La Professione Veterinaria 39-2013

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21-11-2013

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laPROFESSIONE

Compravendita Legale

VETERINARIA 39| 2013

cora alcun sintomo e quindi l’acquirente non può accorgersene. 3. Il vizio deve dev’essere grave, ovvero tale da influire negativamente sulla vita (per esempio nel caso di una patologia cardiaca), sulla qualità della vita (per esempio nel caso di un cane displasico) o sulla funzione. La garanzia per i vizi redibitori è comunque dovuta dal venditore, anche in assenza di un contratto scritto di cessione.

QUANDO IL VIZIO È MINORE Tuttavia, in pratica, se può essere effettivamente semplice essere garantiti in presenza di difetti oggettivamente invalidanti, può diventare invece un problema farsi riconoscere la garanzia in caso di vizi meno gravi quali quelli puramente estetici, in quanto il cliente potrà lamentare di aver voluto l’animale per esposizioni e riproduzione, ma in assenza di pattuizioni scritte il venditore potrà rispondere di averlo ignorato. In conclusione, è consigliabile il contratto scritto e firmato da entrambe le parti.

Qualora si volesse davvero chiedere la sostituzione del cucciolo, basta che sia stato effettuato un “atto di proprietà” sul soggetto, tale da modificarlo in modo permanente, perché diventi impossibile restituire l’animale nelle stesse condizioni in cui si trovava al momento della vendita; pertanto, se il compratore ha effettuato atti di proprietà, può chiedere soltanto l’azione estimatoria. Se invece l’animale è sicuramente morto in conseguenza del vizio, ha diritto alla risoluzione del contratto. Il compratore ha in ogni caso diritto al rimborso spese e al risarcimento danni, anche se il venditore era in buona fede. In tema di responsabilità risarcitoria del venditore per i vizi, l’acquirente può anche chiedere che gli venga risarcito il danno costituito dalle spese necessarie per eliminare i vizi dell’animale (insomma, le spese veterinarie sostenute per curarlo), nonché i possibili danni arrecati a causa dei vizi della cosa (ad esempio malattia contagiosa trasmessa ad altri animali), senza rivendicare la risoluzione del contratto.

GLI EFFETTI DELLA GARANZIA

I TERMINI TEMPORALI

La legge tratta il cucciolo come una cosa. Infatti, di fronte a un vizio redibitorio accertato nell’animale, il compratore può, a sua scelta, e non del venditore, in base all’art. 1492 c.c., chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo. La risoluzione del contratto (azione redibitoria) consiste nella restituzione da parte dell’acquirente dell’animale nelle stesse condizioni in cui si trovava all’atto della compravendita, mentre il venditore dovrà restituire la somma pagata. La riduzione del prezzo (azione quanti minoris o estimatoria) consistente in una riduzione del prezzo pattuito a fronte della diminuzione della funzionalità che ne è derivata. Solitamente, l’acquirente si accontenta di una riduzione del prezzo, che però consisterà nell’intera cifra in caso di morte del cane, perché la “diminuzione della funzionalità” sarà ovviamente del 100%.

Ci sono tempi precisi in cui l’acquirente può far valere i propri diritti di fronte a un vizio redibitorio e cioè 8 giorni dalla scoperta del vizio, entro un anno al massimo dall’acquisto dell’animale. Questi termini tagliano fuori diverse malattie ereditarie che si manifestano in età adulta, mentre comprendono ampiamente le malattie virali e in generale tutte quelle che si manifestano entro l’anno di vita. Un presunto “uso” che accorci il termine di decadenza a 8 giorni dalla consegna dell’animale, anziché dalla scoperta, non è valido.

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COME COMUNICARE LA SCOPERTA DEL VIZIO La denuncia di vizio può essere effettuata con qualsiasi mezzo idoneo di trasmissione, anche per via telefonica, con un mezzo che lasci prova dell’avvenuta comunicazione (raccomandata, telegramma, fax, posta elettronica solo se certificata). ■

