l’editoriale
di Carlo Scotti
Un doveroso ringraziamento
L’evento che occupa la prima pagina di questo numero di Professione Veterinaria è dato dall’emanazione, dopo otto anni di gestazione, del
nuovo Decreto che regolamenta la distribuzione del farmaco veterinario.
Tra i tanti progetti in corso d’opera o già portati a termine, vedi il pet corner, l’aggiornamento della normativa sul Farmaco è stata una priorità per la quale la SCIVAC, la FNOVI e in tempi più recenti, l’ANMVI hanno lavorato duramente e profuso impegno costante. L’emanazione del Decreto premia questi sforzi ed è la dimostrazione di come una Categoria unita e con delle progettualità concrete possa conseguire anche un traguardo ambizioso quale è quello di ottenere delle normative nazionali che favoriscono l’attività professionale.
Per chi, come lo scrivente, ha vissuto in questi lunghi anni l’incredibile storia di questo Decreto, quella del 16 maggio è veramente una data storica che segna un punto fermo per la nostra Categoria, ma che fondamentalmente premia anche il lavoro caparbio, determinato e molte volte frustrante di pochissimi Colleghi che si sono impegnati tenacemente per questo traguardo, anche a riflettori spenti.
Primo tra tutti, il Dr. Aldo Vezzoni, Segretario FNOVI e Consigliere ANMVI, che ha profuso energie incredibili per superare le incongruenze e i difetti della vecchia normativa e per perseguire l’emanazione di questo nuovo provvedimento (che da oggi chiamerò semplicemente “il Decreto Vezzoni”) e al quale dobbiamo un doveroso e sentito “grazie”. Posso garantire che un ringraziamento pubblico, attraverso un editoriale dedicato, è il minimo che la Classe Veterinaria possa fare per chi da otto anni a questa parte non ha mai smesso di credere, anche nei momenti più bui - e ce ne sono stati tantinell’emanazione di un nuovo regolamento per i farmaco veterinario, sottraendo tempo ed energie all’attività professionale ed alla propria famiglia. Grazie Aldo a nome di tutta la Veterinaria italiana! Non posso dimenticare, tra coloro che hanno contribuito in modo determinante a questo successo, il Dr. Domenico D’Addario, Presidente FNOVI, che ha fornito la sua esperienza ed il suo prezioso supporto istituzionale ed il Dr. Romano Marabelli, Direttore del Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria, per essersi sensibilizzato al problema e per aver sostenuto con forza le istanze veterinarie. Un ringraziamento ancora ai responsabili dei servizi veterinari regionali che hanno dato il loro indispensabile contributo, ed in particolare il Dr. Alberto Palma ed il Dr. Giovanni Paganelli, ed a tutti i funzionari del Ministero della Sanità che hanno condotto con professionalità tutto l’iter del Decreto. ■
PROFESSIONE VETERINARIA
MENSILE DI AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE
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Dopo nove anni arriva il D.M. 16-05-2001
Approvato il nuovo regolamento sul farmaco veterinario
Regolamento relativo alla distribuzione dei medicinali veterinari in applicazione degli articoli 31 e 32 del decreto legislativo 27 gennaio 1992 n. 119 e successive modifiche
Dopo una lunghissima gestazione legislativa, il 16 maggio scorso il Ministro Veronesi ha finalmente firmato il decreto che regolamenta la distribuzione del farmaco veterinario e che apporta delle sostanziali innovazioni nella sua gestione da parte del medico veterinario. Le basi del decreto erano state elaborate dal Dipartimento degli Alimenti e Nutrizione e della Sanità Pubblica Veterinaria del Ministero della Sanità negli anni 19941997, in collaborazione con un’apposita Commissione composta dalle rappresentanze delle categorie coinvolte (industria farmaceutica, medici veterinari, farmacisti, grossisti e allevatori), con l’intento di razionalizzare e di semplificare le procedure sull’impiego e la distribuzione del farmaco veterinario, pur salvaguardando e garantendo la sicurezza della salute umana ed animale.
Le norme elaborate avrebbero dovuto essere comprese nel D.L.vo 47/97 di integrazione del D.L.vo 119/92. Non essendo stato possibile, per motivi legislativi, l’inserimento in quel decreto, nel 1998 il Dipartimento degli Alimenti e Nutrizione e della Sanità Pubblica Veterinaria iniziava l’iter per la realizzazione di un Decreto Ministeriale ad hoc. Il documento veniva quindi rielaborato ed approvato dall’Ufficio Legislativo del Ministero della Sanità, ed il Ministro Bindi, nel novembre 1999, richiedeva il parere del Consiglio di Stato.
Apportate le modifiche richieste dal Consiglio di Stato, il documento veniva analizzato, modificato ed approvato dalla Conferenza Stato Regioni alla fine del 2000. Riesaminato ed approvato dal Consiglio di Stato all’inizio del 2001, il decreto è stato firmato dal Ministro Veronesi il 16 maggio 2001 ed inviato alla Gazzet-
ta Ufficiale, previo nulla osta del Ministero di Grazia e Giustizia e della Corte dei Conti. Questo decreto, pur non essendo riuscito a risolvere nel migliore dei modi tutte le problematiche relative all’impiego ed alla distribuzione del farmaco veterinario, perché vincolato nello spazio ristretto consentito dalla norma superiore da cui dipende, il D.L.vo 119/92, ha però in buona parte accolto le istanze e le aspettative dei medici veterinari, portando una grande semplificazione e razionalizzazione della normativa vigente. In particolare l’abolizione del registro dei farmaci nel settore degli animali da compagnia, sostituito dalla semplice conservazione dei documenti d’acquisto dei farmaci, elimina una delle condizioni più sofferte dai Colleghi, fonte di infinite contestazioni da parte delle autorità di controllo e totalmente inutile ai fini della salvaguardia della salute umana ed animale. La regolamentazione, inoltre, dell’impiego per uso improprio del farmaco ad uso umano colma una grave lacuna normativa che penalizzava grandemente la clinica degli animali da compagnia, come la possibilità di gestire delle scorte di medicinali veterinari anche da parte di Colleghi che non afferiscono ad una struttura veterinaria facilita l’operatività anche di questi Colleghi. La possibilità, infine, per il medico veterinario di dispensare al proprietario dell’animale le confezioni di medicinali veterinari utilizzati per iniziare la terapia, pur senza creare un nuovo canale distributivo vero e proprio, permette comunque di migliorare i servizi professionali offerti all’utenza, di ottenere una più pronta esecuzione della
(in questo numero:)
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Prima Pagina: Approvato il nuovo regolamento sul farmaco di Aldo Vezzoni
ANMVIInforma: La Riforma degli Ordini secondo il CUP a cura della redazione
In Rete: Dichiarazione dei redditi: ora è solo on line di Fabrizio Pancini
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L’Inchiesta: Visite a domicilio: tra etica ed abuso di Fabrizio Pancini
Attualità: Aspetti medico legali nella compravendita di animali di Maria Carmen Lopez
L’Opinione: Etica e sperimentazione di Oscar Grazioli
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Attualità: Anche la veterinaria ha i suoi cervelli in fuga di Sabina Pizzamiglio
Rubrica Legale: Lesioni da combattimento e obbligo di segnalazione di M.T.Semeraro
Dalle Associazioni: Al via il riassetto delle liste telematiche di Enrico Febbo
172533
L’approfondimento: Pretoria, Sud Africa, dove il patrimonio zootecnico è culturale di Paolo Tassi
Rubrica Fiscale: Le agevolazioni per l’imprenditoria femminile di Giovanni Stassi
Dalle Aziende: Iniziative online contro l’abbandono a cura della redazione
EDIZIONI SCIVAC - Anno 11, numero 6, mensile, giugno 2001 Spedizione in abbonamento postale - 45% Art. 2 comma 20/b-Legge 662/96 - Filiale di Piacenza Concessionaria esclusiva per la pubblicità EDIZIONI VETERINARIE E.V. srl - Cremona
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SEGUEA PAG.4
in spedizione
di Aldo Vezzoni
dal 1°luglio
terapia prescritta e di avvicinare il Collega italiano ai Colleghi europei che dispongono da anni di questa possibilità.
Ecco, in sintesi, le principali novità, per il medico veterinario, introdotte dal DM 16/05/2001:
1.Scorte di medicinali: autorizzazione de facto per le strutture veterinarie.
Le strutture veterinarie autorizzate possono detenere scorte di medicinali veterinari senza bisogno di una specifica autorizzazione. Le scorte di medicinali veterinari nelle strutture veterinarie sono tenute sotto la responsabilità del direttore sanitario della struttura stessa.
2.Scorte di medicinali delle strutture anche per visite a domicilio di tutti i colleghi afferenti alla struttura.
Per gli interventi professionali urgenti da eseguire fuori dalle strutture veterinarie, i medici veterinari possono utilizzare i medicinali veterinari prelevati dalla scorta presente nella struttura; il direttore sanitario tiene l’elenco aggiornato dei medici veterinari che possono utilizzare la scorta di medicinali della struttura, esibendolo su richiesta delle autorità di controllo.
3.Semplificazione delle registrazioni di carico e scarico dei medicinali. Gli obblighi di registrazione di carico e scarico per le scorte di medicinali delle strutture veterinarie sono assolti semplicemente conservando per tre anni la documentazione d’acquisto (copia della ricetta vidimata dal farmacista, bolla di consegna) e registrando i trattamenti unicamente quando effettuati su animali produttori di alimenti per l’uomo e con medicinali compresi negli art. 3, comma 7 e 32 comma 3 del DL 119/92 (medicinali per uso improprio, medicinali ad azione immunologica, chemioterapici, antibiotici, antiparassitari, corticosteroidi, antinfiammatori, sostanze psicotrope, neurotrope, tranquillanti e beta-agonisti). Nella clinica degli animali da compagnia, pertanto, non è più necessario compilare il
registro di carico e scarico dei medicinali utilizzati. Nella clinica degli animali produttori di alimenti per l’uomo la registrazione di scarico deve assolvere anche gli obblighi di registrazione previsti dall’art. 15 del D.L.vo 336/99.
4.Consentite le scorte di medicinali ad uso umano. Le strutture veterinarie, limitatamente all’impiego su animali non produttori di alimenti per l’uomo ed esclusivamente nei casi di uso improprio consentito, possono detenere scorte di medicinali ad uso umano, assolvendo agli stessi obblighi di registrazione previsti per i medicinali veterinari (conservazione della documentazione d’acquisto). I medicinali ad uso umano possono essere somministrati agli animali unicamente dal medico veterinario che li ha in cura, e non possono essere in alcun modo ceduti ai proprietari degli animali stessi.
5.Le strutture veterinarie sono autorizzate all’acquisto ed impiego di medicinali ad uso umano cedibili solo ad ospedali e case di cura.
È autorizzata la vendita alle strutture veterinarie (tutte, dallo studio-ambulatorio veterinario all’ospedale veterinario), per l’esclusivo impiego nell’attività clinica all’interno della struttura medesima, dei medicinali ad uso umano cedibili solo ad ospedali e case di cura, esclusi gli antibatterici, purché non esistano anche in confezioni cedibili al pubblico, e di medicinali prescrivibili solo da uno specialista ai sensi dell’art. 8 del DL 539/92, ricorrendo le condizioni previste dall’art. 3, comma 5, del DL 119/92 (uso improprio consentito). Il direttore sanitario della struttura veterinaria assolve agli obblighi di registrazione conservando la documentazione d’acquisto come per gli altri medicinali, in caso di somministrazione ad animali non produttori di alimenti per l’uomo, e registrandone l’impiego in caso di somministrazione ad animali produttori di alimenti per l’uomo.
6.Acquisto di medicinali ad uso umano anche da grossisti e aziende,oltre che dalle farmacie. L’approvvigionamento di medicinali ad uso umano viene effettuato attraverso i canali autorizzati di distribu-
In spedizione dal 1 luglio 2001!
I Soci SCIVAC in regola con la quota associativa 2000 riceveranno il Prontuario gratuitamente come previsto dal pacchetto di iscrizione dello scorso anno. La pubblicazione verrà spedita dal 1 luglio. Ai tempi di ordinaria revisione dei diversi capitoli, si sono aggiunti quelli di attesa del nuovo regolamento della distribuzione del farmaco veterinario che, finalmente approvato, ha comportato l’adeguamento della Sezione II° del Prontuario (Norme di legge sulla prescrizione, detenzione e somministrazione dei farmaci). Ai soci va quindi una pubblicazione di grande utilità che oltre a rappresentare un indispensabile ausilio nella pratica professionale fornisce il più completo e aggiornato quadro normativo. Per ulteriori informazioni: 0372/40.35.07
zione del farmaco umano e, limitatamente a quelli prescrivibili solo da uno specialista, solo attraverso le farmacie aperte al pubblico, dietro presentazione di ricetta medico veterinaria non ripetibile in triplice copia per approvvigionamento di scorte, di cui una copia deve essere inviata al Servizio veterinario della ASL a cura del responsabile alla vendita. In questo modo, mediante il ricorso ai grossisti di farmaci ad uso umano od alle stesse aziende farmaceutiche, viene garantito anche l’approvvigionamento di medicinali ad uso ospedaliero di cui le farmacie, essendone generalmente sprovviste, non sono in grado di garantirne l’approvvigionamento.
7.Scorte di medicinali consentite anche per i veterinari che operano esclusivamente a domicilio.
È previsto che il medico veterinario, che svolge la propria attività professionale indipendentemente dall’esistenza di una struttura veterinaria, possa munirsi di scorte di medicinali veterinari previa autorizzazione da richiedere al servizio veterinario dell’ASL dove sono ubicati i locali destinati alla detenzione della scorta; nella richiesta di autorizzazione deve essere indicata l’ubicazione dei citati locali ed il nominativo del medico veterinario responsabile della scorta. Gli adempimenti relativi al carico e scarico sono gli stessi delle scorte delle strutture veterinarie. I locali destinati alla detenzione di queste scorte devono essere resi accessibili su richiesta delle autorità di controllo.
8.Dispensazione del farmaco per iniziare la terapia.
È consentito al medico veterinario, nell’ambito della propria attività e qualora l’intervento professionale lo richieda, di consegnare al proprietario degli animali le confezioni di medicinali veterinari della propria scorta e da lui già utilizzate, allo scopo di iniziare la terapia, in attesa che detto soggetto si procuri, dietro presentazione della ricetta redatta dal medico veterinario secondo le tipologie previste, altre confezioni prescritte per il proseguimento della terapia medesima; restano fermi gli obblighi di registrazione per i trattamenti effettuati su animali produttori di alimenti per l’uomo, di cui all’art. 15 del DL 336/99.
La dispensazione al proprietario dell’animale delle confezioni di medicinali veterinari aperte per iniziare la terapia non costituisce un nuovo canale distributivo del medicinale veterinario in quanto la dispensazione è strettamente limitata al proprietario degli animali in cura ed alle confezioni appositamente iniziate per quegli animali e rappresenta un servizio accessorio della prestazione sanitaria fornita.
9.Durata della ricetta veterinaria non ripetibile in triplice copia.
La ricetta veterinaria non ripetibile in triplice copia ha validità massima di 7 giorni lavorativi dalla data di emissione. La durata di 7 giorni consente il tempo necessario per il proprietario degli animali di reperire i medicinali prescritti e, nello stesso tempo, garantisce il veterinario prescrit-
tore che la terapia venga effettuata entro un tempo ragionevole dalla diagnosi.
10.Obbligo del consenso del veterinario per il farmacista che debba sostituire una prescrizione veterinaria.
Nell’ipotesi in cui il medicinale veterinario prescritto non sia immediatamente disponibile per la consegna ed a fronte dell’urgenza dell’inizio della terapia, il farmacista responsabile della vendita diretta può consegnare un medicinale veterinario diverso per denominazione purché corrispondente a quello prescritto nella ricetta per composizione qualiquantitativa del principio attivo e degli eccipienti e per la specie di destinazione, previo assenso del veterinario che ha rilasciato la prescrizione ai fini dell’assolvimento degli obblighi di registrazione previsti dal decreto legislativo 4 agosto 1999, n 336; l’assenso deve essere regolarizzato nei cinque giorni lavorativi successivi mediante apposita comunicazione del medico veterinario, sottoscritta dallo stesso, da consegnare al farmacista. Questo garantisce al medico veterinario che la terapia effettuata dal proprietario dell’animale corrisponda effettivamente a quella prescritta.
11.Condivisione tra più veterinari della responsabilità della tenuta delle scorte negli allevamenti zootecnici.
Nel caso di impianti di allevamento o custodia di animali, autorizzati alla detenzione di scorte di medicinali veterinari, uno o più medici veterinari sono responsabili della custodia e dell’utilizzazione delle stesse e della tenuta di un apposito registro di carico e scarico per i farmaci di cui all’articolo 32, comma 3, del decreto legislativo n. 119 del 1992; i nominativi dei medici veterinari responsabili delle scorte devono essere indicati nella domanda di autorizzazione alla quale deve essere allegata dichiarazione scritta di accettazione da parte degli stessi con l’indicazione delle ulteriori strutture presso le quali risultano eventualmente responsabili della tenuta di scorte. La condivisione da parte di più medici veterinari della responsabilità delle scorte di medicinali veterinari presso gli impianti di allevamento e custodia di animali permette una gestione continuativa delle scorte, non garantita invece nel caso di un solo veterinario come responsabile, oltre a permettere una gestione collegiale delle scorte da parte delle diverse figure veterinarie presenti negli allevamenti moderni.
12.Gestione delle rimanenze di medicinali negli allevamenti zootecnici sotto il controllo del veterinario.
Eventuali rimanenze di medicinali veterinari al termine delle prescritte terapie effettuate mediante flaconi multidose o confezioni multiple ovvero di rimanenze dovute all’interruzione della terapia prescritta o sopraggiunta modifica della stessa non costituiscono scorte ai sensi dell’articolo 34 comma 1 del decreto legislativo n. 119 del 1992. Tali rimanenze devono essere conservate conformemente alle modalità di conservazione indicate in etichetta
del medicinale veterinario; in caso di scadenza, si applicano le modalità relative allo smaltimento dei rifiuti speciali. L’utilizzo delle rimanenze di cui al comma 1 può avvenire solo dietro specifica indicazione di un medico veterinario e nel rispetto degli obblighi di registrazione di cui al decreto legislativo n. 336 del 1999. La somministrazione agli animali dei medicinali veterinari costituenti le scorte deve avvenire nel rispetto degli obblighi di registrazione previsti dall’articolo 15 del decreto legislativo 4 agosto 1999 n. 336. Questa norma disciplina l’utilizzo delle rimanenze da precedenti terapie, oggetto di frequenti contestazioni da parte delle autorità di controllo, tutelando l’allevatore e nello stesso tempo il rispetto delle norme sanitarie.
13.Rilascio di fattura di vendita da parte dei titolari dell’autorizzazione alla vendita diretta per gli utilizzatori professionali di medicinali veterinari Il titolare dell’autorizzazione alla vendita diretta di medicinali veterinari (grossisti) è tenuto a fornire medicinali veterinari con rilascio di fattura di vendita ai soggetti di cui agli articoli 34 e 35 (impianti di allevamento, di custodia o di cura degli animali). La tracciabilità fiscale delle fatture di vendita dei medicinali veterinari consente una farmacosorveglianza più efficiente da parte delle autorità di controllo.
14.Disponibilità di medicinali veterinari da parte di grossisti autorizzati alla vendita diretta di medicinali veterinari
I grossisti autorizzati alla vendita diretta di medicinali veterinari devono detenere almeno il 70% delle specialità medicinali veterinarie in commercio, in relazione alla specifica realtà zootecnica locale. La norma garantisce l’efficienza dei grossisti autorizzati alla vendita diretta di medicinali veterinari, per gli utilizzatori professionali, nel poter fornire immediatamente i medicinali richiesti o prescritti. Le diverse realtà zootecniche locali, per la presenza di insediamenti d’allevamenti di diverse specie animali, indirizzano la domanda di medicinali cui deve corrispondere un’adeguata disponibilità da parte dei grossisti.
