INDAGARE IL PATRIMONIO INDUSTRIALE DISMESSO. Analisi, strategie di intervento e scenari futuribili.

INDAGARE IL PATRIMONIO INDUSTRIALE DISMESSO

analisi, strategie di intervento e scenari futuribili. la zona ASI di Bari-Modugno analisi, strategie di intervento e scenari futuribili. La zona ASI di Bari-Modugno

17 . 10 . 2018

di Luca R Catalano Matteo di Chiano Fabrizio Giannico Davide Tricase

Prefazione a cura di Gianrocco Zappatore

L’approccio proposto dal presente lavoro di tesi affonda la propria essenza nel presunto ossimoro codificato dall’espressione “Archeologia industriale”.

Tale dicotomia, insanabile per spiriti acritici, svela la propria intrinseca consequenzialità nel suddetto percorso progettuale.

Scevri dal mero tecnicismo, i Candidati hanno condotto e sviluppato le proprie analisi, e conseguenti proposte, anteponendo la componente antropico-identitaria alla pura composizione, oltremodo consapevoli della centralità del fattore umano ai fini di una pertinente offerta produttiva.

Capitale, a tal fine, è risultato il senso di appartenenza espresso dai laureandi nei confronti del caso di studio, inerente una delle aree più vituperate ed obliate del capoluogo barese.

La necessaria connotazione teorico-accademica ha trovato un valido, ed irrinunciabile, supporto nella sperimentazione empirica, ineluttabile strumento di discretizzazione.

Lungi da qualsivoglia fine enciclopedico, i candidati hanno delineato e definito un problematico contesto la cui risoluzione, avvalorata dalla presente definizione di futuribili direttive di sviluppo, reclama l’irrinunciabile partecipazione attiva della popolazione, origine e traguardo di ogni intento progettuale.

Il presente elaborato conclude un diversificato, ed interessato, percorso formativo condotto dai candidati, la cui definizione professionale ha contemplato, necessariamente, il reciproco confronto, la pluralità delle soluzioni e delle modalità comunicative, la sperimentazione delle proprie percezioni e la manifestazione delle proprie inclinazioni.

Il percorso accademico, in tal modo impostato, si è palesato come l’irrinunciabile opportunità di definizione tanto professionale quanto personale, nell’ottica di una più matura, e consapevole, definizione del proprio futuro ruolo, anche in virtù dell’offerta formativa del corso di studi scelto, fatalmente -o intenzionalmente- non compreso dai mentori della formazione.

Con inscalfibile speranza i candidati affronteranno qualsiasi scenario futuro, con l’inamovibile convinzione che “Per aspera sic itur ad astra”.

I.

AREE INDUSTRIALI: DALLA NASCITA ALL’ABBANDONO

I.1 METAMORFOSI URBANA DEL FENOMENO INDUSTRIALE

Città preindustriale

6 8 9

Città industriale

10

Città postindustriale

11 12

I.2 FENOMENI DI DISMISSIONE: DEGRADO E ABBANDONO DEL PATRIMONIO INDUSTRIALE

Dismissione industriale

14

Dismissione come risorsa

14

Archeologia Industriale

15

Dismissione: un fenomeno globale

16

II.

METODOLOGIA: TRA CONOSCENZA E RIGENERAZIONE DEL PATRIMONIO DISMESSO

18

II.1 INDAGARE IL DISMESSO E RIGENERARE LE AREE INDUSTRIALI

Misure per favorire la riconversione e la riqualificazione delle aree

industriali dismesse

20

II.2 MODELLI D’INDAGINE E AZIONE NELL’AMBITO DEL DISMESSO

Il comune di Milano e l’approccio conoscitivo verso il suo territorio

24

Scoprire e mappare il territorio. Il collettivo “Spazi Indecisi”

26

Laboratorio permanente sull’architettura dell’abbandono: Conversion+

28

Informatizzazione ed elaborazione dei dati rappresentativi desunti tramite lo strumento della mappatura

30

Definizione di linee guida e indirizzi per futuribili rigenerazioni dell’esistente

30

21

25

II.3 RIQUALIFICAZIONE DELLE AREE INDUSTRIALI DAL MACRO AL MICRO

32

Casi di studio su scala urbana

34

Casi di studio puntuali

44

III.

APPLICAZIONE DELL’APPROCCIO CONOSCITIVO: LA ZONA ASI BARI-MODUGNO

82

III.1 LA CITTÀ DI BARI E LA SUA VOCAZIONE INDUSTRIALE

Bari e la sua Archeologia Industriale

84

85

La Zona ASI Bari–Modugno

85

Strumenti urbanistici vigenti all’interno della zona ASI Bari-Modugno

88

Zonizzazione e nuova viabilità

90

(elaborato 03, Piano Urbanistico Esecutivo - variante 2007. Consorzio ASI di Bari)

Connessioni e infrastrutture

92

Uso dei suoli

94

III.2 MAPPATURA: ZONA ASI BARI-MODUGNO

Esito mappatura: edifici sotto utilizzati , non utilizzati e incompiuti

96 112

III.3 PREVISIONI STRATEGICHE: STRUMENTI URBANISTICI IN AMBITO PUGLIESE

III.4 MANUALE D’INTERVENTO: INDIRIZZI ARCHITETTONICI E LINEE GUIDA

120

Rapporto con la strada

122

Rapporto con l’area di pertinenza

128

Rapporto con la morfologia di copertura

136

Rapporto con il sistema di chiusura verticale esterna

142

IV.

APPLICAZIONE DEL MANUALE D’INTERVENTO: POSSIBILI RIGENERAZIONI FUTURIBILI DELL’ESISTENTE

148

116

IV.1 IL POTENZIALE DEL DISMESSO INDAGATO

150

Abitare, futuribile rigenerazione dell’esistente dismesso

152

Produrre, futuribile rigenerazione dell’esistente dismesso

154

C4 | VIA DEI GERANI, 26 a cura di Matteo di Chiano

158

D7 | VIALE T. COLUMBO, 46 a cura di Luca Raffaele Catalano

204

D2 | VIA DELLE MAGNOLIE, 4 a cura di Davide Tricase

250

C6 | VIALE F. FUZIO, 2 a cura di Fabrizio Giannico

300

CONCLUSIONI

355

BIBLIOGRAFIA

357

SITOGRAFIA

359

AREE INDUSTRIALI: DALLA NASCITA ALL’ABBANDONO 6

I 7

Metamorfosi urbana del fenomeno industriale

vista di dettaglio, foto di Walter Bolognino

I.1 Definire con esattezza, precisione e univocità cosa s’intenda per città non è immediato, benché sia una chiara rappresentazione trasversale e quotidiana.

Cercare di definire cosa s’intenda per città è un prerequisito per conoscere qual è il macro ambito di questo approfondimento circa le aree industriali.

Parafrasando le parole del sociologo urbano Louis Wirth (1897-1952) la città è un insediamento relativamente vasto, denso e duraturo di persone socialmente eterogenee. Dimensione, densità ed eterogeneità sono gli elementi che si assume rendano la città uno spazio materiale e simbolico di relazioni sociali specifiche e diverse rispetto a quelle tipiche dell’ambiente rurale. Tali relazioni si sono strutturate, però, in modi diversi nelle differenti epoche storiche; la sociologia ragiona sulle forme delle relazioni sociali, politiche ed economiche che hanno contraddistinto tipi diversi di città, per struttura sociale, funzione economica e ordine politico.

Da questo punto di vista, la lunga storia della città può essere suddivisa in tre modelli, o tipi ideali, che denotano e connotano il fenomeno città: • città preindustriale • città industriale • città postindustriale.

Dal punto di vista prettamente cronologico, città preindustriale, città industriale e città postindustriale hanno occupato epoche storiche di lunghezza estremamente diversa. Circa l’epoca contemporanea, relativamente al mondo occidentale, il modello di città prevalente è quello postindustriale; la città industriale, invece, si è imposta come modello prevalente a partire dalla Rivoluzione Industriale (seconda metà del XVIII secolo) fino ai decenni immediatamente successivi alla fine della Seconda Guerra Mondiale.

Città preindustriale Nell’arco cronologico la città preindustriale è precedente al periodo dello sviluppo industriale iniziato in Gran Bretagna a partire dai primi del Settecento.

L’aspetto demografico è caratterizzato da una crescita lenta ed altalenante. Questo è strettamente legato a periodi ciclici di sviluppo e depressione economica. È un fenomeno influenzato dalla presenza di epidemie, carestie e guerre.

La società dal punto di vista organizzativo vede a capo una stretta elite politico, militare e religiosa. È proprio questa porzione di popolazione che detiene il monopolio delle risorse materiali e della conoscenza. Subordinato a questo vertice si colloca il ceto rappresentato da mercanti e artigiani che a seconda della loro posizione possono ricevere benefit da parte della corte.

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È chiaro come si presenti un’eterogeneità di compiti e ruoli, che differiscono in base a conoscenza e rapporti d’interdipendenza. È un’organizzazione sociale in netto contrasto con la vita rurale dove i contadini, svolgendo attività similari, creano una popolazione molto omogenea. Per tali ragioni si può parlare di un ordine sociale segnato da enormi disparità economiche, simboliche e di diritti.

Dal punto di vista delle attività economiche, oltre a quella agricola, vi sono anche diversi modelli di produzione come attività artigianali, svolte all’interno di botteghe e attività legate alle specializzazioni svolte in laboratori (es: tessitura, filatura, cimatura). A partire dal Seicento iniziarono a svilupparsi manifatture ove potevano trovare occupazione numeri elevati di operai. Altre attività correlate, che però non interessavano il ceto minore erano quelle commerciali e bancarie.

Città industriale La città industriale si sviluppa nel XIX secolo, ed è la logica manifestazione di un nuovo modello economico-filosofico incentrato sulla creazione del profitto mediante la gestione del capitale. Non più la terra, come nelle precedenti società basate sull’agricoltura, ma il capitale investito in mezzi di produzione. L’industria è fonte di ricchezza e diventa il motore trainante della città in divenire. Questo nuovo sistema economico si basa su una innovazione sociale e tecnologica, la manifattura, e si sviluppa grazie alle scoperte scientifiche e alle innovazioni tecnologiche.

Come enunciato precedentemente, un evidente criterio discriminante tra le varie espressioni di “città” è l’aspetto sociale. In questo caso si parla ancora di una città fortemente divisa e caratterizzata da stridenti disuguaglianze: da un lato, la borghesia industriale e finanziaria che detiene i mezzi di produzione e il capitale, dall’altro, i lavoratori e il proletariato.

L’immagine che può essere associata a questa città di prima industrializzazione è pressoché quella di una piramide.

Con la seconda e, soprattutto, con la terza fase dell’industrializzazione, che in Europa si estende dal dopoguerra fino agli ultimi decenni del secolo scorso, la struttura sociale si amplia fortemente negli strati intermedi, costituiti da lavoratori specializzati, tecnici ed impiegati. La crescita del ceto medio è alimentata in grande misura anche dall’espansione del settore pubblico dei servizi, i cui dipendenti vengono a costituire una componente significativa della struttura sociale delle città. La configurazione piramidale, tipica della prima industrializzazione, lascia il posto ad una struttura sociale dalla forma rombica. La vasta gamma di attività e professioni nel pubblico e nel privato, che sono andate progressivamente ad allargare il corpo centrale della società, amplia ulteriormente l’eterogeneità della città industriale rispetto al modello che l’ha preceduta.

10

Città postindustriale I processi di de-industrializzazione e di ristrutturazione industriale portano la città verso un modello differente che comincia a strutturarsi a partire dalla fine degli anni ’70 e che è ancora in corso di definizione.

Oggigiorno siamo approdati nella società dei servizi, il settore industriale ha visto diminuire la propria egemonia socio-economica; la ricchezza è così prodotta principalmente dal settore dei servizi, in particolare da quelle attività intellettuali legate alla ricerca e alla creazione di nuove idee in relazione all’emergere dell’economia della conoscenza, da un lato, e allo sviluppo delle industrie culturali, dall’altro. Conseguentemente a queste trasformazioni dell’economia della città, crescono le occupazioni di tipo intellettuale e le categorie professionali ad alto reddito ma, come contraltare, anche gruppi di lavoratori non specializzati che aumentano esponenzialmente la quantità di lavoratori socialmente fragili. I processi di polarizzazione sociale, attuati su diversi versanti, riacutizzano la sperequazione sociale marxista tra ricchi e proletari.

Se precedentemente si era parlato prima di piramide poi di rombo, per questa società tocca alludere alla figura della clessidra. L’immagine della clessidra infatti sembra fornire una rappresentazione fedele della struttura sociale di questo tipo di città, caratterizzata da un allargamento delle fasce superiori e inferiori e da una riduzione delle classi medie. Questa configurazione socio-urbana ampiamente frammentata apre a nuove forme di governance in cui attori diversi (pubblici, privati e organizzazioni no profit) sono coinvolti nelle politiche di amministrazione e gestione dei processi urbani.

Fonte: S. de Falco, La città nella geografia dell’innovazione globale, Ed. Franco Angeli, Milano, 2017.

11

Fenomeno di dismissione:

degrado e abbandono del patrimonio industriale

12

I.2 Nel 1965 l’architetto italiano Vittorio Gregotti (1927) sostiene che «nulla si crea, nulla si distrugge: tuttavia tutto si accumula in attesa di essere trasformato. Non ci sono solo più i cimiteri degli uomini, dei cani e degli elefanti: tutta la nostra periferia urbana è un cimitero di oggetti […] e si ferma, scheletrame, a metà strada, attendendo che torni conveniente il suo ricupero»1.

Crisi e rinascita. È tra questi due termini che sembrano muoversi, in una concezione vichiana, le città: ad un periodo di fasti segue uno di depressione, reiteratamente. È un percorso che ruota attorno a trasformazioni cicliche; è un destino storico che non esclude nessuna città. Tutte le principali capitali europee come Parigi, Roma, Londra, Napoli hanno attraversato in maniera intervallata fasi di declino e decenni di sfolgorante benessere. Proprio in virtù di questa temporalità le suddette città sono perdurate nel tempo, non soccombendo neanche in situazioni di estrema degenza.

Un dato statistico importante per trattare il fenomeno città è quello che emerge a partire dal 2007: viene registrato, per la prima volta, un tasso di urbanizzazione mondiale superiore al 50%. Nel 2030 la quota di popolazione che vivrà in città supererà il 60%, ragion per cui si può parlare di millennio urbano.

I caratteri dell’urbanizzazione contemporanea destano grande preoccupazione. Attualmente la città appare, infatti, come un chimerico oggetto di ricerca, indefinibile in virtù delle numerose e rapide trasformazioni che la interessano, con conseguenti esiti imponderabili. Inoltre, essa appare afflitta, in misura maggiore che nel recente passato, da problemi anch’essi di difficile trattazione; di fronte ai nuovi processi di impoverimento, al degrado delle condizioni di vita, al crescere delle varie forme di inquinamento, ci si chiede se questi siano segnali di crisi della città o più in generale delle società e del loro attuale modello di sviluppo.

A sinistra | vista di dettaglio V. Gregotti, E. Battisti, Perifieria di rifiuti, in “Edilizia moderna”, n.85, p.85, 1965.

1

Fonte: A. Di Virgilio, I grandi temi dell’architettura - Riqualificazioni urbane, Hachette, Milano, 2015.

Come preannunciato, dal fenomeno ciclico di crisi e rinascita, nessuna città è esente; la città contemporanea, nonostante i tentativi teorici mirati alla conservazione e alla garanzia di uno sviluppo costante, non riesce a far fronte ad alcune trasformazioni inaspettate, dato che, al pari di un organismo vivente, questa sfugge da qualsiasi previsione di comportamento rigido e preimpostato.

Sfuggendo ad ogni tipo di urbanizzazione che pianificava la città zonizzata, ordinata e geometricamente ideale, questa si è dispersa nelle periferie e nel territorio in maniera apparentemente casuale, confondendo spesso capannoni industriali e edifici per civile abitazione. L’esito ottenuto, tanto in Europa quanto nel resto del mondo, è un caotico organismo di cemento, asfalto, acciaio e vetro.

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Dismissione industriale Focalizzandoci sul fenomeno dell’industrializzazione e quindi dello sviluppo socio-economico che ha denominato il fenomeno città durante tutto il XX secolo su scala internazionale, è importante sottolineare la profonda crisi economica che ha marcato l’inizio degli anni Settanta (si ricorda la crisi energetica del 1973).

Profondi mutamenti economici hanno messo al tappeto le grandi industrie con ampie conseguenze socio-economiche, causate dalla diminuzione di impiego. Si può quindi definire questa transizione come processo di de-industrializzazione. Inizia così un lento declino della metropoli, con naturali conseguenze di degrado sociale, economico e quindi fisico. Grandi aree interne ed esterne ai confini urbani, destinate originariamente ad attività industriali, portuali o alla produzione e alla commercializzazione, sono state progressivamente smantellate, lasciando al loro posto profonde ferite nel tessuto urbano.

Si assiste, a partire dagli anni Settanta, ad una trasformazione urbana che fa capo al fenomeno della contro-urbanizzazione. Questo fenomeno letto su scala italiana, interpretando le parole di G. Dematteis, si manifesta con la ristrutturazione delle grandi imprese nelle aree forti, con il decentramento produttivo e la crescita di un’industria periferica sommersa2.

Le grandi trasformazioni territoriali diventano strettamente collegate all’andamento economico innescando, così, complessi processi di decentramento di attività urbane e di servizi. La deriva degli spazi urbani sembra essere dipesa da diversi fattori quali: la dilatazione fisica della città e il fenomeno per cui grandi aree urbane e sistemi produttivi non coincidono più tra di loro.

G. De Matteis, Le reti urbane tra decentramento e centralità, in “Nuove forme di organizzazione territoriale”, Ed. Franco Angeli, Milano 1989.

2

Fonte: F. Piemontese, La dismissione in Europa: sperimentazione tecnico-linguistica della riqualificazione delle aree dismesse, dottorato in Composizione Architettonica, progettazione Urbana, Storia, Architettura e Ambiente presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Tutor Prof. Arch. A. F. Mariniello, Coordinatore Prof.

Arch. A.Cuomo, 2007.

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Dunque, nel contesto di mutazione dei modelli di sviluppo urbano fin qui descritti, il riuso delle aree dismesse, come prodotto dei fenomeni di decentramento, de-industrializzazione ed obsolescenza, diviene l’occasione per dar luogo a processi di ricentralizzazione e di riqualificazione.

Dismissione come risorsa Fin dai primi anni Ottanta diviene centrale, e cruciale, il tema delle patologie innescate dall’espansionismo incontrollato.

Si assiste ad un cambio di rotta nel modo di concepire l’urbano; la cultura dell’espansione lascia spazio a quella della trasformazione. Il fenomeno della crisi industriale del decennio precedente ha vanificato le precedenti sperimentazioni relative ai modelli di crescita infinita.

I modelli della città razionalista e zonizzata, ereditati dalla cultura dei CIAM (Congresso Internazionale di Architettura Moderna), mostrano le

loro debolezze. Si comprende l’importanza dell’approccio di studio basato sulle singolarità e quindi attenzione rivolta al singolo caso. Inizia così a diffondersi, mantenendo ancora oggi la sua validità, la tendenza a prefigurare grandi trasformazioni urbane tramite progetti architettonici puntuali mirati anche ad una più rapida trasformazione; si parla così di aree complesse di trasformazione.

Si rivolge particolare attenzione alla descrizione del contesto; conoscere la sua storia prima ancora che i suoi manufatti architettonici facilita,almeno teoricamente, la scelta di cosa debba essere conservato, e le relative modalità di riqualificazione. Emerge, da questo tipo d’impostazione figlia degli anni ‘80, la tendenza ad un approccio integrato, che abbia caratteri di intersettorialità e interscalarità. È tutto questo il substrato culturale ove la concezione di Archeologia Industriale potrà trovare terreno fertile.

Archeologia Industriale L’Archeologia Industriale è quella branca dell’archeologia dedita allo studio dei luoghi di lavoro, delle tecniche e dei metodi di produzione della civiltà industriale nella fase delle origini. Nata in Inghilterra negli anni Cinquanta, questa disciplina si è diffusa nella restante Europa e nel Nord-America.

In Italia l’attenzione verso l’Archeologia industriale, con i primi studi volti alla conoscenza – associati a varie campagne di censimento e catalogazione – e alla salvaguardia del patrimonio ancora esistente, si fa in genere risalire al primo Congresso internazionale della disciplina organizzato, nel 1977 a Milano, da un gruppo di studiosi raccolti intorno alla figura di Eugenio Battisti.

R. Corvino, Le seduzioni del dismesso. L’Archeologia industriale, in “Quaderno di comunicazione”, n.8, 2008, pp.

101-108.

3

Fonte: M. Docci, Oltre l’abbandono: il patrimonio industriale fra conoscenza e progetto, in “Disegno e restauro: conoscenza analisi intervento per il patrimonio architettonico e artistico” pp.165-180, Aracne, Roma, 2010.

Da questo momento in poi, seppur in maniera altalenante, studiosi e parte dell’opinione pubblica hanno riversato il proprio interesse verso la conservazione dei resti materiali di tutto quello che, fino a qualche anno prima, apparteneva alla sfera dell’industria o della manifattura e che, ormai dismesse o abbandonate, erano in quegli anni in procinto di essere demolite.

Come scrive Renato Corvino nel 2008 in Le seduzioni del dismesso. L’Archeologia industriale: «assumono valore e fascino proprio nel momento in cui perdono la loro funzione [...] nasce da ciò la seduzione del dismesso»3.

L’Archeologia Industriale ha come modus operandi l’individuazione e la catalogazione dei beni immobili quali edifici, aree e territori, dei beni mobili quali macchine, impianti e attrezzature, dei prodotti industriali e del materiale documentario ed iconografico. Tale interesse è ovviamente supportato da studi, indagini, ricerche e dibattiti sull’opportunità di salvare o distruggere determinati luoghi attraverso il riconoscimento o meno di un valore storico-culturale, nonché simbolico, del manufatto o dell’area d’interesse. Questi insediamenti produttivi possono così essere ascritti a 15

pieno titolo nella categoria dei “beni culturali”, facendo parte al patrimonio storico-tecnologico sedimentato nella memoria collettiva della città.

L’interesse rivolto verso l’ambito del recupero del patrimonio dell’Archeologia Industriale è rimasto vivo creando connessioni sempre maggiori negli anni. Su panorama Italiano è opportuno annoverare l’Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale (AIPAI), la sola operante in quest’ambito a livello nazionale, fondata nel 1997 da un gruppo di specialisti del patrimonio industriale e da alcune tra le più importanti istituzioni del settore del Paese. Articolata in sezioni regionali e commissioni di settore nazionali, conta oggi oltre 300 soci attivi e interagisce proficuamente con organi centrali e periferici dello Stato.

Dismissione: un fenomeno globale Le metropoli europee, tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta, sono state costrette a reinventare se stesse, partendo proprio dalle cicatrici causate della pesante depressione economica di inizio anni Settanta. Esempi emblematici sono appunto i dockland di Londra, Les Halles di Parigi, il Lingotto di Torino, i complessi industriali a nord di Milano o la fascia costiera di Barcellona; sono proprio questi i luoghi emblematici da riqualificare e reintegrare all’interno del processo urbano.

Nel campo della dottrina della pianificazione i rigidi strumenti urbanistici appaiono inadeguati e, pertanto, ne viene rivalutata la pertinenza.

Gli approcci di ottocentesca memoria quali sventramento, risanamento, diradamento vengono sostituiti da riqualificazione, rigenerazione e densificazione. È una naturale evoluzione del modo di pensare lo spazio e l’architettura, determinato dall’esigenza di una rilettura del territorio. Il palcoscenico vede come protagonista non più le aree densamente edificate delle città, come i centri storici, bensì ex aree produttive all’interno o a ridosso, quasi come appendici, della struttura urbana. Le fabbriche architettoniche, emergenze interessate dal riuso e dalla riqualificazione, appartengono a comparti urbani che necessitano una radicale riformulazione. Ex aree industriali, porti commerciali abbandonati, luoghi dismessi, quartieri operai degradati ed ex infrastrutture interrotte diventano prepotentemente terreno fertile per il nuovo panorama architettonico.

Fonte: A. Di Virgilio, I grandi temi dell’architettura - Riqualificazioni urbane, Hachette, Milano, 2015.

16

Ad ogni modo il concetto di riuso e recupero delle aree dismesse cerca di tendere al superamento di una visione legata prettamente ai termini della tradizione dell’Archeologia Industriale, incline al culto del manufatto e della sua sopravvivenza spesso incapace di trascendere il significato del singolo edificio per instaurare un rapporto più ampio e fecondo con il territorio. La fabbrica dismessa viene concepita come un flusso continuo nel contesto urbano e la valutazione della sua permanenza è così valutata come una risorsa.

17

METODOLOGIA: TRA CONOSCENZA E RIGENERAZIONE DEL PATRIMONIO 18

II 19

Indagare il dismesso e

rigenerare le aree industriali

20

II.1 Trattando un qualsiasi ambito urbano costruito, in ottica di trasformazione o riconversione dello stesso, risulta imprescindibile una preliminare fase conoscitiva basata su di un processo d’indagine. La fase di prima conoscenza di situazioni critiche all’interno del territorio può avvenire tramite sistemi, modalità e istituzioni differenti. Ad esempio, potrebbe risultare importante la condivisione di pareri e opinioni d’istituzioni governative e non (ricerca universitaria, comitati di quartiere) che agiscono direttamente sul territorio, la conoscenza di dati statistici nonché il riferimento a processi di partecipazione urbana diretta e non.

In ottica di ambiti industriali o produttivi depressi, o in via di dismissione un approccio d’indagine coerente risulta quello della mappatura che si pone, come fine primo, quello della conoscenza puntuale della trama urbana. È chiaro come questa fase di mappatura debba essere preceduta da una preliminare analisi storica dell’ambito d’interesse seguita, successivamente da un’attività di sopralluogo diretto. Nonostante le aree industriali possano apparire similari e ricorrenti, tanto nei macro-ambiti nazionali quanto nelle realtà contermini, le ragioni e i luoghi ove sorgono, spesso, sono completamente differenti. Le cause dei loro processi di decrescita possono presentare un ventaglio di variabili tale che, nonostante la similarità formale e architettonica del costruito, necessitano di una conoscenza puntuale che possa essere realizzata tramite strumenti bibliografici, amministrativi o rapporti diretti con parte della popolazione direttamente interessata.

A sinistra | vista di dettaglio, foto di Walter Bolognino Fonte: Disegno di Legge n. 1836 del 24/03/2015, Misure per favorire la riconversione e la riqualificazione delle aree industriali dismesse, bozza normativa non ancora in vigore.

