



Cari lettori,
Il futuro è donna, negli ultimi decenni, il ruolo della imprenditrice ha subito una trasformazione significativa, con un aumento costante del numero di donne che scelgono la strada dell'imprenditoria. Le donne rappresentano circa il 30% degli imprenditori a livello globale, avviando nuove imprese a un tasso spesso superiore rispetto agli uomini, soprattutto nei settori della tecnologia, moda, benessere e start-up innovative. Questo fenomeno è supportato da diversi fattori, tra cui l'accesso all'istruzione superiore che fornisce competenze necessarie per gestire un'impresa, l'espansione delle reti di supporto e le politiche governative e private che promuovono l'imprenditoria femminile tramite incentivi fiscali, finanziamenti agevolati e programmi di formazione.
Le donne imprenditrici stanno portando innovazioni significative in vari settori. Nei campi della tecnologia e della moda, stanno ridefinendo standard e introducendo pratiche sostenibili. Le imprese guidate da donne tendono anche a focalizzarsi su responsabilità sociale ed etica aziendale, integrando iniziative volte al miglioramento della comunità, alla sostenibilità ambientale e all'inclusione sociale. Nonostante i progressi, permangono numerose sfide. Una delle principali barriere è la disparità di accesso ai finanziamenti, con le imprese femminili che ricevono una frazione degli investimenti rispetto a quelle maschili. Norme culturali e pregiudizi di genere limitano ulteriormente il tempo e le risorse che le donne possono dedicare alla loro impresa, e le imprenditrici spesso devono lavorare più duramente per guadagnarsi credibilità e rispetto nel mondo degli affari, che richiede un impegno continuo da parte di governi, istituzioni e società civile. Le storie di successo delle donne imprenditrici devono essere celebrate e utilizzate come ispirazione per le future generazioni. Così da contribuire all'innovazione, alla crescita economica e alla prosperità sociale in ogni angolo del mondo.
Buona lettura!
“Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e nello spazio e nel tempo d’un sogno è raccolta la nostra breve vita” - William Shakespeare, La tempesta
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Insieme a Lucio Miranda, economista di lunga data, oltre che fondatore e presidente di ExportUSA, analizziamo alcuni degli eventi economici più significativi che hanno avuto un forte impatto sul mercato americano.
Gli ultimi anni sono stati segnati da cambiamenti straordinari, che hanno visto l'economia oscillare tra pandemie, crisi globali, picchi record, conflitti e trasformazioni geopolitiche.
GLI EVENTI ECONOMICI CHE HANNO PLASMATO IL MERCATO
AMERICANO NEGLI ULTIMI ANNI:
A cura di Lucio Miranda, Economista e Presidente di ExportUSA
2020: Un anno di shock senza precedenti
L’inizio del 2020 ha portato il mercato statunitense a confrontarsi con una delle peggiori crisi degli ultimi decenni. A gennaio, il rendimento del bond a 10 anni ha toccato un minimo storico dello 0,318% , segnale di una crescente avversione al rischio tra gli investitori. La pandemia di COVID-19, che
ha colpito duramente gli Stati
Uniti a partire da marzo, ha innescato una serie di misure senza precedenti per contenere il virus, con lockdown diffusi e restrizioni sui movimenti che hanno paralizzato l'economia.
Un momento chiave del 2020 è stato il 20 aprile, quando il prezzo del petrolio West Texas Intermediate (WTI) ha raggiunto un livello storico:
per la prima volta nella storia, il prezzo è sceso sotto lo zero. Ciò ha riflesso l'incapacità dei produttori di stoccare il greggio, mentre la domanda globale crollava.
A seguito di questa crisi, il 30 aprile, l'OPEC+ ha deciso di tagliare la produzione di quasi 10 milioni di barili al giorno, nel tentativo di stabilizzare il mercato petrolifero.
2021: Un rimbalzo economico record
Nonostante la crisi sanitaria, il 2021 ha visto un sorprendente rimbalzo dell’economia americana. A luglio, gli Stati Uniti hanno creato 930.000 nuovi posti di lavoro, un record dal 1983. L’approvazione del primo vaccino COVID-19 da parte della FDA il 23 agosto ha accelerato il ritorno alla normalità economica.
A novembre, l'amministrazione Biden ha segnato un altro traguardo significativo con l'approvazione dell'Infrastructure Investment Act, un pacchetto da 1,2 trilioni di dollari mirato a modernizzare le infrastrutture americane. Questo ha dato una spinta significativa all’economia, che ha visto il PIL crescere al tasso annualizzato del 5,5% nel quarto trimestre, il più alto dal 1984.
2022: L’'Annus Terribilis' per l'economia globale
Il 2022 ha presentato sfide di
ordine geopolitico ed economico, a partire dall'invasione russa dell'Ucraina il 24 febbraio, che ha sconvolto il mercato energetico globale. Solo pochi giorni dopo, il 28 febbraio, la Federal Reserve ha avviato una fase di politica monetaria restrittiva, aumentando i tassi d’interesse sui Fed Funds , un segnale della crescente preoccupazione per l'inflazione.
Questa preoccupazione si è concretizzata a luglio, quando l’inflazione ha raggiunto il picco del 9,1% , il livello più alto degli ultimi 40 anni . Nel contesto di
un mercato petrolifero volatile, il prezzo del WTI ha toccato i 123,18 dollari al barile il 5 giugno, contribuendo ad alimentare la pressione sui prezzi a livello globale. Settembre ha poi visto un rafforzamento del dollaro, che ha raggiunto il cambio massimo contro l’euro dal 2002, fissato a 0,95384.
2023: Il paradosso di una politica monetaria rigida e una crescita robusta
L'inizio del 2023 ha visto segnali contrastanti per l'economia statunitense. A gennaio, il tasso
di disoccupazione ha toccato un minimo storico del 3,4%, il più basso dal 1969, suggerendo una continua forza del mercatodel lavoro nonostante l'aumento dei tassi d'interesse. A luglio, la Fed ha raggiunto l'apice della sua politica restrittiva, portando i Fed Funds al 5,5%.
Nonostante l'inasprimento monetario, il 2023 è stato un anno record per le esportazioni di petrolio americano , riflettendo la crescente rilevanza degli Stati Uniti come attore energetico globale.del > lavoro nonostante l'aumento dei tassi
2024: Ripresa e nuovi record
Il 2024 ha segnato una svolta per la politica monetaria americana. Il 18 settembre, la Federal Reserve ha posto fine al ciclo restrittivo avviato nel 2022, tagliando i tassi sui Fed Funds di 50 punti base, segnalando una nuova fase di stabilità economica.
Dal punto di vista del mercato, il 2024 è stato un anno di record. Il 21
maggio, il Bitcoin ha raggiunto la quotazione record di 71.227,18 dollari, evidenziando il continuo interesse per le criptovalute.
Giugno ha visto anche un record di produzione di petrolio americano, mentre il 22 ottobre l’indice NASDAQ ha toccato i 18.540 punti , accompagnato da un picco storico della quotazione dell’oro, che ha raggiunto i 2.758 dollari l'oncia.
2020
Gennaio 2020 I rendimento del bond americano a dieci anni tocca il minimo storico: 0.3180%
Marzo 2020
In tutti gli Stati Uniti cominciano ad essere prese misure per evitare l'espandersi della pandemia
20 Aprile 2020
Per la prima volta nella storia, il prezzo del petrolio [WTI] diventa negativo
Aprile 2020
Il record di disoccupazione dai tempi della guerra vola al 14,7% 2021
Luglio 2021
L'economia americana genera 930 mila nuovi posti di lavoro nel mese di Luglio 2021. Record dal 1983.
23 Agosto 2021
La FDA approva il primo vaccino anti COVID
15 Novembre 2021
L'Amministrazione Biden approva l' Infrastructure Investment Act
Quarto Trimestre 2021
Il PIL americano cresce al tasso reale del 5.5%
2022 "Annus Terribilis"
24 Febbraio 2022
La Russia attacca l'Ucraina
28 Febbraio 2022
La FED inaugura la fase di politica monetaria restrittiva con il primo aumento dei tassi di interesse sui Fed Funds
05 Giugno 2022
Il prezzo del petrolio [WTI] tocca i $123.18 al barile
Luglio 2022
Il tasso di inflazione in America raggiunge il 9.1% annuo
26 Settembre 2022
Cambio dollaro/euro a 0.95384. Massimo per il dollaro dal 2002 2023
Gennaio 2023
Il tasso di disoccupazione in America tocca il minimo dal 1969: 3.4%
26 Luglio 2023
Apice della politica monetaria restrittiva della FED: I Fed Funds raggiungono il 5.5% 2023
L'anno record per l'esportazione di petrolio americano
2024
05 Settembre 2024
Il cartello dei paesi produttori OPEC+ estende il taglio della produzione di petrolio
18 Settembre 2024
La FED pone fine al ciclo restrittivo della politica monetaria inaugurato nel 2022 e taglia i tassi sui Fed Funds di 50 punti base
21 Maggio 2024
Record nella quotazione del Bitcoin: $71227.18
Giugno 2024
Record di produzione di petrolio americano
22 Ottobre 2024
Record dell'indice NASDAQ: 18.540 punti
22 Ottobre 2024
Record per la quotazione dell'oro che raggiunge i 2.758 dollari all'oncia.
2025: Un anno cruciale per l'economia americana
Indipendentemente dal risultato elettorale, prevediamo che il 2025 sarà un anno di transizione. Sul fronte energetico, gli Stati Uniti rimarranno un attore chiave, ma la politica interna influenzerà il ritmo della transizione verso energie più pulite o il mantenimento dell’espansione petrolifera. I tassi d’interesse, dopo la pausa del ciclo restrittivo nel 2024, potrebbero rimanere stabili per gran parte dell’anno, con la Federal Reserve che adotta un approccio cauto per evitare una recessione e mantenere l’inflazione sotto controllo.
Nel mercato del lavoro, ci aspettiamo un tasso di disoccupazione stabile attorno al 3,5-4%, con una crescita moderata dei salari. Il PIL dovrebbe crescere a un tasso più modesto rispetto ai picchi del 2021, con un'espansione attorno al 2,5-3% annualizzato, alimentata principalmente dagli investimenti infrastrutturali o energetici, a seconda del presidente eletto.
I mercati finanziari, soprattutto il NASDAQ, continueranno a essere influenzati dal settore tecnologico e dalle innovazioni nel campo dell’intelligenza artificiale e delle tecnologie green, con possibili nuove quotazioni record. Tuttavia, eventuali turbolenze geopolitiche o conflitti commerciali potrebbero indurre volatilità e correzioni di breve termine.
Il 2025 rappresenterà un momento cruciale per il futuro economico degli Stati Uniti, con direzioni economiche fortemente divergenti a seconda del risultato delle elezioni. Entrambi gli scenari avranno impatti significativi sulla crescita, sull'inflazione e sulle politiche commerciali, rendendo il panorama economico americano uno dei più osservati a livello globale.
www.tradingview.com, FED FUNDS en.macromicro.me/charts/17668/us-fed-fund-interest-rate, Lucio Miranda.
Nella crescente competizione globale, il dibattito sul ruolo dello Stato nell’economia è più vivo che mai. Mentre il modello europeo, e in particolare quello italiano, mantiene una forte impronta pubblica su diversi settori strategici, gli Stati Uniti si distinguono per una filosofia diametralmente opposta: la cultura del libero mercato e l’intervento limitato del governo. Uno dei pilastri del modello americano è la profonda fiducia nella capacità del mercato di autoregolarsi. Sin dalla nascita del capitalismo moderno, gli Stati Uniti hanno fatto della libertà economica una delle loro caratteristiche principali.
Questo approccio ha plasmato la struttura economica del Paese, promuovendo un sistema in cui l’iniziativa privata non solo è incoraggiata, ma è anche considerata il motore primario della crescita e dell’innovazione. Il concetto di *laissez-faire* economico ha radici profonde nella storia statunitense, sostenuto dalla convinzione che la mano invisibile del mercato sia lo strumento più efficace per allocare risorse e generare prosperità.
Al contrario, in molte nazioni europee, e in particolare in Italia, il ruolo dello Stato nell’economia rimane pervasivo. Settori come l’energia, i trasporti, la sanità e persino le banche sono fortemente regolamentati, con un’influenza statale diretta o indiretta.
Questo intervento si giustifica spesso con l’argomentazione che lo Stato debba agire come un baluardo contro le ingiustizie del mercato e garantire un’equa distribuzione delle risorse. La rigidità della burocrazia è vista come un ostacolo alla
crescita, una barriera che limita la capacità del Paese di attrarre investimenti stranieri e frenare l’innovazione.
Negli Stati Uniti, invece, la burocrazia è percepita come più snella e funzionale. Gli imprenditori possono aprire una società in tempi rapidi, con adempimenti minimi rispetto a quelli richiesti in molti Paesi europei.
"Le procedure sono spesso digitalizzate e concepite per facilitare il processo di business. Il sistema fiscale, sebbene complesso, è comunque gestito con maggiore efficienza, e il rispetto delle normative è considerato parte del gioco, non un freno".
Questa filosofia si riflette anche nella struttura del sistema economico. Fatta eccezione per alcuni settori come la difesa, dove il governo resta un cliente chiave per molte aziende, l’economia statunitense si basa principalmente su un mercato privato competitivo. Le aziende americane, specialmente le startup, godono di un ambiente che favorisce il rischio, incoraggiando gli innovatori a cercare nuove opportunità senza l’ombra di un eccessivo controllo statale.
In Europa, d’altro canto, cresce la consapevolezza che il sistema attuale, fortemente regolamentato, necessiti di riforme per diventare più agile e competitivo su scala globale. Paesi come la Francia e l'Italia stanno lentamente cercando di semplificare i loro apparati burocratici e promuovere una maggiore apertura al mercato privato, consapevoli del fatto che il modello americano offre lezioni importanti sul fronte dell’innovazione e della crescita.
New York evoca immagini di grattacieli scintillanti, taxi gialli e strade sempre in movimento. È la città che non dorme mai, dove i sogni sembrano a portata di mano. Ma dietro la patina dorata del “sogno americano” ci sono storie di sacrificio, coraggio e di chi ha lasciato tutto per cercare il proprio posto nel mondo.
Questa è la storia di una donna che, con una valigia piena di speranze e un cuore carico di sogni, ha lasciato la sua tranquilla Bolzano per affrontare il caos e l’energia di New York. I primi tempi sono stati duri: sola, senza contatti e con una lingua che suonava estranea, ogni giorno sembrava una montagna da scalare. Eppure, non ha mai smesso di credere che quella città potesse diventare la sua.
Con tenacia e passione, passo dopo passo, ha trasformato le difficoltà in opportunità, dando vita a ExportUSA, un progetto nato dal desiderio di costruire un ponte tra l’Italia e gli Stati Uniti. Oggi, a distanza di anni, guardando indietro a quel primo giorno di settembre, ogni sacrificio risplende di un significato più profondo.
Perché questa storia non parla solo di affari, ma di sogni, di resilienza e della forza di una donna che ha trovato la propria strada in un mondo che, oggi, chiama casa: New York.
D- Muriel, raccontaci dei tuoi primi giorni a New York. Quali emozioni provavi mentre camminavi per le strade fredde e affollate della città, lontana dalla tua amata Bolzano?
R- Fin da bambina sentivo che Bolzano mi stava stretta, che il mio futuro doveva essere altrove. Così, il 2 settembre 2007, con un biglietto di sola andata della Delta Airlines, sono arrivata a New York con l’intenzione di restare.
Non era la prima volta che vedevo l’America: da turista tutto sembra più semplice , quasi a portata di mano. Ma questa volta era diverso. Volevo davvero assaporare quella “grande mela” che aveva ispirato i grandi della storia. Ricordo il mio primo giorno: ho camminato per chilometri, avvolta dall’energia della città. Mi sentivo libera, emozionata, ma anche incredibilmente spaventata. La solitudine mi avvolgeva come una giacca troppo stretta, eppure sapevo che era solo l’inizio di qualcosa di grande.
R- Assolutamente sì, ci sono stati tanti momenti in cui ho pensato di tornare. Sarebbe una bugia dire il contrario. Ogni giorno, per mesi, mi chiedevo se avessi fatto la scelta giusta. Ma ero venuta a New York con un sogno e un obiettivo ben preciso, e non potevo permettermi di arrendermi. Quello che mi ha trattenuto è stata la voglia di costruire qualcosa di mio e la curiosità verso tutto ciò che non conoscevo ancora. L’ignoto mi spaventava, ma allo stesso tempo mi spingeva a non mollare.
D- Come è nato il progetto ExportUSA? C'è stato un momento particolare o un'ispirazione che ti ha spinto a fondare questa azienda?
D- La tua storia è un esempio di speranza e perseveranza. Qual è stata la tua più grande sfida come expat italiana negli Stati Uniti e come sei riuscita a superarla?
R- La sfida più grande è stata comprendere il funzionamento del sistema, soprattutto per quanto riguarda il business. Tutto era diverso: dalle regole burocratiche alle aspettative del mercato. E poi, subito dopo, ci sono stati i rapporti umani. Mi sono scontrata con una cultura profondamente diversa dalla nostra, in cui le relazioni sembrano più dirette e meno legate a formalità. È stato un doppio salto nel vuoto, ma con il tempo ho imparato a destreggiarmi tra nuove regole e nuovi modi di connettersi con le persone. Superare tutto questo ha richiesto pazienza, ma mi ha permesso di crescere sia come professionista che come persona.
D- Ci sono stati momenti in cui hai pensato di tornare in Italia? Cosa ti ha fatto andare avanti e continuare a inseguire i tuoi sogni nonostante le difficoltà?
R- L'incontro con Lucio Miranda è stato determinante. Lui viveva a New York già da oltre vent’anni, e conosceva la città e il mercato come le sue tasche. Il sito di ExportUSA esisteva già, ma quello che abbiamo fatto insieme è stato trasformare un’idea in un progetto concreto. Siamo stati i primi a offrire alle aziende italiane servizi pratici per entrare nel mercato americano. Abbiamo unito le nostre competenze e creato un sistema che non solo aiutasse le imprese ad avviare il business, ma che le accompagnasse passo dopo passo in un ambiente così complesso e competitivo.
Non è stato facile: ogni scelta, ogni strategia è stata frutto di duro lavoro e di una visione comune. Eppure, quando guardo indietro, vedo tutti quei sacrifici come tasselli fondamentali del nostro percorso. Se lo rifarei? Mille volte sì, perché ogni sfida superata ci ha resi più forti e ci ha portati a essere un punto di riferimento per chi, come noi, crede nella possibilità di realizzare i propri sogni negli Stati Uniti.
D- Il percorso verso il successo non è mai facile. Puoi condividere con noi un episodio particolarmente difficile e come hai trovato la forza per superarlo?
R- Posso dirti che le difficoltà, specialmente all'inizio, sono state tante e spesso sembravano insormontabili. Quando non padroneggi bene la lingua, tutto diventa una montagna: ogni piccola cosa, anche la più banale, sembra richiedere uno sforzo enorme. Trovare casa a New York è stata una delle sfide più difficili. Oggi sembra tutto più semplice con
"Se lo rifarei?
Mille volte sì"
le app, ma allora dovevi fare tutto di persona, e per una straniera non era affatto facile. Vivere in appartamenti condivisi era quasi un obbligo, e per noi italiani, abituati a un senso di intimità e di spazi privati, è stato davvero un grosso adattamento. Ci sono stati momenti in cui pensavo di non farcela, ma ogni difficoltà superata mi ha resa più forte e determinata a non mollare.
D- New York può essere tanto solitaria quanto stimolante. Come hai trovato il tuo equilibrio tra la frenesia della città e il bisogno di connessioni umane autentiche?
R- Il popolo di New York ha un incredibile senso civico, una cortesia che difficilmente trovi altrove, in particolare in Italia. Sono sempre pronti a indicarti la strada giusta o a consigliarti il loro ristorante preferito, ma non chiedere mai a un Newyorkese di uscire o condividere qualcosa che esca dalla loro comfort zone.
È qui che la solitudine diventa tangibile, quasi arrogante nella sua presenza. La senti addosso, pungente, mentre cammini tra milioni di persone.
Assurdo, vero? Una città che ogni anno accoglie 68 milioni di visitatori, eppure ci sono stati giorni in cui non sentivo la mia voce, quasi dimenticarne il suono. Per trovare equilibrio, ho dovuto creare la mia rete di connessioni umane, costruendo lentamente legami
"La vera forza sta nel guardare sempre avanti, anche quando la strada sembra impossibile"
autentici, soprattutto con altri expat che, come me, cercavano un punto di riferimento.
La pazzia di New York ti avvolge, ma impari a trovare i tuoi spazi di tranquillità, che siano una passeggiata a Central Park o una serata tra pochi amici, dove finalmente puoi sentirti di nuovo te stessa.
D- Quali valori e lezioni di vita porti con te dalla tua infanzia a Bolzano e come hanno influenzato il tuo approccio al business e alla leadership?
R- Credo che ci sia una predisposizione naturale in me: sono il perfetto connubio tra i miei genitori. Ma, se vogliamo cadere nello stereotipo, ti direi che noi dell'Alto Adige siamo gente tosta, di montagna, abituati alla fatica e
alla perseveranza. Siamo cresciuti con la mentalità che testa bassa e tanto lavoro ti portano lontano. Da queste radici ho ereditato la mia determinazione e la capacità di affrontare le sfide, sia personali che professionali.
Il senso del business, poi, è come un compagno di viaggio, un amico che ti sta sempre accanto, ricordandoti chi sei e dove vuoi arrivare. È qualcosa che ti definisce profondamente.
La leadership, invece, è un processo più lungo: non nasce dal nulla, la impari giorno dopo giorno, attraverso gli errori e i successi. Strada facendo, capisci che guidare significa anche saper ascoltare, saper adattarsi e, soprattutto, saper ispirare chi ti circonda.
Questo approccio, che affonda le radici nei valori della mia infanzia, mi ha permesso di affrontare il mondo del business con una mentalità forte, ma sempre aperta al cambiamento e alla crescita.
D- Ci sono stati mentori o figure di riferimento che ti hanno aiutato lungo il percorso? Che impatto hanno avuto su di te e sulla tua carriera imprenditoriale?
R- Lucio Miranda è stato il mio faro, il mio mentore, una figura che ha avuto un impatto profondo su di me e sul mio percorso imprenditoriale. Un uomo saldo, pieno di esperienza e con una visione chiara del mondo degli affari. Per me, è stato un pozzo inesauribile di saggezza, a cui ho sempre potuto attingere nei momenti di dubbio e difficoltà.
La sua capacità di leggere le situazioni con lucidità e di offrire consigli concreti, senza mai perdere di vista il quadro generale, è stata una guida essenziale. Mi ha insegnato non solo a guardare oltre gli ostacoli immediati, ma anche a costruire solide fondamenta per il futuro. Grazie a lui, ho capito l'importanza di mantenere saldi i propri valori, anche quando le sfide sembrano troppo grandi.
D- Guardando indietro, che consiglio daresti alla giovane Muriel appena arrivata a New York con tanti sogni e speranze?
R- Alla giovane Muriel direi di non mollare mai, di non permettere alle difficoltà di spegnere quel fuoco che la spinge avanti. Le direi di non voltarsi indietro, perché il passato è solo un ricordo, e come nella moda, torna solo in superficie, senza mai essere davvero lo stesso. La vera forza sta nel guardare sempre avanti, anche quando la strada sembra impossibile.
Le direi che i sogni si realizzano, anche quelli più folli, quelli che ti tolgono il sonno e sembrano irraggiungibili. Ci saranno momenti in cui tutto sembrerà crollare, ma è proprio lì che troverai la forza per andare avanti. Il coraggio non è non avere paura, ma affrontarla a testa alta, con la consapevolezza che ogni sfida superata ti porterà sempre più vicino ai tuoi obiettivi. E soprattutto, le direi di avere fiducia in sé stessa, perché quel sogno che l'ha portata fino a New York è reale, e ha il potere di cambiare la sua vita.
D- Come vedi il futuro di ExportUSA e quali sono i tuoi prossimi obiettivi, sia personali che professionali?
R- Per quanto riguarda la mia vita privata, non credo che interessi a molti, ma a livello professionale non mi sento affatto "arrivata". C’è ancora tanta strada da percorrere e molti traguardi ambiziosi da raggiungere. Il futuro di ExportUSA lo vedo in espansione, con l’obiettivo di aprire uffici in altri paesi europei, replicando il nostro modello di successo.
“
– Miuccia Prada.
Oggi siamo un team di 30 persone, al servizio di centinaia di aziende che vogliono entrare nel mercato americano.
L'America ha un grande bisogno di aziende europee, e noi siamo pronti, come sempre, ad aiutarle a fare quel salto. La nostra missione continua, sempre con lo sguardo rivolto al futuro e con la convinzione che ogni sfida sia un'opportunità per crescere.
Muriel Nussbaumer è l’Amministratore Delegato e Fondatore di ExportUSA New York Corp., società di consulenza che da oltre un ventennio struttura l’internazionalizzazione di migliaia di imprese italiane nel mercato americano. Classe ’76, nata a Bolzano, Nussbaumer si divide tra gli Stati Uniti e l’Italia. In qualità di Amministratore Delegato, si occupa della gestione strategica di tutti i progetti di internazionalizzazione dei clienti ed è l’immagine dell’azienda in Italia. Tra i vari incarichi istituzionali, Nussbaumer è il solo rappresentante in Italia della Camera di Commercio Italo-Americana di New York. Precedentemente, ha ricoperto incarichi di grande prestigio come responsabile vendite per Telecom Italia. Nell’arco della sua carriera professionale le sono state affidate le progettualità di carattere formativo, per forgiare manager di grandi multinazionali nei processi strategici di vendita.
