio di collocamento competente per territorio per compilare gli appositi moduli di domanda.
Ogni lavoratore dovrà portare con sé la carta di identità e tutti quei documenti che egli riterrà utili all’accertamento della sua qualifica professionale.
È opportuno avvertire i reclutandi che il fatto di essere sottoposti a visita medica non significa certezza di partire e che essi dovranno comunque attendere senza impazienza l’avviso di partenza.
Dovranno altresì astenersi dal fare spese di vestiario se non dopo essere venuti in possesso dell’avviso di poter raggiungere la Germania.
I collocatori comunali ed intercomunali sono stati invitati a prendere immediati accordi con le amministrazioni comunali, i comandi delle stazioni di carabinieri per il sollecito disbrigo delle pratiche inerenti il rilascio dei passaporti, gli stati di famiglia ecc. È bene astenersi in via assoluta dal fare segnalazioni tendenti a sollecitare precedenze nelle partenze in quanto tali segnalazioni verranno inesorabilmente cestinate.
Corriere Adriatico, 12 febbraio
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Gli operai trasferiti in Germania
Tutela sindacale e contrattuale L’Unione provinciale fascista dei lavoratori dell’industria comunica che le due Confederazioni dell’industria, in relazione all’interesse nazionale che il trasferimento dei lavoratori in Germania presenta, hanno ritenuto opportuno di tenere in particolare considerazione la posizione dei lavoratori medesimi. Perciò, prese in esame le ripercussioni che conseguono nei rapporti di lavoro nei riguardi di quei lavoratori che, essendo occupati presso aziende industriali, si trasferiscono in Germania, in base all’applicazione dell’apposito provvedimento legislativo, hanno convenuto quanto segue:
Il trattamento spettante all’operaio al momento della partenza
1) Al momento in cui il lavoratore lascerà il suo posto di lavoro per la partenza, il rapporto di lavoro intercorrente con l’azienda deve ritenersi risolto a tutti gli effetti di legge e contrattuali. Il datore di lavoro provvederà a liquidare al lavoratore ogni singola spettanza ed indennità (escluso il preavviso) come per il caso di licenziamento normale e a riconsegnare i documenti di lavoro con le annotazioni del caso.
2) Al ritorno dalla Germania dei lavoratori di cui alla premessa, questi ultimi saranno riassunti presso l’azienda dalla quale dipendevano prima della partenza in occasione delle prime assunzioni di personale.
3) Qualora il lavoratore sia assunto dalla ditta dalla quale dipendeva prima della sua partenza per la Germania, l’anzianità maturata presso la stessa azienda prima della risoluzione del rapporto ai sensi del punto 1), verrà conteggiata unicamente ai fini della maggiore misura di ferie e indennità di licenziamento allorché il contratto gradua detta misura in relazione all’anzianità, fermo restando che l’anzianità da liquidarsi ai fini delle ferie e dell’indennità di licenziamento è limitata a quella maturata successivamente alla nuova assunzione intervenuta dopo il ritorno del lavoratore dalla Germania.
4) Le parti si impegnano di esaminare la posizione dei lavoratori iscritti alle particolari casse di previdenza e di assistenza.
5) Il contratto ha decorrenza dalla data della sua stipulazione ed avrà vigore fino a tanto che permangono le condizioni particolari che hanno determinato il provvedimento legislativo di cui alla premessa.
L’importanza dell’accordo contrattuale
L’accordo ora stipulato appare assai importante. Il primo punto, oltre a precisare che al momento in cui i lavoratori lasciano l’azienda hanno diritto alla completa liquidazione di ogni loro diritto, è formulato in guisa da consentire a chi lo ritenesse opportuno per le sue particolari esigenze di interrompere il rapporto di lavoro qualche giorno prima.
L’azienda invece è impegnata ad attendere che l’operaio lasci il suo posto e non può quindi procedere ad un intempestivo allontanamento salvo che ciò sia dovuto a ragioni diverse da quelle del trasferimento in Germania.
Il punto secondo concilia le esigenze aziendali con le aspirazioni dei lavoratori per modo che, a coloro che per qualunque motivo rientreranno dalla Germania, viene sin d’ora assicurata la riassunzione presso lo stabilimento in cui erano precedentemente occupati. Il punto terzo fa salvi maggiori diritti che l’operaio, riassunto presso la stessa azienda al rientro dalla Germania, può
maturare in seguito per indennità di licenziamento e ferie allorché i contratti ne graduino la misura nel tempo in rapporto all’anzianità di servizio.
Al riguardo si apprende che tra le due Confederazioni è stato chiarito che, qualora esistano presso talune aziende altri diritti contrattuali, di questi sarà tenuto conto a tutti gli effetti.
Casse di pensione e previdenza
Al punto quarto si è poi precisato che dovranno pure esaminarsi i casi di operai iscritti ad eventuali particolari casse di pensione, previdenza e assistenza; e ciò allo scopo di impedire che dal servizio prestato in Germania derivi nocumento ai diritti acquisiti presso tali casse dei lavoratori interessati.
Infine è stato assunto impegno di svolgere subito un’azione comune allo scopo di assicurare, agli operai in questione, il trattamento dovuto ai richiamati alle armi e ciò nell’ipotesi che venissero mobilitati quando fossero tornati e per un qualunque giustificato motivo non avessero potuto riprendere il lavoro. Analogo impegno è stato preso per il congedo matrimoniale retribuito ai lavoratori che verranno a sposarsi in Italia o sposeranno al loro ritorno prima di avere dovuto, per un qualunque giustificato motivo, riprendere il lavoro.
Corriere Adriatico, 27 febbraio
Il primo scaglione di lavoratori dell’industria parte per la Germania È partito oggi alla volta di Verona, dove proseguirà per la Germania, il primo contingente di lavoratori dell’industria della provincia. Prima della partenza i camerati lavoratori sono stati convocati nella sede dell’Unione in piazza S. Maria dal Segretario generale Carlo Bonino che ha loro rivolto parole di saluto e di augurio, invitandoli ad essere sempre ed in ogni luogo fedeli rappresentanti dell’Italia fascista e soldati disciplinati nella terra amica ed alleata per la conquista delle mete comuni e della comune vittoria. I lavoratori partenti hanno gradito l’augurale saluto porto loro dal Segretario dell’Unione e prima di congedarsi hanno acclamato al Duce.
Corriere Adriatico, 23 marzo
Altri operai dell’industria si recano a lavorare in Germania
Nella giornata di martedì sono convenuti in Ancona dai paesi della provincia i lavoratori dell’industria prescelti per la partenza in Germania col terzo scaglione che ha lasciato la nostra città alle ore 3.58 di ieri mattina.
I lavoratori sono stati ricevuti nella sede dell’Unione in piazza S. Maria dal Segretario e dai funzionari addetti alle partenze e ivi hanno ricevuto le ultime disposizioni e gli oggetti di equipaggiamento.
Mentre negli uffici dell’Unione ferveva il lavoro è giunto improvvisamente il Federale, ossequiato dai presenti e salutato dai lavoratori con manifestazioni di fede.
Il gerarca si è interessato al complesso lavoro organizzativo intrattenendosi cameratescamente con gli operai, quindi ha rivolto loro brevi parole di saluto e di augurio provocando una calorosa dimostrazione di entusiasmo all’indirizzo dei Condottieri.
Dopo le vibranti parole del Federale, il Segretario dell’Unione Carlo Bonino ha convocato i lavoratori ai quali ha illustrato i rispettivi contratti di lavoro e le norme che ciascuno dovrà osservare durante la permanenza nel territorio germanico.
Gli operai sono stati quindi accompagnati alla stazione donde, come abbiamo detto, hanno proseguito per Treviso.
Corriere Adriatico, 17 aprile
Altro scaglione di lavoratori dell’industria parte per la Germania Nelle prime ore di ieri mattina è partito per la Germania il quarto scaglione di lavoratori dell’industria della nostra provincia. I camerati, che sin da ieri erano convenuti in Ancona per il concentramento, hanno espresso il desiderio, prima di lasciare l’Italia, di rendere omaggio al Sacrario dei Caduti. Nella mattinata, perfettamente inquadrati, al comando dell’organizzatore Battelli, hanno attraversato le principali vie cittadine recandosi a deporre una corona nel Sacrario di Palazzo Littorio.
Prima che questa austera e significativa cerimonia avesse luogo, i camerati lavoratori sono stati ricevuti nel salone delle adunate dal Segretario federale, al quale sono stati presentati dal Segretario dell’Unione provinciale camerata Carlo Bonino che ha assicurato il gerarca sui patriottici sentimenti dei lavoratori e sulla loro ferma volontà di compiere nella terra amica ed alleata tutto il loro dovere di italiani e di soldati, anche se non in grigio-verde, ma ugualmente mobilitati per il raggiungimento della meta comune.
Il Federale ha quindi pronunciato brevi parole per mettere in rilievo il significato di questa collaborazione in un momento particolarmente importante per la storia dei due popoli, chiamati dal destino a forgiare la nuova Europa.
Le vibranti parole del Federale hanno provocato una fervida manifestazione di fede e di attaccamento al Duce.
Dopo ripetuti alalà al Fascismo ed al suo Duce i partenti sono sfilati dinanzi al Sacrario, salutando romanamente.
Hanno quindi lasciato Ancona, salutati alla stazione dai rappresentanti dell’organizzazione.
Corriere Adriatico, 23 aprile
La partenza per la Germania di un altro scaglione di lavoratori dell’industria
Sono partiti ieri sera alla volta di Milano, donde proseguiranno per la Germania, altri 150 lavoratori dell’industria della nostra provincia.
Questi camerati – perfettamente equipaggiati e disciplinati – vanno a raggiungere gli altri numerosi lavoratori marchigiani che li hanno preceduti nella grande nazione alleata. Ad essi, prima della partenza, ha portato il suo caloroso saluto e quello dell’organizzazione il Segretario dell’Unione Carlo Bonino che ha loro ricordato quali siano i
doveri dei lavoratori in questo particolare momento di comuni sforzi per la conquista dell’immancabile comune vittoria. Il Segretario dell’Unione ha quindi dato lettura del contratto di lavoro ed ha concluso augurando ai partenti una felice permanenza in Germania. Le parole del camerata Bonino sono state favorevolmente commentate e vivamente applaudite.
Col treno delle 22.40 questo nuovo scaglione ha lasciato Ancona tra le più vive acclamazioni all’indirizzo del Duce e di Hitler e salutati alla stazione ferroviaria dallo stesso Segretario dell’Unione, da funzionari, parenti e conoscenti.
Corriere Adriatico, 16 maggio
L’indennità di famiglia ai lavoratori italiani in Germania Roma, 30 notte Ad integrazione ed a parziale modifica di quanto pubblicato in merito si comunica da fonte autorizzata che l’indennità di separazione dalla famiglia spetta ai lavoratori italiani trasferiti in Germania, in quanto essi vivono separati dalla famiglia, indipendentemente dalla qualità di ammogliati o celibi aventi persone a carico; ma limitatamente ai casi in cui essa è prevista dai contratti.
Per quei celibi con famiglia a carico, a cui il contratto dà diritto di ricevere l’indennità di separazione dalla famiglia, è necessaria la presentazione di un atto notorio da cui risulta la composizione della famiglia stessa. Tale atto deve essere richiesto in tre copie, una delle quali resterà al lavoratore mentre le altre due verranno inviate alla C.F. lavoratori dell’industria (Direzione servizi lavoratori in Germania, assistenza sociale).
Partenza di operai per la Germania
Ieri sera sono partiti per la Germania 85 lavoratori dell’industria della nostra provincia. Altri 250 ne sono partiti gli scorsi giorni. I camerati lavoratori, prima di recarsi alla Stazione, sono stati riuniti presso la sede dell’Unione lavoratori dell’industria dove il Segretario dell’Unione camerata Carlo Bonino ha loro rivolto parole di saluto e incitandoli a tenere sempre alto il nome della Patria nella Nazione amica. Alla Stazione centrale, quando il treno si è messo in moto, si sono →
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registrate fervide manifestazioni di fede e di attaccamento al Duce.
Corriere Adriatico, 31 maggio
Partenza di altri lavoratori per la Germania
Continuano le partenze dei lavoratori per la Germania. Per domani è annunciata la partenza di un altro contingente di operai inquadrati nell’Unione dei lavoratori dell’industria. Le operazioni si sono svolte nel massimo ordine sotto la direzione del Segretario dell’Unione camerata Carlo Bonino.
Corriere Adriatico, 14 giugno
Partenza di lavoratori per la Germania
Ieri sera è partito per la Germania un altro contingente di lavoratori dell’industria della provincia.
I lavoratori prima di recarsi alla stazione sono stati convocati presso la sede dell’Unione dove il Segretario comm. Carlo Bonino ha loro rivolto parole di saluto e di augurio.
Corriere Adriatico, 22 giugno
Altre partenze di lavoratori per la Germania Ieri sera sono partiti per la Germania altri lavoratori dell’industria di Ancona e provincia.
Gli operai sono stati riuniti presso la sede dell’Unione in piazza Santa Maria dove sono state impartite loro istruzioni circa la permanenza nella terra della Nazione alleata ed amica con la certezza che essi sapranno far sempre onore alla Patria fascista.
Un altro scaglione di lavoratori, come abbiamo annunciato, è partito sabato, salutato alla stazione da una larga schiera di fascisti, di amici e dai dirigenti dell’Unione.
Corriere Adriatico, 24 giugno
Continuano le partenze di operai per la Germania Continuano le partenze di operai di Ancona e provincia per la Germania. Un altro scaglione di lavoratori dell’industria ha lasciato la città ieri sera. Come i loro compagni partiti negli scorsi giorni, essi hanno ascoltato la parola dei dirigenti sindacali dell’Unione, i quali hanno rivolto loro il saluto cameratesco ed augurale. Tutti hanno risposto ringraziando ed assicurando che, anche nella Nazione amica ed alleata, non mancheranno di farsi onore e tenendo, così, alto il nome della Patria. Fervide manifestazioni di fede e di attaccamento al Duce e di viva simpatia e di ammirazione all’indirizzo della Germania si sono registrate alla stazione, quando il treno si è messo in moto. A salutare i lavoratori erano fascisti, amici, famigliari e dirigenti sindacali con a capo il camerata Carlo Bonino, Segretario dell’Unione lavoratori industria.
Va rilevato che le operazioni di reclutamento per queste ultime spedizioni verso la Germania hanno confermato la perfetta tecnica organizzativa dell’Unione.
Corriere Adriatico, 26 giugno
La partenza di altri lavoratori per la Germania Tra fervide manifestazioni di fede e di attaccamento al Duce ha lasciato Ancona per recarsi a lavorare nella terra della grande nazione amica un altro contingente di operai inquadrati dall’Unione lavoratori dell’industria. Alla stazione essi sono stati salutati da dirigenti sindacali e da una larga schiera di fascisti e di amici.
Ha portato loro il saluto augurale anche il Segretario dell’Unione camerata Bonino, il quale si è detto certo che, come i compagni che li hanno già preceduti, essi sapranno farsi onore, tenendo così sempre alto il nome della Patria.
Corriere Adriatico, 6 luglio
Altri lavoratori partono per la Germania
Sono partiti alla volta di Verona e Como due nuovi scaglioni di lavoratori diretti in Germania. I camerati operai sono affluiti dalla provincia con i primi treni del mattino trattenendosi l’intera giornata in Ancona per il disbrigo delle pratiche relative al trasferimento svolte con l’abituale sollecitudine e precisione dal personale addetto. Nella mattinata, nel salone della Loggia dei Mercanti, ove i lavoratori sono stati accantonati, è giunto il Segretario federale accompagnato da quello dell’Unione. Il gerarca si è vivamente compiaciuto e rallegrato con i partenti ai quali ha portato il saluto del Partito e quello suo personale, suscitando il più vivo entusiasmo ed entusiastiche acclamazioni all’indirizzo del Duce e delle potenze dell’Asse. Prima della partenza, l’ispettore generale del Commissariato delle migrazioni, comm. De Dominicis, ha passato in rassegna l’equipaggiamento dei partenti, riscontrandone l’efficienza; quindi il Segretario dell’Unione Bonino ha parlato agli operai illustrando il contratto di lavoro ed i doveri che ciascuno di essi deve osservare in terra germanica in un momento come questo, in cui gli sforzi delle due grandi nazioni tendono all’annientamento delle potenze plutocratiche bolsceviche.
Con successivi treni della sera i lavoratori hanno lasciato Ancona salutati alla stazione dai dirigenti sindacali e dai familiari.
Corriere Adriatico, 9 luglio
Prossime partenze di lavoratori per la Germania
Per i prossimi giorni sono annunciate altre partenze di lavoratori per la Germania. Le pratiche relative al reclutamento si svolgono presentemente da parte dei funzionari dell’Unione lavoratori dell’industria e procedono con speditezza. I lavoratori, prima di raggiungere la stazione, saranno riuniti nella sala della Loggia dei Mercanti dove sarà letto ed illustrato il contratto di lavoro stipulato per gli operai italiani in Germania.
Da parte dei camerati lavoratori residenti nella terra della grande nazione amica ed alleata continuano a giungere intanto lettere sottolineanti l’ottimo trattamento sotto tutti i punti di vista usato dai tedeschi ai nostri connazionali.
Corriere Adriatico, 20 luglio
I lavoratori italiani in Germania che vengono a trascorrere le ferie in Italia
Si è iniziato il periodo delle ferie estive degli operai italiani inviati a lavorare in Germania.
I primi lavoratori sono già presso le loro famiglie e sulla bocca di ognuno sono le espressioni più lusinghiere per la cordialità e lo spirito di schietto cameratismo del popolo germanico nei riguardi degli operai italiani.
Per quanto riguarda il ritorno in Germania l’Unione provinciale fascista dei lavoratori dell’industria fornisce le seguenti istruzioni circa i treni da prendere e le stazioni di partenza.
I lavoratori arrivati in ferie il 25 luglio con il treno n. 1 da Watenstedt dovranno rientrare in Germania improrogabilmente con il treno n. 11 in partenza da Verona (P.V.) alle ore 12.30 del giorno 4 agosto.
I lavoratori, allo scopo di compiere le prescritte operazioni di controllo, dovranno giungere alla stazione di Verona (Porta Vescovo) nelle prime ore del mattino di detto giorno e non più tardi delle ore 8.
Il lavoratore che si presenterà alla stazione di affluenza dopo la partenza del proprio treno, verrà respinto alla propria residenza a proprie spese. Il cambio dei marchi è ammesso alla frontiera per un massimo di Rm 30 (trenta).
Tale cambio verrà effettuato dalla Banca Nazionale del Lavoro a
Lit. 7 (sette), nette, per ogni marco. La Banca consegnerà come contante e per il valore di L. 30 un blocchetto di buoni da servire per il prelevamento: col buono n. 1 di un cestino alla stazione di confine nel viaggio di andata; id. n. 2 di una refezione calda alla stazione di raccolta nel viaggio di ritorno; id. 3 di due cestini alla stazione di confine, pure nel viaggio di ritorno, da servire per il percorso in Germania. Si raccomanda in modo particolare a tutti i lavoratori di ritornare in Germania sufficientemente equipaggiati.
Coloro che non potessero, nella propria provincia, premunirsi dei capi di equipaggiamento mancanti potranno acquistare al rientro in Germania, dietro presentazione della Tessera Bancaria e di un documento di riconoscimento, i capi occorrenti, nel nostro Ufficio di Verona (Porta Vescovo), fino all’importo di L. 500. Gli indumenti che potranno prelevare sono i seguenti: impermeabile L. 155; cappotto L. 260; scarpe tipo militare L. 105; farsetti a maglia L. 32; pancere L. 15; guanti di lana L. 20; passamontagna L. 20; calze di lana L. 15; calze di cotone L. 5; valigia cassetta L. 65. È bene che ogni lavoratore, qualora non ne fosse in possesso e ne avesse la possibilità, ritorni in Germania portando seco due lenzuola. I lavoratori che non godessero ancora degli assegni familiari sono invitati a presentarsi presso le rispettive Unioni provinciali lavoratori industria o presso le competenti delegazioni di zona per inoltrare la
domanda per ottenere tali assegni. Si raccomanda ai lavoratori di lasciare alla loro famiglia prima di partire il numero della Tessera Bancaria necessario per tutte le ricerche delle rimesse.
Corriere Adriatico, 30 luglio
Partenza di lavoratori per la Germania
Ieri sera alle ore 20.55 è partito per la Germania un altro scaglione di operai dell’industria della provincia. Sono così altri lavoratori che vanno ad unirsi alla folta schiera dei camerati italiani che, con la loro capacità tecnica, la condotta e la disciplina esemplari, tengono alto il nome della Patria, guadagnandosi la stima e l’affetto del popolo tedesco.
I lavoratori giunti in Ancona dai vari centri della provincia sono stati riuniti presso la sede dell’Unione di piazza Santa Maria dove il Segretario, camerata Carlo Bonino, ha dato loro istruzioni in merito al soggiorno in Germania illustrando quindi il contratto di lavoro per essi stipulato tra le organizzazioni sindacali competenti.
Corriere Adriatico, 1 agosto
Nelle foto: pag. 17, una delle fabbriche in cui la mano d’opera italiana veniva impiegata; pag. 19, dirigenti e maestranze per l’incontro ufficiale; qui sopra foto-ricordo di un gruppo di lavoratori emigrati.
21 - 1941 20 - 1941
Anno scolastico 1940-1941 – 6° Circolo didattico di Ancona –Falconara Marittima, Falconara Alta, Barcaglione, Casine di Paterno, Castelferretti, Fiumesino, Palombina Nuova, Palombina Vecchia, Paterno, Saline di Paterno. Assegnazione delle classi.
da pag. 16
Note giudiziarie
Il pretore ha condannato Francesco Galli fu Giuseppe, abitante a Falconara in via Nino Bixio, a lire 500 di ammenda per essersi inoltrato abusivamente in zona militare.
— Per avere esercitato la caccia in zona militare Adolfo Bilancioni di Battista, di anni 20, abitante a Castelferretti, ha avuto 200 lire di ammenda.
Corriere Adriatico, 17 gennaio
Un furto di biancheria
A Falconara sono stati rubati a Luigi Possanzini, abitante in via Nino Bixio, lenzuola, federe, asciugamani ed altri capi di biancheria messi ad asciugare nel giardino attiguo alla sua abitazione. Sono state iniziate indagini per l’identificazione dei ladri i quali hanno procurato al Possanzini un danno che si aggira sulle 200 lire.
Corriere Adriatico, 18 gennaio
NOTE GIUDIZIARIE
Alterano la carta di identità
In Pretura è stata trattata la causa contro Alda Libenzi di Attilio, di anni 20, abitante in via Arsenale ad Ancona, e Valeriano Vizzacaro fu Sartore, da Falconara, accusati di avere alterato la data di nascita sulla carta di identità rilasciata alla Libenzi, e contro gli albergatori
Claudio ed Umberto Fabretti, abitanti in via Flaminia, denunciati dalla questura sotto l’imputazione di avere annotati, sui registri delle persone alloggiate, i dati falsificati dai primi due.
Il primo pretore cav. Guido Salvi ha condannato la Libenzi ed il Vizzacaro a quattro mesi di reclusione coi benefici di legge; ha assolto il Fabretti Umberto per non avere commesso quanto gli si attribuiva ed il Fabretti Claudio per insufficienza di prove sul dolo.
Corriere Adriatico, 19 gennaio
Attività fascista delle insegnanti elementari a Castelferretti
Le insegnanti di Castelferretti sono di valido aiuto al Segretario del Fascio specie nel sabato fascista in cui danno la loro opera con passione e vera dedizione.
Sabato scorso l’insegnante Tecla Veronesi Nicolai ha parlato nella sala del Dopolavoro a giovani italiane, fasciste e massaie rurali adunate in gran numero sul momento attuale e sui nostri gloriosi combattenti.
La chiara esposizione ha suscitato un indirizzo ardente al Duce. La camerata Elisa Gasparetti, comandante della G.I.L. femminile, presiede in questi giorni la refezione scolastica e scuola di taglio per giovani fasciste. L’insegnante Toschi Maria Genovesi, Segre-
ESERCITO, PARTITO, POPOLO
Con oltre 20.000 doni la Befana fascista
scende tra i nostri soldati e tra i figli del popolo
Bimbi e soldati sono stati beneficati ieri dalla Befana fascista. Migliaia di bimbi, migliaia di soldati. La vecchia, sorridente Befana è andata nelle caserme, è andata nei Gruppi rionali e il suo mantello, il suo tradizionale mantello ha sfiorato il volto dei piccoli. I bimbi poveri che abitano nelle case lontane hanno sentito la sua carezza con-
fortatrice e le mamme hanno gioito. Ma mamme e piccoli conoscevano già questa Befana fascista che da tanti anni scende fra loro in questa giornata di festa; lieta sorpresa invece è stata per i nostri soldati perché la distribuzione dei pacchi è avvenuta proprio nell’interno delle caserme. Se si ricorderà, l’anno scorso ciò si effettuò nella sede del Dopolavoro “Forze Armate”. Siamo dunque alla seconda Befana del soldato; una Befana molto più completa, più ricca, più vicina spiritualmente ai nostri cari camerati in grigioverde. E ciò lo si deve alla fervida assidua collaborazione di tutti i settori della popolazione che in concorde intento con la Federazione Fascista (G.I.L., Fasci femminili) e con la Podesteria si sono prodigati in maniera che non esitiamo a dire encomiabile perché fosse confezionato il maggior numero di pacchi possibile. E che pacchi! In essi abbiamo notato gli oggetti più svariati: indumenti di lana, dolci, giocattoli. Accanto a questi organizzatori della Befana del soldato stanno poi quelli dei vari Dopolavoro aziendali che hanno rivolto la propria affettuosa attenzione ai figli dei loro dipendenti. Insomma è stato un fiorire spontaneo di adesioni. Il cuore di Ancona si è rivelato ancora una volta quello che veramente è in sostanza. Esercito, Partito e Popolo, questo trinomio indissolubile, che fa del nostro Paese un granitico monolite eretto contro gli eventi ella guerra, sono apparsi nello spirito un tutto armonico.
Corriere Adriatico, 7 gennaio
taria del Fascio femminile, cura la corrispondenza dei militari e la raccolta di doni che Castelferretti in un palpito d’amore offrirà ai feriti di guerra. L’insegnante Pizzichini Sperandei Malvina ha tenuto un’interessante conversazione sulla giornata della fede e presiede le adunate delle piccole italiane alle quali parla da vera madre italiana.
L’insegnante Cortese Mantini Vincenzina è addetta alla cultura fascista per i littoriali.
L’insegnante Tappa Berrè Bruna è sempre presente alle adunate delle giovani italiane alle quali parla con intelligenza, competenza e stile fascista.
La camerata Principi Evelina in Magnani è addetta all’economia domestica e alle adunate per le radio-audizioni. A lei è affidato il Doposcuola.
L’insegnante cap. man. Cesaroni Fiore è addetto all’inquadramento dei balilla e avanguardisti. Ogni sabato li aduna nella pale-
stra, cura il corso di capo squadra, il tesseramento, ecc. Corriere Adriatico, 22 gennaio
La refezione scolastica
Quest’opera altamente benefica del Regime fascista per il popolo prosegue anche in Falconara Marittima nel miglior modo e fa sentire giornalmente il suo influsso di bene tra i bambini poveri del nostro centro.
Ieri il Segretario del Fascio, accompagnato da altri gerarchi locali, si è recato a visitare le refezioni scolastiche di Fiumesino e Falconara Alta, ove i bambini riuniti a mensa in un’atmosfera di spensierata gioia hanno elevato, all’arrivo del Segretario del Fascio, irrefrenabili grida di giubilo e di devozione all’indirizzo del Duce. A questi bimbi, i quali risentono tutto il profondo giovamento specie in questo crudo inverno, il Segretario del Fascio ha rivolto loro parole di circostanza incitando i piccoli beneficiati ad essere ricono-
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scenti al Duce e di essere sempre più degni figli della nostra grande Italia che sta combattendo con l’alleata Germania per la vera pace di indipendenza e di giustizia nel mondo. Il gerarca si è poi intrattenuto con il personale dirigente e addetto alle refezioni, elogiandoli per il lusinghiero andamento dell’istituzione.
Bancarotta semplice
Con sentenza del Giudice Istruttore è stato ordinato il rinvio dinanzi al Tribunale di Ancona di Vittoria e Vittorio Brutti fu Mariano da Falconara. Devono rispondere di bancarotta semplice ed il Vittorio anche di falso in cambiale di lire 400.
Corriere Adriatico, 24 gennaio
IN TRIBUNALE
Infrazione alle norme annonarie
Piero Carpera Calcagni fu Alessandro, di anni 40, abitante a Falconara, ha avuto 100 lire di ammenda per avere venduto farina di tipo unico non regolamentare per contenuto di ceneri inferiore al minimo prescritto.
Corriere Adriatico, 25 gennaio
Truffa un industriale spacciandosi per rappresentante di commercio A Falconara gli scorsi giorni si presentò al signor Arturo Gaggiotti fu Giuseppe di anni 61 tal Cesare Monachesi da Civitanova Marche il quale, spacciandosi per rappresentante della ditta F.lli Vespasiani, tipografi da Falerone, gli mostrò un ricchissimo campionario proponendogli quindi un’ordinazione di lavori per 500 lire.
Il Gaggiotti aderì e rilasciò al Monachesi un anticipo di 200 lire, restando d’accordo che a merce ricevuta avrebbe pagato la rimanenza.
Ma più tardi doveva accorgersi di essere stato volgarmente ingannato e lo seppe quando, telefonando alla ditta Vespasiani per reclamare il mancato arrivo della merce, venne a scoprire che il Monachesi già da tempo aveva abbandonata la rappresentanza ed abusivamente si aggirava per la nostra regione con il campionario trattenuto arbitrariamente.
Al Gaggiotti non rimase pertanto altro che informare i carabinieri i quali, raccolta la denuncia, hanno subito disposto per le indagini ed il rintraccio del lestofante che, in data odierna, è stato deferito al Procuratore del Re.
Corriere Adriatico, 26 gennaio
Manifestazione di fede per i combattenti e per la vittoria
In seguito al messaggio diramato da padre Gemelli, presidente dell’Opera della Regalità di Cristo, che invita tutti i fedeli a pregare per i nostri soldati, giovedì 30 corrente alle ore 17.30, a cura dei Frati Minori nel Santuario di S. Antonio di Falconara Marittima, verrà iniziato un solenne triduo di preparazione a questa giornata di consacrazione collettiva del Sacro Cuore pro soldati e pro vittoria che si svolgerà in tutta Italia il giorno 2 febbraio con il seguente ordine: ore 8.30 – dopo la Santa Messa reciteranno l’atto di consacrazione i bambini e le bambine; alla sera e prima della benedizione lo reciterà l’intero popolo falconarese.
La predicazione sarà tenuta da P. Alfredo Polidori.
I Frati Minori esortano i fedeli ad accostarsi ai Santi Sacramenti perché nell’ora attuale è dovere di tutti di essere spiritualmente vicini ai nostri fratelli in armi. Gli inermi quindi, quelli che sono accanto al loro campanile, sono invitati a pregare per quelli che da tempo non odono più il suono delle campane, ma solo il rombo del cannone e la raffica delle mitragliatrici, nell’ora presente, e mentre ai confini della Patria i nostri fratelli armati cementano col sacrificio della vita le basi dell’ordine nuovo, da cui attendiamo una lunga era di pace e di vittoria.
Una foggia che è un controsenso: quella delle calze e dei calzettoni di lana
Si potrà obiettare, e senza dubbio i soliti criticoni lo faranno, che la moda è sempre un controsenso e che la sua illogicità è certamente una delle più spontanee espressioni dell’animo femminile, ma noi non vogliamo certo dar ragione a questi signori bacchettoni ed anzi replichiamo loro che la moda intesa come oggi deve essere intesa nel nostro Paese, quando cioè tutte le energie produttrici e creatrici hanno compiuto degli sforzi e dei sacrifici mirabili pur di raggiungere la più assoluta autosufficienza, rappresenta una vera funzione sociale e quindi politica e sopra tutto economica.
Ed è appunto in conseguenza a tutte queste ragioni, che in un certo senso hanno saputo dare all’industria dell’abbigliamento il suo giusto posto e la sua giusta importanza nel quadro economico nazionale, che oggi non possiamo fare a meno di rilevare una nuova tendenza in assoluto contrasto con le precise direttive, logicamente limitatrici, che regolano attualmente taluni settori riguardanti l’abbigliamento.
Si tratta del sempre crescente dilagare dell’uso dei calzettoni e delle calze di lana che in questa stagione hanno, chissà in grazia a quale particolare fenomeno di simpatia, conquistato gran parte del pubblico femminile. I soliti criticoni potranno esclamare, e quasi quasi siamo sicuri che lo faranno: «Ecco finalmente una moda logica! Diamine, in inverno è giusto lasciare in disparte le velatissime calze di seta per adottare quelle di lana!».
E, a tutta prima, un simile ragionamento può parere più che giusto, ma in realtà porta con sé una serie di domande ancora più giuste e fra le tante basterà citarne alcune: «Perché, proprio e solo in questo inverno di guerra il pubblico femminile si è accorto di una simile necessità? – Negli inverni scorsi faceva forse meno freddo? – E come mai queste calze e calzettoni di lana sono adottati quasi esclusivamente dall’elemento femminile più giovane, quindi da quello che logicamente dovrebbe averne meno bisogno?».
Si potrebbe rispondere a tutte queste domande con una sola parola: incomprensione – ma a noi sembra, e certamente lo è, troppo dura, quasi eccessiva –. Comunque è bene che tutto il pubblico femminile sappia, e non lo si ripeterà mai abbastanza, che anche la moda, sia pure nelle sue più modeste espressioni, deve seguire il regime di oculata economia che è oggi giustamente e necessariamente imposto al Paese in guerra. E perciò anche i calzettoni e le calze di lana rientrano nel quadro delle economie che si debbono e possono realizzare. I filati di lana servono infatti alle necessità delle nostre Forze Armate e ogni donna italiana sa che tali necessità debbono oggi essere anteposte a qualsiasi altra cosa, e non dimentica che anche gli elementi a tutta prima insignificanti possono portare il loro modesto ma sempre utilissimo contributo alla immancabile vittoria finale. Tutte queste ragioni sono dirette non soltanto alle donne italiane ma anche, e sopra tutto, ai produttori e ai commercianti degli articoli in questione, e siamo sicuri che tutti sapranno rispondere al nostro appunto con la fervida prontezza e con la lealtà che caratterizzano il comportamento di tutti gli italiani, oggi più che mai saldamente uniti e protesi ad un unico fine comune: quello della vittoria.
In tal modo, notevoli quantitativi di filati di lana potranno passare alle necessità delle Forze Armate, mentre per il consumo ed il fabbisogno civile rimarranno tutti i filati di seta naturale e di raion che sino ad oggi hanno accontentato e sempre nel modo più assoluto e completo le esigenze del pubblico femminile.
Passando poi nel campo dell’estetica, la tradizionale eleganza della donna italiana non potrà che avvantaggiarsi della soppressione di una usanza che ha senza dubbio la particolarità di dotare i corpi muliebri di gambe massicce, dall’aspetto tozzo e sgraziato e, a volte, diciamolo pure, ridicolo.
Corriere Adriatico, 19 gennaio
I vincitori dell’eliminatoria interprovinciale del concorso di canto Ancona – Nella sala del Dopolavoro delle “Forze Armate”, gremita di pubblico, si è svolta domenica l’eliminatoria interprovinciale del concorso nazionale di canto bandito dall’Opera Nazionale Dopolavoro.
Si sono presentati dinanzi alla commissione esaminatrice 24 concorrenti appartenenti alle province di Ancona, Zara, Ascoli Piceno, Macerata, Perugia, Pesaro, Urbino. Sono stati dichiarati vincitori dell’eliminatoria e quindi ammessi a partecipare alla gara nazionale che avrà luogo a Firenze i candidati: Athos Cesarini (tenore) del Dopolavoro provinciale di Ancona (prima sezione); Annunziata Vannoni (soprano) del Dopolavoro prov. di Perugia; Sesto Bruscantini (basso) del Dopolavoro prov. di Macerata; Luisa Cantori (soprano) del Dopolavoro prov. di Pesaro, tutti e tre della seconda sezione.