ANCI, Disegno di legge recante Misure per favorire la riconversione e la riqualificazione delle aree industriali dismesse, 29 luglio 2015.

Aree dismesse, per l’Anci la priorità è la mappatura, in “La Gazzetta degli Enti Locali”, 17 settembre 2015.

Misure per favorire la riconversione e la riqualificazione delle aree industriali dismesse All’interno del decreto di Legge n. 1836 del 2015 (Misure per favorire la riconversione e la riqualificazione delle aree industriali dismesse), in Italia, viene proposta una serie di interventi atti a recuperare aree industriali non in uso per effetto della pesante crisi economica. Anche se questo ddl è solo in forma di bozza legislativa, riesce perfettamente a descrivere la direzione verso la quale è rivolto l’interesse in ottica di recupero e riconversione delle aree urbane. Il testo della bozza normativa indica come le aree industriali a rischio di crisi e dismissione siano presenti su tutto il territorio nazionale con una situazione di maggiore criticità nelle aree del mezzogiorno. Si parla esplicitamente di riconversione e riqualificazione in ottica di reinserimento e utilizzo da parte della collettività anche dal punto di vista occupazionale. Il ddl prevede alcune condizioni in ambito progettuale, quali: bonifica delle aree con presenza di amianto; destinazione di almeno 20% degli edifici ad uso pubblico; presenza di nuovi insediamenti produttivi, commerciali e turistici e l’utilizzo di una quota parte degli edifici per finalità di edilizia residenziale sociale.

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Circa questa tematica, precisamente riguardo questo ddl, l’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) si esprime indicando necessario l’avvio di un’attività d’indagine per pervenire ad una mappatura delle aree su tutto il territorio nazionale, utile ad una razionale e ordinata programmazione degli interventi.

L’interesse catalizzato verso le aree industriali dismesse, completamente o in parte, è tale che il Ministero dello Sviluppo Economico ha stanziato (tramite il D.M. del 26 settembre 2016: Fondo non autosufficienze 2016) oltre 165 milioni di euro per favorire gli interventi di riconversione e riqualificazione di queste aree.

Delle risorse economiche complessive, 80 milioni saranno destinati al sostegno di programmi di tutela ambientale, innovazione e investimento produttivo nelle zone in difficoltà economica delle Regioni del Mezzogiorno italiano (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia).

Circa la macro tematica del rilancio delle aree industriali le parole chiave sono certamente tutela ambientale e riconversione. I programmi d’investimento in ottica ambientale potranno prevedere: il miglioramento dell’efficienza energetica; la realizzazione di impianti di cogenerazione ad alto rendimento; la promozione di impianti di energia da fonti rinnovabili; il risanamento dei siti contaminati.

Fonte: A. Marra, Aree in crisi industriale, in arrivo 165 milioni per la riqualificazione produttiva, Edilportale, 18 novembre 2016.

R. Calabrese, Aree industriali dismesse, un ddl per favorirne la riconversione, Edilportale, 12 maggio 2015.

P. Mammarella, Autorecupero e Fondo progettazione, proposte di modifica al ddl ‘Mezzogiorno’, Edilportale, 12 luglio 2017.

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Modelli d’indagine e azione nell’ambito del dismesso

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II.2 Il Comune di Milano e l’approccio conoscitivo verso il suo territorio Monitoraggio edifici e aree in stato di degrado Come precedentemente accennato l’Anci sostiene l’approccio conoscitivo basato su di un processo preliminare di mappatura urbana in ottica di riqualificazione e riconversione.

A partire dal 2014 il Comune di Milano ha avviato un percorso di mappatura degli immobili privati inutilizzati e in stato di degrado, presenti all’interno del territorio di propria competenza. È la prima fase di analisi conoscitiva di un lavoro più ampio di analisi del territorio cittadino, con la finalità di rigenerare e ricucire il tessuto urbano della città esistente.

L’elenco degli edifici è stato composto a partire dalle rilevazioni effettuate da associazioni ed enti presenti sul territorio e ha portato alla realizzazione di una prima banca dati, in continua evoluzione e aggiornamento anche sulla base delle segnalazioni degli ex Consigli di Zona, oggi Municipi, e dei cittadini.

Le categorie con le quali le fabbriche edilizie vengono suddivise sono tre: edifici, aree edificate di grandi dimensioni e aree libere.

Validato da parte degli uffici della Direzione Urbanistica questo censimento mira a restituire una fotografia della città esistente, nel quale si riportano le situazioni che vengono percepite come stato di degrado e inutilizzo; il fine è individuare nodi urbani critici e quindi possibili soluzioni.

All’interno della pagina web del capoluogo lombardo è possibile consultare e prendere visione degli elaborati cartografici e delle schede relative ai singoli immobili.

A sinistra | vista di dettaglio, foto di Walter Bolognino Fig. 1| Scheda esempio di un edificio mappato, all’interno di www.comune.milano.it Fonte: w w w. p i m . m i . i t /a t l a n te-abbandono w w w.geopor tale.comune.milano.it

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Atlante dell’abbandono Con il fine di rafforzare e condividere i propri interessi di ricerca, nella primavera del 2016 tra il Laboratorio Permanente sui Luoghi dell’Abbandono [L’ABB], fondato nel 2015 presso l’Università degli Studi di Milano, e il Centro Studi PIM (Programmazione Intercomunale dell’area Metropolitana) viene sottoscritto un accordo. Proprio da questa sinergia scaturisce l’idea di realizzare l’Atlante dell’Abbandono, uno strumento che, attraverso l’osservazione diretta e indiretta dei luoghi, possa esortare i soggetti istituzionali a rafforzare l’interesse per queste tematiche. Mediante questo strumento si mira a ricostruire la parziale geografia dei principali spazi dismessi presenti nei comuni della Città Metropolitana di Milano.

Tramite il contributo di ricercatori, tirocinanti e studenti del Corso di Laurea Scienze umane dell’ambiente, del territorio e del paesaggio sono stati identificati i luoghi dell’abbandono; questi sono stati raccolti e pubblicati in formato Gis sul geoportale del Comune di Milano.

Scoprire e mappare il territorio. Il collettivo “Spazi Indecisi” Il processo di mappatura dei luoghi antropizzati è un approccio ampiamente diffuso anche su scala nazionale. In questo filone molto interessante, si inserisce il contributo offerto dal lavoro realizzato, e in continuo divenire, da parte di “Spazi Indecisi”.

Fig. 2| Mappa esemplificativa dell’atlante dell’abbandono, all’interno di www.pim.mi.it

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Spazi Indecisi è un collettivo multidisciplinare, fondato in Romagna, che dal 2009 riflette, sperimenta e progetta interventi di riattivazione leggera

e temporanea negli spazi in abbandono. Sviluppando campagne di comunicazione partecipata, promozione e realizzazione di eventi aggregativi cerca di valorizzare spazi privi di funzioni. Tramite queste attività “Spazi indecisi” trasforma i luoghi in abbandono in un campo d’indagine e di ricerca per artisti, fotografi, architetti, urbanisti, paesaggisti e cittadini.

Per adempiere a questo fine, si attua un tecnico processo di mappatura open source del territorio, condiviso sul loro sito web. Il loro compito è quello di raccogliere fotografie, racconti, storie, video, o semplici segnalazioni di luoghi abbandonati. L’obiettivo è quello d’innescare un circolo virtuoso, sempre attivo atto a raccogliere in un database multimediale informazioni circa i suddetti spazi antropici.

Quest’associazione agisce all’interno di questi spazi censiti con interventi di valorizzazione ed installazioni urbane. L’obiettivo è quello di sviluppare una consapevolezza estetica e una riflessione circa questi luoghi abbandonati ma presenti nelle nostre città.

Nel nostro ambito specifico l’attività di “Spazi Indecisi” è emblematica per

Fig. 3| Interfaccia della mappatura open source, all’interno di www.spaziindecisi.it Fonte: P. Giambi, Il museo dell’abbandono, in “Domusweb”, 14 maggio 2015. www.spaziindecisi.it

quanto riguarda l’approccio utilizzato nel processo conoscitivo degli edifici e, di conseguenza, del territorio. La mappatura, presentata on-line, viene suddivisa per tre macro-filtri: categoria, anno di costruzione, stato di conservazione. Le query (o richieste) impostate per poter indagare il database digitale appaiono molto interessanti.

Per il filtro di ricerca “categoria” si possono individuare query come: agricolo, commerciale, educativo, industriale, militare, fino a religioso o adibito allo sport. Per quanto riguarda lo stato di conservazione, invece, il database suddivide gli edifici mappati in: abbattuti, in stato di rovina, abbandonati, sottoutilizzati e riattivati.

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È un approccio di semplice lettura che permette, anche grazie all’importante ruolo dell’infografica, di interessare un vasto numero di users, non soltanto gli esperti del settore.

Fig. 4| Workshop dal titolo “XS | industrie (r)esistenti” rivolto alla scoperta e alla creazione d’itinerari tra gli ex spazi industriali del Comune di Sesto San Giovanni (MI), celebri per essere stati insigniti della medaglia d’oro al valore militare per il contributo alla Resistenza, all’interno di www.spaziindecisi.it Fonte: www.conversionplus.it www.smallab.it

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Laboratorio permanente sull’architettura dell’abbandono: Conversion+ “Conversion+” è un’programma sperimentale, avente luogo in forma itinerante con cadenza annuale, che ha fine ultimo l’indagine circa i fenomeni di trasformazione del territorio contemporaneo attraverso pratiche interpretative collettive e transdisciplinari. Il curatore di questo progetto è SMALL, piattaforma aperta a reti di collaborazione territoriali e globali.

Più nello specifico l’attenzione è rivolta verso tessuti urbani ed edifici che

hanno perso la propria funzione originaria e si avviano verso un processo, più o meno graduale, di abbandono o non utilizzo.

Questo laboratorio di ricerca ha come obiettivo quello di generare scenari futuribili di riattivazione per quanto riguarda gli spazi urbani che negli ultimi decenni hanno subito, appunto, fenomeni di abbandono, dismissione o non sono mai stati conclusi.

L’obiettivo di questo, definito dai curatori “laboratorio sperimentale multiforme”, è focalizzare interesse verso il futuro delle città tramite attività strettamente collegate al mondo dell’arte e della riflessione architettonica.

A supporto di questo processo conoscitivo del territorio, è presente sul sito web una mappatura collettiva degli spazi in dismissione, con segnalazioni su scala globale inviate dai partecipanti tramite piattaforma social. È un processo che è iniziato durante l’edizione 2013 – MapVacancy | Photogeotagging contest online.

Fig. 5| Interfaccia open suource mappatura, all’interno di www.conversionplus.it

Le iniziative circa il mappaggio sono state realizzate anche in forme differenti, durante l’edizione 2015 presso Acquaviva delle Fonti, provincia di Bari. Tramite un’esplorazione urbana del territorio comunale vengono identificati, da parte dei cittadini stessi che hanno partecipato a questa call urbana, spazi urbani espulsi dalla memoria collettiva. È un modo per ricucire lo strappo identitario tra la cittadinanza ai luoghi della propria città.

Sempre ad Acquaviva delle Fonti, durante l’edizione 2016 – UnMacelloBello – il percorso di partecipazione e riuso urbano ha fatto tappa nell’Ex Macello comunale, con una serie di eventi, incontri, dibattiti e forum online.

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Informatizzazione ed elaborazione dei dati rappresentativi desunti tramite lo strumento della mappatura Il fine della mappatura si pone come un processo iterativo ed implementato dei dati inizialmente raccolti e schedati. Per conseguire questo fine è necessario che i dati vengano ben rappresentati ed elaborati in modo da essere di chiara e semplice lettura. Spesso non sono solo i tecnici del settore ad essere interessati dato che quest’approccio è di natura duttile e trasversale.

La mappatura può essere realizzata con molteplici sistemi, ed essere realizzata implementando dati numerici, fotografici e conoscitivi di ampio genere. Si può parlare, infatti, di mappature fotografiche che, accostate a sistemi informativi, possono garantire informazioni geolocalizzate.

Rimanendo in ottica di consultabilità e implementazione dei dati, una mappatura tipologica può essere riportata su sistemi informatizzati, servendosi di software di diverso genere e natura. Questi sistemi informativi, se opportunamente indicizzati, possono rispondere seguendo un sistema di filtri e richieste.

In ambito comunale, o più generalmente pubblico, per completare ed elaborare quest’approccio conoscitivo, i risultati e gli esiti dei processi di mappatura devono rispondere a criteri di trasparenza, motivo per cui devono essere realizzati con sistemi open source di facile reperibilità e consultazione.

Definizione di linee guida e indirizzi per futuribili rigenerazioni dell’esistente In ottica di sviluppo e riqualificazione degli agglomerati industriali, già precedentemente citati, un modo per contestualizzare e rendere operativo il processo di ragionamento e indicizzazione è quello di definire linee guida a cui seguiranno operativi indirizzi di sviluppo. Il fine ultimo è quello di realizzare strumenti utilizzabili come fossero abachi; è un servizio che si pone in maniera propositiva sia in ottica di riqualificazione e conversione sia in ottica di manutenzione straordinaria dei manufatti edilizi in uso.

Lo scopo non è certamente quello di creare una manualistica prescrittiva a tenuta stagna. Sebbene ogni contesto industriale presenti le proprie peculiarità e specifici tratti salienti, come precedentemente accennato, non è impossibile definire liquide e malleabili modalità di approccio.

Il processo cognitivo di possibile adozione vede la scansione in cinque punti concatenati e consequenziali. In prima battuta si ha la definizione dell’invariante architettonica. Questa, come allude il nome stesso della categorizzazione, descrive in maniera unitaria il lotto e l’edificio che lo occupano, considerando di capitale importanza anche la relazione che intercorre tra esso e l’ambiente in cui si inserisce.

A questa segue una caratterizzazione tipologica dell’edificio e del lotto 30

stesso, una discriminante capace di rendere il soggetto particolare per una qualsivoglia caratteristica. È un modo per definire caratteristiche di un fabbricato, utilizzabili anche in ottica di rigenerazione e riuso.

Definiti l’edificio, la sua posizione e il suo ambito d’interesse, è importante immettere questi dati all’interno di un linguaggio attuale quale quello improntato verso uno sviluppo ecologico. In virtù di ciò si delineano dei macrosistemi architettonici definiti come futuribili. Sono delle plausibili metodologie d’intervento che vengono ulteriormente dettagliate e rese appropriate all’interno di una discretizzazione. Questo quarto punto entra in un dettaglio specifico ma sempre lontano dalla volontà di porsi come scelta architettonica-ingegneristica forzata e unitaria. La libera scelta progettuale non può essere in alcun modo offuscata da una manualistica tipologica; l’approccio discretizzato non rientra nelle finalità auspicate dalla produzione delle linee guida.

Tutto questo preambolo sfocia nella definizione di obiettivi, cui tutto il ragionamento precedentemente illustrato deve essere finalizzato. Possono essere di diverso genere e tipologia a seconda dello spirito delle linee guida. Rappresentano l’essenza per la quale questo sistema concatenato viene operativamente applicato e, pertanto, coniugato rispetto all’area urbana presa in considerazione.

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Obiettivi auspicati

Definizione dei vantaggi ottenuti

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Caratterizzazione inequivocabile del lotto e dell'edificio

Caratterizzazione

Individuazione della discriminante tipologica

04 A destra | graficizzazione del processo cognitivo riguardo indirizzi e linee guida in ottica di scenari futuribili

Invariante architettonica

Macrosistemi architettonici futuribili

Applicazione compatibile per uno sviluppo ecologico

Discretizzazione

Ulteriore suddivisione di ogni macrosistema

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Riqualificazione delle aree

industriali dal macro al micro

vista di dettaglio

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II.3 Strategie d’intervento Aggiunta in adiacenza

Ridistribuzione interna

Annessione

Rivestimento

Attraversamento

Sopraelevazione

Combinazione

Sottrazione

Connessione

Trasformazione copertura

Intervento che si manifesta attraverso l’aggiunta di un volume esterno adiacente capace di comunicare con il corpo di fabbrica esistente.

Intervento che si manifesta attraverso l’aggiunta di un volume architettonico esterno al corpo di fabbrica esistente.

Creazione di nuova volumetria che compenetra il volume dell’edificio esistente definendo una nuova fisionomia architettonica.

Intervento che si basa sull’unione di più corpi di fabbrica esistente al fine di conformare uno spazio unico dalla connessione fluida.

Intervento che delinea una interazione spaziale e visiva tra due corpi di fabbrica esistenti originariamente separati.

Intervento che mira a riformulare la composizione e il rapporto tra gli spazi interni sia in pianta che in alzato.

Intervento che si manifesta con la creazione di una nuova pelle, in aggiunta all’originaria, conforme alle nuove funzioni o esigenze.

Intervento che si manifesta attraverso l’aggiunta di un volume architettonico in copertura.

Opera di rimozione di volumetria al corpo di fabbrica esistente.

Realizzazione di un nuovo sistema di coperture mediante l’utilizzo di una nuova soluzione tecnologica o di un nuovo linguaggio architettonico.

Introduzione volumi interni

Mantenimento della sagoma originaria esterna con aggiunta di nuovi volumi all’interno del corpo edilizio.

Attività Cultura

Spazi lavorativi

Spazi adibiti ad uso culturale.

Spazi per attività lavorative di vario tipo.

Svago

Shopping

Spazi adibiti ad attività ricreative varie.

Spazi e attività finalizzati all’acquisto di beni.

Servizi

Housing

Spazi adibiti a soddisfare bisogni collettivi.

Spazi impiegati per la civile residenza.

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Casi di

studio su scala urbana

• King’s Cross Central, Londra • Parco Dora, Torino • Zeche Zollverein, Essen • Sulzerareal, Winterthur

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King’s Cross Central

Progettato da: Allies and Morrison, Porphyrios Associate, Townshend Landscape Architects Dove: Londra, Regno Unito Quando: 2007 – 2021 Dimensione: 24 ha

King’s Cross Central è tra i più grandi progetti di rigenerazione urbana su scala europea che interessa un’ex area industriale abbandonata.

Quest’opera architettonica ha come obiettivo finale, posto nel 2021, quello di creare un nuovo polo urbano di 27 ettari.

Il masterplan, nella sua totalità, prevede, secondo i canoni dell’architettura contemporanea, un mix di funzioni; queste includono 5.000 mq destinati ad uffici, 2.000 mq a pubblica residenza e 1.000 mq destinati a spazi per la vendita al dettaglio. Il 40% dell’area totale è stato destinato a spazi pubblici tra connessioni, vicoli, spazi verdi e piazze.

Per volere della committenza gli spazi ad uso pubblico sono stati realizzati prima di uffici e residenze. È un modo per far sì che gli users si approprino di un nuovo spazio che precedentemente era un’appendice cittadina.

Gli spazi pubblici presentano installazioni coreografiche come fontane e aree ludiche per attrarre un pubblico trasversale.

Per quanto riguarda l’utilizzo del verde grande attenzione è stata posta nella scelta delle specie botaniche. Aiuole rialzate e sinuose in Cor-ten ospitano piante autoctone rinvenute lungo i binari dei treni che servivano l’ex polo industriale londinese. È un determinato volere della commissione quello di creare un paesaggio urbano con grande attenzione alla vegetazione e all’orticoltura. Fiori selvatici, ortaggi, erbe e pollai ospitano orti-giardino realizzati in questo spazio urbano.

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A sinistra | vista esterna, foto all’interno di www.alliesandmorrison. com Fig. 1| masterplan, foto all’interno di www.alliesandmorrison.com Fig. 2 | vista esterna, foto di John Sturrock all’interno di www.abitare.com

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Parco Dora

Progettato da: Latz+Partner Dove: Torino, Italia Quando: 2012 Dimensione: 37 ha

In seguito ad un concorso internazionale del 2004, l’ex area industriale interurbana racchiusa tra il fiume Dora e le principali arterie stradali, viene convertita in un parco che va a definirsi come nuovo landmark del capoluogo piemontese. Il parco integra ampie aree naturalistiche, spazi alberati e grandi prati con preesistenze industriali come vecchi capannoni salvati dalla demolizione, la torre di raffreddamento della Michelin e la centrale termica delle acciaierie Fiat. I relitti industriali, memoria del passato industriale della città, sono stati convertiti a nuove funzioni.

La realizzazione del parco, data la sua estesa superficie, è stata divisa in 5 lotti, realizzati in tempi diversi.

Il lotto Ingest si presenta al pubblico come una grande area rinaturalizzata con giochi d’acqua e spazi ludici. I muri perimetrali di un ex opificio ospitano un “hortus conclusus” ospitante specie vegetali particolari.

L’area Valdocco, invece, è identificata dalla presenza di una piazza alberata sulla sponda del fiume.

Il lotto Vitali è il più caratteristico dell’intero parco; con gli alti pilastri dell’ex capannone industriale delinea uno spazio multifunzionale open air. Il lotto Michelin è destinato ad ospitare spazi verdi, spazi ludici, percorsi pedonali che collegheranno le sponde del fiume Dora.

Per quanto riguarda la riconversione e il recupero del fiume è prevista la rimozione della soletta in cemento armato che copre la zona in Valdocco, l’obiettivo è creare una sorta di spiaggia urbana.

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A sinistra | vista esterna, foto all’interno di www. latzundpartner.de Fig. 1| masterplan, foto all’interno di www.latzundpartner.de Fig. 2 | vista esterna, foto all’interno di www.latzundpartner.de

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Zeche Zollverein

Progettato da: OMA, ASTOC, Sanaa, Oma/Heinrich Böll, Normann Foster Dove: Essen, Germania Quando: 2001 Dimensione: 100 ha

Originariamente era una delle più produttive miniere di carbone della regione tedesca della Ruhr, ma subito dopo la chiusura, nel 1986, gli edifici presenti in questo specifico sito sono stati annoverati dall’UNESCO nell’elenco dei Patrimoni dell’umanità. È quindi interessante comprendere come viene attuato un processo di preservazione tramite conversione.

Si parla di un intervento dall’approccio intensivo. Quest’opera rientra tra i 120 progetti realizzati, e da realizzarsi, nella più vasta area della Ruhr.

Dal punto di vista prettamente architettonico, le facciate dei corpi di fabbrica, caratterizzate da mattoncini rossi o intelaiature in ferro, hanno subito un accurato restauro, divenendo così elementi identitari utilizzati in maniera completamente differente dalla funzione originaria. Dal punto di vista funzionale, invece, l’intero sito è divenuto location per compagnie di design (ospita tra le sue imponenti strutture la Zollverein School of Management and Design) e più in generale ha conformato un indotto per un’economia basata sulla creatività. L’offerta culturale e d’intrattenimento attrae circa 500.000 users ogni anno. Questo moderno contenitore urbano offre un’ampia gamma di attività e attrazioni: storia, cultura, creatività, eventi, gastronomia, attività per il tempo libero. L’offerta comprende mostre di arte e design, danza e performance, workshop, fiere e convegni, divertimento per famiglie e bambini. Inoltre il centro offre uffici e atelier per le persone che devono creare la loro azienda e funziona da incubatore creativo.

A sinistra | vista esterna, foto di Bernd Langmack all’interno di www.architekt-boell.de Fig. 1| masterplan, foto all’interno di www.oma.eu

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Sulzerareal

Progettato da: Rotzler Krebs Partner Dove: Winterthur, Svizzera Quando: 2000 Dimensione: 22 ha

Da distretto industriale ad un quartiere plurifunzionale. È questo il destino dell’ex fonderia (appartenente alla compagnia Sulzer) che sorge nel centro della città elvetica. Utilizzato per oltre un secolo, a partire dal 1834, il sito inizia ad essere abbandonato verso la fine degli anni Ottanta del 1900. Nel 1989 uno studio di fattibilità “Winti Nova” promuoveva un pesante processo demolitivo in ottica di ampi cambiamenti. Questo, trovando una forte opposizione, apre un importante dibattito pubblico che sfocia in un concorso d’idee.

A partire da metà ‘900, gran parte dell’area Sulzer era già occupata con usi temporanei e circa 400 posti di lavoro erano già stati ricoperti.

L’ex deposito “Lagerplatz”, a seguito dell’importante operazione di riqualificazione, è divenuto uno dei luoghi cardine con piccole attività economiche, artistiche, scolastiche e ricreative.

All’interno del progetto, la proporzione tra uso pubblico e residenziale, settata proprio dai cittadini, riesce ben a conformare questo nuovo spazio urbano.

All’inetrno degli ex opifici, oggigiorno, si possono trovare centri commerciali di vario genere e dimensione, spazi ristoro, attività ludiche, biblioteche, e persino piste di go kart.

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A sinistra | vista esterna, foto all’interno di www.landezine.com Fig. 1| masterplan, foto all’interno di www.fluswikien.hfwu.de Fig. 2 | vista esterna, foto all’interno di www.landezine.com

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Casi di

studio puntuali

• Tate Modern, Londra • Tesa 105, Holguín • MACRO, Roma • C-mine, Genk • 192 Shoreham Street, Sheffield • Pump House, Bochum • Community of Madrid Documentation Centre, Madrid • Zap’ Ados, Calais • Frøsilo, Copenhagen • Kraanspoor, Amsterdam • Espai Baronda, Barcellona • Casa del Lector, Madrid • The Granary, Londra • Le Silo D’Arenc, Marsiglia • Red Dot Design Musem, Essen • Brouwerij Lamot, Malines • Facolta’ di Arte e Architettura, Évora • Reforma y Rehabilitacion de la Antigua Fabrica Can Miquel, Barcellona

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Tate Modern

Progettato da: Herzog & De Meuron Dove: Londra, Regno Unito Quando: 2000 Dimensione: 17.200 m²

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A sinistra | vista interna, foto di Marcus Leith all’interno di www.domusweb.it Fig. 1 | vista interna, foto di Iwan Baan all’interno di www.domusweb.it Fig. 2 | vista interna, foto di Iwan Baan all’interno di www.domusweb.it Fig. 3 | vista esterna, foto di Iwan Baan all’interno di www.domusweb.it Fig. 4 | Switch House, all’interno di www.domusweb.it

Collocandosi sulla riva meridionale del Tamigi, di fronte alla celebre Cattedrale di St. Paul, l’ex centrale elettrica (Bankside Power Station) disegnata da Sir Giles Scoli, a partire dal 2000, diviene un nuovo edificio iconico della capitale britannica, attraendo a se ogni anno un ingente numero di visitatori stranieri e non.

L’ambizioso progetto di Herzog & De Meuron promuove un dialogo tra vecchio e nuovo realizzato in maniera non invasiva. Seguendo linee architettoniche basate su semplicità ed essenzialità, il corpo di fabbrica originario non viene “soffocato” dall’estrosità compositiva dei progettisti.