15.Distribuzione dei campioni gratuiti di medicinali veterinari I campioni gratuiti di medicinali veterinari devono essere consegnati dal titolare all’A.I.C. (autorizzazione all’immissione in commercio), o suo avente causa, esclusivamente ad un medico veterinario iscritto all’Albo professionale, previa compilazione di opportuna documentazione di scarico che attesti l’avvenuta consegna. Copia di tale documentazione, rilasciata al medico veterinario, costituisce il suo documento di carico. I campioni gratuiti devono essere contrassegnati da apposita stampigliatura indelebile recante la dicitura “Campione gratuito – vietata la vendita”. Con decreto del Ministro della Sanità possono essere definite le condizioni relative alla consegna ed utilizzazione dei campioni gratuiti anche in riferimento all’attività d’informazione medico-scientifica, e di pubblicità al pubblico nel settore medico-veterinario. ■
PROFESSIONE VETERINARIA 6/2001 4
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DALLA PRIMA PAGINA
di Fabrizio Pancini
Un aspetto della professione medica che rischia di creare un ulteriore punto di attrito tra colleghi
Visite a domicilio: tra etica e abuso
Tra le soluzioni in vista, la costituzione di un codice di “buone pratiche veterinarie” e l’introduzione della deontologia tra le materie universitarie
Attualmente,tra i temi più dibattuti dai medici veterinari c’è quello dell’abuso da parte di certi colleghi della visita domiciliare. È indispensabile precisare che in questa sede di dibattito non si vuole certo mettere in discussione la liceità di effettuare visite domiciliari, peraltro consentite dallo stesso codice deontologico, ma semmai porre l’accento su taluni comportamenti poco etici che, oltre a non garantire una prestazione accurata e completa, lasciano a desiderare anche dal punto di vista dell’immagine di una intera categoria. Come in altri argomenti trattati su queste stesse pagine della nostra rivista, gli aspetti etico e deontologico continuano drammaticamente ad emergere, mettendo a nudo l’insufficiente preparazione di molti colleghi su queste tematiche e la loro scarsa propensione a mettere in atto comportamenti più consoni al ruolo che noi veterinari rivestiamo a livello sociale.
La conoscenza di un codice operativo e soprattutto la consapevolezza di sapersi “muovere” secondo scienza e coscienza sono, per il medico veterinario, elementi fondamentali di un patrimonio professionale ed umano che, se da un lato si può acquisire con l’introduzione di una adeguata formazione professionale che tenga conto anche di aspetti puramente etici e deontologici, dall’altro lato dovrebbe essere insita in ognuno sotto forma di sensibilità personale.
Ben venga comunque un “codice di buone pratiche veterinarie”, così come l’insegnamento della deontologia professionale a partire già dal periodo universitario e, soprattutto, l’applicazione di sanzioni certe da parte degli organi preposti (Ordini professionali in testa), senza nessun favoritismo per veterinari liberi professionisti o dipendenti pubblici o privati, ma anche senza censure o bavagli di sorta all’esercizio di una professione che evidentemente sta cambiando più in fretta di quanto ci si poteva attendere.
A fronte delle considerazioni appena espresse i quesiti che ci siamo posti sono sostanzialmente tre:
1) Vista la mancanza di regole precise in proposito,ritieni che l’assistenza domiciliare effettuata ormai da un numero sempre maggiore di veterinari sia una pratica da censurare da parte di coloro che,pur non disponendo di una idonea struttura per effettuare interventi di clinica chirurgica,effettuano comunque la prestazione anche in condizioni precarie che richiederebbero attrezzature e locali più adeguati e
rispondenti a un codice operativo (buone pratiche veterinarie) più confacente alla situazione ed al decoro professionale?
2) A tuo avviso la deontologia professionale,spesso fin troppo invocata,vilipesa e disattesa, non potrebbe essere,ad esempio,insegnata gradualmente a cominciare dall’università,e quindi ribadita (sia pure in modo più pratico che teorico) con richiami periodici a scadenza fissa a livello di ordini professionali o di associazioni culturali?
3) Anche se formalmente non è proibito effettuare interventi chirurgici domiciliari,è indubbio che certi comportamenti (qualcuno li definisce abusi) scaturiscano soprattutto dalla difficoltà di certi colleghi a “sbarcare il lunario”.Oltre ad introdurre a livello universitario o di Ordini veterinari un “codice d’onore”,cosa ritieni sia necessario fare a livello individuale ed istituzionale per debellare questa pratica ormai così diffusa?
Come sempre il numero dei colleghi che hanno voluto dare il loro contributo di idee è stato all’altezza delle aspettative così come la qualità delle loro risposte. La nostra parte, ancora una volta, è stata quella di approfondire gli aspetti più impellenti della categoria nel tentativo di risolvere i problemi che l’assillano. Come sempre, sarà il tempo e i comportamenti di ognuno di noi a fare il resto.
Laura Torriani, Vice Presidente Ordine di Milano
1) Bisogna avere ben chiaro dove si vuole arrivare come categoria. Purtroppo la classe dei veterinari, a differenza di altri professionisti, raramente collabora nel perseguire il bene comune.
L’intervento chirurgico a domicilio, se non giustificato da motivi di urgenza ed emergenza, è ovviamente una prestazione poco professionale, scorretta sia nei confronti del proprietario, che probabilmente in queste circostanze non è mai informato delle alternative più sicure, sia nei confronti dell’animale al
quale non è garantito un livello accettabile di assistenza.
Certo, se questi colleghi viaggiassero con apparecchi di anestesia portatili, pacchi di ferri sterilizzati, assistenti esperti, armamentario farmacologico appropriato ecc. l’intervento chirurgico a domicilio potrebbe anche non differire molto dalla prestazione all’interno della struttura veterinaria, ma non è chiaramente di questa situazione che discutiamo adesso.
Può anche essere
no regolarmente pubblicati esempi di situazioni “problematiche” dal punto di vista deontologico o procedurale con le relative opzioni e considerazioni.
nativa, ma di nuovo non è questo il problema di cui parliamo.
2) Ovviamente dovrebbe, ma sappiamo che non sempre ciò avviene. L’Università, anche se continua a rimescolare gli ingredienti dei piani di studio, insiste poi a sfornare sempre la stessa “minestra”.
Viene aumentato il numero delle nozioni fornite, ma non viene incrementa la capacità di elaborarle e, tra le varie materie didattiche, spesso nemmeno compare l’argomento: correttezza dei rapporti con l’utenza e soprattutto con i colleghi, che non ha meno valore delle conoscenze scientifiche.
Gli Ordini, in assenza di norme specifiche, possono agire solo in rari casi.
Potrebbe essere un’idea inserire nei vari corsi, congressi e pubblicazioni l’angolino del problema deontologico. Per esempio su alcune riviste professionali straniere so-
3) Non ho l’impressione che i colleghi che si comportano così abbiano particolari difficoltà economiche, anzi, probabilmente guadagnano molto di più di altri dato che abbattono notevolmente i costi e forse (??!!) evadono anche le tasse. È ovvio che, prima o poi, se effettivamente vogliamo salire un gradino nella scala del riconoscimento professionale, dovremo imporci delle regole obbligatorieda rispettare che saranno il nostro biglietto da visita. Deve anche essere fatto molto a livello di pubblica opinione, dato che tuttora, nell’immaginario collettivo, il veterinario è quello che salva, col solo sudore della fronte, la povera bestiola in difficoltà, credenza dalla quale derivano una serie di problemi dal punto di vista del riconoscimento economico (ma non solo) di quanto facciamo. Spesso i proprietari accettano una proposta “indecente” perché non hanno la più pallida idea di quale sia, in campo veterinario, il livello possibile delle prestazioni professionali: credono che, dato che si tratta di animali, si faccia così e basta. E questo a molti fa decisamente comodo.
Fabio Torre, Past President SIVE
1) Credo che sia improprio parlare di assistenza domiciliare, in quanto si tratta di comuni prestazioni eseguite a domicilio. Anche se non è facile tracciare una linea di demarcazione, ritengo che il buon senso aiuti ciascuno a capire che vi sono prestazioni a domicilio pienamente giustificate (emergenze, primi interventi diagnostici, “first aid”, controlli ciclici di routine, ad esempio nel follow up chirurgico) ed altre che sono incompatibili con un livello di professionalità accettabile. In particolare si parla di interventi chirurgici, per i quali oggi esiste una pletora di strutture in grado di fornire
standard elevati sia nell’equipaggiamento che nel servizio. Capita che i proprietari, alla ricerca di prestazioni più sofisticate o per rimediare a complicazioni di lavori eseguiti in campo, d’improvviso “scoprano” strutture efficienti ed attrezzate e capiscano che la chirurgia veterinaria non si pratica solo sui tavoli di cucina o sui prati e giungano alla conclusione che la loro buona fede è stata carpita. Non è agevole regolamentare la professione, ma sarebbe utile stabilire un minimo di requisiti necessari per eseguire la chirurgia (sala chirurgica, anestesia generale, personale, eccetera), così come sarebbe ora di fare una taratura delle strutture veterinarie (attrezzature, personale, disponibilità, servizi, titoli del personale medico) e renderla nota al pubblico.
2) Quello che conta di più è il buon esempio. Quindi un aiuto può venire dalle associazioni professionali. Gli ordini servono a poco e sono del tutto avulsi dalla quotidianità. Sulle università infine non farei conto: sono piene di cattivi maestri.
3) Ritorno ai concetti espressi nella prima risposta: il buon esempio è istruttivo per il cliente ed il professionista. È vero che certi abusi nascono dalla carenza di lavoro, ma in realtà a comportarsi male sono più spesso le figure meno bisognose: professionisti di successo timorosi di perdere qualche battuta, dipendenti pubblici – specie universitari – a cui non basta evidentemente un posto sicuro e ben retribuito. Eviterei quindi di rivolgermi sia agli ordini che alle università per cercare le possibili soluzioni. Il neolaureato che “sbarca il lunario” è una figura caratterizzata da grande ingenuità e che comunque vive una fase transitoria dalla quale in qualche maniera prima o poi uscirà. Le difficoltà sono determinate dall’elevatissimo numero di laureati e di facoltà di veterinaria e dalla conseguente parcellizzazione della professione. Bisogna agire a monte di questa giungla, non cercare di normalizzarla.
Massimo Baroni, Vice Presidente SCIVAC
1) Attualmente, penso che la professione veterinaria in Italia stia vivendo una fase dicotomica: da una parte veterinari operanti in ambulatori e cliniche di buon livello e capaci di fornire una prestazione professionale generica o specialistica idonea e sempre più rispondente alle esigenze degli utenti, sia da un punto di vista scientifico che organizzativo. Dall’altra, abbiamo professionisti ancora operanti in situazioni di degrado, e qui non farei nessuna distinzione tra chi opera in ambulatori fatiscenti e chi svolge la
PROFESSIONE VETERINARIA 6/2001 5 L’INCHIESTA FATTI E NOTIZIE SOTTO LA LENTE D’INGRANDIMENTO ?!
In attesa di un codice delle buone pratiche veterinarie
I l medico veterinario può svolgere attività professionale presso il domicilio del cliente,purché (così come si ricorda nell’articolo 17 del nostro Codice Deontologico), “… possa assicurare un servizio efficiente e completo.” In ragione di ciò, si può affermare che, spetta al medico veterinario ogni valutazione in merito agli interventi che egli dovrà mettere in atto. Infatti, egli dovrà verificare la rispondenza dell’ambiente nel quale operare e, nel contempo, tener conto delle proprie capacità, competenze ed attrezzature disponibili, al fine di richiedere, qualora venisse a mancare uno dei predetti requisiti, la “collaborazione di altro collega qualificato ed attrezzato”, così come si evince dalla lettura dell’articolo 22 del Codice Deontologico.
L’esigenza di un codice di “buone pratiche veterinarie” è stata avvertita dalla FNOVI, tanto che si è provveduto a costituire una Commissione ad hoc, con il compito di elaborare un “testo” di riferimento.
La “deontologia professionale”, dopo la riforma ordinistica che si preannuncia imminente, certamente occuperà più spazio nella vita del professionista, a partire già dal periodo universitario. Essa coinvolgerà nel “percorso professionale”, tutte quelle istituzioni che, comunque, sono interessate.
Il codice di “buone pratiche veterinarie”, servirà a fissare criteri e limiti operativi per le varie prestazioni, rimettendo ogni “abuso” alla competenza dell’Ordine interessato.
Dr.Domenico D’Addario Presidente FNOVI
propria attività prevalentemente a domicilio. Entrambe sono situazioni che si scontrano pesantemente con la Veterinaria attuale e con le aspettative dei nostri clienti. Il dibattito sull’attività svolta a domicilio è, secondo me, un po’ gonfiato, secondo le cattive regole del giornalismo attuale, capace di far balzare agli onori della cronaca situazioni da sempre sotto gli occhi di tutti e certamente non degne di tanta scandalizzata sorpresa. Sappiamo tutti da tempo che una
vasta frangia di professionisti veterinari opera al di sotto delle normali regole deontologiche e, soprattutto, esercita la professione senza il supporto di idonee conoscenze scientifiche, indipendentemente dal fatto di fornire assistenza domiciliare o di effettuare visite in sottoscala chiamati ambulatori. La situazione va quindi esaminata e combattuta a trecentosessanta gradi.
2) La deontologia professionale potrebbe trovare sicuramente riscon-
tro in un breve corso universitario inserito nei programmi di studio. Tuttavia penso che una profonda “presa di coscienza” da parte degli studenti in Medicina Veterinaria e futuri colleghi possa derivare solamente da un insegnamento universitario globalmente di alta qualità, capace di far penetrare nell’anima dello studente quei fondamenti di buone pratiche mediche e chirurgiche che dovrebbero accompagnare ogni medico. In termini più pratici, se in tutte le sale operatorie universitarie venissero rispettate le più strette misure di asepsi, certamente questo elemento diventerebbe da subito patrimonio dello studente che non si sognerebbe mai di operare in condizioni più disagiate, tanto meno su un tavolo di cucina.
3) Non penso che si possa giustificare la “Malpractice”, qualunque essa sia, con la necessità di sbarcare il lunario. Impegnandosi nello studio e migliorando le proprie conoscenze scientifiche si possono ancora oggi trovare ampi spazi di lavoro nella nostra professione. Tutti i colleghi che conosco non in possesso di lavoro, non si impegnano molto per poter dare un servizio scientifico adeguato. Viceversa, coloro i quali posseggono un buon livello di conoscenze, hanno ampie possibilità di esercitare la professione in vari ambiti ed, anzi, sono molto ricercati. Non mi piace affatto il termine “Codice d’onore”: suona decisamente mafioso e corporativistico. Occorre solo elaborare, tra persone di “buona volontà”, delle regole precise di “buona pratica veterinaria” che possano avere valenza legale. In seconda battuta agli
Ordini Professionali dovrebbero essere finalmente forniti gli strumenti adeguati e legalmente riconosciuti per poter far rispettare queste regole, in maniera giusta e rigida. Basterebbe poco, occorrerebbe solo scrollarsi di dosso le pastoie burocratiche così care a noi italiani.
Pier Paolo Bertaglia, Presidente SOVEP
1) A mio parere, è possibile riscontrare una crescente domanda da parte di una componente della nostra utenza che, per svariati motivi anche e soprattutto di carattere economico, preferisce affidare le prestazioni veterinarie a colleghi che eseguono le medesime a domicilio.
Purtroppo, una parte della clientela, non essendo in grado peraltro di valutare la qualità della prestazione ricevuta, è tuttora convinta che l’ausilio di attrezzature, strumenti e quant’altro possa migliorare la qualità delle prestazioni, sia perlopiù sinonimo di aumento delle tariffe.
La mia esperienza di professionista, operante in provincia con molti clienti possessori di animali liberi in spazi aperti, fa sì che spesso mi venga richiesta la prestazione domiciliare, anche nei confronti di situazioni decisamente complesse, che ovviamente richiedono il supporto della struttura ambulatoriale. Questo stato di cose, tangibile e quotidiano, giustifica a mio avviso la notevole richiesta del mercato per questa tipologia di prestazioni. Sono peraltro consapevole che la flessibilità da parte del personale delle strutture dovrebbe e potrebbe consentire un servizio domiciliare per prendere contatto con la problematica sanitaria e poter di conseguenza attivare un servizio di presa in consegna del soggetto per l’eventuale inoltro presso la struttura di referenza. Al momento le cose non stanno però così ed è di tutti i giorni veder giungere presso il nostro ambulatorio clienti che di fatto non hanno avuto alcuna visita degna di tale nome nei confronti del paziente, benché presso di loro si sia recato un collega non proveniente da alcuna struttura.
2) Certamente sì. L’università ha, nei confronti della deontologia, un compito educativo e formativo fondamentale, visto il nuovo assetto che le facoltà veterinarie italiane si sono date a riguardo dell’attività professionale di referenza. In questo delicatissimo momento professionale si possono esternare e trasmettere ai discenti le corrette metodiche di approccio al confronto con gli altri professionisti. Le norme deontologiche dovrebbero essere materia di studio e gli ordini professionali dovrebbero poter avere spazio all’interno delle facoltà stesse per indirizzare i futuri professionisti al modo più corretto di vivere la professione nel suo senso più ampio. Probabilmente, anche la riforma degli ordini professionali consentirà loro di riproporre ai propri iscritti la conoscenza del codice deontologi-
co, cosa che attualmente avviene perlopiù negli atti sanzionatori.
3) Lo stato di disagio economico della categoria ha raggiunto probabilmente il suo punto più elevato. La furbizia tipicamente italica di parte dei colleghi, peraltro consci della scorrettezza nell’eseguire questo genere di prestazioni, è un fatto assodato. Le misure per contrastare questo stato di cose possono far capo all’attività deontologica degli ordini professionali ma passano anche attraverso una più estesa informazione delle cosiddette buone pratiche veterinarie all’utenza che, al momento, si divide tra la richiesta di prestazioni sempre più specialistiche e la ricerca della massima economicità e semplicità di esecuzione delle visite per i propri animali.
Andrea Dorcaratto, Presidente Circolo Veterinario Milanese
Non mi stupisco che una cosa buona e auspicabile, ma sicuramente limitata, come l’assistenza veterinaria domiciliare possa essere degenerata a poco ortodosse “pratiche chirurgiche veterinarie domiciliari”. Vent’anni fa, a inizio di carriera, c’eranoveterinari, perlopiùin campagna o nell’hinterland delle grandi città, che sterilizzavano cani e gatti su tavoli da cucina attrezzati alla meglio. Noi giovani, al solo pensiero, inorridivamo dal chiuso delle nostre prime attrezzate sale chirurgiche e ci ponevamo la più ingenua delle domande: davvero la “fame” poteva ridurci a tanto?
A distanza di tanti anni e con lo sguardo disincantato di chi ha vissuto un periodo professionale in continua evoluzione e spesso degenerazione, la prima considerazione che mi sento di fare è che, se i veterinari che effettuano queste pratiche chirurgiche “fatte in casa” sono giovani neolaureati, la responsabilità morale di tutto questo è da attribuire in buona parte alla nostra generazione.
Sono convinto infatti che sia colpa nostra se la categoria sta andando allo sbando: a cominciare dal fatto che non siamo intervenuti con sufficiente autorevolezza dalle Universitàe dai ministeri competenti quando, nei nostri atenei, si iscrivevano centinaia di persone all’anno o quando veniva aumentato il numero delle facoltà di veterinaria costituendo cosi un grande parcheggio di disoccupazione intellettuale. È colpa nostra se abbiamo sempre ritenuto la parola “deontologia professionale” una scatola vuota priva di ogni significato e tanto duttile da permetterci comportamenti di qualsiasi tipo che poi noi stessi regolarmente giustificavamo o tolleravamo. È colpa nostra che non abbiamo chiesto ed ottenuto che l’educazione non fosse solo scientifica, ma anche un modo per crescere attraverso la consapevolezza chele “Golden rules”, prima di insegnarle agli altri, le
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dovevamo rispettare noi stessi. Dopo questa provocazione vorrei chiudere il mio intervento con un appello: non distruggiamo, con atteggiamenti indecorosi finalizzati solo a guadagnare qualche “liretta” in più, quella che, a mio avviso, è ancora oggi una delle poche professioni belle e pulite. Come dico sempre ai miei giovani collaboratori: se avessi voluto arricchirmi non avrei fatto il Veterinario e, entrando per la prima volta in Università, a distanza di 25 anni da allora, non mi sono certo pentito della scelta di dedicare la mia vita a questa professione.