In questa tranquilla giornata d'autunno a Manhattan, incontro Muriel Nussbaumer Ci siamo dati appuntamento da Cinico Coffee, un elegante caffè di Midtown. Tra l'altro un brand creato per i clienti di ExportUSA da Concepto.nyc. Muriel non è nota solo per il suo talento nel navigare l’intricato mondo degli affari internazionali, ma anche per la sua profonda comprensione della business etiquette americana. Con una formazione interculturale e un’esperienza radicata tra Europa e Stati Uniti, ha costruito una carriera decodificando le norme non scritte del business. È con il suo sorriso accogliente e la sua voce calma ma sicura che mi introduce al tema di oggi: perché negli Stati Uniti la business etiquette è fondamentale.
D- Muriel, grazie per il tuo tempo. Hai lavorato tra Europa e Stati Uniti. Cos’è che rende la business etiquette americana così particolare rispetto ad altre culture?
R- Grazie a te. È vero, ho avuto la fortuna di osservare dinamiche aziendali in contesti molto diversi. La business etiquette americana è unica perché è profondamente legata alla cultura stessa degli Stati Uniti: un mix di pragmatismo, individualismo e una certa informalità.
Quello che sembra sorprendere molti, soprattutto italiani, è che mentre gli americani sono spesso più informali nel linguaggio o nell’abbigliamento rispetto a controparti europee, ci sono delle regole precise che governano come si fanno affari. Queste regole non sono sempre scritte nero su bianco, ma chi le ignora rischia di perdere opportunità cruciali.
D- Puoi fare qualche esempio specifico di queste “regole non scritte”?
R- Certamente. Uno degli aspetti più critici è il tempo. Negli Stati Uniti, il tempo è denaro in senso molto letterale. Le riunioni devono essere puntuali e concise. La capacità di arrivare al punto, senza perdersi in fronzoli, è apprezzatissima. Da noi in Italia, a volte c’è più spazio per lunghe discussioni o persino per battute personali prima di entrare nel vivo del business. Qui, invece, la priorità è massimizzare l’efficienza. Un’altra regola non detta riguarda la gerarchia: mentre il rispetto per le autorità è fondamentale, negli Stati Uniti si pone molta enfasi sulla collaborazione e sulla responsabilità individuale. Si aspetta che ognuno, indipendentemente dal suo ruolo, contribuisca con idee e soluzioni.
D- Molti immaginano che il mondo degli affari americano sia molto aperto e diretto. C’è qualcosa di più sottile che spesso non viene notato dai non americani?
R- Assolutamente. Sebbene ci sia questa percezione di trasparenza e immediatezza, esiste anche un livello di diplomazia che non può essere trascurato. La competizione è dura e spesso l'apparente apertura può mascherare un approccio strategico. Gli americani sono maestri nell'arte del "networking", che non è solo un modo per fare conoscenze, ma una vera e propria infrastruttura del successo aziendale.
Anche il follow-up è cruciale: dopo una riunione, non ci si può aspettare che tutto vada avanti da solo. È importante inviare un'email di ringraziamento, rimanere in contatto e assicurarsi che l'interesse reciproco sia chiaro. Spesso, questo tipo di cura nelle relazioni è ciò che fa la differenza tra chi riesce a consolidare partnership durature e chi, invece, rimane ai margini.
D- Parlando di networking, come si differenzia la rete di relazioni americana da quella, ad esempio, europea?
R- Il networking, negli Stati Uniti, è percepito come parte integrante della cultura aziendale e sociale. È molto meno gerarchico rispetto all’Italia. Qui, è del tutto normale che un junior contatti un senior per un consiglio o che ci si scambi opinioni in un contesto informale, come un evento di networking o persino una semplice colazione. Questo tipo di accessibilità crea opportunità impensabili in altre culture dove il formalismo domina.
D- Perché ritieni che sia importante per chi vuole fare affari negli Stati Uniti rispettare questa business etiquette?
R- Perché negli Stati Uniti la professionalità e la competenza non si limitano solo al prodotto o al servizio che offri. L'etichetta è vista
come un'estensione della tua credibilità. Ignorare questi dettagli può significare non essere presi sul serio o peggio, essere esclusi da future opportunità.
D- Qualche consiglio finale per chi si approccia per la prima volta al mondo degli affari americano?
"Negli USA, la business etiquette non è una formalità ma una strategia"
R- Chiarezza e puntualità. Non si deve sottovalutare l'importanza essere ben preparati e concisi. Si deve sempre fare attenzione al linguaggio del corpo, alla stretta di mano e al contatto visivo: sono piccoli dettagli che contano tantissimo. Il primo incontro potrebbe
non portare subito ad un affare, ma se ti dimostri tenace, avrai gettato le basi per qualcosa di più. Muriel sorride mentre finisce il suo caffè. Nel mondo odierno rapido e connesso, la sua visione suona come una guida per chiunque aspiri al successo, ovunque esso sia.
LE 5 REGOLE FONDAMENTALI
Per comportarsi con professionalità e guadagnarsi la fiducia nel mondo degli affari.
1) PUNTUALITÀ
Essere puntuali dimostra rispetto per il tempo altrui.
2) COMUNICAZIONE
Utilizzare un linguaggio formale, chiaro e diretto.
3) BUSINESS ATTIRE
Codice di abbigliamento appropriato e igiene.
4) SAFE ZONE
Rispetta gli spazi fisici e confini digitali.
5) NETWORKING E FOLLOW-UP
Curare le relazioni con partner con il networking e fare sempre un follow-up dopo incontri o eventi.
el mondo di oggi, sempre più interconnesso e globale, la logistica gioca un ruolo cruciale nel mantenere viva l’economia. Ma dietro il semplice trasporto di merci, si nasconde un universo di complessità che pochi conoscono davvero. La logistica non è solo un mezzo, ma il cuore pulsante di un business di successo, soprattutto in un mercato vasto e competitivo come quello statunitense. Ne abbiamo parlato con Fosca Pellegrinotti-Mari, Vicepresidente di ExportUSA, per esplorare come questo settore sia diventato il vero motore invisibile che alimenta l'economia americana e quali sono le sfide e le opportunità in questo contesto.
D: Fosca, dopo tanti anni di esperienza nel settore, come hai visto evolvere la logistica negli Stati Uniti e quali sono stati i fattori principali di questa trasformazione?
R: "Negli ultimi anni, la logistica negli Stati Uniti ha vissuto una vera e propria rivoluzione. La digitalizzazione ha reso le operazioni più rapide e trasparenti, mentre l’esplosione dell’e-commerce ha alzato notevolmente le aspettative dei consumatori e dei nostri clienti. Amazon ha giocato un ruolo chiave, spingendo l’intero settore a migliorarsi per non rimanere indietro e, in molti casi, per integrarsi in questo gigantesco ecosistema. Storicamente, le aziende manifatturiere italiane ed europee tendono ad avere produzione, uffici e logistica nello stesso capannone, riducendo quasi a zero il "problema" della logistica. Quando le stesse aziende decidono di internazionalizzarsi negli Stati Uniti, nella maggior parte dei casi pensano di dover investire milioni di dollari nella costruzione di un proprio magazzino logistico. In America, però, non funziona così: la vastità del paese richiede un approccio diverso, con le produzioni spesso separate dai magazzini.
Negli USA, è fondamentale accorciare le distanze dal consumatore, avvicinandosi sempre di più al proprio mercato di riferimento."
D: Quali sono le sfide principali che le aziende logistiche devono affrontare oggi rispetto al passato?
R: "Direi che la vera sfida risiede nell’identificazione di nuove risorse umane e la continua formazione di quelle già impiegate. La crescita dell’e-commerce e il balzo tecnologico hanno sicuramente generato grandi opportunità, ma l’adeguamento immediato a sistemi più dinamici ed efficienti ha posto l’accento sull’esigenza di figure tecniche al passo con questi cambiamenti. Inoltre, molti professionisti del settore stanno raggiungendo l’età pensionabile e il ricambio generazionale non è così automatico."
D: In che modo la pandemia ha influenzato il settore logistico negli USA?
R: "Il COVID-19 ha colpito duramente la supply chain, esacerbando la carenza di manodopera e rivelando le fragilità delle catene di approvvigionamento globali, dobbiamo però tener presente che ha anche accelerato l'adozione di tecnologie digitali, portando molte aziende a localizzare maggiormente le
proprie operazioni negli Stati Uniti per ridurre i rischi."
D: Cosa significa "logistica green" e cosa comporta?
R: "La logistica green riguarda l’adozione di pratiche sostenibili per ridurre l'impatto ambientale. Questo comprende l’uso di veicoli a basse emissioni, l’ottimizzazione delle rotte di trasporto e la riduzione degli sprechi. Oggi, aziende e consumatori sono sempre più attenti all'ambiente. Realtà come Amazon stanno facendo passi da gigante per raggiungere obiettivi ambiziosi, come quello di avere il 100% delle spedizioni a 'zero emissions' entro il 2040. Adottare pratiche sostenibili comporta sì investimenti iniziali, ma con un ritorno economico significativo nel lungo periodo. L’impiego di veicoli elettrici, infatti, ridurrà i costi del carburante, inoltre, l’ottimizzazione delle rotte può diminuire le spese logistiche.”
D: Molte aziende pensano che ExportUSA si occupi solo di spedizioni, puoi chiarire questo punto cruciale?
R: "Innanzitutto, ExportUSA non è uno spedizioniere. Lasciamo questo lavoro
impegnativo a chi lo fa di mestiere e lo fa bene. Pur disponendo di un magazzino logistico a servizio dei nostri clienti italiani, il nostro lavoro è molto altro e consiste nel seguire l’avvio e lo sviluppo della presenza italiana negli States offrendo una consulenza a 360°. Ci occupiamo di tutto, dalla costituzione di società di diritto americano fino alla fornitura di una gamma di servizi essenziali per garantire il successo negli Stati Uniti. È bene precisare che l'internazionalizzazione non è solo esportazione: è un viaggio complesso e affascinante che richiede visione, strategia e un approccio su misura”.
Il tempo è fuori asse: A cura del Professor Giulio
Per cominciare: la ragione dello strano titolo scelto per questo scritto.“Time is out of joint” è stato detto mezzo millennio fa dall’ Amleto di Shakespeare.
Ed è proprio questo - “Time is out of joint” - un detto che ci aiuta ad intendere come oggi, al principio di questo millennio, si viva un salto d’epoca, si veda un tornante della storia; un salto, un tornante non diversi da quelli che hanno marcato il ‘500, proprio alla metà del passato millennio. Nel ‘500 sono stati visti e vissuti quattro eventi rivoluzionari, eventi quasi paralleli e comunque connessi: la scoperta dell’America; l’invenzione della stampa; da est l’invasione turca; il primo caso di disordine finanziario globale.
Ed in specie: Con la scoperta dell’America, l’asse geopolitico ruota dal Mediterraneo all’Atlantico. E così nuovi spazi, nuovi Stati (ed è infatti proprio sulle coste atlantiche che hanno avuto origine i primi Stati nazionali: Spagna, Francia, Regno Unito) e nuove religioni (queste molto più business friendly rispetto alla religione cattolica e perciò più adatte allo sfruttamento del nuovo mondo).
Con l’invenzione della stampa si libera il sapere, sapere che prima era chiuso e controllato nei monasteri, come in “Il nome della rosa”. È così che si passa da Tolomeo a Copernico, da
Galileo a Cartesio. Cartesio, con il suo “cogito ergo sum”, da allora la base della scienza moderna. Dopo la conquista di Costantinopoli, l’assedio di Vienna (1529).
Da Lutero ad Erasmo, questo fu allora l’allarme per segnalare un drammatico rischio per la cristianità. Con la straordinaria importazione dalle Americhe di enormi quantità di oro e di argento, importazioni operate all’interno di economie ancora rurali, si produce un enorme caos finanziario.
Un esempio: il Regno di Spagna fu vittima di ben 6 defaults! Nell’insieme fu un “Mundus furiosus”, questo il titolo di un libro scritto da Giansonio e pubblicato a Colonia nel 1567.
“What is past is prologue” (ancora Shakespeare in: “La tempesta”) Oggi è più o meno lo stesso, per effetto di quattro fenomeni parallelamente rivoluzionari: La scoperta dell’Asia, scoperta prima economica, ma oggi, e lo stiamo vedendo, anche “scoperta” politica; La caduta dei confini, sostituiti dalla “rete”, questa la base di un nuovo e rivoluzionario “digito ergo sum”, quello che oggi ci spinge dentro una quasi folle, certo artificiale esistenziale modernità; Dal Baltico al Mar Nero, dal Medio Oriente al Mar Rosso, la guerra è tornata su
luoghi in cui la storia è inevitabile. In specie si tratta di un'unica guerra (i) in Ucraina guerra fatta dalla Russia di Putin che identifica il suo futuro con il suo passato grande-Russo (tradizione, anima, confini!); (ii) e poi guerra fatta dal mondo musulmano in difesa delle sue tradizioni contro l’empietà blasfema dei costumi occidentali.
"UNA GUERRA INIZIATA GIÀ L’11 SETTEMBRE CON L’ATTENTATO A NEW YORK CONTRO LE TORRI GEMELLE, SIMBOLO DEL WORLD TRADE. UNA GUERRA CHE TRA L’ALTRO - ANCHE SE NON LO SI DICE - HA COME SFONDO L’INCUBO DELLA FINE DELL’ETÀ DEL PETROLIO".
Ma con una differenza, tra ‘500 ed oggi: quelli dell’Asia e del “digito” sono cambiamenti non sviluppati nel corso di un secolo, come è stato nel ‘500, ma cambiamenti sviluppati nel tempo quasi istantaneo che ha marcato il trentennio della globalizzazione. Già nel 2016, replicando il titolo del libro di Giansonio, ho scritto un libro intitolato appunto: “Mundus furiosus”. Al suo principio la globalizzazione è stata una utopia, l’ultima utopia del ‘900.
La fine della storia, l’uomo nuovo in un mondo nuovo, così che il Presidente Obama si insedia dichiarando “non abbiamo un passato, abbiamo solo il futuro”! Ma ora è arrivata la crisi della globalizzazione, crisi oggi evidente nel quasi biblico riemergere di 7 piaghe: il disastro ambientale, la degenerazione della finanza nei
debiti, la società in decomposizione nel vuoto della vita, la spinta verso il transumano, l’apparizione dei giganti della rete, la pandemia, le guerre. Si dice che gli uomini imparano l’economia con le crisi e la geografia con le guerre.
Oggi, terminata l’eccezione, stiamo tornando nella discontinua e spesso drammatica normalità della storia. Ed è per questo che vorrei tornare al luogo in cui tutto è cominciato, con la caduta del muro di Berlino: l’Europa. Oggi la guerra di Putin: ha interrotto il movimento che, per il Generale De Gaulle, per Papa Wojtyła, quasi fatalmente avrebbe dovuto scorrere sull’Europa, unificandola dall’Atlantico agli Urali. Un movimento che da ultimo si era in effetti materializzato con il “gas stream”; diversamente oggi, per effetto della guerra, dal Baltico al Mar Nero, dai Balcani al Medio Oriente, è il destino che ci riporta su luoghi antichi, luoghi dove la storia torna ad essere inevitabile. Luoghi su cui l’Europa non può procedere come l’“Angelus novus” di Klee, con la testa rivolta all’indietro.
Per questo la tesi che provo qui in specie a sostenere è che l’Europa o è unita, dal nord al sud, e da est a ovest, o non è. O l’Europa si unisce e così può sedere ai tavoli internazionali, oppure su questi tavoli finisce, come pietanza scritta sul menu!
È proprio per questo che non sarò diplomatico: è con troppa superficialità che oggi troppi parlano di “allargamento”, come se fare
l’allargamento fosse facile, come se per farlo fossero sufficienti le intenzioni o gli annunci. n realtà è l’attuale macchina politica dell’Europa che è superata e per questo sono necessari: un nuovo hardware costituzionale, necessario per una unione che conterà 35 unità statali. Impossibile che ciascuno Stato abbia ancora il suo potere di veto-voto; ma soprattutto è necessario un nuovo software politico.
LA REALTÀ È CHE OGGI IN EUROPA CI SONO DUE EUROPE: L’EUROPA CHE È AD OVEST E L’EUROPA CHE È AD EST. LA PRIMA È ASSOLUTAMENTE E DOGMATICAMENTE DEMOCRATICA, BASATA SULLA “RULE OF LAW” E, DA ULTIMO, CONCENTRATA SULLA POSTMODERNITÀ TIPICA DELLE “DOTTRINE FLUIDE” E DELLA “CANCEL CULTURE”.
Ma c’è anche l’Europa che è ad est e che, applicando la metrica di Bruxelles, ancora non sarebbe sufficientemente, non sarebbe perfettamente “democratica”. Nel suo discorso all’Università di Budapest, guardando il fiume Danubio, Papa Francesco parla dei ponti come simbolo della “necessaria unione delle culture europee”. L’unione europea, per essere tale, non può basarsi sulla attuale artificiale separazione tra "modernità" e "tradizioni".
Perché, dove non si conosce il passato, si perde il futuro, soprattutto quando, in tante parti d'Europa, la memoria significa le sofferenze vissute dai popoli nel corso della loro storia. Permettetemi di citare Churchill: "L'amore per la tradizione non ha mai indebolito una nazione, anzi ha rafforzato le nazioni nel momento del pericolo".
Oggi, seguendo le sue "élite"(??), l'Europa sta perdendo la sua anima, non sostituibile con la finanza, con la concorrenza, con l’unione bancaria, con la competitività. Pensate davvero che l'unione europea, fondata da grandi uomini, possa essere guidata da tecnici che fanno gli “influencer”, candidandosi al comando, ma non alle elezioni? Non può essere così!
Oggi lvecchia triade "Liberté, Égalité, Fraternité" è per certo ancora migliore della nuova, ma fallimentare triade "Globalité, Marché, Monnaie".
Un esempio concreto. Oggi nella UE sembrano trionfanti dottrine che obliterano la famiglia e la natività, imponendo a tutti un nuovo "identikit europeo", neutro e fluido. La decadenza dell’Impero Romano inizia con l'imperatore Eliogabalo che pensa di poter essere uomo di giorno, donna di notte. In realtà oggi non è difficile verificare che l’edonismo è un lusso proibitivo.
Per essere chiari: la politica che vede solo i diritti individuali, ignorando i doveri collettivi,
sta producendo e soprattutto produrrà effetti sociali drammatici.
Finora il nostro sistema di "welfare state" ha funzionato "dalla culla alla tomba". Oggi le nostre curve demografiche sono già drammatiche: in pochissimo tempo niente culle vorrà dire niente "Stato sociale" e, di conseguenza, niente sanità pubblica, niente pensioni!
Questo non è rilevante per i pochi più fortunati, ma si annuncia come una tragedia regressiva per la massa dei poveri, portando con sé una tragedia prima sociale e poi politica .
Giulio Tremonti dal 1974 è professore universitario e ha insegnato presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Macerata, Parma e Pavia. Ha inoltre tenuto conferenze in istituzioni prestigiose come Oxford, Yale e la Humboldt Universität, contribuendo ai dibattiti internazionali su economia e politica. Autore di numerosi libri, tra cui, da ultimo, “Globalizzazione. Le piaghe e la cura possibile” (2022) e “Le tre profezie” (2019). Dal 1984 è opinionista per il Corriere della Sera e condirettore della “Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze”. Tremonti è anche avvocato patrocinante in Corte di Cassazione e senior partner dello Studio legale Tremonti e Associati. È Presidente di Aspen Institute Italia e membro dell’Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere, un ruolo che conferma il suo impegno culturale e scientifico oltre a quello politico. È Presidente della Commissione Affari Esteri e Comunitari della Camera dei Deputati. Giulio Tremonti è un politico italiano di lunga carriera. Attualmente Presidente della Commissione Affari Esteri e Comunitari della Camera dei Deputati, è membro del Parlamento dal 1994. Ha ricoperto ruoli di rilievo come Ministro dell’Economia e delle Finanze, Vicepresidente della Camera dei Deputati e Vicepresidente del Consiglio dei Ministri.
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CON L’INVENZIONE DELLA STAMPA SI LIBERA IL SAPERE, SAPERE CHE PRIMA ERA CHIUSO E CONTROLLATO NEI MONASTERI, COME IN “IL NOME DELLA ROSA”
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Intervista a Rita Lofano, Direttrice di AGI Agenzia Italia.
ita Lofano è una figura di spicco nel giornalismo italiano. Dopo 23 anni all’interno di Agi, di cui 13 trascorsi negli States come corrispondente occupandosi di politica americana, da marzo 2023 è direttrice della stessa agenzia, la seconda per importanza nel nostro paese.
Lofano, che ha doppia cittadinanza italiana e americana e una laurea in filosofia, ha iniziato la sua carriera con Reuters e Radio Capital, prima di unirsi ad Agi nel 2000. Ha ideato riviste innovative come Mag1861, un omaggio alla bellezza italiana, e WE-World Energy, punto di riferimento nel dibattito sulla geopolitica dell'energia.
Oltre al giornalismo, Rita nutre una profonda passione per il cinema, la letteratura e il violino. Con due figli e una carriera di successo, Lofano rappresenta un esempio di equilibrio tra vita personale e professionale.
D- Direttrice, sappiamo che ha trascorso parte della sua carriera come corrispondente negli Stati Uniti: quali sono le differenze tra il giornalismo negli States e quello italiano?
R- Sono stata corrispondente dell’Agi dagli Stati Uniti per tredici anni. Mi sono divertita molto perché in America tutto (o quasi) è show. I giornalisti sono attentissimi ai dettagli, non lasciano niente al caso, ma, allo stesso tempo, amano
e vogliono fare spettacolo. Una dimensione che in Italia non è molto abitata, benché negli ultimi decenni le vecchie e noiose tribune politiche o le trasmissioni di attualità si siano trasformate in talk show in cui i conduttori usano toni e parole che una volta non avrebbero trovato posto nei media.
I social network e, più in generale, Internet hanno avuto un influsso decisivo. Il fatto che il web abbia cancellato la mediazione e permetta a tutti di dialogare, almeno in parte, con politici e vip, ha spinto anche i cronisti a rivedere i loro linguaggi. Succede in tutto il mondo ma l’America ha aperto la strada.
D- Cosa l'ha ispirata quando ha deciso di creare il podcast ‘Un'americana a Roma’?
R- Si chiama ‘Un’americana a Roma’ perché ho la doppia cittadinanza italiana e americana e vivo nella Città Eterna. Ma anche per un altro motivo. Quando ho pensato un titolo per il podcast mi è venuto in mente il film diretto da Steno con Alberto Sordi, ‘Un americano a Roma’, che ironizza in maniera straordinaria sul mito a stelle e strisce. Non mi sento Nando Mericoni, per carità, ma ogni volta che lo vedo mi viene da ridere. Un capolavoro.
D- Siamo nel pieno di una campagna elettorale agguerrita e piena di colpi di scena. Se potesse attribuire a questo momento storico il titolo di un film e di un libro quale sarebbe e perché?
R- Titolo ogni puntata del mio podcast con un libro o
NON LASCIANO NIENTE AL CASO, E AL TEMPO STESSO, AMANO E VOGLIONO
un film: ‘Orgoglio e pregiudizio’, ‘Le luci di settembre’, ‘Notte al museo’, ‘Tutti gli uomini del presidente’. Ogni settimana scelgo un tema della campagna elettorale e lo approfondisco con l’attuale corrispondente dell’Agi dagli USA, Massimo Basile. Da qui alle elezioni ne faremo ancora parecchi.
D- Kamala Harris e Donald Trump hanno due stili comunicativi completamente diversi: quale, a suo avviso, è più efficace per fare breccia nell'elettorato americano e negli stati chiave?
R- È difficile dirlo. Donald Trump fa Donald Trump. È la sua forza. Io credo che tantissimi americani si ritrovino in lui non solo per quello che dice ma per quello che è e per quello che fa. Usa toni molto aspri, insulta gli avversari, politici o giudici che siano, si lascia andare alle provocazioni. Fa spettacolo. E comunque, piaccia o no, è l’unico candidato dei Repubblicani che può vincere. Attenzione a sottovalutarlo. Kamala Harris, apparentemente più moderata nei toni (anche lei e Biden non risparmiano insulti), ha il problema di distinguersi dal presidente neutralizzando le due principali accuse che le rivolgono: non aver saputo fermare l’immigrazione (la ‘Mission Impossible’, tanto per darle un altro titolo, che le ha affidato Biden negli ultimi anni) e l’erosione del potere d’acquisto della classe media, a causa dell’inflazione. La partita è aperta e, considerati i tempi della politica, da qui al 5 novembre può ancora succedere di tutto.
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"UN'AMERICANA A ROMA" LE ELEZIONI AMERICANE RACCONTATE OGNI SETTIMANA IN UN PODCAST SUL SITO UFFICIALE DELL'AGI
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Moda, food, nautica e design. Questi sono i pilastri del Made in Italy. Solo che, mentre si parla continuamente dei primi due, il terzo e il quarto elemento sono spesso relegati nel dimenticatoio.
Secondo Il Sole 24 Ore, il settore nautico è cresciuto più velocemente del nostro PIL e ha davanti a sé una strada spianata. Nemmeno il quadro macroeconomico globale, tra guerre e tassi d’interesse sfidanti, ha potere di fronte a questa industria che sembra inattaccabile e avanza a un ritmo travolgente.
A ciò si aggiunga che l’Italia è leader mondiale nella produzione di yacht. Nel 2023 ne sono stati commissionati e costruiti seicento, per un totale di 8 miliardi di euro di produzione e 4 miliardi di fatturato export (che hanno sancito un aumento del +15,9% sul 2022). La spinta maggiore è stata data dai superyacht, navi da diporto di lunghezza normalmente superiore a 24 metri, per cui l’Italia detiene il record assoluto. Pensateci: se il 51% degli ordini di yacht di lusso avviene in Italia, allora un’imbarcazione su due nel mondo è Made in Italy.