Facevano parte della commissione giudicatrice, presieduta dal maestro Pietro Argento, i maestri Federico Marini, Giuseppe Maraschini, Alfredo Felici, il camerata Raffaele Abbruzzetti, segretario il maestro Bio Boccosi.
Corriere Adriatico, 28 gennaio
Conversazione di cultura fascista
Nei locali del Dopolavoro Cittadino, il Segretario del Fascio falconarese, C. M. Cloterio Balicchia, ha tenuto ai premilitari e avanguardisti del nostro centro un’interessante conversazione sul tema
“Storia del Fascismo”. Tutte le giovani camicie nere hanno ascoltato con sommo interesse la parola del gerarca ed alla fine hanno tributato una dimostrazione di fede all’indirizzo del Duce.
Corriere Adriatico, 30 gennaio
La corsa campestre N. 27 della “Gazzetta dello Sport”
a Falconara Marittima
Domenica 2 febbraio, alle ore 15 e 30, a cura del locale Ufficio
sportivo della G.I.L. di Fascio, verrà ripetuta la corsa campestre N. 27 della “Gazzetta dello Sport ” il cui ordine di arrivo è stato annullato domenica scorsa, causa un errore di percorso da parte dei concorrenti.
La gara si svolgerà con qualsiasi tempo. Potranno prendere il “via” soltanto gli atleti che partirono nella gara annullata ad eccezione di quelli che dovranno partecipare al Campionato nazionale della G.I.L., i quali saranno rimpiazzati.
Partenti: Mazzoni Remo, Balducci Danilo, Massacesi Dante, Giancarli Otello, Bastianelli Ivo della G.I.L. di Falconara Marittima (…).
I suddetti concorrenti dovranno trovarsi a disposizione della giuria domenica 2 corrente alle ore 14.30 presso il Campo sportivo “Corridoni”.
IN TRIBUNALE
Condanna per infrazione alle norme annonarie Fanesi Adele da Falconara, per non aver presentato in tempo utile le cedole di prenotazione delle carte annonarie dei propri clienti all’ufficio annonario, è stata condannata al pagamento di lire 500 di ammenda ed alle spese processuali.
La costituzione della Società Polisportiva Nella prossima settimana, con l’approvazione del C.O.N.I., verrà costituita in Falconara Marittima una Società sportiva denominata: “Società Polisportiva Falconarese”, la quale dovrà inquadrare tutta la gioventù sportiva cittadina, specie quella che, per limiti di età, deve abbandonare la G.I.L. ed entrare nei ranghi del Partito. Il nuovo sodalizio inizierà quanto prima la sua attività nel campo sportivo, dopo aver fissato il suo programma di massima e nominato il Consiglio direttivo. Invitiamo, pertanto, tutti i cittadini appassionati sportivi a voler aderire alla nuova Società iscrivendosi in qualità di soci. Le schede di adesione potranno ritirarsi presso il Fascio di combattimento.
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L’EROICA RESISTENZA DEL PRESIDIO DI GIARABUB
XXX, 2 notte
La pressione inglese sull’oasi di Giarabub, e contro il complesso difensivo che sull’oasi medesima si impernia, si è iniziata il 24 dicembre con un attacco di mezzi meccanizzati nemici ai posti di vigilanza di Melfa e di Ain Gsetaia. L’immediato intervento di una nostra colonna celere con cannoni e mitragliere parava magnificamente la minaccia e, dopo quattro ore di accanito combattimento, il nemico veniva respinto.
Ogni attacco stroncato
Il successivo giorno 25 il nemico rinnovava l’attacco con autoblinde, carri armati e truppe autoportate, appoggiate da artiglieria di piccolo calibro spintesi fino alle alture a nord dell’oasi. L’azione si sviluppava in particolar modo contro il posto di Garet Barud (sei chilometri a nord di Giarabub). Il nostro presidio reagiva tenacemente, con il concorso di formazioni aeree di bombardieri spezzava un’altra volta l’attacco dell’avversario, superiore per numero e per mezzi, infliggendogli notevoli perdite.
Nostre pattuglie libiche motorizzate inseguivano il nemico rastrellando il terreno di combattimento. Venivano così fatti alcuni prigionieri e catturato vario materiale tra cui diversi autocarri. Il giorno dopo la pressione inglese si rinnovava contro il posto di Ain Gsetaia, che tenacemente contrastava l’avversario enormemente preponderante, e ordinatamente ripiegava su altro fortino situato a sud est di Giarabub. La situazione, però, veniva prontamente ristabilita in seguito all’intervento di una nostra colonna celere.
L’energica reazione opposta dalle nostre truppe e le perdite subite dal nemico induceva l’avversario a rompere per qualche giorno il contatto nella zona dell’oasi ed a limitare la propria attività a fugaci puntate esplorative di mezzi meccanizzati. Nel frattempo, la nostra opera di rafforzamento e la difesa in quel settore poteva continuare pressoché indisturbata. Pur nel frattempo la nostra aviazione si prodigava a contrastare senza sosta i movimenti avversari nella zona.
Epica difesa
Il giorno 29 un ritorno offensivo del nemico contro gli sbarramenti di Garet Barud veniva facilmente stroncato.
Infine, l’altro ieri 31 dicembre, le forze inglesi ritentavano l’attacco per forzare lo stesso passaggio, appoggiandolo ancora con numerose autoblinde, ma nuovamente il nemico veniva posto in fuga lasciando sul terreno un’autoblinda incendiata.
Questa, in succinto, la cronistoria dei fatti d’arme di Giarabub. Essa testimonia che, nonostante la sua notevole preponderanza di forze in quel settore, l’avversario è tenuto in scacco dalla risoluta e vigile combattività del nostro presidio.
Animatore della difesa di Giarabub è il maggiore Castagna comandante attivo, dinamico e risoluto, che degli uomini e dei mezzi a sua disposizione ha fatto un magnifico blocco che argina validamente la pressione del nemico, gli impone cautela e rispetto e lo costringe a segnare il passo nella marcia che credeva sicura e facile.
L’eroismo dei soldati italiani nella battaglia della Marmarica Roma, 2 notte La relazione del Maresciallo Graziani al Duce ha già messo in rilievo lo spirito di sacrificio, la strenua resistenza, l’epico valore delle truppe italiane nella battaglia della Marmarica. Ora si apprende, come riferisce l’Italpress, che i militi che difendevano Sidi el Barrani hanno opposto agli inglesi una resistenza accanita, combattendo valorosamente fino all’ultima cartuccia, infliggendo al nemico perdite sensibili. Dopo cinquanta ore di lotta eroica, terminate le munizioni, le Camicie nere cedevano alla superiorità dei mezzi. Il
generale Gallina, degno capo di quel pugno di eroi, fatto prigioniero ed ottenuta licenza di parlare ai soldati superstiti, ha pronunciato ad essi queste fiere e nobilissime parole: «Gioventù dell’Italia fascista, prima che gli inglesi ci dividano, lasciate che io vi rivolga il mio plauso per il modo con cui avete combattuto durante cinquanta ore consecutive. Se la sventura colpisce noi tutti, dovete però essere certi che gli avversari non riusciranno ad imprigionare la nostra fede ed il nostro eroismo, perché questi sono dati dall’intero popolo italiano. Siate fieri e siate certi che voi ritornerete un giorno in Patria, quando le bandiere, spiegate al vento dalle torri delle grandi città, ai casolari dei borghi più remoti, saluteranno la vittoria italiana».
Corriere Adriatico, 3 gennaio
Diario di un giornalista in Marmarica
Si resiste a Bardia
Si resiste a Giarabub
(Da uno dei nostri inviati di guerra)
Cirenaica, dicembre
Io non davo nessuna importanza a un certo tenente di fanteria, piccolo, taciturno, scalcinato, che si trovava seduto accanto a me, sere or sono, mentre si pranzava, in una sala d’albergo piena di gente, di borghesi, di militari. Parlavo con un paio d’amici, di cose che ci stavano a cuore, parlavamo precisamente di Bardia, e non m’accorgevo che il tenente, tratto tratto, lasciava le posate sul piatto e ci guardava, come se anche lui volesse dir qualcosa. Alzò la voce, infine, e noi ci voltammo dalla sua parte. Disse: «Io vengo da Bardia, sono arrivato oggi». Sorrideva. Aveva gli occhi nerissimi e grandi, i capelli neri, il volto tagliente, ossuto, era un ragazzo di ventisette, ventott’anni al massimo. «Io vengo da Bardia». Noi stavamo ad aspettare il resto del discorso, ma lui non continuava, continuava, invece, a sorridere, aspettava che noi lo interrogassimo.
Si tiene duro lungo tutto il confine
Erano sì e no sette giorni che noi mancavamo da Bardia, e ci pareva un secolo. Ci pareva che quel taciturno tenente di fanteria avesse da dirci chissà quali cose, e, invece, lì per lì, non disse niente più di quanto sapevamo, disse che si continuava a resistere, che Bardia era diventata un osso duro per gli inglesi. A Bardia si resiste, diceva, a Giarabub si resiste, si resiste da un capo all’altro della zona di confine. Si diventò amici, a poco a poco, il tenente di fanteria si fece più loquace, incominciò a raccontare i suoi giorni di laggiù, nel campo trincerato, fino alle ore più recenti, fino a ventiquattr’ore prima. Vita di trincea, nella terra scavata tra i ripari di terra rimossa, accanto al cemento delle opere permanenti. Fa freddo, sempre, e ogni tanto piove. Ma, la pioggia ed il freddo sono uguali per noi e per gli inglesi. Noi siamo fermi da una parte, e loro dall’altra. E, si combatte a distanza, con le artiglierie, sinfonie che durano per mezze giornate, poi tutto passa, tutto ritorna come prima. Immaginate un mare incolore, come è il mare d’un grigio giorno d’autunno. Questo è il paesaggio del confine, al limite del campo trincerato di Bardia. È un mare di sabbia chiara e sottile punteggiata a perdita d’occhio da magri cespugli, segnato qua e là da larghe chiazze di sabbia nuda sulla quale basta muovere un piede per levar nell’aria spruzzi di polvere che il vento porta lontano. Quando piove, tutto diventa fango, un immenso mare di fango giallo. Davanti agli occhi reticolati, davanti agli occhi il vecchio reticolato del confine. Nell’interno del campo trincerato, sulla vasta distesa di terra piatta si elevano lontane, solitarie, le coffe per le vedette in vetta a brevi pali sottili trattenuti da fili d’acciaio. Le vedette stan tutto il giorno immobili, lassù, come strani uccelli: scrutano con
binocoli l’orizzonte, telefonano tratto tratto ai Comandi, si rimettono attente a guardare. Nella sabbia, mossa appena da qualche onda vastissima e lenta, intorno a ogni “opera”, sono le tende dei soldati. Uno, due teli mimetici messi su alla meglio per coprire le buche dove essi dormono, e qualche ramo sui teli per meglio celarli all’osservazione avversaria. Dieci, dodici, quindici tende, che hanno preso il colore della sabbia, poi fossi anticarro reticolati, e qui, di nuovo, altre tende, altre mitragliatrici, altri cannoni. E così per decine di chilometri, tutto intorno al campo trincerato. Ogni tanto, qualcuno scende sotterra, nei corridoi labirintici dell’“opera”, fatti di cemento nudo, dove sono le munizioni, dov’è, in un serbatoio di pietra, la riserva dell’acqua, dove ha il lettino l’ufficiale. C’è un poco di caldo, là sotto, e ci si riposa. Ma poi, d’un tratto, bisogna uscire, perché c’è qualcosa di nuovo, un paio di carri nemici in vista, un aereo inglese da prendere a mitragliate.
I primi giorni della dura battaglia
Il racconto del nuovo amico riportava il mio pensiero ai primi giorni della battaglia. Io in verità, poche cose avevo visto a Bardia in quei giorni. Un uomo si perde nel mezzo di un avvenimento tanto grosso, in cui si muovono, vanno, vengono, combattono, senza posa, senza respiro, notte e giorno, decine e decine di migliaia di uomini; un uomo non conta col suo piccolo, col suo povero destino sulle spalle. Conosce la vicenda di poche persone che ha incontrato, che gli sono state per un poco accanto, e poi son tornate in mezzo agli altri, alle decine e decine di migliaia di altri. Ed è tutto.
I miei ricordi incominciavano dalla mattina del 9 dicembre. Si seppe che gli inglesi avevano attaccato nella notte. Si filò via subito per vedere quel che accadeva al fronte. Faceva un gran freddo, quel giorno, come non era ancora accaduto, e soffiava un vento diaccio, impetuoso, che tagliava il viso. Il ghibli. Polvere, polvere lungo tutta la strada, nuvole di polvere che correvano basse sulla terra, strisce di polvere che scivolavano sull’asfalto, sotto le ruote. Incominciava quel giorno il cattivo tempo, che non abbandonò i soldati durante tutta la battaglia. Poi, venne la pioggia, infatti, e continuò a far freddo. Erano scomparsi i caschi di sughero e si vedevano in giro solo bustine di panno e cappotti. Ci si fermava qua e là, tratto tratto, a chiedere notizie. Gli inglesi, dicevano, avevano attaccato verso le tre di notte, e la battaglia continuava accanita. Così, si fece buio, e s’arrivò davanti a Tobruk. A Tobruk bombardavano, e bombardavano più indietro un campo d’aviazione. L’orizzonte s’accendeva continuamente di vampe, scintillavano altissime, da ogni parte, le granate antiaeree, e le collane luminose schizzate in aria dalle mitragliere pennelleggiavano tutto il cielo. I proiettori, sei, sette, otto, dieci spostavano a stratto, di qua, di là, i fosforescenti fasci di luce, i fasci s’incrociavano, si riaprivano, illuminavano brani di nubi grigie, ma non si udiva nessun rumore. Era tutto silenzio, perché il vento portava tutto dalla parte del mare. Poi, dopo una mezz’ora, finì. Si lasciò Tobruk, si corse verso Bardia. Anche a Bardia, quando si giunse, c’era l’allarme. Granate, collane di proiettili luminosi, collane gialle, rosse, verdi. Autocarri passavano nel buio, andavano e venivano lungo la strada della Ridotta Capuzzo, a fari spenti. Nei locali di un albergo c’era una mensa, ed erano già arrivati numerosi nostri colleghi. Si dormì in macchina, quella notte. Il vento continuava a soffiare, continuava il freddo. Il cielo era chiaro, pieno di stelle. Ogni tanto, da una parte, dall’altra, all’orizzonte, si vedevano vampate di bombe, si udivano rombi lontani. Si attese tutto il giorno. Passavano di continuo, nel cielo, apparecchi nostri, che correvano verso il combattimento. Poi, giunsero anche i loro, due o tre io ne vidi, che lasciarono cadere alcune bombe sul campo d’aviazione. A un certo punto, uno di questi apparecchi scivolò via da una parte trascinandosi dietro una sottile coda
di fumo. Era stato colpito, evidentemente precipitava dalla parte del mare. Splendeva un sole magnifico, ma il vento non smetteva, non smetteva il freddo. Sulla strada di “Capuzzo” era un viavai interminabile di autocarri, di cannoni che affluivano ai limiti del campo trincerato per rinforzare la linea di resistenza. E, soldati, soldati erano da pertutto, intenti a mille cose, a mille lavori. Nel pomeriggio, proprio alla porta di Bardia, si fermò un autocarro. Mi sentii chiamare per nome. Era un sottotenente, una vecchia conoscenza. Uno che per mesi e mesi, con i suoi autocarri, aveva percorso decine di volte tutte le piste della Marmarica, per portar viveri e munizioni di qua, di là, a tutti i reparti, fino ai più lontani, fino a quelli inoltrati nel deserto per centinaia di chilometri. Lui conosceva tutti, conosceva tutto, era sempre in moto, dormiva a brani, mangiava quando capitava, bastava che gli autocarri giungessero dove dovevano giungere, e tornassero in tempo per partire ancora.
Giganteschi autocarri sulla via di “Capuzzo”
La sua colonna era stata mitragliata dalle autoblindate. Tre autocarri erano fermi, non bisognava perderli. Gli altri proseguirono, meno tre, e questi tre si presero a rimorchio quelli guasti. Piombò un aereo sulla piccola colonna, che immobilizzò uno degli autocarri buoni. Allora i due autocarri efficienti rimasti si presero a rimorchio, due per uno, gli autocarri danneggiati, e così, a poco a poco, raggiunsero Es Sollum. A Es Sollum c’era la lunga rampa del ciglione da salire, e siccome un autocarro non ce la fece a tirarne su due in una volta, ne portava su prima uno, e poi ridiscendeva per recuperare l’altro. Neanche un autocarro perduto, ripeteva orgoglioso il mio amico sottotenente. E, ora, ripartiva per Es Sollum, dove c’era da raccogliere altra roba.
L’autocolonna mosse, a un certo punto, sfilarono giganteschi gli autocarri sulla strada, ripresero la via di “Capuzzo”. Ma, se giungevano altre, con gente che non avevo mai visto e che, pure, mi pareva di conoscere da sempre. Avevano tutti cose da raccontare. E, faceva freddo, continuava a far freddo, un vento cane, una polvere d’inferno. Imbruniva. La battaglia si avvicinava sempre più a Bardia, al nostro campo trincerato. Era come una fiamma che veniva avanti dal deserto. Qui, gli inglesi dovevano fermarsi, tutti lo vedevano, lo sentivano. «E voi, che farete?» chiesero a padre Gaggino. Padre Gaggino stava sulla gradinata della sua piccola chiesa, davanti all’ingresso, e il vento gli muoveva la veste e gli piegava da una parte la bella barba d’apostolo. Lo avevo visto ancora una volta così, in quel suo atteggiamento, con quella sua luce di bontà diffusa nel volto, il giorno che una granata inglese, giunta dal mare, aveva aperto un grosso varco in un muro della chiesa, dalla parte dell’altare. Non l’aveva mai abbandonata la sua piccola chiesa, padre Gaggino, in tanti mesi, dopo tanti bombardamenti, dal mare e dal cielo. Ora, egli stava lì, piccolo, sottile, con quella luce di bontà nel viso, e diceva che non se ne sarebbe mai andato, mai, che quello era il suo posto, anche se di tutto quanto non fosse rimasto in piedi che l’altare.
Una selva di cannoni intorno a Bardia Di notte, ancora bombardamenti, ancora vampe dalla parte di Buq Buq. Si vedevano, da lontano, i bengalini che gli aerei inglesi lanciano con un piccolo paracadute, e che resta a lungo in aria, quasi immobili, mandando fino a terra una gran luce. Cercavano colonne nostre in marcia. Autocarri, autocarri e cannoni andavano su per la strada di “Capuzzo”. Il campo trincerato diventava una selva di cannoni, per chilometri e chilometri, intorno a Bardia. Si udì in aria un ronzio di motori. Le batterie antiaeree, le mitragliere antiaeree incominciarono la loro sinfonia, coprivano di proiettili e di fiammate tutto il cielo della cittadina. Gli apparecchi passarono →
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al largo, lasciarono cadere quattro bombe. Fiammate vicinissime accesero, per un attimo, tutto il cielo. E un fragore enorme, come uno squillo. Poi, ritornò il silenzio, ricominciò il sordo correre degli autocarri nel buio. Nella mattina, nuovo bombardamento. Picchiavano proprio su Bardia, alcune bombe andarono a cadere in piazza, altre nell’insenatura del porto. Queste sollevarono alte colonne d’acqua, aprivano nell’acqua dei crateri che subito si richiudevano. E tutto ritornò tranquillo, lo specchio d’acqua azzurro, sotto di noi, dov’erano cadute le bombe, e il mare ch’era coperto da una vasta coltre di polvere portata fin laggiù dal ghibli. Incominciò la resistenza.
Il piccolo tenente di fanteria che stava seduto al nostro tavolo, quella sera, riprendeva tratto tratto la parola per dire proprio questo, per dire che si resisteva, e si resisteva bene, che non sarebbero passati. A Bardia c’è fior di uomini, diceva, disposti a tutto, pur di non mollare. E, c’è fior di artiglierie. Raccontava un momento di guerra, uno dei tanti, di questi giorni, a Bardia. Un nuvolone di polvere si leva, d’improvviso, all’orizzonte, oltre il reticolato del confine. Pare un piccolo incendio che, a poco a poco, si allarghi. Le vedette afferrano i microfoni, parlano rapide, aguzzano gli occhi dentro i binocoli. I soldati si fanno intorno ai cannoni, alle mitragliatrici, gli otturatori scattano, le armi son pronte, puntate verso la gialla nuvola di polvere che avanza. Ronzio di motori, sferragliare di cingoli, in lontananza. Sono otto carri armati nemici che si muovono, minuscoli sull’immenso tappeto del deserto. Ogni tanto scompaiono dietro un’onda del terreno, non si vedono più, solo la polvere si vede. Eccoli di nuovo. Vengono verso l’ “opera 11”. Le artiglierie loro hanno già aperto il tiro, picchiano furiosamente sull’ “opera 11”, per neutralizzarla. L’ “opera 11” risponde contro le artiglierie e contro i carri. Le granate urlano nell’aria, schizzano nella polvere, qui e laggiù, tra la polvere sollevata dai carri. I carri avanzano ancora. Hanno avuto un attimo di esitazione, e ora procedono lenti, zigzagando, uno di qua, uno di là, per impedire ai nostri di inquadrare il tiro. Un carro è fermo, colpito da una granata. Gli
altri ripiegano, di corsa. È il solito giuoco: sondare il nostro schieramento per misurare l’intensità della nostra reazione. Qualche volta, però, il giuoco finisce male. Un carro è fermo, infatti, ed ecco, nell’aria, improvviso, un rombo di motori. I soldati saltan fuori dai ripari, salutano i nostri apparecchi. Questi piombano urlando sui carri in fuga, buttano giù spezzoni, nella terra nasce un vulcano. È un concerto spaventoso di tonfi, di schianti. Altri due carri son fermi, sono in fiamme. Gli altri scompaiono, inseguiti dai nostri aerei. Son rimaste lì, accanto al reticolato, sotto il cielo livido, le tre carcasse sventrate. Tre grigi, mostruosi cadaveri nel mezzo del deserto.
Così si combatte a Bardia, così si combatte a Giarabub, all’altra estremità del reticolato. Da quindici giorni, gli inglesi tentano di passare, inutilmente. Uomini a decine di migliaia, percossi dal vento diaccio, tormentati dalla polvere, resistono nel vecchio campo trincerato. Tengono duro.
Il Messaggero, 4 gennaio
L’eroismo intrepido dei difensori di Giarabub
Tripoli, 19
Nell’oasi di Giarabub un contingente italiano, comandato da un valoroso ufficiale, sta scrivendo una pagina di autentico eroismo la quale rimarrà nella storia militare dell’Italia così come la eroica pagina di Narvik è scritta a caratteri d’oro nella storia militare della Germania.
Completamente accerchiato il valoroso presidio si difende intrepidamente contro i continui attacchi di forze nemiche soverchianti. I viveri e le munizioni sono quelli che sono. Gli unici rifornimenti sono quelli che il presidio riceve per via aerea quando ciò è possibile. Lo spirito del Piave anima le eroiche truppe contro le quali si logorano inesorabilmente forze nemiche dieci volte superiori. La vigilanza di quei magnifici soldati ha fatto fallire tutti i tentativi nemici di sorpresa notturna. Ripetuti assalti generali fatti dagli inglesi con una impressionante massa di mezzi e con la cooperazione di grosse aliquote di aviazione si sono tutti spezzati finora contro la ferrea volontà di tener duro di quel superbo presidio verso il quale è rivolto il pensiero affettuoso dell’Italia ammirata e riconoscente. Gli aviatori che hanno sorvolato la zona descrivono Giarabub circondata dal nemico come una isola nel mare di sabbia del deserto. Piccola è l’isola ma grande è il cuore di coloro che l’abitano. Intorno a Giarabub le forze motorizzate nemiche in perpetuo movimento fanno pensare ad una forte flotta che cerchi di smantellare uno scoglio fortificato senza riuscire né a sbarcarvi né a demolirlo. I cannoni inglesi tuonano dall’alba al tramonto ma dai misteriosi nascondigli fra le palme i cannoni italiani rispondono senza posa, con tiri misurati e precisi. Varie volte i carri armati britannici sono arrivati fino sui margini dell’oasi, seguiti dalla fanteria motorizzata la quale scendendo fulmineamente dagli automezzi ha cercato di penetrare nei palmeti della cinta esterna ma il fuoco micidiale delle mitragliatrici ha sempre falciato gli assalitori i quali dopo un po’ hanno dovuto risalire sugli automezzi ed abbandonare il luogo sotto la protezione dei carri armati. Gli indigeni dell’oasi cooperano con i soldati italiani nell’intrepida difesa.
Già ripetute volte il Comando inglese ha rinforzato gli effettivi che assediano Giarabub ma finora tutti i rinforzi sono risultati insufficienti contro la indomabile resistenza dell’oasi eroica. I pozzi dell’oasi assicurano l’acqua. I viveri sono razionati in modo che possano durare più a lungo possibile. Le munizioni sono consumate in maniera che possibilmente nessun colpo vada perduto. Il morale dei soldati è quello di una famiglia che difende il suo podere contro i briganti del deserto.
Giarabub e Cheren sono due moniti per il nemico che, inganna-
to da altre situazioni nelle quali ha beneficiato dell’imponderabile, ha creduto forse la partita africana più facile di quanto lo sia e soprattutto di quanto lo sarà.
Il Messaggero, 20 febbraio
L’epopea di Cheren
Dal nostro inviato in A.O.I. ci è giunta, con ritardo, questa interessante descrizione scritta durante l’infuriare dell’epica battaglia di Cheren.
Fronte dell’A.O. (ritardato)
Mentre vi scrivo dall’indomita Cheren, una limpidissima mattinata segna l’inizio del ventitreesimo giorno della difesa di Cheren contro gli incessanti attacchi delle forze britanniche. Sono ventitré giorni che il nemico – anche se in questi ultimi tempi ha segnato un tempo di arresto in seguito alle forti perdite subite – si batte con accanimento contro le nostre difese. Sono ventitré giorni che al martellamento dell’artiglieria inglese risponde la voce dei nostri cannoni. Sono ventitré giorni che agli attacchi sferrati dal nemico assai superiore in numero e armamenti, replicano immediatamente senza un attimo di respiro, i nostri contrattacchi. Alcune posizioni sono state perdute, rioccupate, mollate, ancora una volta e ancora una volta recuperate. Adesso gli attacchi nemici registrano una sosta. Il risultato attuale di tutte queste vicende è questo: dal giorno in cui le nostre truppe si sono piantate sopra queste vette per difenderle, non un solo palmo di terreno è stato perduto; rari, sporadici successi locali del nemico sulla linea di Cheren son durati mai neppure lo spazio di un mattino. Appena una posizione veniva raggiunta dagli anglo-indiani, prima che questi potessero sistemarsi alla difesa, venivano subito contrattaccati dai nostri reparti e quindi invariabilmente sloggiati. Eroico slancio
Tutti gli italiani conoscono gli scopi di questa vasta offensiva inglese. L’attacco delle forze imperiali britanniche contro l’A.O.I. era da tempo previsto dai nostri comandi. Questi sapevano anche che il nemico avrebbe attaccato contemporaneamente sui vari fronti. Fu appunto nella previsione dell’imminente offensiva britannica che il comando delle Forze Armate nell’A.O.I. decise ed effettuò a metà gennaio lo sgombero di Cassala e di Tessenei e l’arretramento delle nostre linee su posizioni più favorevoli; e ciò avrebbe, inoltre, utilmente raccorciato il fronte.
Il nemico, quando si accorse della nostra mossa strategica, tentò di trarne vantaggio e pertanto diede il via alla sua vasta azione offensiva, rendendola particolarmente massiccia nel bassopiano eritreo.
Carri armati di grossissima mole, carri veloci, camionette costituivano l’ossatura meccanica e la corazza delle forze nemiche formate prevalentemente da truppe inglesi, australiane e indiane. I reparti sudanesi erano tenuti invece in riserva e adibiti particolarmente ai lavori stradali.
Gli inglesi si fidano poco dei sudanesi perché molti di questi hanno lavorato nell’Impero alla costruzione della rete stradale.
I bollettini del nostro Quartier Generale hanno riferito durante la seconda quindicina di gennaio sugli accaniti combattimenti svoltisi nelle zone di Barentù e di Agordat ove i nostri soldati, le camicie nere e gli ascari sostennero con mirabile valore l’urto delle formazioni corazzate anglo-indiane. La piatta uniforme distesa del bassopiano eritreo era a tutto vantaggio dell’attaccante. Ciononostante le nostre truppe combatterono con eroico slancio, ostacolando e ritardando la marcia del nemico. A Barentù le nostre truppe combatterono con duro impegno sventando la minaccia di avvolgimento. Ad Agordat si combatté tra casa e casa. Più volte Agordat venne perduta e riconquistata. Queste resistenze
erano destinate a permettere il previsto assestamento delle nostre difese a Cheren dove sono le prime propaggini dell’altopiano. Nel frattempo erano venuti al nemico grandi rinforzi. Le nuove forze erano giunte in fretta dall’Egitto a costituire i reparti falciati. Il terreno della lotta
Inoltre notevoli rinforzi giungevano anche all’aviazione nemica impegnata a fondo dai nostri eroici piloti. Queste, per sommi capi, le vicende del nostro spostamento nel basso verso la montagna; spostamento che valse a scompaginare i primi piani inglesi. Questi, infatti, secondo le dichiarazioni degli stessi prigionieri si erano fino all’ultimo illusi di poterci cogliere di sorpresa. Si giungeva così all’attuale battaglia di Cheren. Cheren, situata a novantanove chilometri da Asmara, si trova circa a millequattrocento metri di altitudine.
A ovest la strada proveniente da Agordat sale con una serie di rampe fino alle porte di Cheren passando attraverso a una stretta, aprentesi in mezzo alla chiostra dei colli che formano un cerchio interno alla graziosa cittadina. La catena dei monti che proteggono Cheren tocca una quota variante tra milleseicento e millenovecento metri. Attraverso la stretta di Dangolaas, oltre alla strada passa anche la ferrovia. Il due febbraio le truppe nemiche tentarono con una decisa spinta di affiancarsi al di qua dell’anfiteatro di Cheren. Granatieri, bersaglieri e ascari, cui si dovevano aggiungere poco dopo anche reparti di alpini, attendevano il primo urto. Questo assunse toni di inaudita violenza. Da una parte nostri uomini fermamente decisi a morire sul posto piuttosto che abbandonarlo. Dall’altra parte, forze nemiche rinforzate da truppe fresche con l’appoggio intensissimo del fuoco dell’artiglieria e di martellanti bombardamenti aerei, tentavano raggiungere l’altopiano. Nostri soldati e ascari dall’esempio trascinatore del loro eroico Comandante cui era stato commesso il compito di difendere Cheren, seppero stroncare i primi tentativi del nemico. Invano gli inglesi cercarono di aprire un passaggio ai loro carri armati e alle camionette. La strada era stata interrotta. Interrotta la ferrovia dove, tra l’altro, numerosi vagoni lanciati a pazza corsa lungo la ripida discesa, erano andati a formare un pauroso groviglio in una galleria che il nemico stava occupando.
Costretti ad uscire dai loro carri armati e dalle loro macchine, inglesi e indiani, con eccezionale preparazione di artiglieria, ritentarono di attaccare le nostre posizioni. Provarono a forzare la stretta poi si gettarono sulla sinistra quindi sulla destra della nostra linea. Invano, a bruschi tentoni cercavano un qualsiasi nostro punto debole. Così al centro come alle ali del nostro schieramento, i prodi soldati d’Italia e i fedeli ascari opponevano eguale immutata resistenza. Una barriera di petti. Aggrappati i nostri alpini e granatieri sulla roccia, sì da formare con essa una sola cosa viva, un possente blocco di energie umane e naturali che i tiri copiosissimi delle artiglierie nemiche e i bombardamenti, i mitragliamenti aerei non valevano a inchinare o affievolire. I bersaglieri attaccarono alla baionetta gli inglesi e li sloggiarono dalle posizioni conquistate appena poche ore prima. Gli artiglieri portavano i pezzi sopra posizioni che parevano inaccessibili e quindi battevano il nemico.
“Ma questo è il Carso!”
Ma questa non era la vicenda di una sola giornata, ma di tutte
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le giornate della battaglia perché era di tutti i momenti il rabbioso alternarsi di attacchi e contrattacchi. L’atmosfera intorno a Cheren si arroventava sempre più fino a toccare tra il 9 e il 14 febbraio la temperatura più elevata. Fu in questo giorno che i veterani dissero: «Ma questo è il Carso!». I monti di Cheren erano avvolti da alte bianche cortine provocate dalle esplosioni. I neri rocciosi dello Zelale e della “Quota Forcuta” si sbiancavano perché grattati e scrostati dai proiettili. Su una sola breve parete rocciosa, al cui riparo era una compagnia di un famoso battaglione coloniale, si contarono fino a mille segni di obici inglesi.
“Nido Aquila” e “Monterotondo”: ecco due altre località i cui nomi rimarranno nella memoria degli italiani e passeranno come retaggio alle generazioni che verranno. Più faceva caldo e più gli italiani tenevano. Più gli inglesi gettavano nuove forze nella divoratrice fornace e più i nostri tenevano. In questi tentativi di sfondare, gli anglo-indiani subivano atroci perdite. Si può dire che nell’ultimo attacco contro il monte Zelale un intero reggimento indiano sia stato distrutto. Si tratta del “Rafpsane Rffles”. Nella sottostante valle Logos vennero contati a parecchie centinaia di cadaveri nemici, mentre erano raccolte numerose armi e munizioni. Tra l’altro mitragliatrici e bombarde ancora utilizzabili. I prigionieri fatti in quella circostanza apparivano terrorizzati; nel loro sguardo conservarono per lunghe ore l’impressione spaventosa della lotta durata lunghe ore e conclusasi con la distruzione del reggimento. Altri reparti anglo-indiani sono stati annientati nei cento e cento attacchi e contrattacchi. Uno degli ufficiali inglesi fatti prigionieri nel suo lettino d’ospedale – all’indomani dell’azione – ancora mormorava come un automa: «Alpini alpini…». Nel settore di Cheren i soldati italiani hanno scritto splendide parole di gloria e di valore.
Rocco Morabido
Il Messaggero, 4 aprile
Tobruk è un’isola chiusa in un cerchio di ferro
(Da uno dei nostri inviati di guerra)
Fronte di Tobruk, aprile
Alle quattro di mattina, alle quattro precise, il soldato Moretti, che non aveva dormito per mettere in ordine la macchina, olio, benzina, ferri e via dicendo, è venuto su, m’ha detto andiamo, se no si fa tardi, perché la strada non è più come una volta, qualche ponte l’han fatto saltare, si capisce, qualche rampa è pure saltata, e bisogna in quei punti girare un po’ al largo, insomma andiamo se vogliamo esser sul posto prima di sera. Il soldato Moretti quando si tratta della sua macchina e di chilometri di strada da fare, centinaia di chilometri, come si usa qui, diventa autoritario, bisogna obbedirgli. Lui ha percorso decine di volte la litoranea, da un capo all’altro, dal confine tunisino al confine egiziano, poco meno di duemila chilometri, questi duemila chilometri lui li ha fatti una volta in soli tre giorni, tre giorni a ottanta, a cento all’ora, col mare da una parte, il deserto dall’altra, un paese, una città ogni tanto, e poi di nuovo il vuoto, sabbia e sole, sabbia e sole, lui conosce il paese, e la guerra, s’è impratichito, bisogna dargli retta. Sa dove si trova l’acqua e dove l’acqua non si trova, sa dove ci si può formare per un piatto di minestra calda, e dove occorre arrangiarsi con un pezzo di pagnotta e mezza scatoletta di carne, e dove non c’è da far altro che buttarsi in terra, con una coperta e un telo addosso, per passar la notte, sa queste cose che qui sono tutto. E, allora, mettiamoci nelle mani del soldato Moretti, e andiamo a vedere quel che succede intorno a Tobruk.
Mi son vestito di fretta, mi son sciacquato il viso con l’acqua che Moretti mi versava sulle mani da una borraccia, siamo scesi in-
sieme nell’aria fresca della strada, abbiamo buttato sulla macchina le nostre poche robe, e siamo rimasti un attimo a guardare, senza pensare, davanti a noi, nell’ombra, una casupola mezza demolita da una bomba. Il cielo era carico di stelle. Poi, siamo andati via che tutti dormivano nella città.