Alessandro Bonioli, Coordinatore GdS SCIVAC di Anestesia, Rianimazione e Medicina d’Urgenza
1) La risposta, per ogni persona dotata di buon senso e soprattutto di una buona concezione della professionalità della categoria, mi sembra ovvia, cioè la più severa censura nei confronti di coloro che svolgono attività in situazioni precarie e/o soprattutto interventi complessi domiciliari. Sicuramente la mancanza di un cosiddetto codice operativo lascia molte situazioni al più completo arbitrio interpretativo, ciò non toglie che in ognuno di noi dovrebbe essere più forte il desiderio di una maggior qualifica professionale nei confronti di un’utenza che troppo spesso ci considera ancora poco rispetto agli sforzi che facciamo per garantire un servizio sempre migliore. Senza contare che lavorare in condizioni ottimali ci permetterebbe di percepire degli emolumenti più consoni alla nostra figura e soprattutto di garantire delle migliori prestazioni ai nostri pazienti, cosa che in un periodo in cui si parla molto di benessere animale non è secondaria. Personalmente ritengo, e lo dico anche a costo di attirarmi le critiche dei colleghi, che nel momento in cui incominceremo a dover pagare di tasca nostra per la cattiva pratica, probabilmente la situazione migliorerà.
2) Io ricordo che all’Università nel corso di Medicina Legale era previsto l’insegnamento del Codice Deontologico, sicuramente un ripasso periodico non può che far bene, da qualunque fonte esso provenga. Purtroppo ritengo che il problema sia un altro. Nel nostro paese il rispetto delle regole molto spesso si ottiene non per uno spiccato senso civico, ma per la paura delle pene; nello specifico gli Ordini Professionali si trovano in grosse difficoltà nell’accertamento oggettivo delle infrazioni e tale difficoltà rende ovviamente impossibile l’applicazione delle sanzioni previste.
3) La difficoltà allo sbarcare il lunario è sicuramente legata all’esubero del numero di veterinari sparsi sul territorio nazionale, cosa che porta a “farsi concorrenza” non sul piano della scientifi-
cità ma su quello delle tariffe (vedi problemi degli Ordini nell’accertamento delle tariffe inferiori ai minimi previsti). A questo punto il discorso si fa decisamente ampio perché coinvolge direttamente la politica universitaria del nostro paese dove, per garantire il cosiddetto diritto allo studio di fatto non si garantisce il diritto al lavoro (parlo del nostro settore). Sicuramente un codice d’onore potrebbe servire almeno ad indi-
viduare le regole di comportamento, unitamente ad un maggior senso di appartenenza ad una categoria che sarebbe ora smettesse di piangersi sempre addosso. A livello istituzionale occorrerebbe garantire la possibilità di nuovi sbocchi per tutti i giovani colleghi che si affacciano sul mondo del lavoro e soprattutto evitare che centinaia se ne affaccino tutti gli anni provenienti dalle nostre 13 Facoltà.
Fabio Sangion, Collaboratore scientifico GdS SCIVAC Chirurgia
1) L’argomento è molto interessante e complesso. Se l’assistenza domiciliare è una necessità del proprietario, per una qualsiasi ragione impossibilitato a portare il paziente presso la struttura, questa, nei limiti di quella che può essere una visita domiciliare, è giustificata. Equivale
alla visita domiciliare del medico di base o di guardia medica e, come questa, può risolversi con l’inizio di una terapia medica o con una richiesta di approfondimento presso una struttura sanitaria. Altra cosa è la chirurgia, che credo non rientri nei limiti di una pratica domiciliare, e per varie ragioni. È “difficile” riproporre le condizioni idonee a una buona pratica chirurgica a domicilio e non tanto per il materiale chirurgico che serve per
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L’INCHIESTA
eseguire un intervento, ma semmai per la ovvia mancanza di attrezzature. Come possono, infatti, essere assolte con efficienza le fasi (a volte non previste e da affrontare in emergenza) pre, intra e post-operatorie? Ho anche “qualche” dubbio sui locali che vengono usati. E non mi riferisco, come forse qualcuno si aspetterebbe da me, all’asepsi che una sala chirurgica veterinaria deve garantire. Mi spiego: le strutture sanitarie, umane e veterinarie, sono luoghi ad alta densità di germi, spesso alcuni di questi anche antibiotico-resistenti. In questa situazione alcuni locali della struttura devono garantire una carica infettante la più bassa possibile, ci dovremo dar da fare per creare una situazione di “asepsi”. Studi su sale chirurgiche di pronto soccorso, hanno dimostrato una “normale” carica infettante calcolata in 700 PNC (particelle che danno nascita a colonie) per metro cubo e questo è quanto si ri-
chiede ad una normale sala chirurgica veterinaria. Ma 700 PNC sono, più o meno, quanto possiamo trovare in un’aia di campagna! È per questo che l’asepsi da ricercare è relativa all’inquinamento proprio delle strutture sanitarie e potrebbe non essere un problema in un ipotetico intervento a domicilio. Quello che è invece da tenere presente è che già ora è obbligatorio per legge (vedi norme CEI per gli impianti adibiti ad uso medico e veterinario) operare uomini o animali solo in locali sicuri, che ne siano abilitati perché rispondenti a tale scopo. E forse non tutte le lavanderie, sottoscala o cucine d’Italia hanno quest’abilitazione: che lo Stato abbia a cuore la salute dei nostri pazienti più che la nostra categoria?
2) Certo! Non vedo come non dovrebbe essere altrimenti: Università che insegna e dà il buon esempio e Ordini che mantengono fresca la
Premetto di non essere perfettamente a conoscenza del problema che riguarda il settore professionale degli animali da compagnia, dato che mi occupo di medicina veterinaria equina. Nel mio settore è ancora molto diffusa e prevalente la prestazione a domicilio per ovvi motivi legati all’animale che non è così facilmente trasportabile e, nonostante ciò, posso assicurare che in altri paesi è molto diffusa comunque l’abitudine di portare i cavalli dal veterinario anche per accertamenti diagnostici di routine in strutture che non possono essere definite cliniche ma semplici ambulatori. Tali impianti hanno però la possibilità di eseguire indagini diagnostiche di buona-ottima qualità per chiari motivi che, per brevità, non espongo. Questo tipo di organizzazione del lavoro e di atteggiamento del cliente, probabilmente nasce da una cultura della professione veterinaria sicuramente più evoluta che mira ad ottimizzare la qualità della prestazione. Questo significa che non credo che la professione per ciò che riguarda l’ippiatra debba essere necessariamente e solamente svolta presso delle vere e proprie cliniche, ma, sicuramente, sarebbe un passo ulteriore verso il miglioramento della prestazione professionale l’intenzione di ogni veterinario di organizzarsi da solo o meglio con altri colleghi con piccoli ambulatori dove sia possibile eseguire, in condizioni migliori che sul campo, determinate indagini diagnostiche ed eventualmente chirurgiche.
A maggior ragione tutto questo dovrebbe verificarsi per il mondo veterinario dei piccoli animali dove immaginavo che la visita a domicilio fosse stata limitata solo a condizioni particolari (urgenza, allevamenti per visite di più soggetti, ecc.) ma non immaginavo che fosse diffusa la pratica della prestazione chirurgica a domicilio, un tipo di servizio che mi riporta indietro nel tempo quando da neolaureato feci qualche castrazione di cani o gatti a domicilio come forse molti altri colleghi della mia generazione hanno fatto.
È ovvio che ai tempi d’oggi prestazioni chirurgiche a domicilio (di qualsiasi tipo per i piccoli animali e quelle più specialistiche per i cavalli) sono sicuramente anacronistiche e possono essere condannate per malpractice.
Certamente una migliore formazione professionale e non solo deontologica spetta dapprima all’università e poi agli ordini e le società culturali veterinarie che, tutte, dovrebbero avere un impegno preciso nell’insegnamento e nell’informazione del veterinario.
Ma vorrei sottolineare che un problema di questo tipo, cioè l’esecuzione di pratiche chirurgiche a domicilio di qualsiasi tipo per i piccoli animali e quelle più avanzate per gli equini, nasce probabilmente non per un difetto deontologico ma per un difetto culturale. Per tale motivo, devono essere quindi sollecitate al loro ruolo formativo le università e le società culturali.
Le strade da percorrere sono sostanzialmente due: la prima per importanza è la formazione professionale moderna del veterinario di cui ho già parlato al punto precedente; la seconda, è una saggia e realistica programmazione del numero chiuso che permetta la creazione di un numero di veterinari adeguato al mercato in maniera tale da non avere atteggiamenti di agguerrita concorrenza che probabilmente contribuiscono al manifestarsi di questo problema.
Dr.Fernando Canonici,Presidente
memoria delle “buone maniere”. Sarebbe un Paradiso! Nell’attesa qualche richiamo o sospensione in più da parte degli Ordini non guasterebbe, ci si è troppo abituati a passarla liscia sempre.
3) Siamo in troppi e saremo sempre di più, è naturale che, senza regole, chi si inserisce nel mondo del lavoro con pochi mezzi e poca preparazione si proponga in situazioni al limite e oltre la deontologia. Appena laureati possiamo, per legge, compiere anche il più difficile degli interventi con il minimo dell’attrezzatura e delle conoscenze: c’è qualcosa che non va. Ecco cosa vorrei che cambiasse il prima possibile: facoltà: più qualità, le personalità di valore non mancano, sono solo “diluite” in troppe sedi universitarie; tempo pieno: (ben retribuito) distribuito tra ricerca e insegnamento, con carriere per merito; mondo del lavoro: riforma dell’esame di stato e percorsi teoricopratici istituzionalizzati per poter accedere a determinate pratiche in cui si richiede una preparazione specifica.
Una delle cause che a mio modo di vedere sta alla base di questo fenomeno è il numero esorbitante di facoltà di Medicina Veterinaria esistenti in Italia ed il loro completo scollegamento con le esigenze quali-quantitative del mondo professionale.
Mi spiego meglio; il primo errore che il mondo accademico fa è la tipologia della selezione per l’accesso al corso di laurea, che è indirizzata sì a selezionare i migliori che vi partecipano, ma che inevitabilmente finisce con il selezionare persone con un certo tipo di indirizzo mentale già precostituito ed omogeneo, che poi viene rafforzato dal corso di studi, che esalta quindi, la figura del clinico a scapito di tutte quelle altre figure del mondo professionale che la nostra laurea può dare.
Quindi ogni anno abbiamo un numero di laureati in esubero e concentrati su una porzione della nostra attività professionale, la clinica dell’animale da compagnia, che è satura.
Questo squilibrio comporta inevitabilmente che per cercare di lavorare si scenda a compromessi che ovviamente non sono compatibili con una pratica veterinaria decorosa.
Come presidente dell’Ordine dei Medici Veterinari della provincia di Rovigo, mi sono impegnato, nella relazione morale esposta all’assemblea annuale degli iscritti, affinché i colleghi che si prestano a manualità di questo tipo vengano radiati.
Lo spirito che deve pervadere i futuri colleghi, fin dai primi giorni del corso di laurea e che devono assorbire e far entrare nel loro DNA è che loro non devono compiere un piano di studi per “avere” una laurea, ma per “essere” dei laureati.
La differenza è fondamentale, essere un dottore non significa aver superato tutti gli esami o esibire il proprio pezzo di carta come se fosse di per sé meritorio di rispetto e considerazione da parte del prossimo, ma significa acquisire una mentalità che fa sì che le proprie azioni, la propria attività professionale dia adito al rispetto del prossimo.
Questo non lo si crea con un corso, ma con una costante opera di incontestabile esempio professionale e deontologico da parte di tutti coloro che sono preposti alla formazione dei futuri colleghi.
1) Pensavo, anzi speravo, che la prestazione domiciliare fosse una pratica assai limitata, ma a quanto pare il problema è rilevante. Per gli interventi chirurgici non bisognerebbe neanche dilungarsi a trovare la minima giustificazione, anche se non è vietato da nessun codice o regolamento. Il parto cesareo in stalla, se ancora c’è, non ha alternative; mentre, se eseguito su una cagna in ambulatorio, risulta molto più igienico, comodo e, in caso si verificassero delle emergenze, decisamente più sicuro, rispetto ad un intervento eseguito sul tavolo di una cucina. Personalmente non effettuo neanche vaccinazioni a domicilio, se non per clienti particolari, in quanto anche durante una vaccinazione potrebbero sfuggire situazioni patologiche subcliniche, a causa delle possibili distrazioni determinate da parentame vario, offerte di caffè e pasticcini, o dallo stesso animale che bisogna rincorrere per tutta casa. Se poi ci aggiungiamo prezzi da fame, c’è di che vergognarsi!
SIVE
2) La deontologia dovrebbe essere, oltre che insegnata all’università (ho sentito ridere qualcuno), praticata da chi poi accoglie tirocinanti presso la propria struttura. A parziale consolazione va detto che la cattiva deontologia non è praticata solo dai veterinari o dai professionisti in generale, ma è un male più generale che coinvolge larghi strati della popolazione. Tale constatazione non vuole essere una giustificazione a certi comportamenti, ma semmai un’analisi di una situazione estremamente radicata nel tessuto sociale. Gli Ordini siamo noi e quindi, oltre che vigilare su noi stessi, dovremmo vigilare sul rispetto della profes-
Ritengo sia necessaria una duplice azione. Una, a breve termine, legata ad un atteggiamento di intransigenza da parte degli Ordini professionali nei confronti dei colleghi che praticano tali abusi. L’altra, a lungo periodo, determinata sia da una diversa selezione nell’accesso al corso di laurea e da un maggior collegamento fra mondo accademico e mondo professionale, sia da un apprendistato di due anni da effettuare presso strutture o aziende o istituti riconosciuti dal mondo professionale prima di accedere ad un selettivo Esame di Stato. Dr.Gildo
sione anche da parte degli altri, ma su basi comuni, perché non si può vedere, come spesso avviene, che un Ordine dica Roma ed un altro dica Lazio. Ciò contribuisce ad aumentare la confusione che in diverse materie già esiste.
3) Un codice d’onore sarebbe una seconda edizione del codice deontologico che, mi pare, non ha né in sé né altrove gli strumenti per essere rispettato, se non nellacoscienza del singolo.Quindi penso che si potrebbero introdurre nuovi concetti dettati dai “tempi moderni” quali il divieto di eseguire pratiche chirurgiche al di fuori di adeguate strutture, regolamentando di fatto la visita domiciliare.
I colleghi dovrebbero assumersi tutte le responsabilitàe naturalmente anche tutti i vantaggi economici (fateve pagà) che derivano dall’offrire un servizio al cliente, come quello di non fargli riempire la macchina di peli o di evitargli lunge soste in sala d’attesa. Così come stanno le cose adesso un collega che fa cinque visite domiciliari guadagna come un altro che ne fa quindici stando tutto il giorno in ambulatorio (anche a pulire i peli ed altro). Altro che sbarcare il lunario! Le responsabilità da assumersi sono quelle professionali e cioè di sbagliare diagnosi, non avendo effettuato tutte le procedure
Baroni,Presidente SCIVAC
che magari il caso avrebbe richiesto. Sarebbe auspicabile che gli Ordini, finalmente, avessero adeguati e rispettati poteri di controllo ben definiti, cioè non soggetti ad interpretazioni diverse, che fossero assoggettati a diversi gradi di controllo; anche se sono convinto che la nostra categoria non abbia bisogno di misure particolarmente repressive per migliorare questo aspetto.
Antonio Di Somma, Presidente Senior Consiglio Regionale SCIVAC Campania
1) All’inizio della mia professione (parliamo di quasi 23 anni fa) le visite domiciliari facevano parte di una prassi consolidata giacché abitudine del vecchio veterinario condotto. Non ricordo quanti cani e gatti ho addirittura operato a domicilio. Sicuramente troppi. Ma i tempi sono talmente cambiati che sembra ormai di parlare della preistoria della nostra professione. E come oggi nessuno di noi si sognerebbe di intervenire chirurgicamente senza uno straccio di monitoraggio, penso che nessun collega si ritenga in grado di affrontare un caso senza l’assistenza di esami strumentali. Con buona pace del buon veterinario di famiglia, chiamato a casa per-
Roberto Carluccio, Presidente Consiglio Regionale SCIVAC Molise
PROFESSIONE VETERINARIA 6/2001 8 L’INCHIESTA
ché il gatto è un assassino o perché il cane è intrattabile e cerca di risolvere i problemi lapalissiani rimandando a strutture specializzate tutto il resto. Se poi non dimentica di emettere ricevuta fiscale fa il suo dovere giacché non devono esistere nella nostra professione paradisi o inferni fiscali.
2) Parlare di aggiornamento professionale postlaurea è già difficile per tanti colleghi che operano in realtà nettamente diverse dalle grosse strutture veterinarie e dal nostro ambiente più sensibile all’innovazione. Che se ne parli all’Università sarebbe eccezionale, tanto che non credo possa avvenire. Forse sarebbe meglio cominciare a dedicare una finestra di discussione su questi argomenti nelle nostre giornate regionali SCIVAC, impedendo con la forza a chiunque di lasciare l’aula....
3) Si, è vero che molti colleghi hanno difficoltà ad arrivare alla fine del mese, ma agire secondo moderna professionalità è un vantaggio per tutti, specialmente per i più giovani. Anche perché la guerra dei prezzi nuoce di solito ai suoi autori ed il decoro e la dignità professionale hanno sempre pagato molto di più, in tutti i sensi.
Antonio Trabalza Marinucci, Presidente Senior Consiglio Regionale SCIVAC Lazio
1) Considero la “visita a domicilio” una presa in giro; la “chirurgia a domicilio” un atto temerario e scriteriato e condanno apertamente il “pronto soccorso a domicilio”. Quello delle emergenze è un campo dove solo un tempestivo lavoro di gruppo, supportato da mezzi tecnici idonei, fa la differenza. Potrei forse capire l’eutanasia a domicilio, là dove il nucleo familiare già provato per la decisione estrema riguardo il suo “pet” volesse evitargli stress da trasporto e regalargli una “morte dolce” nel suo ambiente familiare. Non voglio sottovalutare comunque situazioni reali di impossibilità a trasportare il proprio animale in strutture sanitarie, vedi situazioni di disabili ed anziani, ma questo problema andrebbe risolto, se ci fosse la necessaria sensibilità, da parte delle strutture veterinarie, creando un servizio di prelievo e consegna a domicilio dei propri assistiti.
2) La Deontologia Professionale è un sentimento e non una norma; c’è chi lo possiede e chi no. Proprio per salvaguardare i colleghi che lo posseggono da quelli che invece lo ignorano, auspico interventi durissimi da parte degli Ordini per chi infrange questo “codice d’onore” al fine di insegnare la buona educazione a chi non la conosca. Comunque, visto che è sempre meglio prevenire che curare, insegnare il “galateo” del medico veterinario già a partire dai banchi dell’Università e rinfrescando di tanto in tanto il concetto, mi pare un’ottima idea.
3) Quando c’è di mezzo la sopravvivenza parlare di Codice d’onore
fa ridere. Pensiamo piuttosto a garantire un effettivo inserimento nel mondo del lavoro ai tanti giovani che si laureano. La polemica è obsoleta ed arcinota: il numero chiuso in Italia non funziona. A livello istituzionale sarebbe bello farlo funzionare; a livello individuale auspico che almeno i colleghi più “maturi” sappiano creare una sensibilizzazione nei giovani colleghi a collaborare anche come “braccio esterno” di strutture avviate, garantendo loro
una reale possibilità di guadagno e, al contempo, una possibilità di crescita professionale, al fine di evitare di “bruciarsi” in modo selvaggio per un tozzo di pane.
Massimo Raviola, Libero professionista Moncalieri, To
1) La formulazione di norme precise a riguardo sarebbe di sicuro un primo passo importantissimo da
compiersi da parte della categoria, ma ritengo fuorviante, a questo proposito, parlare di censura. Comunque, se non erro, non esistono purtroppo divieti che gravino su tale operato; sicuramente sarebbe auspicabile che finalmente i veterinari italiani cominciassero veramente a “prendere coscienza” del fatto che sono Professionisti e che la loro azione rientra a tutti gli effetti nella salvaguardia della salute pubblica, dal momento che l’animale da com-
pagnia è definitivamente entrato a pieno titolo a far parte della vita degli italiani. Dovrebbero dunque sempre più preoccuparsi di garantire standard di qualità tecnica, che l’assistenza domiciliare così intesa non permette. Ribadisco che è ormai il tempo di articolare una precisa normativa inerente le nostre prestazioni, specificamente in caso di interventi professionali di una certa rilevanza quali la chirurgia. A mio parere non è neanche più accetta-
PROFESSIONE VETERINARIA 6/2001 9 L’INCHIESTA
Se il cane morde a domicilio…
In presenza di una lesione procurata da una morsicatura da cane, qualora l’animale non sia stato sottoposto a vaccinazione antirabbicae,al fine di controllare che lo stesso non sia affetto da malattie trasmissibili all’uomo, occorrerà sottoporlo a vigilanza per il tempo stabilito dalla legge e indicato dal veterinario dell’A.U.S.L. a cui andrà fatta la segnalazione del sinistro da parte del proprietario del cane e/o del danneggiato.