Il primo mercato di export della nautica di lusso? Gli Stati Uniti. Un dato che non sorprende visto che il Nord-America è il paese che ospita non solo il 38% dei milionari mondiali, ma anche il maggior numero di ultramilionari e miliardari (ce ne sono ben 10.638).
La nautica italiana ha un potenziale elevato sul mercato statunitense, ben oltre ciò che appare in superficie. Uno studio di Confindustria Nautica e Deloitte rileva che gli ordini di superyacht hanno registrato un +21% su base annua; tuttavia, questa crescita riflette solo la punta dell’iceberg perché c’è una domanda potenziale inespressa che può far decollare il settore a livelli ancora più alti.
Uno dei fattori chiave dietro a questo boom navale è il cambiamento della target audience. Il pubblico di destinazione della nautica si è allargato, finendo per includere un gruppo piuttosto ampio di appassionati del
mare. L’età media dei fruitori è peraltro scesa, mettendo in luce una nuova generazione di consumatori pronta a investire. Non parliamo solo di piccoli acquisti. Il potere di acquisto dei nuovi consumatori è in aumento, e con esso cresce anche la richiesta di prodotti di lusso. Questo ha portato a una maggiore domanda nel segmento Luxury, dove yacht esclusivi, dotati di design raffinati e di ogni comfort, sono sempre più ambiti. Ma lo yacht, oltre a essere sontuoso, deve evocare il concetto della “Dolce Vita”, tutto legato alla cultura e allo stile italiano, all’indulgenza e al glamour. Non a caso questo termine è stato associato all’iconico Riva Aquarama, lo yacht di lusso più conosciuto al mondo ideato da Carlo Riva che, grazie alla sua bellezza e ai clienti che lo usavano, è diventato il simbolo universale della raffinatezza italiana nonché della cantieristica Made in Italy.
Qui entra in gioco un altro settore di grande interesse per le aziende italiane che aspirano all’America: l’interior design, perché il boom delle vendite di superyacht ha alimentato la richiesta di interni che rispondono a quel bisogno di comfort ed estetica solitamente associato alle case e che oggi si è spostato verso le barche.
Insomma, progettare una barca è diventato come progettare una casa e sarà sempre più frequente il coinvolgimento di aziende e linguaggi provenienti da altri settori come artigianato, vintage e arte per progettare interni di lusso. I milionari americani, amanti del know-how e del design Made in Italy, non aspettano altro.
A cura di Concepto.nyc
La ricerca dello stile, per un designer italiano, è un viaggio senza fine, un percorso che si snoda attraverso storia, tradizione e innovazione. In Italia, l’estetica non è mai solo una questione di forma; è l’essenza stessa del vivere, è la bellezza che si insinua in ogni gesto, in ogni scelta, in ogni dettaglio del quotidiano. È la capacità di infondere grazia nel funzionale, di trasformare l’ordinario in straordinario. L'arte di progettare, di dare vita a un oggetto o a un ambiente, è profondamente radicata nel nostro DNA culturale, e ogni designer italiano porta con sé un po' di questo patrimonio.
La nostra ricerca dello stile non è mai statica. Si evolve, ma senza mai perdere di vista l'equilibrio perfetto tra tradizione e modernità. In ogni pezzo di design, ci sono i segni di un passato ricco di storia e maestria artigianale, ma anche il desiderio di rispondere ai bisogni e ai sogni del presente. Questa capacità di legare passato e futuro, di rendere omaggio alle radici senza temere di rompere con le convenzioni, è ciò che rende il design italiano unico e, in un certo senso, senza tempo.
Agli occhi degli americani, questa attitudine risuona con forza. L'America, terra di innovazione e di sperimentazione, è affascinata dal modo in cui noi italiani sappiamo combinare con naturalezza il vecchio e il nuovo, il classico e l’avanguardistico. C'è una sete di autenticità che pervade il mercato statunitense, un desiderio di possedere qualcosa che non sia solo utile, ma che abbia una storia, un’anima. E noi italiani, con la nostra capacità di dare vita a oggetti che raccontano storie e che incarnano un’idea di bellezza duratura, riusciamo a soddisfare questa sete. Il successo del design italiano negli Stati Uniti, penso, non risiede solo nella qualità dei materiali o
nella maestria costruttiva, ma nel nostro modo di vedere il mondo, un modo che è profondamente estetico e poetico. Ogni creazione è un invito a godere del bello, a indulgere nei piaceri semplici e sofisticati della vita, a rallentare e ad apprezzare ciò che ci circonda.
Ecco perché, credo, gli americani sono attratti dal nostro stile: in un mondo che spesso corre troppo veloce, la nostra capacità di celebrare la lentezza, l'attenzione al dettaglio, e l'importanza della qualità sopra la quantità, rappresenta qualcosa di prezioso, di raro. I nostri progetti sono come frammenti di una filosofia di vita in cui il tempo si dilata, e il lusso è l’arte di vivere con eleganza e senza fretta.
Gli americani amano il design italiano perché rappresenta una pausa dal ritmo frenetico, un assaggio della "Dolce Vita" che abbiamo reso famosa in tutto il mondo. È un modo per portare un pezzo di quel sogno italiano nelle loro vite, un sogno fatto di ville che si affacciano su colline verdeggianti, di caffè bevuti lentamente in piazze assolate, di arte che abita le strade. È la promessa di uno stile di vita più intenso, più connesso alla bellezza e all’emozione.
In fondo, il design italiano non offre solo oggetti, ma esperienze. E questa è forse la nostra magia più grande: trasformare ogni creazione in un piccolo capolavoro capace di emozionare, di far sognare. Il nostro stile è un ponte tra mondi, tra la concretezza dell’oggetto e la leggerezza del sogno. E gli americani, che da sempre cercano nuovi orizzonti e nuove ispirazioni, trovano in questo stile un’affinità profonda, un modo di sentire che, anche se lontano dalle loro origini, si sposa perfettamente con il loro desiderio di eccellenza e di unicità.
A cura della redazione di ExportUSA
Creatività e successo, un concetto spesso celebrato è la capacità di mantenere il punto, credere nelle proprie idee e difenderle contro ogni critica. Apparentemente, questa qualità sembra essere una virtù irrinunciabile per chi aspira a lasciare un segno. In un'analisi più approfondita, emerge la necessità di interrogarsi su quanto questa forma di testardaggine possa realmente contribuire al successo o, paradossalmente, limitare l'evoluzione e il potenziale di crescita di un progetto. Partiamo dal presupposto comune: credere in ciò che si fa è essenziale. La fiducia nella propria idea può fungere da motore per affrontare le sfide inevitabili lungo il percorso. Ma la convinzione cieca può trasformarsi in ostinazione, isolando il creatore in una bolla di auto-referenzialità. Difendere strenuamente un'idea, senza saperla adattare o rivedere alla luce di feedback esterni, rischia di diventare un esercizio sterile. La critica, spesso vista come un ostacolo, può la chiave. In questa prospettiva, il fallimento non è solo una parte del processo creativo, ma diventa una lente attraverso cui rivedere i propri approcci e strategie. Chi vede il fallimento come una condanna tende a inibire il potenziale evolutivo della propria idea. La paura del fallimento, se affrontata con consapevolezza critica, può invece stimolare un miglioramento continuo. E ci si può chiedere: fino a che punto è saggio perseverare? A volte, la capacità di abbandonare un’idea che non funziona può essere un segno di maturità e visione a lungo termine, più che un segno di sconfitta. Il mito del successo individuale, spesso raccontato come il trionfo dell’ostinazione contro tutte le avversità, rischia di oscurare una verità più complessa: molte delle più grandi innovazioni sono frutto non solo della resilienza di chi ci ha creduto, ma anche della capacità di ascoltare, di adattarsi e di integrare le critiche costruttive. Mantenere il punto ad ogni costo può essere una trappola che porta a ignorare segnali chiari di fallimento strutturale o mancanza di valore aggiunto. Credere nella propria idea e difenderla può essere una virtù solo se accompagnata dalla capacità di rimetterla in discussione. Il coraggio di cambiare direzione, di riconoscere i limiti e di apprendere dagli errori, è ciò che distingue il vero innovatore dall’ostinato che, pur con la migliore delle intenzioni, rischia di perdersi lungo la strada.
L’INDUSTRIA DEGLI ANIMALI DOMESTICI NEGLI STATI UNITI HA RAGGIUNTO UN VALORE DI OLTRE $100 MILIARDI
A cura della redazione di ExportUSA
Crescendo annualmente del 5-6% : uno sviluppo impressionante, segno di quanto si è trasformato il modo in cui gli americani percepiscono e vivono la relazione con i loro amici a quattro zampe. Ma che cosa sta alimentando questa espansione?
La ricerca di compagnia e il supporto emotivo, soprattutto in risposta alle sfide della pandemia, hanno spinto sempre più famiglie ad aprire le porte delle loro case agli animali. Tutto questo si è ovviamente tradotto in una maggiore domanda di prodotti e servizi che migliorano la qualità
della vita degli amici dei consumatori americani: ad approfittarne sono state le aziende del mondo Pet, ma la situazione è stata vantaggiosa per entrambe le parti.
La Pet Economy è fiorita in un ecosistema che valorizza ogni aspetto della vita dell’animale, offrendo innumerevoli opportunità per creare esperienze speciali sia per i proprietari che per i loro pets.Dal cibo premium agli accessori di lusso, la varietà di prodotti e sottocategorie del settore è incredibilmente vasta. Dolce&Gabbana, che difficilmente assoceremmo al mondo degli animali domestici, di recente ha debuttato nel Pet Beauty con una fragranza di lusso per cani con ylang ylang, muschio e sandalo al prezzo di $109 e ad agosto, in occasione della giornata internazionale del cane, ha lanciato una linea di moda dedicata proprio a loro.
Non solo cuccette e collari, ma anche borse trasportino, polo e maglioncini in filati pregiati. Non si tratta del primo brand di lusso a creare linee esclusive di dogwear. Prima sono arrivati Gucci, Louis Vuitton, Fendi, Prada, Hermès e
tanti altri.
L’innovazione tocca anche il design di interni per cani e gatti, come dimostra il lavoro dello studio cinese LYCS Architecture, che ha progettato una scrivania multifunzionale con buchi, tunnel e fessure che funge da parco giochi per gatti. [Lettura consigliata à Pettecture – Design for Pets, Phaidon 2018]
Insomma, gli americani del nuovo millennio trattano gli animali domestici come dei reali, arrivando, quasi in un caso su due (43,6% di chi ne possiede uno), a preoccuparsi più della qualità del cibo del proprio pet che del loro o addirittura a sceglierli al posto di fare figli. È come se spendere sontuosamente per il gatto o il cane fosse diventato l’ultimissimo modo in cui i consumatori scelgono di viziarsi, influenzati anche dai petfluencers che continuano a spuntare sui social media.
Guardando al futuro della Pet Economy emerge un trend chiaro e inarrestabile: un crescente focus sulla salute e sul benessere dei nostri animali domestici, con una spinta verso prodotti naturali e servizi veterinari avanzati. Le novità presentate a SuperZoo, la più importante
• GLI AMERICANI SPENDONO ANNUALMENTE $136,8 MILIARDI IN PRODOTTI PER ANIMALI
• A NEW YORK CITY, CIRCA 850.000 PROPRIETARI DI CANI ACCUDISCONO 1,2 MILIONI DI ANIMALI
• SPESA MEDIA ANNUALE PER UN CANE È DI $1.533
• MENTRE PER UN GATTO È DI $1.499
• CIBO E SNACK RAPPRESENTANO IL 40,5% DELLA SPESA PER ANIMALI DOMESTICI
• IL MERCATO DEL PET FOOD BIOLOGICO È IN PIENA ESPANSIONE E VALE $22,8 MILIARDI
• LA TECNOLOGIA INDOSSABILE PER ANIMALI AVRÀ UN VALORE DI $4,6 MILIARDI ENTRO IL 2027
fiera della Pet Industry negli USA, confermano questa direzione.
Tra le innovazioni più interessanti troviamo alimenti funzionali che supportano la salute digestiva e cognitiva degli animali, integratori naturali e terapie olistiche specchio delle tendenze di consumo umane.
Lo spettro dei servizi vedrà un’espansione nel grooming personalizzato e negli alloggi di lusso per animali, che vanno ben oltre il tradizionale concetto di pensione mentre i padroni sono in vacanza. Il panorama economico può
essere incerto, ma la Pet Economy dimostra di essere a prova di recessione.
Si prevede, infatti, che il settore globale crescerà di oltre il 45%, superando i $500 miliardi entro il 2030. L'e-commerce potrebbe generare quasi il 30% delle vendite, spinto da aziende come Alibaba.com, Amazon e da pure play come Chewy e PetCo.
È chiaro che nella Pet Industry essere imprenditori conviene.
Il report speciale di ExportUSA Magazine sulle elezioni americane del 2024, un'analisi approfondita dei principali
Donald Trump
Nome completo: Donald John Trump
Data di nascita: 14 giugno 1946
Luogo di nascita: New York City, NY, USA
Partito: Repubblicano
principali temi economici e politici che influenzeranno la campagna elettorale, con un focus sulle aziende italiane
Nome completo: Kamala Devi Harris
Data di nascita: 20 ottobre 1964
Luogo di nascita: Oakland, CA, USA
Partito: Democratico
Presidente degli Stati Uniti: Ha vinto le elezioni presidenziali del 2016 contro Hillary Clinton. Basato su politiche di riduzione delle tasse e deregulation.
Carriera imprenditoriale: ha gestito la Trump Organization, operante in vari settori.
Candidato alla Presidenza 2024: Dopo aver perso le elezioni del 2020 contro Joe Biden, ha annunciato una nuova candidatura per le elezioni del 2024. Andando anche contro il volere di gran parte dei falchi del proprio partito politico.
Punti chiave del programma: Politiche fiscali a favore delle imprese, controllo delle frontiere, critica alle politiche di transizione energetica dei democratici e promozione dell'indipendenza energetica.
Donald Trump punta a crescita economica, deregolamentazione, sicurezza e una politica estera improntata sull’America First. La sua visione economica punta a stimolare la crescita attraverso una nuova serie di tagli alle tasse simile a quella del 2017, volta a incentivare la spesa dei consumatori e gli investimenti aziendali. Intende rimuovere numerose regolamentazioni ambientali per favorire l’estrazione e l’esportazione di petrolio e gas, riaffermando così l’indipendenza energetica degli Stati Uniti. La sua economia mira a una gestione protezionistica delle relazioni commerciali.
In tema di sicurezza e immigrazione, Trump vuole continuare la costruzione del muro al confine con il Messico e intensificare i controlli alla frontiera, con l'obiettivo di contrastare l'immigrazione illegale. Propone una revisione delle politiche di cittadinanza e del diritto di asilo, riducendo il numero di visti per i lavoratori stranieri. Intende anche incrementare le risorse per le forze dell'ordine e promuovere politiche di "law and order". La sua politica estera continua a enfatizzare l'America First, puntando su un approccio più unilaterale rispetto alle relazioni internazionali.
Trump è favorevole a una maggiore pressione sugli alleati della NATO affinché aumentino la loro spesa militare, e resta fermo sull'adozione di misure dure contro la Cina, mantenendo i dazi elevati su molte importazioni. Sul piano interno, promuove la difesa dei valori tradizionali americani, opponendosi a politiche progressiste che, secondo la sua visione, minano l'identità nazionale.
Procuratrice della California: Prima donna di origine afroamericana e sud-asiatica a ricoprire questo ruolo dal 2011 al 2017.
Senatrice: Eletta al Senato degli Stati Uniti nel 2016, ha rappresentato la California fino al 2021.
Candidata alla Presidenza: Ha partecipato alle primarie democratiche per le elezioni presidenziali del 2020, ritirandosi prima delle votazioni. È poi stata scelta come candidata alla vice-presidenza da Joe Biden.
Punti chiave del programma: Transizione energetica, promozione delle energie rinnovabili, riforma della giustizia penale, e sostegno a politiche per l’equità razziale e di genere.
Kamala Harris mira a una transizione accelerata verso energie rinnovabili per ridurre le emissioni di carbonio e promuovere l’indipendenza energetica degli Stati Uniti. Questo programma si allinea al Green New Deal, con investimenti mirati in energie solari ed eoliche, e prevede incentivi fiscali per le imprese impegnate nella sostenibilità ambientale. Sul fronte della giustizia sociale, Harris si impegna a riformare la polizia e il sistema penale, con politiche che favoriscano la trasparenza delle forze dell’ordine e la riduzione della carcerazione per reati minori.
Sostiene inoltre programmi di reintegrazione per i detenuti, volti a migliorare il loro ritorno nella società e ridurre la recidiva. L'economia inclusiva è un altro elemento cardine della sua campagna, con proposte per aumentare il salario minimo federale e sostenere le piccole imprese, in particolare quelle gestite da minoranze e donne. Harris prevede di estendere il programma di riduzione del debito studentesco e di finanziare lo sviluppo delle infrastrutture, puntando a colmare il divario digitale nelle aree rurali.
In politica estera, l'approccio di Harris si concentra sul rafforzamento delle alleanze internazionali e sulla leadership americana in campo climatico, riaffermando la partecipazione agli accordi globali per contrastare il cambiamento climatico. Intende continuare a promuovere una politica di riorientamento delle catene di approvvigionamento verso partner europei, allontanandosi dalla dipendenza dalla Cina, con una strategia di cooperazione bilaterale.
Economia: Trump potrebbe continuare con la sua politica economica basata su tagli fiscali per aziende e individui ad alto reddito, mirando a stimolare la crescita economica tramite la deregolamentazione. Ciò potrebbe incrementare la fiducia degli investitori ma anche aumentare il debito pubblico, poiché le entrate fiscali potrebbero non crescere abbastanza da compensare i tagli.
Immigrazione: È probabile un ritorno a politiche migratorie più restrittive, con una stretta maggiore sui confini e sui visti per studenti e lavoratori. Questo potrebbe influenzare la mobilità tra Italia e Stati Uniti, limitando opportunità per cittadini italiani interessati a trasferirsi o studiare negli USA.
Politiche ambientali: Trump ha dimostrato in passato uno scarso interesse per l'agenda sul cambiamento climatico. Potrebbe continuare a favorire il settore energetico tradizionale, come il petrolio e il gas, rallentando le iniziative di transizione ecologica e influenzando la cooperazione internazionale su questioni climatiche.
Commercio: Trump ha adottato un approccio protezionista nelle sue politiche commerciali, introducendo dazi e rinegoziando accordi internazionali.. L'Italia, con il suo forte settore manifatturiero, potrebbe risentire di nuove barriere commerciali, specialmente per esportazioni.
Relazioni transatlantiche: La NATO e l'alleanza con l'Europa sono stati temi di dibattito durante la presidenza Trump, con pressioni sui paesi europei per aumentare la loro spesa militare. Un nuovo mandato potrebbe significare una minore enfasi sull'impegno americano in Europa, lasciando l'Italia e altri membri della NATO.
Posizione sull’Unione Europea: Trump ha sostenuto un'Unione Europea più frammentata e ha spesso elogiato i movimenti sovranisti. Potrebbe mantenere un atteggiamento favorevole verso paesi come l'Ungheria o la Polonia, critici verso le politiche comunitarie, e meno interessato a un rapporto forte con l'Italia in quanto membro dell'UE.
Economia: Harris, provenendo da un background democratico, potrebbe cercare di ampliare i programmi sociali e implementare una maggiore tassazione per le fasce più ricche, cercando di aumentare la spesa per sanità, istruzione e welfare. Potrebbe anche puntare a politiche economiche più redistributive, con l'intento di ridurre le disuguaglianze.
Immigrazione: È probabile che adotti un approccio più inclusivo verso i migranti, con riforme mirate alla regolarizzazione e a una maggiore apertura per i richiedenti asilo. Questo potrebbe facilitare opportunità per gli italiani, soprattutto giovani, che desiderano trasferirsi per lavoro o studio negli USA.
Politiche ambientali: Sostenitrice del Green New Deal potrebbe puntare a politiche più ambiziose per la transizione energetica verso fonti rinnovabili, con investimenti significativi nella lotta al cambiamento climatico. Questo potrebbe portare a una maggiore collaborazione con l'Italia e l'Unione Europea su progetti ambientali.
Commercio: È probabile che la Harris adotti un approccio meno protezionista rispetto a Trump, cercando di ripristinare relazioni commerciali multilaterali e ridurre le tensioni tariffarie. Questo potrebbe favorire le esportazioni italiane verso gli Stati Uniti, agevolando il commercio bilaterale.
Relazioni transatlantiche: Harris probabilmente enfatizzerebbe il ruolo della NATO e il partenariato con l'Europa, considerando l'Italia un alleato strategico per la stabilità nel Mediterraneo e per le questioni relative alla sicurezza energetica. Potrebbe inoltre sostenere una maggiore cooperazione militare e diplomatica con l'Italia.
Posizione sull’Unione Europea: A differenza di Trump, la Harris potrebbe favorire una visione di un'Europa unita e forte, vedendo nell'UE un partner stabile per affrontare sfide globali come la sicurezza, il cambiamento climatico e la gestione delle migrazioni. L'Italia, in questo contesto, potrebbe beneficiare di un rafforzamento della cooperazione tra UE e Stati Uniti.
Investimenti: Entrambi gli scenari possono influenzare la presenza di investimenti statunitensi in Italia. Mentre Trump potrebbe favorire un ritorno delle aziende negli Stati Uniti, riducendo gli investimenti esterni, la Harris potrebbe promuovere la collaborazione tra aziende italiane e americane, soprattutto nei settori delle tecnologie verdi e digitali.
Politiche migratorie: I giovani italiani potrebbero trovare condizioni più favorevoli con Harris per studiare o lavorare negli USA, mentre un'eventuale vittoria di Trump potrebbe rendere più difficile il processo di visto e immigrazione.
Cultura e soft power: Una presidenza Harris potrebbe promuovere un'immagine degli Stati Uniti più aperta e progressista, mentre Trump manterrebbe una retorica nazionalista. Questo potrebbe influenzare anche il modo in cui l'Italia percepisce il ruolo degli Stati Uniti sul piano globale.
OBIETTIVI: RAFFORZARE LA LEADERSHIP AMERICANA NEL MONDO E PROMUOVERE ALLEANZE PER AFFRONTARE LE SFIDE GLOBALI, COME IL CAMBIAMENTO CLIMATICO E LA SICUREZZA.
Il 2024 è un anno di svolta e l’America si avvicina a un momento cruciale della sua storia. Dopo una serie di colpi di scena, i Democratici hanno ufficialmente puntato su Kamala Harris come loro candidata alla Casa Bianca. Il GOP non è da meno, dopo aver alzato il tiro con un'alleanza inaspettata. Robert Kennedy Jr. e
l'ex democratica Tulsi Gabbard si uniscono al Transition Team di Trump, portando con sé un mix di ideali che promette di scuotere l’elettorato americano. Contemporaneamente, Kamala Harris dichiara di nominare un rappresentante repubblicano all’interno del suo Gabinetto. La competizione si accende… e la partita è tutt'altro che
chiusa. Il confronto tra i due candidati si annuncia come una delle sfide più accese degli ultimi anni: il Tycoon più agguerrito che mai dopo essere stato vittima di un attentato, Harris la prima donna in corsa per passare da vicepresidente a presidente degli Stati Uniti d’America. La posta in gioco è alta, e non si tratta solo di
programmi elettorali. In un’epoca in cui la comunicazione è l'arma più potente, il modo in cui i messaggi vengono veicolati può fare la differenza tra vittoria e sconfitta. E, a complicare il tutto, c’è il compito di convincere quell’elettorato indeciso, l’ago della bilancia che può ribaltare la situazione. Ma qual è il meccanismo che porta all'elezione del presidente della potenza economica e militare più grande al mondo?
"IL 2024 È UN ANNO DI SVOLTA
E L’AMERICA SI AVVICINA A UN MOMENTO CRUCIALE DELLA SUA RECENTE STORIA"
OBIETTIVI: DIFENDERE I VALORI TRADIZIONALI AMERICANI E OPPORSI A POLITICHE PROGRESSISTE CHE, SECONDO TRUMP, MINANO LA CULTURA E L'IDENTITÀ AMERICANA.
Chi votano davvero gli americani? E come viene eletto il comandante in capo? In questo speciale vi guideremo attraverso ogni dettaglio, svelando i retroscena di un processo che non è solo politico, ma anche profondamente legato all'anima di un'intera nazione.
QUESTA NON È SEMPLICEMENTE
LA STORIA DI KAMALA HARRIS
E DI DONALD TRUMP, È LA STORIA DI UNA SCELTA FATALE, DI TUMULTUOSE CORRENTI
SOCIALI CONTRAPPOSTE CHE A NOVEMBRE SI INCONTRERANNO
E SI SCONTRERANNO.
“
Dov’è finito il sogno americano? È una domanda che si sente ripetere spesso, di questi tempi. La risposta, in genere, oscilla tra padella e brace: “il sogno americano è morto e sepolto” o addirittura “il sogno americano non è mai esistito”. L’unica cosa che tutti sembrano dare per scontata è che in America non è più il caso di sognare.
È davvero così?
Credo che l’errore consista nel ritenere il “sogno americano” (qualsiasi significato si voglia dare a questa locuzione) qualcosa di fatto e finito, che si può accettare o respingere ma che in nessun caso si può modificare.
L’America sogna oppure vive un incubo: non ci sono vie di mezzo.
Il sogno americano, in realtà, è un cantiere aperto, un work in progress. L’America sta ancora sognando, e a questo processo onirico partecipano tutti i cittadini, giorno dopo giorno, mettendo in piazza le loro paure, le loro speranze, la loro rabbia e le loro idiosincrasie. Anche noi possiamo partecipare al sogno, da quest’altra parte dell’Oceano, perché l’America è un ideale aperto al mondo, persino in quest’epoca in cui psicosi e insicurezze spingono gli statunitensi a rinchiudersi nel loro gigantesco paese.