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RIFLESSIONI SUL TEMA ’articolo risulta molto interessante ed esaustivo dell’argomento ma ci permetterà l’autore di inserirci in quello che lui stesso ha definito tema di “grande discussione” all’interno del capitolo dei vizi. In effetti in questo ambito alcune parti interpretative sono stimolo di riflessione ed invitano a qualche considerazione. Riprendendo la frase... per esempio, un cane acquistato per uso sportivo non sarà funzionale a quell’utilizzo se soffre di displasia dell’anca, e neppure se è pauroso o aggressivo. Tuttavia, la scienza ha ormai ampiamente dimostrato che la responsabilità dei difetti caratteriali è quasi sempre legata più ai fattori ambientali che a quelli genetici, pertanto la legge non riconosce praticamente alcun diritto al proprietario di un cane che si sia rivelato caratterialmente diverso da quello che ci si aspettava...non siamo pienamente d’accordo sulla conclusione a cui giunge l’autore. Infatti, con questa affermazione, l’autore sembra declinare la responsabilità dell’allevatore in caso di patologie comportamentali con un’eziopatogenesi legata ad uno sviluppo comportamentale deficitario nei primi 60 giorni di vita. Ricordiamo che l’allevamento è facente parte del fattore ambientale, tecnicamente detto ontologico. Siamo assolutamente d’accordo sul fatto che il genetico non è preponderante per il comportamento (si parla piuttosto di espressione genetica), ma le modalità di sviluppo comportamentale sono espressione della conduzione di allevamento, quindi una precisa responsabilità dell’allevatore (ad esempio: cani deprivati a causa di ambienti ipostimolanti, cani divisi presto dalla madre impedendo un corretto processo di attaccamento, assenza di adulti regolatori che insegnino i rituali di comunicazione intraspecifici, carenza di contatti con categorie diverse di umani che favoriscono un deficit di socializzazione con la specie umana). A favore di questa interpretazione esiste una sentenza del tribunale di Montbrison in Francia del 30/04/1998 dove è stata condannata un’allevatrice per aver venduto un cucciolo con vizio nascosto, in quanto in seguito ha presentato una fobia sociale con comportamento di aggressione che ha obbligato l’acquirente alla soppressione eutanasica; il tribunale conclude che “la garanzia deve estendersi alle malattie psicologiche sviluppate dall’animale”. Nell’obiettivo di un miglioramento dell’attività allevatoriale italiana, per contrastare la

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piaga del traffico internazionale dei cuccioli e per aumentare il possesso responsabile dell’animale l’ANMVI e la Sisca, alla luce delle nuove conoscenze neuroscientifiche, vorrebbero sviluppare i seguenti punti: a) Portare avanti il concetto di vizio redibitorio (da grave a minore) delle problematiche comportamentali in caso che il soggetto acquistato fosse inidoneo all’uso a cui è destinato. Mi spiego meglio: se acquisto da un allevamento un cane per essere da compagnia e non riesce ad uscire di casa perché è terrorizzato da qualsiasi rumore oppure non svolge nessuna attività prosociale, sia con i cani che con le persone, peggio ancora manifestando dei comportamenti di aggressione per irritazione o paura, posso reputare che ci sia un vizio redibitorio se le condizioni di allevamento risultano gravemente insufficienti nel “creare” un cane mentalmente sano che risponda alle aspettative dell’acquirente. In questa ottica siamo particolarmente entusiasti del progetto del master per allevatori in sinergia tra ENCI e ANMVI che ha già svolto la prima edizione e speriamo sia a breve riproposto. b) Nel rispetto dell’ordinanza Lorenzin del 03 agosto 2013, art 1 comma 3 lettera d) dove si sottolinea l’importanza dell’adozione responsabile sarebbe auspicabile ricorrere sempre ad una consulenza pre-adozione da parte dei medici veterinari delle strutture veterinarie presenti in modo capillare sul territorio nazionale, in modo da supportare la scelta della futura famiglia adottante nei riguardi della specie animale, dei luoghi di possibile acquisto o adozione, dei tempi di adozione, degli obblighi di microchippatura e iscrizione all’anagrafe canina del venditore secondo le norme vigenti, ecc. Ciò limiterebbe gli acquisti incauti dando il giusto peso all’utilità di internet, diminuirebbe le perdite dolorose, per l’animale e per la famiglia, di cuccioli non in salute acquistati pescando nel canale del traffico illegale, arginerebbe il fenomeno dell’abbandono di cani affetti da patologie comportamentali, che arricchiscono le schiere di animali randagi sul territorio, con tutte le problematiche inerenti. Di non minore importanza la consulenza pre-adozione valorizzerebbe la figura del medico veterinario quale referente principale nelle tematiche di benessere animale, oltre ad essere un elemento trainante nella fidelizzazione del futuro cliente. Raimondo Colangeli Vicepresidente ANMVI


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