I nuovi fatti
E la guerra, la guerra dei mesi passati, tornava a rivivere, davanti ai nostri occhi, come una cosa ferma, lontana, pareva che non mesi ma anni ci separassero da allora. Ora, la battaglia era stata ricondotta al confine, incominciava al confine un’altra fase della guerra, noi correvamo a vedere le nuove cose, i nuovi fatti, verso Tobruk, verso Es Sollum, passavamo accanto alle fragorose autocolonne che, nel crepuscolo, si rimettevano in cammino per andare laggiù, o che tornavano di laggiù, si sentiva di chilometro in chilometro avvicinarsi il mondo della battaglia, della nuova battaglia, ci pareva di veder questi luoghi, queste autocolonne, autocarri e soldati, soldati e autocarri, per la prima volta. Pure, su questa strada, oltre i margini dell’asfalto, è scritta tutta la storia della guerra, la storia dell’occupazione della Cirenaica, la storia della fuga degli inglesi dalla Cirenaica. Da El Agheila in poi, andando verso oriente, si può vedere, si può leggere intorno, come in un immenso libro, tutto quel che è accaduto qui, in undici mesi, su questa costa. La guerra ha fluttuato lungo la costa, lungo la strada legata alla strada, alle città, ai porti, ai centri di rifornimento. Tutto il resto è deserto, tutto il resto non conta. La guerra è stata fatta e continua accanto al sottile nastro d’asfalto, al margine del deserto, sull’orlo del mare. Da El Agheila in poi essa ha lasciato un continuo rosario di autocarri inceneriti, di autoblindate, di carri armati sventrati dalle granate, di cannoni arrovesciati, di mitragliatrici contorte, di fucili arrugginiti, di granate, di bombe sparse sulla sabbia, roba nostra e roba loro, degli inglesi, avanzi dei voraci banchetti della guerra. Noi avevamo incominciato il nostro viaggio a Tripoli, giorni prima, e venendo avanti così, rivedevamo tutti, uno dopo l’altro, nel
deserto, i muretti e gli scavi fatti dai soldati nella sabbia, disabitati oramai, i reticolati diventati inutili, le case colpite dalle bombe, i paesi crivellati dalle granate, i luoghi delle battaglie. Un poco m’aiutavano i ricordi, un poco m’aiutava Moretti a ricordare. Moretti, che è qui da undici mesi, dal principio della guerra, dall’undici giugno, per essere precisi. E, stamane, appena raggiunte le prime alture del gebel, ha incominciato a parlare.
Il motore andava bene nel fresco del mattino, non dava preoccupazioni, si poteva pensare ad altro. E Moretti, che ha preso parte all’ultima avanzata, mi spiegava come gli autocarri, le auto inglesi che noi vedevamo qua e là a ruote all’aria, precipitate dalle scarpate della strada, i carri e le autoblinde sconquassate non fossero che una piccola parte di quanto, andandosene gli inglesi avevano lasciato. Tre erano state le colonne italo-tedesche che avevano marciato, quella di centro aveva percorso la strada che noi percorrevamo, un’altra la costa, e un’altra, a sud, la pista di Mechili. A Mechili c’era stata battaglia, a Mechili, diceva Moretti, ci son cose interessanti da vedere. Si aprì davanti a noi la piana di Barce, tutta verde, tutta segnata di campi arati, tutta punteggiata, a perdita d’occhio, dai candidi filari delle casette dei coloni.
I coloni son tornati nei campi, han ricominciato a lavorare, a rifare tutto quel che è andato perduto. Ci fermammo, a un certo punto, per muovere un po’ le gambe, per fumare in pace una sigaretta. Io canterellavo qualcosa e chiedevo a Moretti se conosceva la canzone, Moretti diceva di no, che non sapeva, diceva che oramai, dopo tanti mesi d’Africa e di guerra, s’era scordato di tutto.
Passò una colonna di autocarri, risalimmo in macchina, raggiungemmo gli autocarri, li sorpassammo ad uno ad uno, andammo via per conto nostro. S’era levato un bel sole, e il sole ci mise addosso una certa allegria, andavamo via cantando sottovoce. A Derna qualcuno ci dette notizie, qualcuno che veniva dal fronte di Tobruk. Dicevano che intorno a Tobruk c’era calma, quel giorno. Intorno a Tobruk
E, andammo a vedere la calma di Tobruk. Essa è fatta di apparecchi nostri che bombardano con molta assiduità le navi inglesi nel porto, i concentramenti di truppe nella piazzaforte, è fatta di duelli di artiglieria che si accendono improvvisi, qua e là lungo tutta la linea. Poi, a un certo punto, tutto tace, e si fa davvero silenzio. Ma, dura poco. Arrivano ancora gli apparecchi, il cannone ricomincia a rombare, di giorno, di notte. Io giunsi che tutto era tranquillo. Un sottotenente, un emiliano dagli occhi volpigni, il mento adorno di una gran barba rossiccia, un tipo spiccio, cordiale, di poche parole precise e misurate, mi portò, attraverso un sentiero segnato di impronte di scarpe chiodate, a una postazione di artiglieria. Giunti che fummo alla postazione tese un braccio indicando una piatta altura, davanti, disse che lì, a un paio di chilometri, erano gli inglesi. Io stessi parecchio a guardare, e siccome non vedevo nulla, né da quella parte né altrove, volli sentire da quel sottotenente come andavano precisamente le cose.
Le cose vanno così. Gli inglesi, nella loro fuga, si sono aggrappati alle posizioni del nostro vecchio campo trincerato, con un notevole numero di truppe, di cannoni e di mezzi corazzati, ed hanno alimentato uomini e mezzi per via mare. Premuti, lungo una linea di una quarantina di chilometri, dalle unità italiane e tedesche, hanno tentato numerose volte di rompere l’accerchiamento, ma ogni volta il tentativo è fallito. Contemporaneamente, altri reparti inglesi cercavano di piombare alle spalle del nostro schieramento, ma anche questi non hanno avuto miglior fortuna.
La piazzaforte di Tobruk è un’isola tra il deserto e il mare, un’isola chiusa in un cerchio di ferro. Quando il cerchio, a un certo punto si stringerà, ogni resistenza dovrà inevitabilmente cedere. Il sottotenente emiliano tacque per un momento, portò l’indice alle labbra,
e stava attentissimo ad ascoltare qualche cosa. Si udiva, infatti, un rumoreggiare lontano, come la voce di un temporale estivo. Sono i nostri, disse, che bombardano il porto.
Io guardavo, oltre il desolato ondeggiare delle piatte alture sabbiose, guardavo in direzione di Tobruk. La città era nascosta laggiù, dietro le alture, oltre la disperata distesa di sabbia. Anche Moretti guardava attento, con gli occhi accesi. Ma la città non la potevamo vedere. Solo il romoreggiare, si udiva, del bombardamento, come la voce di un temporale estivo.
Bruno D’Agostini
Il Messaggero, 2 maggio
Bollettino N. 368
Il Quartier Generale delle Forze armate comunica in data 8 giugno: Nell’Africa settentrionale nulla di nuovo nei settori terrestri. L’aviazione ha ripetutamente colpito, nella notte sul 7 e durante la giornata di ieri, batterie e opere militari della piazza di Tobruk provocando incendi e distruzioni.
Nei pressi di Suca sono stati bombardati automezzi britannici. Velivoli nemici hanno compiuto incursioni su Bengasi e su Derna. Nell’Africa orientale continua la battaglia nel Galla Sidamo. Nella zona di Gondar, il nostro presidio di Uolchefit, respinta nuovamente l’intimazione di resa, con audaci sortite ha inflitto sensibili perdite agli assedianti.
Il Messaggero, 9 giugno
La resistenza nell’Impero: “Io non posso oggi dire quando e come, ma affermo, nella maniera più categorica, che noi torneremo in quelle terre bagnate dal nostro sangue”
Mussolini
Il Messaggero, 11 giugno
La strenua ed impari resistenza dei difensori del Galla Sidamo
Caduta l’Amba Alagi il 18 maggio, il nemico iniziò l’attacco a fondo delle nostre forze del Galla Sidamo che già da 11 mesi combattevano vittoriosamente contro un nemico più forte di uomini e di mezzi.
L’attacco si manifestò concentrico, condotto dall’est – provenienza Addis Abeba – con le forze dell’Amba Alagi, da sud con le truppe del Chenic, da ovest con sudanesi e congolesi. La battaglia si accese violenta su tutto il vasto fronte, dai piccoli laghi al Dabus, dal Caffa al Limmù. Le strade costruite dai nostri lavoratori in cinque anni di feconda colonizzazione facilitarono i movimenti del nemico e gli permisero l’impiego su larga scala di numerosi mezzi corazzati contro le nostre truppe già stanche ed esigue negli effettivi. Fu una lotta impari, sostenuta dai nostri senza alcuna speranza di successo, ma solo con l’eroica volontà di servire ancora il Paese, prolungando fino al possibile la resistenza e vincolando così in quelle terre lontane mezzi e reparti che altrimenti il nemico avrebbe potuto impiegare altrove.
I disagi, le privazioni ed i rischi furono per mesi l’unico appannaggio di questi strenui difensori dell’Impero. Senza più ormai l’appoggio di basi civilmente o militarmente attrezzate, attraverso territori quasi vergini, sotto l’imperversare delle grandi piogge che moltiplicavano le difficoltà dei movimenti; combattuti, insidiati e premuti da ogni lato, quegli uomini seppero durare nella loro guerra oltre il concepibile; sorretti soltanto da uno spirito di dedizione e di sacrificio che provocava la stupita ammirazione dello stesso avversario.
Con disperata tenacia ogni reparto resse contro il dilagare sempre più vasto e profondo dell’invasione, fino a che la mancanza di viveri e di munizioni non lo costrinsero alla resa.
Nella zona dei piccoli laghi un gruppo di colonne si è battuto per →
31 - 1941 30 - 1941
Posizione italiana avanzata sul fronte di Tobruk (da Oggi, 15-11-1941).
oltre un mese, sebbene totalmente isolato ed accerchiato. Al sud due divisioni già ridotte negli effettivi contennero la pressione nemica su Gimma fino all’impossibile e, mentre una doveva arrendersi, l’altra riusciva a svincolarsi ed a raggiungere attraverso infinte difficoltà la zona di raccolta di Dembidollo, dove il generale Gazzera aveva deciso l’ultima difesa. Qui conversero combattendo anche le forze che avevano presidiato Gimma, dopo che la città era stata abbandonata, per salvaguardare l’incolumità della popolazione, e quelle che ripiegarono dal Dabus contenendo con aspri, continui contrattacchi la pressione del nemico incalzante.
A Dembidollo ebbe luogo l’ultima resistenza delle truppe che per tredici mesi avevano tenuto fronte ad un avversario più volte superiore. Mai battuti sul terreno della battaglia, questi soldati hanno ceduto soltanto quando sono venuti a mancare gli ultimi mezzi per la lotta, ed oggi nell’avversa fortuna portano con loro l’orgogliosa certezza di avere ben meritato dalla Patria e di aver lasciato in quelle terre una luminosa tradizione di virtù civili e militari che sarà feconda nell’ora della riconquista.
Il Messaggero, 7 luglio
Il plauso del Sovrano agli eroici difensori del Galla Sidamo
Le truppe del Galla Sidamo, che agli ordini del generale Gazzera, hanno durante lunghi mesi sostenuto una fierissima lotta contro un nemico superiore in forze infliggendogli ripetuti colpi sanguinosi, operando in condizioni di clima eccezionalmente avverse, hanno dovuto infine cedere le armi di fronte alla impossibilità di continuare a combattere. Anche le munizioni erano esaurite. Le nostre forze complessive operanti in quella zona erano ridotte a circa 3 mila nazionali, ufficiali compresi, di cui solo un migliaio di combattenti, più circa 2 mila coloniali. Nella impari lotta, proseguita fino a ieri con fredda tenacia, il contegno delle nostre truppe si è imposto al rispetto ed alla ammirazione del nemico. Le condizioni della resa comprendono gli onori militari alla Bandiera ed alle truppe italiane analoghi a quelli resi ad Amba Alagi. Inoltre gli ufficiali italiani conserveranno le armi; il comandante superiore conserverà il proprio aiutante; gli ufficiali generali conserveranno i rispettivi ufficiali di ordinanza. A tutti gli ufficiali è lasciata libera disponibilità dei valori personali e l’autorizzazione a portare un certo bagaglio. Agli ufficiali generali e superiori sono lasciati gli attendenti. Al generale Gazzera, che fino all’ultimo ha saputo trasfondere nei suoi dipendenti tutti, comandi e truppe, la sua fredda decisione ed incrollabile tenacia, era stata conferita, pochi giorni addietro, su proposta del Duce, la Gran Croce dell’Ordine Militare di Savoia, di motu proprio Sovrano. Prima della resa il generale Gazzera ha telegrafato al Duce quanto segue: «Duce, le truppe del Galla e Sidamo, durante tredici mesi di asperrima lotta, obbedendo ai Vostri ordini, hanno fatto tutto quanto era umanamente possibile. Vittoriose nel Sudan e nel Kenia inglese da prima, costrette poi dalle preponderanti forze avversarie a ripiegare entro i confini dell’Impero, sempre e dovunque si sono battute da leoni, tenendo alto il nome delle armi italiane e destando l’ammirazione dell’avversario.
Anche quando, dopo la caduta dell’Amba Alagi, il nemico ha concentrato le maggiori forze su di esso, si sono difese con le unghie e con i denti, moltiplicando gli sforzi quanto più diminuivano i mezzi e crescevano le privazioni.
Ridotte ad un esiguo pugno di eroi, senza più viveri né munizioni, sono ora costretto a cedere con l’onore delle armi, di fronte alle crescenti forze avversarie. Mentre nell’Amara ed in altre regioni la bandiera italiana continua a sventolare altera, Vi assicuro, Duce, che nell’occidente etiopico il nome d’Italia rimane ben alto per il
valore dei suoi soldati.
Nella prossima riconquista fruttificherà la seminagione che abbiamo fatto, in pace ed in guerra, secondo il Vostro comandamento, Duce amato. - GAZZERA».
Il Sovrano ha indirizzato al generale Gazzera, in data di oggi, il seguente telegramma: «La riconoscenza della Patria e gli onori delle armi da parte del nemico sono sicure attestazioni del comportamento da Voi tenuto, e dai reparti tutti, nell’impari lotta. Col pensiero ai Gloriosi caduti, Vi rivolgo il mio plauso ed il mio ringraziamento, nella certezza della vittoria finale delle nostre armi».
Il popolo italiano saluta con profonda riconoscenza e con orgoglio i combattenti del Galla Sidamo che agli ordini del prode generale Gazzera hanno sostenuto durante lunghi mesi una lotta titanica contro un nemico superiore di numero e di armi, infliggendogli perdite gravi nonostante ogni avversità. In ogni momento essi hanno saputo tenere altissimo il nome e il prestigio dell’Esercito nostro, che ha scritto una nuova pagina di incomparabile eroismo. Gli onori militari alla bandiera e alle truppe, in tutto conformi a quelli resi ai combattenti dell’Amba Alagi, il trattamento riservato agli ufficiali, che conserveranno le armi, attestano, come si legge nel messaggio del Sovrano al generale Gazzera, l’ammirazione dello stesso nemico di fronte al valore che conobbe già la vittoria nonostante difficoltà di terreno, di clima, di rifornimenti quasi insuperabili. Il fulgido eroismo dei combattenti del Galla Sidamo, cui il generale Gazzera seppe infondere un senso di disciplina e di abnegazione eguagliato soltanto dalla fede nella giustizia della causa italiana, segnerà un momento solenne nella storia di questa guerra che impegna tutto il popolo italiano, la sua vita, il suo avvenire.
Il Messaggero, 8 luglio
Carlo Lamberto
20
gennaio 1941-XIX
avrei già da tempo dovuto inviarti mie notizie. Ho aspettato fnché non fossi arrivato al posto dell’onore in questa terra che in così poco tempo racchiude tante pagine di gloria e di eroismo dei nostri camerati. Lo spirito è sempre alto e la Fede immensa per l’immancabile Vittoria. Io sto bene come spero di te e dei tuoi famigliari. Salutami tanto il Segretario e tutti i nostri veri camerati. Ricevine tu dei miei più cari. Fascisticamente credimi
Corrado Palloni
Notizie a casa
Batteria italiana in azione sul fronte cirenaico (da Oggi, 2-8-1941).
Bollettino N. 517
Il Quartiere Generale delle Forze Armate comunica: In Africa Settentrionale, elementi nemici che tentavano avvicinarsi alle nostre posizioni sul fronte di Tobruk, sono stati prontamente respinti. L’artiglieria è stata attiva contro gli apprestamenti difensivi della piazza. Bombardieri germanici hanno attaccato Tobruk nonché aeroporti e colonne di automezzi ad oriente di Marsa Matruh. La caccia tedesca ha abbattuto due velivoli avversari. Un nostro cacciatore ha costretto un aereo avversario ad atterrare nei pressi di Barce; l’equipaggio è stato catturato. Nell’Africa Orientale, sui vari fronti dello scacchiere di Gondar, attività costante dei nostri reparti verso le linee nemiche.
Corriere Adriatico, 2 novembre
Dall’Albania inviano saluti e baci ai loro cari, assicurando di godere ottima salute: (…) Sergente Focani Pacifico, Castelferretti Cassero.
Corriere Adriatico, 16 marzo *
Cap. magg. Secchi Alfio, Falconara. Corriere Adriatico, 6 aprile
Alla professoressa Manta, della R. Scuola tecnica industriale “Temistocle Calzecchi Onesti” è pervenuta da parte del camerata Fernando Petrazzoi, suo ex alunno, ora sergente marconista, una lettera nella quale tra l’altro dice: «Dirvi con quale entusiasmo e con quanta fede combattiamo non ne avrete idea. V’è in noi come una luce ed una fiamma che ci illumina e ci riscalda; siamo forti nel no-
stro diritto e marceremo a prezzo di ogni sacrificio fino a quando non avremo ottenuto quanto ci spetta e ci fu sempre negato dall’altrui ingratitudine.
Portiamo nel profondo del nostro animo il ricordo dei nostri compagni caduti che sono la nostra religione, e in noi un solo proposito: marciare con passo sicuro come le antiche legioni romane diretti alle mete prefisse, coronare il sogno dei nostri morti, fare l’Italia dei nostri poeti, e se la morte ci fermerà sul cammino, andremo avanti con il cuore, lo spirito raggiungerà la meta.
Ben si può dire che in questa grande ora nazionale siamo tutti uniti in un blocco granitico stretti nella stessa fede, nella stessa passione con la certezza della Vittoria… Quando domani la sfolgorante vittoria delle nostre armi cancellerà quella che fu la civiltà classica dell’oriente e la perfida Al-
bione vinta piegherà il capo e sarà cacciata nel romitaggio della sua isola, allora si saprà quanto grande e sublime è stato il valore del soldato italiano.
Li ho visti i miei cari compagni morire, ma giuro che saranno vendicati, il loro sacrificio non è stato vano, quella che chiamarono con tenue voce nelle estreme convulsioni dell’agonia, non li dimenticherà, ci saranno sempre di esempio e di sprone. Sono caduti con la visione della nostra vittoria. Sì cari morti essa è vicina ed in quel giorno fatidico le vostre anime nobilissime saranno vive e palpitanti vicino a noi tutti. Ho ricevuto giorni fa posta del babbo con queste righe dirette a me e mio fratello pure con me: “Siate degni dei compiti affidativi, portandoli a termine a costo del vostro sacrificio”.
Questo monito è il nostro incitamento e
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Come scrivono i nostri combattenti
P.M. 85.T lì 21.3.1941-XIX
Carissimo Lamberto
Con immensa gioia ho ricevuto ieri sera la tua lettera, ti ringrazio moltissimo. Era da molto tempo che attendevo un V/ scritto e se pure è passato molto tempo senza ricevere non ho per un solo istante dubitato.
Sono contento che le cose al Fascio vanno sempre bene e che il lavoro è sempre immenso.
Comprendo il tuo rammarico che non sei potuto partire con noi. Cosa vuoi non bisogna prendersela è il destino!
I tuoi meriti però sono sempre grandi, poiché dedichi tutta la tua vita al Partito e alla Gil.
Anch’io vi ricordo sempre tutti e vi sono vicino, e il mio pensiero corre spesso a voi tutti, miei cari camerati, che siete mercé col V/ lavoro assiduo vicino a noi che combattiamo.
La guerra mi emoziona e mi tocca l’essenza del mio animo, qua si vive con lo spirito altissimo ore di vigilia per il formidabile cozzo il quale rintuzzerà oltre i confni la baldanza del nemico.
Sento che questa vita è compresa da tutta la mia fede e dalla mia grande passione che ridestano le parti migliori del mio essere, quelle parti che io amo e per le quali vivo. Qua si fraternizza con i camerati germanici i quali molti di essi sono già reduci dalle grandi campagne di Polonia del Belgio e di Francia, sono tutti di animo buono e gentile ed hanno, quel che più conta una fede incrollabile.
Contraccambio i miei più cari saluti al Segretario, Agostini e a tutti Gerarchi e camerati.
Al piacere di riabbracciarti presto quando la Vittoria splenderà fulgida.
Gradirò sempre con piacere un tuo scritto e sapere le notizie del nostro piccolo ambiente.
Caramente ti saluto.
T’abbraccio, Corrado Palloni. Compagnia lanciafamme P.M. 85.T. ciao
sapremo fare il nostro dovere.
Con fede profonda nella nostra immancabile Vittoria gradite distinti saluti».
*
Da parte del suo ex alunno Osvaldo Clementi, ora caporale marconista, alla prof.ssa Manta è giunta quest’altra nobilissima lettera in cui si dice:
«Di ritorno da un’azione ho trovato graditissima la vostra cartolina. Ciò mi ha dato conforto e mi fa sentire profondamente come noi combattenti siamo sempre ricordati dai nostri fratelli che dalla madre Patria seguono, anzi vivono col pensiero la nostra vita, vita di sacrifici e di abnegazione.
In quest’azione ho vissuto venti giorni
terrificanti interminabili, ma la mia fede e il mio spirito di combattente, collaudato dal ferro e dal fuoco, sono ancora pronti per la seconda prova. Siamo dei bravi e coraggiosi giovani, pieni di fiducia…
Noi ci sentiamo superiori al nemico che non fa più onore alla sua antica storia. È un nemico superiore di numero e al quale affluisce continuamente un’accozzaglia di gente senza patria e senza bandiera che si nasconde in un terreno spesso impraticabile ma, nonostante tutto, siamo certi di raggiungere quanto prima le mete assegnateci dal Duce con quell’ardimento e spirito di sacrificio che è nel sangue di noi italiani. E gli scontri già avuti con esso stanno a testimoniare ancora una volta di quale fulgido eroismo il
soldato italiano sappia dar prova. Vi ringrazio profondamente della vostra gentilezza, io non ho bisogno di nulla perché nell’adempimento del mio dovere trovo tutto ciò che mi serve…
Distintamente vi saluto, dandovi la certezza che per la mia Patria saprò tutto dare, tutto sacrificare, tutto sopportare per la vittoria delle nostre gloriose armi e per l’orgoglio della nostra bella Ancona. Vostro alunno».
* Un altro alunno della Scuola tecnica industriale, il carrista Domenico Censi scrive:
«… Cinque minuti fa ho ascoltato come il
solito il giornale radio. Quando l’annunciatore pronunciò il nome di Aldo Fiorini il mio cuore si mise a battere forte forte. Durante la lettura della motivazione della medaglia d’oro, che ho ascoltato sull’attenti, ho chiuso per un attimo gli occhi come per rivederlo. E l’ho rivisto con il suo viso sempre rosso e sorridente.
Bravo Fiorini! Era amico mio sempre mattacchione e di buon umore. Si è battuto da prode sul fronte greco ed è caduto sotto il piombo nemico. Fiorini non è morto, anzi in piedi più forte di prima e ci addita, ancora sorridente, la via che conduce alla vittoria…».
Corriere Adriatico, 23 aprile
Il camerata squadrista Aldo Bertossi, partito volontario allo scoppio della guerra, rinunciando al grado che poteva ottenere e nascondendo talune imperfezioni pur di appagare l’ardente desiderio di battersi, rimasto ferito e prigioniero durante le azioni in Libia, liberato dalle nostre truppe che hanno rioccupato Bengasi e tutto il territorio cirenaico, ha
preghiere sono certo mi hanno fatto avere questo miracolo. Baciami tanto tutti, la cara Tina, i piccoli. Presto ritornerò, lo sento. Gli inglesi fuggono a gambe levate… A te, papà mio, l’espressione più calda del mio affetto e la riconoscenza infinita per avermi fatto un buon italiano… Tuo aff.mo Aldo».
Corriere Adriatico, 24 aprile
Lettera di un combattente ad una piccola italiana La piccola italiana Anna Maria Ciasca della scuola “Faiani” (3. classe elementare), aula Carlo Delcroix, aveva inviato una lettera piena di affettuose espressioni al combattente Domenico Ferrante.
Oggi le è pervenuta la lettera che qui riportiamo:
«Zona d’operazioni, aprile ’41 – Cara Anna Maria, la tua gentile letterina mi trovò in partenza per un combattimento. Ti rispondo per ciò solo adesso dopo aver fatto il mio dovere di soldato contribuendo a portare in alto la gloria delle armi italiane.
La primavera ha già fatto anche qui sbocciare le profumate mammolette e con essa ben presto la Vittoria completa arriderà alle nostre armi.
Abbi fiducia nei soldati d’Italia che silenziosamente operano e stoicamente tutto danno di loro per la grandezza della nostra bella Italia.
Ti ringrazio per le preghiere che fai sempre per me. Come vedi mi hanno di già portato fortuna!
indirizzato in questi giorni al padre suo, Luigi, la seguente lettera riboccante di entusiasmo e di amor patrio: «Dopo due mesi, un giorno, due ore di prigionia, la controffensiva scatenata dagli italiani mi ha raggiunto e sono libero… Non puoi immaginare come io pianga di gioia, come sia felice. Da quando mi hanno preso ferito “ma con le armi ancora in pugno”, ho avuto un solo pensiero: non farmi portare in Egitto. Avevo fede nella riscossa e tra le privazioni, l’angoscia, la rovina in tutto il mio spirito, un pensiero solo mi sosteneva: Italia… Avevo nascosto il tricolore nel piccolo Remo nella fodera della giacca, perché “sapevo” di sventolarlo un giorno. E questo giorno benedetto è venuto; un mese d’ospedale a Bengasi, e poi continui squagliamenti nelle varie tappe. Infine, sono apparsi i bersaglieri dell’XI ed i carri tedeschi. Volavo incontro a loro con il piccolo tricolore issato su una canna… Sono caduto fra le braccia di un bersagliere di Ancona, tale Carloni, che abita a San Pietro n. 6, credo. Se puoi, saluta la sua famiglia. Scrivimi a Bengasi, e dammi subito notizie della mamma adorata, le cui
Ama questa nostra Patria come ora, e serba buona memoria degli Eroi che s’immolarono per la sua grandezza.
Baciami la tua compagna di banco e ricordale la sua cuginetta Cinzia. Questa è la mia bimba lontana anche lei come te figlia della lupa.
Ti stringo al cuore. Ferrante Domenico». Corriere Adriatico, 25 aprile
All’insegnante Ruffini di Torrette è pervenuta da parte di un suo ex allievo una lettera nella quale tra l’altro si legge:
«Vi faccio sapere che, finalmente, dopo lungo tempo di attesa quel sogno nel quale sin da bambino mi cullava, oggi si è realizzato: essere imbarcato su di una nave da guerra.
E ne sono orgoglioso anche perché proprio nel momento in cui si deve combattere per difendere la cara Patria, che noi tutti amiamo. E combattiamo con tenacia nei grandi mari contro un nemico che fino ad oggi tutti hanno temuto. Ma noi italiani nulla temiamo, neanche la morte purché →
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Corriere Adriatico, 29 marzo
rimanga intatto il nostro onore e la nostra bandiera tricolore, simbolo della nostra nazione, sventoli sempre vittoriosa come nelle guerre passate. Anch’io combatterò da vero marinaio a costo del sacrificio. Se un giorno non tornassi direte che avete avuto un alunno che, sin da bambino era un po’ birichino è vero, ma aveva un sentimento buono; che voi gli avete insegnato che cosa significa amare la Patria, e, che questo alunno fattosi grande, alla voce dell’Italia che chiamava i suoi figli, anch’esso ha voluto rispondere al richiamo dando il suo braccio senza temere il pericolo.
Un saluto anche ai vostri alunni, e dite loro che preghino per i propri cari lontani affinché un giorno possano ritornare tra loro vincitori, perché credo che ognuno di essi avrà pure qualcuno che combatte e perché credo anche che essi, sotto la vostra guida, crescono con il sentimento di buoni italiani e, diventando uomini, ben comprenderanno che cosa significa amare la Patria. Vostro ex alunno, Pierino Violini».
Il meraviglioso spirito dei nostri fanti
In una cartolina dal fronte greco alla piccola italiana Gigliola Belelli della scuola
“De Amicis”, il capitano medico Carlo Mariotti, valoroso presidente provinciale dell’Associazione combattenti, così riassume le fasi della dura avanzata: «Vorrei, cara piccola, scriverti a lungo e narrarti tante cose, ma non posso perché… perché bisogna andare avanti. Pensa, oltre cento chilometri in tre giorni!... e sempre con il cavallo di San Francesco. Un fante che zoppicando era rimasto distaccato dalla compagnia, ai solleciti miei di accelerare il passo, ha risposto potessi camminare con il cuore! La risposta dell’anonimo fante dell’83. fanteria “Venezia” dice tutta l’ansia di combattimento, tutta la foga dell’inseguimento delle nostre impareggiabili truppe, che nel macerante inverno, lungi dall’esaurire le forze e lo spirito, hanno accumulato tale potenziale di volontà da travolgere in brevi ore il poderoso e numeroso schieramento bellico nemico».
Corriere Adriatico, 29 aprile
Al camerata Giulio Braconi è giunta, da parte del nipote Amedeo Balestra, una lettera nella quale, tra l’altro, si legge:
«Non potete mai immaginare la gioia che ho avuto nel sentire le vostre parole, che riaccendono sempre più il mio spirito d’amore verso la Patria.
Da quando ho avuto la cartolina di richiamo alle armi il mio desiderio è stato sempre quello di poter raggiungere un reparto operante…
Oggi finalmente mi trovo dove desideravo di essere.
Qualunque sia il sacrificio, da vero italiano io l’affronterò con entusiasmo, e mi saprò battere contro l’odiato nemico.
Un’altra nazione – la Jugoslavia – ci voleva allungare per qualche tempo la vittoria. Anch’essa è stata accontentata. Ha avuto ciò che si meritava. Ora le nostre truppe, insieme con quelle germaniche, continuano la marcia verso la Grecia, con impeto travolgente.
Così, ora, la democrazia inglese sta fuggendo dai paesi balcanici per andare in Egitto.
Ma grazie alla formidabile aviazione dell’Asse, pochi riusciranno a giungere a destinazione.
Anche nel continente africano, in pochi giorni abbiamo avuto splendide vittorie, abbiamo rioccupato tutto quello perduto in duri mesi. E questi giorni di vittoria non sono che un preludio di altri numerosi. Tante volte voi mi dicevate che il fante era l’eroe delle battaglie. È proprio vero!
Anch’io, come i miei compagni, ho potuto ammirare la vera gloria. Se fossi poeta, per poter scrivere su tante pagine la gloria del Fante, lo farei figurare degnamente come il più grande eroe del mondo.
Ma questo non importa; tutti collaboriamo per un solo scopo: la Vittoria. E la Vittoria l’avremo: il nostro Duce ce l’ha detto che la Vittoria è nel nostro pugno; e noi italiani non ce la faremo sfuggire. Combatteremo fino all’ultimo e dove il Duce ci comanderà».
Corriere Adriatico, 3 maggio
“Essere molto forti soldati italiani”
La Camicia nera Marcello Caim-
mi ha scritto alla sorella una lettera piena di espressioni riboccanti di amor patrio. Nella lettera – che porta la data del 21 aprile 1941 XIX – il camerata Caimmi, che ha avuto l’onore di battersi valorosamente contro i greci, tra l’altro dice:
«Nel giorno che sferrammo l’attacco i greci si difesero tenacemente, ma sotto l’impeto del glorioso soldato d’Italia dovettero piegare le ginocchia e darsi poi alla fuga. Che bel momento è stato per noi tutti quando è venuto l’ordine di saltare fuori dalle nostre trincee!
Al grido di “Savoia” tutti, come un solo uomo siamo usciti dai nostri posti e nessuno si curava più della propria vita. C’era solo l’ansia di trovarsi corpo a corpo con i greci. Non eravamo più uomini, ma leoni. Ogni ostacolo fu superato. E si avanzò cantando “Giovinezza”. Molti greci si diedero prigionieri e ancora tremano dalla paura. Sembrano fuori di sé e dicono: “Essere molto forti soldati italiani”.
La nostra instancabile gloriosa aviazione non ha dato un minuto di tregua al nemico. Quando riceverai questa – cara sorella – la Grecia sarà nelle mani dell’Asse».
Il camerata concittadino aggiunge:
«… solo che ho molto da fare, e ne sono orgoglioso, come dovete esserlo voi tutti. Non si fa altro che dire che è arrivato il momento di vendicare nostri fratelli caduti nell’adempimento del dovere».
Corriere Adriatico, 7 maggio
Al camerata Giulio Braconi è pervenuta da parte del camerata Alessandro Maiolini una lettera nella quale tra l’altro si legge:
«In questi fulgidi giorni, mentre le truppe
Caro Lamberto
P.M. 220-T lì 15.5.1941-XIX
Ho ricevuto con molto piacere la tua cartolina. Ti so bene in salute, come ne è di me. A me non risulta che mio fratello Claudio sia in Albania, poiché l’ultima sua lettera recentemente ricevuta veniva da Torino. Qui siamo sempre in attesa di altri nuovi grandi eventi che daranno il colpo decisivo al nemico, il quale ha dimostrato ancora una volta “il suo” alto senso di civiltà... nel suo breve soggiorno nella nostra bella Cirenaica. Ti leggerò sempre con piacere. Saluti a tutti quelli che conosco. Contraccambia i saluti dei camerati del Fascio. Ricevine tu dei miei più cari insieme alla tua famiglia. T’abbraccio con affetto. Tuo
nostre hanno conquistato terre a noi care, graditissima è giunta la vostra cara. Dalle vostre parole traspare un altissimo sentimento di amor patrio; voi che avete vissuto una guerra sanguinosa come quella mondiale, non potevate esprimervi altrimenti.
Quello che io ho sognato fin da fanciullo, di combattere per la grandezza della mia Patria, si è finalmente avverato.
Ho combattuto per l’italianità della Dalmazia con tutte le mie forze, con tutto il mio giovanile entusiasmo. La gioia che ho provato mi rimarrà sempre impressa per tutta la vita. Ma il mio compito di soldato non è ancora terminato: rimane ancora in piedi la perfida Inghilterra, e forse la Patria avrà ancora bisogno del mio braccio. Mi sentirò orgoglioso se potrò fare ancora qualche cosa
per la causa della civiltà romana che è proprio delle nostre genti. Un giorno quando l’Europa avrà la vera pace anch’io potrò dire, seppur modestamente, di aver contribuito alla formazione di una nuova era che rimarrà scolpita a caratteri d’oro nella storia dell’umanità. Ancora una volta sui sette colli di Roma tornerà a risplendere una luce verso la quale guarderanno tutti i popoli civili. Sarà stroncata la malvagia e incredibile nemica Inghilterra che comprenderà bene il valore da noi dato per assicurare al mondo una pace indeterminata; ripeto sono fiero di indossare in questi momenti attuali il grigio-verde, che poi un giorno tutto fiorirà: la nostra storia ne parlerà, i nostri piccoli sentiranno il valore di cui ha dato prova ogni genitore combattente.
Vostro amico, Alessandro Maiolini».