Attenzione: non si tratta di essere eccessivamente indulgenti, né di perdonare agli USA i loro (frequenti) errori. La storia americana è anche, in qualche modo, un lungo processo di analisi e autoanalisi. Gli Stati Uniti lavano in piazza i propri panni sporchi: è una lunga e ininterrotta terapia portata avanti da artisti, scrittori, giornalisti, registi e così via. La cultura americana ha trasformato gli Stati Uniti in un enorme laboratorio, una sfera di cristallo nella quale le altre democrazie possono specchiarsi e intuire il proprio futuro. Se parlare di “nazione indispensabile” ha ancora un senso, il senso potrebbe essere proprio questo.
Guardando le cose da questa prospettiva si capisce bene come le prossime elezioni presidenziali – elezioni cruciali per vari motivi – rappresentino una battaglia fra idee antitetiche del paese. Abbiamo vissuto mesi frenetici: un dibattito
televisivo dagli effetti dirompenti, il tentativo di omicidio ai danni di un candidato, il passo indietro del suo avversario, la prima volta di una candidata presidente donna e nera. Molto altro ci aspetta.
Questa non è semplicemente la storia di Kamala Harris e di Donald Trump, è la storia di una scelta fatale, di tumultuose correnti sociali contrapposte che a novembre si incontreranno e si scontreranno.
A questa storia abbiamo il privilegio di assistere.
Federico Leoni è un giornalista di Sky TG24. Autore di "Fascisti d’America" (2021) e "Dicerie della notte" (2022). Conduce il podcast "America Contro" su Sky
Immaginate un sistema elettorale che attribuisce un peso maggiore ai rapporti di forza tra stati piuttosto che al voto diretto degli elettori. Questo è il cuore del meccanismo che, nato alla fine del '700, ancora oggi determina chi sarà il leader più potente del mondo: il presidente degli Stati Uniti d'America. Il processo elettorale per scegliere il presidente degli USA è affascinante per chi se ne intende, ma può apparire complesso agli occhi di molti. Scopriamo insieme, passo dopo passo, come funziona questo intricato sistema.
Negli Stati Uniti, ogni cittadino con almeno 35 anni e residente nel paese da almeno 14 anni può ambire alla Casa Bianca, ma trasformare questo sogno in realtà richiede molto di più che il semplice rispetto dei requisiti legali. Una campagna elettorale vincente deve essere ben orchestrata, promossa con intelligenza e, soprattutto, ben finanziata. I soldi, infatti, giocano un ruolo cruciale nella campagna elettorale: dalle pubblicità ai comizi, tutto ha un costo. Le regole per il finanziamento delle campagne si sono evolute nel tempo, diventando meno restrittive, ma un punto rimane fermo: se un candidato raccoglie più di 5.000 dollari deve registrarsi presso la “Federal Election Commission”. Questo passaggio obbligatorio segna l’ingresso ufficiale nella competizione elettorale e garantisce che tutte le donazioni siano tracciate e trasparenti, un aspetto fondamentale per mantenere la fiducia degli elettori e il corretto svolgimento della democrazia.
Le elezioni primarie sono il motore del processo elettorale presidenziale negli Stati Uniti, un palcoscenico dove i partiti di maggioranza – i Repubblicani e i Democratici – mettono in scena una delle competizioni politiche più avvincenti al mondo.
Il Super Tuesday è fondamentale per le primarie USA. Quel giorno, infatti, il maggior numero di stati va al voto contemporaneamente per definire i nomi dei candidati democratici e repubblicani. Non solo: si vota anche per i delegati a sostegno degli stessi candidati. Quest’anno si è votato il 5 marzo e in 15 stati.
Questo intricato percorso che porta all’elezione del presidente degli volontà dei padri fondatori e si rifà alla costituzione americana del degli elettori americani. I padri costituenti, infatti, ritenevano che il popolo rappresentanti per fare gli interessi della nazione e che fosse necessario sono, appunto, i grandi elettori.
degli Stati Uniti d’America è frutto della americana del 1787 che escludeva il voto diretto il popolo non fosse in grado di eleggere necessario istituire degli intermediari che
Dopo il Super Tuesday ogni partito seleziona il proprio candidato alla presidenza attraverso una serie di votazioni che coinvolgono non solo gli stati dell'Unione ma anche i territori americani, come Porto Rico, le Isole Vergini, le Samoa Americane, Guam e le Isole Marianne settentrionali e il Distretto di Columbia. Questa maratona elettorale si svolge nei nove mesi che precedono l'Election Day, un periodo intenso in cui i candidati devono destreggiarsi tra conferenze, comizi e un'incessante attività di comunicazione per conquistare il cuore degli elettori. Non è un compito facile, ma è proprio in queste fasi che si delineano le figure destinate a giocarsi la Casa Bianca.
Si entra nel vivo delle consultazioni elettorali. In alcuni stati, gli elettori esprimono la loro preferenza in modo diretto attraverso il voto segreto nelle cosiddette "Presidential Primaries". In altri stati, invece, il processo è più partecipativo e coinvolge direttamente gli attivisti locali, che organizzano incontri e dibattiti per discutere i candidati e convincere gli elettori indecisi. Questo metodo, noto come "caucus", mira a sensibilizzare la base elettorale e a mobilitare il consenso in modo più comunitario e interattivo. In base ai risultati delle Presidential Primaries o del caucus a ogni candidato viene assegnato un numero di delegati che avranno la responsabilità di rappresentare il proprio stato alla Convention Nazionale del partito. Si tratta di un momento clou per il processo elettorale statunitense, nel quale vengono ufficializzati i nomi dei candidati per la corsa alla Casa Bianca.
La Convention è un evento in cui i delegati giocano un ruolo determinante perché incarnano la volontà manifestata dagli elettori durante le primarie. È un'arena dove le dinamiche politiche possono cambiare radicalmente poiché non partecipano solamente attivisti, senatori e membri del Congresso, ma anche altre personalità di spicco che possono ribaltare l’esito delle nomine. Per i Democratici si è trattato di un momento determinante, con il ritiro di Joe Biden, l’immediata candidatura di Kamala Harris e la sua nomina ufficiale come candidata del partito. Questo sviluppo ha acceso ancora di più l'attenzione su un evento già carico di aspettative, sottolineando quanto la Convention possa essere determinante per il futuro della politica americana.
Dopo l’ufficializzazione dei candidati la campagna elettorale va avanti fino al giorno delle elezioni, che si tengono sempre il martedì successivo al primo lunedì di novembre. Si vota in tutti gli stati. I cittadini americani possono partecipare al voto scegliendo il candidato che preferiscono che però non è direttamente il candidato alla Casa Bianca. Per intenderci: gli elettori non votano Trump o Harris, ma un loro rappresentante che viene chiamato “grande elettore”. Si tratta, infatti, di partecipazione indiretta al voto.
Quindi, ad avere la responsabilità di scegliere il presidente degli Stati Uniti. Questo gruppo è composto da 538 membri, un numero che rispecchia la struttura del Congresso americano. Ecco come funziona: ci sono i 100 senatori, con due rappresentanti per ogni stato eletti ogni sei anni, e i 435 deputati della Camera, distribuiti tra gli stati in base alla popolazione ed eletti ogni due anni. A questi si aggiungono tre rappresentanti del District of Columbia, l'area della capitale Washington. Per vincere la presidenza, un candidato deve ottenere almeno 270 voti da questi grandi elettori.
WOODROW WILSON
Fondato nel 1928, il Partito Democratico americano è uno dei partiti più antichi al mondo e rappresenta oggi l'ala di centro-sinistra della politica statunitense. Nato dai sostenitori di Andrew Jackson, ha attraversato diverse evoluzioni ideologiche, passando nel tempo da posizioni conservatrici a un orientamento più progressista. Il partito ha giocato un ruolo cruciale nella storia degli Stati Uniti, dall'opposizione alla schiavitù fino alla leadership nel movimento per i diritti civili.
Nel 1828, durante la campagna elettorale per la Casa Bianca, Jackson trasformò un insulto in un'icona. Etichettato come "asino" per le sue posizioni populiste e per la sua cocciutaggine, Jackson abbracciò l'epiteto con orgoglio, facendone un simbolo di battaglia. Anche dopo il suo mandato, l'immagine dell'asino rimase legata a lui. Fu poi il celebre vignettista Thomas Nast a consolidare l'associazione tra l'asino e il Partito Democratico. Nel 1870, Nast utilizzò l'asinello in un cartoon su Harper's Weekly per rappresentare una fazione anti-militarista dei democratici. Il simbolo catturò l'immaginazione pubblica e divenne un riferimento per il partito. Pur non adottandolo in via ufficiale, i democratici
REP
ABRAHAM LINCOLN
THEODORE ROOSEVELT
DWIGHT EISENHOWER RICHARD NIXON
GEORGE W. BUSH
Il Partito repubblicano statunitense, anche noto come il “Grand Old Party” è nato nel 1854, in opposizione al Kansas-Nebraska Act, una legge che favoriva l'espansione della schiavitù negli stati occidentali. Si tratta di una delle formazioni più antiche del mondo e rappresenta l’ala conservatrice del paese.
Il GOP vede nei suoi fondatori gli ex esponenti Whig (movimento antischiavista americano) che si opponevano all’area più progressista. L’elefante, simbolo del partito, fu ideato dal vignettista Thomas Nast nel 1874 che raffigurò una serie di animali associandoli alle diverse posizioni politiche. Nast si era ispirato a una notizia, poi risultata falsa, sulla fuga di animali dallo zoo di New York e aveva raffigurato un grosso pachiderma che, mentre fuggiva, cadeva in un precipizio per simboleggiare l’inflazione e il caos. Dopo questa prima pubblicazione, lo stesso illustratore continuò ad associare l’elefante ai repubblicani con sarcasmo e cinismo. Furono poi gli stessi repubblicani a stravolgere il significato e a riappropriarsi di quel simbolo per rappresentare gli ideali di forza, intelligenza e dignità del partito.
Nome completo: Timothy James Walz
Data di nascita: 6 Aprile 1964 (60 anni) Luogo di nascita: West Point, Nebraska Ruolo attuale: 41º Governatore del Minnesota
Walz è cresciuto in una famiglia modesta che gli ha trasmesso il valore del lavoro e del servizio alla comunità. All'età di 17 anni si è arruolato nella Army National Guard, dove ha prestato servizio per 24 anni, raggiungendo il grado di sergente maggiore. Dopo l'11 settembre 2001, è stato inviato in Europa come parte dell'operazione Enduring Freedom, un'esperienza che ha consolidato il suo impegno verso la sicurezza e la difesa del paese. Al termine del suo servizio militare, Walz ha intrapreso un nuovo percorso lavorativo, collaborando con una ONG in Cina. Successivamente è tornato negli Stati Uniti, lavorando come insegnante e incontrando sua moglie.
CARRIERA POLITICA:
La carriera politica di Walz ha avuto inizio nel 2004, quando ha deciso di candidarsi alla Camera dei Rappresentanti. È stato eletto nel 2006, rappresentando il Minnesota e distinguendosi per il suo impegno a favore dei diritti dei veterani, per la lotta per un salario minimo dignitoso e per la giustizia sociale. Nel 2018, Walz è stato eletto governatore del Minnesota, dove ha lavorato su politiche di inclusione e sostegno alla classe media. Dopo la morte di George Floyd nel 2020, ha svolto un ruolo chiave nella promozione di riforme per la polizia, dimostrando un impegno verso una società più equa e giusta.
CANDIDATO VICEPRESIDENZIALE PER KAMALA HARRIS:
Il profilo di Walz come candidato alla vicepresidenza è stato selezionato attentamente da Kamala Harris. La sua esperienza come veterano, insegnante e governatore lo rende un partner prezioso per parlare agli elettori di stati chiave come il Minnesota. Inoltre, rappresenta un volto rassicurante per gli elettori della classe media. Durante la Convention democratica, Walz ha evidenziato uno dei punti centrali della campagna di Harris: il taglio delle tasse per le famiglie della middle class e per coloro che aspirano a raggiungere questa stabilità economica. Questo messaggio mira a consolidare il sostegno della base democratica e a conquistare i voti degli elettori indecisi in uno dei momenti decisivi per la campagna elettorale.
Nome completo: James David Vance
Data di nascita: 2 Agosto 1984 (40 anni) Luogo di nascita: Middletown, Ohio Ruolo attuale: Senatore per l'Ohio
Vance ha avuto un'infanzia segnata dalle difficoltà economiche in una famiglia della classe operaia bianca. Dopo essersi arruolato nei Marines, dove ha servito con onore, Vance ha frequentato Yale, dove ha ottenuto una laurea in Giurisprudenza. La sua storia di riscatto è stata raccontata nel libro "Hillbilly Elegy", un memoir che ha ricevuto un ampio successo e che è stato adattato in un film omonimo. Il libro descrive il percorso di Vance da un'infanzia difficile a una carriera di successo, trasformandolo in una figura rappresentativa del sogno americano e un portavoce per molte comunità della classe operaia negli Stati Uniti.
La carriera politica di Vance ha preso slancio dopo la pubblicazione del suo libro, che lo ha reso una voce autorevole all'interno del movimento conservatore americano. Vance si è rivelato particolarmente abile nel raccogliere fondi per le sue campagne, riuscendo a ottenere sostegno economico anche da ambienti tradizionalmente democratici come la Silicon Valley. Questa capacità di attrarre consensi e finanziamenti anche in territori meno favorevoli ha aumentato la sua rilevanza all'interno del partito, posizionandolo come una figura capace di allargare la base elettorale repubblicana.
La scelta di James Vance come candidato alla vicepresidenza risponde alla strategia di Trump di attrarre un elettorato della classe operaia e conservatrice, particolarmente forte negli stati del Midwest come l'Ohio. Vance, con la sua esperienza militare e la sua vicinanza ai temi cari ai lavoratori, rappresenta una figura in grado di mobilitare una parte significativa dell'elettorato. Durante la Convention Repubblicana, Vance ha ribadito la sua promessa di non lasciare indietro nessun americano, proponendosi come un difensore delle famiglie e dei lavoratori, in particolare di quelli che si sentono abbandonati dalle politiche dell'attuale amministrazione democratica.
DI SEPARAZIONE DEI POTERI, PROGETTATO PER GARANTIRE UN EQUILIBRIO TRA LE DIVERSE FUNZIONI GOVERNATIVE. LE FIGURE CARDINE SONO DISTRIBUITE TRA I TRE RAMI PRINCIPALI DEL GOVERNO FEDERALE:
PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI: È il capo dello Stato e del governo, responsabile dell'esecuzione delle leggi federali. Ha il potere di veto sulle leggi, comanda le forze armate come comandante in capo, e gestisce la politica estera e le relazioni internazionali, nominando ambasciatori e trattando accordi (con il consenso del Senato).
VICEPRESIDENTE: Sostituisce il Presidente in caso di incapacità o morte e presiede il Senato, avendo un ruolo decisivo in caso di parità di voti. È una figura importante nella gestione delle crisi e nelle funzioni diplomatiche.
GABINETTO PRESIDENZIALE: Composto dai Segretari dei vari dipartimenti (ad esempio, Difesa, Tesoro, Stato), che vengono nominati dal Presidente e confermati dal Senato. Questi funzionari aiutano nella gestione degli affari esecutivi del paese.
CONGRESSO DEGLI STATI UNITI: È l'organo legislativo bicamerale composto da:
SENATO: Comprende 100 senatori (due per ogni stato), eletti per sei anni. Il Senato ha il potere di confermare le nomine presidenziali (come i giudici della Corte Suprema e i membri del Gabinetto), ratificare i trattati e partecipare al processo di impeachment.
CAMERA DEI RAPPRESENTANTI: Composta da 435 membri, eletti per due anni, è responsabile della proposta di leggi finanziarie e della gestione del bilancio federale. La Camera può avviare il processo di impeachment contro il Presidente o altri funzionari federali.
SPEAKER DELLA CAMERA: È il leader della Camera dei Rappresentanti e una delle figure politiche più potenti del paese, gestendo l'agenda legislativa e il processo decisionale interno alla Camera.
LEADER DELLA MAGGIORANZA E DELLA MINORANZA: Questi leader giocano un ruolo cruciale nelle trattative legislative.
CORTE SUPREMA DEGLI STATI UNITI: È la massima autorità giudiziaria del paese, composta da nove giudici (incluso il Presidente della Corte Suprema), nominati a vita dal Presidente e confermati dal Senato. La Corte Suprema ha il potere di interpretare la Costituzione e di giudicare la costituzionalità delle leggi e delle decisioni governative.
GIUDICI FEDERALI INFERIORI: Comprendono le Corti d'Appello e le Corti Distrettuali, che si occupano di una vasta gamma di casi federali. Anche questi giudici sono nominati dal Presidente e confermati dal Senato.
Questi tre rami operano attraverso un sistema di "checks and balances" (controlli e contrappesi), per garantire che nessuno dei poteri acquisisca un'influenza dominante sugli altri. Ogni ramo ha specifici poteri per monitorare e limitare le azioni degli altri, mantenendo l'equilibrio democratico previsto dalla Costituzione degli Stati Uniti.
intervista a cura della redazione di ExportUSA con il contributo di Annick Briganti
Abbiamo avuto il piacere di parlare con Deborah Scherer, Senior Vice President della divisione “Global Trade and Investment” per la Regione di Columbus, Ohio. Originaria dell’Ohio, Deborah vive e lavora a Columbus da oltre 25 anni. Nonostante la sua professione la porti spesso a viaggiare, è profondamente legata alla propria terra natale e non la lascerebbe mai, convinta che la qualità della vita sia paragonabile, se non superiore, a quella di molte grandi città europee. In occasione delle sue missioni di lavoro in Italia, incontra imprenditori e amministratori delegati interessati a internazionalizzare in Ohio, promuovendo con entusiasmo la Regione di Columbus sia dal punto di vista della qualità della vita che per le opportunità di business che offre.
D: Quali elementi rendono la regione di Columbus particolarmente interessante per gli italiani?
D: Deborah, che cosa rende lo stato dell’Ohio e la regione di Columbus così attraenti?
R: Fare business nella regione di Columbus è un’operazione semplice, efficace e soprattutto conveniente. L’Ohio ha un grande punto di forza per le imprese: è uno dei pochi stati a non imporre né una tassa sul reddito societario né sugli inventari. Le aziende italiane sono accolte con grande entusiasmo, e il cuore dell’Ohio si conferma un territorio ideale per posizionare centri di produzione e distribuzione strategici negli Stati Uniti. Offriamo un “atterraggio morbido” agli investitori internazionali che decidono di operare nel nostro territorio, mettendo a disposizione incentivi statali e locali estremamente competitivi, soprattutto in presenza di progettualità che hanno per obiettivo la creazione di nuovi posti di lavoro e investimenti in materia di ricerca e sviluppo (R&S).
Columbus, inoltre, è un crocevia per settori chiave come l’automotive, il medicale, il food processing, il packaging, l’elettrico e i beni industriali. Questo ci rende un hub fondamentale per il supporto e la crescita del settore manifatturiero. Per quanto riguarda la logistica, Columbus è letteralmente il cuore pulsante degli Stati Uniti. Da qui si può raggiungere il 45% della popolazione americana in appena un giorno di guida: è la scelta perfetta per le aziende che cercano una distribuzione efficiente ed economica.
R: Oltre a un ambiente imprenditoriale ricco di stimoli e al prestigio delle università locali, Columbus si distingue per l’eccezionale qualità della vita, un aspetto di cruciale importanza per gli italiani. Inoltre, è una delle destinazioni più economiche degli Stati Uniti: due fattori da non sottovalutare, soprattutto nel caso dei giovani professionisti che cercano un equilibrio tra lavoro e benessere.
Le opportunità sono vastissime e abbracciano ogni settore immaginabile: tecnologia, manifattura, industria creativa, energia sostenibile. La crescita economica, unita a una scena imprenditoriale vivace, sta trasformando Columbus in un nuovo polo d’attrazione negli States, dove l’innovazione si sposa con il dinamismo creando il terreno ideale per costruire il futuro.
D: Come si vive a Columbus?
R: La Regione di Columbus è aperta a molte iniziative culturali e pronta ad accogliere nuove sfide, due elementi che permeano ogni aspetto della vita e degli affari. Qui si vive in una comunità vibrante, ricca di aziende innovative, istituzioni ed eventi unici. Che tu sia proprietario o affittuario, troverai facilmente una sistemazione su misura. Grazie al costo della vita relativamente basso e alle opportunità di lavoro presso organizzazioni globali, i residenti possono permettersi uno stile di vita di qualità. Sono tutti aspetti da non trascurare quando si decide di fare il grande passo verso il mercato americano.
Columbus è rinomata per la vivace combinazione di arte e cultura. Dalla nutrita offerta museale sino alle esperienze gastronomiche internazionali ai campi da golf pluripremiati, alle squadre sportive professionistiche e universitarie, ai “Metroparks” perfetti per fare attività all’aperto e per esplorare la natura, le attività sono davvero tante e diversificate.
“CHE TU SIA PROPRIETARIO O AFFITTUARIO, TROVERAI FACILMENTE UNA SISTEMAZIONE SU MISURA. GRAZIE AL COSTO DELLA VITA RELATIVAMENTE BASSO E ALLE OPPORTUNITÀ DI LAVORO PRESSO ORGANIZZAZIONI GLOBALI, I RESIDENTI POSSONO PERMETTERSI UNO STILE DI VITA DI QUALITÀ.
“
Il clima? Continentalissimo: quattro stagioni ben definite, con inverni freddi e nevosi ed estati calde e piacevoli. Per gli italiani del Nord, come quelli della Lombardia, Veneto o dell’Emilia-Romagna, sarà un clima più che familiare.
D: Le aziende italiane stanno mostrando interesse per la Regione di Columbus?
R: Pur non trattandosi della prima destinazione a cui gli imprenditori italiani pensano quando guardano agli Stati Uniti, le azioni di sensibilizzazione che stiamo portando avanti, stanno dando i loro frutti. Ho la fortuna di viaggiare regolarmente in Italia e collaborare con una nostra rappresentante presente sul territorio – la Dott.ssa Briganti - con la quale incontriamo aziende e associazioni di
categoria, proprio con l’obiettivo promuovere la nostra offerta e attrarre nuovi progetti. Negli ultimi due anni abbiamo osservato un crescente interesse verso il mercato americano. La pandemia e le attuali tensioni geopolitiche hanno riportato l’attenzione sul mercato più grande, sicuro e dinamico al mondo: gli Stati Uniti. Stiamo assistendo a un ritorno del fenomeno del “produrre in America” sia da parte di aziende locali che dei partner storici come l’Italia e la Germania: due pilastri per la nostra economia. In questo contesto, l’Ohio sta guadagnando terreno come destinazione ideale per chi vuole accedere al mercato.
D: Lei rappresenta la regione centrale dell’Ohio. In che modo questa si distingue dalle altre regioni?
R: Columbus, situata nel cuore dell’Ohio, è oggi una delle aree più dinamiche e attraenti degli Stati Uniti. Grazie alla crescita economica e all’aumento della popolazione è diventata una meta strategica per realtà nazionali e internazionali che vogliono conquistare il Nord America. Nei prossimi 25 anni la regione si troverà ad affrontare un periodo di forte espansione. Si prevede che la popolazione supererà i 3,15 milioni entro il 2050, un incremento di un milione di abitanti: il 50% rispetto a oggi.
Il PIL della regione ha registrato una crescita costante, frutto della presenza di moltissime aziende che l’hanno scelta come quartier generale. Questo sviluppo è stato anche determinato da una popolazione giovane e dinamica, attratta dall’alta qualità della vita che Columbus offre: un ambiente lavorativo stimolante, più accessibile e meno stressante rispetto alle grandi metropoli americane.
D: Ci sveli un segreto o un fatto sorprendente sulla sua regione che potrebbe sfuggire agli italiani
R: Gli italiani rimangono spesso sorpresi quando scoprono che Columbus sta emergendo come un centro di eccellenza nel campo della moda, specialmente nel retail e nell’e-commerce, competendo con New York e Los Angeles. Brand iconici come Victoria’s Secret e Abercrombie & Fitch hanno qui le loro radici, e il Columbus College of Art & Design (CCAD) è un’istituzione di prestigio nel settore del Fashion Design. Non è un caso che la regione di Columbus sia al primo posto negli Stati Uniti per concentrazione di professionisti del settore moda e abbigliamento. La città ha un panorama creativo vivace, arricchito da figure di spicco come Sterling Hundley e Kojo Kamau, che contribuiscono a consolidare una certa influenza
nel mondo della moda americana.
Degna di nota è anche l’industria alimentare e delle bevande. Con una solida base manifatturiera, capacità di ricerca e sviluppo avanzate e un accesso rapido all’industria e ai consumatori, la regione di Columbus è strategicamente posizionata per eccellere in ogni fase del processo produttivo. Qui ci sono oltre 11.000 posti di lavoro legati all’industria alimentare e quasi 150 stabilimenti produttivi, tra cui aziende del calibro di T. Marzetti, Wendy’s, SK Food Group e Nestlé.
D: Può fornire qualche esempio di aziende italiane già presenti nella sua regione?
R: Diverse aziende italiane hanno scelto Columbus come base operativa, in settori che spaziano dalla manifattura all’automotive, dall’ingegneria alla produzione di carta, sino all’idrogeno e ai cavi. Un esempio di successo è Sofidel, produttore italiano di carta tissue, che nel 2018 ha aperto un grande stabilimento nella regione. Da allora, la produzione è quasi triplicata, e oggi Sofidel impiega circa 600 persone. Altre aziende italiane presenti sono ONDA, Savare Specialty Adhesives, e DynAmp, questo solo per citarne alcune.
Columbus è quindi una destinazione privilegiata sia per i professionisti alla ricerca di opportunità che per le aziende già strutturate e in espansione. È una regione proiettata verso il futuro, capace di attrarre talenti e investimenti da tutto il mondo, pronta a diventare il nuovo centro d'eccellenza per il business e l'innovazione in Nord America.
