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29-05-2012

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73° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVAC RIMINI, 8-10 GIUGNO 2012

Il laboratorio in corso di urolitiasi: come, quando e perché Paola Scarpa Med Vet, Dr Ric, SCMPA, Milano

Piera Anna Martino, DBSc, Dr Ric, Milano

Il ruolo del laboratorio è fondamentale nella diagnostica e nel monitoraggio dell’urolitiasi, indipendentemente dal fatto che venga intrapreso un percorso medico (dissoluzione) o chirurgico. Al centro del nostro iter, vi è una necessità inderogabile: la prevenzione della recidiva. Questa implica un’accurata valutazione del paziente che passa attraverso il corretto utilizzo della diagnostica di laboratorio.

zione urinaria e predisposizione all’urolitiasi1. La presenza di uroliti o nefroliti di fosfato di calcio o di struvite è stata associata ad acidosi del tubulo distale. Questa è caratterizzata da diminuzione della secrezione di ioni idorgeno dal tubulo distale, urine alcaline, ipercalciuria, iperfosfaturia, ipocaliemia ed ipocitraturia. Cistinuria e calcoli di cistina possono essere associati a sindrome di Fanconi. Oltre alla valutazione “diagnostica” sarà necessario seguire un attento monitoraggio terapeutico per evidenziare l’efficacia del protocollo instaurato e l’insorgenza degli eventuali effetti collaterali dei farmaci somministrati: un accurato monitoraggio della proteinuria sarà consigliabile nei pazienti cistinurici sottoposti a trattamento con tiopronina2, così come un trattamento protratto con diuretici tiazidici, predisponendo all’ipopotassiemia, necessiterà del costante monitoraggio del quadro elettrolitico.

È sempre necessario effettuare uno screening di laboratorio in un paziente affetto da urolitiasi? Il paziente affetto da urolitiasi richiede una accurata valutazione ematologica, ematochimica ed urinaria. È necessario tener ben presente, infatti, che l’urolitiasi potrebbe non essere primaria, bensì secondaria ad altra patologia. La presenza di uroliti da ossalato di calcio è sicuramente concomitante ad ipercalciuria. È però necessario accertarsi che si tratti di una ipercalciuria normocalcemica secondaria all’eccessivo assorbimento intestinale di calcio (ipercalciuria da eccessivo assorbimento) o al ridotto assorbimento tubulare renale (ipercalciuria da perdita renale). È indispensabile escludere la presenza di una ipercalciuria ipercalcemica, causata da un’aumentata filtrazione glomerulare del calcio mobilizzato (che supera i normali meccanismi di riassorbimento tubulare) e che si presenta nelle patologie che determinano ipercalcemia: neoplasie, iperparatiroidismo primario, ipertiroidismo, sarcoidosi, malattie granulomatose. L’urolitiasi da ossalato di calcio è anche stata messa in relazione con l’iperadrenocorticismo: i glucocorticoidi infatti, sono in grado di determinare la mobilizzazione ossea di calcio e la riduzione del suo riassorbimento tubulare. Un paziente affetto da urolitiasi da urati ha necessità di una valutazione accurata della funzionalità epatica qualora non sia di razza Dalmata. La presenza di disfunzioni epatiche, shunt portosistemici o altre anomalie vascolari predispone a questa forma di urolitiasi. Il deficit di conversione a livello epatico dell’acido urico in allantoina e dell’ammonio in urea (iperuricemia ed iperammoniemia) porterà alla maggiore escrezione urinaria di acido urico ed ammonio (iperuricosuria ed iperammoniuria) con conseguente sovrasatura-

Il riscontro di cristalluria è fondamentale ai fini diagnostici? La cristalluria è un reperto di estrema importanza in corso di urolitiasi, sebbene debba essere considerato con estrema cautela ai fini diagnostici. Sebbene la composizione chimica dei cristalli e dell’urolita sia spesso la medesima, non è assolutamente possibile escludere un’evenienza contraria. Ricordiamo che infiammazioni o infezioni del tratto urinario possono creare condizioni idonee alla precipitazione di cristalli, anche in assenza di urolitiasi. Il riscontro o il mancato riscontro di cristalluria è di notevole importanza nella prevenzione della recidiva o nella dissoluzione del calcolo. Infatti, Il mancato riscontro può indicare una sottosaturazione dell’ambiente urinario e quindi l’efficacia del protocollo adottato. Non si deve dimenticare che la cristalluria può essere un artefatto. La possibilità di precipitazione di cristalli in vitro, aumenta dilazionando l’analisi delle urine nel tempo e soprattutto refrigerando il campione. La refrigerazione preserva molte delle caratteristiche chimico-fisiche dell’urina ed inibisce l’overgrowth batterico, ma è assolutamente nemica della corretta interpretazione della cristalluria. Alcuni studi dimostrano la precipitazione di cristalli di ossalato di calcio e di struvite in un numero non trascurabile di campioni di urina

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