Tesi

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La città, infatti, stava attraversando un periodo di gravi ristrettezze economiche poichè i Borboni, fuggendo, avevano portato con sè le ricchezze del regno. Murat proveniva da una modesta famiglia di albergatori della Francia meridionale ma aveva, grazie alla sua audacia e al suo spericolato coraggio di cavallerizzo, percorso tutte le tappe di una straordinaria carriera militare, arrivando a soli trenta anni al grado di generale di cavalleria e così gli fu affidato il regno di Napoli, conquistato dalle armate napoleoniche. E, in effetti, prese il suo incarico con molto impegno e molta dedizione, nonostante le sue inesperienze nell' arte del governare, che lo spinsero, con molta generosità, a tentare nel 1815 l' impresa non riuscita dell' unificazione d' Italia. Tornando con passo discreto alla cucina, bisogna ricordare che Murat era sempre stato noto come un buongustaio eccezionale, che nel suo fastoso palazzo di Parigi, dove risiedeva con la carica di governatore, offriva banchetti ricchi e succulenti, che il celebre cuoco Careme così descriveva nelle sue memorie: "Questa casa gloriosa che aveva la magnificenza dei capi di razza reale, fu teneramente amata da veri gastronomi. Se ne usciva sempre più fieri di essere del nostro paese". Sfortunatamente questo splendore, degno di quel glorioso personaggio che l' aveva fortemente voluto, non ebbe che una breve durata; Murat fu inviato a regnare a Napoli. Sempre Careme attesta che le specialità, nella cucina del re, erano le pietanze a base di salse di magro, è probabile perciò che i cuochi avessero modo di sbizzarrirsi nel cucinare e nel creare nuove ricette con le verdure e i pesci che si trovavano nel nostro territorio. Certo è che al suo seguito erano giunti molti famosi cuochi francesi che venivano chiamati monsieur e, dalla deformazione della parola , furono poi chiamati dai napoletani monzù. Allo stesso modo molti altri termini francesi entrarono a far parte del vocabolario napoletano, come gateau, saute, sartu, bignet, choux. Inoltre, con l'arrivo dei francesi, in città si diffuse il gusto per la cucina transalpina con l'apertura di molti locali ispirati proprio a questa moda. Successivamente, a soli venti anni, salì al trono Ferdinando II. Nonostante la giovanissima età dimostrò grandi capacità di governo e inaspettata maturità. Non era un uomo colto, anzi diffidava degli uomini di cultura e degli intellettuali che con disprezzo definiva i pennaruoli. Nella sua vita privata era un uomo di estrema semplicità, spesso confusa con avarizia, che lo spingeva a vivere con la moglie, per la maggior parte del tempo a Caserta o a Castellammare o ad Ischia rifuggendo le le noiose fastosità delle cerimonie di corte alla reggia di Napoli. Anche la sua alimentazione rispecchiava la semplicità borghese dei suoi gusti. Alla sua mensa i cibi preferiti erano maccheroni, baccalà fritto, mozzarella, soffritto, caponata, cipolle crude o cotte, la pizza che piaceva tanto anche alla moglie, al punto che fece costruire apposta nella Reggia di Capodimonte un forno per la cottura delle pizze napoletane. Alla sua morte ebbe inizio una serie di tragici avvenimenti, che molti storici e sociologi hanno considerato come l'inizio della sciagura e della decadenza di Napoli. Il figlio ventitreenne che salì al trono non aveva lo stesso animo del padre, era un giovane afflitto da un carattere debole ed introverso, per cui quando Garibaldi invase il regno di Napoli il giovane sovrano non seppe opporsi, affidando la sua armata a generali infidi, traditori ed incapaci che ritirandosi di fronte al nemico gli lasciarono campo libero nelle provincie. Conquistato il regno, Garibaldi entrò nel 1860 a Napoli dove si proclamò dittatore con il consenso del re del Piemonte, che lo aveva incontrato a Teano ed aveva rinforzato, con il suo esercito, le sue 13


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