Il proprietario del cane se titolare di una polizza che lo assicuri in merito ai danni provocati dall’animale dovrà denunciare il sinistro alla compagnia di assicurazioni.
La compagnia di assicurazioni provvederà a risarcire il danno:
1)valutate le circostanze in cui i fatti si sono verificati
2)valutato se detti fatti integrano le fattispecie di danno oggetto di polizza
In assenza di assicurazione il danneggiato potrà, comunque, chiedere i danni direttamente al proprietario dell’animale secondo quanto stabilito dall’art. 2052 del c.c. laddove provi l’assenza del caso fortuito nella verificazione dei fatti. Restano ferme le considerazioni già svolte su questa rivista (Professione Veterinaria 7/2000 ndr) a proposito della responsabilità del proprietario in relazione alle reazioni degli animali sottoposti a cure medico veterinarie.
La quantificazione del danno andrà effettuata in base alla gravità della lesione subita dal soggetto danneggiato in base a quanto verrà accertato dal medico legale.
avv.Maria Teresa Semeraro
bile giustificare questi comportamenti facendo leva sul versante economico, sostenendo, per esempio, che così si vuole “andare incontro alle necessità dei meno abbienti…”. Dovrebbe invece prevalere l’ottica dell’educazione del cliente, che non solo è più vincente, perché interviene sul lungo periodo, ma che risulta più corretta dal punto di vista della tutela dell’animale. Non è più accettabile che con queste pratiche falso-buoniste si incoraggino quei proprietari che decidono di prendersi cura di un animale senza poterne garantire il mantenimento in senso lato.
2) Certamente c’è una sensibilità che va formata e fortemente sostenuta fin dai primi approcci alla pro-
fessione a cominciare dalle aule universitarie. La deontologia, poi, non dovrebbe essere un orpello o un optional, ma piuttosto un segmento integrato della professionalità stessa e, dunque, oggetto di studio vero e proprio. Dal momento che essa riguarda la prassi ed il modo di lavorare, dovrebbe essere trasversale a qualsiasi tipo di competenza, medica, chirurgica, comportamentale o quant’altro.
Detto questo, non si può però ignorare che le regole, per essere osservate, devono innanzi tutto essere attuali e attuabili, come ebbi già a suo tempo occasione di sostenere proprio su queste pagine. Onestamente alcune norme dei vari regolamenti a cui dobbiamo sottostare sono ormai ampiamente su-
perate (internet docet…), e nemmeno il regolamento deontologico sfugge certo a questo fatto. La soluzione, ovviamente, non può e non deve essere l’inosservanza delle regole (guai a noi!) ma piuttosto l’impegno degli organi preposti a lavorare nella direzione della revisione ed innovazione. Il lavoro da fare in questo senso è presumibilmente enorme, se si considera che oggi si lavora seguendo regole codificate quando quasi nemmeno esisteva il concetto di “animale da compagnia” modernamente inteso e che molti vincoli sono stati traslati dalla medicina umana. A tutto questo si aggiunge, ovviamente, la necessità di far sì che le deroghe e le infrazioni siano poi sanzionate e punite, ristabilendo la cosiddetta “certezza della pena”. Altrimenti non si vede l’utilità di stabilire confini e perimetri legali che normino la prassi…
3) Questa “pratica” prospera sicuramente anche perché l’attuale ordinamento della nostra professione lo permette, anche se credo che la semplice modifica di alcune regole o l’inserimento di altre ex novo serva a poco. La situazione rischia di sfuggirci dalle mani (come categoria): fantasticando un po’, ma nemmeno troppo, mi immagino schiere di veterinari europei o americani invadere il nostro Paese con strutture molto attrezzate e soprattutto efficienti che, in barba alle nostre meschine discussioni su “come accaparrarci più clienti facendogli spendere sempre meno”, ce li porteranno via con l’arma della qualità del servizio, che oggi noi non prendiamo assolutamente in considerazione perché troppo occupati a sbarcare il lunario facendoci la guerra.
Per intenderci, quello che dobbiamo fare è capire che è semplicemente anacronistico pensare di poter fare chirurgia, radiologia o diagnostica di un certo livello all’interno di un unico ambulatorio, figuriamoci a casa del cliente, e magari da soli. Nelle grandi città siamo ormai alla paradossale situazione di avere più apparecchi radiografici per animali che per umani! Tutto questo è ridicolo, anzi siamo ridicoli noi, e giustamente morti di fame perché “correttamente” ci facciamo pagare poco per prestazioni che oggettivamente valgono poco. Il nocciolo della questione è fornire un servizio il più possibile eccellente: il fare una lastra di tanto in tanto certo non lo garantisce. Come possiamo ancora raccontarci che le sappiamo fare e soprattutto leggere? Stesso discorso potrebbe essere fatto anche per la chirurgia, la dermatologia, la diagnostica, ecc. È ancora possibile sostenere che un solo professionista è in grado di offrire la migliore prestazione in ogni campo della medicina? I veterinari che operano a domicilio non devono neanche essere considerati un problema (in fondo c’è ancora gente che per i propri problemi si rivolge alle chiromanti, perché dunque stupirsi di chi si fida della chirurgia in cucina…). Piuttosto do-
vremmo, semmai fare in modo che certa gente non abbia animali, cominciando anche a pensare al nostro lavoro come ad un vero e proprio Servizio Sanitario, anche se privato. Varrebbe la pena farlo di comune accordo, perché prima o poi arriverà qualcuno da fuori ad imporlo, magari con altri parametri per noi scarsamente condivisibili. Per concludere, la soluzione starebbe nel trovare il coraggio di dirci che, nonostante tutti i bei congressi a cui partecipiamo, le società scientifiche a cui siamo più o meno iscritti, i vari forum ai quali interveniamo ecc. continuiamo ad essere medici di serie B, in soggezione profonda ed in perenne stato di inferiorità. Possiamo promuoverci unicamente fornendo al cliente un servizio di qualità: se io nel mio “ambulatorio” faccio chirurgia non posso che farla in modo poco professionale, perché la chirurgia si fa in ospedale! Così come la diagnostica si fa in laboratorio e non in sala visita, e la visita ambulatoriale si fa in ambulatorio e non in clinica o in ospedale, ecc. Certo (e qui entriamo nell’utopia) ci vuole accordo, ci vuole una linea comune in grado di programmare strategie di intervento, ma forse molti di noi non si sentono in grado di raggiungere e sostenere alcuna qualità (magari mettendo realmente in gioco la loro professionalità), ed allora mi pare auspicabile che si continui a fare le vaccinazioni a trentamila lire o la chirurgia in cucina. Se offriremo qualità invece, non solo non saremo più in bilico per “sbarcare il lunario”, ma verremmo considerati veri medici a tutti i livelli: sapendo però che ciò comporterà un controllo ed una valutazione reale del nostro operato. Ne avremo il coraggio?
Paolo Satta, Libero professionista Varese
1) I veterinari hanno sempre esercitato anche a domicilio, ma è venuto il momento di cambiare. Poniamo l’esempio dell’intervento chirurgico: farlo in un ambiente idoneo, utilizzato solo per questo scopo, con una attenta cura della asepsi, supportati da apparecchiature per l’anestesia adatte, strumentazione di monitoraggio e assistiti da personale preparato, permette di lavorare concentrati, in condizioni ottimali, riducendo molti dei rischi e delle complicazioni secondarie. In una parola: con professionalità. Ma anche se prendiamo in considerazione prestazioni più semplici, come la visita, ci accorgiamo che in un ambulatorio, dotato di attrezzatura di base, in un ambiente tranquillo, riusciamo a effettuare diagnosi più accurate. Dobbiamo imparare a rispettare di più la dignità del nostro lavoro e a cercare di esercitare in strutture adatte alla nostra professione, possibilmente facendone pagare i costi ai nostri clienti mediante tariffe più elevate, lasciandoci alle spalle per sempre l’immagine del veterinario con la borsettina e camice sporco che fa qualsiasi cosa in qualsiasi posto,
improvvisando in ogni situazione ardite diagnosi. Il salto di qualità è ormai alla nostra portata, anzi, ce ne è urgente bisogno.
2) La deontologia potrebbe essere anche insegnata all’Università, certamente costituirebbe un aiuto, ma non diventerà mai una realtà solida, radicata nei comportamenti, se non diviene patrimonio di interesse comune tra i professionisti che occupano già gli spazi lavorativi. Iniziative di Ordini e associazioni sono opportune solo se non ridotte a semplici richiami, ma a una più impegnativa costruzione di una mentalità di categoria, attraverso un lavoro di notevole mole e ampiezza.
3) Non penso che sia formalmente proibito che un dentista vada a casa dei suoi clienti con un trapano elettrico e una cassetta di strumenti ad applicare otturazioni sui denti cariati. Non ce ne sarebbe bisogno. Nessuno lo farebbe. Perché? Sono due i fattori che impediscono a un professionista di rendersi responsabile di tale degrado. La prima è la consapevolezza di non effettuare un buon servizio e quindi di non ottemperare correttamente ai propri doveri morali (legge che è difficile trovare scritta). La seconda è la paura di perdere la propria credibilità agli occhi del cliente. Le categorie che godono di migliore salute sono quelle che hanno costruito, negli anni, un immagine pubblica di sé tale da indurre le persone a cercare la massima qualità nelle prestazioni ed a comunicare già nel modo con cui è arredata la sala d’attesa e da come si ricevono i clienti, lo standard che poi si ritrova nell’atto professionale vero e proprio. Noi veterinari non abbiamo mai investito a sufficienza in termini di marketing, immagine e comunicazione e il pubblico si aspetta da noi solo di spendere poco, non chiede qualità. È necessario “lavorare” sui nostri clienti e trasformare l’aspettativa che loro stessi hanno del nostro intervento professionale. Sono loro che devono essere messi in condizione di domandarsi se stanno scegliendo il meglio per la salute del loro animale. Sono i proprietari degli animali che devono orientare il “mercato”, premiare i migliori e non i più economici, preferire i veterinari che sanno proporre le soluzioni più indicate per affrontare con coscienza i problemi e non coloro che per contenere la spesa eliminano anche ciò che è indispensabile per effettuare una prestazione dignitosa. Infatti non dobbiamo più vergognarci di trasmettere ai nostri clienti il concetto che chi vuole tenere con sé un animale fa una cosa bellissima e deve essere anche disposto a preventivare nel tempo anche delle spese per mantenere la sua salute.
Bisogna dire che se noi crediamo di poter stare solo a guardare gli eventi, lasciando che il tempo passi, temo che ciò non accadrà mai. Dobbiamo deciderci a spingere in questa direzione. ■
PROFESSIONE VETERINARIA 6/2001 10 L’INCHIESTA
Sabina Pizzamiglio
Realizzazione professionale, Ricerca e Specializzazione le aspirazioni di chi se ne va
Anche la veterinaria ha i suoi cervelli in fuga
Le testimonianze di chi ha lasciato l’Italia, per scelta o per forza, per fare esperienza o per non tornare
La recente levata di scudi della comunità scientifica nazionale per la salvaguardia della libertà di ricerca è un nobilissimo gesto d’orgoglio destinato, purtroppo, ad infrangersi contro il perenne ritardo e la scarsa competitività del nostro Paese sul piano scientifico internazionale. Quand’anche liberissima, la ricerca in Italia è scarsamente finanziata, accessibile mediante sistemi di reclutamento burocratici, non sempre trasparenti, e afflitta da brain drain, ovvero da emigrazione intellettuale, un fenomeno che investe tutte le scienze, medicina veterinaria compresa.
Secondo l’accezione corrente, cervello in fuga è chi si è visto costretto a lasciare l’Italia pur di mettere a frutto i propri talenti scientifico-professionali, spesso lasciandosi alle spalle soprusi e frustrazioni. Il presupposto è dunque la scelta obbligata, ma per estensione si possono considerare esempi di emigrazione intellettuale anche quei trasferimenti oltre confine, temporanei o definitivi, di chi non è solo in cerca di realizzazione professionale, ma intende colmare le lacune della formazione universitaria o intraprendere un percorso di specializzazione avanzata all’estero, dove la spinta alla specializzazione ha trovato concreta attuazione prima che in Italia.
Orientando questa premessa al settore veterinario italiano, anche se quasi nessuno dei nostri intervistati ha voluto definirsi tale, scopriamo che di veri e propri cervelli in fuga ce ne sono eccome - valga per tutte la testimonianza di Luca Ferasin - e che per molti di loro l’esperienza all’estero ha di fatto rappresentato una tappa obbligata. Tutto questo per ragioni diverse: per l’impossibilità di misurarsi con l’attività clinica in corso di formazione, di specializzarsi in Italia in certe discipline della veterinaria o di dedicarsi alla ricerca in modo esclusivo, dopo un periodo di libera professione. In qualche caso, la spinta ad andarsene viene dal desiderio di maturare una visione meno provinciale della professione, dalla malcelata tentazione di affermare che in Italia si è sprecati o, quantomeno, che solo fuori dal nostro Paese si trovano le giuste occasioni per innalzare la qualità delle prestazioni.
Il nostro giro di interviste inizia con le testimonianze di professionisti che lavorano in ambiti univer-
sitari europei e statunitensi, fino a toccare esperienze professionali o di studio oltre confine.
Miglior docente dell’anno all’Università di Bristol
Luca Ferasin è nato a Padova il 20 agosto 1964. Dal 1984 al 1985 ha svolto servizo militare come sottufficiale della Marina Italiana.
Si è laureato in Medicina Veterinaria con lode all’Università degli Studi di Bologna nel marzo 1992. Nel 1996 ha completato un dottorato di ricerca in endocrinologia degli animali domestici (Università di Bologna) ed è stato per due anni ricercatore di fisiologia e per un anno ricercatore di clinica medica alla facoltà di veterinaria di Padova. Dal luglio 1999 è lecturer in “small animal medicine” alla scuola di veterinaria dell’Università di Bristol, dove insegna medicina cardio-respiratoria dei piccoli animali.
Come è nata la scelta del trasferimento a Bristol?
Gli anni passati come ricercatore in Clinica Medica all’Università di Padova sono stati drammatici dal punto di vista professionale. Il problema fondamentale era la carenza di casista clinica e, per questo stesso motivo, un altro ricercatore aveva abbandonato il posto poco prima di me, trasferendosi nella sua città di origine per avviare una clinica privata. Le strutture erano soddisfacienti e le potenzialità enormi. Purtroppo l’entusiasmo di noi ricercatori veniva puntualmente soffocato dal professore il quale, per incompetenza o per ragioni politiche mai comprese, è riuscito a trasformare la clinica universitaria in un vero fiasco. Abbiamo chiesto ripetutamente di essere inviati, a proprie spese, presso una struttura veterinaria di alto livello (in Italia o all’estero) per rafforzare l’esperienza clinica in attesa dell’avvio di una attività che potesse meri-
tarsi il nome prestigioso di “clinica universitaria”. Questa opportunità ci è sempre stata negata, così come la possibilità di rendere concrete alcune idee di sviluppo o tematiche di ricerca. La scelta definitiva nacque proprio dopo una mia partecipazione ad un congresso internazionale di medicina dei piccoli animali (BSAVA, Birmingham 99). Avevo sviluppato una ricerca su alcuni aspetti dell’immunologia del diabete nel cane, grazie al supporto economico e logistico offerto dai colleghi dell’area di fisiologia di Padova. I risultati erano davvero promettenti e la pubblicazione era stata accettata dal comitato scientifico BSAVA. A quel punto però, nonostante avessi anche inserito -in forma di rispetto- il nome del professore tra gli autori, fui ostacolato proprio nel momento in cui bisognava presentare i risultati al congresso. Non potevo però mancare all’appuntamento e decisi di presentarmi comunque al meeting, sostenendo di persona tutte le spese (equivalenti a quasi un mese di stipendio). Al mio rientro fui pubblicamente rimproverato dal professore il quale mi vietò severamente ogni forma di libera attività di ricerca. Fu quello stesso giorno che decisi di abbandonare il “baraccone” e presi i primi contatti con l’Università di Bristol.
È stata un’opportunità cercata o fortuita?
Un po’ entrambi. È stata cercata perché avevo comunque deciso di lasciare l’Università di Padova. Ogni giorno noi ricercatori subivamo umiliazioni e gratuiti rimproveri. Io, in particolare, ero la persona più bersagliata perché cercavo disperatamente di avanzare nuove idee ed istituire serie collaborazioni per rendere la clinica di Padova più competitiva dal punto di vista professionale. Le mie dimissioni erano già pronte per essere rassegnate l’estate successiva quando avrei dovuto trasferirmi all’Università di Davis in California. Tuttavia, il caso fortuito ha voluto che leggessi l’annuncio dell’attuale posto di lecturer a Bristol in una copia omaggio di una rivista veterinaria che raccolsi proprio al congresso di Birmingham.
Inviai il mio curriculum e fui selezionato per l’interview poche settimane dopo. Mi fu richiesto di presentare una lezione di clinica medica e di rispondere alle domande di una comissione d’esame.
Dopo meno di 24 ore ricevetti una e-mail nella quale mi offrivano il
posto di lavoro. Quella volta, però, tutte le spese di viaggio, vitto e alloggio, vennero rimborsate dall’Università di Bristol!
Di che cosa si occupa e in che tipo di struttura lavora?
Sono docente di malattie cardiorespiratorie del cane e del gatto presso la Scuola Veterinaria di Bristol (UK) che (e lo dico con orgoglio) è stata premiata lo scorso anno dalla comissione esaminatrice del Royal College come miglior scuola veterinaria del Regno Unito. Il lavoro è diviso in 4 principali attività rappresentate dalla didattica (per esercitare la quale bisogna superare un corso di insegnamento della durata di un anno), dall’attività clinica, dalla ricerca e dall’amministrazione (supporto pastorale per gli studenti, organizzazione dei corsi, pubbliche relazioni, etc.).
La mia attività clinica si svolge presso l’Ospedale veterinario dei
piccoli animali, a sua volta diviso in due settori: medicina del cane e medicina del gatto. I nostri pazienti provengono esclusivamente da casi riferiti, previo appuntamento, dai colleghi veterinari esterni. Gli studenti dell’ultimo anno di veterinaria (senior students) raccolgono l’anamnesi dal proprietario del paziente ed effettuano l’esame clinico. Lo studente discute il caso clinico con il clinician in charge in una stanza separata ed il clinician conferma i risultati e discute con il proprietario le possibilità di ulteriori indagini diagnostiche. Il paziente viene quindi ricoverato (day o long-stay hospital) e viene sottoposto a varie indagini o consulenze interne, sempre sotto la responsabilità del clinician in charge, assistito dallo studente incaricato e dalle infermiere veterinarie (che qui a Bristol ricevono la qualifica professionale dopo un corso universitario di 4 anni). Quando il paziente viene di-
Lo scippo delle menti ...
Queste osservazioni mi sono venute spontanee dopo aver ricevuto la notizia che il collega Roberto Marchesini è stato invitato da una prestigiosa Università Svizzera a tenere un master di formazione. Voglio altrettanto precisare che lo scopo dell’articolo non vuole assolutamente avere alcun fine polemico, ma la sola funzione di prendere atto della realtà. I progressi della Medicina Veterinaria in Italia sono sotto gli occhi di tutto il mondo scientifico e, nei vari ambiti, si sono oggi formati professionisti dalle elevate competenze, che nulla hanno da invidiare ai colleghi europei o d’oltreoceano.