Il progetto gioca sulla composizione di volumi all’interno dell’ex centrale elettrica. Lo spazio principe è proprio l’originaria sala delle turbine illuminata dal maestoso lucernario in vetro opaco. Durante le ore notturne, grazie appunto a luci artificiali, quest’emergenza urbana è visibile anche da molto lontano, offrendo scorci urbani suggestivi.

Attualmente, lo spazio della Turbine Hall, si presenta come un grande, moderno e accattivante luogo pubblico. Oggigiorno la Tate Modern si presenta con le vesti di contenitore artistico, con esposizioni permanenti e temporanee di opere moderne e contemporanee tra le più influenti del mondo. Quest’architettura al servizio dell’arte sviluppa il suo percorso su diversi livelli, tra bar, librerie e gallerie artistiche. Essendo un contenitore urbano, al suo interno trovano spazio sale conferenza adibite a convegni, seminari, corsi e laboratori per scuole, famiglie e comunità.

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Tesa 105

Progettato da: Holguín, Morales, Solis Dove: Venezia, Italia Quando: 2012 Dimensione: 685 m²

12%

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Per tutto il complesso urbano dell’Arsenale Nord di Venezia, la trasformazione della Tesa 105 della Darsena della Novissima all’Arsenale di Venezia risulta estremamente importante data la sua posizione centrale all’interno del sistema sviluppatosi longitudinalmente composto dalle Tese della Novissima, di San Cristoforo e delle adiacenti Tese delle Galeazze.

Sotto il profilo prettamente architettonico, la trasformazione realizzata con il fine di recuperare l’edificio, vede la presenza di quattro volumi ospitanti reception e punti informativi, sala polifunzionale e servizi; questi fungono da sostegno per la carena degli uffici situati al piano superiore.

Essendo uno spazio adibito originariamente alla lavorazione tipica dei cantieri navali lo spazio pubblico a piano terra risulta libero da pilastri, perfetto quindi per ospitare le funzioni di accoglienza. In posizione baricentrica rispetto agli ingressi della Tesa ha luogo la sala polifunzionale, dotata di due ingressi opposti al fine di permettere l’utilizzo contemporaneo dello stesso spazio con la sola chiusura di un muro a scomparsa fonoassorbente.

Dal punto di vista funzionale, ai piani superiori, partendo dal primo, sono disposti spazi adibiti ad uffici che possono essere divisi e raggruppati tramite setti murari mobili mentre al secondo livello è presente una luminosa terrazza e tre sale polifunzionali adibite a riunioni e conferenze.

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A sinistra | vista interna, foto di Andrea Pertoldeo all’interno di www.divisare.com Fig. 1| vista interna, foto di Andrea Pertoldeo all’interno di www.divisare.com Fig. 2 | vista interna, foto di Andrea Pertoldeo all’interno di www.divisare.com Fig. 3 | dettaglio vano scala, foto di Andrea Pertoldeo all’interno di www.divisare.com Fig. 4 | vista interna, foto di Andrea Pertoldeo all’interno di www.divisare.com

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MACRO

Progettato da: Odile Decq Dove: Roma, Italia Quando: 2010 Dimensione: 8.846 m²

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7%

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Sorgendo all’interno dell’ex fabbrica della birra Peroni, edificio progettato da Gustavo Giovannoni (1873-1947), rappresenta un esempio di riconversione degli spazi terminata agli inizi del 2000.

Questo progetto rappresenta un’importante opportunità per osservare un’innovativa mistione tra vecchio e nuovo all’interno di un contesto di carattere storico, quale lo stabilimento industriale Peroni. Il progetto dell’architetto francese Odile Decq si sviluppa negli spazi che originariamente ospitavano il complesso produttivo.

Caratterizzato da forme dinamiche e sinuose il nuovo museo dialoga, contrapponendosi, con il patrimonio storico dove è inserito. All’interno della struttura esistente e di quella implementata in fase di recupero, gli spazi espositivi e le altre attività correlate al museo sono allo stesso tempo interconnesse e distinte. Il gioco tra gli spazi e le forme crea uno spazio complesso e attraente.

La superficie della copertura e la terrazza diventano un paesaggio urbano offerto ai visitatori del museo ma anche agli abitanti del quartiere e agli users della città di Roma.

Dal punto di vista della scelta materica e cromatica all’interno del corpo di fabbrica è possibile ritrovare differenti materiali capaci di restituire plurime sensazioni sensoriali.

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A sinistra | vista interna, foto di Studio Odile Decq-Roland Halbe all’interno di www.archiportale.com Fig. 1| dettaglio ingresso, foto di Studio Odile Decq-Roland Halbe all’interno di www.archiportale.com Fig. 2 | vista esterna, foto di Studio Odile Decq-Roland Halbe all’interno di www.archiportale.com Fig. 3 | vista interna, foto di Studio Odile Decq-Roland Halbe all’interno di www.archiportale.com Fig. 4 | vista interna, foto di Studio Odile Decq-Roland Halbe all’interno di www.archiportale.com

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C-mine

Progettato da: 51N4E Dove: Genk, Belgio Quando: 2010 Dimensione: 15.000 m²

22%

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C-Mine si pone come esempio chiaro nell’ambito del riuso e della riqualificazione di un grande patrimonio industriale inserito all’interno di un contesto produttivo storicamente rilevante. La città belga di Genk infatti ricopriva un ruolo rilevante all’interno dell’ambito dell’estrazione e lavorazione del carbone trovandosi all’interno della ben nota area geografica della Ruhr; proprio per questa ragione a partire dai primi anni del XXI secolo ha iniziato un percorso di riconversione delle fabbriche edilizie relazionate al suo passato produttivo.

Nel 2010 a seguito del suo completamento, l’edificio minerario preso in questione, ritrovando una vita, offre alla comunità spazi destinati al settore della cultura e dell’intrattenimento. La pianta originaria a “T” dell’edificio viene ampliata tramite aggiunte in cemento che creano un’interessante connessione tra gli spazi. Tra giochi di luce e ombra, il piano terra sviluppa un percorso tra macchinari e condotte musealizzati. Oggigiorno l’ex opificio ospita spazi espositivi, design center, caffetteria e ristorante e due nuovi teatri.

Vecchio e nuovo edificio entrano in connessione anche al primo livello; il volume dei due teatri interessa entrambi i livelli; dal primo livello è possibile ammirare il nuovo rivestimento metallico che caratterizza i due ambienti.

In ambito di riqualificazione sono stati adoperati materiali tipici e caratteristici dell’edificio preesistente.

A sinistra | vista interna, foto di 51N4E all’interno di www.51n4e.com

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Fig. 1| vista esterna, foto di 51N4E all’interno di www.51n4e.com Fig. 2 | vista esterna, foto di 51N4E all’interno di www.51n4e.com Fig. 3 | vista interna, foto di 51N4E all’interno di www.51n4e.com Fig. 4 | dettaglio collegamenti verticali, foto di 51N4E all’interno di www.51n4e.com

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192 Shoreham Street

Progettato da: Project Orange Dove: Sheffield, Regno Unito Quando: 2012 Dimensione: 1.000 m²

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A Sheffield, città britannica storicamente connessa allo sviluppo delle acciaierie durante la seconda metà dell’Ottocento, le rovine rimaste in piedi di un edificio industriale di epoca vittoriana sono divenute risorsa per l’architettura contemporanea al servizio della città.

L’ex opificio in questione presenta una pianta ad ambiente unico caratterizzata da una soluzione ad angolo non scontata per edifici del suo genere, presentando un’importante stondatura. Esternamente mostra tipici e caratterizzanti mattoni rossi ed una facciata lineare scandita da sole alte e longilinee aperture a tutto sesto. L’opera di riqualificazione e restauro unitamente si presentano con una sopraelevazione di una struttura duplex di color nero e materiale completamente differente dagli originari mattoncini quale alluminio verniciato di grigio. È un’aggiunta dalla geometria abbastanza lineare ma dissonante da quella del corpo di fabbrica vittoriano con la quale conforma spazi tramite interessanti ed evidenti aggetti. Internamente tutti gli spazi sono stati rivisitati in chiave contemporanea dovendo soddisfare bisogni quotidiani.

Il gruppo di progettisti Project Orange riesce così a conformare un corpo di fabbrica moderno che non ha interesse alcuno a confondersi con la preesistenza. All’interno del panorama urbano di Sheffield questa struttura moderna e storica allo stesso tempo si pone come landmark, offrendo spazio ristoro e spazi lavorativi alla comunità.

A sinistra | vista esterna, foto di Project Orange all’interno di www.projectorange.com

Fig. 1| vista esterna, foto di Project Orange all’interno di www.archdaily.com Fig. 2 | vista esterna, foto di Project Orange all’interno di www.projectorange.com Fig. 3 | dettagio copertura, foto di Project Orange all’interno di www.archdaily.com Fig. 4 | vista interna, foto di Project Orange all’interno di www.projectorange.com

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Pump House

Progettato da: Heinrich Böll Architekt Dove: Bochum, Germania Quando: 2012 Dimensione: 739 m²

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L’edificio soggetto al processo di riqualificazione e reinserimento nel sistema urbano della città tedesca era una stazione di pompaggio a servizio di una grande acciaieria. Questa si trova all’interno di un grande ex centro industriale che attualmente ospita un teatro e spazi per esibizioni musicali.

A seguito del suo processo rigenerativo la stazione di pompaggio ospita un centro per visitatori e uno spazio ristoro. L’edificio è stato progettato affinché venga preservata l’originaria atmosfera, l’obiettivo è creare un armonioso rapporto tra l’edificio di nuova progettazione e le fabbriche architettoniche esistenti.

L’edificio in questione presenta una pianta libera con una copertura che lascia la struttura metallica, tipica degli edifici industriali a vista. Esternamente la nuova facciata sfrutta tecnologie moderne per ottenere un raffinato controllo sul clima interno. Il materiale utilizzato è una lamina metallica parzialmente perforata che racchiude, come fosse un’incamiciatura la superficie esterna originaria del fabbricato. Supporti tecnici, utilizzante la precedente vita del fabbricato sono stati messi in sicurezza e fungono da elemento compositivo musealizzato.

Internamente, invece, è stato aggiunto un evidente, bianco e lineare blocco servizi che funge da filtro tra il centro per visitatori e l’area ristorazione.

Il progetto architettonico mira a distinguere quali sono gli interventi realizzati durante il processo di recupero dalle componenti originarie.

A sinistra | vista esterna, foto di Thomas Mayer all’interno di www.architekt-boell.de Fig. 1| vista esterna, foto di Thomas Mayer all’interno di www.architekt-boell.de Fig. 2 | vista esterna, foto di Thomas Mayer all’interno di www.architekt-boell.de Fig. 3 | vista esterna, foto di Thomas Mayer all’interno di www.architekt-boell.de Fig. 4 | vista esterna, foto di Thomas Mayer all’interno di www.architekt-boell.de

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Community of Madrid Documentation Centre

Progettato da: Mansilla + Tuñón Dove: Madrid, Spagna Quando: 2003 Dimensione: 12.000 m²

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A sinistra | vista esterna, foto di Luis Asin all’interno di www.metalocus.es Fig. 1| vista esterna, foto all’interno di www.ksuforumonthecity.com Fig. 2 | vista esterna, foto all’interno di www.ksuforumonthecity.com Fig. 3 | vista esterna, foto all’interno di www.ksuforumonthecity.com Fig. 4 | vista di dettaglio, foto all’interno di www. ksuforumonthecity.com

All’interno dell’area dell’ex fabbrica di birra El Águila a Madrid ha avuto luogo un processo di trasformazione di un intero isolato industriale inserito all’interno di un contesto urbano.

Il progetto si misura con il problema legato alla dimensione dell’impianto esistente e la composizione densa dei fabbricati industriali. Proprio per questa ragione, il nuovo intervento mira alla risoluzione dei rapporti tra edilizia preesistente e nuovo sfruttando un approccio che risalta le differenze tra le parti. Il fine unico, ovviamente, è quello di conformare un luogo che funzioni in maniera unica e organica.

Partendo dal vuoto dei depositi, le nuove costruzioni puntano a completare l’isolato sul lato nord densificando sul margine interno del recinto caratterizzato da mattoni rossi. L’intero progetto è caratterizzato dall’aggiunta di volumi; lo spazio tra gli edifici è quindi diventato l’elemento determinante, creando più itinerari e piani di attività modificando la natura lineare del complesso. In maniera organica vengono stabiliti collegamenti invisibili tra le diverse costruzioni sia tramite la loro natura industriale e non sia tramite l’utilizzo di materiali differenti. I nuovi corpi di fabbrica sono concepiti come completamento e “duplicazione”, in chiave moderna, dei vecchi edifici industriali con diversa natura metrica e strutturale, mantenendo proporzioni analoghe.

L’ex birrificio, a seguito di queste importanti trasformazioni, oggigiorno ospita l’archivio e la biblioteca del governo regionale di Madrid.

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Zap’ Ados

Progettato da: Bang Architectes Dove: Calais, Francia Quando: 2011 Dimensione: 2.760 m²

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A sinistra | vista interna, foto di Julien Lanoo all’interno di www.archdaily.com Fig. 1| vista esterna, foto di Julien Lanoo all’interno di www.archdaily.com Fig. 2 | vista esterna, foto di Julien Lanoo all’interno di www.archdaily.com Fig. 3 | vista interna, foto di Julien Lanoo all’interno di www.archdaily.com Fig. 4 | vista interna, foto di Julien Lanoo all’interno di www.archdaily.com

L’ex edificio industriale avente sede presso la zona industriale della città di Calais prende nuova vita ospitando un centro giovanile e skatepark.

La preesistenza era un capannone industriale adibito alla produzione di arachidi tostate, caratterizzato da una comune struttura in calcestruzzo armato, pannelli prefabbricati in calcestruzzo e copertura realizzata con lastre di cemento.

Il progetto di recupero e riqualificazione architettonica si mette in luce tramite una lunga facciata arancione e forme sinuose della copertura.

Essendo uno spazio destinato principalmente allo svago, la funzione della luce ricopre un ruolo cardine. Eliminando i tamponamenti verticali opachi in cemento, la luce riesce ad invadere gli spazi interni. Il rivestimento arancione viene realizzato con una lamiera stirata perforata. Per quanto riguarda la copertura, uno strato sinusoidale di grandi setti acustici è sospeso al soffitto con il fine di garantire un maggiore comfort acustico.

Questi elementi di natura prettamente tecnica offrono una soluzione per nascondere il soffitto originario monotono e sgradevole.

La pianta dell’edificio originario viene modificata presentando delle aggiunte che proiettano idealmente lo spazio interno all’esterno. Internamente lo spazio è organizzato longitudinalmente; una passerella che funge da filtro tra lo skatepark e il centro giovanile, percorre tutta la lunghezza del fabbricato ed è evidenziata da una pavimentazione arancione come in facciata.

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Frøsilo

Progettato da: MVRDV Dove: Copenhagen, Danimarca Quando: 2005 Dimensione: 10.700 m²

All’interno dell’importante processo di riqualificazione del waterfront presente all’interno della vecchia area portuale della capitale danese, la riconversione di due ex silos è uno dei più limpidi esempi di riconversione del nostro millennio. I silos presentano per loro natura limiti tecnico strutturali che lo studio olandese MVRDV ha superato con eccellente maestria.

Partendo da due cilindri di cemento alti 42 metri e diametro di 25 metri l’uno, realizzati nel 1963, si è arrivati alla realizzazione di 84 appartamenti con relativo spazio di parcheggio per automobili.

L’idea iniziale era quella di creare appartamenti all’interno della struttura cilindrica dei silos tagliando delle aperture nel guscio in cemento. Causa difficoltà tecniche, nonché architettonico funzionali, il processo compositivo ha portato ad un risultato diametralmente opposto. Gli appartamenti infatti sono stati realizzati all’esterno, riuscendo a massimizzare l’apporto luminoso e gli spazi abitativi. La forma richiama un’onda estremamente fluida sviluppata su 8 livelli fuoriterra. I materiali utilizzati sono acciaio (per le travi), vetro e legno in doghe, che posizionato sulle terrazze richiama il ponte di un’imbarcazione. All’interno dei silos, ancora visibili sono stati collocati i moderni e funzionali collegamenti verticali e servizi.

100%

A sinistra | vista esterna, foto di MVRDV all’interno di www.archilovers.com Fig. 1| vista esterna, foto di MVRDV all’interno di www.archilovers.com Fig. 2 | vista interna, foto di MVRDV all’interno di www.archilovers.com Fig. 3 | vista interna, foto di MVRDV all’interno di www.archilovers.com Fig. 4 | vista interna, foto di MVRDV all’interno di www.archilovers.com

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Kraanspoor

Progettato da: Studio OTH Dove: Amsterdam, Paesi Bassi Quando: 2007 Dimensione: 17.000 m²

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A sinistra | dettaglio vista esterna, foto di OTH Architecten all’interno di www.archdaily.com Fig. 1| vista esterna, foto di OTH Architecten all’interno di www.archdaily.com Fig. 2 | vista esterna, foto di OTH Architecten all’interno di www.archdaily.com Fig. 3 | vista esterna, foto di OTH Architecten all’interno di www.archdaily.com Fig. 4 | vista interna, foto di OTH Architecten all’interno di www.archdaily.com

Il progetto Kraanspoor ha sede ad Amsterdam nei pressi della baia IJ, prossima al centro della capitale. Fino alla metà degli anni Settanta, all’interno della struttura in questione, aveva sede il cantiere navale NDSM, successivamente ha subito un processo di abbandono.

Il piano urbano, elaborato dalla municipalità, prevedeva in quest’area la creazione di uffici, spazi per attività pubbliche, attrezzature culturali, aree commerciali e nuovi spazi per civili residenze.

Lo Studio OTH, elaborando una proposta alternativa, riesce a modificare in parte il piano, evitando così la demolizione di quest’opera permettendo, in tal maniera, l’avvio di un processo di rivalorizzazione.

Dove una volta vi era una struttura in calcestruzzo armata atta ad essere utilizzata come piano di scorrimento per gru, oggigiorno ha luogo il nuovo progetto. Si tratta di una grande scatola rettangolare trasparente (lunga 270 m e larga circa 12 m con altezza di 13,5 m) separata dalla preesistente piattaforma in calcestruzzo, ospitante circa 10 mila metri quadri di uffici e spazi comuni. L’intervento architettonico esalta la sobrietà delle volumetrie valorizzando e preservando il carattere industriale originario del sito.

Il volume complessivo è avvolto in una facciata trasparente a doppia pelle. Il rivestimento è caratterizzato da lamelle meccanicamente orientabili, con modalità meccaniche, in vetro, su struttura in alluminio. Questa tecnologia adottata consente un ottimale apporto luminoso nonché buone prestazioni termiche.

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Espai Baronda

Progettato da: Alonso Balaguer Dove: Barcellona, Spagna Quando: 2009 Dimensione: 12.000 m²

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A sinistra | vista interna, foto di Josep Mª Molinos all’interno di www.archdaily.com Fig. 1| vista esterna, foto di Josep Mª Molinos all’interno di www.archdaily.com Fig. 2 | vista interna, foto di Josep Mª Molinos all’interno di www.archdaily.com Fig. 3 | vista esterna, foto di Josep Mª Molinos all’interno di www.archdaily.com Fig. 4 | vista interna, foto di Josep Mª Molinos all’interno di www.archdaily.com

È il caso del recupero di una fabbrica di ceramica abbandonata all’interno del tessuto urbano di questa città spagnola prossima a Barcellona. A seguito del processo trasformativo l’ex fabbrica, riconvertita a laboratorio creativo, si pone come luogo d’incontro e di lavoro per diverse società e per i cittadini. L’ex edificio ha subito un processo di dismissione intorno agli anni Novanta. Analizzando il processo compositivo del recupero si denota come le caratteristiche morfologiche dell’ex opificio sono state mantenute invariate e il recupero dei materiali originari ha permesso di conservare parte della sua storia.

Per quanto riguarda l’involucro, sulle facciate ad est ed ovest, è stato inserito un doppio rivestimento. Internamente è vetrato mentre esternamente (la vera e propria pelle dell’edificio) è messo in opera uno strato traforato di laterizi. Questo espediente dal punto di vista prettamente architettonico serve a celare impianti e attrezzature tecniche, raggiungibili tramite passerelle metalliche; dal punto di vista ingegneristico invece contribuisce all’isolamento termico.

Internamente si accede ai differenti spazi tramite una hall a doppia altezza; questa funge da distributore per gli altri spazi e al tempo stesso garantisce una grande flessibilità funzionale. I diversi elementi della struttura sono connessi tra loro tramite una leggera passerella di vetro sospesa in aria. La copertura è caratterizzata dal ripristino dei lucernari presenti originariamente nell’opificio; l’apporto di luce naturale è così garantito.

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Casa del Lector

Progettato da: Ensamble Forum Dove: Madrid, Spagna Quando: 2012 Dimensione: 3.825 m²

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A sinistra | vista interna, foto di Roland Halbe all’interno di www.archdaily.com Fig. 1| vista interna, foto di Roland Halbe all’interno di www.archdaily.com Fig. 2 | vista esterna, foto di Roland Halbe all’interno di www.archdaily.com Fig. 3 | vista interna, foto di Roland Halbe all’interno di www.archdaily.com Fig. 4 | vista interna, foto di Roland Halbe all’interno di www.archdaily.com

A Madrid l’antico macello in disuso è divenuto un importante centro per la creazione contemporanea, ospitando spazi anche per la formazione artistica e dialogo partecipato sull’arte. A seguito di un concorso d’idee, avuto luogo nel 2006, i magazzini 13, 14, 17b e 17c del Vecchio Macello sono divenuti protagonisti per ospitare il programma educativo precedentemente accennato.

Dal punto di vista architettonico la fisionomia originaria dei due corpi di fabbrica non è stata profondamente alterata, riuscendo così a mantenere un legame importante con il suo passato. Internamente lo spazio è scansionato su due livelli: al piano superiore vi sono spazi delegati a studio e ricerca, al piano inferiore invece vi sono spazi adibiti ad attività educative e culturali.

Tramite un’opera di connessione questi 2 edifici, originariamente separati, vengono connessi trasversalmente con delle passerelle metalliche che attraversando le passerelle cuciono gli spazi. All’interno di questo macro complesso di spazi hanno sede anche auditorium e sale polifunzionali.

Dal punto di vista strutturale il corpo di fabbrica originario ha subito un accurato processo di recupero e restauro; tutti gli spazi moderni invece godono di una struttura indipendente. L’uso dei materiali alterna componenti della tradizione come acciaio e granito e materiali moderni come calcestruzzo prefabbricato.

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The Granary

Progettato da: PTE Architects Dove: Londra, Regno Unito Quando: 2011 Dimensione: 1.600 m²

64%

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Si tratta della riqualificazione di un granaio risalente alla seconda metà dell’Ottocento. Questo ricopre un ruolo importante all’interno del sobborgo popolare londinese (Barking) ove è ubicato, rientrando in un progetto di trasformazione di un’area più estesa. Questo è stato reso possibile anche grazie ai fondi acquisiti per la realizzazione di spazi e infrastrutture per le Olimpiadi di Londra 2012. L’approccio rigenerativo dell’ex granaio si è basato sulla totale preservazione e restauro della fabbrica edilizia esistente in mattoni con l’aggiunta di un edificio moderno ad essa adiacente. Questo presenta in prospetto materiali completamente differenti dai mattoni rossi di epoca vittoriana creando una tensione visiva interessante.

Il progetto architettonico affida al vecchio granaio, e quindi alla nuova struttura, caratterizzata da geometrie similari e materiali differenti, il ruolo di contenitore urbano contenente uffici, spazi creativi e ristoro. I due macro blocchi edilizi sono messi in connessione tramite una passerella esterna e un ulteriore blocco aggiunto. Dal punto di vista spaziale, la composizione architettonica conforma uno spazio tale che, tramite geometrie irregolari e in pianta e in prospetto, invita ad avvicinarsi alle rive del fiume collegandosi visivamente al ponte che connette le due sponde.

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A sinistra | vista esterna, foto di PTE Architect all’interno di www.archdaily.com Fig. 1| vista interna, foto di PTE Architect all’interno di www.archdaily.com Fig. 2 | vista esterna, foto di PTE Architect all’interno di www.archdaily.com Fig. 3 | vista esterna, foto di PTE Architect all’interno di www.archdaily.com Fig. 4 | vista interna, foto di PTE Architect all’interno di www.archdaily.com

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Le Silo D’Arenc

Progettato da: C+T Architecture Dove: Marsiglia, Francia Quando: 2011 Dimensione: 12.000 m²

43%

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A sinistra | vista esterna, foto all’interno di www.mapio.net Fig. 1| vista interna, foto all’interno di www.silo-marseille.fr Fig. 2 | vista esterna, foto all’interno di www.ascender.es Fig. 3 | vista esterna, foto all’interno di www. thetravelpaper.com Fig. 4 | vista esterna, foto all’interno di www. thetravelpaper.com

Realizzato nel 1926 questo ex granaio è caratterizzato da un’enorme pianta rettangolare (125 x 25 metri) ed un’altezza di 50 metri circa, che si staglia imponente sul lungo mare di Arenec (Marsiglia). La sua struttura definita a “nido d’ape” si componeva di 99 silos e due torri una di stoccaggio e una di sollevamento. Data la sua importanza e la sua struttura avveniristica, per l’epoca della sua costruzione, il comune francese ne ha acquisito la proprietà nel 2001, e nel 2004 da parte del Ministero della Cultura francese è stato etichettato come “Patrimonio industriale del XX secolo”.

In seguito ad un concorso per idee, in ottica di riqualificazione, il comune di Marsiglia ha optato per la conversione in un teatro da 2000 posti e spazi per uffici. L’involucro nelle sue parti essenziali è stato preservato mentre internamente è avvenuto un pesante sventramento per stravolgere la vocazione funzionale del fabbricato. L’aumento di superficie utile è aumentato esponenzialmente.

Oltre che assolvere alla funzione di sala per spettacoli e concerti, la cittadinanza può fruire anche della vista panoramica che la copertura offre sull’importante porto commerciale. Dal punto di vista monetario, questo progetto dagli ingenti costi ha visto la sinergia di pubblico e privato.

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Red Dot Design Musem

Progettato da: Norman Foster Dove: Essen, Germania Quando: 1995 Dimensione: 5.000 m²

58%

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L’edificio, attualmente sede del museo, è stato progettato dagli architetti Fritz Schupp e Martin Kremmer, e costruito tra il 1928 e il 1929 a Essen; parte dell’ex complesso industriale Zeche Zollverein per l’estrazione del carbone, fondato nel 1847 e oggigiorno dichiarato sito Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, svolse la sua originaria funzione fino al 1986.