Corrado Palloni
*
Al camerata Braconi è poi pervenuta da parte del combattente Carlo Menganelli altra lettera. Si legge, tra l’altro: «Mi dite che anche voi siete stato in queste terre così potete farvi un concetto dei nostri sacrifici, ma con questo non mi demoralizzo perché come sapete il marinaio italiano sa affrontare nemici e tempeste come sempre ha affrontato e vinto e sempre vincerà. Questi chiacchieroni inglesi che sono venuti a mettere in subbuglio i Balcani anche questa volta hanno fatto fiasco ma ormai devono sapere che con le forze potenti dell’Asse faranno sempre cilecca fino a che non spariranno dalla carta geografica. Ormai sono 16 mesi che mi trovo qui e ne farò ancora fino che non avrò l’onore di dire “Abbiamo vinto quell’infame Nazione britannica”. Allora →
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Corriere Adriatico, 4 aprile
Carissimo Lamberto
Ho ricevuto la tua cartolina pervenutami quanto mai gradita. Sei l’unico che ti sei ricordato di me. Ho scritto una lettera a Cleto ma non ne ho ricevuta alcuna risposta. Pazienza. Mi trovo nel Montenegro dopo aver partecipato alle operazioni del fronte slavo. Sto benissimo. Saluti carissimi a tutti specie alla signora Savignoni, Signorine Fiorani e Siliani.
Un abbraccio a te. Aff. Vittorio
P.M. 91A 21.5.941-XIX
soltanto ritornerò a casa soddisfatto ma questo giorno non sarà lontano. Così pagherà l’Inghilterra quelle prepotenze che da molti anni ha compiuto.
Io sono orgoglioso di trovarmi in armi, come lo sono questi miei camerati e lo saremo ancor più se potremo ritornare a casa con le insegne del valore.
Caro Giulio, smetto di scrivere perché è quasi ora del pranzo e non vorrei farlo raffreddare; voglio mangiare alla salute… delle belle e grandi sconfitte inglesi».
Corriere Adriatico, 22 maggio
Il fante Arturo Santarelli così scrive ai camerati del “Villino Brasiliano” di via Cialdini, Ancona:
«Spesso vedo quegli aspri sentieri e li penso ricoperti di neve e di fango, allora affiora nell’animo un senso di religiosa ammirazione per quei miei compatrioti che hanno vissuto in essi la guerra del più grande sacrificio di forze, e del più puro eroismo. Pensare alla bufera, alla tormenta, al freddo lancinante di quei mesi d’inverno, i quali tormentavano le membra di quei figli d’Italia è cosa che sgomenta e nel medesimo tempo fa riempire di orgoglio i nostri animi. Con tanta maestosa sublimità di sacrificio, di tanta abnegazione di se stessi, di tanta fede nel cuore non potevano che vincere. Ed infatti il giorno tanto agognato non tardò a raggiungerli. Il sole primaverile li trovò ancora intirizziti, con le mani aggrappate alla roccia, i piedi nel fango, ma con nell’animo una volontà divina, una forza meravigliosa che traluceva dalle pupille assetate di un più vasto orizzonte. Vittoria
completa tutta italiana il cui serto circonda e aleggia sulla fronte dei gloriosi caduti. Forse domani sorgerà un inno che canterà l’eroismo di questi eroi d’Albania, come un giorno è nato l’inno del Monte Grappa e ciascuna gloria sarà degna delle altre…
Forse voi tutti saprete questo, ma io ho voluto dire qualche cosa perché sento che è un dovere quello di esaltare sino al grado di giustizia il valore dei miei camerati. Sei mesi di lotte asprissime hanno condotto all’esaurimento dell’esercito anglo-ellenico, e quando entrarono le forze dell’Asse per annientarlo completamente, la Grecia era già virtualmente vinta da quel pugno di uomini del fronte albanese. E questo si saprà ancor meglio un giorno, quando la testa del leone britanno sarà schiacciata.
Cordiali saluti a tutti. Vincere».
Corriere Adriatico, 29 maggio
Il camerata ingegnere navale capitano Luigi Guglielmo Simeoni, vecchio fascista che alla guerra di redenzione spagnola diede il suo fervido contributo di fede e di azione guadagnandosi anche la stella al merito militare da parte del generale Franco, ha scritto alla madre una lettera dalla quale trapela tutto il suo sconfinato amore per la Patria.
La lettera, qui giunta con ritardo, tra l’altro dice:
«Carissimi, ho ricevuto la cara lettera vostra del 18 ed ho appreso della partenza di Vittorio per la guerra. Che Iddio ce lo conservi sempre e ce lo riconduca a casa sano e salvo. Mamma preghi per noi insieme a voi tutti e
non stia in pensiero: anche se non dovessimo tornare, la gioia di aver dato tanto alla Patria, che è tutta la nostra fede, dovrà essere superiore al dolore della perdita. Abbiamo atteso tanti anni, Vittorio ed io, abbiamo sempre avuto da voi come unico credo il bene della nostra Italia che qualunque cosa accada solo la gioia e l’attesa della Vittoria finale debbono essere la vostra divisa.
Io sto bene in attesa di farmi onore ad ogni costo sempre che la fortuna me ne dia l’occasione. Vicino a Massaua ho trovato una vera colonia di anconitani; pensate: Cameli, Gambini (figlio del barbiere), Mercanti, Bonfigli (Tombello), Scortichini, Saracinelli, Sabatini, Ceccacci, poi ci sono due o tre pesaresi miei vecchi amici che conoscono Vittorio; insomma quando mi trovo con loro mi sembra di essere in Italia».
*
Il fratello, Vittorio Emanuele, sergente, squadrista, marcia su Roma, campagna d’Africa, anche egli alle armi, così scrive ai famigliari: «Carissimi, dopo giorni e giorni di marcia e lavoro, finalmente sono stato assegnato definitivamente ad un reparto mobile; ora sono a posto e spero di compiere il mio dovere fino all’ultimo. Non so dopo questa lettera quando vi potrò riscrivere, ad ogni modo non state in pensiero, pensate sempre che sono volontario e tutto quello che faccio è per la grandezza della Patria.
Vi scrivo al chiaro di luna, in piedi vicino al comando in attesa di ordini; i momenti che sto vivendo sono bellissimi e spero che
Sidi-el Aãscigh lì 8.6-XIX
Caro Lamberto, la tua cartolina mi è giunta ieri molto gradita. Ti so bene e ciò ne sono molto contento così è ugualmente di me. Auguri per la Polisportiva da te diretta che stamane avrà già, come tu dici, iniziato le sue gare. Molto bene e con molto onore, specie nella pallacanestro e nel pattinaggio. Ti ringrazio tanto delle tue parole e dei saluti, con le frme dei camerati che io di cuore contraccambio, Molaro, Gambi e Balestra. Come vedi ora dal mio nuovo indirizzo, sono in una bella oasi, ricca di palme, però ha per sfondo le dune desertiche. Quanto prima farò delle foto e te ne invierò una. Qua attendiamo presto novità per altri lidi ed altre mete… poiché qui ora siamo un po’ isolati. Ti prego di salutarmi tanto il Segretario. Caramente ti saluto e t’abbraccio. Tuo Corrado Palloni.
Iddio mi concederà di poterli raccontare. Pensatemi sempre e pregate per me. Viva l’Italia! Vita il Re! Viva il Duce».
Corriere Adriatico, 30 maggio
Il camerata Manlio Baleani, telemetrista, così scrive, tra l’altro, ai familiari: «La famosa Home Fleet di Churchill dominatrice di tutti i mari – come osano definirla gli anglo-sassoni – dà piena conferma, in questi ultimi tempi, di essere l’illusione di se stessa subendo di giorno in giorno le più umilianti sconfitte.
La giovane marina di Mussolini e le forze dell’Asse con indomito coraggio l’attaccano senza sosta infliggendole gravi perdite, forti batoste, che saranno ancor più sonore tra non molto.
Credo che sia giunta ormai l’ora, per i signori inglesi, se non vogliono fare del Mediterraneo il loro vero cimitero, di decidersi a far cambiar rotta alle loro navi. Essi sono degli intrusi, in questo mare e a noi gli intrusi non piacciono e perciò faremo del tutto per scacciarli. Cuori ed animi di tutti noi sono tesi verso una sola meta: raggiungere la vittoria finale».
Corriere Adriatico, 8 giugno
Il soldato Umberto Fiorentini, così scrive da Barce:
«Cara sorella, con la mano un po’ tremante dalla gioia e dall’emozione, riprendo la penna dopo
due lunghi mesi di prigionia, per darvi mie notizie per dirti a te e a mamma e a babbo, di non stare più in pensiero perché io sto benissimo e ringraziando Iddio sono ancora sano e salvo come sono partito, per di più libero, libero per merito dei nostri bravi soldati, che ci hanno riscattato e ricacciato il nemico oltre i suoi confini.
Certo questi due mesi sono stati molto duri e pieni di sacrifici e di privazioni ma per me il dolore più grande era di aver dovuto cedere, di essere nelle loro mani; di non poter dare notizie a Voi, e non poterne ricevere. Ma ora tutto ciò è molto lontano dal mio pensiero, ora sono di nuovo tra i nostri, però per riuscire a questo ho dovuto rischiare un po’ perché molti cioè tutti i miei amici che erano con me credo che li abbiano portati in Egitto e io per non partire son dovuto scappare dal campo di concentramento e nascondermi in una casa colonica, e ci sono stato 17 giorni!
Corriere Adriatico, 11 giugno
Un combattente ad una piccola italiana
La piccola italiana Fiorella Rossi, abitante in via Simeoni 8, Ancona, aveva inviato al combattente Aurelio Esposito una lettera riboccante di espressioni di affetto e di amor patrio. Oggi le è pervenuta la seguente risposta:
«Dal fronte albanese. Cara piccola italiana.
Stamani ho ricevuto la tua carissima lettera, che è stata da me molto gradita. Ti ringrazio di cuore del gentile pensiero e degli auguri che tu mi fai.
Sapessi come ci è caro, qui, lontani dalla nostra cara Patria, sapersi ricordati, e sapere che nei momenti in cui il rischio o la morte ci sono vicini e sembrano vogliano ghermirci, nella nostra Italia ci sono vicini e ci seguono in ispirito gli italiani.
Ora, qui, dove mi trovo, il cannone non tuona più; il sangue non bagna più le scoscese montagne di Albania e, quel che più conta, il nemico, che voleva gettarci in mare, ha piegato le ginocchia; ora è umile e sottomesso ai nostri piedi.
È tornata la pace, con la splendente e fulgida vittoria delle nostre armi.
Chissà che un giorno, quando saremo in Patria, sul treno che ci ricondurrà alla sede del nostro Reggimento non potremo passare da Ancona per vederti volentieri e personalmente ringraziarti delle belle parole che mi hai scritto, dettate da un cuore e squisitamente di bimba.
Se, invece, non ci vedremo, conserva questa mia lettera, come il ricordo di un combattente.
Ricevi il mio affettuoso abbraccio – f.to Aurelio Esposito.
P.S. – Per ricordo t’invio una piuma, conservala, così qualche volta, quando sarai grande, ti ricorderai dei bersaglieri».
Corriere Adriatico, 17 giugno →
39 - 1941 38 - 1941
Carissimo Carloni,
Cettigne 24/6/41-XIX
Con piacere ho ricevuto la tua cartolina del 16 c.m. Ti ringrazio immensamente per il costante ricordo che serbi di me. La vita che conduco qui è sempre la solita, si sta sempre in attesa per essere impiegati ad altre imprese che non abbia nulla a vedere con il presidio. Speriamo bene. Ricambia caramente i saluti a Mengucci, Pace e tutti gli altri boccettari che ricordo sempre con viva simpatia ed anche con un poco di nostalgia. Abbiti i più cari saluti ed un forte abbraccio tuo Adelmo Papo.
Un angolo di poesia alla stazione centrale Prima della guerra le stazioni ferroviarie vivevano una loro particolarissima vita, in armonia con quella di tutti gli esseri che da esse iniziavano o concludevano i loro destini: lieti o tristi, tragici o beffardi.
“Partire è un poco morire” perché in ogni stazione si lascia partendo qualche briciola della nostra anima.
Da quando c’è la guerra, anche le stazioni ferroviarie hanno cambiato volto ed anima; i borghesi che in esse transitano non ci interessano più, come non interessano più ai poeti e agli scrittori i problemi psicologici che si agitano in ognuno di essi.
Alla stazione ferroviaria di Ancona c’è per ora per noi una sola essenza, una sola voce, un solo canto: il volto del legionario romano, la voce della guerra, il canto della Vittoria; il resto non esiste; non conta.
Tutta l’attrezzatura della stazione è un’esaltazione del momento storico che viviamo ed i vari servizi sono esclusivamente diretti al conforto dei nostri soldati.
C’è un angolo festoso con una specie di verde pronao ridente come il volto di una bella donna in un momento di sana lietezza. L’insegna invita il soldato a sostare per ritemprare il corpo e lo spirito.
Affettuoso interessamento
Un’ampia tenda rende accogliente e fresco questo verde ingresso. Dentro, nel salone le cui pareti hanno richiami al Duce e alla guerra, tavolini, giornali, occorrente per scrivere. Più in là, il barbiere, il calzolaio, il sarto sistemati in stanzette attrezzate, pronti a rimettere in ordine gratuitamente i nostri bei ragazzi che hanno
viaggiato la notte o hanno fatto chilometri e chilometri in disagio. Il soldato che da poco ha lasciato il paese, la mamma e la sposa, oppure che fra poco rivedrà il paese, la sposa e la mamma, sa che là dentro c’è qualcuno che gli ricorderà la voce, lo sguardo, il sorriso che ha lasciato dietro o che lo attende più avanti. Entra; non si è ingannato: ci sono le donne fasciste che nel nome del Duce, sintesi d’amore e di umanità profonda, porgono a lui con il ristoro del cibo, delle sigarette, delle bibite, la parola ed il sorriso che consola e fa sperare. È come se la voce dei suoi cari si sia perpetrata nel tempo e nello spazio e gli dia il viatico di tenerezza che lo accompagna di tappa in tappa fino al destino di gloria e di Vittoria che lo attende.
Il soldato ritrova in queste piccole soste il tepore di un affettuoso interessamento che gli fa comprendere come l’atmosfera del Fascismo ossigena l’anima e dà anche a lui l’ennesima prova della profonda comprensione dei bisogni dell’uomo-soldato.
Egli ha viva sensazione che nessuna era come quella fascista ha mai valorizzato l’individuo nella massa offrendogli la rispettosa considerazione della sua personalità.
Questo sente ed apprezza colla sua sensibilità il soldato al transito e la sua gratitudine si estrinseca in espressione di sentita commozione; si anima ed esalta allorché il pensiero si rivolge al Duce, alla sua umanità sempre vigile, previdente e provvidente.
Come scrivono Essi stessi, questi bravi ragazzi, hanno chiesto di poter lasciare in un diario un loro pensiero di entusiasmo e affetto, espresso, si sa, con semplicità, non sempre in forma correttamente grammaticale, ma appunto per questo tanto
maggiormente caro e significativo perché è la sincerità che rende grande ogni espressione. Ci piace far conoscere qualcuno di questi scritti che documentano la temperatura elevatissima del fervore fascista e guerriero dei nostri soldati. Un caporale maggiore dei bersaglieri ciclisti scrive così:
«Reduce dal fronte occidentale, dopo aver sostato a meditare sulle Alpi, siamo giunti in questa ospitalissima Ancona per portare ai dorici il fremito della nuova giovinezza con lo sventolio delle nostre piume che conoscono tante vittorie. Siamo rimasti commossi dell’accoglienza ricevuta dalle donne fasciste del “Posto di ristoro” di questa stazione e per la larga assistenza ricevuta. Quale riconoscenza per quanto il Duce fa per i nostri soldati, siamo pronti ancora a portarci “celermente” là dove il nostro Duce ci ordinerà di combattere per portare il nostro contributo alla Vittoria finale.
Ciclisti siamo e andiamo in fretta che i primi siamo sul campo dell’onor».
E un altro bersagliere: «Commosso del trattamento avuto da parte delle donne fasciste di questo “Posto di ristoro” non voglio mancare di esprimere il mio compiacimento e ringraziamento verso il Duce, padre di noi soldati e verso le persone che con spirito di veri italiani e fascisti danno il meglio di loro stessi per porgere ai difensori della Patria il conforto di un ristoro materiale e spirituale. Per riconoscenza rinnovo la mia promessa di impiegare tutta la mia volontà guerriera e fascista per accrescere le glorie e le fortune della nostra Patria benedetta».
Un altro soldatino, con poche parole sa dire delle cose grandi:
Carissimo Lamberto
Ho ricevuto con piacere la tua illustrata con la bella morsa che presto schiaccerà la bionda Albione.
Ti invidio sinceramente che hai potuto vedere il Duce costì di passaggio, non puoi credere, come io tanto i miei camerati, desidereremmo una sua visita, per dimostrargli ancora una volta tutta la nostra incondizionata Fede. Sono contento che la polisportiva va benino, e mi ha fatto ridere, il sentire che la pioggia non ha mancato di irrorare la consueta corsa ciclistica!... La mia foto te la invierò non appena ne avrò pronta. Qui i fotograf sono molto lunghi. Contraccambia i miei più sinceri saluti a tutti i camerati specie al caro Bertini. A te un forte abbraccio. Tuo Corrado.
«Ecco, mi trovo in Ancona, trovo subito al “Posto di ristoro” la mia casa che mi accoglie come la mamma perché le donne fasciste sono per noi, in questo momento, come le nostre mamme e il nostro grande Duce è padre di tutti noi soldati. Evviva il Re Imperatore, evviva il Duce».
Spirito elevatissimo Un artigliere, reduce anch’egli dalla frontiera alpina, scrive con evidente entusiasmo:
«Sono stato alla frontiera alpina per conquistare gloria all’Italia, perché l’Italia è la mia cara mamma fino all’ultimo respiro; per il Duce e il Re Imperatore sono sempre pronto a combattere fino alla morte perché l’Italia è la bellezza del mondo. Ringrazio il Fascio femminile per la bella opera di assistenza per noi soldati. Viva il Fascio di Ancona, evviva sempre il Duce».
Quest’altro ha l’aria di lanciare un proclama: è l’impeto di un entusiasmo incontenibile che sintetizza lo spirito elevatissimo dei nostri combattenti:
«Italiani fascisti di oggi e di domani, ripassando le pagine di questo diario ammiro il vostro patriottismo ed il vostro entusiasmo.
Questo è il momento di mostrare tutto il vostro valore; non essendo io più abile per recarmi alle prime linee al contatto del “lupo” rimpiango solo per questo le mie capacità perdute, fui ferito per liberare ai futuri nostri figli e con i loro manipoli saremo sempre presenti. Evviva il Duce e il Re Imperatore». Non mancano battute spiritose e beffarde
all’indirizzo del nemico come son frequenti i richiami poetici e le citazioni di detti celebri:
«La vittoria non è dei grandi ma degli impavidi».
«Sia il dovere la tua legge Sia la fede la tua forza Sia la coscienza il tuo premio».
Ma in tutti questi pensieri, registrati con umiltà, si rispecchia fedelmente la vera essenza del nostro popolo migliore in grigio-verde, l’ardore dei combattenti, la fede dei puri. La gratitudine per il Duce che, tramite le donne fasciste, dona ai soldati di transito nelle stazioni il provvido ed amorevole interessamento, è tanto grande che solo chi li guarda scrivere può leggere sui loro volti l’empito della commozione e dell’affetto. Ecco perché, all’infuori dei nostri soldati non c’è null’altro alla stazione ferroviaria che possa fermare la nostra attenzione.
Il soldato sa che la Patria, grata del suo valore, del suo eroismo, apre a lui in ogni tappa le braccia materne.
Dolci sorrisi di donne, cuori colmi di ogni tenerezza, accolgono in nome del Duce questi viaggiatori d’eccezione, questi nostri magnifici ragazzi decisi con ferma volontà a scrivere anche col sangue la fatidica parola: Vincere!
M. Ravot Vincenzetti Corriere Adriatico, 2 luglio
L’affondamento di un sommergibile nemico nel racconto di un nostro valoroso marinaio Il camerata Aroldo Rapacini, imbarcato
quale II capo meccanico su una nostra unità da guerra, ha scritto alla famiglia una lettera vibrante di amor patrio. Tra l’altro il camerata Rapacini, che ha avuto l’onore di partecipare ad una delle tante vittoriose azioni della nostra gloriosa marina da guerra, e precisamente a quella di cui al Bollettino 410 del nostro Comando generale delle Forze Armate, racconta alcune fasi della vittoriosa impresa:
«… Si navigava ad una velocità non tanto forte quando l’alba con i suoi primi bagliori annunciava una nuova giornata. La navigazione di perlustrazione e di caccia ai sommergibili si svolgeva regolarmente. Ad un tratto ad una distanza di circa mille metri un sommergibile ci lanciò due siluri. Io ero di guardia alle macchine. Le scie erano verso la nostra direzione, erano vicinissime e tra pochi secondi sarebbe stata la catastrofe. Ma, grazie alla perfetta manovra del nostro valoroso comandante Gamaleri ed all’efficienza delle nostre macchine spinte da noi alla velocità massima, potemmo schivare miracolosamente siluri che ci passarono vicinissimi lasciando una scia ribollente e verdastra.
La preda ormai non ci poteva sfuggire. Con le macchine a tutta forza dopo pochi secondi raggiungemmo il punto al disotto del quale si trovava il sommergibile nemico. Una, due, tre, dieci bombe vennero lasciate cadere nel fondo del mare. Ci furono scoppi e numerose ed alte colonne d’acqua che →
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ricadevano mentre alla superficie comparivano larghe chiazze di olio e di nafta: il sommergibile nemico era stato squarciato. Poco dopo, infatti, lo scafo emerse per un attimo dalla superficie: si impennò, poi scomparve nuovamente inabissandosi.
Cari genitori – continua il camerata Rapacini – questi sono momenti di entusiasmo e di commozione insieme. Tutti ci baciammo ed abbracciammo, poi, irrigiditi sull’attenti, salutammo la bandiera col grido di “Viva il Re! Viva l’Italia!”».
Corriere Adriatico, 3 agosto
Un combattente ad una piccola italiana
Alla piccola italiana Maria Luisa Impigli, abitante al corso Carlo Alberto 114, è pervenuta la seguente risposta ad un’affettuosa letterina inviata ad un militare senza posta del nostro glorioso Esercito:
«Gentile e cara piccola Maria Luisa, oggi, con mio grande piacere, mi è stata consegnata la tua bella letterina che tu, da brava piccola italiana, hai voluto inviare ad un militare senza posta. È stato grande il sollievo che mi hanno portato le tue semplici ma confortanti parole e subito ti rispondo ringraziandoti vivamente per il tuo buon cuore.
Dalla lettura ho rilevato con profonda ammirazione il tuo ardente spirito patriottico e il gentile pensiero per i combattenti di questo fronte.
Ricorda sempre, mia piccola, i combattenti di ogni fronte e ricorda in modo particolare Coloro che già furono, cioè coloro che hanno già dato il loro sangue per la Patria.
Immagino che tu sia una bambina di dieci anni intelligente e vivace. Io ho 22 anni, perciò tu puoi essere per me una sorellina ed anche la mia bambina di guerra. Sei contenta?
Come combattente, sono un artigliere alpino (torinese) e sono fiero di poter combattere con migliaia di miei compagni con lo scopo di infrangere al più presto la già spasimante resistenza nemica e di marciare travolgendo ogni ostacolo fino alla sicura vittoria finale, per il più grande avvenire della nostra bella Italia.
Sono certo che tu compirai diligentemente il tuo dovere di scolara, così potrai tu pure contribuire alla vittoria.
A proposito, avrai sicuramente letto, da qualche parte, il famoso detto di Oriani: “Un popolo di soldati con un esercito di cittadini”.
Questo potrà essere un tema per te.
Sarò lieto di avere presto tue notizie e le tue impressioni sull’attuale stato di guerra.
Mi scriverai presto, vero? E mi manderai anche una tua bella fotografia affinché io possa vedere ed ammirare in te quella tanto bene-
vola piccola italiana, animata da un grande amor patrio.
Da parte mia farò del mio meglio per narrarti le mie vicende di fiero combattente.
Ti invierò pure una mia fotografia che ho fatto in questi giorni non appena sarà pronta.
In attesa di un tuo bel scritto ti saluto caramente e ti faccio i migliori auguri per il tuo avvenire. Alfredo Actis-Perinetti».
Corriere Adriatico, 12 agosto
La fede nella vittoria dei difensori di Gondar
Il camerata Manlio Marinelli, di Pietralacroce, il quale trovasi da 48 mesi nell’Africa Orientale col grado di sottufficiale e fa parte dell’eroico manipolo dei difensori di Gondar, è riuscito a far pervenire alla famiglia un’altra lettera nella quale, tra l’altro, scrive:
«Come avrete saputo per mezzo dei bollettini e dai giornali, Gondar è ancora in nostre mani. Non è una cosa piacevole, è vero, ma è una cosa che passerà alla storia perché i signori inglesi non si credano che cederemo tanto facilmente come essi suppongono.
Essi riconoscono il nostro valore, le nostre virtù guerriere, il nostro indomito coraggio, perciò troveranno nella zona di Gondar il pane per i loro denti. Soltanto la fame ci potrà impedire di resistere sino all’arrivo delle vittoriose truppe che dovranno, con noi, riconquistare l’Impero. Noi tutti dell’Ahmara, ancora italiana, siamo fieri di dover difendere un territorio conquistato con il sangue di tanti eroi, e ancora più fieri di far sventolare, il più lungo tempo possibile, il nostro glorioso Tricolore.
Cari genitori, non state in pensiero per me, io sto benone perciò sarei tanto contento che voi siate sempre tranquilli. Dio ci ha nelle sue mani e credo ci proteggerà sempre data la nobile causa per cui ora l’Italia sta combattendo contro il bolscevismo. L’Italia
vincerà perché noi lo vogliamo. Noi, quaggiù, resisteremo ad oltranza, perciò spero che fra pochi mesi tutto sarà sistemato ed allora potrò ritornare a voi per non lasciarvi mai più».
Corriere Adriatico, 29 agosto
Come scrivono le mamme italiane
La signora Damonte Bianca, mamma del legionario Michele Damonte del 108.o Batt. CC.NN. caduto in combattimento, così scrive ai camerati del 108.o che le avevano inviato espressioni di commossa solidarietà:
«Apprendo con fiero dolore la ferale notizia del decesso di mio figlio c.n. Damonte Michele caduto eroicamente mentre serviva la Patria in armi.
Non ho lacrime per l’incolmabile perdita perché so che le mamme italiane non debbono piangere, ma chiudersi in raccolto silenzio di meditazione sul sublime spirito di sacrificio che anima i figli della nostra sempre più grande Italia di Mussolini.
Vi ringrazio delle espressioni di cordoglio degli Ufficiali e delle CC.NN. del glorioso Battaglione 108.o CC.NN. d’assalto ed auspico ad esso sempre maggiori glorie per la grandezza della nostra Nazione, e per l’orgoglio della nostra Ancona.
Vi prego di deporre un fiore sulla cara tomba. Vincere!
Damonte Bianca».
La lettera non abbisogna di commenti. La fierezza di questa mamma anconitana è indice incontrovertibile di saldezza di fede e di amor patrio, e soprattutto rivela la maturità del popolo nostro e la sua serena e ferma fiducia nella Vittoria.
Corriere Adriatico, 6 settembre
Lo spirito elevatissimo dei nostri marinai
Il fuochista Attilio Marchetti, imbarcato su una nave da guerra, così scrive, tra
P.M.T. 3.11.41-XX
Carissimo Lamberto, Ho gradito moltissimo la tua cartolina del 22/10/u.s.m. Sono contento che stai bene come è sempre di me. Il mio cambiamento d’indirizzo non pregiudica quelle cose che tu puoi pensare… ne sarei molto contento!! Spero in seguito che ciò avvenga! Spero poi che domani la ormai famosa “Staffetta G. della Vitt.” riuscirà bene come per il passato. Ho gradito molto le frme e i saluti dei camerati specie Bertini Agostini Ricciotti che ricambierai sentitamente.
Sperando che vorrai scrivermi e… un po’ più spesso ricevi caro Lamberto i miei più cari saluti insieme ai tuoi.
T’abbraccio aff.mo Corrado.
l’altro, ad un camerata concittadino:
«… Noi marinai abbiamo l’onore di servire la nostra amata Patria in un periodo in cui si decide veramente il suo avvenire.
… Noi (giovani in gran parte) comprendiamo benissimo l’importanza del compito affidatoci, sappiamo anche che affrontiamo un nemico forte per numero, ma alla sua forza materiale, noi opponiamo quella nostra che, guidata con slancio e sicura fiducia avrà immancabilmente il sopravvento, eliminando così per sempre dal nostro mare questo odiato nemico.
Come avete appreso dai miei io sono allegro e come me lo sono tutti i miei compagni; la causa principale di questa allegria è perché anche noi facciamo parte di una Unità della nostra Marina e sappiamo che il nostro operato assieme a quello di tutte le altre navi è seguito con riconoscenza e devozione dagli italiani tutti, ed abbiamo la piena convinzione che i nostri sforzi, sacrifici, giovano per completare questa gigantesca battaglia. Quindi continuiamo sempre in ogni luogo dimostrando ovunque il nostro eroismo, certi di ottenere pieno successo. E quando la voce tonante del Duce dirà all’Italia ed al mondo: Vittoria! L’Italia ha vinto su tutti i fronti, l’Italia ha vinto sul mare, allora i nostri cuori palpiteranno di gioia e saremo felici del nostro contributo».
Corriere Adriatico, 10 settembre
Notizie a casa (…) Sergente Traginelli Aristide, di Pietro,
Castelferretti; milite Zoli Tullio, fu Angelo, Falconara Marittima.
Corriere Adriatico, 17 settembre
Scambio di lettere tra balilla e combattenti
Il balilla Lucio Latini di Ancona aveva inviato una bella lettera ad un combattente nella quale, tra l’altro, diceva: «Sono felice di chiamarmi amico di un bravo giovane come te che sta compiendo il suo dovere, supera tutti gli ostacoli e sopporta qualsiasi sacrificio perché sa che presto la Vittoria sarà nostra. Bravo, vorrei essere io al tuo posto, e vorrei che soprattutto tu e i tuoi compagni, tutti i nostri soldati in armi, potessero sentire quanto siete vicino al nostro cuore. Piccoli, grandi e vecchi, tutti vi amiamo tanto. L’immagine sacra che ti mando mettila vicino al tuo cuore, non perderla, essa ti salverà dai brutti pericoli, e se qualche volta ti sentirai stanco e sfiduciato, chiama vicino a te la bella Madonnina; essa ti aiuterà sempre e pensa che forse nello stesso momento io prego per te, affinché in te non venga a mancare la fede. Tante altre cose vorrei dirti, ma una sola basta: è che tu devi tornare presto vittorioso e felice e pieno di gloria, ed io ti verrò incontro col mio vestitino nuovo e con tanto desiderio di stringerti al mio cuore. Se hai la mamma, quando le scrivi, dille che hai un fratellino, un fratellino del cuore che si chiama Lucio; dille che abbia fiducia e non tema per te perché tanto so e sento che la vittoria non può mancare per questa santa causa, e presto tu
A noi
sarai tra noi e ci narrerai tante cose». E il balilla Lucio ha avuto risposta. Nella lettera il combattente tra l’altro dice:
«A leggere quelle tue parole che rianimano ogni cuore di soldato che combatte con tutta la fede e a sentire un bimbo come te parlare della grandezza della Patria e della Vittoria sicura, mi sento commosso. Hai ragione di parlare così perché ogni bimbo ormai comprende che la vittoria è nostra. La Russia è sull’orlo della capitolazione e il soldato dell’Asse andrà anche a Londra; stai pur certo che raggiungeremo ogni meta assegnata dai nostri Capi e presto torneremo con la Vittoria finale nella bella Ancona, perché anch’io sono di Ancona. Sono contento che sei stato promosso alla terza classe e ti auguro che anche nell’avvenire sia il più bravo della scuola. Senti, mio caro piccolo, ho visto la Madonnina che mi hai inviato: l’ho baciata con grande amore, intendendo con ciò baciare anche te…
Abbi sempre fiducia che la Vittoria è nostra. Soldato Balestra Amedeo, P.M. 91A».
Corriere Adriatico, 20 settembre
Saluti di combattenti (…) Camicia nera Romagnoli Guerrino, Falconara.
Corriere Adriatico, 30 settembre
Lettere di combattenti Il combattente concittadino Lamberto Duranti scrive, fra l’altro, allo zio: «… Presto dovrò andarmene di qui e ne sono →
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Corriere Adriatico, 5 agosto
felice, non perché stia male dove sono, ma perché ho fatto la domanda di essere ammesso nel corpo dei paracadutisti, vedendo che al posto ove ora sono non avrei potuto dare alla Patria tutto il rendimento che dovrei dare. Finora ho passato una visita ed avrò da passarne altre tre, poi sarò accettato. Cosa te ne pare? È vero che avremo sempre la vita in pericolo, ma nulla importa: io ricordo il motto “Vivere pericolosamente”. Sono certo che approverai questo mio gesto da vero italiano che tutto offre per la nostra futura vittoria. Noi daremo le nostre giovani vite, che saranno necessarie, ma saremo vendicati ed alla resa dei conti esse peseranno sulla bilancia che la grande!!! Albione dovrà colmare d’oro. In questi giorni la nostra Marina (ossia i nostri volontari della morte) ha compiuto quell’impresa degna solo della nostra gente di mare; sfidando il grande colosso ha violato Gibilterra: un’impresa simile non verrà più dimenticata in tutto il globo terracqueo. Altre ed altre imprese simili e superiori verranno ancora compiute da questi oscuri eroi che nulla chiedono e il cui unico desiderio è solo quello di poter continuare a servire la nostra Italia fino alla finale vittoria».
Corriere Adriatico, 5 ottobre
Saluti di combattenti Roma, 8 notte I seguenti militari combattenti, dislocati nei territori occupati dalle nostre truppe, assicurano di stare bene e inviano abbracci affettuosi ai loro cari: (…) Il bersagliere Serrani Dino di Falconara
Marittima manda pensieri cari ai famigliari e a Rina; autiere Pertica Mario, Castelferretti, riceve notizie e ne invia regolarmente; bacia ed abbraccia caramente la sorella.
Corriere Adriatico, 9 ottobre
Il Caposquadra Ottorino Aquilini della colonna celere S. Maria CC.NN. ha inviato alla famiglia dal fronte cirenaico una lettera nella quale si legge, tra l’altro:
«Mi dici che hai incontrato la madre di un mio camerata che gli spetta la licenza perché ha fatto un anno di zona di operazioni, credi babbo che loro possono fare ciò che vogliono, io non farò mai questo passo per venire a casa, io sono un volontario e per nessun motivo lascerò il fronte, sono partito per fare la guerra e farò la guerra finché non sarà finita. Voglio avere la soddisfazione fino in fondo. Non sono partito per lo scopo di guadagnare nastrini e poi squagliarmela, no! babbo, io voglio portare a termine il compito affidatoci dal nostro Capo, voglio raggiungere la grande meta, non ti dico poi che qui abbiamo parecchi camerati da vendicare, ora io faccio parte di un plotoncino di CC.NN., che ha avuto l’alto onore di essere in linea come rappresentanza della Milizia in operazioni. Ha detto S.E. il Generale Gambara “queste poche CC.NN. che sono in linea hanno un grande e bellissimo compito, e cioè di vendicare i nostri camerati”.
Quando ero al 6.o Btg. mi ammalai e la Commissione medica mi voleva rimpatriare: rifiutai. Dopo poco feci domanda di appartenere ad un reparto di primissima linea e fui accontentato ed ora che ci sono, non lascerò mai; voglio molto bene ai miei genitori, a mio figlio e soffro di essergli lontano; ma c’è una cosa che mi fa pensare alle persone care, la Patria, per me la Patria è ancora più cara di voi genitori e di mio figlio; in questo momento ho un compito, affidato a mia richiesta, e lo porterò a termine a costo di rimetterci la vita. Non si è dato mai abbastanza alla Patria.
Mi dici che mio fratello ha avuto una proposta per una medaglia di bronzo, ciò mi fa
tanto piacere e ne sono orgoglioso, ma digli che la guerra non è terminata e che stia al suo posto sempre e che non cercasse di lasciarlo, perché ha avuto questa ricompensa, tenga sempre duro.
Credi, l’acciaio inglese è duro, ma noi lo squaglieremo ben presto: i nostri petti saranno sempre più duri del loro acciaio.