Una gran parte del merito di questi successi, si deve ascrivere alle Società Culturali che per prime hanno sentito l’esigenza di approfondire alcune aree specialistiche organizzando congressi, seminari e corsi. Per favorire questa opera di crescita culturale, sono stati invitati i maggiori esperti internazionali in materia al fine di qualificare sempre più la formazione degli iscritti. La venuta in Italia di relatori stranieri ha permesso un interscambio culturale e la possibilità di poter usufruire di stage di formazione in paesi stranieri. La vivacità intellettuale e la voglia di imparare hanno permesso che numerosi colleghi siano diventati esperti in vari ambiti specialistici. Capita così che all’inizio del nuovo secolo, alcuni di questi specialisti siano invitati, dal mondo scientifico internazionale, a tenere lezioni sullo stato dell’arte. I vari Baroni, Bussadori, Caldin, Fondati, Marchesini, Perruccio, Pizzirani, Romanelli, Vezzoni... e mi scuso con chi ho dimenticato, sono tra i relatori più richiesti.
Ora, di fronte a questo “potenziale”, mi meraviglio di come il Mondo Accademico Nazionale non pensi di “sfruttarlo” dal punto di vista didattico. La cultura e la formazione professionale non sono un orticello privato ma un’attività di fondamentale importanza sociale. I rappresentanti del mondo accademico non devono sentirsi sminuiti da questa realtà. È encomiabile il loro enorme lavoro di docenza ed è altrettanto comprensibile che in questa attività di formazione, per motivi che non specifico, alcuni ambiti non possano venire approfonditi. Alla luce di questa realtà, perché allora non coinvolgere questo potenziale umano, organizzando corsi di formazione o master nelle varie aree specialistiche? Solo così saremo in grado di reggere il confronto con le realtà accademiche internazionali.
Maurizio Pasinato
LUCA FERASIN
PROFESSIONE VETERINARIA 6/2001 11
ATTUALITÀ
di
messo, il clinician rilascia una lettera di istruzioni per il proprietario e redige un case-report per il veterinario referente che riprende così il controllo del caso clinico.
La considera una scelta definitiva o semplicemente una fase della sua carriera professionale?
Difficile dirlo. Il posto che ricopro ora è un posto di prestigio, permanente e ben remunerato (circa
tre volte il mio precedente salario all’Università italiana). In poco più di un anno la mia competenza in medicina interna è cresciuta in misura esponenziale e rabbrividisco al pensiero che a Padova avrei potuto passare il resto della mia carriera in un clima di terrore, incompetenza e frustrazione. Ora mi sento finalmente realizzato e stimato ed ho ritrovato l’entusiasmo per proporre nuove idee e realizzare nuove tematiche di ri-
cerca. La “baronia” qui non esiste ed i colleghi sorridono, convinti che io stia scherzando, quando racconto loro delle mie disavventure con il professore di clinica medica di Padova. Naturalmente l’Italia mi manca. La mia famiglia, i miei amici e i miei affetti risiedono ancora tutti lì. Non è facile, soprattutto nei giorni in cui le cose non vanno per il verso giusto o si è stanchi, sapere di essere a migliaia di chilometri da casa. Parla-
re in una lingua diversa è stimolante ma allo stesso tempo, venendo a mancare la spontaneità della lingua madre, molto stancante. In Italia inoltre la professione veterinaria sta crescendo molto forte, soprattutto nel settore privato, e molti nomi di veterinari italiani sono ormai popolari anche all’estero. Potrei sicuramente considerare un rientro in Patria nei prossimi anni, se ci fosse la possibilità di lavorare come membro
di un team in una struttura di alto livello (ed ora credo comincino ad essere parecchie). Ho lasciato l’Università con uno stato d’animo amaro, pieno di rabbia e collera, dopo anni di quotidiane frustrazioni e, essendomene andato “sbattendo la porta”, credo sia ora difficile poter ritornarci. Oltretutto mi sono abituato ad una politica molto più corretta e professionale e farei troppa fatica a “riaccettare” gli screzi, le gelosie, i dispetti e i giochi sleali che spesso caratterizzano la vita universitaria italiana. Spero sempre in una riforma che allontani per sempre le persone incompetenti dalle cattedre italiane ed inserisca nuove leve e forze fresche, per distruggere quel tumore maligno rappresentato dai baroni universitari! Confido inoltre nella forza e perseveranza di alcuni bravi docenti (e sono molti) che lavorano da anni su questi principi, cercando di allineare la qualità delle scuole di veterinaria italiane con quelle degli altri Stati europei. A loro va tutto il mio rispetto, la mia stima e la massima solidarietà.
In base alla sua esperienza,può fare un raffronto tra l’Italia ed il Paese in cui lavora ora sia sul piano scientifico che sul piano professionale?
Come dicevo poc’anzi, l’Italia sta crescendo forte sia sul piano scientifico che professionale, soprattutto grazie al talento di singoli individui e all’attività delle associazioni culturali di categoria. Purtroppo l’Italia soffre di diversi problemi, primo tra tutti l’eccesso di scuole veterinarie (14 se non erro, contro le 6 del Regno Unito che registra circa lo stesso numero di abitanti dell’Italia). Ciò comporta eccesso di giovani veterinari che, sebbene preparati e volenterosi, si ritrovano spesso a svolgere un lavoro da infermieri e mal retribuito. Questo crea un forte malumore ed una enorme sofferenza che spesso sfocia in una competizione sleale ed un comportamento anti-professionale, rendendo le collaborazioni talvolta impossibili e relegando il veterinario, dal punto di vista dell’opinione pubblica, nella triste categoria dei “medici di serie B”. Nel Regno Unito, inoltre, c’è l’obbligo dell’aggiornamento professionale e la possibilità di ottenere ulteriori qualifiche (certificate, diploma, specialist). La maggior parte dei nostri pazienti, poi, è coperta da assicurazione per le spese mediche e ciò rende meno problematico il problema dei costi, favorendo ovviamente la qualità del servizio. Credo invece che in Italia queste polizze assicurative siano ancora poco diffuse. Il problema finale è l’Università italiana, spesso lontana dalle realtà del settore e dalle esigenze del mercato. I vecchi sistemi organizzativi e la burocrazia rendono l’ambiente poco competitivo, statico, incapace di mantenere il passo con un mondo veterinario esterno in rapida crescita.
ATTUALITÀ PROFESSIONE VETERINARIA 6/2001 12
Consiglierebbe ad un collega un’esperienza di studio/lavoro all’estero?
Ci sono tanti colleghi italiani che hanno già fatto una notevole esperienza all’estero o che hanno acquisito una elevatissima professionalità anche stando in terra italiana. Tuttavia, soprattutto ad un giovane laureato, consiglierei di visitare tante diverse realtà, sia in Italia che all’estero, perché solo confrontando ambienti differenti si riesce a crescere dal punto di vista professionale. Vorrei poi esortare i giovani veterinari a rifiutare i posti di lavoro non adeguati o mal retribuiti. Questo fa male a loro stessi e all’immagine di tutta la professione veterinaria. In questo caso, forse, sarebbe meglio recarsi in un Paese estero dove non esiste il sovraffollamento di veterinari ed acquisire esperienza senza dover calpestare la propria dignità umana e professionale. Ciò non è accettabile per nessun collega, sia esperto che neo-laureato.
VALERIA BUSONI
Laurea nel 1993 presso la facoltà di Medicina Veterinaria dell'Università degli studi di Pisa, Diplomata del College Europeo di Diagnostica per Immagini. Attualmente lavora al Service d'Imagerie Medicale della Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Liegi.
Come è nata la scelta del trasferimento in Belgio?
Dopo la Laurea e l'Esame di Stato, mi sono trasferita in Inghilterra per circa 5 mesi per svolgere uno stage in medicina e chirurgia equina, dato che i pochi contatti col mondo professionale veterinario italiano mi avevano fatto capire che il prezzo di una formazione (purtroppo non fornita dagli studi universitari!) sarebbe stato alto in termini di tempo e di lavoro fornito gratuitamente ai colleghi in attività. Non ho quindi alcuna esperienza di attività professionale in Italia prima del mio trasferimento.
Dopo il mio "soggiorno inglese" ho passato quasi 5 anni all'Ecole Nationale Veterinaire d'Alfort (ParigiFrancia) dove ho svolto il programma di formazione in Diagnostica per Immagini che mi ha portato a superare l'esame dell'ECVDI (European College of Diagnostic Imaging).
L'opportunità in Belgio e arrivata al momento giusto: stavo cercando una posizione che mi permet-
tesse di continuare un'attività clinica in Diagnostica per Immagini e allo stesso tempo di fare un PhD, dato che fino ad oggi in Europa (dato che non esiste una carriera universitaria puramente clinica) un PhD è una tappa obbligata anche per un futuro in Università.
Di che cosa si occupa e in che tipo di struttura lavora?
Mi occupo di Diagnostica per Immagini all'Università di Liegi. La mia attività e divisa in 50% di attività clinica e 50% di attività di ricerca correlata al mio PhD. Sono responsabile del settore Grandi Animali du Service d'Imagerie dell'Université de Liège (Belgio), ma svolgo attività clinica anche in piccoli animali (soprattutto ecografia addominale). Svolgo attività di insegnamento (diretta agli studenti in veterinaria, agli interni ed ai "residents" in Diagnostica per Immagini) e di formazione continua (per liberi professionisti).
La considera una scelta definitiva o semplicemente una fase della sua carriera professionale?
La considero una tappa della mia carriera professionale (in quanto un PhD ha un inizio ed una fine) ma non escludo che l'Università di Liegi mi proponga qualcosa di definitivo dopo il PhD ed essendo Diplomata ECVDI.
In base alla sua esperienza,può fare un raffronto tra Italia e il paese in cui lavora ora sia sul piano scientifico che sul piano professionale?
Le mie "esperienze italiane" risalgono ai miei studi, ma i miei contatti con l'Italia mi fanno intuire che la situazione non e purtroppo molto cambiata.
- Il numero dei casi clinici "visibili" nelle università italiane e molto ridotto rispetto a quello delle università francesi o belghe, soprattutto in grossi animali. Il "coinvolgimento" degli studenti nelle attività cliniche (e quindi la loro formazione!) e incomparabile.
- Nell'ambito della diagnostica per immagini, la maggior parte delle Università italiane non ha neanche un vero "Servizio di Radiologia" ma solo degli apparecchi radiologici utilizzati da colleghi che, per lo più, non hanno ricevuto nessuna formazione specifica in Diagnostica per Immagini. L'unico diplomato italiano ECVDI e il Prof Pozzi dell'Università di Torino, purtroppo ormai a fine carriera.
- In generale le Università in cui ho avuto occasione di lavorare (Maisons Alfort e Liege), nonostante i loro difetti e la cronica mancanza di fondi, sono luogo di attività clinica e di ricerca, sono visibili e conosciute all'estero per i loro contatti e le presenze in congressi internazionali dei loro componenti e tentano al meglio di essere luogo di formazione.
La mia esperienza almeno nell'Università di Pisa è quella di un sistema universitario immobile (o quasi) in cui i meriti sono difficilmente messi in valore.
Consiglierebbe ad un collega un’esperienza di studio/lavoro all’estero?
Certo! Se tornassi indietro farei i miei studi universitari all'estero, così risparmierei energie nei primi anni post-lauream per la formazione di base. Inoltre, in Francia ed in Belgio, il mercato del lavoro e molto più dinamico e con una buona formazione di base un giovane neo-laureato ha ottime possibilità di lavoro, di guadagno e di farsi un'esperienza veterinaria relativamente completa.
Benché mi sia occupato di uccelli di ogni tipo, i miei pazienti preferiti restano i pappagalli ed i rapaci.
Oggi sono il veterinario capo del Loro Parque, di Tenerife. Questa è la maggiore collezione di Pappagalli del mondo (abbiamo circa 3000 uccelli). Oltre ai pappagalli abbiamo il più grande pinguinario del mondo, con ben quattro specie rappresentate. Inoltre teniamo
Fenicotteri, Gru e Pellicani. Fra i mammiferi, dei quali si occupa maggiormente Linda Timossi, mia compagna e collega, abbiamo Gorilla, Scimpanzé, Leoni marini, Delfini, Leoni, Tigri, Giaguari, Uistitì, Tamarini, Traguli pigmei (cervi nani) e Pipistrelli frugivori. Abbiamo una clinica ben attrezzata, dove oltre ai tre veterinari (il Dr. Marcellus Bürkle, collega Tedesco, Linda Timossi ed io) lavorano
Laurea in Medicina Veterinaria nel 1989, presso la facoltà di Milano. Nessuna specializzazione ufficiale. Dopo avere lavorato presso un noto studio milanese, nel 1992 ha fondato, con due colleghi la Clinica Veterinaria Fiera, a Milano. È autore di numerose pubblicazioni inerenti sia gli aspetti puramente veterinari, sia la gestione degli uccelli in cattività ed ha partecipato a vari congressi nazionali ed internazionali in qualità di relatore. Ha presieduto l'ultimo Congresso Europeo di Medicina e Chirurgia Aviare (Pisa, Maggio 1999). È stato il primo membro Italiano della Association of Avian Veterinarians, di cui ha in seguito ricoperto il ruolo di rappresentante nel nostro Paese. Attualmente è Chairman della European Association of Avian Veterinarians ed anche Board Member della Association of Avian Veterinarians, che comprende tutte le associazioni di Veterinari per uccelli. È infine Socio fondatore della SIVAE per la quale ha ricoperto la carica di consigliere.
Sin dall'inizio della mia carriera professionale mi sono occupato di Medicina Aviare, dapprima part-time, per arrivare, durante gli ultimi 6-7 anni, ad interessarmi esclusivamente di uccelli. I miei interessi professionali sono rivolti soprattutto alla chirurgia aviare, in particolare l'endoscopia, ma la mia altra passione sono le problematiche dell'allevamento degli uccelli, per le complesse conoscenze di biologia, alimentazione, gestione e medicina che questo aspetto del mio lavoro richiede.
All’Università di Liegi fra ricerca, attività clinica e insegnamento
LORENZO CROSTA
Un veterinario italiano a capo della più grande collezione di pappagalli al mondo
PROFESSIONE VETERINARIA 6/2001 13
ATTUALITÀ
una infermiera e vari manovali che si occupano del parco in generale. Inoltre abbiamo visite continue da parte di tre consulenti esterni: la Dr. Susan Clubb (USA), la Prof. Helga Gerlach e il Dr. Andrew Greenwood (UK).
Il parco rappresenta un "mondo a sé", nel panorama veterinario sia Spagnolo, sia Europeo, per cui il paragone non è semplice. Inoltre il proprietario e quasi tutti gli altri dirigenti sono Tedeschi.
Dai contatti con gli altri colleghi che lavorano a Tenerife la sensazione è che la Medicina Aviare sia ancora agli albori, nelle Canarie, mentre la situazione Spagnola è simile a quella Italiana ed Europea: a fianco di colleghi ben preparati sugli animali esotici, ci sono anche molti veterinari che "ci provano", con mala sorte dei pazienti e pessime figuracce della nostra categoria professionale.
Dal punto di vista scientifico bisogna considerare che questo parco è uno dei centri mondiali per la medicina dei pappagalli e abbiamo costantemente relazioni con le maggiori università europee che si occupino di questo settore. La ricerca è molto spinta ed anche noi siamo spinti a pubblicare il più possibile. Insomma …sono proprio soddisfatto. La scelta del trasferimento all’estero è stata un’opportunità assolutamente fortuita ed inaspettata: sono stato contattato dalla direzione del Loro Parque, dopo che uno dei loro consulenti esterni gli aveva fatto il mio nome. Se sia una scelta definitiva o semplicemente una fase della carriera non lo so. La mia vita professionale è adesso a un livello prima impensabile e sto imparando (ma anche insegnando) molte cose. Non penso certo a rientrare in tempi brevissimi, del resto è solo un anno che sono "emigrato".
ALESSANDRA FONDATI
Ho fatto la scelta del trasferimento in Spagna per desiderio di cambiare lavoro dopo molti anni di libera professione. La libera professione è interessante ma a volte estenuante perché abbastanza rutinaria, stra-carica di responsabilità e potenzialmente "frustrante" per il poco tempo a disposizione da dedicare allo studio ed all'approfondimento dei casi visti.
Lavoro nella Facultat de Veterinària della Universitat Autònoma de Barcelona. Mi occupo di dermatologia: faccio lezione agli studenti e vedo casi clinici di dermatologia nell'Ospedale annesso alla Facoltà, sempre con gli studenti. Oltre a queste "mansioni", mi occupo di dermatopatologia, seguo una Resident in dermatologia e sto lavorando a un PhD. In piú faccio quella miriade di piccole cose che fanno perdere tempo e che "caratterizzano" un po' il lavoro in una Facoltà.
Il raffronto fra Italia e Spagna non è facile perché ho lasciato il mondo della libera professione per dedicarmi di piú a quello "universitario". Cioé si tratterebbe di confrontare due mondi diversi. È difficile, sarebbe filosofia.....
Riguardo alla libera professione non mi sembra ci siano molte differenze fra i due paesi: i veterinari sono tanti sia in Italia che in Spagna (anche se più numerosi in Italia, per la presenza di più facoltà, credo, oltre alla presenza di più abitanti....) e il numero di grandi strutture anche qui è ridotto. In generale credo ci siano meno liberi professionisti diplomati di Colleges europei in Spagna che in Italia.
Relativamente all’Università di Barcellona (credo ci siano differenze fra le varie facoltà spagnole di veterinaria) mi sembra una facoltà giovane, aperta, attiva, stimolante da un punto di vista scientifico. Ci sono tanti elementi
Dalla libera professione alla ricerca in Spagna
Laurea nel 1981 presso la Facoltà di Medicina Veterinaria di Pisa. Nessuna specializzazione in Italia: veterinario libero professionista in una clinica per animali da compagnia.
Nel 1998 consegue il diploma europeo di specializzazione in dermatologia. Ha ricoperto la carica di Presidente SCIVAC dal 1991 al 1993 ed è Presidente in carica della Società Italiana di Dermatologia Veterinaria (SIDEV). Attualmente lavora alla Facultat de Veterinaria della Universitat Autonoma de Barcelona.
positivi, tra gli altri la presenza dell'ospedale annesso alla facoltà, la presenza di diplomati europei di vari Colleges nel corpo docente, il riconoscimento europeo della Facoltà, le numerose pubblicazioni su riviste internazionali ed i progetti di ricerca specifici su cui si lavora da anni. Venire in Spagna è stata un'opportunità in parte cercata ed in parte "offerta". Non so se si tratta di una scelta definitiva o temporanea. Non dipende solo da me. Non ho qui un lavoro "fisso" ma a contratto. Lo potrò dire fra qualche anno... e comunque nella vita non si sa mai.
ROSARIO CERUNDOLO
tualmente completando. Nel 1997 ha ottenuto il “Certificate in Veterinary Dermatology” dal Royal College of Veterinary Surgeons (UK) e nel 1998 il Diploma dell’European College of Veterinary Dermatology.
Nel 1999 è ritornato alla sezione di Clinica Medica della Facoltà di Medicina Veterinaria di Napoli dove svolge prevalentemente attività clinica e di ricerca in dermatologia. Nel 2000 gli è stato riconosciuto il titolo di Specialista in Dermatologia Veterinaria dal Royal College of Veterinary Surgeons (UK).
Come è nata la scelta del trasferimento all’estero?
Specialista riconosciuto dal Royal College di Londra
Laureato presso la Facoltà di Medicina Veterinaria di Napoli nel 1987. Dopo aver trascorso circa tre anni in un ambulatorio per animali da compagnia, è entrato nel 1990 a far parte dell’Istituto di Clinica Medica Veterinaria della Facoltà di Medicina Veterinaria di Napoli. Nel 1990 ha conseguito il titolo di Specialista in “Malattie Infettive, Profilassi e Polizia Veterinaria”.
Nel marzo del 1995 si è trasferito al Royal Veterinary College di Londra per effettuare un Residency in Dermatologia. Nel 1996 ha anche incominciato un Dottorato in Dermatologia che sta at-
In Italia, come tutti sappiamo, fino a qualche anno fa non esisteva la possibilità di specializzarsi in discipline della medicina veterinaria come invece avviene ormai da anni in medicina umana. Ciò sia per mancanza di colleghi specialisti sia di strutture che fossero adeguatamente attrezzate a consentire una tale formazione professionale. Dopo aver lavorato per alcuni anni prima come libero professionista e successivamente all’università, ho sentito l’esigenza di approfondire le mie conoscenze scientifiche cercando di trasferirmi in una struttura estera che mi consentisse una formazione appropriata nella disciplina in cui intendevo specializzarmi. La decisione di dare una svolta alla propria vita non è stata semplice da prendere, perché tali scelte condizionano in modo decisivo sia la vita privata che quella lavorativa, soprattutto quando chi ci circonda non comprende facilmente le nostre motivazioni.