Il Design Zentrum Nordrhein Westfalen, uno dei più antichi istituti di design, trasferì la sua mostra di progetti innovativi all’interno dell’involucro edilizio industriale affidando a Norman Foster la conversione in spazio espositivo del luogo che ebbe termine nel 1996. Il nome fu ispirato dal Red Dot Design Award, un prestigioso premio assegnato ogni anno dal Design Zentrum Nordrhein Westfalen che mette in evidenza i progetti più innovativi in vari settori del design, tra cui arredo, illuminazione, elettrodomestici, attrezzi di cucina, stoviglie, equipaggiamento sportivo, moda, contenitori da viaggio, arredo urbano, attrezzi di lavoro, robotica, dispositivi per la salute, veicoli, elettronica di consumo, design della comunicazione e altri. L’intervento effettuato segue i principi di conservazione tra le varie correnti di restauro industriale, la facciata fu ripristinata attraverso il ritorno alla sua unità di immagine originaria con la eliminazione di aggiunte successive alla sua costruzione. All’interno si è conservata l’atmosfera industriale, le componenti della fabbrica sono stati musealizzati ottenendo lo status di reperti archeologici. Foster inoltre introduce anche nuove architetture all’interno componendo un vero e proprio gioco dinamico.

A sinistra | vista esterna, foto all’interno di www.fosterandpartners. com Fig. 1| vista interno, foto all’interno di www.fosterandpartners. com Fig. 2 | vista interno, foto all’interno di www.fosterandpartners. com Fig. 3 | vista interno, foto all’interno di www.fosterandpartners. com Fig. 4 | vista interno, foto all’interno di www.fosterandpartners. com

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Brouwerij Lamot

Progettato da: 51N4E Dove: Malines, Belgio Quando: 2000 Dimensione: 1.300 m²

48%

17%

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La birreria Lamot, situata nella città di Malines, Belgio, fu soggetta nell’arco della sua vita a diversi processi di trasformazione, fino a quando il Piano Regolatore non permise il riscatto dell’edificio. Lo studio d’architettura 51N4E, situato a Bruxelles, ebbe l’incarico della progettazione dell’involucro donandone l’attuale programma di funzioni miste composta da attività commerciali e culturali, bocciando l’idea di partenza di creazione di un museo d’arte contemporanea che avrebbe avuto scarso successo.

Un’analisi accurata del contesto cittadino ha permesso di individuare gli spazi mancanti alla rete cittadina, introducendo attività ristorative e uno spazio flessibile per congressi ed esposizione.

L’intervento è composto dalla presenza di diverse demolizioni e aggiunte, a partire dall’eliminazione dei silos posti sulla fiancata lungo il fiume del corpo, poi sostituiti con un “cubo di vetro” antecedente lo spazio pubblico; la continuità tra i due involucri è garantita dalla demolizione, al livello del primo piano, della muratura, lasciando a nudo la struttura in c.a. e sostituendo il paramento con una ampia parete vetrata che permette un’immediata lettura delle funzioni che si svolgono all’interno. La commistione tra la posizione dell’edificio e il mix di funzione, ha permesso un utilizzo pieno dell’edificio, in tutte le fasce orarie; l’unione tra vecchia e nuova architettura ha stabilito una perfetta armonia tra esistente e nuove esigenze, collocando uno spazio ormai dismesso e in disuso al centro della fitta rete di connessioni della città.

A sinistra | vista esterna, foto di Gilbert Fastenaekens all’interno di www.51n4e.com

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Fig. 1| dettaglio vista esterna, foto di Gilbert Fastenaekens all’interno di www.51n4e.com Fig. 2 | vista esterna, foto di Gilbert Fastenaekens all’interno di www.51n4e.com Fig. 3 | vista esterna, foto di Gilbert Fastenaekens all’interno di www.51n4e.com Fig. 4 | vista esterna, foto di Gilbert Fastenaekens all’interno di www.51n4e.com

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Facolta’ di Arte e Architettura

Progettato da: I. Lobo + V. Trindade Dove: Évora, Portogallo Quando: 2010 Dimensione: 24.578 m²

30%

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La fabbrica di fresatura della Sociedade Alentejana de Moagem, costruita nel 1916 è oggi sede dell’Università di Arte e Architettura di Évora. Dopo un breve periodo in cui la struttura fu convertita in un pastificio fu affidato all’architetto Ines Lobo l’incarico di trasformazione del sito; gli ampi spazi concepiti in origine per ospitare imponenti macchinari dovevano essere convertiti in percorsi e ambienti consoni alla nuova funzione.

Il progetto segue tre tipi di strategie di conversione: addizione, sottrazione e riuso. L’eliminazione delle aggiunte subite dall’originario complesso di fabbrica permise un conseguimento dell’iniziale unità d’immagine, punto di partenza fondamentale per conferire un nuovo ordine, ormai smarrito dalla casualità di funzionali interventi.

Sulle orme degli edifici demoliti l’architetto ricompone nuovi volumi per rispondere alle nuove esigenze e ai nuovi requisiti richiesti, così prendono dimora laboratori, caffetterie e altri servizi fondamentali per la fruizione totale dell’edificio. Le grandi coperture che offrivano protezione per le zone di carico e scarico assieme ai binari della fabbrica furono riutilizzati, perdendo la loro originaria funzione a favore di una ottima resa estetica e distributiva.

Le coperture configurano l’attuale composizione tra i diversi volumi, definendo percorsi e spazi aperti, mettendo in evidenza l’immagine industriale del complesso.

A sinistra | vista esterna, foto all’interno di w w w.magazine. larchi tetto.it

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Fig. 1| vista esterna, foto all’interno di www.ioarch.it Fig. 2 | vista esterna, foto di Laura Ragazzola all’interno di www.internimagazine.it Fig. 3| vista esterna, foto all’interno di www.ioarch.it Fig. 4| vista esterna, foto all’interno di www.ioarch.it

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Reforma y Rehabilitacion de la Antigua Fabrica Can Miquel

Progettato da: Toni Gironés Saderra Dove: Barcellona, Spain Quando: 2012 1.943 m²

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L’antica fabbrica, risalente al 1850, in seguito a un periodo di disuso fu affidata all’architetto Toni Gironés Saderra per la conversione del sito in un contenitore culturale basato su di un mix funzionale, creando una commistione tra spazi di natura pubblica e privata, con l’obiettivo di reinserire all’interno delle logiche urbane il manufatto storico.

La strategia utilizzata in questo intervento è quello della risistemazione degli interni, realizzando un’opera di ripristino della facciata e della ciminiera riprendendo l’originaria unità d’immagine.

L’edificio di semplice lettura sin dall’esterno, grazie alla sua facciata tipizzata da una griglia di aperture, si articola su 4 piani.

Nell’ambito della riqualificazione e riuso di questo spazio anche gli esterni sono stati inseriti all’interno del progetto.

L’interno, invece, è stato totalmente rimodellato e ridefinito al fine di rispondere alle nuove esigenze richieste.

Il piano terra è composto da uno spazio svuotato per le esibizioni temporanee ed uno spazio ristoro connesso agli spazi ludici esterni. I successivi piani ospitano attività differenti tra cui aule studio e laboratori mentre l’ultimo livello presenta una conformazione fluida scandita tramite partizioni verticali mobili.

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A sinistra | vista esterna, foto di Toni Gironès all’interno di www.archdaily.com Fig. 1| vista esterna, foto di Toni Gironès all’interno di www.archdaily.com Fig. 2 | vista esterna, foto di Toni Gironès all’interno di www.archdaily.com Fig. 3 | vista interna, foto di Toni Gironès all’interno di www.archdaily.com Fig. 4 | vista interna, foto di Toni Gironès all’interno di www.archdaily.com

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APPLICAZIONE DELL’APPROCCIO CONOSCITIVO: LA ZONA ASI BARI-MODUGNO 82

III 83

La cittĂ di Bari e la sua vocazione industriale

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III.1 Bari e la sua Archeologia Industriale Il capoluogo pugliese ha scoperto la sua Archeologia Industriale sin dal dicembre 1976, quando venne istituito un “Seminario di Archeologia Industriale” nell’ambito della facoltà di Economia e Commercio del suo Ateneo. Secondo i censimenti fatti all’interno della città di Bari, durante la seconda metà del XX secolo, il numero degli opifici doveva aggirarsi intorno ai 300. All’interno di questo paniere spiccavano stabilimenti metallurgici, agricoli, frantoi e stabilimenti relegati alla produzione di svariati beni come arredamento, abbigliamento o carte da gioco.

Il tessuto urbano del quartiere Murattiano vedeva al suo interno alcuni opifici baresi, tra i quali anche quella che era la principale industria della città bensì lo “Stabilimento Metallurgico Guglielmo Lindemann”. Anche la zona immediatamente adiacente a quella murattiana annoverava la presenza di altre industrie di dimensione minore o semplici laboratori.

Impianti di rilievo, quali lo Stabilimento del gas, in via Napoli, e la più ben nota, anche grazie all’interesse rivoltogli negli ultimi anni, manifattura dei tabacchi, via Ravanas angolo via Crisanzio, cingevano la città, ma la fascia più consistente dedita ad imprese industriali, dalle dimensioni varie, era certamente a ridosso dell’extramurale Capruzzi. In quest’ultima area si costituì nel tempo una vera e propria “zona industriale” poiché ospitava fabbriche e opifici che per ragioni di opportunità ambientale e per carenza di spazio, non potevano più essere ospitati all’interno del tessuto urbano consolidato. È bene sottolineare come gran parte di questi manufatti, a partire dall’ultimo periodo postbellico, sia stata distrutti, lasciando il passo alla forte espansione urbana che ha caratterizzato gli anni Settanta e Ottanta del capoluogo pugliese.

La Zona ASI Bari-Modugno

A sinistra | vista di dettaglio, foto di Walter Bolognino Fonte: A. Di Vittorio, Alle origini dell’industria barese attraverso l’archeologia industriale, in “Bari Economia” nn. 2-3 settembre-dicembre 1977.

A. Quero, Archeologia industriale a Bari, Levante Editori, Bari, 1998.

A partire dal 1960, in generale nel Mezzogiorno, più nello specifico nella provincia di Bari, si assiste ad un rapido incremento degli investimenti industriali. Fino a quel periodo l’industria non aveva mai assunto il peso che ad essa spettava in un’economia integrata e progredita. Le attività economiche maggiormente diffuse erano relegate alla sfera dell’agricoltura e del commercio.

L’apparato industriale locale, spesso di piccole dimensioni, non era mai uscito, fino agli anni Sessanta, dai confini delle attività internazionali legate, come detto precedentemente, alla produzione agricola e da quelle dei materiali da costruzione e del legno.

Il processo d’industrializzazione pugliese degli anni sessanta è dovuto, in gran parte, ad interventi normativi. La zona Industriale di Bari inizia a costituirsi nel 1960 con gli interventi della Cassa del Mezzogiorno e con l’istituzione del Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale (Consorzio ASI Bari), tuttora operante.

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Precisamente la “Convenzione per la costituzione del Consorzio per la Zona Industriale di Bari” è stata sottoscritta il 13 febbraio 1960 tra l’Amministrazione della provincia di Bari, il Comune di Bari e la Camera di Commercio, Industria e Agricoltura di Bari.

Fonte: S. Carparelli, L’agglomerato industriale di Bari-Modugno e il movimento pendolare della mano d’opera, Mezzina, Molfetta, 1976.

M. Colonna, Quarantasei anni…extra moenia, Consorzio per lo Sviluppo Indistriale di Bari, 2006.

F. Pirro, La zona industriale di Bari non è un cimitero. Viaggio nel sud sviluppista, 26 ottobre 2014, in www.formiche.net.

In basso: inquadramento della zona ASI Bari-Modugno all’interno dell’area della Città Metropolitana di Bari

A titolo di cronaca il “Consorzio per lo sviluppo industriale della zona di Bari” viene riconosciuto con D.P.R. 28-06-1960 n. 804; successivamente con il D.P.R. del 31-01-1964 n. 104 viene riconosciuto come Consorzio per l’area di sviluppo industriale di Bari.

Il Consorzio viene instituito con l’obiettivo di favorire il sorgere di nuove iniziative industriali nella zona del Comune di Bari in base al piano regolatore e allo statuto proprio dell’ASI. In particolare, esso provvede a gestire, espropriare, acquistare, vendere e cedere aree con il fine di promuovere la concentrazione e lo sviluppo industriale della zona.

L’area di sviluppo industriale di Bari comprendeva anche tutti i comuni attualmente inseriti all’interno della così denominata Città Metropolitana di Bari. Originariamente l’area di sviluppo industriale di Bari comprendeva dodici comuni per una superficie complessiva di 61.149 ettari (11,9% di quella provinciale e 3,2% di quella regionale).

Ad ogni modo è bene ricordare, come descritto precedentemente, come la storia dell’industrializzazione barese sia molto più antica e risalga almeno all’ultimo ventennio dell’800.

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6

8 km

Osservando la sola Zona Industriale di Bari, è in virtù dei finanziamenti nazionali per le piccole e le medie imprese artigianali che vennero spostate dal nucleo urbano della città a quella che ancora oggi è indicata come zona industriale barese.

Fonte: Consorzio ASI di Bari, Variante Piano Urbanistico Esecutivo, Agglomerato Industriale di Bari–Modugno, dicembre 2007, Norme Tecniche di attuazione.

L’agglomerato industriale di Bari-Modugno, occupando una superficie di 1500 ettari circa, è compreso tra il quartiere residenziale San Paolo a nord, l’autostrada Bari-Napoli-Bologna a sud, il limite comunale di Bitonto a ovest e il centro urbano di Bari a est. Tra le infrastrutture è bene ricordare come le autostrade Bari-Canosa e Bari-Taranto permettano un collegamento su gomma con le diverse regioni italiane. È stata, questa, una premessa per una più completa integrazione economica in campo nazionale. L’agglomerato industriale è anche collegato alla rete ferroviaria statale con 15 km circa di raccordi.

Fattore positivo, che ha certamente sollecitato e agevolato l’intero processo d’industrializzazione della zona in esame, è la sua collocazione geografica tendenzialmente baricentrica all’interno della regione e del litorale adriatico.

In basso: inquadramento su base satellitare della zona ASI Bari-Modugno all’interno dell’area della Città Metropolitana di Bari, da Google Earth Pro

87

Strumenti urbanistici vigenti all’interno della zona ASI Bari-Modugno All’interno dell’area d’interesse del Consorzio ASI Bari–Modugno sono vigenti delle precise Norme Tecniche di Attuazione del Piano Urbanistico Esecutivo dell’Agglomerato Industriale Bari–Modugno.

Secondo l’art. 2 delle Norme Tecniche di Attuazione (NTA) i Piani Urbanistici dei Comuni di Bari, Bitonto e Modugno si uniformano al presente Piano.

All’interno del corpo legislativo delle NTA si evince come il Consorzio gestisca ogni tipo di attività inerente alle trasformazioni urbanistiche ed edilizie tramite rilascio di opportuni permessi e accettazioni (Titolo II – Capo I – Disposizioni a carattere generale – art. 3).

Con riferimento alla gestione degli spazi architettonici all’interno dell’area di proprietà ASI, è il consorzio stesso che determina il lotto edificabile in fase di assegnazione o di autorizzazione all’utilizzo.

Importante è riportare le prescrizioni inserite all’interno delle NTA (art.

8); queste determinano le dimensioni delle recinzioni, la tipologia e il quantitativo di piantumazioni e di aree a verde, il rapporto con la strada definendo gli arretramenti delle recinzioni, l’area da destinare a servizi e parcheggi fino alle distanze tra i confini dei lotti, tra i fabbricati, dalla strada e dal raccordo ferroviario.

All’interno delle NTA sono illustrate anche tutte le differenti classificazioni degli usi degli spazi, da definire in maniera necessaria per il rilascio delle concessioni.

All’interno di questo corpus legislativo è possibile comprendere come sia presente all’interno del perimetro dell’Agglomerato Industriale una vera e propria zonizzazione delle aree. Interessante è notificare come all’interno dell’art. 11 (Titolo III – Zonizzazione e destinazioni d’uso) si tratti di edifici soggetti a recupero, mentre nell’art. 14 vengono contemplati Impianti di produzione di energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili.

“ART. 11 Edifici soggetti a recupero Gli edifici ricadenti nel perimetro dell’Agglomerato Industriale soggetti a vincoli di cui alle leggi vigenti, che rappresentano testimonianza di carattere culturale nel campo della tradizione edilizia industriale e rurale, possono essere soggetti a manutenzione ordinaria, straordinaria, ristrutturazione e restauro finalizzati ad recupero funzionale, nello spirito della conservazione e della nuova collocazione nel contesto industriale.”

88

Elaborato ufficiale - Zonizzazione e nuova viabilità. Elaborato 03, piano urbanistico esecutivo – variante 2007 - redatto dal Consorzio ASI di Bari dove si può riconoscere l’area di pertinenza del Consorzio con la sua relativa zonizzazione. È un documento grafico che insieme alle Norme Tecniche d’Attuazione è facilmente reperibile su sito apposito www.consorzioasibari.it. La legenda illustra le differenti aree omogenee secondo le quali il territorio è suddiviso. Si possono così individuare aree produttive, aree per insediamenti artigianali, aree per servizi d’interesse collettivo e per attrezzature tecnologiche, aree di rispetto, aree per verde attrezzato e aree destinate a parco urbano. Questo documento, insieme alle NTA, rappresenta uno strumento per attuare il governo e la gestione del territorio. È importante riportare e soffermarsi su questo elaborato proprio per comprendere la suddivisione ufficiale del territorio e per certi versi individuarne lacune e potenzialità.

90

0 Si evidenziano arterie essenziali di collegamento quali Strade Statali, Strade Provinciali, Autostrade e la principale rete ferroviaria. All’interno della zona ASI Bari–Modugno viene riportato anche il percorso della rete ferroviaria parzialmente utilizzata e l’arteria di traffico principale all’interno dell’area ASI quale viale Francesco De Blasio (importante poiché ospiterà la futura strada camionale “Porta del Levante”).

Oltre alle connessioni prettamente stradali vengono evidenziate anche le principali infrastrutture urbane presenti nell’area subito a ridosso della zona ASI quali: Interporto Regionale della Puglia e Aeroporto Internazionale di Bari-Karol Wojtyla.

L’obiettivo di questa rappresentazione grafica è quello di conoscere e comprendere in maniera immediata quali sono i collegamenti principali esistenti e quali le infrastrutture egemoni all’interno del contesto di studio identificato.

2

AEROPORTO 1

2

3

A 14 Viale De Blasio Ferrovia

1

4

SS 16 SP 54 Scala 1:25.000 5 km

Connessioni e

infrastrutture

3

4

5

6 Km

INTERPORTO

93

0 Si delineano aree con differenti caratteristiche per quanto riguarda l’uso dei suoli. È possibile distinguere aree olivetate e aree destinate alla produzione agricola come frutteti, vigneti e aree a seminativo. Sono evidenziate anche aree di verde non qualificato, quindi privo di vocazione e anche aree che comprendono maggiormente piantumazioni ad alto fusto. È una distinzione di natura tipologica realizzata in ottica di conoscenza del territorio e non solo.

Comprendendo la destinazione d’uso dei suoli si possono aprire possibili scenari strategici in ottica di rigenerazione degli spazi urbani o degli stessi edifici non utilizzati.

Le aree olivetate, nel contesto pugliese, ricoprono un ruolo egemone in quanto rappresentano un’invariante paesistica e culturale, per tanto non sono aree soggette a trasformazioni.

1

2

LAMA BALICE

3 Aree olivetate

Bosco

Verde non qualificato

1

4

Produttivo Scala 1:25.000 5 km

Uso dei suoli

2

3

4

5

6 Km

LAMA LAMASINATA

95

Mappatura: zona ASI Bari-Modugno

vista di dettaglio, foto di Walter Bolognino

96

III.2 L’iter procedurale svoltosi durante la fase di mappatura della zona ASI Bari-Modugno è sostanzialmente articolato in tre macro-fasi: 1. sopralluogo e indicizzazione degli involucri edilizi attraverso diverse categorie d’informazione relative ad utilizzo, fattore di rischio, destinazione d’uso, stato di conservazione, tipologia strutturale e vincolo storico-culturale; 2. conversione dei valori desunti dalla fase precedente in parametri formalizzati grazie all’utilizzo del sistema informativo geografico ArcGis che, attraverso la compilazione di una tabella connessa alla conformazione degli edifici considerati, permette di ottenere puntualmente differenti tipi d’informazioni specifiche; 3. interpretazione grafica dei parametri rilevati, attraverso l’utilizzo di opportuni software di elaborazione grafica, con l’obiettivo ultimo di ottenere un’immediata e semplice lettura dei dati elaborati, riportati in appositi grafici e diagrammi.

Questa fase di mappatura e indicizzazione dei parametri attraverso l’utilizzo del sistema informativo ArcGis presenta come obiettivo ultimo l’interrogazione del programma mediante opportune query che garantiscono la possibilità di desumere la tipologia a cui i vari edifici, rilevati come sotto/non utilizzati, e facenti parte dell’agglomerato industriale oggetto di studio, rispondono in relazione alle diverse categorie di informazioni precedentemente descritte.

97

85% 9% Non utilizzato

6% Sotto utilizzato

Incompiuto

98

Utilizzo dei

Manufatti

Attraverso una fase di ricognizione in loco si è desunto lo stato d’utilizzo dei volumi edilizi.

Il patrimonio costruito è stato scansionato in edifici in stato di sottoutilizzo, non utilizzo e incompiuto.

Per stato di sottoutilizzo si indicano fabbricati dove attualmente è in uso una ristretta porzione o un numero di apparati meccanici inferiore alla disponibilità complessiva dell’involucro. Si tratta di piccole, medie o grandi imprese le quali non sono riuscite ad adattarsi alle nuove esigenze e talvolta a far fronte a nuovi investimenti necessari per rispondere ad esigenze di rinnovamento.

Gli edifici catalogati come non utilizzati, in funzione dell’assenza totale di afflusso di personale, risultano essere oggi in completo stato di abbandono e talvolta degrado fisico e ambientale. La grande quantità di edifici rilevati come non utilizzati, circa l’85% della complessità di edifici oggetto di studio, rappresenta il fulcro di quella che sarà l’analisi e la rielaborazione futuribile dell’area.

Vi è infine una piccola percentuale pari al 6,3% di questi edifici che risultano essere incompiuti e quindi rappresentano strutture mai utilizzate per la funzione cui erano stati progettati.

99

75,5%

8% Produttivo

6% Residenziale

6%

Commerciale

3% Terziario

Deposito

1%

Non pervenuto

0,5% Alberghiero 100

% Destinazione d’uso precedente

l’abbandono

La connotazione geografica, congiuntamente alle logiche di sviluppo e ascesa economica delle città, a partire dagli inizi del secolo scorso, ha creato i presupposti affinché si conformassero intere aree periurbane caratterizzate da un disarticolato e disomogeneo agglomerato di edifici prettamente industriali. È questo il caso dell’area oggetto di studio ove, nello specifico, tra gli edifici catalogati come abbandonati circa il 75% presentava una destinazione d’uso produttiva, la cui necessità di servizi annessi ha dato vita ad una porzione residuale di carattere residenziale, servizi destinati al terziario, alberghiero, commerciale, depositi; solamente per il 2% di questi non è stato possibile definire l’originaria destinazione d’uso.

Le problematiche legate alla riconversione di questi apparati edilizi sono correlate alle tipologie strutturali e alla connotazione geografica isolata rispetto all’agglomerato urbano delle città di Modugno e Bari e alla totale assenza di servizi tali da garantire la possibilità di interesse da parte di eventuali fruitori esterni. Le linee di sviluppo e riqualificazione di questi corpi di fabbrica devono quindi partire dal ricercare una soluzione a tali problematiche non trascurabili.

101

65% 24% Alcun rischio apparente

11% Degrado fisico

Presenza di amianto

102

Fattore di rischio

Dall’analisi diretta sono state analizzate informazioni relative alle condizioni e caratteristiche fisiche degli apparati edilizi, nello specifico riguardo i fattori di rischio.

Tra questi si distinguono edifici per cui non è stato riscontrato alcun rischio apparente, ovvero le cui condizioni fisiche e ambientali, incluse le aree pertinenziali, non risultano essere compromesse; quelli per cui si è osservato un degrado fisico, le cui condizioni fisiche non rispondono a richieste di integrità delle strutture e di tutti gli apparati tecnici e tecnologici facenti parte dell’edificio, segnalando quindi condizioni di pericolosità per i possibili fruitori; altri in cui si osserva un degrado ambientale, le cui aree di interesse presentano condizioni di pericolosità ambientale, manifestate dalla presenza di materiali tali da poter essere un potenziale pericolo d’inquinamento per i suoli, discariche, ecc..

Individuati edifici in cui è localizzata presenza di amianto (materiale frequentemente utilizzato nel secolo precedente per la realizzazione di coperture di edifici prevalentemente industriali) la cui mancata bonifica è all’interno di cartografie pubblicate online dal Comune di Bari.

103

58%

18%

Manutenzione straordinaria

14% Manutenzione ordinaria

10% Utilizzabile

Ricostruibile

104

Regime di conservazione

Dall’analisi delle condizioni fisiche degli apparati industriali osservati è stato necessario operare una distinzione in funzione del regime di conservazione dei luoghi. Mediante il quale è stato possibile distinguere edifici ricostruibili che, a causa delle precarie condizioni fisiche e strutturali, richiedono la necessità di interventi che possano garantire la sicurezza statica assicurando requisiti minimi di fruibilità; edifici rigenerabili che, in un numero pari a più della metà degli edifici analizzati, necessitano di una manutenzione straordinaria corrispondente alla fornitura di infrastrutture impiantistiche primarie stabili (luce, elettricità, acqua, servizi igienici) e/o a partizioni e chiusure; edifici riattivabili, stabili a livello infrastrutturale, tali da avere partizioni, chiusure ed impiantistica adeguabili al nuovo uso attraverso un semplice intervento di manutenzione ordinaria; edifici fruibili che, in virtù di ottime condizioni strutturali, impiantistiche e distributive, potrebbero essere utilizzabili immediatamente, tramite la sola fornitura di un nuovo arredo interno e della riattivazione delle utenze.

105

74%

15% Calcestruzzo armato

5% Acciaio

4%

Misto c.a. e acciaio

2%

Misto c.a. e muratura portante

Non pervenuto

106

Struttura Per quanto riguarda l’apparato strutturale che caratterizza inequivocabilmente i manufatti architettonici, presenti all’interno della zona ASI Bari-Modugno, si può osservare come sia largamente diffusa la presenza di calcestruzzo armato e acciaio.