Deborah Scherer è la Vicepresidente Senior del commercio globale e degli investimenti presso One Columbus , l'organizzazione privata "non-profit" che rappresenta la regione centrale dell'Ohio, Columbus. Da oltre 25 anni assiste le aziende nelle loro espansioni globali e aiuta ad attrarre investimenti diretti (FDI). I suoi 10 anni di esperienza lavorativa in un'azienda manifatturiera privata le offrono una buona comprensione di ciò di cui i produttori di piccole e medie dimensioni hanno bisogno quando entrano nel mercato degli Stati Uniti.
Ormai l’America si avvicina alle elezioni presidenziali del 2024, il clima politico del paese appare più acceso che mai, offrendo uno specchio spietato alle sue profonde contraddizioni. La patria della libertà, che si è a lungo dipinta come il faro della democrazia nel mondo, si
ritrova prigioniera delle sue stesse tensioni interne, in una lotta identitaria che travolge ogni aspetto della sua società. Questo momento ci offre un’occasione unica per esaminare le sue dicotomie, non solo dal punto di vista politico, ma da quello umano, sociale e culturale.
L’idea fondante dell'America, quella di una terra in cui tutti possano prosperare grazie al proprio impegno, è diventata al contempo una benedizione e una maledizione. Il "sogno americano" celebra l’individuo, la libertà personale e la capacità di autodeterminarsi.
Ma questa stessa celebrazione si è tradotta, col tempo, in una competizione sfrenata che ha eroso il tessuto sociale. Oggi, mentre molti proclamano con orgoglio che l'America è "la terra dei liberi", altrettanti rimangono prigionieri di una crescente disuguaglianza economica, sociale e razziale.
In nessun momento della sua storia recente questo paradosso è stato così evidente. Da un lato, l’innovazione tecnologica e il dinamismo imprenditoriale sono una fonte di ammirazione globale. Dall’altro, l'America si trova alle prese con disparità di reddito tra le più ampie del mondo occidentale. Le grandi città prosperano,
Un’altra contraddizione profonda è quella del culto della libertà individuale, che permea ogni aspetto della vita americana. Questa venerazione della libertà ha portato a politiche che privilegiano l’autonomia personale rispetto alla coesione comunitaria.
È sufficiente osservare il dibattito sulle armi da fuoco: la Seconda Emendamento è spesso difeso come un diritto sacro, simbolo dell'indipendenza individuale. Tuttavia, il prezzo di questa libertà è pagato nelle strade delle città e delle scuole, in cui la violenza armata è diventata una tragica normalità.
ma le zone rurali, un tempo pilastro dell'economia americana, languiscono. Il dibattito attorno ai salari minimi e ai diritti dei lavoratori si scontra con un sistema che sembra sempre più favorire il profitto aziendale rispetto al benessere umano.
Eppure, la libertà, per quanto celebrata, sembra sfuggente per molti. I recenti attacchi ai diritti delle donne e delle minoranze mostrano un’America in cui la libertà non è distribuita in modo equo.
La revoca della sentenza Roe v. Wade ha polarizzato ulteriormente il paese, sollevando domande su quale tipo di libertà conti di più: quella di un individuo o quella di uno Stato? La libertà, un principio sacro, si trasforma in arma politica in un contesto in cui i diritti individuali vengono compressi o ampliati a seconda delle contingenze elettorali.
L'America è, paradossalmente, sia la terra dei sogni che quella delle disillusioni. È il luogo dove ogni anno milioni di persone cercano rifugio, sperando di costruire una vita migliore, ma anche una nazione in cui la sofferenza sociale e mentale è sempre più diffusa. La crisi degli oppioidi, per esempio, ha devastato intere comunità, simbolo di un malessere più profondo, spesso nascosto dietro la facciata scintillante di Silicon Valley o Hollywood.
Le elezioni si svolgono in un’America che, a dispetto della sua immagine di superpotenza, appare vulnerabile e incerta sul proprio futuro.
Le scelte che gli americani faranno nei prossimi mesi determineranno non solo il destino politico della nazione, ma anche il modo in cui essa affronterà le sue contraddizioni interne. Harris, candidata dem rappresenta una
visione progressista che cerca di riconciliare giustizia sociale, equità e una nuova visione di futuro inclusivo.
Dall'altra parte, Trump, che potrebbe tornare a sfidare l’establishment, simboleggia una visione nostalgica di un’America passata, dove la grandezza era percepita come legata a una forza economica e politica monolitica.
Questa tensione tra speranza e disperazione è anche evidente nella polarizzazione politica. Gli americani non sono mai stati così divisi, e non solo su questioni di policy, ma su questioni di verità e realtà stessa. La pandemia ha esacerbato queste fratture, dimostrando che, in una democrazia moderna, il consenso non è più garantito, nemmeno sui fatti più basilari. Le fake news e la disinformazione hanno alimentato un clima di sfiducia nelle istituzioni, rendendo quasi impossibile un dialogo produttivo.
Ultimo giro, ultima corsa. La sfida più grande per l’America non è solo politica. È esistenziale. Riuscirà questa nazione a conciliare la sua ossessione per la libertà individuale con la necessità di una maggiore responsabilità collettiva? Potrà trovare un equilibrio tra il suo dinamismo imprenditoriale e la crescente disuguaglianza sociale? E, infine, potrà mai essere davvero "una nazione sotto Dio, indivisibile," come recita il suo stesso giuramento?
La risposta a queste domande determinerà il destino non solo di un popolo, ma di una democrazia che, sebbene imperfetta, continua a ispirare milioni di persone in tutto il mondo. Nel cammino verso le elezioni del 2024, l’America si guarda allo specchio, e ciò che vede riflette tanto le sue grandi promesse quanto le sue più gravi contraddizioni.
«Si stima che ci siano circa 400 milioni di armi da fuoco in possesso dei civili negli Stati Uniti, una cifra che supera la popolazione stessa del Paese. Circa il 30% delle famiglie americane possiede almeno un’arma da fuoco. Gli uomini sono più propensi a possedere armi rispetto alle donne, con una prevalenza del 39% tra gli uomini e del 22% tra le donne».
Le armi da fuoco sono un argomento di grande importanza negli Stati Uniti, con impatti significativi su aspetti sociali, culturali e politici. Inoltre, i residenti nelle aree rurali tendono ad avere più armi rispetto a quelli nelle aree urbane. Vediamo insieme i dati:
Morti per armi da fuoco: Nel 2022, ci sono stati oltre 48.000 morti legati alle armi da fuoco negli Stati Uniti, includendo omicidi, suicidi e incidenti. Di questi, circa il 54% erano suicidi e il 43% omicidi. Gli afroamericani hanno un tasso di mortalità 12 volte superiore a quello dei bianchi.
Tasso di omicid: Il tasso di omicidi negli Stati Uniti è significativamente più alto rispetto a molti altri paesi sviluppati, con circa 4,12 omicidi ogni 100.000 abitanti nel 2020, la maggior parte dei quali commessi con armi da fuoco.
Crimini violenti: Le armi da fuoco sono utilizzate in circa il 75% degli omicidi e in una parte consistente delle rapine e aggressioni gravi.
Sparatorie di massa: Negli Stati Uniti si verificano numerose sparatorie di massa (definite come incidenti in cui ci sono quattro o più vittime, escluso l'attentatore). Nel solo 2024, si sono registrate oltre 500 sparatorie di massa.
Aumento: Il numero di sparatorie di massa e di vittime è aumentato negli ultimi decenni, con un significativo incremento dal 2014 in avanti.
Regolamentazione delle armi: Gli Stati Uniti hanno un sistema legale complesso e variabile riguardo la regolamentazione delle armi, con leggi che variano considerevolmente da stato a stato. Alcuni stati come la California hanno regolamentazioni più severe, mentre stati come il Texas hanno leggi più permissive.
Secondo Emendamento: La cultura delle armi negli Stati Uniti è profondamente radicata nel Secondo Emendamento della Costituzione, che protegge il diritto dei cittadini di possedere e portare armi.
Tasso di possesso di armi: Gli Stati Uniti hanno il più alto tasso di possesso di armi per abitante a livello globale, con 120 armi ogni 100 persone, rispetto ad altri paesi come il Canada (34 armi ogni 100 persone) e il Regno Unito (circa 5 armi ogni 100 persone).
Tasso di morti per armi: Gli Stati Uniti hanno un tasso di morti per armi da fuoco significativamente più alto rispetto alla media dei paesi sviluppati, con un tasso circa 25 volte superiore rispetto a paesi come l’Australia, la Germania o il Regno Unito.
In sostanza, negli Stati Uniti, le armi da fuoco sono così diffuse che è quasi sorprendente quando qualcuno non ne possiede una. Ma niente paura: con un po’ di fortuna, il sogno americano prevede che tu possa andare a fare la spesa e tornare vivo. E se non succede, beh, almeno hai esercitato il tuo sacrosanto diritto costituzionale... fino all’ultimo respiro.
Fonte: FBI, National
Johns Hopkins,
"NEW
Se ascoltate bene, oggi in America potreste sentire il suono di un vetro che s’infrange. Si tratta della pressione sul “soffitto di cristallo”. Questa del soffitto di cristallo è una metafora spesso usata per descrivere la barriera invisibile che impedisce alle donne di essere promosse a posizioni di vertice nei loro settori; oggi, però, le donne negli Stati Uniti stanno facendo progressi nei loro campi di expertise e stanno arrivando più in alto che mai.
Pew Research lo conferma. Più donne sono amministratori delegati (10.6%), hanno un posto nei consigli di amministrazione delle aziende Fortune 500 (30%) e occupano posizioni legislative (circa il 30%). Non dimentichiamoci che attualmente abbiamo anche una candidata alla presidenza degli Stati Uniti. La crescita a cui stiamo assistendo è incoraggiante, ma siamo ancora lontane dal raggiungere il 50%. C’è ancora molto da fare.
Secondo Debra Lancaster, direttrice esecutiva del Center for Women and Work presso la Rutgers University, negli anni Settanta le donne costituivano circa un lavoratore su tre. In quel periodo vennero creati dei provvedimenti legislativi insieme al Women’s Right Movement per promuovere pari opportunità e libertà per le donne.
Il Fair Labor Standards Act del 1938 stabilì il salario minimo e l’Equal Pay Act del 1963 fu creato per vietare ai datori di lavoro di pagare uomini e donne in modo diverso per lo stesso lavoro nel medesimo luogo.>
Nel 1964 venne promulgato il Civil Rights Act, una legge che molte delle mie clienti italiane apprezzano particolarmente, dal momento che ha reso illegali le molestie sessuali sul lavoro (avances sessuali indesiderate, commenti offensivi e via dicendo). Queste leggi hanno aiutato a proteggere le donne.
Oggi, afferma Lancaster, circa una donna su due partecipa alla forza lavoro e ci sono più donne che uomini che ottengono un diploma di laurea. Sono inoltre state introdotte ulteriori normative federali, come l’Executive Order 14035 istituito dal presidente Joe Biden nel 2021, che promuovono la diversità, l’equità, l’inclusione e l’accessibilità per tutti, donne incluse.
Con tutti questi fattori in gioco e considerando il valore culturale radicato dell’egualitarismo in America, ci si aspetterebbe che la situazione per le donne fosse piuttosto positiva, e in molti modi lo è. Tuttavia, consultando
l’ultimo Glass Ceiling Index Report dell’Economist Magazine, che confronta la vita delle donne in 29 paesi membri dell’OCSE in base a 10 aspetti, non ho trovato le donne degli Stati Uniti al primo posto.
Le donne americane brillano in alcune categorie. Ad esempio, nel 2024, il 42% delle posizioni manageriali negli Stati Uniti è occupato da donne, mentre la media è intorno al 32% (il 28% in Italia). Gli USA hanno anche un gender gap inferiore nella forza lavoro, circa 12 punti percentuali rispetto alla media di 16 (il 18 in Italia).
Nel complesso, però, gli Stati Uniti si classificano al ventiduesimo posto su 29 paesi. L’Islanda è al primo posto e l’Italia al sedicesimo. La ragione di ciò è che occupare posizioni manageriali e ridurre il gap di partecipazione non è sufficiente per garantire alle donne di vivere al meglio.
Ci sono ancora diverse barriere che frenano la carriera delle donne americane.
La Motherhood Penalty:
Essere una madre lavoratrice negli USA è gratificante ma molto impegnativo. Gli Stati Uniti sono l’unico paese OCSE che non offre congedo di maternità o paternità pagato. Certo, abbiamo il Family and Medical Leave Act (FMLA) che concede fino a 12 settimane di congedo non retribuito.
Ma, per continuare a sostenere economicamente la famiglia, la durata media del congedo di maternità che la maggior parte delle donne prende è di sole 10 settimane, secondo il Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti (DOL o Department of Labor). Lancaster è convinta che l’introduzione di un anno di congedo retribuito, come avviene in molti altri paesi, contribuirebbe notevolmente all’uguaglianza di genere.
Per le famiglie americane non è facile nemmeno dopo i primi mesi di vita del bambino. L’assistenza all’infanzia negli
La celebre foto di Rosa Parks seduta sull'autobus fu scattata il 21 dicembre 1956 a Montgomery, in Alabama. Il fotografo era Don Cravens, che lavorava per il magazine Time. L'immagine fu scattata dopo la fine del boicottaggio degli autobus di Montgomery, un anno dopo il famoso episodio in cui Rosa Parks rifiutò di cedere il suo posto a un passeggero bianco, contribuendo a dare inizio al movimento per i diritti civili (Civil Rights Act ) negli Stati Uniti.
NEL 2024, IL 42% DELLE
POSIZIONI MANAGERIALI
OCCUPATO DA DONNE, MENTRE LA MEDIA È INTORNO AL 32% (IL 28% IN ITALIA)
USA è costosa, e i parenti che potrebbero dare una mano spesso abitano troppo lontano. Secondo un sondaggio del 2024 condotto da Care.com, le famiglie americane spendono in media il 24% del loro reddito per la cura dei figli. Molte donne ritengono che, dopo aver avuto più di un bambino, sia più conveniente lasciare il lavoro e rimanere a casa per occuparsi dei figli.
Quando le madri sono pronte a rientrare nel mondo del lavoro si trovano in ritardo nelle loro carriere e, di conseguenza, i loro guadagni complessivi risultano inferiori a quelli che avrebbero potuto ricevere se non avessero mai lasciato il lavoro.
Gli uomini americani, sempre secondo Lancaster, dovrebbero ricevere dei riconoscimenti per i molti modi in cui hanno assunto nuove responsabilità in fatto di genitorialità, prendendosi cura dei figli e svolgendo faccende domestiche in modi che i loro padri non avrebbero mai potuto immaginare. Tuttavia, il divario tra i due generi rimane evidente.
Il lavoro di cura
l lavoro di cura consiste nel prendersi cura degli altri, non solo i bambini, ma anche gli anziani e i malati, sia direttamente che indirettamente cucinando e facendo le pulizie. E negli Stati Uniti, come in molti altri paesi, questi lavori sono svolti principalmente da donne, spesso senza compenso.
Pregiudizi inconsci
Nonostante ci siano leggi a tutela delle donne, afferma Lancaster, le discriminazioni esistono ancora, anche se spesso si manifestano in modo inconscio. Le donne, infatti, vengono giudicate in modo diverso da come viene fatto con gli uomini. Queste tendono a essere valutate per il loro comportamento o la loro indole o addirittura criticate per la loro risata. Gli uomini assertivi sono di solito reputati semplicemente assertivi (un attributo positivo), mentre le donne assertive spesso vengono considerate aggressive (un attributo negativo).
Alcuni datori di lavoro possono anche ritenere inconsciamente che le donne non siano motivate o competenti come gli uomini, magari a causa della loro responsabilità nella cura dei figli, e questo fa sì che esse vengano scartate per le promozioni.
Deborah Cortigiani è una coach di comunicazione in inglese americano per professionisti italiani che lavorano negli Stati Uniti. Nata negli USA, ha vissuto e lavorato in Italia per due anni. Dopo aver sperimentato le sfide che gli espatriati affrontano all'estero è tornata negli USA con la missione di aiutare gli immigrati a ottenere maggiori opportunità attraverso una migliore comunicazione e una maggiore consapevolezza culturale, attività che svolge da oltre 30 anni. Con la sua Effective English e il supporto del marito Marco, ha aiutato quasi 100 italiani che lavorano negli USA a diventare più efficaci, sicuri e persuasivi nella comunicazione con gli americani. Ha conseguito un Master in Business Administration presso la Boston University e un Master in Educazione Linguistica presso la Rutgers University.
LinkedIn: linkedin.com/deborahcortigiani Sito: www.effectiveenglish.us
Cultura al maschile
Secondo Lancaster, esiste ancora una certa “mascolinità culturale” che crea squilibri nelle dinamiche di lavoro, favorendo gli uomini nelle gerarchie e contribuendo alla decisione di alcune donne di lasciare il posto di lavoro. Talvolta, questa forma mentis porta alcuni a sentirsi legittimati a stabilire i confini entro cui le donne possono agire, un tema molto dibattuto ad esempio dopo la decisione della Corte Suprema di annullare la sentenza Roe v. Wade, che garantiva il diritto federale all’aborto.
Tra le difficoltà legate alla maternità, il ruolo primario delle donne come caregivers e la concentrazione delle lavoratrici in settori di cura come l’assistenza sanitaria e l’insegnamento, unite a pregiudizi inconsci e occasionali dinamiche culturali che le sfavoriscono, campeggia un dato di fatto: una donna americana guadagna solo l’84% di quanto guadagna mediamente un uomo.
Stiamo per romperlo, quel soffitto di cristallo, ma c’è ancora del lavoro da fare. Innanzitutto, sono necessarie più leggi sul congedo parentale e sull’assistenza all’infanzia. Per mantenere le donne nella forza lavoro e permettere loro di ottenere ruoli di leadership, Lancaster suggerisce di offrire congedi retribuiti ai genitori e parenti prossimi, in particolare alle madri. Un’assistenza all’infanzia a prezzi accessibili è altrettanto necessaria per dare tranquillità ai genitori, consentendo loro di lavorare più ore e di rimanere nella forza lavoro. L’autrice si dice fiduciosa che le giovani generazioni faranno in modo che ciò avvenga. E per creare questi cambiamenti, dobbiamo eleggere un maggior numero di donne che comprendano gli ostacoli che il genere femminile affronta quotidianamente.
Da ultimo, Lancaster crede che le aziende dovrebbero investire di più nel mentoring per le donne sul posto di lavoro per aiutarle ad avere successo in ambito professionale e incoraggiarle a intraprendere carriere nei settori nei quali sono sottorappresentate, come le discipline STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica): in effetti, la forza lavoro STEM sta già registrando un aumento del numero di donne partecipanti.
Le americane hanno fatto grandi progressi in questi decenni, ma la strada è ancora molto lunga. Con il supporto di figure pubbliche come Melinda Gates e Mackenzie Scott, che usano le loro risorse per promuovere i diritti delle donne, Lancaster ritiene che la condizione femminile negli Stati Uniti continuerà a migliorare.
La contemporanea America è avvolta da un'aura di decadenza che, paradossalmente, sta generando un nuovo periodo di rinascita sociale. La controcultura, con le sue espressioni vibranti e sovversive, emerge come una risposta vitale e creativa a questa sensazione di declino. La controcultura odierna rappresenta non solo una reazione alla decadenza, ma anche il preludio a un nuovo periodo di trasformazione. La decadenza, termine carico di connotazioni storiche, ha visto il suo significato evolversi attraverso i secoli. Oggi, negli Stati Uniti, questa percezione è alimentata da fattori come il consumismo esasperato, le crescenti disuguaglianze economiche e il degrado ambientale. Questi elementi dipingono un quadro di stagnazione e crisi, spingendo molti a cercare alternative che segnano a tutti gli effetti un'epoca di rivoluzione e cambiamento. Questa nuova america nasce come un vigoroso movimento di resistenza e rinnovamento. Ambientalismo, diritti civili, movimenti LGBTQ+, femminismo, pacifismo e anti-consumismo, stanno vivendo una nuova epoca sotto la coltre delle armi di distrazione di massa quali tik- tok e instagram. Grazie agli attivisti i movimenti trovano nuovi modi di
organizzarsi, diffondere idee e mobilitare le masse, rendendo la loro influenza ancora più pervasiva per una società più equilibrata, libera e moderata. L'arte, la musica, la letteratura e il cinema diventano i veicoli privilegiati attraverso cui la controcultura esprime la sua critica alla società dominante. Artisti contemporanei esplorano temi di giustizia sociale, identità, ambiente e politica, producendo opere che non solo riflettono le preoccupazioni del presente, ma che aspirano anche a provocare cambiamenti. Esempi significativi includono le installazioni immersive che denunciano il cambiamento climatico, le performance che mettono in discussione le norme di genere e le narrazioni cinematografiche che esplorano le realtà delle comunità marginalizzate. Osservando l'orizzonte, è possibile intravedere i segnali di un nuovo periodo emergente. I cambiamenti sociali e culturali stanno ridefinendo il tessuto della società americana. Le sfide future saranno molteplici: dalla necessità di affrontare le crisi ambientali, alla lotta per l'uguaglianza sociale, fino alla costruzione di un sistema economico più giusto e sostenibile. La controcultura continuerà a giocare un ruolo cruciale in questo processo, stimolando il dialogo, promuovendo
la consapevolezza e spingendo verso un futuro più equo. Mentre l'America affronta le ombre della decadenza, la controcultura emerge come un faro di speranza e cambiamento. Essa rappresenta non solo una critica al presente, ma anche una visione audace di ciò che potrebbe essere. Attraverso le sue espressioni artistiche e i suoi movimenti sociali, la controcultura ci invita a immaginare e costruire un futuro che superi le limitazioni del presente, aprendo la strada a una nuova era di rinnovamento e possibilità. Come l'antico Sacro Romano Impero giunse al termine, aprendo la strada a nuove strutture di potere e cultura, così il "Sacro Americano Impero" potrebbe trovarsi sull'orlo di una trasformazione. La decadenza percepita non segna necessariamente una fine, ma piuttosto un punto di svolta. La controcultura potrebbe essere il catalizzatore che segna l'inizio di un nuovo periodo, un'era in cui l'America rinasce dalle sue ceneri, guidata da valori di equità, sostenibilità e creatività. Questa nuova fase potrebbe vedere emergere un'America più inclusiva e consapevole, pronta a lasciare il segno nel panorama globale. La vera domanda è "L'America è pronta a questo cambiamento?" non importa, lo stiamo già vivendo.
Nel cuore di Manhattan, tre giovani imprenditori marchigiani Lorenzo, Nicola e Fabio stanno rivoluzionando il mondo della ristorazione con un’idea tanto semplice quanto ambiziosa: la pasta.
Il loro nuovo locale, Pastagasm: Flirt with Flavor, è già sulla bocca di tutti, non solo per la qualità dei piatti, ma anche per l’approccio innovativo con cui si propongono in uno dei mercati più spietati e competitivi al mondo: la ristorazione newyorkese.
Ma cos’è Pastagasm? Non solo un ristorante, ma un'esperienza che celebra la pasta come protagonista assoluta. Ogni piatto è studiato per regalare un'esplosione di sapori, in un gioco costante tra tradizione e innovazione
Dietro a questo progetto ci sono tre giovani amici d'infanzia che hanno deciso di portare la loro passione per il cibo e la cultura italiana direttamente a Manhattan, in un format che unisce l’artigianalità della pasta fresca con l’energia sentimentale di New York.
Il nome stesso, Pasta - Gasm, è una dichiarazione d’intenti: si tratta di un invito a flirtare con il gusto, a vivere la pasta in modo sensuale, provocante, senza compromessi.
“Volevamo creare un luogo dove ogni piatto fosse un’esperienza indimenticabile, un’esplosione di piacere per il palato,” spiegano i fondatori. “Abbiamo messo tutta la nostra energia e creatività per offrire un prodotto autentico ma allo stesso tempo fresco e moderno, capace di distinguersi in un contesto altamente competitivo come quello di New York.”
CONCEPTO.NYC: CREARE UN BRAND VINCENTE
L’intero progetto di branding, è stato realizzato dall’agenzia concepto.nyc. Dalla scelta del nome, al tone of voice, alla tipografia, la palette cromatica, il logo, fino ad arrivare alle grafiche accattivanti. Creando una tipica atmosfera italian seventies, ogni dettaglio è stato curato per creare un’identità forte e memorabile. Il logo gioca con linee sinuose e colori audaci come il rosa ispirato ai film di Wes Anderson, mentre il claim “Flirt with Flavor” riflette
perfettamente l’intento di stimolare i sensi attraverso l'ardore per la cucina. Alfio Martire il Creatve Director di Concepto, ha spiegato così l’ispirazione dietro il progetto:
“Volevamo catturare l’essenza del piacere che si prova mangiando un buon piatto di pasta e tradurla in un’esperienza sensoriale completa. Il concetto di 'flirt' nel claim non è casuale: rappresenta la seduzione del gusto,
il richiamo di un piatto che invita a lasciarsi andare. Abbiamo lavorato per creare un brand che fosse riconoscibile e potente, qualcosa che facesse vibrare le corde emotive dei clienti, anche con un pizzico di erotismo culinario. In una città come New York, dove ogni giorno nascono nuovi locali, Pastagasm doveva distinguersi non solo per il cibo, ma anche per l’identità visiva e narrativa che accompagna ogni piatto.”
L’interior design è moderno, con richiami alla tradizione milanese, reinterpretata in chiave contemporanea. L'ambiente accogliente ma allo stesso tempo vibrante, in perfetto equilibrio tra comfort e modernità. Il menu, con i nomi da sballo è concepito per adattarsi ai ritmi frenetici della città, offre una selezione di piatti che spaziano dai grandi classici della tradizione italiana (e romana) a creazioni più sperimentali, pensate per sorprendere anche i palati più esigenti come la pasta rosa.