Non importa che il grande impero britannico sia forte, per noi non esiste forza avanti le nostre linee; il nostro spirito, le nostre armi sgretoleranno ben presto questo impero».
Corriere Adriatico, 17 ottobre
L’aviere Adamo Beltramba ha indirizzato ad un camerata concittadino una lettera nella quale, tra l’altro, si legge: «… Noi non facciamo altro che il nostro dovere e chiediamo sempre di renderci il più possibile utili per la causa comune.
Non sarà mai troppo quello che ognuno di noi dà e farà alla nostra carissima Patria per la sua maggiore grandezza e per vedere finalmente abbassare la testa alla bionda Albione.
Certamente sarà un bellissimo giorno quello in cui le campane di ogni città e di ogni borgo suoneranno a distesa per annunciare al mondo intero che la Vittoria è nostra.
Allora andremo fieri di averli fatti i nostri sacrifici cooperando alla più fulgida delle vittorie che la storia ricordi. Anche voi in Italia, seppur non militari, avete da compiere non lievi sacrifici.
Ma il popolo italiano è fiero di essere unito ai combattenti nel diuturno sacrificio e sa perfettamente che cosa bisogna fare per l’immancabile vittoria.
Unica nostra preoccupazione è il pensiero che hanno le nostre famiglie per noi. Voi sapete benissimo che i genitori, specialmente, temono sempre più di quello che dovreb-
bero. Il loro affetto è sempre immenso e appunto per questo non si può dire di essere sempre completamente calmi. Va bene che un po’ di pericolo c’è sempre, ma i nostri cari pensano ognora che esso sia maggiore. Voi sapete quanto io desideravo di essere richiamato, quindi ciò che vi ho detto poc’anzi non vi deve sembrare un vanto.
Mi chiedete qualche cosa della mia vita militare; comprenderete benissimo perché non aderisco alla vostra richiesta: a volte una lettera, anche di nessuna importanza che cada in mano del nemico, può arrecare tanto danno, più grave ancora di quello che si possa immaginare. Tuttavia vi posso dire che sto assai bene e che il clima coloniale, pur essendo duro, specie dopo un periodo di tempo relativamente lungo, non mi ha fatto grande impressione e, ringraziando Iddio, l’ho sinora sopportato senza alcuna conseguenza. Certo che, a volte, il caldo è fortissimo ma anche questo non sarebbe nulla perché si gira in calzoncini senza null’altro.
Il fatto è che al caldo si aggiunge sempre il famoso e fortissimo “ghibli” che ci penetra ovunque anche portando gli occhiali e l’ovatta nelle orecchie.
Ogni tanto abbiamo qualche visitina e,
come avrete sentito dai bollettini, mai niente di grave, anche se le notizie da Londra vogliono far credere che i famosi piloti della ancora più famosa RAF (raffa, noi la chiamiamo) distruggono sempre qualche cosa di grande e di importante.
In queste visite ciò che si distrugge realmente è sempre qualche apparecchio nemico – Adamo Beltramba».
Corriere Adriatico, 18 ottobre
Saluti di combattenti Assicurando di star bene, i seguenti militari inviano saluti e baci ai loro cari:
Caporale De Nicola Rocco, Villa Del Fuoco; caporale Pagliarocci Giuseppe, di Pianello; fante Polucci Antonio, di Sarnano; fante Steffini Ubaldo, di Falconara; fante Tasso Bruno, di Sforzacosta; caporalmaggiore Carsetti Tertulliano, di Matelica; marinaio Paci Benedetto, di San Benedetto del Tronto; sottocapo Assenti Giuseppe, di S. Benedetto del Tronto; furiere Narcisi Umberto, di Marzocca.
Corriere Adriatico, 20 novembre
Assicurando di godere ottima salute, i seguenti militari inviano saluti e baci ai
Corso aspiranti giudici della F.I.D.A.L.
A cura del Comitato regionale della IX Zona della F.I.D.A.L. nel mese di febbraio verrà svolto in Falconara Marittima un corso per aspiranti giudici della F.I.D.A.L., al quale potranno iscriversi solamente coloro che abbiano compiuto il 18. anno di età ed appartengano al P.N.F., G.I.L. o al G.U.F.
Le iscrizioni si ricevono tutti i giorni presso l’Ufficio sportivo del Comando della G.I.L. di Fascio, via Risorgimento, Falconara Marittima.
Le iscrizioni si chiuderanno il 5 febbraio. Il corso si compone di due parti: una teorica da svolgersi in sei lezioni nei locali del Dopolavoro Cittadino, una pratica da svolgersi al Campo sportivo “F. Corridoni”.
Agli esami non verranno ammessi i candidati che abbiano più di quattro assenze sulle sei lezioni teoriche e la pratica.
La squadra di calcio della G.I.L. al Campionato marchigiano di II Divisione
Falconara Marittima, che vanta nel giuoco del calcio tradizioni nobilissime, dopo una parentesi di stasi, vedrà quest’anno una sua squadra partecipare al prossimo Campionato regionale di II Divisione.
L’Ufficio sportivo del locale Comando G.I.L. di Fascio, che nulla tralascia per la divulgazione di ogni sport obbligatorio o facoltativo tra la massa dei giovani del Littorio, si è reso benemerito anche in questo campo.
Il 2 febbraio, quindi, i giovani calciatori falconaresi inizieranno il Campionato, dopo la brillante affermazione ottenuta nel torneo “Coppa di Natale” svoltosi nei giorni di maltempo, con una trasferta non troppo facile. I nero-azzurri locali si recheranno a Pesaro, ove al Campo “Tonino Benelli” avranno per rivali i tecnici giocatori della squadra riserve della Vis.
Il pronostico volge a favore della squadra di Pesaro, ma siccome nel giuoco del calcio le sorprese sono tante, chissà che i falconaresi
loro cari:
(…) Primo capitano di fanteria Infanti Oreste, di Falconara Marittima.
Il combattente sergente Antonio Falaschi di Ancona così scrive tra l’altro:
«… Mi trovo all’ospedale perché sono stato ferito, ti giuro che sono contento lo stesso. Benché ferito e sanguinante non è uscito dalla mia bocca il minimo lamento. Ti confesso che ora mi sento più forte e più felice sapendo di poter dire che, anch’io, ho versato il sangue per la nostra cara Patria. Sono quasi 40 giorni che mi trovo in questo ospedale. Appena sarò ristabilito ritornerò di nuovo sul teatro di guerra e sono certo che la fortuna mi aiuterà a portare a termine questa grande missione di contributo alla bella Italia. Sono stato dispiacente lasciare tuo fratello ma presto sarò di nuovo al suo fianco. Per ora non ho altro da dirti, speriamo presto trionfi la “Vittoria” delle nostre armi e che un giorno non tanto lontano possa stringerti la mano fraternamente. Salutami cordialmente la tua cara mamma, termino inviandoti un caro saluto; mi saluterai tanto il maestro. Aff.mo tuo Antonio Falaschi». Corriere Adriatico, 27 novembre
non riescano almeno a strappare un incontro nullo? Questo sarebbe già una brillante affermazione. La squadra locale sarà difesa in porta dal bravo Principi, il quale da due anni a questa parte ha fatto progressi. La coppia dei terzini con Montalbetti e Berretti si è dimostrata alquanto solida, come pure la mediana che, imperniata sull’ex salernitano Samele con ai lati Fiocco e Giombini, ci farà vedere sicuramente grandi cose. Il reparto attaccante non dovrebbe zoppicare con l’innesto a mezzo sinistro di Pizzimenti, esso si compone di: Catacchio, Pizzimenti, Vici, Bartozzi e Gismondi III; un quintetto
Il Duce ai lavoratori anconetani
In occasione del radiodiscorso tenuto ai lavoratori italiani dal presidente della Confederazione, il Segretario dell’Unione lavoratori dell’industria inviò al Duce, a nome degli organizzati di Ancona, il seguente telegramma:
«Lavoratori anconetani riuniti imponente assemblea inneggiando alle immancabili fortune della Patria fascista di cui siete guida, anima e azione, Vi esprimono sensi loro assoluta dedizione e rinnovano giuramento seguirVi oltre mete da Voi fissate perché in Voi credono, a Voi obbediscono, con Voi combatteranno per le maggiori fortune della più grande Italia imperiale».
In data odierna da parte del Sottosegretario di Stato alle Corporazioni è pervenuta al Segretario dell’Unione la seguente lettera:
«Sono lieto di comunicarvi ringraziamenti del Duce per i sentimenti di devozione che gli avete espresso a nome dei lavoratori dell’industria di codesta provincia in occasione della recente assemblea»
Corriere Adriatico, 31 gennaio
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Marcia della gioventù – Plotone Ancona, 1941
che sarà pericoloso per le squadre avversarie, benché composto da giovanissimi. La prerogativa dell’undici falconarese consiste nella velocità nelle azioni e nel puntare subito sulla porta avversaria.
Corriere Adriatico, 31 gennaio
Da Castelferretti
Doni ai feriti
Attività del Fascio maschile e femminile Ad iniziativa della Segretaria del Fascio femminile, insegnante Toschi e con l’aiuto lodevole di alcune donne fasciste e massaie rurali, sono stati raccolti doni a beneficio dei soldati feriti degenti negli ospedali di Ancona.
Con le offerte ottenute dalla campagna e dal paese sono stati confezionati n. 40 pacchi contenenti ciascuno zucchero, aranci, saponette, sigarette, cerini, uova e un calendarietto sacro. Ieri detti pacchi sono stati consegnati dalla solerte Segretaria accompagnata da donne fasciste e da massaie rurali ai feriti ricoverati nell’Ospedale civile di Ancona, che hanno infinitamente gradito il dono di questa forte e laboriosa popolazione ed hanno ringraziato commossi, dimostrando tutta la loro gratitudine a questa santa opera di beneficienza voluta dal Regime.
Degna di rilievo e di caloroso encomio è anche la bella iniziativa del Fascio locale femminile di riunire le organizzate ogni sabato in un locale della scuola per confezionare calze, sciarpe, passamontagna, guanti ed altro per i nostri combattenti. *
In occasione delle feste natalizie il Segretario del Fascio ha inviato a tutti i combattenti di Castelferretti il saluto augurale a mezzo di cartolina stampata. Hanno risposto tutti con parole ardenti di fede e di devozione al Duce. Le lettere e cartoline di risposta sono custodite gelosamente in apposito album e ogni domenica vengono affisse in un quadro nella facciata del Fascio ove la popolazione sosta commossa a commentare le belle espressioni dei nostri figli di terra, di mare e del cielo che combattono per la nostra cara Italia.
La riapertura del Pronto soccorso
Il Podestà ha deliberato la riapertura del posto di Pronto soccorso a Falconara Marittima con la data del 1° febbraio corrente ed adibire a custode Pettinari Amedea.
Corriere Adriatico, 1 febbraio
La Scuola di Avviamento professionale di Falconara intitolata a Iridio Mantovani
Il bollettino del Ministero dell’Educazione Nazionale pubblica un decreto col quale, in virtù della legge 23 giugno 1927 V n. 118 e 22 aprile 1932 X n. 490, tenuto conto del parere favorevole espresso dall’Eccellenza il Prefetto della Provincia, dal Regio Provveditore agli studi, nonché dal Comune di Ancona viene accolta la proposta del consiglio dei professori della R. Scuola secondaria di Avviamento professionale a tipo agrario di Ancona-Falconara Marina concernente l’intitolazione della scuola medesima al nome dell’eroe Iridio Mantovani – medaglia d’oro – caduto per la conquista dell’Impero.
Esercitazioni di tiro a proietto alla foce dell’Esino
Il colonnello di Porto, comandante del Porto di Ancona, visti gli artt. 140 e 163 del Codice per la Marina mercantile avverte: che nei giorni 4 e 7 febbraio corrente, dalle ore 9 alle 16, saranno eseguiti tiri a proiettile con fucile e mitragliatrice alla foce del fiume Esino.
La zona pericolosa si estende per un fronte di metri 500 a destra e a sinistra della foce del fiume Esino e per due chilometri di profondità.
Un’ora prima dell’inizio dei tiri e per tutta la durata di essi saranno alzate due bandiere rosse.
Durante le esercitazioni è vietato il transito e la sosta delle
Per le famiglie dei militari e militarizzati dispersi
Per norma degli interessati, il Ministero della Guerra comunica che alle famiglie del personale militare e militarizzato, che risulta disperso, compete mensilmente, a seconda che si tratti di famiglia acquisita od originaria, la metà od il terzo di quanto dovuto al rispettivo congiunto.
Gli aventi diritto a quanto sopra debbono farne richiesta al Deposito (Centro di mobilitazione) al quale appartiene il congiunto, oppure al locale Comando di distretto militare se il suddetto Deposito è dislocato oltre mare.
Corriere Adriatico, 1 febbraio
persone nella zona pericolosa.
I tiri dovranno essere sospesi all’avvicinarsi di navi o di galleggianti alla zona interdetta.
I contravventori alla presente ordinanza saranno responsabili pienamente di ogni incidente e danno alle persone ed alle cose.
Furto di biancheria
Gli scorsi giorni Fernanda Possanza, di anni 23, si trasferiva da Foligno a Falconara. Durante le operazioni di trasporto dei mobili in un appartamento di via Nazionale 553 una cassa veniva lasciata ai piedi del portone. Il giorno dopo, allorché si decideva di farla portare nel suo domicilio, la Possanza doveva accorgersi che mani ignote ne avevano manomesso il contenuto: mancavano difatti 16 lenzuola di cui 6 di lino e 10 di cotone, una coperta damascata e 12 asciugamani nonché altra biancheria per un valore di circa 3000 lire.
Il furto è stato denunciato alla Benemerita e sono in corso indagini per l’identificazione dei colpevoli.
Corriere Adriatico, 4 febbraio
Fra vibranti manifestazioni di fede fascista il Federale tiene rapporto ai fascisti ed al popolo di Castelferretti
Alle ore 18 di martedì il Segretario federale ha tenuto rapporto ai fascisti ed al popolo di Castelferretti. Dopo la relazione del Segretario del Fascio sulle molteplici attività svolte e sulle organizzazioni dipendenti dal Fascio di Castelferretti, il Federale ha elogiato l’opera compiuta dai fascisti e dal laborioso popolo di Castelferretti ed ha tracciato le direttive dell’attività da svolgere in ogni settore. Ha quindi esaltato il fulgido valore dei nostri soldati, affermando che nulla sono i sacrifici imposti dal presente stato a confronto dell’eroismo dei combattenti di terra, di mare e del cielo. Ha affermato che bisogna sempre avere fede nel Duce che condurrà il popolo italiano alla più grande vittoria. Il rapporto al popolo di Castelferretti, spesso interrotto da calorose e vibranti manifestazioni all’indirizzo del Duce, dell’esercito e dell’immancabile vittoria, si è chiuso con il saluto al Duce.
Infortunio
Nel chiudere una porta Mario Mosconi fu Enrico, di anni 36, abitante a Castelferretti, contadino, si è prodotto ferite dichiarate guaribili in una dozzina di giorni.
Corriere Adriatico, 6 febbraio
Un arresto
I carabinieri hanno arrestato certo Bruno Brasili, di Serafino, di anni 51, abitante a Castelferretti, trovato in istato di manifesta ubriachezza per la pubblica via. Dopo il formale interrogatorio il Brasili è stato deferito al Procuratore del Re in base all’articolo 688 del C.P.
Corriere Adriatico, 7 febbraio
Una direttissima
In Pretura è stato giudicato per direttissima il fruttivendolo Bruno Brasili, di Serafino, da Castelferretti, arrestato dai carabinieri sotto l’accusa di ubriachezza molesta e ripugnante.
Il giudice gli ha inflitto la pena di nove giorni di arresto.
Corriere Adriatico, 8 febbraio
L’apertura della variante sulla Statale adriatica
Presso gli uffici di segreteria del Comune è stato depositato il piano parcellare relativo ai terreni da occuparsi per l’apertura della variante sulla Statale adriatica numero 16, in territorio di Falconara, variante compresa nel progetto a suo tempo redatto dall’Azienda
autonoma statale della strada (compartimento di Ancona) e approvato dal Ministero dei Lavori pubblici.
Corriere Adriatico, 9 febbraio
Deliberazioni del Podestà
Il Podestà ha approvato un progetto, redatto dall’Ufficio tecnico comunale, concernente lavori di manutenzione da apportarsi alle fogne esistenti nell’ex comune di Falconara e precisamente nella zona di Falconara Marina e Falconara Alta, Castelferretti, Fiumesino e Palombina Vecchia.
Secondo tale progetto sarà praticato uno spurgo generale, mentre riparazioni convenienti verranno apportate a quei tratti di fogna che si presenteranno in cattive condizioni per la loro vetustà. L’e-
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Corriere Adriatico, 5 febbraio
LA SAGRA DEL LAVORO FASCISTA
L’inizio delle gare dei Prelittoriali del Lavoro femminile
Ancona – La sagra del Lavoro fascista, iniziata dal mese di gennaio con le gare di selezione comunale in tutti Fasci della provincia, riprenderà oggi la seconda fase con l’inizio dei Prelittoriali del Lavoro femminile.
Ancona ospiterà dal 9 al 15 febbraio 222 lavoratrici della provincia, vincitrici delle gare di selezione comunale alle quali hanno partecipato oltre 300 organizzate. Oggi si inizieranno, con il concorso confezioniste sartoria per donna delle gare industriali, i Prelittoriali che selezioneranno le migliori per la partecipazione ai Littoriali nazionali che si svolgeranno a Pisa dal 3 al 15 marzo. Tutte le migliori forze lavoratrici femminili della provincia sono in lizza per conseguire oltre il titolo di Prelittrice per l’Anno XIX, la partecipazione ai Littoriali di Pisa per il titolo di Littrice e per l’ambitissimo “M” d’oro. Dopo il periodo d’intensa preparazione culturale e tecnica conseguita nei corsi di cultura fascista e teorici, le migliori, vagliate attraverso la severa prova delle gare di selezione comunale, daranno prova delle loro capacità e delle loro volontà di lavorare sempre più e sempre meglio. I concorsi per la preparazione della donna alla vita familiare metteranno alla prova le giovani brave massaie delle case operaie e delle case rurali: i concorsi agricoli dimostreranno le capacità delle nostre massaie rurali nelle opere dei campi, specie ora che spesso le donne debbono eseguire i lavori degli uomini. Nel settore dell’industria, dell’artigianato, del commercio le lavoratrici daranno prova delle loro abilità di dattilografe, maglieriste, cucitrici in bianco, ricamatrici, sarte, commesse, ecc.
I Littoriali del lavoro stanno a dimostrare «la particolare preparazione con cui la gioventù lavoratrice combatte la propria guerra nei campi e nelle officine, affiancando e integrando l’opera dei camerati che agli ordini del Duce combattono sui campi di battaglia».
Al G.U.F. è stata affidata l’organizzazione dei Littoriali del lavoro dimostrando in tal modo come i giovani lavoratori e i Fascisti Universitari imprimano nel nuovo ordine mussoliniano la volontà, la tenacia, la capacità e l’ardore della nostra razza con il lavoro sano e fecondo.
Sabato 8, domenica 9, lunedì 10, martedì 11, mercoledì 12 avranno luogo nel salone del Palazzo Littorio le gare industriali (concorso sartoria per donna); domenica 9 le gare agricole e commerciali per lavoratrici ortofrutticole, per stenodattilografe, dattilografe e telefoniste; lunedì il concorso per commesse di vendita; mercoledì e giovedì le gare
secuzione dell’opera comporta una spesa di 25 mila lire il cui stanziamento è stato autorizzato dal Podestà.
Corriere Adriatico, 11 febbraio
Inosservanza al decreto prefettizio sull’emigrazione dei greggi
Un decreto prefettizio disciplina la migrazione dei greggi per ragioni soprattutto di carattere sanitario.
Secondo il testo del decreto un pastore non può condurre il gregge in un comune senza aver prima avuto il permesso di quel podestà. Di queste norme non ha tenuto conto il pastore Duilio Squadroni di Silvestro, che da Castelferretti, suo luogo di residenza, portava pecore in territorio di Chiaravalle senza aver avuta la preventiva autorizzazione podestarile.
Egli è stato contravvenzionato e denunciato al Pretore.
Corriere Adriatico, 14 febbraio
Uno spettacolo d’arte varia per gli avieri a Falconara
Il camerata Francesco Panizza, ispettore delle Forze Armate, ha orga-
artigiane per cucitrici in bianco e ricamatrici e pellicciaie; venerdì e sabato le gare di preparazione della donna alla vita familiare e domenica 16 il concorso per maglieriste.
Corriere Adriatico, 8 febbraio
I Prelittoriali del Lavoro sono in pieno svolgimento
Ancona – Iniziatisi sabato mattina con il primo turno del concorso per confezioniste di sartoria da donna, i Prelittoriali femminili del Lavoro sono entrati nella pienezza del loro svolgimento.
Tutte le gare agricole e buona parte delle gare commerciali si sono svolte nella giornata di domenica e ci hanno dato i nomi delle prime prelittrici.
La serietà della preparazione, tanto per la prova tecnica che per quella di cultura fascista, notevole specialmente per le partecipanti dei Fasci della provincia, merita ogni elogio e dimostra lo spirito col quale è stata accolta dalle lavoratrici questa manifestazione che può veramente chiamarsi la sagra del lavoro italiano.
Mentre scriviamo continuano le gare in varie sedi: si è iniziato il secondo turno del concorso per sarte, stanno compiendo le loro prove per telefoniste e le commesse di vendita.
Diamo per ora i primi risultati che ci sono pervenuti: non è possibile stabilire una classifica per Fasci perché si attende la riunione della Commissione di disciplina e controllo che ha la facoltà di concedere punti di abbuono a quei Fasci che più si sono distinti nell’organizzare la manifestazione.
Gare agricole: concorso per l’allevamento del coniglio: 1. Cerioni Lea (Cupramontana); 2. Riori Moroni Elisa (Senigallia); 3. Tarsi Maria (Corinaldo).
Concorso per l’allevamento ovino: 1. Marsucci Livia (Morro d’Alba); 2. Bilancioni Giuseppina (Castelferretti).
Concorso per la lavorazione del tabacco: 1. Vicari Orchidea (Chiaravalle); 2. Giacomelli Maria (Chiaravalle); 3. Manfredi Deianice (Senigallia).
Concorso per l’orticoltura: 1. Signorini Ada (G.R.F. 28 Ottobre); 2. Brugiapaglia Anna (G.R.F. 28 Ottobre); 3. Starna Falchetti Giulia (Senigallia).
Gare commerciali: concorso per lavoratrici ortofrutticole: 1. An-
nizzato uno spettacolo di arte varia per gli avieri.
Erano presenti il comandante dell’aeroporto colonnello Ettore Pasquinelli, il maggiore Carlo Bonamici, gli ufficiali, i sottufficiali, gli allievi piloti e gli avieri.
Si sono prestati gentilmente diversi artisti sia professionisti che dilettanti, elementi ceduti dal Dopolavoro “XXI Aprile”.
Il comico Luzio (Cipetta) ha divertito immensamente gli spettatori colle sue trovate umoristiche e la piccola artista Zeffirina ha cantato e danzato ottimamente.
La signorina Ida Romani, il giovane Venezia, il tenore Ravera hanno interpretato varie canzoni e sono stati tutti applauditi.
La soprano signorina Juanita Paoletti con la sua ottima voce ha finemente cesellato romanze della “Traviata” e del “Rigoletto” riscuotendo molti applausi.
Il baritono Emilio Gasperini ha cantato la romanza “Cortigiani” del “Rigoletto” entusiasmando l’uditorio. Il tenore Vero, un giovane sergente con ottima voce, ha interpretato una romanza di Denza e un brano d’opera ed il suo modo di cantare è stato apprezzato.
Giuseppe Bruschi ha fatto sentire ancora una volta la sua pastosa voce baritonale nella romanza “Pari siamo…” del “Rigoletto” ricon-
dreoni Giuseppina (Castelferretti); 2. Brunelli Francesca (Castelferretti).
Degli altri concorsi non siamo ancora in grado di dare i risultati perché le Commissioni debbono esaminare i lavori.
Corriere Adriatico, 11 febbraio
La conclusione di altri importanti concorsi
I Prelittoriali femminili del Lavoro si avviano verso la conclusione con il concorso per la casa operaia svoltosi venerdì nella sede della Scuola di economia domestica della G.I.L. al Gruppo rionale “Guido Neri”.
Il concorso per la casa rurale e quello per maglieriste, che si svolgeranno domenica, chiuderanno i Prelittoriali del Lavoro femminile che hanno visto quest’anno un numero considerevole di partecipanti di tutti i Fasci della provincia.
Mercoledì mattina è terminato il concorso per confezioniste di sartoria per donna che ha accolto una massa di quaranta partecipanti che, per quattro giorni, hanno lavorato nella confezione di un abito.
Al concorso per ricamatrici e cucitrici in bianco, svoltosi nelle giornate di mercoledì e giovedì, si è avuto un numero complessivo di ottanta partecipanti.
Le cucitrici in bianco hanno lavorato delle graziosissime camicie per neonati, e le ricamatrici con lodevole abilità portatovaglioli per le Colonie del Partito. Contemporaneamente si è svolto il concorso per pellicciaie e modiste. Il Segretario federale è più volte venuto a vedere lo svolgimento delle gare interessandosi del lavoro delle singole partecipanti.
La classifica generale per Fasci vede sempre in testa Castelferretti. Lodevole è il piazzamento di questo Fascio che tiene fronte ai centri più notevoli. Il Gruppo rionale “Guido Neri” è salito al quinto posto.
Ecco i risultati: concorso per confezioniste sartoria per donna: 1. Marinelli Maria del Gruppo rionale “A. Mussolini”; 2. Sensoli Maria del Gruppo rionale “G. Neri”; 3. Bonci Alessandrina di Cupramontana.
Concorso per ricamatrici: 1. Urbani Maria di Castelplanio; 2. Vitali Leda di Jesi; 3. Mochi Maria di Chiaravalle. Concorso per pellicciaie: 1. Cavallotti Vilda del Gruppo rionale “G. Neri”; 2. Gentili Marianna del Gruppo rionale “G. Neri”. Concorso per cucitrici in bianco: 1. Santilli Maria di Morro
fermando ancora una volta le sue ottime qualità.
Dopo vive richieste il baritono Africo Baldelli, che si trovava in platea colla sua divisa grigio-verde, è salito sul palcoscenico ed ha cantato maestro la romanza “Cortigiani” del “Rigoletto” dimostrando di essere un artista già completo e destinato alla più brillante carriera artistica.
Hanno accompagnato al piano: per la musica leggera il maestro Giacomo Inda e, per la musica operistica, la signora Gemma Lorella.
Corriere Adriatico, 16 febbraio
Una bicicletta che sparisce
Uno sconosciuto ha rubato ad Orlando Reginelli, fu Giovanni, di anni 29, abitante a Falconara in via Monte Tognetti 90, una bicicletta del valore dichiarato di 400 lire.
Il furto è stato denunciato alla Benemerita e sono state subito iniziate le indagini per la scoperta del colpevole del quale non si ha peraltro traccia.
Corriere Adriatico, 18 febbraio
Attività del Fascio
Il Segretario del Fascio, accompagnato da altri gerarchi locali, ha
d’Alba; 2. Angeletti Uldina di Senigallia; 3. Brunori Elvira di San Marcello.
Concorso per modiste: 1. Palma Marcella del Gruppo rionale “A. Mussolini”.
La classifica per Fasci dopo le gare agricole, commerciali, artigiane ed i concorsi per confezioniste sartoria per donna e per modiste delle gare industriali è la seguente: 1. Castelferretti punti 52; 2. Senigallia 46; 3. Cupramontana 39; 4. Chiaravalle 34; 5. “Guido Neri” e Jesi 31; 7. “Cesare Marini” e “A. Mussolini” 29; 9. Morro d’Alba 28; 10. “28 Ottobre” 24.
Corriere Adriatico, 15 febbraio
Attività della G.I.L. a Castelferretti
Con grande soddisfazione abbiamo appreso che al termine dei Prelittoriali femminili Castelferretti è al 1. posto nella classifica finale dei Fasci con punti 69. Le nostre modeste, ma brave e volonterose lavoratrici hanno così dimostrata la loro ferma volontà nel lavoro potenziato e valorizzato dal Fascismo e meritano un vivo elogio per la loro bella affermazione.
Al concorso hanno partecipato:
Sartoria per donna: Faustini Eufemia, Martelli Elena.
Ricamatrici: Pettinari Severina e Possanzini Ave.
Cucitrici in bianco: Amagliani Valentina.
Dattilografe: Riccieri Maria Antonietta e Giacchetta Stella.
Lavorazione tabacco: Vannini Rita e Giorgi Alda.
Allevamento ovino: Bilancioni Giuseppina.
Lavoranti ortofrutticole: Andreoni Giuseppina, Brunelli Francesca.
Economia domestica-casa rurale: Gattini Maria e Andreoni Alma.
Casa operaia: Bolli Severa e Faustini Italia.
Congratulazioni vivissime alla solerte comandante dei reparti femminili, insegnante signorina Gasparetti e alle sue brave e valide collaboratrici.
Sabato prossimo il Segretario di Fascio dr. Catalani adunerà le brave lavoratrici per esternare ad esse la soddisfazione e l’ammirazione del paese e per spronarle a far di più e di meglio in avvenire in modo che Castelferretti possa sempre e ovunque essere conosciuto come popolo sano e laborioso, stretto sotto i simboli gloriosi del Littorio.
Corriere Adriatico, 22 febbraio
proseguito i suoi rapporti ai settori del Fascio falconarese di combattimento. Dopo la visita a Fiumesino e alla Fabbrica Cinghie ed affini del rione Villanova, il camerata Balicchia ha tenuto ieri rapporto ai fascisti e alla popolazione di Falconara Alta.
Il Segretario del Fascio ha illustrato ai numerosi presenti l’attuale momento storico che attraversa la nostra Patria ed ha invitato fascisti e popolazione ad essere fidenti nella suprema volontà del Duce e di tutti gli italiani per la vittoria finale di questa guerra contro le democrazie plutocratiche che i colpi sicuri delle potenti forze armate dell’Asse sapranno ben presto travolgere e distruggere per sempre. Le calde parole del gerarca sono state accolte, alla fine, da una irrefrenabile dimostrazione di entusiasmo all’indirizzo del Duce.
Ingiurie, percosse e minacce
Davanti al Pretore sono comparsi Rodolfo Giampaoli fu Mariano di anni 58, abitante a Falconara; Giulia Tanfani fu Pio di anni 54, abitante al viale della Vittoria 12 Ancona ed Emma Cristiani fu Luigi di anni 40, abitante a Falconara Marittima. Erano accusati il primo di avere percosso nel luglio del 1940 e poi ingiuriata nell’agosto dello stesso anno la Cristiani; la Tanfani di avere
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Fiera dimostrazione degli studenti anconitani contro le menzogne diramate da Radio Londra
Come nelle altre città, ieri mattina gli studenti anconitani, con a capo i capi istituto e gli insegnanti, si sono radunati in piazza Roma per una manifestazione di elevato patriottismo e di attaccamento al Duce e soprattutto per una manifestazione di fiera protesta contro le menzogne diffuse da Radio Londra.
Gli studenti, incolonnati, con in testa il tricolore e la bandiera del Reich, che aveva il degno rappresentante nel dr. Gerd Hagenov, lettore di lingua tedesca presso la nostra città, hanno sfilato per corso Vittorio Emanuele e si sono portati al Monumento ai Caduti dove hanno deposto una corona di alloro. Poco dopo si sono radunati davanti a Palazzo Littorio dove hanno cantato gli Inni della Patria, dopo avere deposto una corona al Sacrario dei Caduti.
È sceso fra loro il Segretario federale che ha rivolto ai giovani forti parole esaltando l’eroico sacrificio dei Caduti e mettendo in rilievo lo sdegno della gioventù studiosa contro le losche manovre della radio inglese che tenterebbe di negare l’intangibile sentimento patriottico del popolo italiano e plaudendo ai giovani che credono sempre nel Duce che in questo momento combatte per l’Italia alla testa di tutti gli eroici combattenti nel nome di una Europa nuova e nel nome di una nuova era di pace e di giustizia.
Le parole del Federale, fervidamente applaudite, sono state seguite dai canti patriottici e della Rivoluzione cantati a piena voce dalla massa dei convenuti.
Corriere Adriatico, 9 febbraio
ingiuriata e poi minacciata con un bastone la Cristiani; quest’ultima a sua volta di avere offeso l’onore ed il decoro del Giampaoli insultandolo.
All’udienza i tre imputati hanno deciso di rappacificarsi ritirando ciascuno la propria querela.
Corriere Adriatico, 19 febbraio
Commemorazione verdiana
Ad iniziativa della direzione che gestisce il Teatro Ciucci, nei giorni di venerdì e sabato 21e 22 corrente, avrà luogo in Falconara Marittima una commemorazione verdiana con le opere “Rigoletto” e “Traviata” in cui saranno interpreti ottimi e noti artisti dell’arte lirica.
Tiri con la mitragliatrice alla foce dell’Esino
Il Comandante del Porto, presi gli ordini dal Comando Marina di Venezia, visti gli articoli 140 e 103 del Codice per la Marina Mercantile avverte:
1. Che nei giorni 20 e 21 corrente mese dalle ore 9 alle 12 e dalle 15 alle 18 saranno eseguiti tiri con mitragliatrice alla foce del fiume Esino (Falconara).
2. La zona pericolosa per la navigazione si estende per una fronte di m 500 alla destra ed alla sinistra del fiume suddetto per una profondità di m 5000.
3. Un’ora prima dell’inizio dei tiri e per tutta la durata di essi saranno alzate due bandiere rosse.
4. Durante le esercitazioni è vietato il transito e la sosta delle persone nella zona pericolosa.
5. I tiri dovranno essere sospesi all’avvicinarsi delle navi e dei galleggianti alla zona interdetta.
6. I contravventori alla presente ordinanza saranno responsabili pienamente di ogni incidente e danno alle persone ed alle cose.
Dalla relazione del vice commissario di Pubblica Sicurezza del 10.2.1941
Al Questore di Ancona.
Vi comunico che lo spirito pubblico di questa città è alquanto depresso per lo sfavorevole andamento della guerra in Cirenaica e in Eritrea. Una maggiore apprensione dimostrano coloro che hanno i loro congiunti combattenti nelle suddette località. La manifestazione studentesca, che ha avuto luogo la mattina dell’8 corrente è stata commentata sfavorevolmente, essendo coincisa con la caduta di Bengasi nelle mani del nemico. Sfavorevole impressione ha pure prodotto il breve concerto tenuto dalla musica dei Marinaretti in piazza Roma nel pomeriggio dell’altro ieri.
Inoltre circola la voce che la causa dei rovesci militari subiti fno ad oggi è da ricercarsi nel fatto che l’andamento della guerra è nelle mani del Partito e non delle Autorità Militari e che il primo atto di tale condotta di guerra sia stato l’inizio delle operazioni in Grecia, voluto dal Partito – si fa il nome dell’Ecc. Ciano – contro la opposizione delle Autorità Militari. Circola inoltre la voce che l’Ecc. Ciano, Ministro degli Esteri, sia stato appartato dalla vita politica per non aver ben guidato l’azione diplomatica dell’Italia nell’attuale periodo di emergenza.
Il campionato marchigiano di II Divisione Causa l’indisponibilità del campo di giuoco per il giorno 2 marzo, la partita di campionato valevole per il girone di ritorno tra i nerazzurri falconaresi e i cadetti della Vis di Pesaro verrà anticipata a domenica 23 corrente alle ore 15. Vivissima è l’attesa nell’ambiente sportivo falconarese per questo incontro, poiché i calciatori locali ambiscono riscattare sui forti pesaresi l’amara prima sconfitta di questo campionato subita per opera degli stessi all’inizio del campionato suddetto.
I giovani giocatori della G.I.L. da quel giorno hanno fatto reali progressi conquistando, sia pure in casa, due splendide vittorie sul Dop. SIMA di Jesi e sul Chiaravalle, vittorie che li hanno portati al secondo posto in classifica del girone A. Battendo gli avversari di domenica, i locali si porteranno al primo posto a pari punti con i pesaresi.
La partita quindi si prevede oltremodo interessante e combattuta per la posta in palio. Ai “falchetti” concittadini giungano pertanto gli auguri più sinceri per un’altra affermazione, che sarà di soddisfazione non solo per loro, ma anche per i propri dirigenti, i quali fanno seri sacrifici perché la squadra falconarese continui il campionato e tenga ben alto il nome sportivo della nostra cittadina.