Ci sono tuttavia casi di edifici a struttura portante mista realizzata talvolta con un’intelaiatura in acciaio e calcestruzzo armato, talvolta in calcestruzzo armato e setti murari portanti. È bene evidenziare come siano ampiamente applicate soluzioni prefabbricate tipiche, e spesso iconiche, delle aree industriali-produttive. Questo accade sia nelle strutture verticali che orizzontali conformando manufatti edilizi dalle dimensioni ritmate e di facile lettura.

A seguito dell’analisi e della mappatura diretta, tuttavia, rimane circa il 2% di edifici ove non è stato possibile definire la tipologia strutturale messa in opera.

107

95% 4% Non vincolato

1% Segnalato

Vincolato

108

Vincoli

Sebbene la zona ASI Bari-Modugno è un’area urbana con vocazione quasi esclusivamente produttiva-industriale, è possibile individuare al suo interno un ristretto numero di emergenze architettoniche di rilevante valore storico-culturale.

Per la maggiore si parla di manufatti tipici dello scenario pugliese quali masserie. Questi versano spesso in sati di conservazione non ottimali, la loro area di pertinenza infatti è spesso caratterizzata dalla presenza di vegetazione spontanea.

Dal punto di vista tecnico normativo nonché urbanistico la variante al PUT (Piano Urbanistico Territoriale) aggiornata a novembre 2015 li distingue tra beni effettivamente vincolati e beni segnalati, di cui non sussiste ad oggi un effettivo vincolo ma ne è stata segnalata la necessità.

La presenza di manufatti interessanti di natura industriale, che potrebbero essere annoverati all’interno della sfera dell’archeologia industriale, non viene in alcun modo presentata.

109

Superficie totale lotti in uso

1.163 ha / 77 %

x 1.661 Superficie totale lotti non in uso

346 ha / 23 %

x 494

Volume

non in uso

5.957.083,76 mc / 26 %

x 35 110

Superficie coperta in uso

241,58 ha / 79 %

x 345 Superficie coperta non in uso

64,70 ha / 21 %

x 92

Volume in uso

16.981.185,57 mc / 74 %

x 100 111

0

1

2

Esito mappatura: edifici sotto utilizzati, non utilizzati e incompiuti 1

2

3

4 Scala 1:25.000

Si evidenziano edifici, e relativi lotti che, in seguito all’operazione di mappatura realizzata (ultimo aggiornamento a giugno 2018), appaiono come sotto utilizzati, non utilizzati ed incompiuti. Ăˆ una restituzione grafica su base ortofoto di semplice lettura, mirata alla comprensione dello stato di fatto in cui versa la zona ASI Bari-Modugno.

112

5 km

3

4

5

6 Km

113

0

1

2

Esito mappatura: edifici sotto utilizzati, non utilizzati e incompiuti 1

2

3

4 Scala 1:25.000

Si evidenziano edifici, e relativi lotti che, in seguito all’operazione di mappatura realizzata (ultimo aggiornamento a giugno 2018), appaiono come sotto utilizzati, non utilizzati ed incompiuti. Ăˆ una restituzione grafica, di semplice lettura, mirata alla comprensione dello stato di fatto in cui versa la zona ASI Bari-Modugno.

114

5 km

3

4

5

6 Km

115

Previsioni strategiche:

strumenti urbanistici in ambito pugliese

vista di dettaglio

116

III.3 Estendendo l’analisi al panorama italiano circa le aree produttive di matrice industriale, è bene osservare come il processo di “vita utile” di queste sia in una fase discendente. Non sarebbe corretto parlare di spazi urbani dismessi, quanto piuttosto di ambiti ove l’utilizzo primario di questi spazi sia sopito o, alle volte, completamente abbandonato.

Analizzando in maniera trasversale questi agglomerati industriali si potrebbe evidenziare un linguaggio architettonico-espressivo comune o, per lo meno similare. Per questa ragione si potrebbe parlare di vere e proprie costanti quali: uso ripetuto, e in larga scala, di elementi prefabbricati, spesso realizzati con materiali di bassa qualità o alle volte tossici ai giorni d’oggi come la fibra d’asbesto, lacune importanti circa l’utilizzo di materiali e sistemi di produzione ecosostenibili, consumo smodato di suolo in aree geografiche marginali alla città consolidata che spesso non si prestano in maniera ottimale, se non con importanti manovre economiche, a processi di rigenerazione e trasformazione. Presentandosi come appendici urbane, riassumibili ad ambiti molte volte dimenticati o parzialmente conosciuti ai cittadini, se non direttamente interessati, il loro processo di abbandono diviene lento ma inesorabile.

Soluzioni per questi insediamenti ipertrofici non sono di facile elaborazione; delineare comuni processi di riattivazione o trasformazione risulterebbe errato, sicuramente inutile, poichè le variabili legate ad ogni tessuto urbano sono molteplici e differenti. L’architettura dovrebbe porsi come intermezzo per generare scenari futuribili e linee guida legate ad approcci, piuttosto che a soluzioni puntuali univoche che risulterebbero sterili e non coniugabili in ottica discretizzata.

Lo scenario pugliese annovera strumenti urbanistici che riescono a ben interpretare tali criticità offrendo linee guida per la progettazione di ambiti paesaggisticamente ed ecologicamente attrezzati.

Il PPTR (Piano Paesaggistico Territoriale Regionale), le definisce con l’acronimo APPEA (Aree Produttive Paesaggisticamente ed Ecologicamente Attrezzate) presentandone criticità e linee guida.

Con il termine APPEA i Comuni qualificano aree che in ambito di gestione urbana devono conseguire determinati e specifici obiettivi; su scala vasta questi ambiti produttivi intercomunali potranno essere definiti dai distretti produttivi come l’ASI (Aree di Sviluppo Industriale), considerata come interlocutore privilegiato da parte della Provincia.

Gli obiettivi generali che tali aree devono perseguire sono: • razionalizzazione dell’occupazione del suolo • promozione della concentrazione dell’edificato industriale nelle APPEA • mitigazione dell’impatto paesaggistico delle aree produttive esistenti • individuazione delle misure di mitigazione e di conversione ecologica sia alla scala dell’area che dell’edificio.

117

Connettere le APPEA al territorio agrario circostante, alle strutture territoriali e ai valori patrimoniali ambientali ed architettonici permetterebbe il raggiungimento di tali obiettivi, conferendo una riqualificazione e riorganizzazione edilizia agli attuali insediamenti.

Fonte: Piano Paesaggistico Territoriale Regionale (PPTR), Regione Puglia, cap.

4.4.2, approvato con delibera n.176 del 16 febbraio 2015.

L’architettura può essere vista come mezzo o strumento per la trasformazione delle aree in nuovi paesaggi antropici ecologicamente ed energeticamente sostenibili attraverso una relazione biunivoca con i cicli ecologici (suolo, vegetazione, acqua). L’aumento della qualità estetica degli elementi architettonici sarebbe possibile impostando la trasformazione degli edifici verso un indirizzo ecologico, riguardo la produzione di energia rinnovabile e il riuso della risorsa idrica, ed inoltre si avrebbe una maggiore rilevanza alla qualità compositiva dell’impianto attraverso relazioni tra spazi aperti ed edificato, volumi e tipologie edilizie nel rispetto di uno sviluppo sostenibile.

Aumento standard a parcheggi

Creare spazi adibiti al parcheggio di veicoli urbani permette di conformare un ambito urbano organizzato e semplice da utilizzare. L’obiettivo è quello di creare spazi per la sosta green, che sfruttando varie metodologie ed espedienti architettonici, siano capaci di essere proiettati in ottica sostenibile.

Aumento standard a verde

Obiettivo di semplice lettura che va ad incidere aspetti climatici e di servizi minimi nei confronti degli utilizzatori dell’area industriale e non. Parlando in termini di ampie scale, l’aumento di aree verdi può incidere in maniera positiva nei confronti della qualità dell’aria e della diminuzione di temperatura all’interno della totale sfera urbana.

Aumento suolo permeabile

Diminuire la percentuale di suolo impermeabilizzato per favorire i processi e i cicli naturali primari come quello dell’acqua. È un obiettivo che interessa, all’interno di quest’ambito di natura industriale totalmente e fortemente antropizzato, l’aspetto climatico e non solo. L’aumento di aree permeabili spesso può coincidere con la creazione di ambiti urbani gradevoli agli users.

Riduzione inquinamento acustico

Moderare questo grave problema ambientale con il fine di garantire benessere e salute ai lavoratori e users dell’area presa in esame. In quest’ambito le fonti che generano inquinamento sono molteplici, possono provenire sia dal traffico stradale, spesso caratterizzato da veicoli da lavoro di grandi dimensioni, che dai locali destinati alla produzione di beni e manufatti industriali.

Riduzione inquinamento ambientale

Limitare un problema, o meglio una questione delicata di ambito ampio e complesso. È un obiettivo di grande scala, risolvibile tramite un paniere di soluzioni e metodologie di natura svariata. Porre soluzioni a questo problema è importante non solo in scala micro-urbana ma rientra all’interno delle dinamiche che interessano la scala urbana tutta, e non solo.

118

La sostenibilità degli approcci (produzione energetica alternativa, raccolta delle acque) definisce nuovi indirizzi, relativamente alla potenzialità intrinseca del luogo.

Sarà quindi necessario proporre alle strutture insediative presenti, e non, un progetto ecologico, orientato in particolar modo sulla scala dell’edificio, che offra riduzione dei consumi energetici ed idrici, un controllo delle emissioni e la riduzione dei rifiuti anche attraverso processi di riuso. L’involucro inoltre dovrà integrarsi al meglio nel territorio che lo circonda, utilizzando fasce di mitigazione che permettano un miglior rapporto con le infrastrutture o con la dotazione naturale contermine.

In maniera riassuntiva e schematica, di seguito vengono riportati gli obiettivi auspicabili in ottica di trasformazione.

Riduzione inquinamento visivo

Porre soluzioni all’alterazione del paesaggio urbano tramite la presenza di elementi che per la loro natura e forma risultano estranei e sgradevoli. Eliminare, o per lo meno celare, questi ha come obiettivo primo quello di conformare un paesaggio antropizzato gradevole, e ben ragionato, sia per i lavoratori che per gli users in generale dell’area industriale presa in questione.

Produzione energetica

Creare edifici industriali e non capaci di rispondere in maniera autonoma, o quasi, ai propri bisogni energetici tramite l’utilizzo di fonti energetiche green in ottica di sostenibilità. Spesso, in quest’ambito, si tratta di edifici energivori, per questa ragione l’adempimento completo di questo obiettivo non è semplice, ma fattibile se vengono rispettati determinati accorgimenti e indirizzi.

Raccolta e riuso delle acque

Favorire e ricreare il ciclo vitale dell’acqua è essenziale se si trattano obiettivi in termini di sostenibilità. I modi per migliorare la gestione del ciclo dell’acqua sono diversi e devono essere perciò coniugati in maniera differente a seconda della natura architettonica e della vocazione produttiva del lotto e dell’edificio stesso.

Risparmio energetico

Creare spazi ed edifici incentrati alla minimizzazione dei consumi energetici rientra all’interno di un più ampio ragionamento su scala sostenibile, obiettivo raggiungibile solo mettendo in campo soluzioni ed espedienti architettonici capaci di conformare edifici ad elevate prestazioni energetiche.

Aumento sicurezza stradale

Garantire spazi ove la circolazione di mezzi e persone avviene in maniera organizzata e sicura può modificare completamente il rapporto con lo spazio costruito. Essendo un’area per natura esposta alla presenza di mezzi da lavoro di grande dimensione occorrono spazi di manovra congeniali che vanno, per forza di cose, ad interessare anche gli spazi all’interno dei lotti privati.

119

Manuale d’intervento: indirizzi architettonici e linee guida

vista di dettaglio

120

III.4 Dopo aver effettuato una serie di analisi sull’area oggetto di studio, precedentemente argomentata, si è riscontrata la necessità di formulare un insieme di caratteri tipologici che risultano essere un abaco di scelte progettuali indicativo e consultabile per eventuali scenari futuribili sugli apparati edilizi esistenti.

In ottica di definizione di linee guida e indirizzi progettuali per la riqualificazione e rigenerazione di fabbricati in disuso all’interno della zona ASI Bari-Modugno sono state prese in esame delle invarianti che caratterizzano in maniera inequivocabile il lotto e l’edificio stesso. L’obiettivo è quello di rispondere con scelte architettoniche a requisiti contemporanei come risparmio ed efficientamento energetico nonché isolamento acustico, ambientale e visivo degli apparati industriali.

La schematizzazione ottenuta associa inoltre a ciascuna invariante architettonica le relative caratterizzazioni che suddividono le categorie di interventi disponibili in base alle tipologie più comuni per ciascuna invariante, individuabili in macro-sistemi architettonici risolutivi in grado di soddisfare requisiti e necessità precedentemente citati, di cui è stata effettuata un’ipotetica discretizzazione, riportando le possibili soluzioni tecnologiche secondo i canoni dell’architettura contemporanea.

Di seguito verranno presentate e illustrate le invarianti scelte quali: • rapporto con la strada • rapporto con l’area di pertinenza • rapporto con la morfologia di copertura • rapporto con il sistema di chiusura verticale esterna.

121

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Rapporto con la strada Analizzando la fisionomia dei fabbricati è importante annoverare tra le invarianti il rapporto con la strada; proprio per questa ragione si è reputato opportuno categorizzare due tipologie di connessioni stradali. È importante sottolineare come questa scansione non entra in merito circa la classificazione tecnico-amministrativa in vigore in Italia regolata dal Codice della Strada.

I criteri di questa suddivisione sono sia di natura geometrica e compositiva, quindi dimensione della sezione stradale, sia di natura funzionale; comprende da chi e come vengono fruite le strade; influenza la determinazione delle linee guida che successivamente verranno presentate.

Questa riflessione architettonica delinea due categorie di sistemi di connessione: grandi direttrici di traffico e connessioni secondarie.

Le grandi direttrici di traffico sono viale B. Accolti Gil, viale L. Jacobini, via delle Magnolie, via dei Gerani ma soprattutto l’attuale viale F. de Blasio.

Quest’ultimo ricopre un ruolo cardine all’interno del percorso di ragionamento perché, a seguito dell’approvazione della Giunta comunale (15 dicembre 2017), su questa verrà realizzata una strada camionale (futura “strada Porta del Levante”) che collegherà direttamente l’autostrada A14 con il porto, attraversando completamente la zona ASI Bari-Modugno.

Data la sezione stradale importante, non solo la futura strada camionale ma anche le altre sopracitate si pongono come arterie preferenziali per il passaggio di veicoli di grandi dimensioni con relativo inquinamento acustico e ambientale.

Ragionamento differente è stato fatto per la strada statale SS16 “Adriatica” che nonostante attraversi geograficamente la zona ASI, è conformata in maniera tale da non creare intersezioni a raso, quindi potenzialmente pericolose, avendo a suo supporto una viabilità di servizio tramite la quale si raggiungono gli stabilimenti collocati a ridosso di questa.

Le connessioni secondarie invece, come si evince dal nome stesso, sono state individuate come connessioni capillari all’interno della grana urbana lassa della zona industriale. Sono quindi caratterizzate certamente da flussi di traffico minori e quindi velocità ridotta e inquinamento acustico e ambientale limitato.

Tra i macrosistemi architettonici risolutivi annoverati all’interno delle linee guida e per la grandi direttrici di traffico e per le connessioni secondarie si tratta di sistemi di filtro ed accessibilità. Il fine primario è quello di limitare l’inquinamento acustico, visivo e ambientale, promuovendo un’adeguata efficienza energetica e ovviamente garantendo una sicurezza stradale, mediante sistemi verticali e orizzontali coniugati, a seconda delle differenti casistiche morfo-architettoniche, i quali possono spaziare da barriere verticali vegetali a sistemi di filtri permeabili a raso.

Fonte: www.comune.bari.it

123

Discretizzazione dei macrosistemi architettonici futuribili

Barriera artificiale Assolve funzioni di mitigazione dell’inquinamento ambientale garantendo inoltre un filtro visivo e acustico. Oltre ad assicurare un sistema di sicurezza stradale, se realizzato in maniera opportuna potrebbe assolvere funzioni di efficientamento energetico (ad esempio ospitando sistemi fotovoltaici o microelici).

Barriera naturale Assolve funzioni di mitigazione dell’inquinamento ambientale aumentando la superficie permeabile, soddisfacendo lo standard a verde e garantendo un filtro visivo. Inoltre, favorisce una sicurezza stradale distanziando ingresso dei fabbricati e spazi di manovra dal sistema carrabile.

124

Smorzatore del traffico Realizzazione di sistemi di rallentamento come dossi artificiali posizionati sulla carreggiata al fine di garantire un sistema di circolazione sicuro e controllato per mezzi pesanti e non.

Questi andrebbero a soddisfare solo funzioni di sicurezza stradale.

Limite naturale Assolve funzioni di mitigazione dell’inquinamento ambientale aumentando la superficie permeabile e soddisfacendo anche eventuali standard a verde. Questo sistema di filtro inoltre andrebbe a favorire una sicurezza stradale distanziando l’ingresso dei fabbricati e spazi di manovra dal sistema carrabile.

Segnaletica orizzontale Realizzazione di semplici ma evidenti segnaletiche orizzontali che andrebbero ad indirizzare i flussi di traffico e focalizzare l’attenzione verso gli accessi dei fabbricati collocati sulle grandi direttrici di traffico.

125

Connessioni tra macrosistemi

architettonici

Barriera artiďŹ ciale

Barriera naturale

Connessioni secondarie

126

Sistema di ďŹ ltro ed accessibilitĂ verticale

futuribili

Sistema di filtro ed accessibilità orizzontale

Smorzatore del traffico

Segnaletica orizzontale

Limite naturale

Grandi direttrici di traffico

127

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Rapporto con l’area di pertinenza All’interno della zona ASI Bari-Modugno gran parte degli edifici industriali presentano una netta separazione tra la superficie del lotto e l’area pubblica tramite un confine artificiale al cui interno è necessario garantire servizi urbani, spazi a verde o parcheggi. Queste sono prerogative che vengono indicizzate all’interno delle già esistenti Norme Tecniche Attuative definite appositamente dall’ASI e valide sul territorio di loro competenza. In conformità con gli indirizzi presentati all’interno del PPTR, per quanto concerne le aree APPEA, in ottica di uno scenario futuribile, si promuovono interventi con fine primo il raggiungimento di standard ecosostenibili.

Le linee guida che verranno presentate in questo focus non hanno obiettivi di ridefinizione urbanistica piuttosto vogliono “suggerire” approcci futuribili differenti a seconda del rapporto di copertura (Rc), parametro che definisce la quantità di lotto libero. La parametrizzazione degli standard, descritti dalle NTA e dagli indirizzi regionali del PPTR, rapportati alla superficie del lotto, indicano un valore immediato (x) confrontabile con il rapporto di copertura (Rc). Tale confronto fornisce una lettura istantanea sulla possibilità di soddisfare gli standard richiesti sulla superficie lorda libera.

(SP+SV+ST+Snp) SL x

{≤1-Rc; >1-Rc;

SP SL SV SL ST SL Snp SL SC SL Fonte: Piano Paesaggistico Territoriale Regionale (PPTR), Regione Puglia, cap.

4.4.2, approvato con delibera n.176 del 16 febbraio 2015.

Consorzio ASI di Bari, Variante Piano Urbanistico Esecutivo, Agglomerato Industriale di Bari–Modugno, dicembre 2007, Norme Tecniche di attuazione.

=x

SC SL

= Rc

possibile soddisfacimento degli standard su superficie libera non possibile soddisfacimento degli standard su superficie libera

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= rapporto tra la superfice da adibire a parcheggi e la superficie del lotto

def

= rapporto tra la superfice da adibire a verde e la superficie del lotto

def

rapporto tra la superfice da adibire a tecnologie ecologiche e la superficie del

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rapporto tra la superfice minima da adibire a necessità primarie,quali con-

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rapporto di copertura (Rc), rapporto tra la superfice coperta e la superficie

= lotto

= nessioni interne e spazi adibiti ad altre funzioni e la superficie del lotto = del lotto

Qualora non fosse possibile il soddisfacimento degli standard indicati su superficie libera (x >1-Rc), si propone la ridistribuzione di questi sull’involucro.

Per entrambe le categorizzazioni (interventi sull’involucro e interventi sull’area pertinente) i macrosistemi architettonici risolutivi sono: localizzazione dei sistemi di produzione energetica, localizzazione dei sistemi di permeabilizzazione, realizzazione degli standard a verde e a parcheggi. I sistemi per rendere operative e applicabili queste linee guida sono svariati e dipendono fortemente dalla configurazione sia del lotto che dalla posizione dell’edificio all’interno di questo. Non sono definite precise attività risolutive ma possibili filosofie d’approccio e ragionamento.

129

Discretizzazione dei macrosistemi architettonici futuribili

Parcheggio con sistemi energetici Realizzazione di parcheggi smart capaci di produrre energia, ad esempio con l’allocazione di pannelli fotovoltaici in copertura. Allo stesso tempo sono capaci di soddisfare standard legati al numero di parcheggi necessari.

Area a produzione energetica Sistemi adottati per produrre energia rinnovabile sulla superficie del lotto tramite la realizzazione di aree destinate alla produzione energetica. Per esempio tramite l’installazione di impianti microelici o fotovoltaici.

130

Sistema di produzione energetica su copertura Realizzazione di sistemi (fotovoltaici o microelici) in copertura. Questi, oltre ad assolvere funzioni prettamente energetiche possono essere adoperati anche come schermature solari, nel caso specifico dei pannelli fotovoltaici.

Sistema di produzione energetica su CVE Realizzazione di sistemi di produzione energetica direttamente sulle chiusure verticali dei fabbricati edilizi. In determinati casi, se messi in opera in maniera opportuna, possono fungere da schermature solari.

131

Parcheggio semipermeabile Sistemi di parcheggio adottati per aumentare la superficie permeabile garantendo gli standard a verde nel lotto. Realizzati con pavimentazioni autobloccanti, capaci di rendere agibile la strada da parte delle auto, favoriscono la permeabilità del suolo. L’obiettivo è permettere la chiusura dei cicli naturali come quello dell’acqua.

Area a verde Realizzazione di aree permeabili tali da garantire gli standard a verde sulla superficie del lotto. Si tratta di semplici aree a verde capaci di creare spazi naturalizzati, aumentando la permabilità del suolo e favorendo la chiusura dei cicli naturali come quello dell’acqua.

132

Tetto giardino Aree realizzate per aumentare la superficie permeabile e garantire gli standard a verde. La realizzazione di tetti giardino favorisce la mitigazione della temperatura dell’aria ed una sua migliore salubrità.

Greenwall Sistemi ipotizzati per aumentare la superficie permeabile e garantire gli standard a verde sull’involucro del fabbricato edilizio. I greenwall sono capaci di promuovere un risparmio energetico, nonché garantendo soluzioni architettoniche piacevoli.

133

Connessioni tra macrosistemi futuribili

Area a produzione energetica

Area a verde

Parcheggio semipermeabile

Parcheggio con sistemi energetici

x>1-Rc

134

Sistema di produzione energetica e rispetto degli standard sul lotto

architettonici

Sistema di produzione energetica e rispetto degli standard sull’involucro

Sistema di produzione enrgetica su CVE

Sistema di produzione enrgetica su copertura

Greenwall

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135

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Rapporto con la

morfologia di copertura

L’iconicità delle coperture dei capannoni e degli edifici industriali è un’invariante tale da poter essere identificata, su scala paesaggistica, facilmente individuabile e confrontabile in ambito globale. Figlie spesso di processi di serializzazione, semplicità e velocità di messa in opera, nonché grande versatilità e prezzi contenuti, queste coperture sono divenute oggigiorno un landmark.

Sono interessanti non solo dal punto di vista architettonico ma anche in ottica di possibili risvolti futuribili. Le loro forme infinitamente ripetute, dalle linee semplici e definite, ben si prestano a processi legati alla realizzazione di sistemi ecosostenibili fortemente necessari in epoca contemporanea: produzione energetica o realizzazione di sistemi mirati al raccoglimento delle acque piovane sono tra le opere più diffuse e meglio indicate per questi sistemi architettonici.

All’interno della zona ASI Bari-Modugno sono state rinvenute e definite tre tipologie essenziali di coperture, quali: falda, shed e piana. Queste, nonostante possano essere messe in opera in maniera differente e variegata, non rinunciano in alcun modo alla loro similare fisionomia architettonico-strutturale.

La suddivisione in tre macro categorie segue prettamente principi legati alle linee e alle forme architettoniche, piuttosto che al materiale con le quali, queste coperture, sono realizzate. È sottinteso come, in ottica di riuso e trasformazione, tutti i valori prestazionali normati debbano essere soddisfatti, tramite opportune e adeguate verifiche.

137

Discretizzazione dei macrosistemi architettonici futuribili

Tetto giardino Aree realizzate per aumentare la superficie permeabile e garantire gli standard a verde. La realizzazione di tetti giardino favorisce la mitigazione della temperatura dell’aria ed una sua migliore salubrità.

Raccolta e riuso dell’acqua piovana Realizzazione di sistemi di raccolta e accumulo delle acque piovane. A prescindere dalle infinite soluzioni tecnologiche, che dipendono sia della disponibilità di spazio che della conformazione del fabbricato, questa tipologia d’impianto è interessante in ottica di diminuzione e gestione del consumo idrico.

138

Microeolico Realizzazione di sistemi di mini e micro eolico ad uso “domestico” capaci di produrre energia elettrica da fonte eolica con l’utilizzo di aerogeneratori di dimensioni ridotte. Per garantire la loro efficienza occorre che il sito d’installazione soddisfi requisiti minimi di ventosità.

Fotovoltaico Realizzazione di un impianto fotovoltaico elettrico costituito essenzialmente dall’assemblaggio di più moduli fotovoltaici che sfruttano l’energia solare incidente per produrre energia elettrica pulita.

139

Connessioni tra macrosistemi

architettonici

Tetto giardino

Raccolta e riuso delle acque piovane

Shed

Falda

140

Sistema di risparmio e produzione energetica

futuribili

Sistema di raccolta e riuso delle acque

Fotovoltaico

Microeolico

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141

Produzione energetica Risparmio energetico

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Rapporto con il sistema

di chiusura verticale esterna

Nell’ambito degli agglomerati urbani a vocazione produttivo-industriale, l’uso di sistemi tecnologici, materiali e modalità di posa fortemente serializzati e tipicizzati è un elemento costante tale da poter quasi definire uno stile architettonico del prefabbricato identitario largamente diffuso sul territorio.