Con la scelta di geomarketing in una sede centrale in uno dei quartieri più dinamici di Manhattan, Pastagasm si propone come il nuovo punto di riferimento per chi cerca il comfort food, ma con quel tocco di innovazione che solo la scena gastronomica di New York può offrire. Nonostante la concorrenza spietata e la sfida di affermarsi in un mercato così vasto e variegato, i trio marchigiani è convinto che la qualità e la passione possano fare la differenza. E a giudicare dalla fila al bancone , dalle recensioni entusiaste dei clienti e dai social media in fermento, sembra proprio che abbiano ragione. Per noi italiani la pasta è un modo di vivere, e questo luogo è stato creato per farlo in modo romantico.
ell'eccezionalità del momento storico che stiamo attraversando, abbiamo scelto di rimanere saldamente ancorati alle tematiche centrali di questo secondo numero del nostro magazine, dedicando un’attenzione particolare alla sezione Viaggi. In questa edizione, vogliamo condurvi alla scoperta di una città che più di ogni altra rappresenta il cuore pulsante della politica americana: Washington D.C.
Attraverso le nostre pagine, vi guideremo alla scoperta dei quartieri istituzionali della capitale degli Stati Uniti, una città che, mai come oggi, è al centro delle dinamiche globali. Vi accompagneremo in un viaggio unico tra i suoi distretti più emblematici, immergendoci nelle atmosfere austere e solenni che caratterizzano le vie del potere. Entreremo nei palazzi dove si decidono le sorti del Paese,
respirando la storia che si mescola con l’attualità, tra corridoi che hanno visto passare presidenti e capi di stato. Dalle grandiose architetture classiche che dominano Capitol Hill, sede del Congresso, ai giardini curati della Casa Bianca, ogni angolo di Washington D.C. racconta un frammento del complesso mosaico americano.
Con uno sguardo attento e approfondito, esploreremo i luoghi dove le grandi decisioni vengono prese, rivelando non solo i simboli del potere, ma anche le storie più nascoste che animano la capitale degli States. Prepariamoci dunque a un viaggio che è al contempo un’immersione nella storia e un’occasione per comprendere da vicino i meccanismi che muovono il mondo politico americano, in un periodo in cui ogni scelta risuona con un’eco globale.
Washington D.C. (District of Columbia)
Fondata il 16 luglio 1790, Washington D.C. è l'unica città americana nata dalla Costituzione degli Stati Uniti. La scelta della capitale della giovane nazione non è stata affatto semplice: fu necessario trovare un compromesso per definirne una sede permanente, superando l'alternativa temporanea rappresentata da città come New York e Philadelphia, entrambe considerate, in
passato, capitali degli Stati Uniti. Nel 1790, il Congresso approvò il "Residence Act", affidando al presidente George Washington il compito di selezionare la sede della nuova capitale lungo il fiume Potomac. Da allora, Washington D.C., che prende il nome dall’omonimo presidente, si è affermata come un distretto autonomo, al di fuori dei confini della Virginia e del Maryland, e sotto la diretta supervisione del Congresso degli Stati Uniti.
38.8977° N 77.0365° W
La guerra di secessione americana (18611865) rappresentò un momento di svolta cruciale per Washington:
la città assunse un ruolo nevralgico per le operazioni militari, attirando personale militare e civile e favorendo una crescita economica e demografica significativa. Tuttavia, la città rimase caratterizzata da una forte divisione sociale anche alla fine del conflitto, con disuguaglianze razziali ben evidenti. La popolazione era segregata in aree diverse riservate ai bianchi e agli afroamericani.
Questa condizione persistette fino al XX secolo, periodo in cui Washington divenne il simbolo del movimento per i diritti civili con eventi del calibro della storica marcia di Martin Luther King e il suo discorso a Lincoln Memorial (“I have a dream”), che la resero un punto di riferimento per la lotta contro le discriminazioni.
Nonostante la crescente popolazione, Washington D.C. è stata a lungo priva di rappresentanza politica: solo nel 1961, e grazie al 23° emendamento, i residenti ottennero il diritto di votare e solo nel 1973 il Congresso approvò l’Home Rule Act che consentiva l’elezione del sindaco e la formazione del consiglio comunale, ma ancora oggi le decisioni del governo locale possono essere prese dal Congresso.
La Casa Bianca, celebre protagonista di tanti set cinematografici, è uno degli edifici che forse conosciamo tutti. Simbolo del potere, della politica e della storia americana, è diventata nel tempo un’attrazione per i tanti turisti in visita nella capitale. La sua costruzione ebbe inizio nel 1792 durante la presidenza di Washington, che, però, non ci abitò mai.
Curiosamente, non fu un americano l’architetto che la costruì: il bando di concorso lo vinse l’irlandese James Hoban. L’edificio è infatti ispirato al Leinster House di Dublino, sede del parlamento irlandese. Ci vollero otto anni per costruirlo e il primo presidente che poté varcare la soglia della residenza fu John Adams con la moglie Abigail.
Uno degli eventi più eclatanti che coinvolse la White House fu l’incendio del 1814, quando le truppe britanniche invasero Washington e diedero fuoco a molti edifici governativi, tra i quali anche residenza del presidente.
Fu poi ricostruita sotto la guida di Hoban e riaprì le sue porte nel 1817, durante la presidenza di
James Monroe.
La struttura è stata nel tempo migliorata e ampliata. Nel 1902, sotto Theodore Roosevelt, gli uffici presidenziali furono spostati nell’ala Ovest, quella che conosciamo tutti come West Wing , mentre fu il presidente Wiliam Howard Taft a far progettare il famoso Studio Ovale. Dal 1948 al 1952 la Casa Bianca venne dichiarata pericolante e furono necessari dei restauri particolarmente lunghi per renderla nuovamente agibile.
In quel periodo, il presidente Truman fu costretto a trasferirsi presso la Blair House. Dal 1800, la Casa Bianca ha ospitato ogni presidente degli Stati Uniti ed è la sede dei più importanti incontri internazionali. L'edificio ha sei piani di cui due sotterranei, e gli alloggi privati del presidente si trovano al primo piano.
Il North Portico e il South Portico, con le loro colonne imponenti, sono i simboli più riconoscibili della Casa Bianca. Oltre allo Studio Ovale, una delle sale più importanti è la Situation Room, la sala operativa per le crisi.
Sicuramente avrete visto la serie televisiva “House of Cards”, un cult che racconta gli intrighi della politica americana: ebbene, quella serie inizia con le immagini del Campidoglio e della sua iconica cupola.
Il cosiddetto “United States Capitol” è la sede del Congresso americano, organo bicamerale composto da Camera dei Rappresentanti e Senato. Gli architetti che contribuirono alla sua costruzione furono William Thornton, Benjamin Henry Latrobe e Charles Bulfinch. L’edificio subì diverse ristrutturazioni, la principale delle quali fu quella successiva al già menzionato incendio del 1814. Fu proprio in quell’occasione che venne realizzata la celebre cupola in ghisa del palazzo.
L’edificio è ispirato alla cultura neoclassica con elementi dell’antica Grecia e di Roma. È davanti al Campidoglio che, dopo ogni elezione, il nuovo presidente degli Stati Uniti giura fedeltà alla nazione, trasformando il palazzo nella cornice di alcuni dei momenti più solenni della storia americana. Il Campidoglio è anche la sede di importanti eventi internazionali.
È tra gli edifici governativi più grandi al mondo, simbolo del potere militare degli USA e quartier generale del Dipartimento della Difesa.
Con una superficie di 14 ettari, uno staff di più di 20.000 dipendenti militari e civili e altri 3.000 membri del personale, il Pentagono è internazionalmente conosciuto per la forma geometrica da cui prende il nome. È strategicamente situato nelle vicinanze di Washington D.C., nella Virginia settentrionale.
Situata di fronte al Campidoglio, la Corte Suprema è un edificio maestoso e rappresenta il più alto organo giudiziario del paese, con il compito di garantire che leggi e azioni del governo siano conformi alla costituzione. La sua funzione cruciale si esprime attraverso la Judicial Review, un processo che valuta la costituzionalità delle leggi o delle decisioni prese dal governo. La Corte è composta da nove giudici e dal capo della Corte. Questi giudici vengono nominati dal presidente e devono poi essere confermati dal Senato attraverso audizioni ufficiali.
Rappresenta il paese a livello globale e gestisce i rapporti diplomatici con gli altri stati. Supervisiona il lavoro delle ambasciate e dei consolati americani in tutto il mondo, offrendo supporto ai cittadini all'estero e proteggendo gli interessi nazionali in vari modi, dalla lotta al terrorismo alla promozione della stabilità internazionale. Un altro pilastro è la promozione economica: esso sostiene le imprese americane nei mercati esteri e facilita programmi che incoraggiano gli investitori stranieri a espandere le loro attività negli Stati Uniti attraverso azioni mirate in collaborazione con gli stati americani, che offrono incentivi.
Uno dei dipartimenti esecutivi più antichi del governo federale che sovrintende la politica economica, fiscale e finanziaria dell’esecutivo ed è responsabile della produzione della moneta, della riscossione della tasse , della gestione del debito pubblico e della supervisione del sistema bancario. A capo del Dipartimento del Tesoro c’è il Segretario del Tesoro, responsabile di una serie di uffici e divisioni specializzati, tra cui il Sottosegretario per le Finanze Nazionali, responsabile della gestione del debito e delle operazioni sui mercati finanziari, e il Sottosegretario per la Finanza Internazionale, che si occupa di questioni economiche globali.
All’interno del dipartimentotroviamo anche:
FBI (FEDERAL BUREAU OF INVESTIGATION):
La principale agenzia investigativa federale, responsabile delle indagini su reati federali, controspionaggio e terrorismo.
DEA (DRUG ENFORCEMENT ADMINISTRATION):
Agenzia dedicata alla lotta al traffico di droga e all'applicazione delle leggi sulle sostanze controllate.
U.S. MARSHALS SERVICE:
L'agenzia più antica di forze dell'ordine federale, responsabile della protezione dei funzionari giudiziari, della gestione dei prigionieri federali e del rintracciamento dei fuggitivi.
ATF (BUREAU OF ALCOHOL, TOBACCO, FIREARMS AND EXPLOSIVES):
Agenzia che regola e applica le leggi relative ad armi da fuoco, esplosivi, alcol e tabacco.
CIVIL RIGHTS DIVISION:
Un'unità del DOJ dedicata a far rispettare le leggi sui diritti civili e a proteggere i cittadini dalle discriminazioni.
ANTITRUST DIVISION:
Responsabile dell'applicazione delle leggi antitrust, che mirano a prevenire i monopoli e a promuovere la concorrenza leale.
Istituito nel 1870, il Dipartimento di Giustizia (Department of Justice o DOJ) è l’agenzia federale responsabile per l’applicazione della legge e della gestione del sistema giudiziario americano. A capo di questo dipartimento c'è il procuratore generale, che funge da consigliere legale principale del governo federale e rappresenta gli Stati Uniti nelle questioni legali. Attualmente, il procuratore generale supervisiona tutte le operazioni del dipartimento e guida le sue politiche generali.
SMITHSONIAN INSTITUTION
Il più grande complesso museale, educativo e di ricerca del mondo. Fondata nel 1846, la Smithsonian Institution è composta da 21 musei, gallerie, uno zoo nazionale e numerosi centri di ricerca . La sua missione è promuovere la conoscenza e preservare il patrimonio culturale, scientifico e storico dell'umanità. Fu istituita grazie a una donazione dello scienziato britannico James Smithson, che lasciò la sua fortuna agli Stati Uniti per fondare "un'istituzione per l'incremento e la diffusione della conoscenza". La curiosità è che Smithson non visitò mai gli USA: ciononostante la sua eredità ha creato una delle istituzioni culturali più importanti al mondo. Non tutte le sedi della Smithsonian sono a Washington, alcune sono dislocate in altre città degli USA. L’accesso a questo complesso è gratuito e aperto al pubblico.
Fondata il 24 aprile 1800, la Library of Congress nacque per supportare i legislatori del Congresso americano, diventando la più grande biblioteca del mondo. Istituita da John Adams, inizialmente si trovava nel Campidoglio con circa 740 libri e 3 mappe. Dopo l'incendio del 1814, la collezione fu ricostruita con l'acquisto dei 6.000 volumi privati di Thomas Jefferson . Nel XIX secolo, grazie al copyright deposit, la biblioteca crebbe significativamente.
Oggi possiede oltre 170 milioni di oggett i, tra cui 38 milioni di libri, 70 milioni di manoscritti e opere in 470 lingue
I suoi edifici principali sono:
Thomas Jefferson Building, la maestosa sala di lettura. John Adams Building, che ospita la collezione generale. James Madison Building, con uffici e risorse digitali.
Il Federal Reserve Building FED è la sede della Banca Centrale degli Stati Uniti d’America, noto formalmente come Marriner S. Eccles Federal Reserve Board Building, è la sede del Consiglio dei Governatori della Federal Reserve a Washington. Completato nel 1937 e progettato dall'architetto Paul Philippe Cret, l'edificio ha uno stile neoclassico sobrio, costruito in marmo bianco per riflettere solidità e autorità. Il Federal Reserve Building ospita il Consiglio dei Governatori, che supervisiona le banche e regola la politica monetaria del paese. Compito principale della Fed è mantenere la stabilità dei prezzi e promuovere il massimo livello di occupazione negli Stati Uniti, assicurandosi che l’economia rimanga in equilibrio, soprattutto nei momenti di incertezza o di crisi.
È l'agenzia governativa incaricata di preservare e custodire i documenti ufficiali e storici più importanti per le generazioni future. Creato nel 1934, il National Archives gestisce una vasta collezione di documenti, fotografie, registrazioni audiovisive, mappe e altri materiali che coprono l'intera storia del paese, risalendo fino alla fondazione degli Stati Uniti. L'obiettivo principale del National. Oltre alla conservazione, l'agenzia è responsabile di rendere accessibili questi documenti al pubblico, agli storici e ai ricercato. Ha sedi in tutto il paese, ma il quartier generale è a Washington D.C. in un edificio situato lungo il National Mall. Tra i documenti ospitati dall’archivio ricordiamo i principali: la Dichiarazione di Indipendenza, la Costituzione e la Carta dei Diritti.
(Edgar Hoover Building)
Situato al 935 Pennsylvania Avenue, a pochi isolati dalla Casa Bianca e dal National Mall, questo edificio iconico è la sede principale dell'FBI, l'agenzia responsabile di tutte le operazioni di sicurezza nazionale e investigative degli Stati Uniti. Prende il nome da J. Edgar Hoover, il controverso direttore dell'FBI che guidò l'agenzia dal 1924 al 1972, noto per aver trasformato l'FBI in una forza di spionaggio interno durante la Guerra Fredda e per il suo dossier sui leader politici e attivisti del tempo, inclusi Martin Luther King Jr. e John F. Kennedy.
Costruito negli anni '70, ha spesso suscitato critiche per il suo aspetto brutalista, giudicato poco accogliente e persino intimidatorio, in linea con l'immagine dell'agenzia stessa.
Inoltre, l’edificio Hoover è stato il fulcro di eventi storici significativi, come l'indagine sull'assassinio di John F. Kennedy e l'operazione contro Al Capone , simbolo del potere investigativo dell'agenzia. Questo luogo non è solo un centro operativo, ma anche un simbolo del complesso equilibrio tra sicurezza e libertà negli Stati Uniti.
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LA VERITÀ, RIDEFINENDO LA POLITICA AMERICANA. UN CONFRONTO CON L'AMERICA DI OGGI, TRA TRASPARENZA, POTERE E INTEGRITÀ.
A cura della redazione di ExportUSA
Lo scandalo Watergate rappresenta uno dei momenti più emblematici nella storia politica degli Stati Uniti, una vicenda che ha scosso le fondamenta stesse della democrazia americana , portando alle dimissioni del presidente
Richard Nixon nel 1974. Sebbene siano passati cinquant'anni, l'eredità di Watergate continua a essere rilevante, specialmente nel contesto attuale, dove le questioni di trasparenza governativa e integrità politica rimangono di primaria importanza. In questo articolo esploreremo la cronologia dei fatti, il ruolo cruciale del giornalismo investigativo, la biografia dei due giornalisti simbolo del Watergate, e faremo un parallelo con il clima politico odierno negli Stati Uniti. Inoltre, includeremo riferimenti cinematografici che hanno immortalato questa vicenda sul grande schermo, fornendo un contesto visivo e narrativo per comprendere a fondo la portata dello scandalo.
Il Watergate: Cronologia di uno Scandalo
Tutto ebbe inizio il 17 giugno 1972, quando cinque uomini furono arrestati mentre cercavano di
entrare negli uffici del Comitato Nazionale Democratico (DNC), situati nel complesso Watergate a Washington D.C. Questi uomini erano stati incaricati di installare dispositivi di intercettazione telefonica. L'obiettivo era ottenere informazioni riservate utili alla campagna di rielezione del presidente Richard Nixon.
L'EVENTO, APPARENTEMENTE UN SEMPLICE TENTATIVO DI SPIONAGGIO POLITICO, SI RIVELÒ ESSERE SOLO LA PUNTA DELL'ICEBERG.
Nel corso dei mesi successivi, una rete di bugie, insabbiamenti e abusi di potere iniziò a emergere, coinvolgendo funzionari di alto livello all'interno dell'amministrazione Nixon. A peggiorare la situazione, emerse anche l'uso di fondi illegali per finanziare queste operazioni segrete.
Il nome "Watergate" si trasformò rapidamente da semplice riferimento a un luogo fisico a simbolo di uno scandalo politico di dimensioni epiche.
La complessa indagine sul Watergate svelò come l'amministrazione Nixon avesse creato un vero e proprio sistema>
VEDUTA AEREA DEL COMPLESSO WATERGATE, LUOGO DEL FURTO CON SCASSO DEL 17 GIUGNO 1972 NEL QUARTIER GENERALE DEL COMITATO NAZIONALE DEMOCRATICO CHE DIVENNE SINONIMO DELL'INSABBIAMENTO
DEL PRESIDENTE NIXON E DELLE EVENTUALI DIMISSIONI. LE EFFRAZIONI SONO AVVENUTE NELLA PALAZZINA UFFICI DEL CENTRO.
"Cinquant'anni dopo l’irruzione di cinque uomini all’hotel Watergate di Washington, siamo ancora qui a fingere di stupirci per l’impatto di un evento che ha scosso, non solo la politica, ma anche il giornalismo (e, per i più romantici, il cinema).
Nonostante decenni di analisi, continuiamo a ripercorrere questa storia, perché, si sa, non c’è nulla di meglio che rivisitare il passato per dare un senso al presente".
>per sabotare i propri avversari politici. Questo includeva intercettazioni illegali, il furto di documenti riservati e l'uso dell'FBI e della CIA per insabbiare le indagini.
La Scoperta e Il Ruolo Cruciale del Giornalismo
L'importanza del Watergate non risiede solo nei fatti, ma anche nel modo in cui sono stati portati alla luce. Questo scandalo fu rivelato grazie all'intrepido lavoro di due giornalisti del "Washington Post", Bob Woodward e Carl Bernstein.
GRANDI SCANDALI POLITICI DELLA STORIA AMERICANA, MA RIDEFINÌ ANCHE IL RUOLO DEL GIORNALISMO INVESTIGATIVO.
Bob Woodward:
Nato nel 1943, Woodward iniziò a lavorare per il "Washington Post" nel 1971, dopo aver servito come ufficiale di intelligence nella Marina degli Stati Uniti. Nel contesto del Watergate, divenne famoso per la sua capacità di coltivare fonti anonime, la più famosa delle quali fu "Deep Throat" (successivamente identificato come Mark Felt, vice direttore dell'FBI), che lo guidò verso una serie di rivelazioni sconvolgenti.
Carl Bernstein: Nato nel 1944, era un giornalista esperto che aveva iniziato la sua carriera molto giovane. La sua meticolosa attenzione ai dettagli e la sua audacia nel condurre interviste facevano di lui il complemento perfetto per Woodward. Bernstein era noto per la sua capacità di scavare a fondo nelle storie e ottenere informazioni cruciali da fonti apparentemente inaccessibili.
Il lavoro di Woodward e Bernstein è un esempio cristallino dell'importanza del giornalismo investigativo come pilastro della democrazia. Senza la loro determinazione e il sostegno del "Washington Post", probabilmente lo scandalo Watergate non sarebbe mai stato portato alla luce.
Gola Profonda:
Uno dei momenti più iconici nella loro indagine fu l'incontro con "Deep Throat", che si svolgeva nei parcheggi sotterranei di Washington D.C. Mark Felt, attraverso queste interazioni segrete, fornì informazioni cruciali che collegavano l'insabbiamento direttamente alla Casa Bianca.
Ecco un estratto da una delle rare interviste rilasciate da Felt molti anni dopo la fine del caso:
“Il mio scopo non era distruggere un presidente, ma preservare l'integrità dell'FBI. La Casa Bianca stava compromettendo tutto ciò in cui credevamo.”
Le informazioni di Felt portarono Woodward e Bernstein a seguire la traccia del denaro, dimostrando che i fondi utilizzati per finanziare le operazioni illegali provenivano direttamente dal Comitato per la Rielezione del Presidente (CREEP), legando inevitabilmente lo scandalo a Nixon stesso.
Le Dimissioni di Richard Nixon
Il 9 agosto 1974, dopo un lungo processo di indagini, rivelazioni e una probabile messa in stato d'accusa, Richard Nixon divenne il primo presidente nella storia degli Stati Uniti a dimettersi. La famosa frase di Nixon durante il suo discorso di addio rimane iconica:
"Non sono un imbroglione."
Ma la verità era chiara. Nixon aveva non solo orchestrato un piano per manipolare le elezioni, ma anche per insabbiare ogni traccia del crimine, utilizzando illegalmente il potere esecutivo.
Oggi, l'America si trova a fare i conti con un panorama politico altrettanto polarizzato e divisivo. Le accuse di abuso di potere, interferenze elettorali e corruzione sono temi ricorrenti nelle amministrazioni recenti, inclusa quella di Donald Trump.
Il Watergate ha insegnato al mondo che nessuno, nemmeno il presidente degli Stati Uniti, è al di sopra della legge. Tuttavia, la lezione più importante è forse quella sull'importanza della libertà di stampa. Se non fosse stato per il giornalismo investigativo indipendente, la verità sul Watergate sarebbe rimasta nascosta, e l'America avrebbe potuto imboccare una strada molto diversa.
In un'era in cui i media sono spesso etichettati come "fake news" e la fiducia nell'informazione è in crisi, ricordare il ruolo cruciale che giornalisti come Woodward e Bernstein hanno avuto è più importante che mai. Anche oggi, l'indipendenza della stampa e la sua capacità di fungere da cane da guardia della democrazia sono messi alla prova.
Conclusione
Lo scandalo Watergate fu più di un semplice scandalo politico; fu un test della resilienza delle istituzioni democratiche americane. Oggi, come allora, la trasparenza, l'integrità e il giornalismo investigativo rimangono essenziali per garantire che il potere non venga abusato. Watergate ci ricorda che la verità può emergere, anche quando è sepolta sotto strati di menzogne e insabbiamenti, e che il controllo del potere è un principio fondante della democrazia americana.
Il Watergate nella Cultura Popolare:
Lo scandalo Watergate è stato immortalato in vari film e documentari. Il più famoso è probabilmente "(1976), diretto da Alan J. Pakula e basato sul libro omonimo di Woodward e Bernstein. Il film, che vede protagonisti Robert Redford (Woodward) e Dustin Hoffman (Bernstein), è un capolavoro del cinema investigativo e offre uno sguardo drammatico ma accurato sugli eventi dietro le quinte dell'indagine.
Negli Stati Uniti il film ha incassato 70,6 milioni di dollari, risultando il quarto maggior successo al box office del 1976
Un altro film rilevante è "Frost/Nixon" (2008), che ripercorre le storiche interviste tra il conduttore televisivo britannico David Frost e Richard Nixon, in cui l'ex presidente finalmente ammise alcuni dei suoi errori.
NEL VASTO PAESAGGIO CULTURALE DEGLI STATI UNITI, IL NATALE ASSUME FORME E TRADIZIONI DIVERSE, SPAZIANDO DALLE INNEVATE COLLINE DEL BAXTER STATE PARK FINO ALLE CALDE SPIAGGE DI HONOLULU.
A cura della redazione di ExportUSA
Ogni stato, ogni città, ogni comunità celebra il Natale a modo suo, intrecciando antiche tradizioni locali con influenze culturali provenienti da tutto il mondo. Questo rende la festa non solo un periodo di celebrazione religiosa e famigliare, ma anche un’occasione per esplorare le infinite sfumature dell’identità americana.
NATALE NEL NEW ENGLAND:
Tradizione e Nostalgia Innevata Il New England, patria del Natale “cartolina” che molti associano agli Stati Uniti, è uno dei luoghi in cui le tradizioni natalizie trovano le loro radici più profonde. Portland, Maine, con i suoi porticcioli innevati e le luci natalizie che si riflettono sul mare ghiacciato, sembra uscire da un racconto di Dickens.
Qui, le famiglie si riuniscono attorno agli alberi decorati con semplici ornamenti fatti a mano, ricordando l’essenzialità e l’intimità delle feste di una volta.
Uno degli eventi più caratteristici è il Festival of Lights di Ogunquit, un pittoresco villaggio di pescatori sulla costa. Le case si vestono di luci e ghirlande, e le strade vengono animate da corali natalizi che cantano antiche canzoni in un’atmosfera raccolta.
In Vermont , i visitatori possono vivere un’esperienza unica partecipando a una delle tante corse in slitta, trainati da
cavalli attraverso foreste di pini innevati. Qui, la tradizione del taglio dell’albero di Natale è particolarmente sentita: intere famiglie si recano nei boschi per scegliere e abbattere personalmente l’abete che adornerà il soggiorno di casa.