Di che cosa si e occupato e in che tipo di struttura ha fatto esperienza?
Durante i miei primi anni di lavoro all’università mi sono spesso con-
frontato con un elevato numero di pazienti con problemi dermatologici, vuoi per la maggiore incidenza in una città come Napoli, con un clima più caldo, vuoi per l’elevato numero di animali che affluiva alla clinica universitaria.Tali pazienti, se da un lato erano motivo di frustrazione personale per la difficoltà ad individuare la causa dei loro problemi dermatologici, dall’altro sono sempre stati un continuo stimolo ad approfondire tale disciplina per offrire un servizio migliore ai miei clienti e per poter, inoltre, insegnare il meglio agli studenti circa tale disciplina. Mi sono poi reso conto che la mia passione e buona volontà non erano sufficienti e che era necessario un periodo di formazione sotto la guida di persone specializzate in dermatologia.
Ritenni che il sistema migliore per far ciò era conoscere gli specialisti del settore, frequentando ad esempio il congresso europeo di dermatologia veterinaria che si tiene ogni anno in un diverso paese europeo. Ciò mi consentì di prendere contatto con i colleghi del Royal Veterinary College di Londra che è una delle strutture europee veterinarie più all’avanguardia e di organizzare poi il mio soggiorno presso tale struttura. L’accoglienza ospitale nell’ambiente lavorativo, la consapevolezza di poter approfondire le mie conoscenze in dermatologia, mi hanno spinto a trascorrere quattro anni nel reparto di Dermatologia del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dei Piccoli Animali svolgendo attività clinica, di ricerca e didattica. La notevole casistica, la possibilità di avvalersi dell’aiuto di colleghi con più esperienza e di confrontarsi con colleghi specialisti in altre discipline della medicina veterinaria, nonché l’efficienza dei laboratori e delle infrastrutture hanno reso possibile che potessi gradualmente ottenere una valida preparazione in tale settore ottenendo vari riconoscimenti: (vedi CV).
In base alla sua esperienza,può fare un raffronto con l’Italia? Il livello di specializzazione raggiunto dai colleghi in Gran Bretagna nelle varie discipline della medicina veterinaria è spesso superiore a quello esistente nelle strutture sia pubbliche che universitarie italiane. Esistono differenze sia nell’organizzazione delle cliniche veterinarie, nel loro numero in rapporto all’area geografica da coprire, che nel grado di preparazione dei colleghi. Fortunatamente in Italia sta aumentando il numero di colleghi che compie esperienze di studio o lavorative all’estero con un progressivo aumento del numero degli specialisti e ciò contribuirà ad aumentare la qualità del servizio che i veterinari potranno offrire ai propri clienti. L’elevato numero di ambulatori gestiti dal singolo veterinario “tuttofare”, che non fa riferimento allo specialista per i casi più complessi, saranno sempre un fattore limitante per il nostro paese nel
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Lorenzo Crosta nel laboratorio di Tenerife
confronto con i paesi esteri dove predominano le cliniche gestite da associazioni di veterinari o addirittura cliniche dove si effettuano solo visite specialistiche su referenza.
Consiglierebbe ad un collega un periodo di studio o lavoro all’estero?
Senza dubbio è un’esperienza che tutti dovrebbero fare. Forse non sempre le condizioni familiari ed economiche possono consentire a tutti di recarsi per un periodo più o meno lungo all’estero, ma fortunatamente oggi è più semplice ottenere borse di studio sia pre che post-laurea che consentano a quelli di buona volontà di recarsi all’estero a patto che si conosca la lingua del paese di destinazione. A volte può essere difficile venire accettati poiché c’è un’enorme richiesta che giunge a tali strutture riducendo la disponibilità dei posti. Comunque consiglierei ai miei colleghi di fare tale esperienza estera, sia per il diploma che per un maggiore approfondimento in una determinata disciplina, soltanto dopo aver trascorso un periodo lavorativo in Italia che consenta di avere una formazione di base scientifica e professionale che possa poi far rendere conto dei propri limiti e delle carenze da colmare e, ancor meglio, far focalizzare le proprie scelte verso una disciplina specifica. Come avviene in medicina umana, il veterinario sarà sempre più spesso chiamato a prestazioni di tipo specialistico da una clientela sempre più esigente ed è bene che il veterinario non Diplomato comprenda l’importanza di collaborare con gli specialisti rivolgendosi a questi per i casi più difficili.
MARGHERITA GRACIS
nali ed europei, e contattando colleghi italiani e non che si occupavano di tale argomento. Successivamente alla laurea ho lavorato presso una clinica privata come libero professionista, occupandomi in particolare dei pazienti odontostomatologici. La scelta di trasferirmi in USA è stata dettata dalla necessità di crescere professionalmente in un campo che in Italia era poco sviluppato sia a livello universitario che a livello
ATTUALITÀ
privato. Ho contattato personalmente il Dr. Colin Harvey, il direttore del Dipartimento di Odontostomatologia dell'Università della Pennsylvania, e dopo una visita di due settimane ho preso la decisione di fare la domanda per il residency. A quell'epoca l'Università di Pennsylvania era l'unica al mondo ad offrire questa opportunità.
Di che cosa si è occupata e in
che tipo di strutture ha fatto esperienza?
Ho lavorato presso il Dipartimento di Odontostomatologia della Facoltà di Medicina Veterinaria dell'Università della Pennsylvania (USA) come resident per circa due anni e mezzo, e come lecturer per altri due anni. La facoltà ha due ospedali, quello dei piccoli animali (Veterinary Hospital of the University of Pennsylvania - VHUP) a Philadelphia, e
quello dei grossi animali (New Bolton Center) a circa un'ora dalla città. Io ho lavorato principalmente al VHUP, dove vengono presentati più di 20.000 casi all'anno. Al VHUP lavorano un centinaio di veterinari (tra interns, residents, lecturers, senior clinicians, ecc.), e alcune centinaia tra tecnici e staff generico. L'ospedale, costruito nella sua forma attuale negli anni '80, si sviluppa su 5 piani.
Resident e lecturer all’Università di Pensylvania
Laurea nel 1993, presso la Facoltà di Milano. Specializzazione in Odontostomatologia e Chirurgia orale. Prima del trasferimento all'estero ha svolto la libera professione presso la Clinica Veterinaria Città di Monza (Milano) dal 1993 al 1996. Attualmente è lecturer in Veterinary Dentistry al Veterinary Hospital of the University of Pensylvania.
Come è nata la scelta del trasferimento in USA?
Mi sono interessata di odontostomatologia veterinaria sin dai tempi dell'università, leggendo testi, partecipando a congressi nazio-
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In base alla sua esperienza,può fare un raffronto tra l'Italia e il paese in cui ha lavorato/studiato sia sul piano scientifico che sul piano professionale?
La prima grande differenza che ho riscontrato è relativa all'organizzazione universitaria. Il numero di facoltà americane è di 27, con un massimo 110 studenti all'anno per facoltà. L'American Veterinary Medical Association (AVMA), la principale associazione veterinaria americana, riporta circa 2100 nuovi laureati all'anno in tutti gli Stati Uniti. Il corso di studi dura quattro anni, di cui l'ultimo è puramente pratico. Gli studenti del quarto anno passano periodi variabili da 1 a 4 settimane a lavorare nei diversi dipartimenti dell'ospedale universitario (medicina interna, chirurgia, odontostomatologia, anestesia, radiologia, ecc.), essendo responsabili di una grossa parte delle attività medico-chirurgiche.
Le esercitazioni pratiche abbondano comunque anche durante i primi tre anni di studio. I quattro anni del corso di laurea sono estremamente intensi: durante l'ultimo anno gli studenti passano anche18-20 ore al giorno in ospedale, e seguono una tabella di turni notturni e festivi molto impegnativa. Mi ha particolarmente impressionato il livello medio di conoscenze mediche degli studenti. La figura dello studente è senz'altro il fulcro centrale di qualunque attività di tipo scolastico, medico, o scientifico svolta all'interno dell'ospedale. Il National Board Exam, assimilabile al nostro Esame di Stato, può essere affrontato dagli studenti fino a sei mesi prima del termine del corso di studi.
Dopo la laurea, le principali scelte lavorative sono ad indirizzo privato, universitario, o industriale. Nel caso in cui si voglia ottenere una specializzazione è generalmente necessario fare un anno di internship presso una facoltà o una struttura privata 'approved' (o 1-3 anni di lavoro in clinica privata non 'approved'), a cui devono seguire 2-4 anni (a seconda della specializzazione) di residency. Gli internships e i residencies sono molto ambiti, e l'offerta è di gran lunga inferiore al-
la domanda. Sia l'intern che il resident sono figure professionali stipendiate. A seguito del periodo di formazione, è possibile presentare domanda per l'esame del college corrispettivo (ci sono attualmente 20 specializzazioni riconosciute dall' AVMA).
Nell'ambito delle strutture private, la situazione è opposta, essendo l'offerta di lavoro molto superiore all'offerta di veterinari. Nel 1997 vi erano circa 45.200 veterinari nell'ambito privato, suddivisi in 22.400 ambulatori, e 60.900 tra veterinari che lavoravano nell'industria, in ambito universitario e statale (dati forniti dall'AVMA).
Esistono quindi strutture private di soli 1-3 veterinari, ma sono relativamente numerosi anche gli ospedali in cui lavorano diversi professionisti (fino a diverse decine). In alcuni casi si tratta di ospedali in cui lavorano solo ed esclusivamente specialisti, che nel 1998 erano circa 6500 in totale.
Lo stipendio medio annuo del veterinario privato era nel 1997 di circa $65.000. Circa il 40% dei neolaureati guadagnava tra i $35.000 e i $39.000 annui, e il 35% anche di più.
La figura del tecnico veterinario è sviluppata negli USA da diverso tempo. Esistono su tutto il territorio nazionale scuole di formazione riconosciute dall'AVMA. I tecnici sono professionisti generalmente molto ben preparati ed assolutamente indispensabili al buon funzionamento degli ospedali privati ed universitari. Personalmente ho imparato moltissimo dai tecnici durante la mia permanenza al VHUP.
Consiglierebbe ad un collega un'esperienza di studio/lavoro all'estero?
Assolutamente sì. Ritengo le esperienze all'estero di grandissima utilità, non solo professionale. Ricordo in maniera molto positiva anche il periodo passato come studentessa a Barcellona nel 1992 grazie al progetto Erasmus. La possibilità di confrontarsi con realtà lavorative diverse, di imparare nuove metodologie diagnostiche e terapeutiche, di entrare a contatto con colleghi di tutto il
mondo, di mettere in discussione sé stessi e le proprie convinzioni professionali sono solo alcuni dei motivi per cui non ho nessun dubbio nel consigliare esperienze di questo tipo a colleghi e studenti.
ALESSANDRO PIRAS
Laurea nell’Aprile del 1989 Presso la facoltà di Medicina Veterinaria Università di Torino. Specializzazione in Chirurgia Veterinaria nel 1993.
Prima del trasferimento all’estero ho svolto attività libero-professionale, come partner in una piccola struttura veterinaria a Collecchio, provincia di Parma. I miei interessi: la Chirurgia, in particolare l’ortopedia e la medicina sportiva. Quella di andare in Irlanda è stata una opportunità cercata direi quasi creata. Il chiodo fisso mi venne intorno al 1996 dopo un viaggio in Irlanda. Quell’anno, come molti altri liberi professionisti Italiani, fui "bastonato” da una tassazione spropositata. L’idea di lavorare duro e di essere sempre tirato per il collo, o di rischiare di essere crocifisso per un cavillo burocratico mi stressava parecchio. Così appena l’opportunità si presentò, nel ’97, pianificai la fuga e nel gennaio del ’98 partii. Quale migliore occasione: lavorare in un paese in via di sviluppo, all’alba di un boom economico senza precedenti storici, 20 anni indietro sotto tutti i punti di vista e, la ciliegina sulla torta, lavorare soprattutto sulla medicina sportiva e traumatologia dei miei amati levrieri da corsa?
Tuttavia non la considero una scelta definitiva: niente è per sem-
pre, semplicemente sono di passaggio. Ho qui dei piani a breve e medio termine ma niente di definitivo. Sto tesaurizzando una impagabile esperienza scientifica su problematiche che mi interessano ed affascinano, ho imparato a fare il manager di una struttura più grossa di un ambulatorio, ed imparo tutti i giorni a scontrarmi con una realtà socio culturale che è anni luce lontana e differente da qualunque altra realtà abbia vissuto fino ad ora.
Possiedo un Ospedale e due Cliniche nell’Irlanda del Nord (che dicesi Gran Bretagna ma di inglese non ha niente altro che le sovvenzioni). Lavoro come prima opinione e come servizio di referenza specialistico per la chirurgia, lavoro inoltre come Consultant in un Ospedale a Stanset (tra Cambridge e Londra).
Il raffronto tra Italia e Irlanda è semplice. L’Irlanda, con rare eccezioni (vedi Dublino e Belfast) è sicuramente sul piano scientifico e professionale ferma ai nostri anni ’70, direi che in certe aree geografiche si scende agli anni ’50 in altre al terzo mondo. Molte practices (98%) sono mix, grossi e pic-
coli in genere 20% piccoli ed il resto grossi e animali da cortile. Sicuramente sta cambiando molto rapidamente ma il processo di civilizzazione richiederà ancora alcuni anni.
Il College di Dublino sta facendo degli sforzi enormi per incrementare lo standard grazie soprattutto a figure come Prof. Bellinger, Chirurgia e Prof. Mc Allister Radiologia. La situazione è totalmente diversa in Gran Bretagna, dove i veterinari sono una vera e propria casta con guadagni astronomici, un Royal College che coccola e protegge la categoria ed una popolazione dove la cultura dell’animale da compagnia è più antica di quella di rispettare le minoranze etniche. Certamente a svolgere la professione di veterinario in questa situazione è molto stimolante, direi una sfida continua, con una casistica molto vasta e con la possibilità di essere un po’ pioniere ed un po’ “orbo in casa dei ciechi”. Per concludere mi chiedo spesso se lo rifarei, la risposta è sì, almeno per il fatto che mi è servito per rendermi conto che si apprezza ciò che si lascia quando ci manca. ■
ANMVI vs FEDERFARMA: il parere del Ministero
Di seguito il testo della nota ministeriale inviata ad ANMVI, FNOVI,FOFI e FEDERFARMA dall’Ufficio XI della Direzione Generale di Sanità Pubblica Veterinaria. La nota è datata 29/05/2001 e ha come oggetto Prescrizione da parte dei medici veterinari di medicinali per uso umano prescrivibili solo da specialisti. Si precisa che la circolare riconosce al medico veterinario sia la possibilità di prescrizione al proprietario dell’animale di medicinali ad uso umano prescrivibili solo da uno specialista, sia la possibilità di approvvigionamento diretto di tali medicinali (scorta) ed in quest’ultimo caso questi medicinali devono essere somministrati direttamente dal veterinario e non possono esssere ceduti al proprietario dell’animale. Pertanto resta salvaguardata la possibilità di prescrivere al clienti questi medicinali quando indicato.
Roma 29 maggio 2001
In riferimento alla questione riguardante le ricette veterinarie contenenti prescrizioni di medicinali ad uso umano soggetti a ricetta limitativa (prescrizione specialistica) si precisa quanto segue.
A parere della scrivente Direzione Generale, il medico veterinario, qualora ricorrano le condizioni previste dalla norma vigente (art. 3, comma 5 del D.Lvo 119/92 modificato dal D.Lvo 47/97), può prescrivere quei farmaci per uso umano che, in tale ambito, sono prescrivibili solo da uno specialista. Tale orientamento è peraltro contenuto nelle disposizioni regolamentari riportate dall’emanando Regolamento del Ministro della Sanità, relativo alla distribuzione dei medicinali veterinari.
A tal proposito si precisa che il Regolamento in questione prevede anche l’approvvigionamento di tali farmaci da parte del medico veterinario debba avvenire esclusivamente tramite le farmacie aperte al pubblico, che tali medicinali possano essere somministrati agli animali unicamente dal medico veterinario che li ha in cura e non possano in alcun caso essere ceduti al proprietario dell’animale.
Per IL DIRETTORE GENERALE Dott.Gaetana Ferri
“L’Irlanda è un Paese fermo agli anni Settanta”
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OSSERVATORIO FARMACO di Aldo Vezzoni
Pretoria, Sud Africa, dove il patrimonio zootecnico è patrimonio culturale
Partiamo con comodo verso le 8,30 per andare a vedere come funziona un progetto di aiuto messo a punto dalla Facoltà di Medicina veterinaria di Pretoria (di cui parleremo più a fondo un'altra volta) aIle comunità rurali nere, progetto che in futuro dovrebbe essere esteso ad altre parti del Paese.
Oggi il gruppo è formato da Riklis, Andrea (nome che qua è usato al femminile) e Danie che stanno facendo il tirocinio pratico obbligatorio durante l'ultimo anno di corso, dal prof. Robin Linde, responsabile del progetto che ci accompagna in questa occasione, e dal collega Dr. Eber du Preez, che fa anche da autista del pulmino-infermeria. Io e alcuni amici seguiamo con la nostra macchina. La destinazione è Randjepan, una comunità rurale a Nord-Ovest di Pretoria.
Dopo un centinaio di km di comode strade che attraversano il bushveld e una sterminata township, arriviamo al villaggio. La comunità è costituita da diverse centinaia di casupole monolocale autocostruite con mattoni di fango e quant'altro disponibile, per la maggior parte prive di corrente elettrica e di acqua (questa può essere attinta da rare fontane), sparse in un'area che a occhio valuto una decina di ha. Attorno a molte casupole un microappezzamento di mais o di sorgo per uso personale, e accanto il kraal, il recinto dove la notte vengono ricoverati gli animali, fatto di rami secchi di acacia africana con spine lunghe e affilate come coltelli e che solo le giraffe sanno come affrontare.
Le strade all'interno della comunità sono sterrate e quando piove (succede spesso ora che è estate) si trasformano in un pantano tosto anche per un super 4x4 con gli attributi. La distanza da Pretoria non è poi tanta, eppure ti senti addosso l'isolamento di questa gente. Ci fermiamo in uno spiazzo davanti a una specie di bazar, l'unico
della comunità, che vende le quattro povere cose necessarie alla sopravvivenza, ma anche la Coca Cola e c'è il telefono; qui ci aspetta Mr. Molefe, il capo del villaggio, con alcuni allevatori. Dopo le rituali presentazioni e le strette di mano, il Prof Linde ci dà le informazioni di base.
Nel villaggio ci sono circa 2.500 bovini, per lo più incroci Bonsmara o Afrikaner Brahman, divisi in gruppi di una ventina di capi, qualche fortunato ne possiede anche di più. Di giorno gli animali pascolano sul bushveld spontaneo, sorvegliati da qualche ragazzo o qualche vecchio, e la sera ritornano al proprio kraal.
Qui di veterinari nemmeno l'ombra, non c'è nessun tipo di attrezzo o macchina agricola, nessuna palizzata per le catture, e nessun libero professionista è disposto a giocarsi mezza mattinata per catturare un animale e visitarlo per poche lire. Qui il tempo non ha dimensione. D'estate le cose vanno abbastanza bene, il pascolo e sufficiente, ma quando arriva l'inverno e non piove, per gli animali è duro sopravvivere. L'overgrazing (l'eccesso di pascolamento)
è un altro problema, perché non consente il mantenimento del veld e provoca erosione. Questo
vale soprattutto nelle vicinanze del villaggio, e gli animali sono costretti a spingersi sempre più lontano in cerca di cibo. Difficili da capire per noi occidentali certi aspetti di questa zootecnia. Gli animali non vengono macellati; pochissimi vengono munti e soltanto per consumo personale; raramente vengono venduti, ma solo quando e se raggiungono un numero superiore a quello che la famiglia può gestire. Rappresentano un patrimonio inalienabile che non serve a fare soldi, ma a soddisfare le loro necessità culturali come le nascite, le morti, il pagamento della dote per l'acquisto delle mogli, e a questo patrimonio, indice di benessere per una società che è ancora ben lontana dai nostri "bisogni", la famiglia non è disposta a rinunciare nemmeno in piccola parte, nemmeno nei momenti più duri. La speranza è quella di riuscire, migliorandone le condizioni igienico-sanitarie, a far sì che questo patrimonio possa raggiungere un'eccedenza sufficiente a convincere il proprietario a disfarsene vendendola, e quindi a innescare un embrione di economia di mercato. Perciò i nostri Colleghi si sono imbarcati in un'impresa che non presenta solo problemi di carattere tecnico, ma soprattutto difficoltà di tipo sociologico.