Invitiamo pertanto il pubblico dei tifosi ad essere presente sul campo per incoraggiare i propri beniamini.
Corriere Adriatico, 20 febbraio
Un arresto per furto al porto
Al porto è stato arrestato dagli agenti di P.S. di quella sezione tale Nazzareno Massi, di Giuseppe, di anni 32, da Castelferretti. L’arresto è stato operato in seguito al fatto che il Massi, occupato al Cantiere Navale in qualità di distributore di attrezzi, si era appropriato di placchette di metallo, per un valore complessivo di 500 lire.
Deferito al Procuratore del Re, il Massi è stato stamane giudicato per direttissima dal Tribunale che lo ha condannato alla pena di dieci mesi e venti giorni di reclusione e lire 700 di multa con il beneficio della condizionale.
Corriere Adriatico, 21 febbraio continua a pag. 52
ATTIVITÁ CULTURALE DELLA G.I.L.
I Ludi Juveniles della cultura e dell’arte
Quest’anno più che negli anni di pace, la G.I.L. è all’altezza della situazione nella sua opera di assistenza politico-morale degli organizzati. La nazione se dà rilievo agli sforzi di guerra, non trascura le opere della cultura e dell’arte. Lungo la dura, vasta strada di ascesa su cui l’Italia si è incamminata, tutte le energie e la capacità della gioventù vanno tesorizzate. I Ludi della cultura e dell’arte trovano il popolo in lotta per la sua più grande delle guerre d’indipendenza; e mentre la prima generazione dei giovani nati in Regime fascista scrive pagine di eroismo insuperabile, la seconda generazione si cimenta all’agone culturale, secondando col cuore e con l’intelletto la causa per cui la prima sta combattendo. E se uno dei motivi più suggestivi, più sostanziali della Carta della Scuola è il raccordo tra l’organizzazione scolastica e quella della G.I.L., la manifestazione artistico-culturale, promossa dal Comando federale, ha dato modo di realizzare in pratica un’intesa perfetta: la Scuola prepara, quotidianamente, le forze morali e intellettuali della giovinezza, che la G.I.L. politicamente valorizza dal punto di vista del numero e della personalità. È così che, domenica, colla collaborazione del R. Provveditore agli Studi, dei Capi d’istituto, dei Direttori didattici è avvenuta la gara eliminatoria dei Balilla e delle Piccole italiane della città e della provincia. La prova è consistita in un componimento per i Balilla delle Scuole medie e uno per i Balilla e per le Piccole italiane delle scuole elementari.
Il giorno 16 corrente avrà luogo lo svolgimento del tema fra Avanguardisti, Giovani fascisti, Giovani italiane. Nello stesso giorno avverranno i Ludi dell’arte. Dal 14 al 17 febbraio si procederà alle prove orali. I migliori organizzati, dopo una selezione federale, andranno alla finale nazionale.
L’eliminatoria di Balilla e Piccole italiane Essa ha avuto luogo domenica 2 febbraio. Il cielo, ricorderete, era bigio e basso; la temperatura fredda. Una di quelle domeniche in cui non si sa che fare, dove andare. Non pareva nemmeno un giorno di festa, ché la vuotezza delle strade non invitava nessuno ad uscire. Se restavi a casa non dovevi che guardare dai vetri il paesaggio mesto e la città che si bagnava di pioggia.
E infatti piove davvero.
Ma per i ragazzi della G.I.L. non esisteva la preoccupazione della noia. In ognuno, come nei giorni di esame, c’era un’aspettazione fiera, una segreta ambizione.
Riparati nei mantelli neri e grigio-verdi, chiassosi, allegri, li abbiamo visti salire la vecchia via del Comune, attendere sulle scalinate della Scuola commerciale. Quelli della elementare erano rossi in viso per il vento.
Hanno atteso, poi sono entrati. E salendo si sono concentrati per preparare la mente. “Quale sarà il tema?”. Ma tutti lo presentivano, per questo clima eroico, per questa solidarietà che il fascismo ha attuato tra soldato e popolo.
“Dimmi perché vuoi bene ai soldati che combattono”
È il componimento dei bambini e delle bambine delle scuole elementari. Sono entrati, si sono seduti. Il maestro ha aperto la busta gialla ed ha letto: “Facile! bello!”.
E mille perché sono balzati nel loro cuore; e i pensieri subito son diventati segni grafici. Certo il compito era facile, perché la scuola italiana e fascista sente la guerra, vive della guerra e sui soldati; dalla bocca dell’insegnante, dalle letture dei giornali, dalle cose che vedono dentro e fuori la scuola, mille e mille cose essi sanno. Ed essi hanno scritto belle paginette: spesso la grammatica non
ha sostenuti, ma gli argomenti, il sentimento sempre. Un bambino di una scuola elementare della città ha detto: “I nostri soldati sono a fare la guerra sulle montagne dell’Albania dove c’è tanta neve. Penso a quelli che avranno i geloni come me; ma io non posso far niente perché sono piccolo e non so fare la maglia. Vorrei essere una bambina!”. Un altro: “I nostri soldati combattono bene meglio degli inglesi che combattono i feriti e la popolazione che non può sparare (sic). Ma noialtri no”. E continuando dice di un suo fratello del ’21 partito da poco e che quando vede un soldato in grigio-verde corre per vedere se sia lui. Chissà, a volte… Una bambina di quinta classe di Case Bruciate, che aveva visto, raramente, qualche compaesano venire in licenza per poche ore, ha vissuto finalmente un’intima giornata insieme ai soldati, come una piccola vivandiera. Ma meglio lasciar parlare lei: “Prima nella nostra borgata i soldati si vedevano di rado ma ora vengono spesso a fare l’esercitazioni. Noi della scuola che è lungo la strada li sentiamo passare e allora ci prende una grande smania di uscire per andarli a vedere; nessuno più sta attento e la maestra si sfiata per richiamarci al dovere ma inutile, noi non sentiamo che il passo dei soldati e non vogliamo sapere altro”. E ancora: “Il giorno di Natale quando c’era tanta neve sulla linea ferroviaria della nostra stazione si fermò una tradotta di soldati per un guasto alla macchina. Essi non avevano nulla da mangiare: era mezzogiorno; io così compassionevole volli dare loro una ‘fila’ di pane e quel giorno sarei stata digiuna”. Poi la tradotta riparte e la bambina ha le lacrime agli occhi.
“Quale arma preferisci per combattere”
È il tema del Balilla della scuola media. Quasi tutti aviatori vorrebbero essere. L’aereo seduce la fantasia e l’ardore dei ragazzi. Un bambino, dopo avere scritto che se il Duce gli permettesse di combattere sceglierebbe l’aviazione, dice: “Con i picchiatelli spadroneggerei per il Mediterraneo e manderei a picco le navi inglesi: le superbe corazzate delle quali noi ce ne freghiamo”. “Quando ho saputo dai giornali che Italo Balbo era morto ho provato un senso di sgomento. Pur sapendo questo non mi ‘pentirò’ mai di avere scelto per arma l’aviazione e l’essere in aviazione è già un fatto compiuto”. Ma non mancano simpatie per i marinai dei sottomarini, delle nostre corazzate. E un ragazzino con un ciuffo ribelle ha detto che farà il fante come suo padre.
“Quali pensierini ti sgorgano dal cuore mentre lavori la lana per i soldati” Basta il compito di una bambina di dieci anni del Regio istituto magistrale. Il suo è un piccolo poemetto del sentimento. Si lavora e i ferri danzano col filo: “È sera… il vento soffia e fa tremare i vetri. Le fiamme mandano bagliori vermigli ed io guardo con amore il lavoro”. E ha poi questa immagine: “Muoiono abbracciati al loro pezzo, e gli occhi risplendono ancora d’orgoglio, e le labbra sembrano mormorare ancora quel nome immortale: Italia”. E la bimba dice di piangere pensando a tante spose. Ma l’orgoglio le vince il pianto ed ella pensa che solo l’Italia ha figli così grandi. Anche qualcuno della sua città è morto, anzi della sua stessa scuola. “Penso al professore Aldo Fiorini, scolaro dello stesso istituto che frequento, che amò la Patria fino al sacrificio supremo della sua giovane vita.
E vedo l’impavidità dell’eroe Speranzini Dino anch’Egli valoroso anconitano”. Ma ella a quell’età sa già che essi non sono morti; ché l’anima loro splende ancora più pura.
Questi i pensieri dei Balilla e delle Piccole italiane: questo il volto più genuino del popolo italiano.
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Corriere Adriatico, 12 febbraio
51 - 1941 50 - 1941
La glorificazione di un Eroe anconitano caduto sul fronte greco-albanese
Il maggiore Umberto Saracini proposto per la medaglia d’oro al V.M.
Umberto Saracini è caduto sul fronte greco. Morto da eroe: ciò affermano quanti gli furono accanto ed è documentato dalla proposta di medaglia d’oro al valor militare che onorerà la memoria di questo purissimo soldato.
È caduto il 23 gennaio 1941 a Terpan, in testa al suo battaglione, nell’ardore infocato della mischia, nella veemenza di un assalto ad arma bianca. Ferito e sanguinante, già conteso dalla morte che l’avvinghiava, donò l’anima esemplare a Dio e ai suoi soldati, comandandoli fino all’estremo delle sue forze, avanzando con essi e per essi nella corsa verso il buio, verso l’ignoto senza risveglio. Sangue e dolore non scossero il suo stoico eroismo: egli ha voluto sorpassare l’umano concedendosi oltre il sacrificio.
Quanti lo ammirarono raccontano che dalla carne martoriata e dalla vita fuggente sembrava traesse nuovo slancio e nuova fede per incuorare i suoi fanti alla lotta. Era la Patria che cantava nel suo cuore l’inno estremo della dedizione più alta. Così s’infranse la vita di questo giovane ufficiale, speranza e orgoglio della famiglia che lo adorava, dell’Esercito che con tanto onore ha servito, della Patria che reverentemente lo annovera fra i suoi figli migliori. Era nato il 29 agosto 1900 dal cav. uff. Getullio e da Erminia Bontempi: genitori esemplari che avevano a lui profferta tutta la possanza del loro amore senza limiti.
A compagna dilettissima aveva prescelta Lia Massei, creatura gentile e madre affettuosissima di due bimbi privati di guida preziosa.
Umberto Saracini attese agli studi classici in Ancona, ma dovet-
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ATTIVITÀ DELLA G.I.L.
Convegno insegnanti
Nella palestra ginnastica della G.I.L. di Falconara ha avuto luogo la dimostrazione pratica degli esercizi obbligatori dell’Anno XIX per gli alunni e le alunne della scuola dell’ordine elementare. Presenziavano la R. Direttrice didattica e il locale vice comandante G.I.L. di Fascio.
Hanno assistito tutti gli insegnanti del Circolo didattico di Falconara, ai quali il capo ufficio ginnico sportivo ha illustrato gli esercizi eseguiti da una squadra di balilla e una di piccole italiane agli ordini delle insegnanti Amazzoni Italia e Lombardozzi Giorgetta; ha dato quindi istruzioni sulla preparazione della Festa ginnastica, sulle iscrizioni ai Corsi nazionali di cultura fascista e di educazione fisica, sulla partecipazione al prossimo Concorso federale di educazione fisica ecc.
Inoltre il capo ufficio ginnico sportivo ha visitato la palestra della G.I.L. mentre l’insegnante incaricato svolgeva la lezione di E.F. con una squadra di alunni della locale R. Scuola di Avviamento professionale.
Esercitazioni di tiri con fucile alla foce dell’Esino
Il Colonnello di Porto, Comandante del Porto di Ancona; presi gli ordini dal Comando Marina di Venezia; visti gli articoli 140 e 163 del Codice per la Marina Mercantile, avverte che nei giorni 25 e 27 corrente mese dalle ore 9 alle 16 saranno eseguiti
te sospenderli, perché la guerra italo-austriaca sconvolse ogni suo proposito scolastico, indirizzando le sue tendenze alla carriera delle armi, di cui, fin da ragazzo, aveva sentito il fascino, la poesia, la carezza del vivere soldatesco. Diciassettenne, indossò il grigio-verde e fu fante all’88.o reggimento, a Livorno, nel plotone arditi del battaglione speciale tipo. Sul Brenta ebbe il battesimo del fuoco, rivelando la sua anima di soldato schietto. Sedato il tumulto della guerra, ritornò agli studi interrotti e si diplomò al liceo classico, in Ancona. Ma la passione delle armi vibrò nuovamente nel suo animo e nel 1922 – dopo avere frequentato il corso allievi ufficiali – fu promosso sottotenente di complemento al 93.o fanteria, il reggimento presso il quale trascorse la sua giovinezza militare. Aveva 22 anni e gli cantava veemente nel cuore l’amore per la Patria, allora depressa e vilipesa. Si schierò nei ranghi della riscossa ed il grigio-verde nobilitò con la camicia nera: fascista e squadrista, fu ferito nei moti rivoluzionari del 1922. I compagni di fede bene ricordano la sua opera ed il suo ardore. Ammesso all’Accademia Militare di Modena, ne uscì sottotenente di carriera nel 1923 e nel 1924, promosso tenente, fu destinato a Parenzo e successivamente a Trieste, nella gloriosa Brigata
“Sassari”.
La sua figura si delinea già ed acquista composta saldezza. Abborrente la sedentarietà della vita di guarnigione, chiede ed ottiene il trasferimento in Cirenaica, ove si combatte. Il Tenente Saracini ivi partecipa al ciclo operativo 1927-28-29 nel sud bengasino e nel Gebel centrale alle dipendenze del Generale Graziani
tiri con fucile mod. 91 alla foce del fiume Esino (Falconara).
La zona pericolosa per la navigazione si estende per una fronte di metri 500 alla destra del fiume suddetto per una profondità di km 2.
Un’ora prima dell’inizio dei tiri e per tutta la durata di essi saranno alzate due bandiere rosse.
Durante le esercitazioni è vietato il transito e la sosta delle persone nella zona pericolosa.
I tiri dovranno essere sospesi all’avvicinarsi delle navi e dei galleggianti alla zona interdetta.
I contravventori alla presente ordinanza saranno responsabili pienamente di ogni danno alle persone e alle cose.
Corriere Adriatico, 23 febbraio
Attività della G.I.L. a Castelferretti
Nella sala del Dopolavoro, alla presenza di tutte le autorità e del corpo insegnante, del maresciallo dei RR.CC., ha avuto luogo una simpatica riunione di tutte le brave giovani che hanno partecipato ai prelittoriali femminili. Ha parlato il Segretario del Fascio porgendo ad esse il plauso e l’ammirazione del paese per la bella affermazione, incitandole a far di più e meglio in avvenire per tener sempre alto il prestigio e il nome di Castelferretti fascista.
Proroga refezione scolastica
Per disposizione del Comando federale della G.I.L., che premurosamente è venuto incontro ai bisogni dei nostri organizzati, la
che con sagace vigoria di condottiero seppe fiaccare la persistente organizzazione ribelle, procedendo alla sutura delle due colonie libiche. A tale opera il Saracini concesse apporto di slancio ed arditezza, sicché dagli ascari del 43.o e 13.o battaglione eritrei, che lo ebbero comandante di centuria e di compagnia, fu considerato capo e guida di grande valore. Ebbe proposte di onorificenze al valore, encomi e riconoscimenti, concretatisi poi nella croce al merito di guerra che la sua fierezza di soldato accettò con umiltà disciplinata.
Rimpatriato dopo tre anni di dure prove coloniali, rientrò al 93.o fanteria e con esso, nel 1935, fu mobilitato, durante la guerra italo-abissina, in Tripolitania, ove permase fino a che la Divisione “Metauro”, cui apparteneva il 93.o, non rientrò in patria. Il 10 ottobre 1936 fu ammesso all’Istituto superiore di guerra di Torino e vi fu promosso capitano. Al valore di soldato subentrano e brillano le sue ampie possibilità d’intelligenza e di cultura, sicché – dopo tre anni di vaglio severo e di studio fecondo – è prescelto per l’esperimento di Stato Maggiore, cui attese presso il Comando del Corpo d’Armata di Bari.
Promosso maggiore e avviato al 14.o reggimento fanteria, per compiervi il periodo di comando, gli è assegnato il 1.o battaglione.
Amore e risolutezza per i suoi dipendenti, perfetta preparazione professionale, inflessibilità di carattere e incorruttibile volontà, forgiarono in pochi mesi il battaglione in un promettente e valido strumento di guerra. Partì per il fronte albanese ai primi del mese di gennaio 1941 e fu assegnato nel settore di Koritza, in prima linea, a contatto con i greci; fango, neve e freddo furono suoi compagni indivisibili e implacabili di vita. Invocò l’ardore della lotta, finché giunse la sua ora di gloria.
Chi ne ha conosciuto l’ardore e la dirittura d’inflessibile soldato non poteva preconizzare per lui che eroiche venture, così come anch’egli indubbiamente presagì nell’intimo del suo cuore.
Partì per il fronte conscio dell’asprezza del cimento che l’attendeva: e l’accettò con serena risolutezza, dopo avere fatta la pace con se stesso. Egli era già pronto alla partenza che non ha ritorno. Nella lotta fu esemplare e superò se stesso e la stessa morte.
refezione scolastica è stata prorogata fino al 10 marzo p.v. Per interessamento del Segretario del Fascio e per atto munifico di S. Ecc. il Prefetto anche i bambini dell’Asilo da alcuni giorni possono usufruire di un’abbondante minestra calda. Sappiamo che le brave suore che dirigono l’Asilo “Pietro Mauri” hanno scritto a S. Ecc. il Prefetto una lettera di omaggio e di ringraziamento alla quale uniamo la riconoscenza di tutta la popolazione beneficata.
Corriere Adriatico, 25 febbraio
La refezione scolastica a Falconara Marittima
La fattiva collaborazione dei dirigenti il locale Comando G.I.L. ha consentito anche quest’anno che una delle più importanti attività assistenziali trovasse nel nostro centro piena attuazione, conseguendo in tal modo risultati veramente ragguardevoli e che portano la G.I.L. falconarese, anche in questo settore, ai primissimi posti della graduatoria provinciale. Ben 190 organizzati poveri del nostro centro, comprese le frazioni di Fiumesino, Falconara Alta e Palombina Vecchia, beneficiano di tale assistenza che è provvida attività del Partito.
L’attuale stato di guerra ha accelerato i tempi rendendo sempre più sentita la necessità di assistere i bimbi poveri e quelli dei nostri valorosi combattenti. Sappiamo che il Comando G.I.L. di Fascio continuerà la refezione probabilmente sino a tutto il mese di marzo p.v.
Dopo la fine subentrò sulla sua luminosa figura un silenzio mortale: poi affiorarono incerte le prime nuove. Caduto. Ai famigliari lo strazio dell’attesa senza fine e senza requie, l’ignoto con pallide speranze, fino al giorno abissale della certezza cruda. Ora riposa in eterno nel luogo ove la sorte gli ha carpita la vita e dove lo spirito di chi lo amò aleggia senza posa. Egli dorme in pace fra i suoi soldati.
Anima benedetta di Eroe, noi pieghiamo il tricolore sulla tua spoglia già assurta al cielo della gloria e preghiamo per te e per la vittoria della Patria nostra, cui concedesti sereno la tua vita purissima.
G. Sant
Corriere Adriatico, 23 febbraio
OMAGGIO AGLI EROI CADUTI
La medaglia d’oro al V.M. al maggiore Umberto Saracini
È stata concessa la seguente decorazione al V.M. per operazioni di guerra sul fronte greco: medaglia d’oro alla memoria al maggiore Saracini Umberto di Getullio, nato ad Ancona, 14.o Reggimento fanteria:
«Comandante di battaglione, lanciato verso la riconquista di difficile posizione in terreno impervio e fortemente battuto dall’avversario, primo fra tutti assaltava la posizione, trascinando i suoi uomini, sotto intensa raffica di mitragliatrici e sotto violento fuoco di mortai. Ferito una prima volta al braccio, rifiutava ogni cura e senza concedersi sosta progrediva verso il nemico, serrandolo coi suoi reparti in una morsa sempre più stretta. Ferito una seconda volta, trovava ancora la forza di sbalzare avanti, finché, colpito a morte, si abbatteva al suolo raccogliendo le sue estreme energie in un ultimo grido rivolto ai suoi soldati: “Avanti! Avanti!”. Esempio di virtù combattive portate sino allo slancio sublime dell’abnegazione, di supremo attaccamento al dovere.
Quota 1300 dei Malitrebescina, fronte greco – 23 gennaio 1941». Corriere Adriatico, 4 giugno
Rapporto fascisti di Palombina Vecchia Continuando nel suo ciclo di rapporti ai fascisti e popolazione dei settori del Fascio falconarese, il Segretario politico sarà, il giorno 27 corrente alle ore 20, al Dopolavoro “Arrigo Archibugi” di Palombina Vecchia per tenere rapporto a tutti i camerati e popolazione appartenenti al settore stesso. Si invitano tutti gli interessati a non mancare. Saranno presi provvedimenti disciplinari per i camerati che si renderanno assenti ingiustificati.
Corriere Adriatico, 26 febbraio
Smarrisce un portafoglio con oltre 3000 lire e ne ritorna subito in possesso Umberto Grioni di Cesare, di anni 32, da Falconara, ivi domiciliato, carrellista presso il Ristorante della Stazione ferroviaria di Ancona, ha rinvenuto e consegnato all’Ufficio di P.S. Ferrovia un portafoglio contenente la somma di L. 3153 in vari biglietti di Stato, ed un vaglia del Banco di Roma ed altri oggetti e documenti appartenenti, come è risultato dalle indagini, al commerciante Natale Lambertini fu Ugo, da Bologna, al quale sono stati subito restituiti.
Corriere Adriatico, 27 febbraio
Furto di 4000 lire in un’abitazione A Falconara sono venute a mancare dall’abitazione della signora Maria Bartola, esercente di uno spaccio di vino, oltre 4000 lire. Il denaro era custodito in un cassettone e la sparizione, secondo è stato accertato dalle prime indagini, è avvenuta in più riprese.
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Seri sospetti si hanno su di una persona che i carabinieri stanno ricercando.
Ancona riafferma l’incrollabile fede e certezza nella vittoria in una imponente adunata
Malgrado che solamente una mezz’ora prima delle 17 si fosse diffusa la voce che il Duce avrebbe parlato in occasione del rapporto delle gerarchie romane, tutta la popolazione anconitana domenica si è riversata in piazza 24 Maggio per esprimere con questa imponente adunata il suo attaccamento al Fascismo, la sua volontà di combattere fino alla vittoria.
Molta folla della periferia si è raccolta nelle sedi dei Gruppi rionali o in altri punti in cui la voce del Duce poteva essere ascoltata.
Col popolo erano gli squadristi, le Associazioni combattentistiche e d’arma, le rappresentanze dei Gruppi rionali inquadrate.
Autorità e gerarchie, con a capo l’Eccellenza il Prefetto, il comandante la Divisione Militare “Messina”, il comandante il Gruppo Legioni CC.NN., i vice federali Fabi e Fagioli, avevano preso posto sul pronao di Palazzo Littorio, tra una selva di labari e gagliardetti.
La parola del Duce è stata seguita con l’attenzione più viva e spesso Ancona, marinara e fascista, ha unito il suo grido di passione a quello dei gerarchi dell’Urbe stretti attorno al Fondatore dell’Impero.
Al termine del discorso la folla si è incolonnata con alla testa il vice federale Fabi, i labari e i gagliardetti, percorrendo le vie del centro agli inni della Rivoluzione e rinnovando fervide dimostrazioni al Re Imperatore e al Duce.
La colonna si è recata davanti alla sede della Divisione Militare dove ha improvvisato una vibrante dimostrazione all’indirizzo dell’Esercito che combatte gloriosamente su tutti i fronti, s’è poi diretta al Palazzo del Governo dove l’Ecc. il
Prefetto ha chiuso la manifestazione lanciando il saluto al Duce al quale ha fatto eco l’“A Noi” della moltitudine. Corriere Adriatico, 25 febbraio
Pro-memoria per il Prefetto
Il discorso del Duce, ascoltato in tutta la provincia con particolare attenzione, per quanto non fosse stato preannunziato, ha fatto ottima impressione nel pubblico. Si può dire che l’opinione generale è assolutamente favorevole e che lo spirito pubblico, dopo le precisazioni del Duce, specialmente in merito alla logica ineluttabilità della sconftta della Gran Bretagna e del migliore avvenire che ne deriverà per l’Italia che ne è degna e per la classe lavoratrice che si sta comportando meravigliosamente e che sta compiendo ora dei grandi sacrifci, si è risollevato. Da parte di alcuni si commenta che il discorso del Duce addita la via maestra al Fascismo ed alla Nazione. Egli ha fatto il punto alla situazione, facendo comprendere chiaramente che doveva essere troncata ogni inutile polemica sulla responsabilità della condotta della nostra guerra e circa il nostro dispositivo bellico, temprando il nostro spirito e le nostre forze per la prossima grande prova vittoriosa della primavera.
La Forza dell’Asse è invincibile ed al riguardo ha messo nella sua giusta luce la nostra indissolubile unione rivoluzionaria con la Germania, l’amicizia e le provate e geniali virtù guerriere del Capo. Questi i commenti. Le notizie che mi pervengono dagli altri centri della provincia sono intonati allo stesso modo. Solo mi è stato riferito che a Senigallia c’è stato un po’ di assenteismo nel pubblico e non c’è stata manifestazione di sorta.
Ancona, 25 febbraio 1941-XIX
Il Questore
Corriere Adriatico, 28 febbraio
GIOVINEZZA FASCISTA IN ARMI
La partenza di 200 universitari della classe 1921
Ancona – Ieri, fra calorose manifestazioni all’indirizzo del Duce e dell’Esercito combattente, è partito dalla Stazione centrale il secondo scaglione dei fascisti universitari della classe 1921 composto di duecento giovani.
A porgere il saluto ai partenti si è recato il Prefetto Tamburini, accompagnato dal Federale. Il capo della provincia, accolto da vibranti ed entusiastiche manifestazioni al Re Imperatore e al Duce, si è intrattenuto a lungo, prima della partenza, con i giovani universitari che sono stati festeggiati dalle camerate del G.U.F. e dalle donne fasciste che hanno offerto loro fiori e sigarette. Quindi, al canto degli inni goliardici, fra le ripetute acclamazioni degli studenti medi e della popolazione presente, il treno si è messo in moto e i giovani hanno raggiunto le rispettive destinazioni.
Nel pomeriggio, il Segretario federale si era recato al Distretto militare ove, ricevuto dal colonnello comandante e dagli altri ufficiali, aveva porto agli universitari in armi il saluto del Segretario del Partito e aveva rivolto elevate parole esaltando il loro alto spirito che conferma anche in questa guerra le gloriose tradizioni degli universitari italiani. Una rappresentanza di fascisti universitari nella mattinata aveva deposto, a nome di tutti i camerati, un mazzo di fiori nel sacrario dei Caduti fascisti.
Corriere Adriatico, 1 marzo
NOTIZIE DEL PARTITO
I pacchi per i soldati
Mentre è in corso la terza spedizione di pacchi invernali alle truppe combattenti sui vari fronti, i Fasci femminili stanno provvedendo alla confezione di pacchi estivi, i quali comprenderanno i seguenti quattro tipi: pacco a): ventriera di lana, due paia di calze di lana, un paio di
L’istruzione premilitare obbligatoria
Da parte del comando federale della G.I.L. è stato pubblicato il manifesto relativo all’istruzione premilitare dei giovani nati nel 1923 e di quelli della classe 1922 e precedenti già iscritti ai corsi di premilitare generale, specializzata, terrestre, preaeronautica e premarinara.
Si ricorda che i giovani obbligati alla frequenza dei corsi sono tenuti a presentarsi ai rispettivi comandi di G.I.L. di Fascio di Combattimento o di Gruppo rionale fascista fino a tutto il 6 marzo p.v. per effettuare l’iscrizione ai corsi, il versamento del contributo di lire 5 e provvedere all’acquisto del libretto personale di valutazione dello stato fisico e militare. Le lezioni avranno inizio sabato 8 marzo alle ore 14, ed i giovani obbligati alla premilitare (esclusi quelli che hanno ottenuto la dispensa o l’esenzione) devono trovarsi per detto giorno ed ora alla sede del comando della sezione premilitare del rispettivo Gruppo rionale. I mancanti senza giustificato motivo incorreranno nelle sanzioni penali previste dalla legge.
Corriere Adriatico, 27 febbraio
guanti di lana o di altro filato autarchico equivalente, due paia di mutande corte di tela, sei fazzoletti, marmellata in scatola, cioccolato, scaldarancio, carta da lettere, due matite; pacco b): ventriera di lana o di altro filato autarchico equivalente, due paia di calze di cotone, maglietta di cotone, due paia di mutande corte di tela, sei fazzoletti, zanzariera da elmetto, marmellata in scatola, cioccolato, scaldarancio, carta da lettere, due matite, polvere insetticida;
pacco coloniale 1) ventriera di lana, due paia di calze di lana o di altro filato autarchico, mutande corte di tela, sei fazzoletti, zanzariera da elmetto, marmellata in scatola, cioccolato, scaldarancio, carta da lettere, due matite, polvere insetticida; pacco coloniale 2): ventriera di lana o di altro filato autarchico equivalente, tre paia di calze di cotone, mutande corte di tela, sei fazzoletti, zanzariera da elmetto, marmellata in scatola, cioccolato, scaldarancio, carta da lettere, due matite, polvere insetticida.
Il Popolo d’Italia, 1 marzo
Mine ed esplosivi vaganti in mare e nelle spiagge Il Colonnello di Porto, Comandante del Compartimento marittimo di Ancona, considerata l’opportunità di emanare norme relative al rinvenimento di mine alla deriva; tenute presenti le disposizioni di massima emanate dal Comando in capo del Dipartimento dell’Alto Adriatico e della piazza marittima di Venezia; visti gli articoli 157 e 163 del Codice per la Marina Mercantile; ordina quanto segue:
«È fatto divieto a chiunque di avvicinarsi, toccare o comunque maneggiare mine o altri ordigni esplosivi vaganti sul mare o deposti dai marosi sulle coste e sulle spiagge del litorale.
Tutti coloro quali abbiano notizia di avvistamenti o di ritrovamenti oppure personalmente avvistino o rinvengano mine od ordigni esplosivi in genere sono tenuti a darne avviso con la massima urgenza all’Autorità marittima locale o alla più vicina Autorità militare affinché queste possano prendere i provvedimenti opportuni.
In attesa della rimozione o brillamento dei materiali esplosivi in questione, le dette Autorità disporranno per uno sbarramento intorno all’ordigno rinvenuto per un raggio quanto più è possibile esteso (da un minimo di m 200 ad un massimo di m
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Come si può scrivere ai prigionieri e agli internati
La stampa italiana ha indicato come si possono avere notizie di militari presunti prigionieri o dispersi, attraverso la Croce Rossa Italiana. Tutti coloro che per dolorosa necessità hanno dovuto servirsi dell’opera suddetta, hanno potuto constatare la perfetta, scrupolosa organizzazione del lavoro al fine di poter ottenere le notizie richieste.
Un altro problema è però nella mente di quanti già hanno avuto la notizia ufficiale della prigionia di un congiunto o di una persona cara: quello della corrispondenza.
Le vie da seguire, al fine di poter corrispondere con le persone care, sono delle più semplici, ma diverse a seconda che le famiglie abbiano avuto già, oltre la comunicazione ufficiale della prigionia, anche l’indirizzo esatto, o sappiano solo – ufficialmente sempre, s’intende – che colui cui si vuole scrivere è prigioniero o internato civile.
I primi, coloro cioè che sono in possesso dell’indirizzo, per inviare la corrispondenza basterà che mettano la lettera in una busta aperta e senza affrancatura con sopra scritto la dicitura: “Posta Prigionieri di guerra” o “Posta Internati di guerra” e quindi il nome, cognome, grado, campo di concentramento e numero della baracca, secondo le informazioni avute.
Gli altri, invece, quelli cioè che non hanno ricevuta altra notizia che quella della prigionia, dovranno mettere la corrispondenza in una prima busta scrivendo su di essa nome, cognome e grado, specificando poi se prigioniero in Grecia, in Cirenaica o altrove, a seconda del fronte sul quale si trovava il combattente; indi dovranno mettere questa prima busta in una seconda con sopra scritto: “Per l’inoltro, presso Croce Rossa Italiana – Ufficio Prigionieri – via Puglie 6, Roma”. Entrambe le buste devono essere aperte e non affrancate.
In Belgio e in Francia si può corrispondere direttamente (corrispondenze ordinarie). Per quanto riguarda le località della Tunisia, dell’Algeria e del Marocco francese, il servizio è limitato alle sole corrispondenze aeree ordinarie con o senza sopratassa aerea ad italiani colà residenti. Tali corrispondenze debbono però, dopo l’indirizzo dei destinatari, portare la seguente indicazione: “Per Consolato Italiano di Tunisi, Algeri, Orano, Ca-
800). Tale sbarramento ha lo scopo di impedire il transito di persone e mezzi entro la zona interdetta.
I trasgressori alle norme della presente ordinanza saranno puniti a sensi di legge.
Gli agenti della forza pubblica sono incaricati dell’esecuzione della presente ordinanza».
Tiri di artiglieria in mare
Oggi 2 marzo dalle ore 9 alle ore 12, tempo permettendo, verranno effettuati tiri di artiglieria verso mare con una batteria della R. Marina.
Corriere Adriatico, 2 marzo
Uno scontro fra un carro e un camioncino
Il camioncino targa 787 AN guidato da Augusto Agostinelli di Antonio, di anni 36, abitante a Falconara, transitando per la Flaminia, giunto in prossimità del bivio Torrette-Paterno si è scontrato con un carretto della nettezza urbana, trainato da un asino, condotto dallo spazzino Attilio Contini fu Gaspare, di anni 44, abitante a Torrette. Nell’incidente il Contini ha riportato ferite di lieve entità e 12 damigiane di vino, caricate sull’autoveicolo, sono andate in frantumi.
Corriere Adriatico, 4 marzo
sablanca, presso Ministero Aeronautica”.
Per militari chiamati alle armi e civili atti alle armi residenti in A.O.I. bisogna rivolgersi all’Ufficio notizie alle famiglie dei militari chiamati alle armi, via dei Prefetti 22, Roma.
Per civili non atti alle armi (vecchi, donne, fanciulli e religiose) residenti in A.O.I. bisogna rivolgersi al Commissariato per le Migrazioni e la colonizzazione, piazza Nicosia, Roma.
Le missive possono essere imbucate in una qualsiasi cassetta delle lettere, poiché agli uffici competenti che hanno sede a Roma giungono a mezzo dell’ordinario servizio postale.
Tutte le lettere, in ambedue i casi (quelle cioè inviate a coloro dei quali si ha l’esatto indirizzo e quelle inviate a coloro che, pur essendo prigionieri, non si sa esattamente dove si trovino) sono smistate a Roma, in due diversi uffici; e mentre nel primo caso la lettera parte direttamente – via Ginevra – per la località segnata sulla busta, nel secondo vengono invece effettuate scrupolose ricerche onde trovare l’indirizzo del destinatario, il quale indirizzo è poi trascritto sulla busta interna sulla quale era stato vergato dai famigliari il solo nome, cognome e grado con la supposta località di prigionia. Indi anch’essa è inviata, per la solita via, al prigioniero cui è destinata.
Come è prevedibile, il cammino della missiva – per ovvie ragioni di forza maggiore – è un po’ lungo, e per coloro che attendono, forse lento; ma la certezza di poter inviare posta alle persone che ci interessano e di riceverne è indubbiamente di grande conforto al dolore della lontananza, sia per la famiglia, sia per il congiunto cui la sorte è stata avversa.
Anche in questo campo il lavoro svolto dalla Croce Rossa Italiana è immenso e dei più ammirevoli e viene eseguito dai volontari iscritti all’Associazione con lo zelo, la passione, l’entusiasmo di una missione di amore, poiché tutti sono consapevoli della santità dell’opera e del bene che essa porta in tante famiglie.