Natale a New York
Se il Natale nel New England è sinonimo di intimità, New York City rappresenta lo spettacolo maestoso del Natale in grande scala. La Rockefeller Center Christmas Tree Lighting , che si svolge ogni anno alla fine di novembre, segna l’inizio ufficiale delle festività natalizie. L’imponente albero, alto oltre 20 metri e decorato con migliaia di luci LED, attira milioni di visitatori da tutto il mondo.
Pattinare sul ghiaccio sotto l’ombra dell’albero è una tradizione che risale agli anni ’30, ma la magia del Natale a New York non si ferma qui.
I grandi magazzini di Macy’s, in Herald Square, dedicano interi piani a vetrine natalizie, mentre a Dyker Heights , nel quartiere di Brooklyn, le case dei residenti vengono decorate con un’esuberanza di luci e sculture che richiama visitatori da ogni angolo del paese.
Le luci brillano in un caleidoscopio di colori, creando un’atmosfera da sogno che fa risaltare il fascino natalizio della Grande Mela.
IL QUARTIERE DI DYKER HEIGHTS A BROOKLYN, È FAMOSO PER LE SPETTACOLARI DECORAZIONI NATALIZIE. OGNI DICEMBRE, LE CASE VENGONO ADORNATE CON MILIONI DI LUCI, GONFIABILI GIGANTI, FIGURE LUMINOSE DI BABBO NATALE E RENNE, TRASFORMANDO L'AREA IN UNA VERA ATTRAZIONE TURISTICA. I RESIDENTI COMPETONO PER CREARE LA CASA PIÙ DECORATA,
IL SUD: Natale tra Vecchie Tradizioni e Calore Familiare
Nel sud degli Stati Uniti, il Natale viene celebrato con una mescolanza di tradizioni europee e afroamericane. In Charleston, South Carolina, le celebrazioni natalizie riflettono la storia unica della città, dove le influenze inglesi e africane si fondono in un mix culturale. Uno dei momenti più suggestivi è il Charleston Holiday Parade, in cui carri allegorici e bande marcianti attraversano le strade del centro storico, circondate da edifici coloniali decorati con ghirlande e festoni. La cucina natalizia in questa regione include piatti come il jambalaya e il cornbread stuffing, tipici della tradizione del sud.
A New Orleans invece il Natale è fortemente influenzato dalle tradizioni francesi e spagnole, eredità del passato coloniale della città. Le Réveillon Dinners, che risalgono ai tempi dei coloni francesi, sono cene sontuose che si svolgono la sera della Vigilia, e includono portate ricche come ostriche, arrosti e torte speziate. I residenti della città partecipano anche al Bonfires on the Levee, una tradizione di accendere grandi falò lungo gli argini del fiume Mississippi per “illuminare la strada per Babbo Natale”.
Nelle vaste pianure del Midwest, dove l'inverno si fa sentire con particolare intensità, il Natale è una festa che unisce le comunità in eventi condivisi. In città come Chicago, il Natale è sinonimo di Christkindlmarket, un tradizionale mercato natalizio tedesco che riempie Daley Plaza di suoni, profumi e sapori d'Europa. Bancarelle di legno vendono ornamenti fatti a mano, giocattoli e cibo tipico come bratwurst, pretzel e cioccolata calda speziata, portando avanti una tradizione che attira visitatori dal 1996. In Minnesota , l'inverno nevoso diventa parte integrante del Natale. Le famiglie si riuniscono per scivolare sui laghi ghiacciati e costruire snowmen, mentre nelle città come Minneapolis, il Holidazzle Parade è una sfilata luminosa che illumina il centro cittadino. In contrasto con le temperature gelide, il calore del Natale è palpabile nelle comunità, dove ci si riunisce per le tipiche cene natalizie a base di arrosto e potato casserole.
Il Southwest degli Stati Uniti offre una visione unica del Natale, dove il deserto si illumina con migliaia di luci scintillanti e le tradizioni native americane si fondono con quelle ispaniche e anglosassoni. A Santa Fe, New Mexico, la tradizione delle farolitos (piccoli sacchetti di carta con una candela all'interno foto di fianco) è un elemento centrale della celebrazione natalizia. Le strade e i tetti delle case si illuminano con queste luci delicate, creando un’atmosfera suggestiva nel deserto innevato. Il Canyon Road Christmas Eve Walk è una processione silenziosa che porta i residenti attraverso le gallerie d'arte e le antiche strade adobe della città, creando un'esperienza spirituale e comunitaria.
In Arizona, le famiglie visitano il Desert Botanical Garden di Phoenix, dove l'installazione di luci natalizie, chiamata Las Noches de las Luminarias , illumina i sentieri desertici tra cactus e alberi di Joshua. Questo connubio tra luci artificiali e natura selvaggia offre una delle celebrazioni natalizie più peculiari e spettacolari del paese.
HAWAII: Un Natale Tropicale
Mentre nel resto degli Stati Uniti si fa largo uso di neve artificiale e maglioni pesanti, alle Hawaii il Natale assume un tono tropicale. Il Mele Kalikimaka, l'equivalente hawaiiano di “Merry Christmas”, è una celebrazione che mescola l’allegria tipica delle isole con tradizioni americane.
Nella capitale Honolulu, il Honolulu City Lights Festival attira migliaia di visitatori con la sua parata di luci e carri allegorici, mentre Babbo Natale, vestito con camicia hawaiana e pantaloncini, arriva su una canoa. Anche gli alberi di Natale hanno un tocco locale: spesso decorati con fiori di ibisco e ghirlande di frangipani, celebrano la bellezza della natura tropicale.
Le famiglie hawaiiane festeggiano il Natale con picnic sulla spiaggia, accompagnati da piatti locali come il Kalua Pig , cotto lentamente in forni sotterranei, e il Poke, una preparazione a base di pesce crudo. Sebbene manchi l’innevamento tipico delle festività natalizie, lo spirito di comunione e allegria è forte, riflettendo il carattere caloroso e accogliente della cultura hawaiana.
Il Natale americano, che si tratti delle coste rocciose del Maine o delle spiagge dorate delle Hawaii, rappresenta una delle feste più poliedriche al mondo.
Ogni regione, ogni stato, ogni comunità dà vita a una propria versione della festa, mescolando antiche tradizioni con innovazioni moderne, in un continuo dialogo tra passato e presente.
Nel cuore del Natale americano c'è l'idea universale di riunirsi, condividere e celebrare. Dal lusso scintillante di New York City alla semplicità di un villaggio del Vermont, lo spirito natalizio è vivo e vegeto, unendo milioni di persone sotto le luci calde e rassicuranti della più amata delle festività.
I voli dall'Italia alle Hawaii non sono diretti, e in genere richiedono uno o più scali in città come Los Angeles, San Francisco o Vancouver. I principali aeroporti italiani di partenza includono Milano Malpensa e Roma Fiumicino.
I prezzi per un volo A/R variano notevolmente in base alla stagione e all'anticipo con cui si prenota. Ad esempio, a ottobre 2024, i voli da Milano a Honolulu partono da circa 688-804 €, con tempi di viaggio che variano tra le 22 e le 26 ore
Fonte: Skyscanner.it
Gli endorsement significativi per i due candidati alle elezioni statunitensi del 2024, Donald Trump e Kamala Harris. Gli endorsement qui elencati si basano su figure di spicco che potrebbero esercitare una grande influenza politica, economica e culturale negli Stati Uniti. Tuttavia, è importante notare che queste informazioni potrebbero cambiare a seconda dell'evolversi delle elezioni.
LA TOP ENDORSEMENT PIÙ INFLUENTE D'AMERICA
A cura della redazione di ExportUSA
(CEO di Tesla e SpaceX)
Sempre lui, l'uomo più ricco del mondo. Elon Musk, ha una base di seguaci che ammirano il suo spirito imprenditoriale e le sue visioni futuristiche (con e senza LSD) su tecnologia e spazio. Sebbene abbia espresso opinioni politiche variegate, il suo endorsement a Donald potrebbe consolidare il sostegno di elettori pro-business indipendenti e libertari.
(Ex presidente degli Stati Uniti)
L'appoggio di Obama porterebbe un sostanziale peso elettorale, in particolare con l'elettorato afroamericano e progressista.
(Conduttrice televisiva e filantropa)
L'influenza culturale di Oprah è immensa, specialmente tra donne e minoranze etniche. Il suo endorsement potrebbe attirare elettori indipendenti e non politicizzati.
(Leggenda del Wrestling)
Noto per aver portato la WWE al successo globale negli anni '80 e '90. Con un seguito di fan che attraversa generazioni, il suo endorsement consoliderebbe il sostegno tra gli elettori nostalgici e gli appassionati di sport da combattimento. La sua immagine di "uomo del popolo" e patriota potrebbe risuonare particolarmente con gli elettori conservatori e blue-collar.
(Leggenda della NFL)
Con sette titoli di Super Bowl, è stato associato a Trump per via della loro amicizia e di un famoso cappellino "Make America Great Again" visto nel suo armadietto. L'endorsement di Brady rafforzerebbe il legame di Trump con l'elettorato sportivo, in particolare tra i fan della NFL e del mito logico sogno americano.
A cura della redazione di ExportUSA
Il potere degli endorsement nelle elezioni americane è un gioco di prestigio orchestrato con maestria dove la vera democrazia rimane sullo sfondo, soffocata da volti noti e promesse vuote. In America, paese che ha fatto del consumismo una religione, il ruolo delle celebrità in politica è diventato grottesco. L’elettore medio, bombardato da dichiarazioni pubbliche di star di Hollywood e icone sportive, viene spinto a credere che l'approvazione di una celebrità possa validare un candidato. È come se il sorriso plastificato di un attore o il tweet di un cantante avessero la capacità di illuminare la via, trasformando un voto in un atto di fede cieca piuttosto che in una scelta ponderata. Il dibattito politico è una competizione per la popolarità, dove l’entertainment ha preso il sopravvento sul merito. Gli endorsement di queste figure si comportano come un riflesso condizionato, dove i fan, privati di una riflessione critica, iniziano a sostenere candidati come se stessero comprando il nuovo disco del loro idolo. Le campagne elettorali somigliano sempre più a un reality show, con le promesse dei candidati che si confondono con i gossip sui red carpet. Non da meno sono i politici in pensione, che riemergono durante le elezioni per dispensare il loro sostegno come se fossero divinità in pensione, pronti a rivelare la verità con l’endorsement del candidato “giusto”. Ma chi può davvero credere che l’opinione di un ex presidente, spesso più interessato a preservare il proprio lascito che a sostenere una reale trasformazione, abbia un valore superiore rispetto ai fatti concreti?
Gli elettori più navigati dovrebbero riconoscere la trappola, eppure il circo continua, e molti americani si lasciano incantare da questi personaggi che vivono di una rilevanza artificiale. La politica diventa un gioco di specchi, dove i protagonisti invecchiati della
scena politica sanno bene come dipingere scenari apocalittici per mantenere la loro influenza. Ma se il pubblico cede a questo incantesimo, è in gran parte grazie al ruolo complice dei media. Le notizie su chi ha sostenuto chi diventano l’argomento del giorno, amplificate come se un endorsement fosse un evento epocale, degno di discussioni infinite nei talk show. CNN, Fox News e MSNBC riempiono ore di trasmissione non discutendo delle politiche concrete, ma speculando sull’importanza di chi ha appoggiato chi, trasformando un esercizio di retorica superficiale in una questione di vitale importanza. La politica si trasforma in spettacolo e il giornalismo, che dovrebbe essere il baluardo della democrazia, si accontenta del ruolo di megafono per figure mediatiche. Tutto ciò mentre l'elettore viene ridotto a un semplice spettatore, passivo, incapace di distinguere tra ciò che è reale e ciò che è semplicemente costruito per i riflettori. Il risultato è una democrazia distorta, dove l’elettore medio viene guidato non dalla logica o dalla riflessione, ma da una fedeltà cieca verso celebrità e personalità che sanno come muovere i fili dell'opinione pubblica. Le vere questioni politiche vengono sacrificate sull'altare della notorietà, e le campagne elettorali si riducono a una competizione di popolarità degna dei peggiori talent show. Gli endorsement diventano il modo più rapido per conquistare voti senza dover affrontare il fastidio di un vero dibattito politico. È una truffa, sì, ma è perfettamente orchestrata. Così il potere degli endorsement nelle elezioni americane non è altro che l'ennesima dimostrazione di come la politica sia diventata uno spettacolo. Una narrativa che ha ben poco a che fare con la realtà. Il vero inganno non sta tanto nelle figure che danno il loro sostegno, ma in un sistema che si regge sulla superficialità e sull'intrattenimento.
KR è noto per il suo stile musicale ibrido che mescola rock, country e rap, e per il suo atteggiamento ribelle. Con milioni di fan tra i lavoratori della classe media e l'America rurale, è un aperto conservatore. Il suo endorsement rafforzerebbe il legame dei Rep con l'elettorato patriottico, particolarmente tra gli elettori che si identificano con la cultura americana tradizionale.
Il suo endorsement per Kamala ha mobilitato un vasto elettorato giovane e femminile, rafforzando il messaggio di giustizia sociale e uguaglianza. Taylor Swift ha oltre 270 milioni di follower su Instagram, che la rendono una delle personalità più seguite al mondo. Grazie a questa vasta piattaforma la Swift ha una grande capacità di influenzare il dibattito pubblico e mobilitare le giovani elettrici.
Una delle voci più ascoltate e controverse tra i conservatori, ha un vasto seguito grazie al suo stile provocatorio e populista. La sua influenza si estende tra l'elettorato di destra, in particolare tra coloro che si oppongono all'establishment.
Molto amata per il suo impegno a favore dell'educazione, dei diritti delle donne e delle minoranze, nonché per la sua eleganza e integrità personale. Con milioni di seguaci e un'influenza che va oltre la politica, il suo endorsement avrebbe un impatto significativo.
Una delle più grandi leggende del basket, ha usato la sua piattaforma per difendere attivamente i diritti civili e le questioni di giustizia sociale, diventando un'icona non solo nello sport, ma anche nel movimento per i diritti delle comunità afroamericane.
Negli ultimi anni, sempre più italiani scelgono gli Stati Uniti come meta per le loro vacanze. Da metropoli come New York e Los Angeles alla natura selvaggia dei parchi nazionali, gli USA offrono un mix unico di avventura e cultura.
Un fattore chiave che sta influenzando il turismo italiano negli USA è l’aumento dei prezzi. Nel 2024, il prezzo medio per singola prenotazione è salito del 9,5%, spinto dall'inflazione e dall'aumento dei costi del carburante e delle infrastrutture. Tuttavia, gli italiani continuano a scegliere l'America, in parte grazie alla crescente offerta di esperienze personalizzate e pacchetti su misura. Gli operatori turistici riportano una forte domanda per vacanze tailor-made, che includono non solo le attrazioni classiche ma anche itinerari fuori dai circuiti tradizionali, come visite ai piccoli borghi del Midwest o soggiorni in ranch in Texas. L’importanza del turismo italiano per gli Stati Uniti è evidente anche dal punto di vista economico. Nel 2024, i visitatori italiani hanno speso complessivamente circa 2,4 miliardi di dollari, un aumento del 15% rispetto all'anno precedente. Questo dato comprende le spese per alloggi, ristoranti, attrazioni e shopping, e riflette l'alto potere d'acquisto dei turisti italiani, che spesso optano per soggiorni di lusso e esperienze culinarie di alto livello. Secondo l'ente turistico Visit USA Italy, il settore continuerà a crescere, e nel 2025 gli italiani spenderanno circa 2,7 miliardi di dollari, consolidando la loro posizione tra i turisti più spendaccioni in America. Nonostante la crescita, il turismo italiano negli USA deve affrontare alcune sfide. L'aumento dei costi di viaggio, insieme alle incertezze economiche globali, potrebbe frenare temporaneamente l'entusiasmo per le vacanze oltreoceano. Tuttavia, l’interesse per viaggi sostenibili e responsabili, unito all’offerta di pacchetti turistici più flessibili, potrebbe mantenere alto l’appeal degli Stati Uniti. Il 2024 segna un anno di ripresa e crescita per il turismo italiano negli Stati Uniti, con un numero crescente di visitatori affascinati dalla varietà delle esperienze offerte. Nonostante le sfide economiche, il desiderio di scoprire le meraviglie americane sembra destinato a crescere, confermando un legame forte e duraturo tra i viaggiatori italiani e il sogno americano.
A cura della redazione di ExportUSA
Manuele Carli Ballola porta con sé una storia fatta di coraggio, passione e obiettivi. Eh, sì, perché chi vuole coronare il sogno americano deve sapere che non è soltanto una mera questione di volontà. Bisogna aver ben chiaro il proprio percorso e saperlo intraprendere con tutte le sfide del caso. “Se puoi sognarlo, puoi farlo” è uno dei detti più noti. Questo, tuttavia, non è sempre vero, o almeno non quando si parla di Stati Uniti, un mercato tanto competitivo quanto meritocratico che ti premia solo se sei tenace, se non ti arrendi e se il tuo desiderio è tanto radicato quanto il tuo progetto.
Non cadiamo nel trappolone di Netflix, evitiamo di pensare che ciò che vediamo in TV è esattamente ciò che troveremo attraversando l’oceano. Il lato positivo, però, è che se ce la fai in America arrivi molto, molto lontano… arrivi dappertutto. Questo è stato il caso di Manuele: quarantenne, ferrarese, che mai avrebbe pensato, nella sua età più giovane, di prendere lezioni di pianoforte e appassionarsi alla musica a tal punto da diventare produttore e musicista di videogames e dei più importanti trailer cinematografici di Hollywood.
D- Sei sempre stato circondato dalla musica sin da piccolo. Quando hai capito che volevi fare il compositore? Chi ti ha ispirato?
R- La mia infanzia è stata davvero fortunata. Anche se in famiglia nessuno era dedito alla musica, la musica si è sempre manifestata nella mia vita. Quando ero piccolo, le melodie di Verdi e Puccini riempivano le stanze della casa dei nonni. Durante gli anni delle elementari, i miei genitori mi regalarono la prima tastiera. Non era un semplice pianoforte: potevo esplorare una varietà di suoni, dai violini alle trombe, fino agli strumenti più sintetizzati.
Quel momento fu una rivelazione per me: capii che era quella la mia strada. Ancora non sapevo che avrei voluto comporre per film e videogiochi ovviamente, ma ero certo che le note sarebbero state il filo conduttore della mia vita. Se penso al cinema, il compositore che più mi ha ispirato è senza dubbio Danny Elfman, con le sue straordinarie colonne sonore per “Edward mani di forbice” e il capolavoro “Nightmare before Christmas”.
Essendo sempre stato un grande appassionato dei film di Tim Burton, spesso prendo ispirazione da quel mondo. Ma la mia vera fortuna è stata incontrare al conservatorio il maestro Adriano Cirillo, un esteta squisito della composizione. Fu proprio lui a intravedere in me qualcosa e anche alla fine dei miei studi classici è rimasto una guida presente e attenta. Non ho mai studiato composizione in
modo formale, solo pianoforte, e per un periodo limitato, perché il conservatorio mi stava stretto. Ciò che ho trovato incredibile di questo percorso è che Adriano fosse a sua volta allievo del leggendario Nino Rota, vincitore dell'Oscar per le musiche de “Il Padrino”. E quello che rende tutto ancora più straordinario è sapere che lo stesso Danny Elfman si ispirava a Rota per le sue composizioni. Come dire, il cerchio si chiudeva.
D- Perché proprio gli Stati Uniti? Cosa ti ha spinto ad andare nella Grande Mela?
R- Ho scelto gli Stati Uniti perché qui ci sono molte più opportunità e il tutto va a braccetto con una mentalità creativa internazionale, elementi essenziali per il tipo di lavoro che svolgo.
In Italia, purtroppo, mi sono visto spesso sbattere la porta in faccia. Secondo alcuni esperti del settore non avevo gli "agganci" necessari per iniziare una carriera. Nel Bel Paese lavoravo come commesso in un negozio di animali e spesso dovevo arrangiarmi con altri piccoli lavori per sbarcare il lunario. Poi un caro amico mi invitò a New York per visitare la città: decisi di accettare. Da quel momento ebbe inizio l’avventura, con tutte le difficoltà e le peripezie del caso, s’intenda, ma avevo finalmente dato vita al mio progetto.
Ho deciso di vivere nella Grande Mela per la sua unicità e bellezza e nonostante il percorso sia stato arduo sentivo che quello era il posto giusto per me. Dopo dodici anni ne sono ancora più convinto. Questo paese mi ha dato la possibilità di costituire la mia società (la MCB Music production LLC), grazie alla quale sono entrato in contatto con compositori di fama mondiale del calibro di Mychael Danna e Christopher Young che mi hanno dato tutto il supporto possibile sia dal punto di vista creativo che per la mia Green Card.
Negli ultimi due anni sono entrato a far parte di una prestigiosa Trailer House come Senior Composer e Management Roaster. Grazie a questa partnership la mia musica è stata notata da Warner Bros e PlayStation. Warner Bros, che produce sia il videogioco “Multiversus” che il film di Tim Burton “Beetlejuice 2”, ha
scelto un mio brano per il trailer ufficiale del personaggio di Beetlejuice nel gioco. È incredibile pensare che il mio lavoro sia stato utilizzato proprio in concomitanza con l’uscita del nuovo film, con la colonna sonora di Danny Elfman. Ancora non ci credo! Queste sono opportunità che avrei potuto trovare solo qui, vivendo in questa città.
D- Come ti sei sentito appena arrivato a New York? Che emozioni hai provato?
R- Qui, a New York, si ha la sensazione che tutto sia possibile, ma bisogna fare attenzione: la città può consumarti. È un luogo estremamente competitivo, dove è essenziale avere le idee chiare per riuscire a vivere e prosperare. Le mie emozioni erano un mix di entusiasmo e un pizzico di paura, ma era proprio l’entusiasmo per l’ignoto che mi intrigava di più. Sentivo che, se c’era un posto dove avrei potuto mostrare la mia arte, quello era qui.
Vivere in questa città per tanti anni, immerso in una molteplicità di culture e creatività, mi ha aiutato a definire con ancora più precisione la mia direzione creativa: creare musica per trailer e videogiochi, una passione nata da bambino. In Italia, questo campo viene talvolta considerato come qualcosa di infantile per gli adulti, ma qui in America non ci sono pregiudizi o preconcetti e nessuno ti giudica per quello che fai. Questa libertà mi ha permesso di crescere e seguire il mio percorso con convinzione.
D- Se potessi aver scritto tu la melodia di un grande cult, quale sarebbe?
R- In ambito cinematografico, sicuramente un film di Tornatore cattura la mia immaginazione, con il suo incredibile gusto estetico che mescola nostalgia, passione e malinconia in modo ineguagliabile. Per quanto riguarda i videogiochi, le saghe di “Elder Scrolls” e “Diablo” rappresentano il massimo del mio amore per il genere epico e narrativo, con le loro storie avvincenti e mondi maestosi che mi ispirano profondamente.
U.S. Route 66: LA MADRE DI TUTTE LE STRADE
CHE SERPEGGIA
Conosciuta come la "Mother Road", questa autostrada storica è un viaggio nel tempo, un'esperienza che intreccia passato e presente attraverso piccoli villaggi, città fantasma , insegne al neon, e sconfinati orizzonti desertici.
LA
66
MOLTO PIÙ DI UNA SEMPLICE AVVENTURA SU QUATTRO RUOTE: È UN’IMMERSIONE NEL MITO AMERICANO, NELLA LIBERTÀ DEL VIAGGIO ON THE ROAD.
Nata nel 1926 come parte del sistema autostradale statunitense, la Route 66 è stata per decenni l’arteria principale dell'America, portando milioni di persone verso un nuovo inizio sulla costa del Pacifico. Anche se ufficialmente decommissionata nel 1985, la sua impronta rimane viva grazie agli appassionati che hanno salvato interi tratti, musei dedicati, e a chiunque cerchi di riscoprire la bellezza e la storia del "Main Street of America". Ma come ci si prepara a un viaggio sulla Route 66? Quali sono le tappe imperdibili, gli aneddoti affascinanti, i segreti che solo i veri viaggiatori possono scoprire? Preparati a vivere un’avventura che unisce nostalgia, modernità, e una buona dose di road trip culture.
DEGLI
1) Chicago , Illinois –
The Windy City Punto di partenza della Route 66, Chicago è una città vibrante e cosmopolita. Prima di partire, fermati al famoso cartello "Route 66 Begins" , situato all’angolo di Adams Street e Michigan Avenue.
Da qui, l’avventura inizia ufficialmente. Un consiglio per i neofiti: trascorri un giorno o due a esplorare la città. Le torri scintillanti, i musei di fama mondiale come l'Art Institute, e la scena musicale di Chicago meritano sicuramente una sosta. E, per una colazione memorabile, prova i pancake al Lou Mitchell's, una vera istituzione della Route 66.
2) Pontiac , Illinois –
La piccola capitale dei murales Dopo aver lasciato Chicago, a circa 160 km, ti aspetta Pontiac, un gioiello per gli amanti della storia della Route 66.
Conosciuta per i suoi murales spettacolari, questa piccola cittadina è anche sede del Pontiac Oakland Museum, che ospita una collezione di auto classiche e memorabilia legate alla Mother Road. Il consiglio qui è semplice: non avere fretta. Ogni angolo di questa città è un’opportunità fotografica.
3) St. Louis , Missouri – Il gateway per l'ovest Attraversa il fiume Mississippi e entra nel cuore del Midwest. St. Louis è famosa per l'imponente Gateway Arch , un tributo all'espansione verso ovest.
Se hai tempo, prendi il tram fino in cima all'arco per una vista mozzafiato. Prima di ripartire, fai una sosta alla Ted Drewes Frozen Custard, un altro punto fermo della Route 66.