Mr. Molefe è molto preoccupato, perché nel villaggio è scoppiata un'epidemia di Lumpy Skin Disease e molti vitelli sono colpiti; si lamenta per la carenza di Terramicina (considerata alla stessa stregua dell'Acqua di Lourdes e buona per tutte le malattie). Cominciamo il giro dei kraals con i problemi. Nel primo ci sono appunto i vitelli con la Lumpy Skin Disease e Riklis, Andrea e Danie si mettono subito al lavoro con la supervisione di Eber; rodeo con relativo condimento di cacca per la cattura e poi visita clinica completa, valutazione dello stato generale, tempe-
ratura, auscultazione, cute, linfonodi ecc., e i ragazzi prendono nota di tutto. Alla fine, ebbene sì, questa volta un po' di antibiotico e di antinfiammatorio è l'unica cosa che si può fare. Nel secondo kraal c'è un vitello con i postumi di un'artrite settica; il poveretto a fatica cammina, non c'è niente da fare ma di sacrificarlo non se ne parla nemmeno. Nel terzo mi capita di vedere una cosa che non avevo mai visto, una manza colpita da botulismo. Anche in questo caso la bestia è condannata e dopo un'ora di discussioni il proprietario acconsente di sacrificarla. Verrà consumata nel villaggio (ben cotta, si spera) quel giorno stesso. E così andiamo avanti per un altro paio di kraals. La mancanza di disponibilità di farmaci da parte dei proprietari è uno dei punti più dolenti. Il problema è stato in parte risolto perché, d'accordo con le Autorità sanitarie, alcuni farmaci essenziali (antiparassitari esterni e interni, qualche antibiotico, ecc.) vengono lasciati al bazar di cui sopra Quando un allevatore ritiene di averne bisogno, telefona a sue spese al Prof. Linde, il quale, dopo un breve teleconsulto, concede o nega l'autorizzazione e il proprietario del bazar prende nota su un quadernetto (registro dei farmaci). Al prossimo giro settimanale verrà regolata la situazione. Ci spostiamo in un altro villaggio a una trentina di km. Qui la situazione è molto più favorevole perché il villaggio ha messo a disposizione un piccolo fabbricato con tre o quattro stanze, delle quali una serve anche da sala riunioni per discutere dei problemi più importan-
ti del momento.
Troviamo un gruppetto di persone con i loro animali, fra cui un asino e due cani. Danie e Andrea si dedicano a questi ultimi (un bellissimo caso di babesiosi, trattato con diminazene) e Riklis affronta l'asino. E per oggi abbiamo finito. Dimenticavo, le parcelle. Per un fatto di principio tutte le visite vengono regolarmente pagate: ogni visita a una vacca o a un equino costa 70 Rand (1 Rand equivale più o meno a 260 Lire), un vitello 20, cani e polli 10. Nell'ambito di questa economia sono cifre ragguardevoli, ma sia i proprietari degli animali sia i ragazzi devono capire che il lavoro del veterinario deve essere remunerato adeguatamente, perché serve. Non c'è bisogno di commenti. Questa vera veterinaria è abbastanza primitiva, però direi che lo è, ma nemmeno sempre, solo se si considerano esclusivamente gli aspetti tecnici. Da un punto di vista sociale credo che dentro ci sia qualcosa di prezioso. Durante questa giornata ho visto tutti e cinque gli operatori (il Prof. Linde, il Dr. du Preez e i ragazzi) spendere molto più tempo a parlare, a spiegare, che a fare. A pensarci bene l'informare, inteso come trasferimento di "cultura", è uno degli aspetti che più caratterizza la nostra professione anche da noi. Mentre guardavo mi venivano in mente le ore "perse" per la prima visita dei cuccioli alla loro prima vaccinazione ...Caspita, quanta strada abbiamo ancora da fare, noi e loro. ■
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Insieme ai ragazzi del sesto anno
Il pulmino-infermeria, sullo sfondo la "farmacia", a dx il Prof. Robin Linde.
Il vitello con i postumi di artrite settica.
Un caso di Lumpy Skin Disease.
Manza colpita da botulismo.
L’APPROFONDIMENTO
Stesso caso, è evidente la paralisi flaccida della lingua.
di Paolo Tassi
Undici punti su cui riflettere
La Riforma degli Ordini secondo il CUP
L’Arch.Gianni Boeri,Presidente del CUP - il Comitato Unitario Permanente degli Ordini e Collegi Professionali al quale aderisce anche la FNOVIha recentemente evidenziato gli undici punti sui quali dovrebbe basarsi la riforma degli Ordini. Mentre il nuovo Governo ha assicurato un iter veloce a questa riforma, ci auguriamo che voglia anche tenere conto delle istanze espresse dagli Ordini. A questo proposito vi proponiamo di seguito gli undici punti dal testo originale del CUP (in corsivo) ed alcuni spunti di riflessione per il settore veterinario.
1 - LA FORMAZIONE
È stato finora uno dei punti di maggior debolezza del sistema. Prioritariamente va detto che il suo compito è quello di costruire professionisti sulla base di una precisa domanda sociale del tutto indipendente dalla cosiddetta “offerta didattica” che troppo spesso ha prevalso. L’attuale riforma dell’Università presenta molti punti (tra cui la tempistica) problematici e necessiterà di notevoli aggiustamenti per raccordarla con la Riforma delle Professioni. L’equilibrio e l’integrazione fra aspetti formativi tradizionali e professionalizzanti deve essere garantita da una forte iniezione di cultura professionale nel percorso formativo, con strettissima obbligata interazione con Ordini e Collegi che a loro volta dovranno assicurare la massima attenzione e presenza in tale direzione. È fondamentale garantire pure una non rigida ma razionale base comune alla preparazione sull’intero territorio nazionale, evitando successive conflittuali gestioni di competenze professionali. Ovvio l’allargamento a tutto quanto consegue alla dimensione ormai supernazionale dei vari settori professionali, lingue ed interscambi compresi.
La riforma dell’Università non ha visto il coinvolgimento del mondo professionale ed anche per il nuovo corso di laurea in medicina veterinaria non c’è stato alcun confronto con il mondo del lavoro. Mentre c’è stata una forte partecipazione di altri settori professionali ai lavori del Governo, anche con la costituzione di apposite commissioni, questo non è avvenuto in ambito veterinario. Ci ritroveremo così altri laureati in veterinaria sprovvisti delle conoscenze di base ad un esercizio consapevole della professione. Inoltre l’eccessivo numero di facoltà determinando disparità e difformità nella preparazione dei laureati, rende difficile il riconoscimento europeo del titolo di medico veterinario.
2 - IL TIROCINIO
Deve essere obbligatorio: oltre che richiesto a livello comunitario, è elemento chiave di passaggio fra la fase scolastica e quella professionale. Presenta notevoli problemi organizzativi e normativi a causa dell’anomalia tutta italiana in fatto di numeri (nel 1995, gli studenti di architettura italiani erano pari a quelli di tutti gli altri Paesi della comunità messi insieme). Si inserisce in un mercato del lavoro estremamente difficile.
Per i veterinari il problema è ancora più grave. Un valido tirocinio dovrebbe durare almeno due anni, essere svolto in strutture riconosciute, dove venga realmente garantita la possibilità di una effettiva formazione professionale. Questo vale anche per ospedali e cliniche universitarie.
3 - L’ACCESSO:L’ESAME DI
STATO
È il primo vero elemento di garanzia per l’utente. Deve essere impostato su criteri professionali uniformi sul territorio nazionale per superare le attuali distorsioni territoriali. Deve certificare la preparazione professionale a spettro completo ed approfondito, come verifica finale dell’attività del tirocinante distinguendosi di conseguenza completamente, come logica, struttura e finalità, dall’esame di laurea. Indispensabile quindi altissima preparazione e solida e completa esperienza professionale da parte degli esaminatori. Deflettere da tali caratteristiche comporterebbe automaticamente vanificare ogni garanzia.
Condividendo quanto espresso, si auspica che l’esame di Stato costituisca un momento di reale e seria verifica: la riforma prevede due prove scritte, un colloquio ed un test applicativo. Inoltre, non dovrebbe essere svolto da esaminatori privi di esperienza del mondo professionale. Sarebbe anche opportuno tenere conto del tirocinio svolto e dell’orientamento professionale prescelto.
4 - L’ALBO PROFESSIONALE
È uno dei punti centrali della riforma: deve trasformarsi da elenco puramente notarile a vero e proprio formale certificatore delle caratteristiche del professionista e del livello delle garanzie che questi è in grado di offrire al cliente. Vale a dire non solo l’esistenza originaria dei requisiti per esercitare la professione, ma la loro continua persistenza.
Di conseguenza gli elenchi dovranno perdere l’attuale carattere di perennità per essere periodicamente revisionabili sulla base, delle verifiche sulla formazione
permanente e/o sull’effettivo e provato svolgimento della professione da parte dell’iscritto. Ogni altro elemento utile di conoscenza per il cliente deve far parte della gestione dell’albo.
In appositi elenchi devono essere comprese tutte le forme sotto le quali possa essere esercitata la professione (società fra professionisti comprese).
Gli ordini, anche a maggior tutela dell’utente, dovrebbero istituire delle classificazioni dei professionisti, sulla base dei loro titoli di specializzazione, riconoscendo non soltanto quelli universitari, ma anche quelli conseguiti in ambito professionale approvati da Paesi riconosciuti o da organizzazioni scientifiche internazionali I College Europei ad esempio danno diplomi di specializzazione ad elevato standard scientifico, ma nonostante questo in Italia non trovano quel riconoscimento che altri Paesi non hanno esitato a conferire loro.
5 - LA FORMAZIONE PERMANENTE
È un altro dei cardini della rifor-
ma. È indispensabile e naturale corollario del velocissimo progredire delle conoscenze e del continuo variare del quadro in cui si colloca la prestazione che impone ormai al professionista un costante ed approfondito aggiornamento. La formazione permanente è in grado di diventare cerniera importante di collaborazione fra Organismi professionali, Università, mondo del lavoro.
Che l’ECM diventi automaticamente obbligatorio per i liberi professionisti può suscitare perplessità e remore, ma è fuor di dubbio che l’aggiornamento costante sia indispensabile per una professione sanitaria come la nostra. Se è vero che ogni dieci anni il 70% delle conoscenze scientifiche acquisite sono superate da nuovi traguardi della ricerca, quello dell’aggiornamento post-laurea diventa un impegno imprescindibile. La sua funzione non può essere di competenza delle università ma deve essere gestita da società scientifiche, in collaborazione con gli ordini professionali. Questo avviene già in tutti i paesi più avanzati e che anche il mon-
RECUPERO CREDITI
do professionale italiano sia ormai maturo e pronto a gestire il proprio aggiornamento è ampiamente dimostrato. Non si vede infatti come chi non recepisce il lavoro di specializzazione scientifica dei College Europei possa rappresentare un riferimento per l’aggiornamento.
6 - L’ASSICURAZIONE
PROFESSIONALE
Oltre alla naturale ed ormai indispensabile copertura di rischio, in combinazione con altri punti della riforma può costituire uno strumento innovativo di forte efficacia per migliorare le prestazione (introduzione del bonus-malus, valutazione anche deontologica della prestazione, ecc.). Anche qui notevoli gli spazi di collaborazione con le Casse di previdenza Professionali ed il mondo del lavoro. Alcune federazioni di ordini (es. i notai) si sono mosse per ottenere coperture per tutti gli iscritti. Potrebbe essere una soluzione per poter avere reali garanzie a costi molto contenuti. Una collaborazione fra l’ANMVI, che nei prossimi giorni presenterà alcune
Come già annunciato nello scorso numero della rivista, l’ANMVI ha definito una convenzione con la CRC INTERNATIONAL s.r.l. (Consulenze e Recupero Crediti in Italia e all’estero) che darà la possibilità a tutti i colleghi di avviare azioni di recupero dei crediti difficilmente esigibili o in sofferenza nei confronti dei propri clienti. La CRC INTERNATIONAL è una società nota nel settore del recupero crediti ed ha già definito convenzioni con altre categorie professionali. Essendo il recupero per tutti i veterinari liberi professionisti un problema, in alcuni casi anche di rilevante importanza, è necessario poter avere gli strumenti migliori per poterlo affrontare usufruendo dell’esperienza di una società specializzata che è in grado di darci di volta in volta le indicazioni più corrette ed efficaci per ottenere l’obbiettivo voluto: l’incasso dei crediti in sofferenza. Fra l’altro la convenzione prevede per tutti i veterinari aderenti a una associazione federata ANMVI condizioni economiche particolarmente vantaggiose rispetto a quelle normalmente praticate.
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A.N.M.V.I. INFORMA
proposte per gli iscritti alle sue associazioni federate, e la FNOVI sarebbe oltremodo auspicabile per definire una soluzione valida per tutta la categoria.
7 - LE SOCIETÀ FRA PROFESSIONISTI
A fronte di prestazioni sempre più articolate e complesse, da sempre i professionisti hanno richiesto di poter esercitare finalmente, oltre che in forma individuale, anche in forma societaria, superando il divieto vigente dal 1939. Per mantenere le dovute garanzie per il cliente, ciò deve avvenire nel rispetto di alcuni principi fondamentali, tra i quali:
A.prevedere l’obbligo dell’uso della denominazione “società professionale”;
B.limitare l’oggetto sociale all’esercizio di attività professionale o multiprofessionale;
C.limitare la partecipazione societaria nonché le cariche sociali ai soli soci professionisti;
D.disciplinare l’iscrizione delle società professionali in apposite sezioni degli albi professionali. È chiaro che la presenza di soci esterni di puro capitale (finalizzato naturalmente al solo profitto) avrebbe l’ovvia conseguenza di snaturare definitivamente il concetto stesso di libera professione introducendo inoltre evidenti e numerose occasioni di incompatibilità più o meno occulte, gravemente inquinanti la correttezza della prestazione.
Per contro il secondo comma dell’art. 5 del disegno di legge delega, introducendo inutili elementi di ambiguità, inoltre palesemente contrari allo spirito stesso della legge su quest’ultimo argomento, va, per coerenza, assolutamente eliminato.
L’apertura a finanziatori esterni, pur regolamentata con precisi limiti e con particolare attenzione, non va esclusa a priori. Infatti, lo sviluppo dimensionale e tecnologico delle strutture veterinarie in adeguamento alle esigenze del mercato, richiede forti investimenti. Difficilmente il singolo, ma spesso anche un gruppo di professionisti, sarebbe in grado di compiere il passo. Sarebbe quindi inopportuno limitare le possibilità di sviluppo del lavoro professionale di colleghi che pur avendone le capacità non dispongono di capitali o di credito sufficiente.
8 - LE TARIFFE
A fronte di evidenti “asimmetrie informative” fra professionista e cliente, è determinante tracciare una linea relativamente ai corrispettivi che segnali al cliente stesso qual è il livello del corrispettivo per una data prestazione sotto il quale non è più garantita la qualità minima richiesta e la correttezza della prestazione stessa. Qui non si tratta di limitare il mercato, bensì al contrario di tutelarlo nelle sue condizioni di elementare correttezza, per non ren-
dersi mandanti di comportamenti scorretti o di dequalificazione programmata della prestazione.
Naturalmente, in accordo con le indicazioni comunitarie, tali corrispettivi devono risultare di formulazione ministeriale, sulla base della documentazione fornita dai Consigli Nazionali delle varie professioni.
Compito successivo degli Ordini e dei Collegi la gestione dei corrispettivi massimi e minimi applica-
bili, nonché l’esatto accertamento della congruità della prestazione resa.
La specificità della prestazione intellettuale anche sotto questo aspetto, evidenzia tutta la sua non assimilabilità con l’attività di impresa e commerciale. Nell’ambito di una doverosa correttezza economica, la vera concorrenza nelle prestazioni professionali è di tutta evidenza che vada esercitata sulla qualità. Le conse-
guenze del prezzo minimo e della verifica dopo il risultato negativo (ex-post) sono purtroppo prevedibile, triste e troppo ripetuta esperienza.
Un tariffario nazionale, necessario e atteso, salvaguarderebbe la Categoria da tutte le attività di concorrenza sleale, anche da quelle svolte da enti che si ritengono fuori da ogni regola ordinistica e professionale.
9 - LA PUBBLICITÀ
È accettabile se correttamente ed oggettivamente informativa, mai comparativa o riferita al costo, chiaramente individuale come tale, mai ingannevole anche indirettamente nei confronti del potenziale cliente. A tutela di quest’ultimo, qualora venga fatto uso del curriculum professionale, questo deve essere completo e depositato presso l’Ordine o Collegio di appartenenza, divenen-
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A.N.M.V.I. INFORMA
do cosi documento pubblico.
La pubblicità, anche nel nostro settore, può essere una corretta forma di informazione sanitaria. Il curriculum professionale deve tener conto anche dei titoli e dei riconoscimenti conseguiti al di fuori dell’ambito universitario. Il diploma dei College Europei potrebbe non essere l’unico anche se forse è quello più significativo. È tempo che la FNOVI affronti questo argomento in piena autonomia.
10 - IL CODICE
DEONTOLOGICO
È elemento caratterizzante il sistema professionale. È lo strumento di cui si dotano gli Ordini ed i Collegi per assicurare il corretto esercizio della professione e costituisce il portato sostanziale di una professione “protetta”. Esso garantisce l’interesse collettivo ed il cittadino, con riferimento all’inevitabile asimmetria informativa che caratterizza il rapporto professionale di tipo intellettuale. Emanato dai Consigli Nazionali, è indirizzato a fini sociali.
A garanzia dei criteri di rappresentatività, imparzialità ed indipendenza il potere disciplinare derivante deve essere esercitato da organi nazionali e locali chiaramente distinti dagli organi gestionali degli Ordini e Collegi, in grado di assicurare effettiva possibilità ed efficacia di intervento e contraddittorio
Il Codice Deontologico è la base della professione. Quello veterinario tuttavia andrebbe aggiornato e posto in sintonia con le nuove finalità degli ordini e con la trasformazione che ha avuto la nostra professione. Ad esso dovrebbe af-
fiancarsi un codice di buone pratiche veterinarie, alla base di tutta l’attività, per un corretto rapporto con la nostra clientela.
11 - LE ASSOCIAZIONI
Per l’indispensabile trasparenza nei confronti del cliente va ribadita la necessità di distinguere nettamente il regime delle professioni non regolamentate da quelle regolamentate imperniate sull’esame di stato e sulla vigilanza degli Ordini e Collegi (vedi p.e. documento CUP-FAC).
Mentre appare quindi condivisibile una regolamentazione di natura privatistica delle associazioni di lavoratori esercenti attività non regolamentate e cioè di attività che contrariamente alle professioni intellettuali non incidono su interessi pubblici generali e costituzionali, non appare assolutamente accettabile la confusione e la sovrapposizione dei ruoli introdotta dal comma 1.e dell’art. 9.
Il ruolo delle Associazioni Professionali, soprattutto dopo la riforma quando il ruolo degli Ordini sarà sempre più volto alla tutela del consumatore-utente e al controllo degli standard professionali del veterinario (esame di stato, aggiornamento obbligatorio, rispetto della deontologia, ecc…), diventerà ancora più importante e necessario a difesa delle esigenze e dei diritti di tutta la categoria.
