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29-05-2012
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73° CONGRESSO INTERNAZIONALE MULTISALA SCIVAC RIMINI, 8-10 GIUGNO 2012
L’inserimento della figura tecnica nella professione veterinaria Maurizio Albano Med Vet, Roma
Il personale di supporto all’attività del medico veterinario è una figura esistente in tutti i paesi, con differenti denominazioni a seconda delle mansioni che ricopre e che cambia con le varie legislazioni nazionali. Differenza che tuttavia si riduce sempre di più nella routine giornaliera, visto che le necessità dei veterinari e della clientela non hanno frontiere, e pertanto restano identiche in tutti i paesi.
Si è stabilito inoltre che prendendo la certificazione in una di queste scuole viene acquisito il diritto a lavorare nei paesi europei aderenti al progetto Leonardo e in USA, senza bisogno di ulteriori riconoscimenti. La vera mobilità delle persone, cosi tanto auspicata dalla comunità europea, ovviamente risulta possibile solo perché si tratta di personale non laureato e non iscritto ad un ordine. Se così fosse resterebbe necessario un ulteriore riconoscimento attraverso un esame pubblico.
NELLA FORMAZIONE STA ADESSO IL NODO CRUCIALE SITUAZIONE IN ITALIA In alcuni paesi la formazione è libera, questo significa che istituti sia privati che pubblici possono fare formazione, ma per accedere alla professione è necessario fare un esame sotto controllo di un organismo terzo indipendente il quale certifica le competenze dei singoli studenti in tutto il paese. In altri la formazione è solo pubblica e sono incluse scuole che accolgono studenti, in età tra i 16 e i 18 anni, che hanno un percorso simile al nostro istituto agrario, e scuole dove si tengono dei corsi chiamati “vocational”. Altri paesi prevedono oltre ai corsi professionali anche le università pubbliche e private, alcune delle quali facenti parte dell’organo europeo di accreditamento denominato Acovene. La durata del percorso formativo è sviluppato a seconda del tipo delle mansioni da svolgere. Esistono formazioni di 1 anno per accalappiacani (animalkeeper), personale addetto ai canili e ai negozi, e formazione di 2 anni per personale addetto agli stabulari, alle cliniche, o qualsivoglia ambiente sanitario. Alcuni paesi prevedono dopo il corso formativo di due anni una specializzazione di uno (la maggioranza) o di due. Nel corso del tempo l’importanza dei tecnici è cresciuta al punto tale che la federazione europea ha dovuto stabilire non solo cosa sia un atto veterinario, ma anche sancire la loro presenza nel settore, definendo in parte i confini della loro attività e demandando ai singoli stati la definizione delle mansioni e l’obbligatorietà del percorso formativo. A questo punto per dare una unicità alla formazione molte scuole, si sono unite in associazione e aderito a ben cinque progetti finanziati dalla comunità europea. Si è arrivati così ad avere un comune mansionario delle competenze e alla certificazione dei percorsi formativi.
In Italia “l’aiutante sul campo” è sempre esistito. Nella prima stesura del codice deontologico era già presente la figura dell’ausiliario, il quale poteva avere un attività di supporto al veterinario. Tale figura non è mai stata riconosciuta, tranne dal nostro esercito, il quale ha inserito nell’organico l’infermiere quadrupedi. La situazione reale da noi è stata, ed in parte ancora oggi quella di vedere mogli, mariti, genitori, pensionati dare “una mano “in ambulatorio senza avere una adeguata formazione, ma imparando “sul campo” le mansioni di base. Tuttavia le cose stanno cambiando, e molte persone, per lo più donne, amanti degli animali, desiderose di assistere i veterinari nel loro lavoro, sentono la necessità di farlo seguendo un percorso formativo. Attualmente esiste solo una scuola biennale di formazione, accreditata Acovene (www.acovene.com) e membro di Vetnnet (www.vetnnet.com). Inoltre esistono alcuni corsi di lauree triennali, di cui non è chiaro ancora lo sbocco professionale e con un percorso formativo non corrispondente a quanto richiesto dal mondo del lavoro. Nel nostro settore coloro che sono caduti nella trappola illusoria dell’università, rappresentano un ulteriore problema. L’illusione consiste nel fatto che una volta conseguito il titolo universitario, le persone si dovranno accontentare di avere “cultura”, come disse un preside della facoltà di Teramo, ma non lavoro e questo sicuramente è una caratteristica solo italiana. Con i laureati triennali, potremmo andare incontro a richieste di riconoscimento dei diritti di autonomia nella gestione delle mansioni veterinarie, contravvenendo cosi anche ai det-
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