Professione Veterinaria 29-2010:ok
8-09-2010
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laPROFESSIONE
Sivar Dalle Associazioni
VETERINARIA 29| 2010
Si fa presto a dire “trattamento illecito” Giudice assolve allevatore per le positività al prednisolone: non ci sono prove scientifiche per un giudizio di condanna. Sivar: una vittoria dei buiatri
ra stato emesso il Decreto penale di condanna per l'allevatore lombardo poi assolto dal Tribunale di Mantova, imputato di aver attestato "falsamente, in atto pubblico, ed a pubblico ufficiale, veterinario del macello, che il bovino non era stato trattato nei giorni precedenti la spedizione al macello, allorquando invece, dall'esito di un successivo esame, effettuato su un campione dell'urina per la ricerca di cortisonici emergeva la non conformità al prednisolone cortisonico". Ad una indagine effettuata dal veterinario della Asl non risultava nel registro aziendale che la bovina fosse stata effettivamente trattata con cortisonici; l'allevatore si era difeso dichiarando che "la positività al prednisolone non implica necessariamente che l'animale sia stato trattato con farmaci cortisonici".
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I DUBBI Lo scenario di sfondo al caso mantovano mostra un esponenziale incremento di non conformità nelle urine da vacche a fine carriera, che induce gli addetti ai lavori a nutrire forti dubbi e ad avviare studi e ricerche su quanto può incidere lo stato di stress sull’innalzamento dei valori urinari dei corticosteroidi. Un ulteriore elemento anomalo è che quasi sempre le risposte positive riguardano il prednisolone, “molecola di scarso significato terapeutico nella clinica della bovina da latte per le inadeguate perfomance curative-
scrive l’Ama-nonché per gli importanti effetti collaterali”. Inoltre, “nella quotidiana attività clinica tutti i cortisonici sono molto più efficacemente sostituiti con antinfiammatori non steroidei”. Già nel mese di febbraio l’associazione mantovana degli allevatori interessava gli Assessorati alla Sanità e all’Agricoltura regionali: “Molti allevatori colpiti dai provvedimenti- scrivono Ama, Cia, Confagricoltura e Coldiretti alla Regione Lombardia – e veterinari che si occupano della cura degli animali in queste aziende garantiscono la loro assoluta estraneità all’accusa di avere illecitamente sottoposto a trattamenti con queste sostanze le vacche avviate alla macellazione. Pur dimostrando di non aver somministrato farmaci contententi cortisonici, tanto da non detenerne nella propria scorta, vengono accusati di aver sottoposto l’animale a trattamento illecito, configurandosi con quella che si può definire “presunzione di colpevolezza”, ovvero che il suddetto prodotto farmacologico è presumibilmente detenuto e utilizzato irregolarmente. Ciò viene contestato senza che sia confermato il rinvenimento in azienda del farmaco non regolarmente prescritto”. La questione, era la conclusione, “merita una riflessione da parte dell’autorità di controllo” e di “sospendere le azioni intraprese nei confronti degli allevatori, quando gli animali risultassero non negativi per ricerca di corticosteroidi nelle urine” in attesa di risposte scientifiche.
sentenza, pronunciata dal giudice Eleonora Pirillo lo scorso 4 maggio (motivazioni depositate il 29 giugno 2010) nella sostanza accoglie le conclusioni del pubblico ministero Maddalena Grassi e del difensore dell'allevatore imputato, secondo i quali, appunto, il fatto non sussiste. L'assoluzione con formula piena è stata motivata anche in seguito alle dichiarazioni del teste della pubblica accusa Giuseppe Consadori, veterinario Asl, secondo il quale "la positività al prednisolone non implica necessariamente che l'animale sia stato trattato con farmaci cortisonici". Nel caso in oggetto, appunto, la quantità minima di prednisolone rilevato al macello deve essere considerata come conseguenza di un evento stressante (la bovina aveva partorito pochi giorni prima). Per queste ragioni gli animali potrebbero aver prodotto fisiologicamente la sostanza. "Risultava infatti anomala - osserva Stefania Tagliati, veterinario dell'Ama - la presenza di prednisolone in bassissime quantità nelle urine, quando nessun campione era risultato positivo nelle analisi effettuate sui fegati". L'origine endogena dei cortisonici è ora allo studio dell'Istituto zooprofilattico della Lombardia e dell'Emilia Romagna.
GLI ALLEVATORI Sulla questione prednisolone, l'Associazione
I FATTI All'allevatore mantovano imputato era stato contestato di aver attestato falsamente che un bovino, spedito al macello Italcarni di Ghedi (Brescia), non era stato trattato nei 90 giorni precedenti la spedizione al macello con cortisonici. Un prelievo di urina sull'animale giunto al macello (disposto nell'ambito dell'Extrapiano della Lombardia, per la ricerca di residui cortisonici), al contrario, rilevava la presenza di prednisolone cortisonico. Di qui il rinvio a giudizio per l'allevatore.