A seconda della specifica destinazione d’uso ogni stabilimento produttivo presenta un suo tipico linguaggio legato alle chiusure verticali. I materiali utilizzati e le tecnologie adoperate possono essere svariati a seconda delle funzioni svolte all’interno del fabbricato e delle necessità energetiche che il manufatto architettoniche deve conseguire.

All’interno della zona ASI Bari-Modugno è stato osservato e rilevato un ventaglio di tecnologie molto ampio, tuttavia è possibile evidenziare punti di contatto comuni per sviluppare un ragionamento comune improntato verso trasformazioni di natura ecosostenibile.

Le tipologie intorno alle quali la riflessione architettonica si sviluppa sono tre: chiusure verticali opache, semitrasparenti e trasparenti. Le linee guida presentate hanno come fine il conseguimento e la realizzazione di sistemi di produzione energetica e sistemi di risparmio energetico da coniugare con le tecnologie di chiusura verticale esterna.

Essendo delle linee guida, queste non possono entrare in merito, in ottica di ri¬generazione e riqualificazione, alla volontà della proprietà di modificare totalmente il patrimonio edilizio esistente e quindi configurare un edificio industriale completamente differente.

143

Discretizzazione dei macrosistemi architettonici futuribili

Sistema di captazione passiva Realizzazione di sistemi di captazione termica che sfruttano tecniche passive di costruzione di un edificio. I meccanismi e le classificazioni per realizzare questi sistemi sono molteplici e risentono fortemente della natura dell’involucro edilizio, alla base vi sono sempre sistemi d’isolamento termico.

Greenwall Sistemi ipotizzati per aumentare la superficie permeabile e garantire gli standard a verde sull’involucro del fabbricato edilizio. I greenwall sono capaci di promuovere un risparmio energetico, nonché garantendo soluzioni architettoniche piacevoli.

144

Schermature Le chiusure verticali trasparenti presentano sempre il problema del rapporto diretto con la luce naturale qualora la loro esposizione non sia ottimale. Con il fine di garantire ambienti bene illuminati e mirare ad un risparmio energetico la realizzazione di schermature (fisse o mobili) è un indirizzo plausibile.

Fotovoltaico Realizzazione di un impianto fotovoltaico elettrico costituito essenzialmente dall’assemblaggio di piÚ moduli fotovoltaici che sfruttano l’energia solare incidente per produrre energia elettrica pulita.

145

Connessioni tra macrosistemi

Greenwall

Sistema di captazione passiva

Trasparente

Semitrasparente

146

Sistema di risparmio energetico

architettonici futuribili

Sistema di produzione energetica

Fotovoltaico

Schermature

Opaca

147

APPLICAZIONE DEL MANUALE D’INTERVENTO: POSSIBILI RIGENERAZIONI FUTURIBILI DELL’ESISTENTE 148

IV 149

Il potenziale del dismesso indagato

150

IV.1 I dati ottenuti dall’analisi effettuata forniscono utili informazioni significative nell’ottica del potenziale riuso dell’esistente. La consultazione rapida e semplice dei parametri caratterizzanti il dismesso, catalogati tramite il sistema informativo geografico ArcGis, permette non solo di individuare il lotto, o l’edificio, più affine alle determinate richieste di un possibile intervento, qualsiasi sia il tipo di committenza (pubblica o privata), ma anche, viceversa, di comprendere le potenzialità di trasformazione di un involucro in base alle caratteristiche intrinseche.

L’ipotesi di riutilizzare una superfice attualmente dismessa per medesime o nuove destinazioni d’uso (residenza, servizi, commercio) offrirebbe intensificazioni della struttura urbana esistente o futura, attraverso usi complessi e mix di funzioni, in risposta all’inutile incremento delle aree edificabili; si pone come opportunità di consolidare la possibile crescita centripeta della città, contenendo un’incontrollata espansione urbana.

Tale strategia di intervento sul dismesso richiederebbe ovviamente una applicazione pratica e reale, dove le richieste progettuali di una possibile committenza permetterebbero una progettazione architettonico-compositiva legata a determinate necessità funzionali ed economiche. Inefficace risulterebbe anche ipotizzare l’inserimento di una particolare funzione attraverso un’accurata analisi, data la difficoltà di prevedere uno sviluppo futuro di una zona che, attualmente, poco si immette in un circuito urbano ben definito.

Ai fini didattici, individuato un edificio dismesso esistente e il lotto di competenza, si applicheranno gli indirizzi architettonici e le linee guida dettate dal manuale di intervento (cap.III.4) per progettare possibili, e futuribili, rigenerazioni. Mettere in evidenza le capacità eterogenee di adattabilità a qualsiasi tipologia funzionale di questi involucri in disuso è l’obiettivo di tale studio. La progettazione di due possibili rigenerazioni, una avente funzione di residenza (Housing), contrapposta a quella produttiva (Officina 4.0), metterà in luce la potenzialità poliedrica del dismesso.

A sinistra | vista di dettaglio, foto di Walter Bolognino

151

Abitare, futuribile rigenerazione dell’esistente dismesso La funzione di residenza è legata visceralmente al concetto di abitare, a sua volta soggetta al mutamento della società. Presentandosi come una delle prime necessità umane, l’abitazione è espressione di famiglia ed ormai si dissocia da un modello tradizionale stanziale: abitare risulta una pratica sempre più complessa da inventare. L’idea di dimora, anteriormente, accompagnava e definiva lo status sociale del possessore, associandone concetti di stabilità, in virtù di un progetto e di un suo futuro sviluppo. «Oggi non sono più così certe quelle variabili che rendono vera quella equazione, o non sono più comunque valide: lavoro, casa, famiglia, luogo. (..)

Oggi questa linearità di sequenze sembra essere compromessa.»1.

G.Martinotti, Metropoli.

La nuova morfologia sociale della città, Il Mulino, Bologna, 1993, p. 67

1

Il “rifugio” e la “relazione” sono esigenze che uno spazio abitativo ha compito di assolvere; nei rapporti tra dentro-fuori, privato-pubblico, casa-cit-

In risposta a queste problematiche è necessario definire una serie di “spazi residenziali” caratterizzati dal numero di fruitori e dalla funzione esplicata.

Spazi collettivi i servizi, i luoghi e i percorsi realizzati nel complesso residenziale. (I luoghi a cui possono accedere, senza alcun controllo, tutti gli abitanti del complesso) Spazi semi-collettivi i servizi, i luoghi aperti, i percorsi e i disimpegni definiti da un sottogruppo di alloggi. (I luoghi a cui possono accedere, senza alcun controllo, gli abitanti del sotto-gruppo di alloggi) Spazi semi-privati gli elementi di filtro tra alloggio e esterno gestiti privatamente ma percepibili dallo spazio semi-collettivo. (I luoghi a cui possono accedere, senza alcun controllo, gli abitanti del nucleo abitativo) Spazi privati di nucleo gli spazi aperti e gli ambienti coperti dell’alloggio di pertinenza di tutti gli abitanti del nucleo abitativo. (I luoghi a cui possono accedere, senza alcun controllo, gli abitanti del nucleo abitativo) Spazi privati individuali gli ambienti coperti dell’alloggio di pertinenza di uno o due abitanti del nucleo abitativo. (I luoghi a cui possono accedere, senza alcun controllo, gli occupanti dello spazio privato individuale) Spazi privati d’igiene gli spazi coperti usati individualmente dai singoli componenti del nucleo abitativo. (I luoghi a cui di norma accedono singolarmente gli occupanti della casa) Spazi privati collettivi i servizi, i luoghi aperti, i percorsi e i disimpegni dell’alloggio di pertinenza di tutti gli abitanti del nucleo abitativo. (I luoghi a cui possono accedere senza alcun controllo gli abitanti del nucleo abitativo) 152

tà si articola questo gioco di delicato equilibrio compositivo. Abitare è un’esperienza che trascende e completa l’esperienza di casa e prelude al confronto con la natura dello spazio aperto e pubblico e con la natura delle relazioni che in uno spazio hanno luogo. Strategia compositiva è quindi quella di concepire l’abitazione come una pratica intrinsecamente relazionale, non solo come rifugio composto da mille comfort.

Fonte: Elenco rielaborato, ripreso da: A. Saggio, Progettare la Residenza, dissertazione in Composizione Architettonica, Facoltà di Architettura Università “La Sapienza”, Roma, 1990, p.12.

La comprensione delle problematiche progettuali odierne si pone come punto di partenza per estrapolare una strategia compositiva, queste difficoltà sono legate a due degli aspetti precedentemente definiti: • l’indagine necessaria per l’individuazione di modi abitativi che ammettano un abitare più ricco di relazioni; • l’analisi della nuova utenza e dei suoi moderni bisogni, in risposta al mutamento della struttura sociale ormai distaccata dal concetto tradizionale del nucleo di famiglia tipo.

Spazi adibiti ad uso lavorativo gli spazi aperti e coperti realizzati nel complesso residenziale che definiscono un’ambiente lavorativo. (I luoghi a cui può accedere solo il personale autorizzato) Spazi adibiti ad uso ristorativo gli spazi aperti e coperti realizzati nel complesso residenziale che definiscono un ambiente ristorativo. (I luoghi a cui possono accedere, senza alcun controllo, i fruitori del servizio; è composto da spazi accessibili solo da personale autorizzato) Spazi adibiti ad uso ricreativo gli spazi aperti e coperti realizzati nel complesso residenziale che definiscono un ambiente ludico, sportivo o ricreativo. (I luoghi a cui possono accedere, senza alcun controllo, i fruitori del servizio; è composto da spazi accessibili solo da personale autorizzato) Spazi adibiti ad uso commerciale gli spazi coperti realizzati nel complesso residenziale che definiscono un ambiente dedicato al commercio di merci o servizi. (I luoghi a cui possono accedere, senza alcun controllo, i fruitori del servizio; è composto da spazi accessibili solo da personale autorizzato) Spazi adibiti ad uso ricettivo gli spazi aperti e coperti realizzati nel complesso residenziale che definiscono un ambiente attrezzato per accogliere ospiti, visitatori e turisti. (I luoghi a cui possono accedere, senza alcun controllo, i fruitori del servizio; è composto da spazi accessibili solo da personale autorizzato)

Necessaria è l’individuazione di una divisione tra gli spazi imprescindibili dalla funzione residenziale e quelli invece complementari, che non si presentano come di vitale importanza ma come garanti di ulteriori relazioni.

153

Produrre, futuribile rigenerazione dell’esistente dismesso Per edilizia industriale si intende «il settore dell’edilizia che comprende la progettazione e la costruzione degli edifici destinati all’industria. Tali edifici richiedono normalmente appropriate soluzioni costruttive, rispondenti a esigenze e caratteristiche particolari e a problemi tipologici e distributivi connessi con i processi di lavorazione.»1.

1 Industria. 4. Edilizia industriale. In Enciclopedie on line Treccani 2 G. Muratore. Archeologia industriale. In Enciclopedie on line Treccani. VII Appendice (2006)

Infatti, la progettazione industriale non si limita alla risoluzione di problemi di natura tecnica ma necessita un approfondito confronto con complesse questioni di carattere sociale, urbanistico e architettonico, da cui emerge la necessità di riconfigurare gli spazi secondo una precisa funzione, sfruttando tutte le possibilità dei nuovi materiali e delle nuove tecniche al fine di ottenere piena unità di forma e funzione.

Da qui risulta che progettare un apparato industriale non deve limitarsi

In risposta a queste problematiche è necessario definire una serie di “spazi produttivi” caratterizzati dal numero di fruitori e dalla funzione esplicata.

Spazi collettivi i servizi, i luoghi e i percorsi realizzati nel complesso produttivo. (I luoghi a cui possono accedere, senza alcun controllo, tutti i fruitori del complesso produttivo) Spazi semi-collettivi i servizi, i luoghi aperti, i percorsi e i disimpegni definiti da un sottogruppo di ambienti di produzione.

(I luoghi a cui possono accedere, senza alcun controllo, i fruitori del complesso produttivo) Spazi privati di stoccaggio gli spazi coperti destinati allo stoccaggio dei materiali di pertinenza dei soli fruitori delle aree di produzione. (I luoghi a cui di norma accedono i soli fruitori delle aree di produzione) Spazi privati di didattica gli spazi coperti destinati ad uso didattico di pertinenza dei soli fruitori delle aree di produzione. (I luoghi a cui di norma accedono i soli fruitori delle aree di produzione) Spazi privati di produzione gli spazi coperti destinati alla produzione usati individualmente dai singoli fruitori dell’unità produttiva.

(I luoghi a cui di norma accedono individualmente i fruitori della singola unità) Spazi privati d’igiene gli spazi coperti usati individualmente dai singoli fruitori dell’unità produttiva. (I luoghi a cui di norma accedono individualmente i fruitori della singola unità) Spazi pubblici d’igiene gli spazi coperti realizzati nel complesso produttivo. (I luoghi a cui possono accedere, senza alcun controllo, tutti i fruitori del complesso produttivo) 154

Fonte: E. Battisti, Archeologia industriale. Architettura, lavoro, tecnologia, economia e la vera rivoluzione industriale, Milano 2001.

I. Tognarini, A. Nesti, Archeologia industriale. L’oggetto, i metodi, le figure professionali, Roma 2003.

G. Papuli, Archeologia del patrimonio industriale. Il metodo e la disciplina, Perugia 2004.

a prevedere esclusivamente ambienti destinati ad attività lavorative ma si pone l’obiettivo di rispondere alla necessità di assolvere ad una complessa funzione sociale, al fine di prevedere, oltre al nucleo produttivo con annessi uffici, anche un comparto relativo ai diversi servizi annessi.

«In tale prospettiva, il campo che è stato toccato da quanto negli ultimi decenni è andato sotto il nome di archeologia industriale costituisce, ora che, agli inizi del nuovo secolo, le condizioni del produrre vanno così vorticosamente trasformando le loro più tradizionali connotazioni, lo scenario di vasto respiro rispetto al quale è possibile individuare interessanti prospettive operative.»2.

Quindi si può dire che il complesso processo progettuale dei nuovi spazi produttivi non può prevedere una mera rivalutazione fine a sé stessa di materiali, di manufatti, di ambienti, di documenti le cui destinazioni primarie sono obsolete sotto molteplici punti di osservazione, ma deve prevedere una complementare destinazione di tipo sociale, culturale ed economica di oggetti, architetture, ambienti e dati.

Spazi adibiti ad uso lavorativo gli spazi aperti e coperti realizzati nel complesso produttivo che definiscono un’ambiente lavorativo. (I luoghi a cui può accedere solo il personale autorizzato) Spazi adibiti ad uso ristorativo gli spazi aperti e coperti realizzati nel complesso produttivo che definiscono un ambiente ristorativo. (I luoghi a cui possono accedere, senza alcun controllo, i fruitori del servizio; è composto da spazi accessibili solo da personale autorizzato) Spazi adibiti ad uso ricreativo gli spazi aperti e coperti realizzati nel complesso produttivo che definiscono un ambiente ludico, sportivo o ricreativo. (I luoghi a cui possono accedere, senza alcun controllo, i fruitori del servizio; è composto da spazi accessibili solo da personale autorizzato) Spazi adibiti ad uso commerciale gli spazi coperti realizzati nel complesso produttivo che definiscono un ambiente dedicato al commercio di merci o servizi. (I luoghi a cui possono accedere, senza alcun controllo, i fruitori del servizio; è composto da spazi accessibili solo da personale autorizzato)

Necessaria è l’individuazione di una divisione tra gli spazi imprescindibili dalla funzione produttiva e quelli invece complementari, che non si presentano come di vitale importanza ma come garanti di ulteriori relazioni.

155

1

A

B

C

D

C4 | Via dei Gerani, 26 D7 | Viale Tommaso Columbo, 46 D2 | Via delle Magnolie, 4 C6 | Via Francesco Fuzio, 2

E

Localizzazione F

casi di studio

2

3

4

5

6

7

157

158

C4 | Via dei Gerani, 26 Utilizzo dei manufatti Non utilizzato Destinazione d’uso precedente l’abbandono Produttivo Fattore di rischio Alcun rischio apparente Regime di conservazione Utilizzabile Struttura Calcestruzzo armato Altezza massima 8 mt Area edificata 4.534 mq Volume 36.274 mc Area lotto 11.878 mq Rapporto con la strada Grande direttrice di traffico Rapporto con l’area di pertinenza x >1-Rc Rapporto con la morfologia di copertura Falda / Piana Rapporto con il sistema di chiusura verticale esterna Semitrasparente

L’edificio ed il lotto preso in esame sorgono nella zona nord dell’area di pertinenza dell’ASI Bari-Modugno in prossimità di una delle maggiori arterie di traffico della zona industriale. Proprio questa strada ospiterà parte di quella che verrà definita come camionale “Porta del Levante”.

Il lotto, di proprietà privata, si presenta con una fisionomia prettamente rettangolare ed ospita al suo interno due corpi di fabbrica fortemente connessi. Questi sviluppandosi su di un’area di 4.530 mq e un’altezza di 8 m presentano un volume di 36.250 mc circa; internamente i due corpi di fabbrica risultano scansionati in due livelli.

Il manufatto, nella sua totalità, attualmente versa in uno stato di inutilizzo nonostante mostri uno stato conservativo ottimale, tale da poter essere indicato come edificio pronto ad essere riutilizzato senza la necessità di alcun tipo di operazione di manutenzione straordinaria.

Osservandone la fisionomia è possibile intuire la precedente destinazione d’uso produttiva. Dal punto di vista strutturale è caratterizzato da calcestruzzo armato, realizzato con elementi prefabbricati. Interessante è proprio la facciata che si mostra sul lato corto esposta alla strada, caratterizzata da una scansione ritmica dovuta alla messa in opera di elementi prefabbricati tipici delle costruzioni in ambito industriale-produttivo.

Pedissequamente al manuale d’intervento è possibile evidenziare le invarianti che caratterizzano lotto ed edifici presenti al suo interno. In questo caso specifico il lotto si affaccia direttamente su di una grande direttrice di traffico, come accennato precedentemente. Per quanto riguarda il rapporto con la sua area di pertinenza non offre ampi spazi, ma è da rilevare un’importante superficie permeabile in parte alberata. Trattando il rapporto con la morfologia di copertura è possibile individuare sia una tipologia piana, nel primo elemento sul fronte della strada, che una tipologia a doppia falda inclinata nell’elemento edilizio non visibile direttamente dal fronte stradale.

Analizzando le facciate, e quindi il rapporto con il sistema di apertura, è possibile osservare una chiusura verticale esterna tipicamente semitrasparente. Nel primo elemento presenta una finestratura più tipica dei manufatti adibiti ad ufficio mentre nel secondo blocco, di dimensione più ampia, sono presenti delle finestrature di piccola dimensione atte a garantire un rapporto aeroilluminante sufficiente.

A sinistra | vista anteriore dall’alto, foto di Vincenzo Binetti

159

C4 | Via dei Gerani, 26 | Report fotografico

160

A sinistra | prospetto principale A destra | vista di dettaglio, foto di Vincenzo Binetti In basso a sinistra | vista posteriore dall’alto, foto di Vincenzo Binetti In basso | vista laterale dall’alto, foto di Vincenzo Binetti

161

C4 | Via dei Gerani, 26 | Report fotografico

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A sinistra | vista laterale dall’alto, foto di Vincenzo Binetti In basso a sinistra | vista di dettaglio In basso | vista laterale dall’alto, foto di Vincenzo Binetti

163

C4 | Via dei Gerani, 26 | Stato di fatto

164

0

7

35 m

165

ABITARE

C4 | Via dei Gerani, 26 | Inquadramento urbano

4

C

166

Scala 1:6.000

5

viale De Blasio

167

ABITARE

C4 | Via dei Gerani, 26 | Sezione

168

Scelte tecnologiche L’intero spirito progettuale ruota intorno alla volontà di applicare, e modellare sull’edificio stesso, i canoni e i dettami presentati all’interno del manuale d’intervento precedentemente presentato.

Per quanto riguarda l’invariante del rapporto con la strada è bene ricordare come il lotto in questione presenti l’ingresso principale rivolto sul versante di una strada definita come Grande direttrice di traffico.

Originariamente l’area protagonista della trasformazione si affacciava in maniera non diretta sull’arteria di traffico presentando un sistema di filtro che favoriva l’accessibilità al fabbricato. In ottica progettuale quindi si è deciso di potenziare il sistema degli smorzatori di traffico realizzando anche un percorso d’accesso e percorrenza del lotto che per natura necessita una velocità fortemente limitata. Come filtro acustico e visivo, ed inoltre per migliorare la salubrità dell’aria è stata realizzata una barriera verticale naturale.

Per quanto riguarda il rapporto con l’area di pertinenza si registrava una superficie del lotto abbastanza ampia per realizzare aree a verde a servizio degli utenti delle residenze e degli uffici e ampi parcheggi semi coperti con sistemi energetici, nello specifico fotovoltaici, posti in copertura. Per i parcheggi non coperti è stata adottata una pavimentazione permeabile per favorire il ciclo naturale dell’acqua limitando la permeabilizzazione del suolo.

Essendo una struttura che originariamente presentava, in maniera maggioritaria, una copertura di tipo a falda si è mantenuto questa caratteristica anche nell’ambito della riqualificazione. Applicando gli indirizzi del manuale d’intervento quindi si può registrare la messa in opera di sistemi fotovoltaici disposti in copertura sia per la parte a falda che per la piccola porzione piana. Interessante è sottolineare come in determinati punti, ove occorreva una schermatura solare questi sistemi energetici assumono anche la funzione di frangisole.

Trattando invece l’aspetto relativo al sistema di chiusure verticali esterne, si registra che la maggioranza dei sistemi di tamponamento verticale originari sono stati eliminati o sostituiti; mentre sul versante rivolto ad est si può registrare l’inserimento di un sistema di green wall, posto su di un tamponamento continuo.

Scelte architettoniche Dal punto di vista compositivo l’idea è quella di creare una formula insediativa che vada ad unire in maniera sinergica l’abitare e l’attività lavorativa, in questo caso attività d’ufficio.

169

ABITARE

C4 | Via dei Gerani, 26 | Prospetto

Il blocco originariamente destinato ad uffici, posto immediatamente dopo l’ingresso, è stato mantenuto subendo modifiche, data la sua configurazione identitaria. Al primo livello gli spazi sono stati destinati ad attività ristorative per garantire servizi tali da mantenere lo spazio vitale per un lasso di tempo prolungato. Lo spazio destinato ad uffici è stato connesso visivamente e fisicamente ad una porzione ricavata dalla struttura originaria, che ospitava il capannone industriale, mettendo in luce la volontà di unire e potenziare spazi e funzioni.

Un grande cambiamento vede come palcoscenico l’area occupata dal fabbricato industriale. Questa subendo un processo di svuotamento

A destra | rappresentazione dell’idea progettuale tramite addizione (verde) e sottrazione (rosso) di volume Nella pagina seguente | schema funzionale

170

Area superficie calpestabile 14.189 mq Area spazi abitativi 6.264 mq | 44% Area spazi complementari 2.037 mq | 13% Area a standard 5.888 mq | 43%

25%

30%

/

3%

/

2%

6%

/

4%

/

diviene uno spazio fortemente permeabile, in cui l’apertura di piazze e varchi rende possibile godere della nuda struttura originaria.

All’interno di questa nuova area, con il fine di sfruttare al meglio la disposizione degli elementi strutturali, sono state inserite le unità abitative disponendole su due livelli fuori terra. Interessante è osservare come la copertura a doppia falda sia divenuta elemento compositivo, nonché tecnologico ospitando sistemi energetici solari. Questa, tenendo conto dell’esposizione e delle funzioni e spazi presenti all’interno del lotto, alterna in maniera modulare, spazi coperti, semitrasparenti e completamente liberi.

1%

8% 171

ABITARE

C4 | Via dei Gerani, 26 | Pianta piano terra

1

3

2

6

172

1

Abitazione

2

Uffici

3

Bar / Ristorante

4

Attrezzatura sportiva

5

Parcheggi coperti

6

Parcheggi scoperti

0

7

35 m

1

4

5

1

173

ABITARE

C4 | Via dei Gerani, 26 | Pianta piano primo

2

1

2

174

1

Abitazione

2

Uffici

3

Bar / Ristorante

4

Attrezzatura sportiva

5

Parcheggi coperti

6

Parcheggi scoperti

0

7

35 m

1

1

175

ABITARE

C4 | Via dei Gerani, 26 | Pianta piano delle coperture

176

0

7

35 m

177

ABITARE

C4 | Via dei Gerani, 26 | Tipologia abitativa

TIPOLOGIA DUPLEX Dati sulla singola unitĂ Superficie coperta 120 mq Superficie scoperta 31 mq Superficie totale 151 mq Altezza 8m Volume 356 mc Numero di utenti 2

DISPOSIZIONE A SCHIERA Dati totali Superficie coperta 720 mq Superficie scoperta 186 mq Superficie totale 906 mq Volume 2.136 mc Numero di utenti 12 178

Spazi privati di nucleo

50 mq 42% Spazi privati individuali

23 mq 20% Spazi privati d’igiene

10 mq 8% Spazi privati collettivi

37 mq 30%

Scala 1:200 179

ABITARE

C4 | Via dei Gerani, 26 | Dettaglio costruttivo

Scala 1:50 180

4.20 m

0.00 m 181

ABITARE

C4 | Via dei Gerani, 26 | Render

182

183

ABITARE

C4 | Via dei Gerani, 26 | Render

184

185

PRODURRE

C4 | Via dei Gerani, 26 | Inquadramento urbano

4

C

186

Scala 1:6.000

5

viale De Blasio

187

PRODURRE

C4 | Via dei Gerani, 26 | Sezione

188

Scelte tecnologiche Con il fine di applicare le linee guida presentate all’interno del manuale d’intervento si è conformato l’intero processo compositivo in chiave ecocompatibile anche in relazione agli spazi adibiti alla produzione e alle attività lavorative.

Sotto il punto di vista che interessa il rapporto con la strada, l’ingresso principale è rivolto, in maniera di per sé filtrata, verso una grande direttrice di traffico. Nell’ambito progettuale, con il fine di favorire l’accessibilità al fabbricato, si è deciso di potenziare il sistema degli smorzatori di traffico realizzando anche un percorso d’accesso e percorrenza del lotto che per natura necessita una velocità fortemente limitata. In quest’ambito progettuale è molto importante perché il lotto per la sua vocazione sarà interessato dal transito di mezzi di grandi dimensioni. Come filtro acustico e visivo, ed inoltre per migliorare la salubrità dell’aria è stata realizzata una barriera verticale naturale caratterizzata da piantumazioni ad alto fusto.