Il Governo Fascista ha dato e dà a tale lavoro tutto il suo appoggio materiale e morale; e siccome questo lavoro viene svolto con la medesima passione e il medesimo interesse sia che si tratti di prigionieri nostri, sia che si tratti di prigionieri nemici che si trovino in campi di concentramento italiani, si può affermare che anche in ciò l’Italia di Mussolini dà alto esempio di civiltà e di umana solidarietà.
Corriere Adriatico, 6 marzo
Attività della G.I.L. a Castelferretti Apprendiamo con vivo piacere che il giovane fascista Pesarini Mario, nostro concittadino, è stato classificato primo e proclamato prelittore per il concorso pittori e decoratori ed ammesso ai Littoriali di Torino. Ci rallegriamo col Pesarini per la ben meritata classifica provinciale.
Esprimiamo le nostre più vive congratulazioni facendo gli auguri ad majora a questo figlio del popolo che, sviluppando con le sue sole forze il suo innato senso artistico, ha saputo così bene affermarsi tenendo così alto il nome di Castelferretti laboriosa.
È così che il fascismo con le sue varie organizzazioni non solo va incontro al popolo, ma trae dal popolo gli elementi migliori che altrimenti per mancanza di mezzi non avrebbero potuto in nessun modo affermarsi.
Donazione di alberi
In questi giorni, nella strada che conduce alla stazione ferroviaria, a cura del Fascio sono stati piantati degli alberi gratuitamente donati dai fratelli Doninelli che, oltre a servire come abbellimento, serviranno a proteggere dal sole tanti operai costretti a lavorare nel capoluogo.
Ai fratelli Doninelli la riconoscenza e il plauso della popolazione.
Accaparratori di panettoni
La disposizione ministeriale è stata precisa: dal 1.o marzo niente più pasticceria fresca; fino al 15 sarà consentita invece la vendita dei panettoni per lo smaltimento delle possibili rimanenze che, naturalmente, non possono essere buttate via.
Ed eccoti subito gli accaparratori al lavoro. Dopo aver pianto amare lacrime sulla scomparsa della dolcissima pasticceria fresca (che non può essere immagazzinata – meno male) si son dati dattorno a cercare i panettoni che fino al 15 prossimo si troveranno in vendita.
Perché rinunciare al piacere di un sì squisito dolce, gioia delle laute colazioni mattutine (non prima delle 11 però) servite con burro fresco e marmellata, crostini, ecc.?
Fatta la provvista della pasta bianca, fatta la provvista dell’olio, del lardo e di tutto quello che le necessità della Nazione in guerra consigliano di distribuire con saggia parsimonia ai consumatori, bisogna fare anche la provvista dei panettoni. Ed eccoti gli accaparratori (ma anche e soprattutto le accaparratrici, intendiamoci) lanciati con avidità malefica ad acquistare questa delizia delle ignobili gole borghesi; e non ne comprano mica due o tre? Nemmeno per sogno! Dieci, venti, cinquanta ne vogliono. E vanno dal pasticcere compiacente che, esaurite le scorte, ordina nuovi panettoni e ne manipola altri, perché la clientela scelta deve essere soddisfatta.
Ora noi diciamo che è l’ora di finirla. Perdoniamo la povera donnetta di famiglia che, quando le è capitata l’occasione, ha nascosto in dispensa due o tre chili di pasta ed un tantino di olio, la perdoniamo, ma non la giustifichiamo, intendiamoci. Però non riusciremo mai a perdonare questi nuovi accaparratori di panettoni, identificati in quella piccola minoranza, ai margini della vita nazionale, che vive sulle nostalgie del passato.
Sono uomini e donne, commendatori i primi, mogli e figlie di commendatori le seconde, nella maggioranza dei casi; borghesi bene o male ingrassati all’ombra sicura del vecchio spaventapasseri “il pezzo grosso”, colosso dai piedi di argilla che la nostra Rivoluzione finirà di cacciare giù per sempre dal suo piedistallo, instabile ormai. Noi fascisti non dureremo fatica ad identificarli e far tutto il possibile perché la pingue scorta dei panettoni faccia loro bozzo alla gola, soffocandoli per la loro stessa avidità.
Facciamo la guerra sul serio, e tutti dobbiamo sentirne il peso, la gravità. Chi accumula qualsiasi genere oltre il proprio consumo normale, deve sapere, e bene, che commette un reato punibile.
Questa è la nostra proposta: gli accaparratori di panettoni potrebbero avere, in aggiunta alle sanzioni di legge, il gradito incarico (date le loro naturali tendenze accumulatrici) di mettere insieme un indefinito numero di dannunziani crepitacoli e una nutrita dose di sacrosanti ceffoni.
Corriere Adriatico, 7 marzo
Il Dopolavoro provinciale per camerati alle armi Indetto dal Dopolavoro provinciale ed organizzato dal Dopolavoro “Forze armate” con la collaborazione del Dopolavoro rionale “I. Balbo” ha avuto luogo al Teatro Ciucci di Falconara una serata della canzone per gli avieri e tutti i camerati in grigio-verde. L’esito non poteva essere più felice. Lo spettacolo cui assistevano il segretario provinciale O.N.D., tutti gli ufficiali delle varie
armi e specialisti e il presidente del Dopolavoro “Balbo” si è svolto in un’atmosfera di entusiasmo e simpatia che ha accomunato fraternamente la ribalta dove si succedevano i migliori dilettanti della zona e la sala stipata da divise azzurre e grigio-verde e qualche aviere tedesco. L’attrazione con la quale venivano eseguiti i vari numeri, i ripetuti e calorosi applausi che li ha sottolineati, le insistenti richieste di bis hanno dimostrato l’aggradimento col quale è stato accolto il programma.
Dire uno a uno dei vari elementi sarebbe troppo lungo: ma non possiamo tacere della bella voce delle signorine Giorgi, Rossi, Lodoli, della grazia delle piccole Mattioni, Tortorelli e Ritani; della comicità di Sulpizi; del sentimento che Buatti, Mineo, Ravera hanno profuso nelle loro canzoni. Ma tutti si sono fatti apprezzare sotto l’ottima direzione del maestro Ritani che li aveva affiatati con la buona orchestrina.
Il maggiore Bonamini dell’aeroporto ha collaborato in maniera veramente precisa e cordiale per l’attrezzatura del teatro e le eque distribuzioni dei posti per gli allievi, sottufficiali piloti, gli avieri, il personale civile militarizzato, i mitraglieri ecc.
Livio Arena del Dopolavoro ferroviario, che si era prestato cameratescamente collaborando alla buona riuscita dello spettacolo, ha con molta signorilità e in forma brillante presentati i vari attori e il rispettivo programma.
Note giudiziarie
Aldo Fanesi di Abramo di anni 28 da Falconara e residente a Jesi era stato denunciato sotto l’accusa di avere messo in commercio pesce in stato di incipiente putrefazione, e dal Tribunale di Ancona, nonostante le sue proteste di innocenza (nel senso che il pesce era stato acquistato la mattina dello stesso giorno in cui egli era stato denunciato e che perciò non poteva essere guasto) veniva condannato alla pena di 6 mesi di reclusione e lire 500 di multa, con la pubblicazione dell’estratto della sentenza sul giornale.
La Corte d’Appello trattando i motivi del ricorso ha assolto ora il Fanesi per insufficienza di prove.
Corriere Adriatico, 9 marzo
Diamo ferro alla Patria
Ancona – Da tempo si è iniziata, in città e in provincia, la raccolta dei rottami metallici. Dare metallo alla Patria è oggi un dovere che il nostro popolo deve sentire e compiere con quello slancio e quel fervore che pone in tutte le sue più belle manifestazioni di fede e di patriottismo.
Inutile voler illustrare particolarmente l’altissimo significato
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continua a pag. 71
Dalla “riservata-personale” «Relazione trimestrale sulla situazione politico-economica sullo stato dello spirito pubblico e sugli episodi di natura sovversiva», redatta dal Commissario aggiunto di P.S. del Commissariato di P.S. del Porto di Ancona in data 22 marzo 1941 e indirizzata alla Regia Questura di Ancona.
Si comunicano qui di seguito gli elementi tratti dalle osservazioni sulla situazione politico-economica e sulle condizioni dello spirito pubblico nel I° trimestre del corrente anno. (…)
Industria – Le principali industrie di questa giurisdizione si riducono a due sole branche, ma tuttavia le più importanti di questa provincia e cioè quella metallurgica meccanica, costituita dal Cantiere Navale, e quella chimica farmaceutica rappresentata dallo stabilimento “S.A.F.I.” (già Russi e C.). (…) Nella prima si nota una confortante tendenza al potenziamento costituito dai lavori di ampliamento tuttora in corso. (…) Per quanto riguarda la maestranza si nota con soddisfazione che essa opera sempre con disciplinata comprensione dell’utilità che tale industria apporta all’interesse dello Stato affnché la nazione possa superare vittoriosamente l’ardua prova ed affrettare la fne del confitto affnché si possa poi dare un assetto migliore all’Europa, elevando il tenore di vita sociale specie nel popolo lavoratore, il quale ha piena fducia che il Duce, come sempre, saprà fermamente mantenere le promesse fatte nel suo recente discorso alle gerarchie “Avvicinando le distanze” e livellando la vita sociale del popolo italiano, fattore questo che contribuirà notevolmente a creare quella giustizia sociale che le due grandi potenze dell’Asse affermano dover essere uno dei maggiori più grandi fni cui mirano a conclusione vittoriosa dell’attuale ed immane confitto, così da affratellare vieppiù i popoli sempre divisi proprio dai privilegi e dagli sfruttamenti ignobili che fnora hanno osteggiata ogni aspirazione ad elevazione morale ed economica fra i popoli.
Nella detta maestranza si nota invero un senso di disagio dovuto alle attuali diffcoltà economiche determinate dall’alto livello raggiunto dal costo della vita non certo adeguato ai salari attuali non solo per l’accresciuto prezzo di generi alimentari, ma anche per le altre materie (tessuti, biancherie, calzature ecc.), così che ne consegue un notevole squilibrio, specie per le categorie a più basso salario che sono costrette ad attuare gravi sacrifci. Si comprende invero come nell’attuale situazione un eventuale ritocco dei salari avrebbe inevitabile ripercussione, vieppiù dannosa, nella vita economica della nazione aggravandone il turbamento, ma si desidererebbe che ad ovviare a tali inconvenienti da parte dei datori di lavoro si comprendesse come in questo momento sia opera di alto civismo partecipare ai necessari sacrifci in misura maggiore, cercando di venire incontro alle categorie più bisognose con sistemi integrativi diversi dal vero e proprio aumento di salari quali, ad esempio, l’accrescimento di ore lavorative straordinarie e festive, una più larga valutazione di cottimi ecc. così da dare la possibilità di conseguire maggiori utili pur avendone un maggior rendimento lavorativo.
Per quanto concerne l’industria chimica (che svolge notevole attività anche nel campo commerciale) si notano segni di qualche lieve contrazione, ma solo in questi ultimi giorni, non già perché vi sia necessità di ridurre la produzione, ma unicamente per qualche diffcoltà che si incomincia ad incontrare nell’approvvigionamento di alcune materie che
erano di importazione e di sostanze grasse. Tuttavia, fnora le lavorazioni non hanno subito arresti o contrazioni gravi e preoccupanti in quanto tali lievi diffcoltà sono circoscritte a poche voci di tali prodotti e, ove è possibile, si cerca di provvedere con materie sussidiarie ed affni.
Gli impiegati e gli operai di detta industria (in maggior parte elemento femminile) però pur operando con disciplinata comprensione e fede nella nostra Vittoria si vengono a trovare in più gravi diffcoltà economiche delle maestranze di altre industrie poiché nella maggior parte sono retribuiti addirittura in misura irrisoria. Basti rilevare che solo gli elementi con funzioni più elevate hanno retribuzioni che a mala pena danno ancora possibilità di vita nelle attuali condizioni mentre la maggior parte è retribuita perfno con poche lire settimanali neppure suffcienti ai soli bisogni dell’abbigliamento.
Vi sono infatti operaie che pur essendo giovani in età non percepiscono più di L. 27 settimanali nette. Se si consideri che esse vengono sottoposte per tutte le 40 ore ad un lavoro costante e rigoroso e che sono tutte di famiglie povere e bisognose è ovvio considerare quale sia il loro stato d’animo. La maggior parte di tale maestranza invero non mostra neppure eccessiva fducia negli organi sindacali di tutela che vorrebbero seguissero da più vicino la loro situazione e promuovessero adeguate provvidenze atte ad eliminare l’impressione di un eccessivo sfruttamento da parte dei datori di lavoro (che in effetti sono sempre elementi di razza ebraica malgrado la fttizia trasformazione fatta). Ben sanno gli operai che tale ditta ha realizzato così larghissimi utili poiché oltre ai prodotti di propria fabbricazione la sua attività maggiore è costituita da ramo commerciale.
Se si tiene conto che dallo scoppio delle ostilità i prezzi di prodotti medicinali e farmaceutici sono quasi raddoppiati e la ditta aveva sempre notevoli scorte di prodotti anche di altre industrie, appare evidente il fortissimo utile straordinario conseguito.
Sarebbe stata quindi opera di civico patriottismo elevare almeno in misura modesta le attuali irrisorie retribuzioni che non trovano rispondenza in nessun altro settore dell’industria o dell’artigianato locale. Basti considerare che in ispecie le più giovani operaie non riescano in un mese di lavoro a realizzare il costo attuale di un paio di scarpe! Tale situazione meriterebbe quindi una equa revisione e così dicasi anche nel sistema disciplinare interno in quanto parrebbe che da parte del personale di sorveglianza si usi rigore eccessivo nell’applicazione di multe il che in questo momento appare quanto mai grave se si tiene conto che incidono su retribuzioni già di per sé misere e falcidiate da ritenute gravose rispetto la misura delle retribuzioni. (…)
Disoccupazione e assistenza – Il fenomeno della disoccupazione in questi primi mesi dell’anno è andato sempre più attenuandosi fno a ridursi ad un livello insignifcante. Tale fatto è dovuto non solo ai richiami alle armi, ma anche all’invio in Albania ed in Germania di notevoli forze del lavoro e gli ingaggi in corso di attuazione di migliaia di lavoratori ha determinato addirittura la scomparsa della disoccupazione in questa zona. Anche nell’ambito portuale, e propriamente fra gli scaricatori di porto, si verifca una situazione economica veramente confortante in quanto seppure gli scambi con l’estero sono interrotti, gli imbarchi di materiali per le forze armate, accentuatisi in questi ultimi tempi, danno larghi utili economici ai lavoratori portuali il cui lavoro del resto si svolge nella massima disciplina e con buona volontà ed ordine incontrando la soddisfazione degli enti militari preposti al
traffco ed all’approvvigionamento del corpo di spedizione in Albania.
Costo della vita e servizi annonari – Il costo della vita ha raggiunto un livello talmente elevato da costringere buona parte della popolazione (operai, medi impiegati ed artigiani) a notevoli restrizioni e sacrifci in quanto si ritiene che nel complesso il costo della vita sia più che raddoppiato mentre i salari non hanno subito adeguate variazioni. Tuttavia la popolazione è compresa delle superiori ragioni che hanno determinato tale situazione e mostra suffciente spirito di sopportazione ben sapendo che trattasi di fenomeno transitorio ed inevitabile. Si nutre però speranza che mercé l’opera energica e accorta degli organi preposti a livellare il costo della vita e a tener conto delle più impellenti necessità, sorveglino con la maggiore attenzione tale importante elemento sì da non apportare maggiori aggravi specie nel ceto operaio e medio impiegatizio laddove, per insuffcienza di mezzi, esistono già non lievi diffcoltà di ordine economico. Sovrattutto occorre che l’approvvigionamento di generi tesserati (la cui misura si dimostra già insuffciente) avvenga almeno con la più scrupolosa regolarità e nelle forme e misure pubblicate nei comunicati ministeriali, poiché ogni irregolarità conduce alla sfducia nella serietà e fondatezza delle norme emanate con conseguente tendenza ad accentuare accaparramenti dannosi all’economia pubblica. Maggiori e più severe sanzioni per il rispetto di tali misure verrebbero bene valutate dai più in quanto contribuirebbero ad eliminare gli ingiusti privilegi di coloro che, avendo maggiori possibilità economiche, possono schivare i necessari sacrifci che tutti i cittadini, senza distinzione alcuna, hanno oggi il dovere di sopportare.
I lavoratori che hanno avuta occasione di far qui ritorno dalla Germania per brevi licenze hanno mostrata la più viva soddisfazione per il modo come è colà regolata la vita sociale ed economica e lo spettacolo veramente meraviglioso di disciplina e concordia che dà quel popolo, in ogni ceto sociale e sovrattutto il sano esempio che danno i Capi di ogni settore nell’osservanza cosciente dei doveri sociali e nella funzione perfetta di tutti gli organismi.
Il nostro razionamento, così come è fatto ora, appare migliore dei primi tempi ma si dovrebbero studiare mezzi più semplici e alla portata pratica di ele-menti anche di scarsa cultura, così le norme sulla vendita delle carni, come sono fatte, danno luogo ad inconvenienti vari, potendo verifcarsi nelle vendite variazioni che mettono in imbarazzo gli stessi macellai.
Anche per quanto riguarda il pane si osserva che l’attuale miscela determina un maggiore spreco di tale prezioso alimento in quanto il pane che residua nelle famiglie si indurisce di guisa che il giorno successivo non essendo facilmente commestibile e gradito non viene consumato, come invece si poteva agevolmente fare con pane a farina integrale o abburrattato, perché specie nelle famiglie più numerose, per ovvie ragioni di risparmio, si consumava punto il pane confezionato nel giorno o anche nei giorni precedenti. Anche in questo campo si ritiene che si potrebbe raggiungere maggiore economia tanto nei bilanci domestici che nel consumo se, anche razionato, potesse essere confezionato senza la miscela di granturco, ma integrale.
Attività antifascista-sovversivi-ebrei – Le ideologie sovversive, che pure in questa zona portuale prima dell’avvento fascista erano notevolmente sviluppate, specie nella massa operaia, sono andate scomparendo fno a raggiungere una trasformazione che fa pensare come il tempo ed il clima sa-
lutare del Fascismo abbia allontanato del tutto tali ideologie, specie negli elementi colti in ancor giovane età dalla rivoluzione fascista: mentre negli anziani (ora vecchi) si nota un atteggiamento quanto meno indifferente e spirito di adattamento al nuovo ordine. Anche gli stessi sovversivi biografati serbano da molti anni atteggiamento soddisfacente e nessun sintomo di ripresa o di riesumazione di principi sovversivi si nota.
Per quanto si riferisce invece all’atteggiamento dell’elemento ebraico si nota in apparenza un contegno indifferente ed alquanto riservato ma acute osservazioni di tale atteggiamento rivelano un sordo rancore verso il Regime (acuitosi anche dal recente provvedimento di ritiro degli apparecchi radio riceventi. [Nella relazione complessiva stilata dal Questore Lippolis ed inviata al Capo della polizia di Roma il 27 marzo si affermava: «Il recente provvedimento del sequestro degli apparecchi radio in loro possesso, è stato appreso dalla cittadinanza con una certa soddisfazione. Finora sono stati sequestrati N. 52 apparecchi in questo Capoluogo e 6 a Senigallia. Tali apparecchi sono stati accantonati in apposito locale di questa Regia Questura»]).
Tale loro contegno, che rivelava dapprima una forte preoccupazione per tema di maggiori rigori nella politica razziale perché tende a svilupparsi anche negli altri Paesi che di recente hanno aderito alla politica dell’Asse, appare ora alquanto attenuato ed essi appaiono leggermente rincuorati; fatto questo che, a giudizio dei più, viene attribuito non solo agli avvenimenti verifcatisi fnora sui fronti greco ed africano, ma vieppiù all’atteggiamento americano che forse fa loro sperare nel trionfo delle democrazie notoriamente asservite alle caste giudaiche-massoniche internazionali. Naturalmente essi essendo in prevalenza elementi dotati di cultura, scaltrezza, e tatto diplomatico e di mezzi si guardano bene di rivelare tali sentimenti e tali speranze che rispondono naturalmente a quei principi di “libertà democratica” che ha per-messo loro di raggiungere elevate posizioni economiche attraverso l’opera di abile e larvato sfruttamento eccessivo del lavoro altrui. Tale atteggiamento riservato, ma ambiguo si rivela in tutti gli elementi di detta razza, discriminati e no. Però è da rilevare come alcuni recenti provvedimenti di clemenza adottati nei riguardi di ebrei già internati e che ora vengono riveduti in circolazione non vengono commentati favorevolmente, tenuto conto che, la nostra stampa illustra sempre in misura maggiore l’opera deleteria degli ebrei che nel campo internazionale si rivelano i maggiori osteggiatori dell’ordine nuovo di giustizia che le potenze dell’Asse vogliono istaurare fra popoli, fatti questi che non si concilierebbero con atti di clemenza e di tolleranza in questi momenti. Si rileva, invece, con compiacimento che in altre nazioni associate la politica razziale per contenere l’attività dannosa degli ebrei appare più ferma e decisa ed i provvedimenti sembrano più razionali e completi mentre la legge promulgata in Italia è ritenuta alquanto improntata a clemenza e lascia, nella sua dizione, la porta aperta a scappatoie. Comunque si ha fede che a fne confitto si avrà anche una soluzione del problema ebraico unica e razionale nel quadro del nuovo assetto europeo.
(Nella stessa relazione complessiva del Questore Lippolis del 27 marzo, sotto il titolo «Vigilanza sugli internati e sui campi di concentramento» si affermava: “In questa provincia trovansi attualmente internati numero 9 ebrei, essendo stati altri due avviati in altre province, per essersi, con il loro comportamento, resi qui incompatibili. Esiste inoltre, nel comune di Fabriano, e precisamente nei locali di quel ‘Collegio Gentile’ un campo di concentramento per internati. Il nu→
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(…)
mero dei presenti attualmente è di 66 tutti di razza ariana e di religione cattolica, in massima accesi antifascisti e contrari alla guerra. Il loro contegno, l’insofferenza della disciplina, i discorsi che son soliti tenere tra di loro dimostrano che il provvedimento, preso nei loro riguardi, è stato quanto mai opportuno. Buona parte di essi sono da considerarsi elementi irresponsabili, perché o squilibrati di mente o minati da altri mali. Tre di essi, infatti, trovansi attualmente ricoverati presso questo Manicomio Provinciale, perché affetti da alienazione mentale e dichiarati pericolosi a sé ed agli altri; due si trovano degenti al tubercolosario di Arco di Trento e tre nell’Ospedale Civile di Fabriano, quali ammalati cronici. Altri 8 sono affetti da malattie varie e bisognevoli di diuturna assistenza medica. La posta in arrivo ed in partenza di tutti gli internati viene sottoposta a censura, a cura della direzione del Campo, e nessuno di essi ha contatto con la popolazione”).
Condizioni dello spirito pubblico – Le condizioni dello spirito pubblico che, come si ebbe a riferire nel trimestre precedente, appariva suffcientemente elevato e tutto proteso verso i grandi avvenimenti attuali, subì invero un lieve turbamento per effetto degli episodi, certamente dolorosi, che si verifcarono nei settori greco ed africano, turbamento però non profondo né confondibile con lo scoraggiamento o col panico, ma piuttosto si direbbe un senso di amarezza per il nostro orgoglio ed il nostro prestigio anche nei riguardi della stessa alleata dell’Asse, e ciò si è verifcato forse perché, attraverso le pubblicazioni di stampa, si sottovalutarono eccessivamente le possibilità del nemico e le sue favorevoli condizioni di azioni nel settore africano in ispecie. Anche le sostituzioni di alti personaggi militari che godevano in pubblico larghissima fama lasciò qualche delusione e seppure nessun sintomo si rivelò che interessasse l’incondizionata fducia nel Duce, si ebbe anche qualche sensazione che organi di diretta collaborazione e di organizzazione abbiano difettato quanto meno di eccessiva sottovalutazione sia pure in buona fede. Invero è da rilevare che nel pubblico si ha la sensazione che gli uomini che reggono gli organismi di collaborazione in ogni settore dello Stato tedesco siano elementi dotati di maggiori capacità dei nostri per cui la funzione di tutti gli organismi colà appare più perfetta e dà risultati più fecondi e felici di quelli nostri.
In conclusione si ha l’impressione che il Capo dello Stato alleato ha intorno a sé uomini di più alto valore.
Naturalmente però non si manca anche di rilevare e tener conto che la Germania ha anche altre possibilità, industriali, economiche, demografche e organizzative delle nostre e si comprende anche come la nostra nazione ha pur dovuto sostenere altre due guerre con relative spese e che il nostro Governo dispone di risorse limitate che non consentono l’attuazione di programmi adeguati alla mole delle imprese che si affrontano.
L’intervento germanico anche nei nostri settori, e in particolare la sua presa di posizione nei Balcani, ha notevolmente contribuito a dissipare qualche amarezza e qualche preoccupazione ed ora si ha la piena fducia che la situazione anche nei nostri settori subirà quanto prima un capovolgimento a nostro completo favore. I discorsi del Duce ai gerarchi di Roma e quelli successivamente pronunciati dal Capo dello Stato germanico hanno notevolmente contribuito a rinforzare la certezza, già esistente, nella vittoria fnale, fatto questo che rimane inalterato anche nonostante l’accentuata azione ostile degli Stati Uniti. Tutti mostrano la più grande fede
nella forza e nella politica dell’Asse, ma principalmente nelle possibilità potenziali della Germania e nella grande sua organizzazione che è ammirata.
(…)
Altre voci di una certa larghezza sono quelle che vedrebbero volentieri la promulgazione di sanzioni più severe per combattere la tendenza al favoritismo in ogni settore, il cosiddetto “nepotismo”, e corruzioni, sì da troncare in modo totalitario ed energico un fenomeno che è prerogativa solo dei regimi demo-massonici-ebraici e che va stroncato con ogni energia, apportando così una più vasta giustizia sociale nel popolo e che vedrà così perfezionarsi quella sanità morale necessaria a contribuire al raggiungimento delle ulteriori riforme che il Duce ha annunciato alla fne del suo ultimo discorso.
A tale proposito è bene segnalare come le riforme del dopoguerra e la frase “avvicinare le distanze” hanno aperto l’animo alle più vive speranze nel popolo lavoratore che ormai ben sa come il nostro Grande Capo non promette mai invano ed ora sopportano con buona rassegnazione ogni sacrifcio sicuri che la vittoria apporterà un’era di pace, di vera giustizia sociale ed un adeguato livellamento della vita di tutti eliminando posizioni di privilegio eccessivo che mal si conciliano con la fraternità e la giustizia dei popoli assurti a nuova vita.
Dalla Relazione del Commissariato di P.S. del Porto di Ancona in data 22 marzo sull’ “attività assistenziale” indirizzata alla Regia Questura di Ancona.
In relazione alla richiesta telefonica si comunica che l’attività dell’E.C.A., iniziatasi fno dal 15 settembre 1940, ha raggiunto un limite così vasto e senza precedenti e la sua opera ha costituito nell’anno un vero e largo aiuto nella stagione invernale, non solo per gli indigenti ed i disoccupati, ma anche per le famiglie di richiamati alle armi che, sebbene provviste di sussidi, hanno trovato nell’assistenza un notevole aiuto integrativo che è stato largamente apprezzato in quanto ha dato la sensazione come gli organi del Regime preposti a tale funzione danno un aiuto fattivo e sostanziale sì da determinare la tranquillità economica dei richiamati e delle loro famiglie.
Ma l’opera di detto Ente può dirsi veramente grandiosa in quanto si è estesa ad un largo strato di bisognosi e cioè a circa 3500 famiglie. Ma a parte le somministrazioni di viveri (pane, minestra) che nei due refettori hanno già superato le 77 mila razioni vi è stata anche una larga forma, non meno importante e ben gradita, che ha avuto notevoli ripercussioni benefche specie nelle famiglie con prole. Infatti oltre a sussidi in danaro si sono distribuiti notevoli quantitativi di medicinali, indumenti e calzature per bambini, latte, carne, patate, carbone, nonché pagamenti di ftti arretrati, svincoli di pegni, rinnovazioni di licenze a venditori ambulanti ed altro.
Tali notevoli e sostanziali opere di assistenza in così larga misura senza precedenti ha destata la soddisfazione anche degli oblatori oltre che dei benefcati le cui famiglie hanno potuto superare discretamente il critico periodo invernale.
Tale soddisfacente opera viene considerata dai benefcati che vedono nell’Ecc. il Prefetto l’animatore attivo di tale organismo e hanno espressa tutta la loro più viva riconoscenza alla prefata Eccellenza la cui notevole attività ed il costante interessamento nel campo assistenziale ha potuto consentire all’Ente tali brillanti risultati.
Acqua e montagne stagione d’Albania
(DA UNO DEGLI INVIATI DI GUERRA DELL’ENTE STAMPA)
Da un aeroporto d’Albania, marzo Quando, dopo mezz’ora o poco più di volo sul lucido e terso sole dell’Adriatico, il capo equipaggio ni fece segno con la mano e mi urlò nell’orecchio ovattato di lana: “Durazzo”, io feci appena in tempo di scorgere lontano la gobba scura e rocciosa di un’isola, o che isola sembrava, e più lontano ancora il grigiore anemico e stinto di una costa piatta e senza forma. Feci appena in tempo perché subito il mare e il sole, l’isola e la costa, il colore e l’orizzonte si spensero e ci trovammo immersi nell’opaco umidore di una nube, ali, eliche e cervello bagnati nella nebbia. L’aeroplano cominciò a zompare irrequieto saltando da nuvola a nuvola (gli aeroplani non amano bagnarsi) e il capo equipaggio si tirò sugli orecchi le falde spesse di un camaglio di lana.
Albania e acqua furono subito la stessa cosa nel mio cervello, per virtù d’associazione. Sentivo l’umidità della nebbia penetrarmi sotto la combinazione di volo e conquistare centimetro a centimetro la mia pelle. Erano nubi strappate e scucite da un vento nevoso e acido e pieno di rancori. Dalle scuciture vedevo ogni tanto pezze verdi di terreno e specchi rotondi e sbilenchi d’acqua. “che laghi son quelli?”, urlavo nella lana che copriva l’orecchio del capo equipaggio. E lui rispondeva “bau, bau, bau”, chissà cosa intendeva dire, ma io feci di sì con la testa mostrando d’avere capito, perché so che in aeroplano, molto spesso, bisogna contentarsi di far finta di capire. Poi mi venne un sospetto e urali nell’orecchio del capo equipaggio “bau, bau, bau” e lui “bau bau” rispose, e io di rimando feci ancora “bau, bau” e lui, l’impostore, fece di sì con la testa mostrando di di avere capito. Eravamo sordi tutti e due, la nebbia ci aveva liquefatto i timpani nel suo nitore ottuso.
I laghi non c’erano
Piombammo fra una fila scura di collinette degradanti verso una piana e trovammo da metter le ruote sulla terra d’un aeroporto. La terra dell’aeroporto era quasi rossa, rosso d’argilla sporca e marezzata di solchi spessi che s’incrociavano in tutte le direzioni, come le carrarecce di campagna in tempi di diluvio. I solchi brillavano smorti, fradici d’acqua. Il capo equipaggio, quando fu a pochi metri da terra, preoccupato di salvar lo stile d’un atterraggio in verità un po’ velocino, sostenne il volante l’aeroplano in aria sì che a due metri gli sfuggi di mano e cadde. Per i competenti: atterraggio un po’ troppo seduto. Ma il fango rosso schizzò su violento contro le ali e il vento delle eliche ce lo portò ad offuscare i vetri della cabina, come d’un sasso caduto in una pozzanghera. Il fango s’impossessò delle ruote dell’aeroplano e in pochi metri fummo fermi.
E subito, fin dal primo contatto con la terra d’Albania, anche il nostro velivolo fu simile agli altri, vestito dello stesso abito di pillacchere e di croste rosse e bianche e con le scarpe e i baffi pieni di fango. Come gli altri velivoli che attendevano ai margini del campo il loro turno di volo. “Che laghi eran quelli?” chiesi al capo equipaggio. “Come?” disse lui, mentre si levava il cotone dagli orecchi. “Domando che laghi erano quelli che abbiamo visto in volo dopo Durazzo, accidenti ai sordi”, gridai. “Ma di che laghi e laghi vai farneticando? Intorno a Durazzo laghi non ce n’è.
Acqua, era quella, acqua piovana e stagni di palude”.
Gli uomini dell’aeroporto camminavano in stivali di gomma come cacciatori d’anitre. Era uscito un po’ di sole e la sua luce si rispecchiava nei solchi fradici dell’aeroporto e illuminava la barba nera di un frate che, ritto accanto a un trimotore, leggeva l’officio mattutino.
“Padre, sia benedetta l’acqua!”. Distolse gli occhi dal breviario, guardò su verso la montagna scura mezzo incappucciata di nubi, scosse la testa (i frati m’han sempre dato idea di possedere segrete comunicazioni con i responsabili celesti) scosse la testa: “E sia pur benedetta, basta che non continui a esagerare”. S’era rivolto verso la montagna nera quasi con senso di sospetto e diffidenza, come si guarda un nemico che incombe alle spalle, arbitro della situazione.
Acqua e montagne, Albania di questa stagione. Le montagne partoriscono le nubi, le nubi sfrangiano verso la pianura e scolano pioggia.
“Qui l’ordine dell’azione ti arriva da un momento all’altro” – mi dissero nella baracchetta del comando dei “picchiatelli” – “appena dalle linee ti telefonano che c’è un poco di schiarita. E noi in venti minuti siamo lì con le bombe. Ma spesse volte in venti minuti il tempo ha già trovato modo di cambiare”. Per la cappa del camino
“L’altro giorno – mi disse il sottotenente Seganti – siamo stati i soli a bombardare. Ci telefonarono dalle linee alle dieci ch’era uscito il sole. E noi, trenta minuti dopo, eravamo già lì. Ma trovammo che le montagne s’eran tutte coperte. Un mare di latte e non si vedeva un accidente.
A cinquemila metri, a gironzar sopra le nubi, delusi. E vedemmo un bucherello, un bucherello fra le nubi. Il comandante provò a infilarsi per quel buco e uno dopo l’altro c’infilammo tutti. Scendemmo sulla testa dei greci per la cappa del camino. Sul monte Spaderit, quel giorno, distruggemmo un intero battaglione. Si seppe da un prigioniero di un intero battaglione eran rimasti solo venti uomini”.
Nel pomeriggio, visto ch’era uscito un’altra volta il sole, ripartiamo con il nostro aeroplano per andare all’aeroporto più avanzato dei cacciatori.
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“Un reparto alpino in marcia” (da Cronache della Guerra).
Quindici minuti di volo in tutto. Ma in quindici minuti il tempo trovò la maniera di buggerarci ancora. Eravamo appena partiti, ed io ero passato dietro per tirar qualche fotografia dalla torretta della mitragliatrice. E avevo appena fatto in tempo a metter la macchina in posizione e a pulir l’obiettivo che mi trovai invaso dalla nebbia. Ed ora che fotografo? La nebbia è uguale per tutto, nella valle padana come in Albania.
Fortuna che il pilota fece in tempo a buttarsi sotto, fra nubi e montagna, e a scivolar di soppiatto nella pista in cemento dell’aeroporto dei cacciatori, a rischio che ci prendessero per nemici, mentre si preparava nero e arrabbiato un temporale con i fiocchi.
La pista dell’aeroporto dei cacciatori, un rettangolo grigio in margine ad un fiume impetuoso e giallo, mi dava l’aria di una nave portaerei in mezzo al mare. I monoplani da caccia eran situati in certe piazzole di sassi battuti che uscivan dall’orlo della pista e si rispecchiavan nell’acqua che li circondava. Come donnette schifiltose che tirassero il gonnellino sopra i ginocchi per paura delle pozzanghere.
Uomini meccanizzati
Pioveva e tirava vento freddo. Ci rifugiammo nella baracchetta dei piloti in servizio d’allarme. Le baracchette dei piloti sono uguali dappertutto, in Cirenaica e in Africa Orientale come in Sardegna e in Albania. La solita alidavalli e la solita assianoris che sorride incollata al legno della parete, il solito tavolo dove quattro giocano rabbiosamente e accanitamente a carte, e par quasi che neppur le bombe riuscirebbero a distoglierli, e il solito ciarpame di tute, caschi, sciarpe, tubi e calzari, roba per il volo.