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mantovana allevatori si era mossa con tempestività, contattata proprio da alcuni allevatori, ai quali era stata segnalata la presenza di prednisolone nelle urine delle bovine condotte al macello. Così, il direttore dell'Apa di Mantova, Isalberto Badalotti, aveva scritto, nei mesi scorsi, alla Regione Lombardia, con l'obiettivo di prendere in esame l'origine metabolica e non illecita della positività. "L'Associazione mantovana allevatori continuerà ad operare al fianco dei produttori - commenta il presidente, Alberto Gandolfi - per garantire la sicurezza nei processi produttivi e la correttezza in tutte le fasi di propria competenza. Possiamo con soddisfazione sostenere che è grazie alla competenza del nostro staff che abbiamo evitato sanzioni ingiuste e discriminatorie per l'intera categoria, troppo spesso esposta alla gogna mediatica".
LA RICERCA Che si trattasse di false positività dovute ad origine endogeno-metabolica e non illecita era stato già ipotizzato dai veterinari buiatri della SIVAR, tanto da suggerire agli allevatori di effettuare delle contro-analisi e da indurre i ricercatori ad approfondire la questione. La sentenza ricorda infatti che è "allo studio dell'istituto nazionale di farmacologia la questione relativa alla possibilità che il prednisolone possa essere prodotto in minime quantità dall'animale stesso, come risposta fisiologica ad alcune situazioni stressanti". Nel caso di specie, la bovina "aveva partorito e tale evento rientra senza dubbio come riferito dal teste della Pubblica Accusa, tra gli eventi stressanti in presenza dei quali gli animali- scrive il Giudice - potrebbero produrre fisiologicamente la sostanza. Alla luce delle attuali conoscenze scientifiche e delle ricerche e sperimentazioni in atto non può essere formulato un giudizio di assiomatica relazione tra la somministrazione di farmaci cortisonici e la positività degli animali al prednisolone". "Tanto è sufficiente a pronunciare nei suoi confronti sentenza assolutoria", nei confronti dell’allevatore "per insussistenza del fatto di reato".
PUBBLICAZIONE Saranno pubblicati nei prossimi mesi, negli atti del Congresso mondiale di buiatria (W.B.C. Santiago, Cile 14-18 novembre 2010) e sulla rivista Steroid, i risultati delle ricerche condotte dall'Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell'Emilia Romagna e dalla Università di Milano, sulla presenza di prednisolone nelle urine delle vacche da latte. Si tratta di risultati preliminari e non esaustivi, ma sufficienti ad avviare un percorso di ulteriori approfondimenti e studi da parte della comunità scientifica. Presso i laboratori dell'IZLER di Brescia i ricercatori parlano di risultati interessanti, non conclusivi, ma certamente da approfondire, con ulteriori ricerche e successive indagini. ■
LA SENTENZA La sentenza è chiara: assoluzione perché il fatto non sussiste. Il Tribunale di Mantova (sezione distaccata di Castiglione delle Stiviere) ha messo un punto fisso sulla questione 'prednisolone cortisonico'. Dando ragione all'allevatore. E questo grazie al contributo decisivo dell'Associazione mantovana allevatori e della consulente Stefania Tagliati, medico veterinario dell'Apa virgiliana. La
L’IMPORTANZA DELLA CONSULENZA VETERINARIA
L
a Società Italiana Veterinari per Animali da Reddito (SIVAR) ha sempre sostenuto la tesi dell'origine endogena e non illecita delle positività al prednisolone in alcuni bovini del Nord Italia. Per questo, commenta favorevolmente la sentenza del Tribunale di Mantova che ha assolto un allevatore mantovano dall’accusa di falso in atto pubblico per aver dichiarato di non aver somministrato alcuna sostanza all'animale avviato al macello. Il caso evidenzia l’importanza della consulenza veterinaria, dell’esperienza clinica di medici veterinari
buiatri, che hanno consigliato di chiedere le contro-analisi e di non arrendersi al pagamento di decine di migliaia di euro di multa. Le sanzioni comminate per una condotta antigiuridica, nella fattispecie prevedono una multa agli allevatori fino a 30 mila euro e la decurtazione dei premi Pac fino al 30%. Agli atti della difesa anche l'articolo pubblicato dal Sole 24 Ore che raccoglieva i dubbi dei veterinari SIVAR, che ora esprimono soddisfazione per il risultato e si augurano che la sentenza mantovana costituisca un precedente nella giurisprudenza. I medici ve-
terinari buiatri della SIVAR seguiranno con attenzione gli sviluppi della ricerca scientifica e il lavoro dei colleghi ricercatori e auspicano che la magistratura voglia sospendere il giudizio in attesa di conoscere gli esiti delle ricerche dalle pubblicazioni ufficiali che saranno disponibili fra il mese di ottobre e di novembre di quest'anno. Se gli approfondimenti scientifici dovessero giustificare la tesi dell'origine metabolica e non illecita, è probabile che anche le relative normative che governano questa materia possano essere di seguito adeguate.