Per quanto riguarda il rapporto con l’area di pertinenza si registrava una superficie del lotto abbastanza ampia atta a realizzare spazi verdi a servizio dei lavoratori e dell’utenza del lotto. Vengono, inoltre, realizzati parcheggi semi coperti con sistemi energetici, nello specifico fotovoltaici, posti in copertura. Per i parcheggi non coperti è stata adottata una pavimentazione permeabile per favorire il ciclo naturale dell’acqua limitando la permeabilizzazione del suolo.

Dal punto di vista delle coperture sono state mantenute le coperture originarie di tipo a falda e piana. Coniugando gli indirizzi del manuale d’intervento quindi si può registrare la realizzazione di sistemi fotovoltaici disposti in copertura sia per la parte a falda che per la piccola porzione piana.

L’aspetto legato alle chiusure verticali esterne è il più interessante dell’intero progetto. Ove necessario sono state applicate schermature solari, mentre sotto l’aspetto energetico sul perimetro del parcheggio sono stati applicati pannelli fotovoltaici semitrasparenti capaci di conformare uno spazio e garantire un apporto energetico importante per le attività lavorative e produttive fortemente energivore.

Scelte architettoniche

La volontà compositiva è stata quella di fornire spazi produttivi e lavorativi capaci di creare opportunità per un’utenza trasversale favorendo l’economia locale.

189

PRODURRE

C4 | Via dei Gerani, 26 | Prospetto

Per quanto riguarda la volumetria poco è stato variato rispetto allo stato di fatto. La volumetria originaria del capannone è rimasta invariata ma segnata dalla presenza di differenti volumi interni, che si snodano tra percorsi fruibili da mezzi di lavoro e operai in maniera sicura e controllata; il tutto coperto dalla stessa copertura a falda originaria.

Dal punto di vista planimetrico la distribuzione è completamente differente dall’originaria ma di semplice concezione. Posta posteriormente vi è un ampio deposito sormontato da area parcheggio semiaperta servita autonomamente da una rampa. Il percorso per i mezzi di trasporto pesanti è indirizzato al deposito in maniera particolareggiata.

A destra | rappresentazione dell’idea progettuale tramite addizione (verde) e sottrazione (rosso) di volume Nella pagina seguente | schema funzionale

190

Area superficie calpestabile 15.167 mq Area spazi abitativi 7.728 mq | 51% Area spazi complementari 1.576 mq | 10% Area a standard 5.863 mq | 39%

Nella porzione anteriore si contrappongono due blocchi uno indirizzato all’attività produttiva e uno all’attività d’ufficio e coworking.

Quest’ultimo è connesso spazialmente al blocco anteriore, rivolto verso la strada che ospita uno store e uno spazio ristoro al piano terra. Le differenti volumetrie rappresentano le differenti funzioni e per questa ragione la scelta cromatica degli esterni favorisce la riconoscibilità e l’orientamento all’interno del lotto.

Interessante è evidenziare come gli spazi della produzione si sviluppano su due livelli all’interno di una “scatola” leggera capace di contenere materiali, spazi e percorsi in totale sicurezza.

12%

7%

23%

2%

9%

/

1%

1%

4%

1%

1% 191

PRODURRE

C4 | Via dei Gerani, 26 | Pianta piano terra

1

6

2 3

4

1

8

192

1

Spazi di produzione

6

Laboratori didattici

2

Uffici

7

Parcheggi coperti

3

Bar / Ristorante

8

Parcheggi scoperti

4

Store

5

Spazi di stoccaggio

0

7

35 m

7

5

193

PRODURRE

C4 | Via dei Gerani, 26 | Pianta piano primo

2 6

1

194

1

Spazi di produzione

6

Laboratori didattici

2

Uffici

7

Parcheggi coperti

3

Bar / Ristorante

8

Parcheggi scoperti

4

Store

5

Spazi di stoccaggio

0

7

35 m

7

195

PRODURRE

C4 | Via dei Gerani, 26 | Pianta piano delle coperture

196

0

7

35 m

197

PRODURRE

C4 | Via dei Gerani, 26 | Dettaglio costruttivo

Scala 1:50 198

4.00 m

0.00 m 199

PRODURRE

C4 | Via dei Gerani, 26 | Render

200

201

PRODURRE

C4 | Via dei Gerani, 26 | Render

202

203

204

D7 | Viale T. Columbo, 46 Utilizzo dei manufatti Non utilizzato Destinazione d’uso precedente l’abbandono Produttivo Fattore di rischio Degrado fisico Regime di conservazione Manutenzione straordinaria Struttura Acciaio / calcestruzzo armato

L’area presa in esame sorge nella zona est in prossimità dello svincolo della Strada Statale 16, perciò di semplice approdo per gli utenti provenienti dalla città. Presenta un lotto, di proprietà privata, dalla fisionomia trapezoidale all’interno del quale sorgono più corpi di fabbrica caratterizzati da differenti conformazioni architettoniche.

Dal punto di vista storico questo lotto apparteneva alle storiche officine Calabrese e fungeva da aggiunta al lotto originario, di ampie dimensioni, occupato da queste.

Altezza massima 15 mt Area edificata 7.456 mq Volume 57.902 mq Area lotto 23.027 mq

Il corpo di fabbrica esistente posizionato a ovest del lotto per ragioni legate allo stato di conservazione dovrà subire un processo di dismissione. Lo stesso vale per altri edifici di entità e dimensioni minore presenti all’interno del lotto localizzati principalmente lungo il versante sud in prossimità dell’ingresso.A est dell’area di pertinenza invece è presente il manufatto più grande, caratterizzato da un’area di 4.100 mq, un’altezza di 9 m e un volume di 37.000 mc circa. Internamente non presenta alcun tipo di suddivisone orizzontale. Il fabbricato dalla pianta rettangolare attualmente versa in uno stato di inutilizzo e degrado fisico importante, la sua struttura metallica prefabbricata necessità un’opera di manutenzione straordinaria affinché si possa parlare di riqualificazione. Dalla sua forma e struttura l’edificio era certamente utilizzato per attività produttive.

Rapporto con la strada Connessione secondaria Rapporto con l’area di pertinenza x ≤1-Rc Rapporto con la morfologia di copertura Shed / Piana / Falda Rapporto con il sistema di chiusura verticale esterna Semitrasparente

A sinistra | vista dall’alto, foto di Vincenzo Binetti

A nord fungendo da confine per il lotto è presente un edificio dalla fisionomia stretta e lunga che si sviluppa su di una superficie di 1.450 mq e, con un’altezza di circa 4 m, conforma un volume di 5.900 mc.

Il manufatto attualmente versa in uno stato di inutilizzo e degrado fisico abbastanza importante, perciò in ottica di rigenerazione necessita opere di manutenzione straordinaria. Osservando la fisionomia di questo specifico fabbricato si potrebbe identificare come destinazione d’uso precedente quella di spazio produttivo. Strutturalmente è un canonico edificio in calcestruzzo armato.

Pedissequamente al manuale d’intervento è possibile evidenziare le invarianti che caratterizzano lotto ed edifici presenti al suo interno.

In questo caso specifico il lotto si affaccia direttamente su di una connessione secondaria e per quanto riguarda il rapporto con la sua area di pertinenza offre spazi abbastanza ampi, anche grazie alle opere di dismissione precedentemente indicate. Focalizzandoci sull’edificio disposto ad est, per quanto riguarda il rapporto con la morfologia di copertura, presenta una tipologia modulare a shed. Osservando la sua facciata e analizzando quindi il rapporto con il suo sistema di apertura presenta una chiusura verticale esterna semitrasparente, non in ottimo stato di conservazione. Per quanto riguarda l’edificio disposto a nord analizzando la tecnologia edilizia adoperata per la copertura se ne identifica una piana di natura latero cementizia. Osservando la chiusura verticale esterna invece si riconosce, anche in questo caso, una tipologia semitrasparente.

205

D7 | Viale T. Columbo, 46 | Report fotografico

A sinistra | vista di dettaglio, foto di Walter Bolognino A destra | vista di dettaglio In basso | vista di dettaglio, foto di Walter Bolognino

206

207

D7 | Viale T. Columbo, 46 | Report fotografico

208

In alto a sinistra | vista di dettaglio In alto | vista di dettaglio A sinistra | vista di dettaglio, foto di Walter Bolognino A destra | vista di dettaglio, foto di Walter Bolognino

209

D7 | Viale T. Columbo, 46 | Stato di fatto

210

0

7

35 m

211

ABITARE

D7 | Viale T. Columbo, 46 | Inquadramento urbano

6

D

212

Scala 1:6.000

7

SS 16

213

ABITARE

D7 | Viale T. Columbo, 46 | Sezione

214

Scelte tecnologiche La volontà progettuale dell’area in questione si pone l’obiettivo di applicare i canoni e i dettami presentati all’interno del manuale d’intervento oggetto di studio.

Per quanto riguarda l’invariante del rapporto con la strada è bene ricordare come il lotto in questione presenti l’ingresso principale rivolto sul versante di una strada definita come “strada secondaria”. Vista la velocità piuttosto contenuta dei veicoli che percorrono quest’arteria è stato sufficiente ripristinare l’area adiacente l’ingresso del lotto attraverso un opportuno adeguamento del percorso carrabile per consentire l’accesso alle aree di parcheggio all’interno dell’area in questione.

Inoltre, come filtro acustico e visivo e per migliorare la salubrità dell’aria, è stata realizzata una barriera verticale naturale.

Per quanto riguarda il rapporto con l’area di pertinenza si registrava una superficie del lotto abbastanza ampia per realizzare aree a verde a servizio degli utenti delle residenze, degli uffici e della foresteria.

Ampi parcheggi semi coperti con sistemi tecnologici fotovoltaici favoriscono la produzione di energia elettrica, mentre una pavimentazione permeabile consente il ciclo naturale dell’acqua limitando la permeabilizzazione del suolo.

A causa dell’orientamento a nord della copertura a shed dell’involucro centrale sono stati aggiunti moduli orientati a sud al fine di disporre sistemi fotovoltaici previsti tra i diversi indirizzi applicativi del manuale d’intervento. È interessante portare all’attenzione del lettore che sono stati opportunamente selezionati pannelli permeabili alla luce con l’intenzione di non occludere il passaggio di radiazione solare nella zona sottostante. L’utilizzo del sistema fotovoltaico è stato applicato anche sulle coperture dei blocchi annessi a quello principale. Inoltre, sull’edificio destinato a foresteria e ad uffici, è stato opportunamente utilizzato un sistema di chiusura orizzontale superiore del tipo “tetto giardino”.

Trattando invece l’aspetto relativo al sistema di chiusure verticali esterne, si registra che la maggior parte dei sistemi di tamponamento verticale originari sono stati eliminati o sostituiti. Le abitazioni sono caratterizzate da sistemi di schermatura solare con brise soleil, mobili ad orditura verticale, per favorire l’ombreggiamento opportuno delle facciate esposte ad est e ad ovest.

215

ABITARE

D7 | Viale T. Columbo, 46 | Prospetto

Scelte architettoniche L’idea compositiva alla base del progetto è quella di creare un ambiente in cui l’abitare e l’attività lavorativa, in questo caso attività d’ufficio, possano sinergicamente convincere in uno stesso ambiente.

Del blocco originariamente destinato ad attività produttive, posto nell’area centrale del lotto, è stato completamente rimosso l’involucro esterno e ne è stato mantenuto invariato lo scheletro strutturale in acciaio, al cui interno sono stati inseriti nuovi blocchi edilizi destinati ad abitazione, conservando il profilo a shed delle coperture. Tali edifici presentano un’unica tipologia abitativa “duplex”, con facciate vetrate

A destra | rappresentazione dell’idea progettuale tramite addizione (verde) e sottrazione (rosso) di volume Nella pagina seguente | schema funzionale

216

Area superficie calpestabile 23.561 mq Area spazi abitativi 8.135 mq | 35% Area spazi complementari 4.851 mq | 21% Area a standard 10.575 mq | 44%

opportunamente schermate con sistemi brise soleil mobili, inserendosi in un contesto naturale alberato creato appositamente per garantire un elevato benessere termo-igrometrico.

La conformazione architettonica della lunga stecca adiacente il corpo centrale è stata conservata e destinata ad ambienti di lavoro e foresteria, al fine di realizzare un unico sistema organico. Qui inoltre è stato rielaborato il sistema delle facciate attraverso uno sventramento murario sostituito da ampie vetrate che garantiscano un’illuminazione adeguata.

In seguito alla demolizione dei restanti involucri edilizi presenti in quest’area, l’intero spazio rimanente è stato riprogettato con l’obiettivo di assicurare la presenza di aree a verde nonché aree sportive di vario tipo, con annesso un blocco destinato a bar e spogliatoi.

26%

3%

/

1%

/

13%

4%

/

2%

/

1%

2% 217

ABITARE

D7 | Viale T. Columbo, 46 | Pianta piano terra

5

5

5

6

7

6

218

1

Abitazione

6

Parcheggi coperti

2

Uffici

7

Portineria

3

Foresteria

4

Bar / Ristorante

5

Attrezzatura sportiva

0

7

35 m

4

5

3

1

2

219

ABITARE

D7 | Viale T. Columbo, 46 | Pianta piano primo

220

1

Abitazione

6

Parcheggi coperti

2

Uffici

7

Portineria

3

Foresteria

4

Bar / Ristorante

5

Attrezzatura sportiva

0

7

35 m

1

221

ABITARE

D7 | Viale T. Columbo, 46 | Pianta piano delle coperture

222

0

7

35 m

223

ABITARE

D7 | Viale T. Columbo, 46 | Tipologia abitativa

TIPOLOGIA DUPLEX Dati sulla singola unità Superficie coperta 148 mq Superficie scoperta 0 mq Superficie totale 148 mq Altezza 5÷9m Volume 750 mc Numero di utenti 4

DISPOSIZIONE ISOLATA Dati totali Superficie coperta 148 mq Superficie scoperta 0 mq Superficie totale 148 mq Volume 750 mc Numero di utenti 4 224

Spazi privati di nucleo

60 mq 40% Spazi privati individuali

43 mq 29% Spazi privati d’igiene

19 mq 14% Spazi privati collettivi

26 mq 17%

Scala 1:200 225

ABITARE

D7 | Viale T. Columbo, 46 | Dettaglio costruttivo

Scala 1:50 226

4.00 m

0.00 m 227

ABITARE

D7 | Viale T. Columbo, 46 | Render

228

229

ABITARE

D7 | Viale T. Columbo, 46 | Render

230

231

PRODURRE

D7 | Viale T. Columbo, 46 | Inquadramento urbano

6

D

232

Scala 1:6.000

7

SS 16

233

PRODURRE

D7 | Viale T. Columbo, 46 | Sezione

234

Scelte tecnologiche Al fine di adempiere all’obiettivo di applicare le linee guida presentate all’interno del manuale d’intervento, l’intero processo compositivo elabora un progetto ecocompatibile in relazione agli spazi adibiti alla produzione e alle attività lavorative.

Per assicurare al lotto un’adeguata accessibilità da parte dei mezzi di grandi dimensioni, visto il rapporto dell’area con una strada di tipo “secondaria”, è stato previsto un adeguamento dell’ingresso che garantisca l’accesso alle opportune aree di parcheggio, nonché di scarico merci, in prossimità dell’involucro di carattere produttivo. Inoltre, come filtro acustico e visivo e per migliorare la salubrità dell’aria, è stata realizzata una barriera verticale naturale attraverso l’innesto di piantumazioni ad alto fusto.

Per quanto riguarda il rapporto con l’area di pertinenza si registrava una superficie del lotto abbastanza ampia per realizzare aree a verde a servizio dei lavoratori e ampi parcheggi semi coperti con sistemi energetici, nello specifico fotovoltaici, posti in copertura ed una pavimentazione permeabile per favorire il ciclo naturale dell’acqua limitando la permeabilizzazione del suolo.

Con riferimento alle coperture, è stata conservata la relazione presente tra i diversi involucri, seppur trasformati e rielaborati nella loro conformazione architettonica. Coniugando gli indirizzi del manuale d’intervento quindi si può registrare la realizzazione di un impianto di produzione energetica mini-eolico disposto sulla copertura piana degli uffici.

L’aspetto più interessante dell’intero progetto è strettamente connesso all’utilizzo di sistemi di schermatura solare con brise soleil fissi applicati sulle facciate ad est e ad ovest con l’obiettivo di realizzare un ambiente di lavoro in cui sia garantito un elvetato benessere termo-igrometrico, determinato inoltre dalla presenza di grandi aree a verde opportunamente progettate.

Scelte architettoniche Il criterio progettuale adottato risponde all’esigenza di formulare un ambiente produttivo e lavorativo che presenti un carattere, non solo architettonico ma anche funzionale, organico e sinergico tra gli spazi destinati alla produzione, di piccola o media taglia, e altri destinati a servizi annessi.

Per conservare le peculiarità architettoniche tipiche degli spazi ivi pre235

PRODURRE

D7 | Viale T. Columbo, 46 | Prospetto

senti, che ben rispondono alle classiche tipologie formali degli edifici industriali, il corpo centrale, caratterizzato da una copertura a shed, è stato destinato ad attività produttive di vario genere che si articolano attorno ad opportuni spazi previsti per la manovra e l’utilizzo di macchinari di trasporto di piccole dimensioni. La facciata dell’involucro produttivo rivolta ad ovest presenta un’interessante dinamicità delle forme la cui differenziazione dei caratteri architettonici mostra esplicitamente le differenti destinazioni funzionali degli spazi progettati all’interno. Sono stati infatti progettati spazi di produzione artigianale con annesso store antistante, caratterizzati da una tridimensionalità della facciata; per quanto riguarda gli spazi di ristorazione le ampie

A destra | rappresentazione dell’idea progettuale tramite addizione (verde) e sottrazione (rosso) di volume Nella pagina seguente | schema funzionale

236

Area superficie calpestabile 24.455 mq Area spazi produttivi 7.942 mq | 32% Area spazi complementari 4.141 mq | 17% Area a standard 12.372 mq | 51%

17%

7%

4%

3%

4%

7%

/

/

vetrate mettono a nudo la struttura esistente, mentre le lunghe aperture presenti sugli involucri che racchiudono spazi lavorativi sono mascherati da un’epidermica schermatura di brise soleil. Il lungo edificio è stato, infatti, rimosso per lasciar spazio ad un involucro destinato a depositi al piano terra e uffici posti nel piano superiore.

Il progetto presenta caratteri che manifestano l’imponenza tipica degli impianti industriali classici attraverso la collaborazione di coperture a shed e piane in cui, tuttavia, l’utilizzo di materiali moderni e l’alternanza di differenti componenti cromatiche nonché l’applicazione di grafiche testuali si pongono l’obiettivo di assicurare una qualità dell’ambiente lavorativo sufficientemente elevata.

La demolizione dei restanti involucri edilizi presenti in quest’area lascia posto ad uno spazio riprogettato con la presenza di aree a verde nonché aree sportive di vario tipo ed annesso blocco destinato a bar e spogliatoi.

6%

1%

/ 237

PRODURRE

D7 | Viale T. Columbo, 46 | Pianta piano terra

6

238

1

Spazi di produzione

2

Uffici

3

Bar / Ristorante

4

Attrezzatura sportiva

5

Spazi di stoccaggio

6

4

0

Parcheggi coperti

4

7

35 m

3

3

2

5 1 1

239

PRODURRE

D7 | Viale T. Columbo, 46 | Pianta piano primo

240

1

Spazi di produzione

2

Uffici

3

Bar / Ristorante

4

Attrezzatura sportiva

5

Spazi di stoccaggio

6

Parcheggi coperti

0

7

35 m

1 2

241

PRODURRE

D7 | Viale T. Columbo, 46 | Pianta piano delle coperture

242

0

7

35 m

243

PRODURRE

D7 | Viale T. Columbo, 46 | Dettaglio costruttivo

Scala 1:50 244

5.00 m

0.00 m 245

PRODURRE

D7 | Viale T. Columbo, 46 | Render

246

247

PRODURRE

D7 | Viale T. Columbo, 46 | Render

248

249

250

D2 | Via delle Magnolie, 4 Utilizzo dei manufatti Non utilizzato Destinazione d’uso precedente l’abbandono Produttivo Fattore di rischio Degrado fisico Regime di conservazione Manutenzione straordinaria Struttura Calcestruzzo armato Altezza massima 9 mt Area edificata 3.181 mq Volume 27.188 mc Area lotto 12.517 mq Rapporto con la strada Grande direttrice di traffico Rapporto con l’area di pertinenza x ≤1-Rc Rapporto con la morfologia di copertura Falda / Piana Rapporto con il sistema di chiusura verticale esterna Semitrasparente

A sinistra | vista dall’alto, foto di Vincenzo Binetti

Il lotto preso in esame sorge nella zona nord-ovest dell’area di pertinenza dell’ASI in prossimità di una delle maggiori arterie di traffico della zona industriale. Proprio questa strada ospiterà quella che verrà definita come camionale “Porta del Levante”.

Il lotto di proprietà privata, presenta una fisionomia triangolare all’interno del quale sorgono due grandi corpi di fabbrica accostati caratterizzati da differenti conformazioni architettoniche.

Il corpo di fabbrica posizionato più a sud del lotto presenta una pianta regolare di semplice lettura; caratterizzato da un’area di 1.700 mq, un’altezza di 9 m ed un volume di 15.500 mc circa è scansionato orizzontalmente al suo interno in tre livelli. Il manufatto attualmente versa in uno stato di inutilizzo e degrado fisico abbastanza importante, per questa ragione nell’ambito della riqualificazione è necessario predisporre un intervento di manutenzione straordinaria.

Osservando la fisionomia di questo edificio è possibile determinare la precedente destinazione d’uso produttiva. Dal punto di vista strutturale è caratterizzato da una struttura in calcestruzzo armato, realizzato con elementi prefabbricati.

Immediatamente adiacente a questo, connesso in piccola parte, è presente l’altro corpo di fabbrica di grandi dimensioni. L’edificio in questione presenta una pianta ad “S”, non canonicamente industriale.

Sviluppandosi su di un’area di 1.450 mq e un’altezza di 8 m presenta un volume di 11.600 mc circa scansionato internamente in due livelli.

Le caratteristiche circa il suo stato conservativo e destinazione d’uso precedente sono le medesime del manufatto ad esso adiacente precedentemente presentato. Strutturalmente presenta un’intelaiatura in calcestruzzo armato con un doppio vano scala centrale.

Per quanto riguarda il manuale d’intervento è possibile evidenziare le invarianti che caratterizzano lotto ed edifici presenti al suo interno. In questo caso specifico il lotto si affaccia in maniera non diretta su di una grande direttrice di traffico, come accennato precedentemente.

Per quanto riguarda il rapporto con la sua area di pertinenza il lotto offre spazi sul suolo discretamente ampi, capaci quindi di ospitare differenti attività e funzioni. Per quanto riguarda il rapporto con la morfologia di copertura abbiamo due tipologie differenti. L’edificio a pianta regolare presenta una copertura a doppia falda (ripetuta due volte) con la presenza di lucernari, mentre l’edificio con la pianta ad “S” presenta una copertura piana realizzata con una classica tecnologia latero cementizia. Osservando ora facciate e analizzando quindi il rapporto con il suo sistema di apertura presenta per entrambi gli edifici una chiusura verticale tipicamente semitrasparente. Se nell’edificio a copertura piana è presente una finestratura definibile come “a nastro”, nell’altro con copertura a falda sono presenti finestrature minute e ampi portali di servizio anche per mezzi di trasporto di grandi dimensioni.

251

D2 | Via delle Magnolie, 4 | Report fotografico

252

In alto a sinistra | vista di dettaglio, foto di Walter Bolognino In alto | vista di dettaglio, foto di Walter Bolognino A sinistra | vista di dettaglio, foto di Walter Bolognino

253

D2 | Via delle Magnolie, 4 | Report fotografico

254

A sinistra | vista di dettaglio, foto di Walter Bolognino A destra | vista di dettaglio, foto di Walter Bolognino In basso | vista di dettaglio, foto di Walter Bolognino

255

D2 | Via delle Magnolie, 4 | Stato di fatto

256

0

7

35 m

257

ABITARE

D2 | Via delle Magnolie, 4 | Inquadramento urbano

2 viale De Blasio

D

258

Scala 1:6.000

3

259

ABITARE

D2 | Via delle Magnolie, 4 | Sezione

260

Scelte tecnologiche La volontà compositiva, che sottende l’intero processo rigenerativo con protagonista l’edificio e il suo lotto di pertinenza, cerca di attuare le linee presentate all’interno del manuale d’intervento precedentemente descritto e illustrato.

Per quanto riguarda l’invariante del rapporto con la strada è bene ricordare come il lotto abbia l’ingresso verso una strada definita all’interno del manuale come grande direttrice di traffico. Originariamente questo lotto si affacciava in maniera non diretta sull’arteria di traffico tramite una piccola strada di servizio che facilita e favorisce manovre e ingressi al fabbricato anche per veicoli pesanti. In ambito progettuale si è optato per inserire un miglior sistema di segnaletica orizzontale e sistemi di filtro acustico e visivo di tipo verticale. Questo ruolo viene assolto dalla piantumazione di essenze sempreverdi ad alto fusto.

Per quanto riguarda il rapporto con l’area di pertinenza si registrava originariamente una superficie del lotto con un rapporto di copertura favorevole per l’installazione di tecnologie e la realizzazione di sistemi verdi e di parcheggio direttamente a livello del terreno. Perciò sono state realizzate ampie aree verdi a servizio delle residenze e dell’impianto sportivo-ricreativo, come ad esempio la realizzazione di uno skatepark all’aperto, e parcheggi permeabili.

Originariamente la struttura presentava una copertura di tipo a falda perciò mantenendo questa caratteristica e riproponendola anche per la porzione di nuova realizzazione, sono stati disposti sistemi fotovoltaici che interessano anche la piccola porzione a copertura piana.

Per quanto riguarda l’invariante del sistema di chiusure verticali esterne si registra, per la porzione non di nuova installazione, un totale snellimento delle tecnologie originarie a favore di sistemi permeabili caratterizzati da tecnologie sostenibili. A seconda dell’esposizione sono stati progettati sistemi di schermature solari.

Garantire il benessere termo igrometrico, nonché una quasi indipendenza ed autonomia energetica degli ambienti progettati, è il fine primo delle scelte tecnologiche applicate.

Scelte architettoniche L’intero processo compositivo ha la volontà di rigenerare lo spazio urbano creando spazi abitativi e spazi ricreativi inseriti nel medesimo contesto. Il progetto “pilota” propone la commistione tra l’attività fisico-ricreativa e l’abitare.

261

ABITARE

D2 | Via delle Magnolie, 4 | Prospetto

Il lotto, originariamente caratterizzato da due edifici separati, viene modificato tramite aggiunte e sottrazioni di volumetrie importanti. La fisionomia del costruito cambia completamente impaginazione anche se di fatto il sedime occupato originariamente, e quindi gran parte delle strutture, in ottica di riuso, vengono mantenute.