4) Springfield , Missouri – La casa della Mother Road Springfield è un'altra tappa chiave della Route 66. Questa città è talmente legata alla storia della strada che è considerata la “Birthplace of Route 66”.
Qui potrai visitare musei dedicati alla strada e scoprire storie locali su chi ha vissuto e viaggiato lungo questo percorso. Un consiglio per gli amanti del barbecue: fermati da "Pappy's Smokehouse" per uno dei migliori piatti di carne affumicata della zona.
“...Lo sai? Una volta questo era proprio un gran bel paese. E non riesco a capire quello che gli è successo. ..."
— George Hanson (Jack Nicholson) e Billy (Dennis Hopper) Easy Rider -1969
5) Oklahoma City, Oklahoma –Cuore dell'Oklahoma Oklahoma City rappresenta il cuore dell'Oklahoma, uno degli stati con la maggior parte dei chilometri di Route 66 conservati.
Il National Cowboy & Western Heritage Museum è una tappa imperdibile per chiunque voglia immergersi nella cultura del vecchio West. Per una cena autentica, prova il pollo fritto di "Cattlemen's Steakhouse", uno dei più antichi ristoranti della zona.
6) Amarillo , Texas – Cadillac Ranch e panorami sconfinati Amarillo è sinonimo di Texas, con i suoi grandi spazi aperti e la famosa Cadillac Ranch, una delle installazioni artistiche più iconiche lungo la Route 66.
Qui, dieci Cadillac (nella foto a sx) sono semi-sepolte nel terreno, e i visitatori sono invitati a lasciare il proprio segno con graffiti. Un consiglio: porta una bomboletta di vernice spray e diventa parte dell'opera d'arte.
7) Albuquerque, New Mexico – Il fascino del Southwest Albuquerque ti accoglie con il suo mix di cultura ispanica e nativa americana, con un tocco di atmosfera da vecchio west.
Old Town Albuquerque è il cuore storico della città, con le sue strade acciottolate, i negozi d’artigianato locale e la suggestiva chiesa di San Felipe de Neri. Un consiglio da insider: visita il "66 Diner" per un tuffo negli anni '50, con jukebox, hamburger succulenti e milkshake cremosi.
8) Flagstaff, Arizona – Vicino al Grand Canyon Flagstaff è la porta d'accesso al Grand Canyon, una meraviglia naturale a soli 80 chilometri di distanza.
La città stessa, con il suo centro storico vibrante e la vicina foresta di pini ponderosa, è il luogo perfetto per rilassarsi dopo un lungo giorno di guida. Se hai tempo, prendi una deviazione per vedere il Meteor Crater , il più grande cratere meteorico conservato sulla terra.
9) Kingman, Arizona – Tra deserto e vecchi motel Kingman è una delle tappe finali prima di attraversare il
deserto del Mojave . Qui puoi trovare il Route 66 Museum, dove viene raccontata la storia della strada e dei viaggiatori che l’hanno percorsa.
Da non perdere: l'Hackberry General Store, una vera e propria capsula del tempo, che ti riporterà indietro agli anni '50 con la sua collezione di oggetti vintage e carburanti per anima e corpo.
10) Santa Monica, California –La fine del viaggio Dopo giorni on the road, il traguardo è finalmente raggiunto: l'Oceano Pacifico ti saluta dalla spiaggia di Santa
Monica. Il famoso cartello "End of the Trail" segna la fine della tua avventura sulla Route 66. Una volta qui, rilassati al molo di Santa Monica, esplora Venice Beach o semplicemente concediti una cena in riva al mare, riflettendo sul viaggio appena compiuto.
I NOSTRI CONSIGLI PER I VIAGGIATORI MENO ESPERTI
Prepara il veicolo: La Route 66 attraversa lunghi tratti di deserto e aree poco popolate, quindi è fondamentale assicurarsi che il mezzo sia in perfette condizioni. Controlla olio, freni e pneumatici, e porta con te una ruota di scorta (o ripara forature), una tanica di benzina, e un kit di emergenza.
Prenota con anticipo: Anche se il fascino del viaggio on the road è l'improvvisazione, alcuni alloggi storici lungo la Route 66 sono spesso prenotati con mesi di anticipo, soprattutto nei periodi di alta stagione. Prenotare in anticipo ti garantirà una notte in uno dei celebri motel vintage.
Non avere fretta: Uno degli errori più comuni è quello di voler coprire troppo terreno in un giorno. La Route 66 è fatta per essere vissuta lentamente. Fermati spesso, esplora le città fantasma, scatta foto alle vecchie stazioni di servizio e parla con la gente del posto.
Scarica mappe offline: In alcuni tratti del percorso, specialmente nel deserto, la connessione cellulare è scarsa o assente. Avere una mappa cartacea o una mappa offline scaricata ti aiuterà a orientarti nei luoghi più remoti.
Cosa spinge realmente un’intera generazione a prendere la strada come rifugio o fonte di scoperta? L'America del dopoguerra, quella che si avviava verso la modernità industriale, con il suo conformismo e le sue aspettative borghesi, non riusciva a contenere l’ansia e il disincanto di molti giovani.
Per loro, l’esistenza ordinaria che veniva promessa — lavoro, casa, famiglia — sembrava vuota, incapace di rispondere alle domande esistenziali che pulsavano sotto la superficie del benessere economico.
La strada, in questo contesto, diventava il luogo della scoperta, l’incontro con l'inaspettato e l’opportunità di reinventare se stessi. Non si trattava solo di un viaggio geografico, ma soprattutto di un percorso interiore. Il tragitto era una fuga dal “sistema”, ma anche una ricerca di qualcosa
di più autentico, di comunità alternative e di significati più profondi. Per la generazione on the road, la libertà non era un’astrazione: era il vento in faccia, l’incontro casuale, la notte passata sotto le stelle senza sapere dove il giorno successivo avrebbe portato.
Eppure, la strada, con tutta la sua promessa di liberazione, portava con sé anche un lato oscuro. Il senso di smarrimento, la precarietà, la mancanza di radici: questi elementi erano altrettanto centrali nel mito del viaggio.
La mancanza di direzione non sempre si traduceva in scoperta, ma talvolta in un vuoto difficile da colmare.
È qui che entra in gioco il concetto di Easy Rider.
Questo film, con le sue immagini suggestive di motociclette che attraversano paesaggi infiniti, ha incarnato il sogno e l’incubo della generazione on the road. Wyatt e Billy, i protagonisti, cercano un mondo in cui essere liberi, ma finiscono per scontrarsi con la realtà
Titolo originale: Easy Rider
Anno di uscita: 1969
Paese: Stati Uniti
Genere: Drama, Road movie
Regia: Dennis Hopper
Sceneggiatura: Peter Fonda, Dennis Hopper, Terry Southern
Produttore: Peter Fonda
Fotografia: László Kovács
Montaggio: Donn Cambern
Musica: Steppenwolf, Jimi Hendrix, The Byrds, e Bob Dylan. Durata: 95 minuti
Budget: Circa 400.000 dollari
Incasso: Circa 60 milioni di dollari (a livello mondiale)
Cast: Peter Fonda (Wyatt/Captain America); Dennis Hopper (Billy); Jack Nicholson (George Hanson); Karen Black (Karen); Toni Basil (Mary)
Curiosità: Molte scene del film furono girate in maniera improvvisata. In particolare, la famosa scena in cui i protagonisti fumano marijuana è autentica: Peter Fonda, Dennis Hopper e Jack Nicholson fumavano davvero sul set.
La produzione del film fu nota per il suo caos. Dennis Hopper, che oltre a essere protagonista era anche il regista, era noto per essere difficile da gestire, causando molti ritardi e tensioni tra i membri del cast e della troupe. Nonostante ciò, il suo approccio irregolare contribuì all’energia ribelle del film.
di un’America che non è pronta ad accogliere la loro ribellione. La strada che sembrava condurli verso la libertà li trascina, inesorabilmente, verso la tragedia.
La generazione on the road si ritrova, dunque, in una dicotomia esistenziale: da un lato, la promessa della libertà assoluta; dall’altro, la consapevolezza che la libertà non esiste senza un prezzo.
Nella loro ricerca di una vita più autentica, molti si sono persi, incapaci di trovare una risposta ai loro bisogni più profondi. Ma è proprio in questo smarrimento che risiede il potere simbolico di quella generazione: la capacità di mettersi in gioco, di sfidare il destino, di cercare qualcosa oltre il confine dell’ovvio. Oggi, a distanza di decenni, il mito della generazione on the road continua a esercitare il suo fascino.
Il titolo "Easy Rider" fa riferimento a un termine gergale usato per descrivere una persona che vive sulle spalle degli altri, senza alcuna responsabilità.
Anche se il mondo è cambiato e le strade non sono più quelle di un tempo, l'idea di prendere e partire, di mettere in discussione lo status quo e cercare risposte lontano dalle aspettative sociali, risuona ancora. Forse perché la ricerca della libertà, così come il desiderio di comprendere se stessi, sono temi eterni, che attraversano ogni epoca.
Ma cosa resta davvero di questa generazione? Forse non tanto le risposte che hanno trovato, quanto le domande che hanno avuto il coraggio di porsi. Il loro viaggio, più che una destinazione, era un atto di sfida e di speranza, un tentativo di costruire una vita in cui la libertà, per quanto sfuggente, non fosse solo un sogno.
Negli Stati Uniti, l'hamburger è molto più di un semplice panino. È un simbolo della cultura popolare e della tradizione culinaria americana, una rappresentazione perfetta del melting pot che caratterizza la nazione. Negli ultimi decenni, l’hamburger ha vissuto una vera e propria evoluzione, passando da cibo economico e veloce a piatto gourmet, declinato in mille varianti e adattato ai gusti più raffinati. In questo articolo, esploreremo le origini, l’evoluzione, e stileremo una classifica dei cinque migliori hamburger degli Stati Uniti. Sebbene spesso si consideri l’hamburger un’invenzione
puramente americana, le sue origini sono in realtà più complesse e radicate in tradizioni culinarie di diverse parti del mondo.
Il termine "hamburger" deriva da "Hamburg", la città tedesca da cui proveniva una versione primitiva di carne macinata servita come bistecca. Gli immigrati tedeschi portarono questa tradizione negli Stati Uniti alla fine del XIX secolo, dove la carne macinata veniva servita principalmente nelle fiere e nei mercati.
La vera innovazione fu l’introduzione del pane, che
trasformò la semplice bistecca in un panino facile da mangiare, adatto ai ritmi frenetici delle città americane in crescita.
La paternità di questo passaggio è contesa tra diverse famiglie e ristoratori del Midwest, ma quello che è certo è che, a partire dall’inizio del XX secolo, l’hamburger divenne una pietanza iconica negli Stati Uniti, trovando una rapida diffusione grazie alla nascita dei primi fast food.
Nel corso degli anni, l’hamburger ha subito una notevole evoluzione. Se negli anni '50 e '60 era sinonimo
di cibo economico e veloce, negli ultimi decenni è diventato protagonista anche dei ristoranti stellati e delle cucine gourmet. Oggi conta la qualità degli ingredienti: carne bovina di alta qualità, possibilmente da allevamenti sostenibili, combinata a formaggi artigianali, salse fatte in casa e condimenti che possono includere tutto, dai funghi selvatici al foie gras.
Questa evoluzione ha portato alla nascita di una vera e propria cultura dell'hamburger negli Stati Uniti, con chef che sperimentano e creano versioni sempre più audaci e raffinate di questo iconico panino.
Dopo una lunga ricerca e valutazioni attente, ecco la classifica dei cinque migliori hamburger degli Stati Uniti, tenendo conto di fattori come la qualità degli ingredienti, l'innovazione nelle ricette e la fedeltà alla tradizione.
L'hamburger continua a essere un simbolo della cucina americana, ma è anche molto di più. Ha varcato i confini del fast food per diventare protagonista di ristoranti stellati e cucine gourmet, guadagnandosi il rispetto di chef e critici culinari.
Ogni città americana ha il suo preferito, ognuno con una storia
e un sapore unici, ma tutti uniti dal comune denominatore della qualità e della passione per gli ingredienti.
La nostra classifica riflette il panorama vasto e variegato che questo piatto ha da offrire.
Dalla semplicità della storia di Louis' Lunch, all'evoluzione contemporanea di Au Cheval, l’hamburger è un piatto che rappresenta la perfetta fusione di tradizione e innovazione.
In fondo, non importa quale sia il tuo hamburger preferito, perché ogni morso racconta una storia che va ben oltre il pane e la carne. È l’essenza dell’anima americana.
1. The Original "Louis' Lunch"
Location: 261 Crown St, New Haven, CT 06511
Sito web: louislunch.com
Dal 1895, questo piccolo locale a conduzione familiare serve hamburger di carne macinata fresca, cucinati in antichi grill verticali e serviti su pane bianco tostato. Niente salse, solo carne, cipolle e pomodori.
Caratteristiche chiave:
• Carne bovina macinata fresca ogni giorno
• Pane bianco tostato invece del classico bun
• Senza salse, un tributo alla purezza degli ingredienti
2.
Location: 9149 S Sepulveda Blvd, Los Angeles, CA 90045
Sito web: in-n-out.com
La catena In-N-Out è una leggenda della West Coast. Il "DoubleDouble" è il panino simbolo: due hamburger di carne bovina di alta qualità, formaggio americano, lattuga, pomodoro, cipolle e la leggendaria "spread", una salsa segreta che è diventata oggetto di culto.
Caratteristiche chiave
• Carne fresca, mai congelata
• Salse segrete e cipolle grigliate su richiesta
• Esperienza autentica del fast food californiano
3.
Location: 800 W Randolph St, Chicago, IL 60607
Sito web: auchevalchicago.com
Il ristorante Au Cheval di Chicago ha ridefinito l’hamburger gourmet. Il suo "Single" (che in realtà è un doppio) è composto da due polpette di manzo succose, cotte alla perfezione, con formaggio americano fuso, pancetta affumicata e un uovo fritto opzionale. Il tutto è racchiuso in un morbido e leggermente dolce bun.
Caratteristiche chiave:
• Carne di qualità eccellente
• Pancetta croccante e uovo fritto opzionale
• Preparazione accurata e bun leggermente dolce
Location: 314 W 11th St, New York, NY 10014
Chiuso definitivamnete
Nonostante la chiusura del locale, il burger alla griglia con Roquefort del The Spotted Pig ha lasciato un segno indelebile nella cultura culinaria newyorkese. Per molti rimane ancora un simbolo dell’innovazione nella preparazione dell’hamburger gourmet.
Caratteristiche chiave:
• Carne cotta alla griglia
• Formaggio Roquefort di alta qualità
• Patatine fritte sottili e croccanti a completare l’esperienza
Location: 1291 3rd Ave, New York, NY 10021
Sito web: jgmelonnyc.com
La polpetta è succosa e perfettamente bilanciata, il bun è morbido e leggermente tostato, e gli ingredienti freschi si fondono in un’esplosione di sapori. Non ci sono fronzoli o innovazioni esagerate, solo un hamburger fatto alla perfezione.
Caratteristiche chiave:
• Tradizione pura e semplice
• Carne succosa e ben bilanciata
• Locale con un'atmosfera old-school newyorkese
Democracy in America di Alexis de Tocqueville
Una riflessione fondamentale sulla democrazia americana, scritto da un osservatore francese nel XIX secolo. Tocqueville analizza il sistema politico, la cultura e la società americana, concentrandosi sulla natura della democrazia e suoi effetti.
ALL THE PRESIDENT'S MEN di Alan J. Pakula, 1976
Tutti gli uomini del presidente, racconta l'inchiesta giornalistica sullo scandalo Watergate, che portò alle dimissioni del presidente Nixon. I protagonisti sono Robert Redford e Dustin Hoffman nei ruoli dei giornalisti del Washington Post Bob Woodward e Carl Bernstein.
The Federalist Papers di Alexander Hamilton, James Madison e John Jay
Una raccolta di 85 articoli e saggi scritti dai Padri Fondatori per promuovere la ratifica della Costituzione degli Stati Uniti. È considerato uno dei più importanti contributi al pensiero politico americano, offrendo una guida alla struttura del governo e ai principi costituzionali.
MR. SMITH GOES TO WASHINGTON di Frank Capra, 1939
Con James Stewart. Narra la storia di un giovane senatore idealista che combatte contro la corruzione del sistema politico. È uno dei film più iconici sull'integrità e la resistenza alle pressioni politiche.
AMERICAN IDIOT
The Audacity of Hope di Barack Obama
Scritto prima della sua presidenza, questo libro di Obama esplora i temi della politica americana contemporanea, offrendo riflessioni personali sulle questioni economiche, sociali e internazionali. Un'importante finestra sulle idee politiche di un futuro presidente.
Diretto e interpretato da George Clooney, Le Idi di Marzo esplora i dietro le quinte di una campagna elettorale presidenziale, rivelando il cinismo e la manipolazione che spesso si nascondono dietro la politica americana.
What Happened di Hillary Clinton
In questo libro, Hillary Clinton riflette sulla sua campagna presidenziale del 2016 contro Donald Trump, analizzando cosa è andato storto e offrendo il suo punto di vista su eventi cruciali della politica americana. È un'importante analisi contemporanea delle dinamiche politiche attuali.
di Steven Spielberg, 2012
Con il tre volte premio oscar Daniel Day-Lewis nel ruolo di Lincoln, questo film racconta i momenti cruciali della presidenza di Lincoln, la sua lotta per l'approvazione del XIII emendamento e la fine della schiavitù durante la Guerra Civile americana.
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Il
si
geopolitica contemporanea:
guerra Russo-Ucraina,
Un potente atto d'accusa contro la guerra del Vietnam, la brutalità della polizia e l'ingiustizia razziale. Marvin Gaye dà voce a una generazione disillusa che lotta per i diritti civili in un’America sempre più divisa.
Una feroce critica alla politica di George W. Bush e alla cultura americana post unidici settembre, "American Idiot" denuncia il consumismo, l'apatia e la manipolazione mediatica che soffocano il dibattito politico.
Con il singolo Ohio come suo cuore pulsante, l'album rappresenta una dura condanna alla violenza di stato durante le proteste contro la guerra del Vietnam, e incarna la resistenza giovanile contro l'oppressione politica.
L' album è un atto di accusa contro l'ingiustizia sociale. Fogerty critica apertamente il sistema che favorisce ricchi e le élite, lasciando i poveri a combattere in Vietnam e a subire le le decisioni del sistema americano.
Un film investigativo e politico che analizza le teorie del complotto attorno all'assassinio del presidente John F. Kennedy. Con un cast stellare che include Kevin Costner, il film esplora l'oscura complessità della politica e della giustizia negli Stati Uniti.
- RCA Victor
Un album manifesto della controcultura americana, che incita apertamente alla ribellione contro l'establishment, criticando la guerra del Vietnam e celebrando la rivoluzione sociale degli anni '60.
A cura della redazione di ExportUSA
AAmici delle stelle e delle urne, benvenuti nel circo presidenziale 2024, dove ogni candidato si crede la reincarnazione di George Washington, ma si comporta più come un influencer disperato per un like su Instagram. Stavolta, però, abbiamo due gladiatori astrali pronti a tutto pur di entrare nello Studio Ovale: Donald Trump (Gemelli) e Kamala Harris (Bilancia). E se pensavate che le campagne elettorali fossero già abbastanza grottesche, aspettate di vedere cosa riserva loro l'universo. Preparate i popcorn!
Trump è un Gemelli, il segno più bifronte dello zodiaco, quello che riesce a dire "questa cosa è orribile" e "questa cosa è fantastica" nello stesso discorso senza nemmeno arrossire. Maestro in questa nobile arte. Un giorno è il "migliore presidente che l'America abbia mai visto" (le sue parole, ovviamente), il giorno dopo litiga con uno che ha detto qualcosa di brutto su di lui su Twitter. Sai cosa? Questo è solo l'inizio. Preparati a vederlo cambiare idea su tutto — tasse, muri, piatti preferiti — a seconda di chi lo sta guardando. Ma ehi, almeno non ti annoierai.
Kamala è della Bilancia, il segno della diplomazia e dell’equilibrio, con Kamala che cerca di piacere a tutti come una torta di compleanno, ma poi finisce che qualcuno è allergico al cioccolato. Ah, Kamala, la regina del "facciamo pace e guardiamo al futuro" – peccato che stai correndo per la presidenza degli Stati Uniti, non per Miss Universo. In effetti, le Bilance sono bravissime a non prendere mai posizione finché non si sono assicurate che tutti siano d'accordo… tranne quando si tratta di fare la scelta giusta. Così, mentre Trump urla, Kamala cerca di parlare di "unità", "dialogo" e altre parole che, nel mondo della politica, equivalgono a "sei uno sfigatoooo".
(21 MARZO - 19 APRILE)
Il tuo impeto di leader sarà perfetto per una campagna elettorale, ma ricorda che essere il primo a urlare non ti garantisce la Casa Bianca. Il tuo programma politico? Tutto capricci e decisioni impulsive, ma almeno sei coerente. Vincerai? Certo, se la gara fosse per chi fa più promesse senza mantenere una sola.
(23 LUGLIO - 22 AGOSTO)
Hey Leoncino, con la tua personalità carismatica e il bisogno costante di essere ammirato, sembri fatto su misura per la presidenza. Il problema? Sei talmente concentrato sulla tua immagine che dimentichi di governare. Ma non preoccuparti, potrai sempre incolpare il tuo staff o i media, proprio come fanno i veri presidenti.
(22 NOVEMBRE - 21 DICEMBRE)
Ottimista e sempre in cerca di una nuova avventura, sei il candidato che promette a tutti "libertà" e "nuove frontiere". Ma la politica non è un safari e, alla fine, scoprirai che i problemi interni sono meno divertenti di quelli internazionali. Preparati a scappare dal paese... magari verso un’isola tropicale senza reporter.
(20 APRILE - 20 MAGGIO)
Un toro testardo come sempre, ti ostinerai a credere che ogni americano si accontenti di tasse basse e hamburger economici. Ma ehi, chi non ama un po' di stabilità? Peccato che nel mondo della politica nessuno lo sappia apprezzare. Aspetta pure il tuo turno per guidare il Paese, ma preparati a scoprire che il bipartitismo non si smuove nemmeno con un bulldozer.
(23 AGOSTO - 22 SETTEMBRE)
Cara la mia Vergine, il tuo perfezionismo e la tua ossessione per i dettagli potrebbero portarti a scrivere la più precisa delle costituzioni... che nessuno leggerà mai. Nessuno ha tempo per il tuo piano da 4000 pagine. La presidenza è per chi riesce a semplificare, quindi rilassati e preparati a essere il miglior consigliere del presidente di sempre.
(22 DICEMBRE - 19 GENNAIO)
Lavoratore instancabile e ambizioso, sarai sicuramente il candidato più serio di tutti. Purtroppo per te, nessuno ama i secchioni. La tua visione di una nazione governata con rigore e disciplina non entusiasmerà gli elettori, che preferiscono i sogni e le promesse impossibili. Potresti vincere... solo se tutti gli altri candidati si addormentano.
(21 MAGGIO - 20 GIUGNO)
Sei brava a parlare e cambiare opinione, proprio come un candidato alle primarie. Riesci a convincere chiunque su tutto, almeno fino a quando non ti chiedono di spiegare cosa pensi davvero. La tua abilità di essere ambigua ti potrebbe portare lontano, ma occhio a non confonderti nel tuo stesso discorso di accettazione.
(23 SETTEMBRE - 22 OTTOBRE)
Cara la mia Bilancia, Diplomatica come pochi, sei quel candidato che cerca di non scontentare nessuno. Brava, ti sei assicurata l'elezione... come capo di un comitato di quartiere però. Scegliere tra destra e sinistra? Troppo difficile per te. Alla fine, il tuo tentativo di unire tutti ti lascerà con zero elettori.
(20 GENNAIO - 18 FEBBRAIO)
Il mio bellissimo Acquario, rivoluzionario e idealista, sei quel candidato che arriva con grandi idee per "cambiare il mondo". Purtroppo, il mondo non vuole essere cambiato. Alla fine della tua campagna, scoprirai che l'America non è pronta per il tuo piano utopistico di pace universale, e sarai ricordato come "quello strano".
(21 GIUGNO - 22 LUGLIO)
Sensibile e patriottico, sei un candidato ideale... per i comizi nostalgici sugli Stati Uniti degli anni '50. La tua visione politica sembra uscita da una puntata di Happy Days. Potresti vincere nel 1955, ma purtroppo siamo nel 2024 e "speranza e preghiera" non sono più piani di governo accettabili.
(23 OTTOBRE - 21 NOVEMBRE)
Scorpio, tu giochi sporco e lo sai. Perfetto per la politica! Sei già dieci mosse avanti rispetto ai tuoi avversari, ma la tua ossessione per il potere ti renderà la persona che tutti amano odiare. Quando sarai finalmente sulla poltrona presidenziale, scoprirai che governare è noioso. Il vero divertimento? Distruggere i tuoi nemici.
(19 FEBBRAIO - 20 MARZO)
Pesciolini miei, Dolci e sognatori, pensate che la politica sia una questione di compassione e amore? Ah, che teneri! Peccato che la Casa Bianca non funzioni come un gruppo di supporto emotivo. Vi ritirerete dalla corsa presidenziale con una serie di discorsi strappalacrime... ma tranquilli, Netflix vi offrirà un contratto per un documentario sulla politica.
Federico Palmaroli nasce a Roma nel 1973. Di formazione umanistica, matura fin dall’adolescenza un vivo interesse per la tradizione popolare romana. Insofferente, goliardico, non allineato e grande appassionato di Futurismo. Un “buffone distinto”, per dirla alla Petrolini. È autore di serie tv e collabora con testate giornalistiche e programmi tv. È il creatore delle pagine social “Le frasi di Osho” e ha già pubblicato cinque antologie umoristiche per Rizzoli. #lepiùbellefrasidiosho