Un pilota della caccia pronto per il volo ha una strana aria d’uomo automatico: dalle scarpe anzi dai calzari di pelo, escono certi tubi che servono a riscaldargli elettricamente i piedi durante il volo, dalle mani, anzi dai guantoni, escono altri tubi di riscaldamento, dal petto le prese per l’ossigeno e per la radio. Un uomo meccanizzato.
“Si combatte contro i greci e contro gli inglesi, ma si combatte soprattutto contro il freddo – mi disse uno –, i combattimenti si svolgono ad altezze sull’ordine degli ottomila e novemila metri dove la temperatura scende sino ai quaranta gradi sottozero. Se interrompi il riscaldamento elettrico senti subito le mani e i piedi che ti mancano. E se interrompi l’ossigeno svieni. Per me il nemico peggiore è il freddo, non gl’inglesi”.
La baracchetta tremava per le raffiche del vento e gli uomini parlavano di Hurricanes e di Glosters
Quando calò il sole andammo a mangiare in un’altra baracca del campo. Una cinquantina di piloti intorno ad una lunghissima tavola, e nel centro il colonnello.
“Ebbi una folle paura – mi disse uno raccontandomi del combattimento del giorno prima -, mi voltai addietro e mi vidi addosso un grappolo di cinque Glosters, tutti in coda a spararmi. Ebbi una folle paura. E non ebbi il coraggio di rivoltarmi indietro se non quando, nella richiamata, avevo riguadagnato mille metri di quota. I Glosters non c’erano più. Qualcuno me li aveva tolti d’attorno, evidentemente. Fu allora che scorsi il pollo. In un combattimento un pollo c’è sempre. Era un Gloster isolato, solo solo, più alto degli altri. Lo sbattei giù in fiamme in due secondi”. Ma non c’è rancore, in questi racconti di cacciatori, non c’è rancore. “Poveretto, era un pollo, era nuovo di combattimenti, stava solo solo, isolato”.
Dopo mangiato s’andò diritti a letto. Non c’è alternativa in questi posti. Fuori splendeva la luna: illuminava chiazze d’acqua, ombre imponenti di montagne, fango rosso e bianco, e l’aria era umida. Avevo negli occhi della memoria l’ultimo aeroplano da caccia che avevo visto decollare contro la luce del tramonto: il fango incrostato sotto le ali brillava al sole e le ali sembravano insanguinate.
Leone Concato
Corriere Adriatico, 20 marzo
Spontanea e ardente manifestazione della gioventù e del popolo anconitano per la folgorante vittoria nei Balcani
La notizia della capitolazione jugoslava, annunciata al popolo anconitano nelle primissime ore del mattino, dal nostro giornale, ha destato vivissimo entusiasmo. Le nostre edizioni sono andate a ruba. Quando, più tardi, la radio ne ha fatta la prima comunicazione, la lieta notizia è divenuta di dominio pubblico e la città si è imbandierata. I goliardi hanno improvvisato una calorosa e vibrante dimostrazione di giubilo. Con alla testa le bandiere italiane e tedesche, la forte colonna della gioventù studiosa anconitana si è portata in piazza Plebiscito dove, sotto il Palazzo del Governo, si è acclamato lungamente ai Condottieri ed alle Forze armate.
Quindi, al canto degli inni patriottici, la colonna ha raggiunto piazza XXIV Maggio e, ammassandosi di fronte al Palazzo Littorio, ha innalzata l’appassionata invocazione al Duce. Il Federale è sceso tra i giovani, ai quali si era unita una notevole folla, ed ha loro parlato esaltando questa nuova superba vittoria delle armate delle Potenze dell’Asse sulle plutocrazie.
Il Gerarca ha ricordato ai goliardi il sacrificio eroico della medaglia d’oro Aldo Fiorini e li ha invitati a sciogliere un inno alle virtù guerriere del popolo italiano e ad elevare il pensiero riconoscente ai camerati in grigioverde che sul fronte balcanico, come in quello di Libia e di Africa Orientale, hanno scritto pagine di eroismo sublime.
Le ispirate parole del Federale hanno provocato alla fine una dimostrazione di fervido entusiasmo ed i giovani hanno rinnovato l’ardente acclamazione ai due grandi Condottieri, artefici della Vittoria e restauratori della pace e della giustizia nel continente europeo e nel mondo.
Corriere Adriatico, 19 aprile
Una spontanea e vibrante manifestazione di giubilo del popolo anconitano per la vittoria in Epiro e Macedonia
Non appena appresa dalla nostra edizione straordinaria, andata a ruba, la notizia della capitolazione delle Armate greche dell’Epiro e della Macedonia, la gioventù studiosa ed il popolo hanno improvvisato una calorosa dimostrazione di entusiasmo e di fervida riconoscenza per le nostre valorose Forze armate e per il Duce. Preceduta da una selva di bandiere la folta colonna dei dimostranti si è recata, attraverso le vie principali della città, subitamente ammantatesi del tricolore, in piazza XXIV Maggio dove, dinanzi al Palazzo Littorio, la manifestazione ha assunto un carattere imponente ed alta si è levata l’invocazione al Duce.
In serata i goliardi si sono riuniti presso i Gruppi rionali ove hanno a lungo inneggiato tra i canti della Patria e della Rivoluzione, alle fortune degli eserciti italo-tedeschi.
Corriere Adriatico, 24 aprile
Dal messaggio di Pavelic al Duce
Il Dottor Ante Pavelic, Capo del Movimento Nazionale di Croazia, ha inviato al Duce il seguente messaggio:
Duce!
In quest’ora decisiva – che il popolo croato, soggiogato con l’imposizione di Versaglia dalla tirannia serba e dai suoi promotori plutodemocratici, attendeva da ventidue anni – mi rivolgo a Voi e Vi porto i saluti di tutti i nazionalisti croati, di tutte le organizzazioni combattenti e dell’intero popolo croato.
Tutta la Croazia attende con giubilo i Vostri gloriosi soldati e tutte le nostre forze nazionalistiche combattenti, organizzate e inquadrate, combatteranno insieme con loro per la libertà del nostro popolo e per l’indipendente Stato di Croazia, per il quale abbiamo lungamente e sanguinosamente lottato.
Salutiamo in Voi il grande amico dei piccoli popoli, ed il promotore di un nuovo governo di giustizia e Vi testimoniamo la nostra eterna gratitudine.
Vi assicuro che, come ora, così anche nell’avvenire saremo sempre con Voi.
Viva l’indipendente Stato di Croazia!
Viva il Duce!
Viva l’Italia!
6 Aprile XIX
Ante Pavelic
Al riconoscimento del nuovo Stato libero
Il Dottor Ante Pavelic, Capo del Governo Nazionale Croato, ha telegrafato al Duce per chiedere il riconoscimento dello Stato Croato da parte del Governo Fascista. In tale telegramma il Dottor Pavelic dichiara che i confni dello Stato Croato verranno stabiliti dal Governo Croato di accordo con i Governi delle Potenze dell’Asse. Il Duce ha così risposto:
«Ho ricevuto il telegramma con il quale, giusta la volontà del popolo croato, mi rendete nota la proclamazione dello Stato indipendente di Croazia e mi chiedete il riconoscimento della Croazia indipendente da parte dell’Italia fascista.
Saluto con grande soddisfazione la nuova Croazia che riacquista la libertà lungamente agognata, oggi che le potenze dell’Asse hanno distrutto l’artifciosa
LA PROVINCIA DI LUBIANA ENTRA A FAR PARTE DEL REGNO D’ITALIA
Prima visita alla città ammantata di tricolore
(DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE)
costruzione jugoslava.
Mi è gradito esprimerVi il riconoscimento dello Stato indipendente della Croazia da parte del Governo Fascista, che sarà lieto di intendersi liberamente col governo nazionale croato per la determinazione dei confni del nuovo Stato, a cui il popolo italiano augura ogni fortuna.
MUSSOLINI».
In risposta ad analogo telegramma del Governo Nazionale Croato, il Führer ha telegrafato al Dottor Ante Pavelic nei seguenti termini:
«Vi ringrazio per il Vostro telegramma e per il telegramma del Generale Kuaternik, con cui, giusta la volontà del popolo croato, mi rendete nota la proclamazione dello Stato indipendente della Croazia e mi chiedete il riconoscimento della Croazia indipendente da parte del Reich germanico. È per me una particolare gioia e soddisfazione, in quest’ora in cui il popolo croato per la rapida avanzata delle truppe dell’Asse ritrova la sua da tanto tempo agognata libertà, di potere esprimerVi il riconocimento dello Stato indipendente della Croazia da parte del Reich germanico. Il Governo tedesco sarà lieto di accordarsi liberamente col Governo Nazionale Croato per la determinazione dei confni del nuovo Stato. I miei migliori auguri per Voi e per l’avvenire del popolo croato.
16 Aprile XIX
ADOLFO HITLER».
Animazione intensa
Lubiana, 3 maggio
Siamo nella nuova, nella più giovane provincia del Regno d’Italia, una provincia che ufficialmente è nata da pochissime ore, ma che praticamente ha tutta l’aria, tutto l’aspetto delle nostre più antiche e più belle province: la provincia slovena che abbiamo oggi attraversata in parte per venire a Lubiana.
La prima manifestazione di questa storica unione, la prima visione, vorremmo dire, che ci ha dato la sensazione concreta, reale, e al tempo stesso simbolica di questo grande evento, l’abbiamo avuta alle porte della città. Lungo la strada abbiamo incontrato una pattuglia: un carabiniere del Re e un gendarme sloveno; più avanti un’altra pattuglia: un gendarme sloveno e un carabiniere del Re; e così via.
Dopo avere attraversato la pingue campagna, percorsa ogni tanto dal serpente spinoso di qualche sbarramento anticarro, ormai inutile per sempre, siamo arrivati in città alle cinque del pomeriggio, ora in cui più ferveva il movimento. Pioveva a dirotto, ciò non ostante l’animazione della cittadina era intensa. Intensa ma calma, serena, normalissima; tutta gente che andava a passeggio sotto l’ombrello, che entrava o usciva dai grandi caffè, dai grandi negozi, dai cinematografi. Molta gente, molte signore, molte signorine e tutte molto eleganti.
Scampanellio di tranvai, molte belle automobili lucenti e silenziose, circolazione intensa ma rapida e disciplinatissima, regolata nel centro della città dai gendarmi sloveni e alla periferia, dove è più frequente il passaggio di nostre autocolonne militari, dai movieri dei nostri battaglioni stradali. I negozi e i grandi empori, molto belli e molto eleganti, hanno tutti grandi spaziose vetrine. Su molte già spiccano grandi effigi del Re Imperatore e del Duce. In molte altre i commessi le stanno incollando. In una grande
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Un’imponente
manifestazione di studenti e popolo per la Dalmazia italiana
Ancona – Un’imponente dimostrazione per la Dalmazia italiana si è svolta stamane nelle principali vie cittadine.
Poco prima del mezzogiorno sono affluiti in piazza Roma da tutte le scuole gruppi di studenti e studentesse con bandiere nazionali e tedesche e con cartelloni recanti scritte inneggianti all’Italia, al Duce e ai fratelli dalmati. In breve tempo la piazza era gremita di popolo e di giovani nonché di zaratini oggetto delle più entusiastiche acclamazioni, alle quali facevano immediato seguito i canti della Patria e della Dalmazia.
L’imponente massa di popolo si è diretta a Palazzo Littorio preceduta dalla gioventù studentesca anconitana alla cui testa erano i gerarchi del Gruppo universitario fascista.
La piazza XXIV Maggio offriva veramente lo spettacolo delle grandi occasioni e l’immensa folla ivi convenuta acclamando entusiasticamente al Duce, alla Dalmazia italiana ed alla vittoria delle armi dell’Asse ed anche qui ha intonati gli inni della Rivoluzione. Reclamata poi a gran voce la presenza del Federale il gerarca è sceso fra gli studenti.
La dimostrazione al Duce si è a questo punto rinnovata freneticamente mentre i vessilli della Patria venivano gioiosamente agitati. Ristabilitosi il silenzio il Federale ha preso la parola.
Dopo aver detto che ancora una volta l’ora della Storia batte sul quadrante di questa nostra vita fascista e dopo aver accennato alle ultime vicende della Jugoslavia, misero avanzo della pace di Versaglia, pace della democrazia e dell’ebraismo internazionale, ha dimostrato come quell’accozzaglia di barbara gente abbia sempre nutrito odio contro l’Italia e come essa sia indegna di appartenere nel novero dei popoli civili europei.
Fra applausi prolungati ha rievocato gli eroi caduti per la Patria e per il sacro irredentismo. La primavera vittoriosa promessa dal Duce è venuta.
Ha quindi rivolto al popolo di Ancona un elogio per il grande animo col quale ha accolto i fratelli dell’altra sponda compiacendosi della serenità e della fermezza mostrata dagli italiani di Dalmazia che sono apparsi senza lacrime, e nei loro occhi c’era solamente un
libreria, che ha molte vetrine, tutte le commesse sono mobilitate. In piedi, in mezzo alle mostre dei volumi, queste belle ragazze sorridenti attaccano le grandi immagini del Re Imperatore e del Duce, che sono effigiati nella loro marziale uniforme di Primi Marescialli dell’Impero.
Evento
atteso
Nonostante il grigiore del cielo le strade hanno un brio multicolore e multisonoro. E in tutto questo non c’è la minima ombra non dico di esaltazione, ma neppure di eccitazione: c’è in tutti e in tutto una calma assoluta, una tranquilla operosità, che non si arresta, una serena normalità che potrebbe in certi momenti sembrare persino indifferenza, e tutto questo invece è il segno più chiaro e più lampante che quest’unione, questo evento così solenne, che ha fatto in un battibaleno apparire a tutte le finestre migliaia e migliaia di bandiere italiane, era nell’ordine naturale, inevitabile e previsto delle cose.
Sapremo più tardi che era addirittura nell’ordine atteso e invocato delle cose. Così si spiega la fulminea apparizione di tanti vessilli, di tanti striscioni su tutti i balconi, su tutti i davanzali, i campanili, le torri e le terrazze, su tutti i pennoni e su tutte le colonne. Così si spiega la vera e propria corsa alla sede del Fascio
senso di umanissima gioia per avere toccato qui in Ancona il sacro suolo della Patria.
Le nostre case siano le loro case – egli ha detto – perché essi non debbono sentire la lontananza dalla loro terra, le nostre siano le loro famiglie perché unica a noi e a loro è quella grande famiglia che si chiama Patria.
Ha concluso il suo dire ricordando le parole del Duce che auspicano una nuova Europa.
La folla dei dimostranti ha inneggiato a lungo al Duce e alle Forze armate unendo sempre nelle acclamazioni l’invocazione di una Dalmazia italiana.
Il corteo quindi si è riformato e di nuovo ha percorso con i vessilli italiano e germanico alla testa le principali vie della città tra due ali di folla che sostava levando il braccio nel saluto romano.
Numerosi camerati dalmati riconosciuti dai nostri giovani studenti sono stati fatti segno a dimostrazioni di affettuosa simpatia, e molti di essi si sono uniti al corteo che si è diretto alla sede del Palazzo del Governo, dove, dopo avere ancora inneggiato alla Vittoria e al Duce, si è sciolto.
Corriere Adriatico, 8 aprile
Il primo scaglione di dalmati rimpatria dopo la vittoria delle nostre armi I fratelli dalmati, che accogliemmo con trepido cuore e con profonda fierezza pochi giorni or sono, hanno ripreso la via dell’Adriatico per ritornare nelle città riconsacrate all’Italia dalle nostre vittoriose truppe.
Il primo scaglione è ripartito: avanguardia della massa che nelle province di Ancona e di Macerata ha trovato ospitalità fraterna.
I dalmati, un migliaio circa, hanno preso imbarco su un grande piroscafo ad essi riservato: l’affluenza e l’imbarco, grazie all’impeccabile organizzazione dei servizi predisposti dalla R. Capitaneria di Porto, sono avvenuti nell’ordine più perfetto. Trapelava nei volti dei partenti la gioia vivissima, unita al desiderio ardente di toccare l’opposta sponda romana e veneta.
Bandierine italiane, tedesche e dalmate agitavano i camerati ritornanti; bandiere sventolava la moltitudine che si era adunata sulle banchine di Santa Maria e dello Scalo Vittorio Emanuele.
Tra la folla, in gran numero, le organizzazioni del Partito.
da parte dei negozianti o dei commessi per avere i grandi manifesti con le immagini del Re Imperatore e del Duce. Così infine si spiega questo silenzioso andare a ruba dei giornali.
Gli strilloni infatti non li annunziano neppure: stanno zitti ma la gente corre egualmente e vediamo migliaia e migliaia di copie andar via in un battibaleno. Sono le ultime copie dei giornali meridiani Slovenski Dom e Slovenski Narod e sono già le prime copie dei giornali serali Jutro e Slovenec. Lo Jutro esce in un’edizione bilingue slovena e italiana. Tutti pubblicano in edizioni straordinarie sotto grossi titoli le due fotografie a piena pagina del Re Imperatore e del Duce. Tutti questi giornali – anche questo lo sapremo poi – hanno oggi più che raddoppiato, quasi triplicato la loro normale tiratura.
Dicevamo dunque che Lubiana è una grande e molto bella città con una storia e una tradizione molto insigne e preclara, una città che con le sue vie lunghe, larghe e diritte, con le sue ampie piazze alberate, coi suoi grandiosi solenni palazzoni dall’imponenza ministeriale, ma dall’aspetto vario e piacevole, coi suoi grandi alberghi ci dà subito la sensazione dell’agiatezza, della modernità e, al tempo stesso, la certezza di una grande serietà.
Quest’impressione la danno anche i grandi caffè, i grandi empori, i grandi cinematografi, che specialmente nel centro sono molto
Reparti armati di giovani fascisti premilitari erano schierati dinanzi allo scalandrone della nave e con essi era la musica dei “Premarinari”. Indimenticabili momenti di emozione a bordo e a terra. Gli sguardi degli anconitani erano fissi sui ponti della nave gremiti dai camerati della Dalmazia; alle note degli inni “San Marco” e “Dalmazia” gli occhi dei partenti luccicavano e più di una madre col bimbo tra le braccia lanciava un bacio verso il colle del Guasco, verso il popolo e tutti dalla nave esprimevano come nel giorno dell’arrivo, ma con gioia più viva, la loro gratitudine per l’amorevole, cameratesca assistenza avuta. I vecchi levavano il braccio in atto di saluto, un saluto di riconoscenza e di benedizione. Il momento di più intensa commozione si è avuto quando è giunto l’Eccellenza Tullio Tamburini, il dinamico Prefetto squadrista. Il Capo della Provincia che li accolse allo sbarco è divenuto anche per i profughi una persona cara, alla quale essi si sentono legati da affetto profondo perché hanno “sentito” il suo grande cuore.
Allorché egli è salito a bordo, seguito dal Federale Vicari – per il quale i dalmati serberanno gratitudine perenne avendo da lui ricevuto l’assistenza più squisita e premurosa – c’è stata una vibrante manifestazione di fede con fervide acclamazioni all’indirizzo del Duce.
Ai voti augurali dell’Eccellenza il Prefetto i fratelli di Dalmazia hanno risposto testimoniandogli la loro riconoscenza.
Quando egli è ridisceso e la nave ha iniziato le operazioni di disormeggio, anconitani e zaratini hanno manifestato calorosamente i vincoli di cameratesco affetto. Nell’ora della prova i secolari legami di fratellanza tra Ancona e la Dalmazia si sono vieppiù rafforzati.
Allorché la nave si è staccata dalla riva, la manifestazione, a bordo e a terra, ha toccato il più alto tono.
Echeggiavano ancora gli inni della Patria e quelli della gente dalmata; sovrastavano gli evviva al Re Imperatore, al Duce, alle Forze armate che eroicamente si battono per la certissima, prossima vittoria.
Calorosissime accoglienza all’arrivo a Zara
Riceviamo da Zara:
È giunto stamane da Ancona il piroscafo recante a bordo mille donne e bambini che erano stati allontanati dalla città allo scoppio del conflitto italo-jugoslavo. Ricevuti dal Prefetto, dall’Ispettore del
P.N.F., Suppiei, dal Federale, dalla Fiduciaria dei Fasci femminili e dalle altre autorità e gerarchie, i profughi sono stati accolti con dimostrazioni di calorosissima simpatia fra grida inneggianti alla vittoria delle nostre armi.
Corriere Adriatico, 22 aprile I fratelli di Dalmazia ritornano nella terra riconsacrata all’Italia
Un altro notevole contingente di sfollati dalla Dalmazia è partito ieri mattina da Ancona, per ritornare alle proprie case. Salutati da un’immensa folla di popolo che gremiva le banchine del nostro porto, i profughi si sono imbarcati sul piroscafo Eridania Erano oltre 3000 tra cui molti vecchi, donne e bambini.
Come per le altre partenze, il Prefetto Ecc. Tamburini col Federale, il Podestà e tutte le altre autorità, ha portato il saluto cameratesco e affettuoso ai fratelli dalmati.
Tra il popolo festante erano anche gli alunni di tutti i nostri istituti scolastici. Grande sventolio di bandiere, gagliardetti, vessilli dalmati e bandierine, mentre gli inni della Patria e della Rivoluzione si alternavano in ritmo continuo con gli Eja e gli Alalà al Duce e all’Esercito vittorioso che ha dato la Dalmazia all’Italia.
I fratelli dalmati, che durante la permanenza tra noi furono oggetto delle più premurose cure ed attenzioni, rispondevano con manifestazioni di commossa e commovente gratitudine, inneggiando al Duce e alle Forze Armate dell’Italia fascista.
Con il contingente di ieri e coi 500 che stamane all’alba sono ripartiti per Ragusa si chiude il ciclo dei viaggi degli sfollati dalmatici i quali rientrano nei loro paesi.
Fra gli innumerevoli quadri che il momento storico ci offre uno merita di essere fissato: il ritorno dei profughi zaratini.
Accompagnati dal più bell’azzurro del nostro cielo, con la gioia infinita nei cuori ed il viso raggiante di felicità ritornano i profughi dalmati alla loro terra, alle loro case, ai loro cari solo temporaneamente lasciati, custodi tenaci e sicuri del loro sacro suolo.
Ma per comprendere la bellezza del quadro del ritorno è necessario rievocare giorni non molti lontani; poiché non v’è lontananza per chi ha fede; assistemmo all’arrivo di alcune navi che sbarcarono, nella bufera di vento e pioggia fittissima, il dolorante carico. Vecchi, donne e bambini.
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Magnifico popolo zaratino, non sarà mai dimenticato il tuo approdo nella dorica città di Stamira che ti ha accolto come una madre accoglie nel grembo il figliolo piangente.
Il tuo grande dolore è stato deposto gelosamente nel nostro cuore, o fiero popolo di Zara. Chi potrebbe dimenticare? Chi potrebbe dimenticare la spartana frase uscita, spontanea e ricca di fede, dalle labbra di una vecchia dalmata? “No ghe xe de disperar; fra manco un mese tornerem a Zara e la sarà più bela, più santa”. Cara, venerabile vecchietta: oggi respiri già l’aria purificata della tua eroica terra riconsacrata alla Patria.
Con l’identico amore ed entusiasmo col quale il popolo anconitano ha accolto il vostro arrivo, camerati dalmati, con centuplicata gioia Ancona vi ha salutato nel trionfale ritorno.
Il cielo si è azzurrato, il mare si è fatto “dolcissimo” per meglio cullarvi, le navi pavesate a festa ed infiorate vibravano ansiose per ricondurvi sull’opposta sponda amata. Le fierissime note degli inni della nostra fede ci inumidirono gli occhi; e con voi portate anche i nostri cuori.
Non si può fissare il quadro senza una profonda commozione.
La disciplina e la piena comprensione del compito assegnato dal destino ha fatto di voi dalmati degli autentici pionieri di fede italica. Il nostro sguardo ed il palpito dei nostri cuori vi ha seguiti sino all’ultimo lembo di mare e spiritualmente fummo presenti al vostro arrivo trionfale in Zara la santa.
Il primo saluto della vostra, della nostra cara terra vi è stato dato dallo sventolio del tricolore che si erge imponente sul Pilo fatidico di Riva Vittorio Emanuele, fiamma donata da un gruppo di volontari ed azzurri comaschi, che un giorno, sempre non lontano, vollero anticipare l’auspicio di resurrezione dell’intera Dalmazia; oggi più che mai e per sempre sacrosantamente nostra.
Un manifesto del Comune
In occasione della partenza dei profughi per il ritorno nelle terre dei loro avi, il Comune di Ancona ha pubblicato il seguente manifesto:
«I fratelli dalmati che accogliemmo con cuore commosso, profughi dal-
frequenti. Molti negozianti, senza aspettare il decreto dell’annessione, avevano già da parecchi giorni spontaneamente issato sui loro negozi le insegne in lingua italiana. E questo lo abbiamo visto strada facendo, anche in qualche paese della campagna. Tutte queste impressioni immediate le abbiamo riferite con la stessa frammentarietà con cui le abbiamo avute per istrada, mentre a piedi, in mezzo alla folla, ci recavamo al grande palazzo dove ora ha sede il Commissariato civile per i territori sloveni occupati, già sede del Bano di Slovenia.
Momento solenne
Abbiamo trovato il Commissario civile Grazioli, federale di Trieste, occupatissimo oltreché per il complesso e fervido lavoro che in pochi giorni ha restituito alla più perfetta normalità la vita di una così vasta provincia e di una così numerosa popolazione – circa 400 mila anime – anche con un incessante via vai di persone di ogni rango. Da ogni parte della città, da ogni ceto, da ogni categoria professionale, continuano ad arrivare delegazioni e messaggi, che esprimono tutti la grande letizia per un così sollecito soddisfacimento di quelle che oramai erano le aspirazioni del popolo sloveno: l’annessione all’Italia.
Siamo nel vasto austero e solenne salone dove poche ore fa, appena ascoltata alla radio la lettura dello storico decreto, tutte
le loro città sotto la minaccia dello straniero, ritornano alle loro case, là dove il Tricolore, issato dai soldati d’Italia, sventola nella luce della vittoria e della liberazione.
Li salutiamo, dopo la breve sosta tra noi, con commozione diversa da quella che sentimmo al loro giungere, ché la gioia loro per la Patria riconquistata è anche profonda gioia nostra per i fratelli restituitici; ma il saluto che ad essi porgiamo non è il saluto della separazione sibbene quello dell’indissolubile unione nella grande comunità dell’Italia Fascista in marcia verso la luminosa realtà delle sue sorti imperiali.
Viva il Re! Saluto al Duce!
Dalla residenza comunale, addì 28 aprile 1941-XIX E.F. Il Podestà f.to: F. Andriani».
La gratitudine di Zara
Il Prefetto di Zara ha inviato all’Eccellenza Tamburini il seguente telegramma:
«Interprete sentimenti riconoscenza figli sfollati questa città mi è gradito porgere vivissimi ringraziamenti per affettuosa accoglienza che sfollati ebbero da te e da autorità e gerarchie e per cameratesca assistenza loro concessa durante permanenza in provincia – Prefetto Zattera».
Il Prefetto di Ancona ha così risposto:
«Ancona ha aperto il cuore ai fratelli dalmati nel presagio di quella vittoria imminente che ha già spiegato le ali radiose.
Nel viaggio di ritorno alla terra definitivamente riunita all’Impero di Roma li accompagna l’augurio di feconda attività costruttrice che questa gente tenace e laboriosa formula nel vincolo della comune devozione alla Patria fascista e al Duce. – Prefetto Tamburini».
Il Podestà di Zara ha inviato all’Eccellenza il Prefetto di Ancona il seguente telegramma:
«Da ogni parte mi giungono voci di plauso e di profonda riconoscenza per l’opera di assistenza che, con larghezza e con prontezza, veramente fasciste, la Prefettura di Ancona, per vostra iniziativa, impulso ed esempio, ha prodigato alle famiglie dei profughi zaratini, opera meraviglio-
le più alte personalità – una quarantina circa – capeggiate dall’ex Bano della Slovenia, sono convenute per esprimere in commossi e fervidi indirizzi la loro devozione al Re Imperatore e la loro gratitudine al Duce.
È stato un momento veramente solenne.
Fra queste alte pareti tappezzate di verde, adorne di grandi quadri, fra questi grandi portoni bianchi decorati d’oro, fra questi imponenti drappeggi di pesante velluto verde il gruppo delle personalità, dal Bano fino ai rappresentanti di tutte le categorie professionali, dal Rettore dell’Università fino ai rappresentanti degli operai, tutti con l’abito nero delle grandi occasioni, aveva un aspetto suggestivo.
L’indirizzo è stato letto in lingua italiana. Più tardi anche l’Arcivescovo, che già si era recato a fare visita al nostro Commissario civile, inviava a nome del popolo e di tutto il clero un fervidissimo indirizzo di riconoscenza, che il Vicario generale ha letto in lingua italiana e in lingua slovena.
Per tutta la giornata poi da parte dei sindaci e delle popolazioni dei 105 comuni che fanno parte della nuova provincia sono continuate ad arrivare, senza interruzione, espressioni di giubilo e di gratitudine profonda.
Questi sentimenti delle popolazioni sono poi espressi ampiamente dai fervidissimi commenti di tutti i giornali.
Alessandro Camuri
Il Popolo d’Italia, 4 maggio.
samente organizzata, sapientemente distribuita che in quanti ne hanno fruito ha alleviato il disagio fisico e morale creato dall’abbandono della propria casa. Vogliate, Eccellenza, accogliere vivo senso di gratitudine a mio mezzo espressovi dalla città di Zara. Pregovi anche voler comunicare a gerarchie tutte della provincia memore riconoscenza di Zara tutta. – Podestà Salghetti». L’Eccellenza Tamburini ha così risposto:
«Salghetti – Podestà. Zara – Non appena la prima nave depose in questo porto la vostra gente, la Patria uscendo dal buio durato quattro mesi riconquistava Derna e navi di zaratini e di dalmati che successivamente giunsero corrisposero ad altrettante tappe della riconquista libica per finalmente vedere la splendente redenzione dalmata-montenegrina e la vittoria sulla Grecia. La vostra gente ha sempre portato fortuna e così largamente oggi ne ha fatto dono alla Patria. Nella lotta continua sotto il giogo straniero e prepotente la gente dalmata visse disperando e sperando e voi di Zara, chiusi come in carcere, soffriste. Oggi meglio di voi nessuno può sentire la gioia della redenzione. Le accoglienze spontanee degli anconitani dimostrarono il cuore di questa gente seria e laboriosa. Quello che fu organizzato dal Fascismo e dalle autorità affermano come la solidarietà nazionale ed umana volute dal Duce siano una realtà che ha comandato ai cuori ed agli intelletti degli italiani. Farò conoscere agli anconitani il vostro telegramma, ma lasciate che, pur ringraziandovi, respinga il vostro elogio alla mia persona poiché volontà, mezzi generosi ed ordini mi vennero dal Duce il cui amore è la maggior potenza della nuova Italia. – Tullio Tamburini, Prefetto di Ancona».
Un profugo agli anconitani
Da parte del profugo prof. Amilcare Rinella riceviamo: «Nell’imbarcarmi dall’ospitale Ancona a nome di tutti sento il dovere di esternarvi ancora una volta quanta riconoscenza può albergare in cuore umano per le cure affettuose prodigate a nostro riguardo quali profughi. Come convincervi della verità del nostro asserto e del nostro sentimento?
I profughi sono stati ospitati in tutta Italia; ma voi anconitani avete avuto quello spirito di giusta e reale comprensione patriottica ben perme-
Le Camicie Nere del 108. Battaglione d’Assalto sul fronte albanese-jugoslavo
XXX, maggio
Sulle aspre e rocciose montagne del nord Albania le Camicie Nere del 108. Battaglione d’Assalto hanno avuto l’onore di essere opposte a quel nemico che, favorito da un infame trattato, teneva oppressi i fratelli dalmati: l’Adriatico gridava la sua italianità e lanciava a Dio, nei giorni di tempesta, il suo grido di vendetta. L’Amarissimo voleva placarsi; voleva che il tricolore sventolasse su «l’altra sponda»!
Si attese per lunghi anni: la nostra impazienza era frenata dalla nostra grande fede! Finalmente anche alla Serbia fu dichiarata la guerra. I nostri occhi pieni della chiara luce dell’Adriatico brillarono di gioia ed un grido eruppe dai nostri petti: Viva la Dalmazia italiana!
Il 108. Battaglione Camicie Nere, favorito dalla sorte, venne inquadrato in un’unità schierata contro la Jugoslavia. Sbarcato a Durazzo, il Battaglione era aggregato al Raggruppamento Camicie Nere “Diamanti”, che aveva il preciso compito di sbarrare, a qualunque costo, il passo alle schiere nemiche. I serbi, imbaldanziti dalla superiore forza numerica e dalla prima facile penetrazione in territorio schipetaro, intendevano puntare nel cuore dell’Albania attraverso le poche vie di comunicazione. Era neces-
ata dall’alto senso fascista che vi ha guidati ad agire.
E ve lo dimostro: il vostro cuore ha vibrato all’unisono di commozione con noi, né più né meno che come la madre col figlio e questi con la propria madre!
Voi avete avuto delle sensibilità spirituali che ci hanno fatto piangere: l’angelo da voi messo vicino alla nostra mensa, nella persona di una donna fascista, conforto delle nostre sofferenze, è stato quanto di più delicato e di fine intuito psicologico potevasi organizzare.
Noi profughi, rappresentati da donne, bambini, vecchi ed uomini ammalati, abbiamo molto apprezzato tanta vostra bontà d’animo; anzi proprio attraverso il sentimento di queste donne fasciste vi abbiamo meglio conosciuti.
Voi anconitani ci avete anche ospitati e potrei citare innumerevoli casi. Soprattutto abbiate presente che la grande organizzazione a favore dei profughi ha superato ogni aspettativa, e ciò è dovuto ai vostri dirigenti. È stato doveroso per me recarmi personalmente dall’Ecc. il Prefetto, dal Segretario federale, dalla Segretaria dei Fasci femminili e dal R. Questore ad esternare loro con tutta riconoscenza il migliore sentimento di gratitudine.
Prof. Amilcare Rinella».
L’offerta della bandiera alla Città di Sebenico
Ancona ha offerto la bandiera nazionale alla Città di Sebenico. Il Podestà cons. naz. Franco Andriani nel darne comunicazione al Commissario civile ha inviato il seguente telegramma: «Commissario civile, Sebenico – Alla fedele Sebenico non più separata ma congiunta alla Patria dall’Adriatico redento, Ancona offre bandiera nazionale, pegno indissolubile fraternità italiana et fascista. – Il Podestà Andriani».
Con questo gesto gentile la nostra città ha sigillato i legami che la stringono alla redenta Dalmazia e che si erano già dimostrati tanto affettuosi per l’assistenza e l’ospitalità offerte agli sfollati.
Corriere Adriatico, 29 aprile
sario che il nemico non riuscisse nell’intento, mentre si svolgeva la grande e travolgente offensiva italiana sul fronte greco, iniziata il 9 marzo agli ordini e alla presenza del Duce. «Difendere a qualunque costo le posizioni occupate»: questa era la consegna data alle Camicie Nere del 108. Battaglione d’Assalto. Ed i figli dell’Amarissimo, tenaci e resistenti, si inerpicarono sulle impervie montagne del nord Albania, per raggiungere le posizioni ad essi affidate; curvi sotto il peso delle armi, sfidarono le ire del tempo avverso che sembrava volesse affievolire lo spirito e la resistenza. Nessuna forza, nessuna fatica poté fiaccare la volontà dei legionari anconitani. L’ora attesa era giunta. Tra i legionari ed i serbi si era ingaggiata una gara di velocità a chi prima raggiungesse certe posizioni di alta importanza strategica: erano sempre le Camicie Nere a far segnare il passo al nemico. Questi in forze e dotato di grandi mezzi vedeva costantemente ogni suo piano travolto dai legionari, fortemente difesi dalla loro unica, grande e miracolosa arma: la fede nella Vittoria. Le Camicie Nere avevano compreso benissimo la posta della lotta combattuta con così differenti armi dalle due parti, e sapevano anche che la fede li avrebbe condotti al successo. Silenziosi, sopportando tutti i disagi, seguivano il comandante che, tranquillo e sicuro, marciava in testa al Battaglione.
Quando sembrava che la stanchezza dovesse avere il sopravvento, si avvertiva più luminosa che mai la consegna del Duce: «Non mollare!». Il vanto dei soldati di Mussolini è di non aver
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