Il blocco che originariamente ospitava uffici viene completamente rivoluzionato sia per quanto riguarda gli esterni che gli interni, dove vengono distribuiti spazi destinati al fitness. Questo corpo di fabbrica presenta una fisionomia allungata che lo porta ad inserirsi visivamente all’interno dello spazio posto posteriormente, dove originariamente aveva sede il capannone industriale. Proprio nella parte terminale è stata inserita una piscina con relativi spalti.

A destra | rappresentazione dell’idea progettuale tramite addizione (verde) e sottrazione (rosso) di volume Nella pagina seguente | schema funzionale

262

Area superficie calpestabile 14.860 mq Area spazi abitativi 5.995 mq | 40% Area spazi complementari 3.118 mq | 20% Area a standard 5.747 mq | 40%

Ove era presente il fabbricato di natura industriale, sonno state inserite delle abitazioni che si sviluppano su tre livelli fuori terra. Il secondo livello viene servito tramite un ballatoio. In ottica compositivo progettuale le strutture originarie sono state preservate e riutilizzate divenendo protagoniste di questa nuova spazialitĂ .

La copertura, quasi interamente di nuova concezione, è stata progettata in modo tale da ospitare sistemi capaci di sfruttare l’energia rinnovabile solare e permettere di schermare le ampie vetrate delle abitazioni.

25%

/

2%

5%

/

15%

7%

/

3%

/

1%

2% 263

ABITARE

D2 | Via delle Magnolie, 4 | Pianta piano terra

4

1 3

3 3

1

264

0

1

Abitazione

2

Bar / Ristorante

3

Attrezzatura sportiva

4

Parcheggi scoperti

7

35 m

2

265

ABITARE

D2 | Via delle Magnolie, 4 | Pianta piano primo

1

1 3

3

266

1

Abitazione

2

Bar / Ristorante

3

Attrezzatura sportiva

4

Parcheggi scoperti

0

7

35 m

2

267

ABITARE

D2 | Via delle Magnolie, 4 | Pianta piano secondo

1

1

268

1

Abitazione

2

Bar / Ristorante

3

Attrezzatura sportiva

4

Parcheggi scoperti

0

7

35 m

269

ABITARE

D2 | Via delle Magnolie, 4 | Pianta piano delle coperture

270

0

7

35 m

271

ABITARE

D2 | Via delle Magnolie, 4 | Tipologia abitativa

TIPOLOGIA SINGOLA Dati sulla singola unitĂ Superficie coperta 133 mq Superficie scoperta 0 mq Superficie totale 133 mq Altezza 3,5 m Volume 466 mc Numero di utenti 4

DISPOSIZIONE A SCHIERA Dati totali Superficie coperta 266 mq Superficie scoperta 0 mq Superficie totale 266 mq Volume 932 mc Numero di utenti 8 272

Spazi privati di nucleo

65 mq 49% Spazi privati individuali

43 mq 32% Spazi privati d’igiene

10 mq 7% Spazi privati collettivi

15 mq 12%

Scala 1:250 273

ABITARE

D2 | Via delle Magnolie, 4 | Tipologia abitativa

TIPOLOGIA DUPLEX Dati sulla singola unitĂ Superficie coperta 89 mq Superficie scoperta 7 mq Superficie totale 96 mq Altezza 7m Volume 352 mc Numero di utenti 2

DISPOSIZIONE A BALLATOIO Dati totali Superficie coperta 356 mq Superficie scoperta 28 mq Superficie totale 384 mq Volume 1.408 mc Numero di utenti 8 274

Spazi privati di nucleo

54 mq 57% Spazi privati individuali

25 mq 26% Spazi privati d’igiene

10 mq 10% Spazi privati collettivi

7 mq 7%

Scala 1:250 275

ABITARE

D2 | Via delle Magnolie, 4 | Dettaglio costruttivo

Scala 1:60 276

4.75 m

0.00 m 277

ABITARE

D2 | Via delle Magnolie, 4 | Render

278

279

ABITARE

D2 | Via delle Magnolie, 4 | Render

280

281

PRODURRE

D2 | Via delle Magnolie, 4 | Inquadramento urbano

2 viale De Blasio

D

282

Scala 1:6.000

3

283

PRODURRE

D2 | Via delle Magnolie, 4 | Sezione

284

Scelte tecnologiche Attuando le linee guida presentate all’interno del manuale d’intervento il lotto e i suoi edifici si rendono protagonisti di un processo rigenerativo importante sia dal punto di vista compositivo che tecnologico.

Per quanto riguarda l’invariante del rapporto con la strada il lotto mantiene l’originario affaccio non diretto, tramite una piccola strada di servizio che facilita e favorisce manovre e ingressi al fabbricato anche per veicoli pesanti, su di una strada definita come grande direttrice di traffico. In ambito progettuale si è optato per inserire un miglior sistema di segnaletica orizzontale e sistemi di filtro acustico e visivo di tipo verticale. Questo ruolo viene assolto dalla piantumazione di essenze sempreverdi ad alto fusto. Essendo uno spazio dedito alla produzione il rapporto con la viabilità, sia interna che esterna, è l’aspetto fondamentale che indirizza tutto il processo produttivo.

Per quanto riguarda il rapporto con l’area di pertinenza si registrava originariamente una superficie del lotto con un rapporto di copertura favorevole per l’installazione di tecnologie e la realizzazione di sistemi verdi e di parcheggio direttamente a livello del terreno. Perciò sono state realizzate aree verdi a servizio degli spazi destinati all’attività produttiva e parcheggi permeabili.

Dal punto di vista delle coperture queste non hanno subito grandi variazioni morfologiche, ma presentano qualche apertura in più rispetto allo stato di fatto e ospitano sistemi fotovoltaici che si sviluppano in minima parte anche sulle porzioni piane. L’obiettivo è di garantire un apporto di energia importante per soddisfare il bisogno degli spazi lavorativi.

Per quanto riguarda l’invariante del sistema di chiusure verticali esterne si registra la realizzazione, a seconda dell’esposizione e della funzione degli spazi interni, di sistemi di brise soleil verticali fissi capaci di garantire un adeguato apporto luminoso, favorendo anche un benessere termoigrometrico idoneo durante le ore lavorative.

L’indirizzo progettuale voluto è stato quello di realizzare ambienti di lavoro e produzione di nuova concezione non energivori, ove le tecnologie sono applicate in maniera strettamente connessa alla funzione inserita all’interno dei volumi.

Scelte architettoniche Le scelte architettoniche sono dettate dalla volontà di realizzare spazi lavorativi di nuova concezione, capaci di catalizzare l’interesse di utenti differenti e opportunità per l’economia locale.

285

PRODURRE

D2 | Via delle Magnolie, 4 | Prospetto

Dal punto di vista volumetrico è facile osservare come il lotto posto subito dopo l’ingresso abbia subito una sottrazione. Questa favorisce la fruibilità degli spazi del lotto nonché garantisce percorsi sicuri e controllati per i mezzi di trasporto pesanti. Il capannone industriale originario invece non modifica la sua fisionomia. È caratterizzato da svuotamenti al suo interno ma nella parte dei depositi la sua vocazione spaziale resta la medesima e anche le tamponature esterne vengono minimamente modificate.

La volontà è creare blocchi dalle funzioni differenziate, sottolineate da una forte cromaticità, capaci di collaborare spazialmente ma senza

A destra | rappresentazione dell’idea progettuale tramite addizione (verde) e sottrazione (rosso) di volume Nella pagina seguente | schema funzionale

286

Area superficie calpestabile 16.393 mq Area spazi produttivi 6.036 mq | 37% Area spazi complementari 1.370 mq | 8% Area a standard 8.987 mq | 55%

15%

4%

7%

1%

5%

4%

creare sovrapposizioni di percorsi, quindi garantendo la sicurezza degli utenti e dei lavoratori. È un aspetto chiave in ottica di progettazione se si tiene conto della presenza di mezzi di lavoro come muletti e alle volte autocarri.

Le funzioni produttive sono racchiuse dalla copertura a falda originaria, mentre l’elemento più leggero e minuto che ospita spazi di coworking è collegato superiormente al blocco produttivo con opportuni percorsi frammentati e filtrati. Il blocco produttivo, in basso a sinistra, sviluppandosi su due livelli offre officine di diversa taglia a seconda delle svariate necessità dell’utenza futura.

/

3%

4%

1%

1% 287

PRODURRE

D2 | Via delle Magnolie, 4 | Pianta piano terra

7

5

8

6 1

288

3

1

Spazi di produzione

6

Laboratori didattici

2

Uffici

7

Parcheggi coperti

3

Bar / Ristorante

8

Parcheggi scoperti

4

Store

5

Spazi di stoccaggio

0

7

35 m

4

289

PRODURRE

D2 | Via delle Magnolie, 4 | Pianta piano primo

6 2

1

290

1

Spazi di produzione

6

Laboratori didattici

2

Uffici

7

Parcheggi coperti

3

Bar / Ristorante

8

Parcheggi scoperti

4

Store

5

Spazi di stoccaggio

0

7

35 m

291

PRODURRE

D2 | Via delle Magnolie, 4 | Pianta piano delle coperture

292

0

7

35 m

293

PRODURRE

D2 | Via delle Magnolie, 4 | Dettaglio costruttivo

Scala 1:50 294

6.00 m

0.00 m 295

PRODURRE

D2 | Via delle Magnolie, 4 | Render

296

297

PRODURRE

D2 | Via delle Magnolie, 4 | Render

298

299

300

C6 | Viale F. Fuzio, 2 Utilizzo dei manufatti Non utilizzato Destinazione d’uso precedente l’abbandono Produttivo Fattore di rischio Alcun rischio apparente Regime di conservazione Manutenzione ordinaria Struttura Calcestruzzo armato Altezza massima 9 mt Area edificata 4.050 mq Volume 36.440 mc Area lotto 14.400 mq Rapporto con la strada Connessione secondaria Rapporto con l’area di pertinenza x ≤1-Rc Rapporto con la morfologia di copertura Piana Rapporto con il sistema di chiusura verticale esterna Semitrasparente

Il lotto preso in esame sorge nella zona nord-est dell’area di pertinenza dell’ASI in un’area subito prossima ad una delle maggiori arterie di traffico della zona industriale (futura camionale “porta del Levante”).

Per questa ragione rappresenta un’area interessante in ottica di rigenerazione.

Il lotto di proprietà privata, presenta una planimetria rettangolare all’interno della quale sorge un grande corpo di fabbrica rettangolare.

Il lotto risulta adiacente alla linea di binari che taglia l’intera zona ASI. Il corpo di fabbrica posizionato in maniera decentrata rispetto al lotto presenta un’area di 4.050 mq, un’altezza di 9 m ed un volume di 36.400 mc circa e internamente presenta una partizione a doppio livello.

La morfologia del lotto rappresenta un chiaro e canonico esempio riccorrente innumerevoli volte all’interno dell’area produttiva ASI. Il manufatto attualmente versa in uno stato di inutilizzo non presentando però alcun fattore di rischio apparente legato alla struttura e al suo stato di conservazione al punto da essere possibile un processo di riattivazione tramite opere di manutenzione ordinaria. Osservando la fisionomia di questo edificio è possibile attribuire come destinazione d’uso precedente quella di spazio produttivo. Dal punto di vista strutturale è caratterizzato da una struttura in calcestruzzo armato, realizzato con elementi prefabbricati.

Osservando il lotto e il fabbricato, seguendo le direttive fornite dal manuale d’intervento, è possibile individuare le invarianti da poter poi utilizzare come punto di partenza in ottica di riqualificazione. Dal punto di vista del rapporto con la strada il lotto presenta un accesso indiretto su di una connessione secondaria, l’accesso è caratterizzato da uno spazio di filtro già adibito a parcheggio. Per quanto riguarda il rapporto con la sua area di pertinenza si osserva un’estesa superficie libera, ideale per poter ospitare differenti attività e funzioni.

Per quanto riguarda il rapporto con la morfologia di copertura, invece, si può osservare la presenza di una copertura piana con dei lucernari dalla forma longilinea.

Riguardo il rapporto con le chiusure verticali esterne l’edificio presenta un involucro semitrasparente, caratterizzato da aperture a nastro, ed inoltre ampi portali dalla originaria funzione di carico e scarico di mezzi pesanti.

A sinistra | vista dall’alto, foto di Vincenzo Binetti

301

C6 | Viale F. Fuzio, 2 | Report fotografico

In alto | vista di dettaglio, foto di Vincenzo Binetti In alto a destra | vista di dettaglio, foto di Walter Bolognino A destra | vista anteriore dall’alto, foto di Vincenzo Binetti

302

303

C6 | Viale F. Fuzio, 2 | Report fotografico

In alto | vista di dettaglio In alto a destra | vista dall’alto, foto di Vincenzo Binetti A destra | vista anteriore dall’alto, foto di Vincenzo Binetti

304

305

C6 | Viale F. Fuzio, 2 | Stato di fatto

306

0

7

35 m

307

ABITARE

C6 | Viale F. Fuzio, 2 | Inquadramento urbano

6

viale De Blasio

C

308

Scala 1:6.000

7

SS 16

309

ABITARE

C6 | Viale F. Fuzio, 2 | Sezione

310

Scelte tecnologiche L’obiettivo compositivo di questo progetto è quello di applicare i caratteri tecnologici e architettonici presentati all’interno del manuale d’intervento oggetto di studio.

L’ingresso del lotto è rivolto ad una strada definita, secondo la caratterizzazione dell’invariante, “secondaria” e mette in connessione l’attuale SS16 con viale De Blasio, futura camionale. Vista la velocità piuttosto contenuta dei veicoli che percorrono quest’arteria, si è deciso di ripristinare l’area adiacente l’ingresso del lotto attraverso un opportuno adeguamento del percorso carrabile per consentire l’accesso ai parcheggi. Inoltre, come filtro acustico e visivo e per migliorare la salubrità dell’aria, è stata realizzata una barriera verticale naturale.

L’ampia area scoperta del lotto permette la realizzazione di aree a verde a servizio degli utenti delle residenze e ampi parcheggi semi coperti con sistemi energetici, nello specifico fotovoltaici, posti in copertura, inoltre è stata utilizzata una pavimentazione permeabile per favorire il ciclo naturale dell’acqua limitando la permeabilizzazione del suolo.

Per rispondere a criteri di efficientamento e produzione energetica, previsti dal manuale d’intervento precedentemente formulato, è stato previsto un opportuno impianto mini-eolico applicato sulle coperture delle abitazioni, dimensionato in modo da rendere tali sistemi abitativi autosufficienti e con un impatto ambientale decisamente ridotto.

Trattando l’aspetto relativo al sistema di chiusure verticali esterne, alla maggioranza dei moduli di tamponamento verticale trasparenti, in corrispondenza delle facciate rivolte ad est e ad ovest delle abitazioni, è stato applicato un sistema di schermatura solare con brise soleil mobili ad orditura verticale. Inoltre, per garantire un benessere termo-igrometrico adeguato, sulle facciate ad est, laddove è presente una chiusura opaca, è stato progettato una tipologia di chiusura verticale con applicazione del sistema tecnologico “green wall”, la cui presenza mira a creare un ambiente progettato organicamente con il sistema di copertura del tipo “tetto giardino”, posizionato sulla piattaforma di collegamento tra le diverse abitazioni.

Scelte architettoniche L’idea compositiva alla base del progetto è quella di creare un ambiente in cui l’abitare possa adeguatamente inserirsi in un contesto ben differnte, a carattere prevalentemente produttivo, quale quello della zona industriale oggetto di studio, attraverso la progettazione di opportuni spazi annessi adibiti a servizi di vario genere.

311

ABITARE

C6 | Viale F. Fuzio, 2 | Prospetto

Al primo piano dell’edificio sono stati infatti progettati tre ambienti differenti destinati a bar, spazi di ristorazione e store, connessi tra loro da un porticato realizzato attraverso la conservazione del sistema strutturale preesistente e sapientemente affiancato da ampi spazi verdi tra cui si articolano complessi percorsi perdonali.

L’accesso ai differenti complessi abitativi disposti al piano superiore è garantito dalla presenza di opportuni sistemi di collegamento verticale che garantiscono l’arrivo ad una superficie dalle forme dinamiche ed interessanti che mostrano un’estrema volontà di rottura con la monotonia della forma regolare dell’edificio preesistente. Attraverso

A destra | rappresentazione dell’idea progettuale tramite addizione (verde) e sottrazione (rosso) di volume Nella pagina seguente | schema funzionale

312

Area superficie calpestabile 14.694 mq Area spazi abitativi 5.748 mq | 39% Area spazi complementari 1.845 mq | 13% Area a standard 7.101 mq | 48%

26%

/

5%

5%

/

5%

3%

3%

2%

/

la lettura degli schemi relativi alle sottrazioni e alle aggiunte effettuati durante il processo compositivo degli apparati architettonici, è infatti possibile notare come la disposizione dei diversi complessi abitativi conferisca all’intero apparato progettato un carattere architettonico decisamente eterogeneo nella variabilità delle sue forme.

La presenza di un vasto spazio annesso all’edificio ha garantito la possibilità di progettare una area a verde con aree sportive di vario tipo e annesso blocco di servizio destinato a bar e spogliatoi.

1%

2% 313

ABITARE

C6 | Viale F. Fuzio, 2 | Pianta piano terra

2 4

4

3

2

5

314

0

1

Abitazione

2

Bar / Ristorante

3

Store

4

Attrezzatura sportiva

5

Parcheggi coperti

7

35 m

5

2

5

315

ABITARE

C6 | Viale F. Fuzio, 2 | Pianta piano primo

316

0

1

Abitazione

2

Bar / Ristorante

3

Store

4

Attrezzatura sportiva

5

Parcheggi coperti

7

35 m

1

317

ABITARE

C6 | Viale F. Fuzio, 2 | Pianta piano secondo

318

0

1

Abitazione

2

Bar / Ristorante

3

Store

4

Attrezzatura sportiva

5

Parcheggi coperti

7

35 m

1

319

ABITARE

C6 | Viale F. Fuzio, 2 | Pianta piano delle coperture

320

0

7

35 m

321

ABITARE

C6 | Viale F. Fuzio, 2 | Tipologia abitativa

TIPOLOGIA SINGOLA Dati sulla singola unità Superficie coperta 147 mq Superficie scoperta 47 mq Superficie totale 194 mq Altezza 3,5 m Volume 515 mc Numero di utenti 5

DISPOSIZIONE ISOLATA Dati totali Superficie coperta 294 mq Superficie scoperta 94 mq Superficie totale 388 mq Volume 1.030 mc Numero di utenti 10 322

Spazi privati di nucleo

73 mq 40% Spazi privati individuali

46 mq 29% Spazi privati d’igiene

12 mq 14% Spazi privati collettivi

63 mq 17%

Scala 1:250 323

ABITARE

C6 | Viale F. Fuzio, 2 | Dettaglio costruttivo

Scala 1:60 324

4.00 m

0.00 m 325

ABITARE

C6 | Viale F. Fuzio, 2 | Render

326

327

ABITARE

C6 | Viale F. Fuzio, 2 | Render

328

329

PRODURRE

C6 | Viale F. Fuzio, 2| Inquadramento urbano

6

viale De Blasio

C

330

Scala 1:6.000

7

SS 16

331

PRODURRE

C6 | Viale F. Fuzio, 2 | Sezione

332

Scelte tecnologiche Al fine di adempiere all’obiettivo di applicare le linee guida presentati all’interno del manuale d’intervento, l’intero processo compositivo elabora un progetto ecocompatibile in relazione agli spazi adibiti alla produzione e alle attività lavorative.

Per assicurare al lotto un’adeguata accessibilità da parte dei mezzi di grandi dimensioni e visto il rapporto dell’area con una strada di tipo “secondaria” che, tuttavia, confluisce in una strada che si prevede possa diventare una grande direttrice di traffico, quale viale De Blasio, è stato previsto un adeguamento dell’ingresso che garantisca l’accesso alle opportune aree di parcheggio nonché di scarico merci. Inoltre, come filtro acustico e visivo e per migliorare la salubrità dell’aria, è stata realizzata una barriera verticale naturale attraverso l’innesto di piantumazioni ad alto fusto.

Per quanto riguarda il rapporto con l’area di pertinenza, si osserva una superficie del lotto abbastanza ampia per realizzare aree a verde a servizio dei lavoratori e ampi parcheggi semi coperti con sistemi energetici, nello specifico fotovoltaici, posti in copertura, inoltre è stata utilizzata una pavimentazione permeabile per favorire il ciclo naturale dell’acqua limitando la permeabilizzazione del suolo.

I due corpi edilizi progettati presentano sistemi di chiusura orizzontale superiore differenti. Infatti, mentre l’edificio più basso presenta un sistema di chiusura del tipo “tetto giardino”, volto a garantire un benessere termo-igrometrico degli ambienti di produzione posti all’interno di esso, su quello più alto è stato selezionato un sistema fotovoltaioco di produzione energetica che garantisca, all’intero involucro, un adeguato efficientamento energetico.

L’aspetto più interessante dell’intero progetto è dato dall’applicazione, in corrispondenza della facciata a sud dell’involucro produttivo, di un impianto fotovoltaico. Sulle facciate orientate ad est e ad ovest del blocco edilizio destinato ad uffici e servizi è stato utilizzato un sistema di schermatura solare con brise soleil fissi ad orditura verticale.

Scelte architettoniche Il progetto oggetto di studio presenta caratteri architettonici e tecnologici che adattano la conformazione tipicamente produttiva degli edifici progettati alla volontà di conferire all’intero apparato soluzioni formali e tecnologiche contemporanee.

333

PRODURRE

C6 | Viale F. Fuzio, 2 | Prospetto

Per adattarsi quindi all’utilizzo dell’involucro preesistente e alle linee formali peculiari di questo edificio, è decisamente evidente la volontà di conservarne sia l’aspetto architettonico che quello funzionale.

All’interno di questo edificio, il quale mantiene la forma precedente, sono state progettate aree destinate ad attività produttive di vario genere che si articolano attorno ad opportuni spazi previsti per la manovra e l’utilizzo di macchinari di trasporto di piccole dimensioni.

Un percorso posizionato nella parte retrostante l’edificio connette l’area di scarico merci a quella di produzione, il tutto mascherato da una quinta muraria. La scelta progettuale di realizzare un involucro completamente opaco in corrispondenza delle pareti esterne degli involucri produttivi è compensata dalla presenza di lucernari di grandi dimensioni poste sulla copertura piana di questo edificio.

A destra | rappresentazione dell’idea progettuale tramite addizione (verde) e sottrazione (rosso) di volume Nella pagina seguente | schema funzionale

334

Area superficie calpestabile 26.359 mq Area spazi produttivi 15.085 mq | 57% Area spazi complementari 2.836 mq | 11% Area a standard 8.438 mq | 32%

Il blocco aggiunto sul lato ad ovest del lotto ospita spazi destinati ad uffici nonché a servizi di vario genere quali spazi di ristorazione, palestra, store che si articolano su quattro piani all’interno di un involucro edilizio che segna un importante contrasto con l’aspetto estetico dell’edificio destinato a produzione poiché caratterizzato da ampie vetrate sulle facciate rivolte ad est e ad ovest.

La presenza di impianti fotovoltaici in facciata realizzati con pannelli di colori differenti, nonché l’applicazione di grafiche testuali si pongono l’obiettivo di assicurare un benessere lavorativo elevato.

17%

4%

29%

2%

1%

3%

/

2%

8%

1%

1% 335

PRODURRE

C6 | Viale F. Fuzio, 2 | Pianta piano terra

1

336

1

Spazi di produzione

2

Uffici

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Bar / Ristorante

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Store

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Attrezzatura sportiva

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Parcheggi coperti

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Spazi di produzione

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Uffici

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Bar / Ristorante

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Store

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Attrezzatura sportiva

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Parcheggi coperti

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PRODURRE

C6 | Viale F. Fuzio, 2 | Pianta piano secondo

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Spazi di produzione

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Uffici

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Bar / Ristorante

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Store

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Attrezzatura sportiva

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Parcheggi coperti

0

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PRODURRE

C6 | Viale F. Fuzio, 2 | Pianta piano terzo

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Spazi di produzione

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Uffici

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Bar / Ristorante

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Store

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Attrezzatura sportiva

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Parcheggi coperti

0

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C6 | Viale F. Fuzio, 2 | Pianta piano delle coperture

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C6 | Viale F. Fuzio, 2 | Dettaglio costruttivo

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PRODURRE

C6 | Viale F. Fuzio, 2 | Render

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C6 | Viale F. Fuzio, 2 | Render

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Conclusioni In che condizione versa la zona industriale di Bari-Modugno? Qual è il suo rapporto con la città consolidata?

Lo stato di abbandono e/o sottoutilizzo è l’idea popolare maggiormente diffusa tra i cittadini della Città Metropolitana di Bari riguardo la zona ASI Bari-Modugno. Partendo dai precedenti quesiti si è effettuata un’analisi di natura ingegneristica sullo stato d’uso dell’ambito urbano di studio attraverso un processo di mappatura informatizzato.

Tuttavia, dai risultati dedotti, si è riscontrata una situazione parzialmente differente rispetto alla percezione di partenza. Il conglomerato produttivo, complessivamente, appare infatti utilizzato ma non nel pieno delle sue potenzialità rilevando una percentuale di non utilizzo pari al 21%, riferita a singole unità dislocate casualmente all’interno dell’area produttiva.

L’esito ottenuto mostra come superfluo possa essere intervenire su ampie aree, considerate appendici urbane lontane da interessi privati e pubblici e caratterizzate da una collocazione del dismesso e/o non utilizzo disomogeneo. L’attenzione è stata rivolta ad una scala puntale e non più urbana.

L’elaborazione del manuale d’intervento riassume l’atteggiamento propositivo e risolutivo posto nei confronti degli involucri industriali e delle relative aree di pertinenza. Sono stati promossi scenari innovativi, strettamente correlati ad interventi di natura ambientale, che si pongono come linee guida di una possibile rivitalizzazione e rigenerazione all’interno del tessuto urbano in chiave ecocompatibile. La volontà è quella di conformare un approccio tale da poter essere coniugato in maniera versatile in aree con condizioni spaziali e socioeconomiche similari.

Aderendo ad un orientamento sperimentale si sono proposte esemplificazioni progettuali che delineano auspicabili rigenerazioni. Sono state presentate applicazioni architettonico-progettuali, modellando i macrosistemi tecnologici relativi alle invarianti del manuale, rispondendo alle esigenze di scenari futuribili quali abitare e produrre con il fine di evidenziare le potenzialità e le poliedricità d’uso del patrimonio industriale dismesso.

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