Già oggi, l’ANMVI riunendo intorno a sé associazioni di tutti i settori ed un numero di veterinari superiore al 50% degli iscritti agli Ordini, stadimostrando come una forte capacità di rappresentanza permetta di ottenere, anche a livello istituzionale, importanti risultati e riconoscimenti. ■
Libere Professioni e Fisco
Partono gli Studi di Settore, ma non per i veterinari
Per il reddito del 2000 vale ancora il Ricavometro
Tra i primi contribuenti che le Finanze sottoporranno ai criteri di accertamentoprevisti dagli studi di settore non ci sono i medici veterinari. Infatti, fra i 28 comparti ai quali si applicheranno i nuovi strumenti di controllo figurano principalmente attività del commercio, dei servizi e delle manifatture per un totale di 69 attività e di circa 3 milioni di contribuenti. Restano in cantiere 50 studi settore e con loro le migliaia di questionari SK22 inviati dalla categoria veterinaria nel luglio del 2000. Fino a quando? L’amministrazione finanziaria del governo Amato aveva predisposto un piano di lavori che il nuovo Esecutivo sembra intenzionato a mantenere e che dovrebbe portare alla validazione di un altro consistente scaglione di settori entro la fine dell’anno. Anche a costo di rinunciare a qualche comparto- aggiungono alle Finanze - sacrificato fra quelli numericamente meno rappresentativi. Ci sono quindi i margini perché la Consilp – la Confederazione delle Libere Professioni a cui l’ANMVI aderisce - riprenda i colloqui con il Ministero e faccia nuovamente valere le ragioni delle libere professioni. Già all’uscita degli Studi di Settore, la Consilp aveva infatti
Studi di settore, “ricavometro” e contabilità ordinaria
contestato i criteri di controllo previsti dai nuovi metodi di accertamento fiscale, ritenendoli penalizzanti e inadeguati a fungere da indicatori di reddito. Si ravvisava un’incongruenza nel non riconoscere da un lato il fattore di competitività interna alle libere professioni che espone al confronto con grosse realtà professionali e dall’altro nel disattendere l’esigenza di prestare servizi sempre più qualificati e qualificanti all’utenza. La competizione con grandi strutture e la garanzia di standard elevati nelle prestazioni comportano significativi sforzi d’investimento (i.e. strutture adeguate, attrezzature e strumentazioni d’avanguardia, impiego di risorse materiali ed umane, adeguamento alla normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, informatizzazione, ecc…) che contrastano con parametri di redditività che di questi stessi sforzi fanno invece degli indicatori di reddito.
Saranno questi i principali argomenti di rivendicazione delle libere professioni che il presidente della Consilp, Gaetano Stella, ribadirà al nuovo Ministro delle Finanze, forte anche della recente acquisizione della qualifica di Parte Sociale (Professione Veterinaria 5/2001 ndr). ■
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Per la determinazione del reddito dell’anno 2000 i veterinari sono ancora sottoposti ai vecchi parametri.Un buon sistema per non dover sottostare ai parametri è l’opzione della tenuta della contabilità con il regime ordinario, in questo modo è l’ufficio che deve effettivamente accertare il reddito, che non può essere calcolato in via induttiva con l’applicazione dei parametri. Il mancato adeguamento volontario ai parametri in sede di denuncia dei redditi comporterà, quasi sicuramente, una richiesta di adesione coercitiva da parte degli uffici delle imposte a distanza di qualche anno, per cui la differenza tra l’adeguamento volontario in denuncia dei redditi e l’adesione al calcolo dell’ufficio consiste nella maggiorazione degli importi da pagare in quanto nel secondo caso sono applicabili sanzioni ed interessi. Contro i parametri non c’è praticamente difesa, in quanto una volta che l’ufficio imposte ha notificato l’accertamento fatto in base ai parametri non restano che due strade: pagare o fare ricorso. Attenzione però che nel caso del ricorso (sanzioni intere e non ridotte a 1/4) l’onere della prova spetta al contribuente e non all’ufficio, per cui se non siete in grado di dimostrare con fatti concreti che nell’anno contestato avete lavorato meno per infortuni, incidenti, corsi di aggiornamento che vi hanno tenuto lontano dalla professione per mesi, o disgrazie varie è meglio adeguare il proprio reddito ai parametri in sede di dichiarazione. Si precisa inoltre che dall’ 1/1/97 i professionisti possono tenere la contabilità ordinaria solo per opzione, è caduto infatti il limite dei 360.000.000 di volume d’affari oltre il quale scattava l’obbligo, attualmente il superamento di tale limite stabilisce l’obbligo per il professionista di fare le chiusure periodiche IVA con cadenza mensile.
Per gli anni fino al 1993 i coefficienti operavano solo per i professionisti in contabilità semplificata, dal ‘95 i parametri possono essere usati anche nei confronti di chi è in contabilità ordinaria, qualora la stessa risulti inattendibile.
Rag.Alessandro Cottarelli, Cremona
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sul
trovate
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L’ANMVI chiede la “TREMONTI” anche per i veterinari
Il Presidente dell’ANMVI subito dopo le dichiarazioni del nuovo Governo orientate verso la riedizione della legge “ Tremonti” per l’incentivazione degli investimenti ha inviato al Ministero delle Finanze una richiesta, in sintonia con richieste simili espresse da altre Associazioni Professionali, affinché una nuova formulazione della legge tenga anche conto delle esigenze dei liberi professionisti. L’ANMVI ritiene infatti che anche gli investimenti degli iscritti agli Ordini dovrebbero essere incentivati soprattutto in settori, come quello veterinario, dove le strutture e le attrezzature richieste per l’attività libero professionale raggiungono livelli di spesa veramente considerevoli. Un allargamento della applicazione della legge anche alle attività
libero professionali favorirebbbe certamente la riqualificazione delle strutture già operative e sosterrebbe i giovani veterinari nello sviluppo della propria attività.
Anonimato in rete?
Il Garante italiano della Privacy ha riportato nella sua Newsletter, approvandone il contenuto, una sentenza della Corte Federale di Seattle a proposito del diritto di anonimato in rete. Il giudice Zilly ha infatti dichiarato nulla una citazione precedente che imponeva a un provider di comunicare nomi ed indirizzi di 23 “navigatori” che avevano partecipato ad un servizio di messaggistica e discussione con degli pseudonimi. La sentenza, la prima di questo genere, era stata richiesta da una associazione per le libertà dei cittadini e sicuramente diventerà per il futuro un riferimento importante a cui adeguarsi.
Eletta la nuova delSegreteria SIVELP
Il 9 giugno scorso il Congresso Straordinario del SIVeLP ha eletto i nuovi vertici dell’organizzazione. All’unanimità è stato eletto Segretario Nazionale il Collega Gastone Dalmonte. Sono stati nominati Membri della Segreteria Nazionale i Colleghi Sergio Pappalardo, Gianni Paolo Tedeschi, Paola Cassarani, Carlo Rossi, Maurizio Zulian, Lapo Strambi, Sergio Beltrame, Luca Cinali, Diego Fabris e Nando Quadrelli. A tutti vanno i migliori auguri di buon lavoro della dirigenza ANMVI con l’auspicio di future collaborazioni.
Testperprecoci la BSE
Una nuova tecnica è stata messa a punto dall’istituto di ricerca farmaceutica della Se-
Graffio del gatto: non è epidemia
L’ANMVI (Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani) attraverso la propria Società specialistica di riferimento, SIMEF (Società Italiana di Medicina Felina) a seguito dell’allarme lanciato in queste ore dalla stampa nazionale sulla Cat Scratch Disease (CSD) desidera render noto che non è esatto parlare di epidemia, trattandosi più propriamente di una patologia causata da un agente infettivo (bartonella henselae) e che, come precisato dal Presidente SIMEF dottor Tommaso Furlanello, “ la malattia è un evento fortunatamente raro e in nessun Paese al mondo, malgrado sia nota da anni, è mai stato lanciato un allarme di pericolo per la popolazione”.
Nonostante le vie di trasmissione da gatto a gatto e dal gatto all’uomo non siano ancora state definitivamente chiarite, attualmente si ritiene indispensabile la presenza delle pulci sull’animale quale veicolo di contagio. “Pur essendo presumibilmente presente da anni in Italiaprosegue il dottor Furlanello - lamalattia, a seguito di graffio, ha un’incidenza estremamente bassa Ne consegueche un corretto controllo del problema pulci sull’animale è sufficiente per eliminare i rischi di trasmissione”.
Le rare manifestazioni dell’infezione sono degne di nota in particolare nei bambini e nei pazienti immunodepressi, perché il loro sistema immunitario non ha le caratteristiche adeguate a contrastare l’infezione come invece avviene nella stragrande maggioranza degli adulti. Inoltre, è in ambienti igienicamente a rischio dove possono essere presenti anche le sole feci delle pulci e non necessariamente l’animale, che potrebbero crearsi i presupposti di un possibile contagio. Quanto al cane, più volte citato dagli organi d’informazione in relazione alla CDS, a tutt’oggi non può essere indicato in alcun modo come portatore o causa di questa malattia né nell’uomo, né negli altri animali.
rono di Ginevra per testare la malattia sugli animali vivi : si basa sulla possibilità di moltiplicare in provetta in tempi rapidissimi quantità molto basse di prioni alterati. Il test funzionerebbe anche in presenza di quantità ridotte di prioni che si trovano nel sangue o in altri tessuti periferici quando la malattia è agli esordi e non ha ancora manifestato sintomi clinici.
Ad oggi i casi di mucca pazza sono fermi a 15 per un totale di 128 mila analisi. Intanto, mentre i consumi di carne riprendono al ritmo di periodiche impennate, si fanno i conti con le 140 mila bestie rottamate che, non sottoposte a test, sfuggono alla sorveglianza epidemiologica e impediscono di dire l’ultima parola sulla reale incidenza che la BSE ha avuto nel nostro Paese.
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In conclusione, si ritiene di poter rassicurare i proprietari di gatti e la stessa opinione pubblica nei riguardi del rapporto uomo-animale, ribadendo il carattere patologico dell’infezione ed i suoi elevati margini di prevenzione. La SIMEF che già da tempo studia la CDS continuerà ad occuparsene nell’ambito del proprio lavoro di aggiornamento specialistico per i medici veterinari e di divulgazione al pubblico. I proprietari possono quindi trovare nel proprio veterinario di fiducia, alla luce della sua preparazione e del suo costante aggiornamento, una garanzia di informazione corretta e scientificamente fondata, nonché i consigli per un’efficace prevenzione.
Ufficio Stampa ANMVI/SIMEF Comunicato stampa del 13-06-2001
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A.N.M.V.I. IN BREVE
Aspetti medico-legali nella compravendita di animali
In questi ultimi anni alcuni cittadini,a seguito della scoperta di una patologia nel cane acquistato da poco, si rivolgono al medico veterinario al fine di conoscere quali sono i loro diritti nei confronti del venditore. Il compratore, una volta informato dal veterinario dello stato clinico del cane, delle caratteristiche della malattia, delle spese che dovrà affrontare per le cure necessarie ma, soprattutto, messo a conoscenza dal medico veterinario che sicuramente la patologia o le cause scatenanti tale malattia erano precedenti al momento dell’acquisto, si sente leso nei suoi interessi e vuole intraprendere azioni di rivalsa nei confronti del venditore. In particolare, molte delle richieste sono riferite ad una patologia ereditaria come, ad esempio, la displasia dell’anca.
Analoghe richieste di consulenze pervengono al veterinario da allevatori di cani che si vedono chiamati in causa da parte di acquirenti, qualche volta anche a distanza di anni dalla vendita, in quanto li ritengono responsabili dei difetti che di recente si sono palesati.
Nel presente lavoro illustriamo alcuni degli aspetti legali che regolano la compravendita di animali, in particolare la garanzia per vizio redibitorio ma, lo scopo principale è quello di fornire indicazioni utili a tutte le persone coinvolte nell’argomento (allevatori, commercianti, acquirenti, medici veterinari) in modo da poter limitare, per quanto possibile, il contenzioso o arrivare alla soluzione della controversia nel modo più rapido ed indolore possibile.
Il ruolo del medico veterinario in tema di compravendita di animali, anche se non è parte direttamente interessata, è fondamentale. Il professionista sanitario si vede coinvolto in controversie medico legali da parte dei suoi clienti siano essi venditori o compratori. Nel rapporto veterinario-acquirente, la diagnosi della malattia o delle cause che l’hanno provocata è di solito la molla che fa partire il contenzioso. Nel rapporto venditore-veterinario, quest’ultimo verrà consultato per dimostrare o che tale patologia non può essere imputata al venditore, oppure sulle possibili soluzioni per correggere il difetto derivato, ecc. In ogni caso, si ritiene che il medico veterinario dovrebbe integrare la sua preparazione scientifica con delle conoscenze medico-legali,
in tal modo potrà informare e/o consigliare i suoi clienti anche in materia di natura legale, aumentando così la sua professionalità.
LA COMPRAVENDITA DEGLI
ANIMALI NELLA LEGGE
La compravendita dei beni viene disciplinata dal Codice Civile (C.C.) e viene definita come la manifestazione della volontà bilaterale o plurima, per cui una delle parti (venditore) promette all’altra (compratore) di cederle la proprietà di una cosa ovvero di trasmetterle qualsiasi diritto, sempre dietro promessa di ricevere un corrispettivo in denaro. Un riferimento specifico alla “vendita di animali” si trova nell’art. 1496 C.C. che, però, è riferito soltanto ad un aspetto particolare della compravendita, quello relativo alla garanzia per vizi, che si vedrà in seguito. Risulta pertanto che la compravendita degli animali rientra nelle disposizioni generali del C.C. Premesso quanto sopra, il C.C. impone determinati obblighi sia al venditore sia al compratore.
Se quest’ultimo è tenuto a pagare il prezzo convenuto, tra le obbligazioni principali del venditore (art. 1476 C.C.), si sottolinea che il venditore garantisce sempre l’animale da vizi, salvo patto contrario. L’art. 1490 C.C. ribadisce tale obbligo in quanto dispone che “Il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all’uso a cui è destinata o ne diminuisca in modo apprezzabile il valore” . Ma, cosa s’intende per vizio in materia di contenzioso civile?
Concetto di vizio redibitorio I vizi sono imperfezioni materiali della cosa tali da incidere sulla sua utilizzabilità o sul suo valore.
Riferito alla vendita di animali possiamo dire che i difetti, le patologie o le malattie che compromettono la funzionalità dell’animale o diminuiscono il suo prezzo possono definirsi vizio. Fermo restando questo concetto, dobbiamo però precisare che soltanto determinati vizi sono coperti da garanzia. Infatti, non si può responsabilizzare il venditore per fatti o eventi che si sono verificati successivamente alla compravendita dell’animale.
In campo civilistico i vizi coperti da garanzia, che consentono all’acquirente di chiedere la risoluzione del contratto (azione redibitoria) sono definiti vizi redibitori . Affinché un vizio possa essere considerato redibitorio de-
ve avere le seguenti caratteristiche:
Pregresso: il vizio, cioè la patologia che manifesta l’animale oppure le cause da cui deriva, debbono essere preesistenti al momento del contratto.
Occulto: al momento dell’acquisto il vizio non doveva essere apparente o facilmente riconoscibile. Un difetto è apparente quando emerge alla vista senza un minimo sforzo nella sua osservazione (cane con tre zampe!). Sarà, invece, facilmente riconoscibile quando si manifesta ad un esame sia pure superficiale e sarà evidenziato se l’acquirente usa una media diligenza da bonus pater familiae (zoppia).
Grave: il vizio deve essere tale da influire sulla funzionalità del soggetto. Il concetto di gravità deve essere in rapporto al grado di inettitudine all’uso o diminuzione di uso e comunque deve essere inteso nel senso che se al compratore fosse stato noto il difetto, non avrebbe concluso il contratto.
Sono pertanto coperti da garanzia i vizi redibitori,in quanto possono dar luogo all’azione redibitoria,che debbono essere preesistenti al momento della vendita,oppure vizi insorti dopo ma derivanti da cause preesistenti,nonché occulti e gravi.
La garanzia
Lo scopo fondamentale della vendita consiste nel fare acquistare al compratore la titolarità del diritto trasferito e la libera disponibilità della cosa compravenduta; pertanto, la legge tutela il compratore nel caso in cui venga disturbato nel godimento del bene acquistato.
La garanzia è un patto offerto a tutela del compratore che afferisce naturalmente al contratto di cui si parla nell’art. 1487 C.C.: “I contraenti possono aumentare o diminuire gli effetti della garanzia e possono altresì pattuire che il venditore non sia soggetto a garanzia alcuna”.
Bisogna tener presente che la garanzia per vizi nell’animale è tacita e quindi, anche se non è stata espressamente dichiarata al momento della stipulazione del contratto, è dovuta da parte del venditore. Nulla vieta che le parti, al momento del contratto possano aumentare, diminuire o escludere la garanzia per vizi della cosa. In questi casi dovrà essere espressamente dichiarata, non necessariamente anche
per scritto, ma documentata. Inoltre, si deve ricordare che “Il patto con cui si esclude o si limita la garanzia non ha effetto, se il venditore ha in mala fede taciuto al compratore i vizi della cosa” (art. 1490 C.C., secondo comma).
È molto importante che il compratore, all’atto della consegna, verifichi la cosa per non incorrere, poi, nella eccezione che potrebbe venire sollevata dal venditore in base all’art. 1491 del C.C. Tale articolo, trattando della esclusione della garanzia, afferma: “Non è dovuta la garanzia se al momento del contratto il compratore conosceva i vizi della cosa (mala fede) ; parimenti non è dovuta, se i vizi erano facilmente riconoscibili , (il vizio deve essere occulto sia per il venditore che al compratore)”.
Effetti della garanzia
In presenza di vizio redibitorio nell’animale, il compratore può, a sua scelta, e non del venditore, in base all’art. 1492 C.C., chiedere
• la risoluzione del contratto (azione redibitoria) che consiste nella restituzione dell’animale nelle stesse condizioni in cui si trovava all’atto della compravendita da parte del compratore, mentre il venditore dovrà restituire la somma pagata oppure
• la riduzione del prezzo (azione quanti minoris o estimatoria) consistente in una riduzione del prezzo pattuito a fronte della diminuzione della funzionalità che ne è derivata.
Tuttavia il legislatore stabilisce i termini temporali entro i quali il compratore può far valere i suoi diritti in presenza di vizio redibitorio. In tema di compravendita in generale il C.C stabilisce che la denuncia al venditore deve essere fatta entro 8 giorni dalla scoperta del vizio (termine di decadenza) e comunque entro un anno dalla consegna dell’animale (termine di prescrizione). L’art. 1496 C.C. concernente la compravendita degli animali dispone che “La garanzia per vizi è regolata dalle leggi speciali o, in mancanza, dagli usi locali. Se neppure questi dispongono, si osservano le norme che regolano la compravendita in generale”. In relazione alla prevalenza degli usi sul C.C. bisogna precisare che le malattie che vengono elencate nelle raccolte di usi e consuetudini provinciali hanno validità giuridica nel senso che quelle indicate sono considerate
di Maria Del Carmen, Moreno Lopez*
* Istituto di Medicina Legale e Legislazione Veterinaria, Università degli Studi di Milano
gravi per uso e consuetudine. Questo non vuol dire che siano gli unici difetti che possano ritenersi redibitori in quanto, qualsiasi patologia se pregressa, occulta e grave, anche se non inclusa nell’elenco, è da considerarsi vizio redibitorio. Inoltre, come affermato dalla giurisprudenza, gli usi che fanno risalire il termine di decadenza a 8 giorni dalla consegna dell’animale, anziché dalla scoperta, non sono validi in quanto contrari alla norma generale: “È illeggitimo e, pertanto, non applicabile l’uso locale che fa decorrere il termine per la denuncia dei vizi occulti dalla consegna dell’animale (Sent. Corte Cass. N. 1834 del 27.6.1942 e ribadita nella Sent. Corte Cass. N. 599 del 27.2.54)” La mancata o intempestiva denuncia dei vizi dell’animale, nel termine di 8 giorni dalla scoperta (e comunque prima del decorso dell’anno dalla consegna, termine di prescrizione) è configurata dalla legge come una causa di decadenza del diritto del compratore alla garanzia. Il termine decorre, in ogni caso, dal giorno della loro scoperta. In riferimento a questo ultimo aspetto esiste giurisprudenza contrastante: alcune sentenze affermano che il termine inizia dal momento in cui il compratore acquisisce la certezza obiettiva dell’esistenza completa del vizio e non dal semplice sospetto, mentre altre sentenze dispongono che parte dalla data in cui semplicemente si comincia a manifestare il vizio e non già alla individuazione del rapporto causa-effetto. È consigliabile però che l’acquirente denunci il vizio appena abbia il sospetto; di fatto egli non è tenuto a fare una denuncia analitica e precisa del difetto, ma può limitarsi ad una denuncia generica che valga a mettere sull’avviso il venditore, salvo precisare in un secondo momento la natura e l’entità del vizio riscontrato. Per quanto riguarda le modalità di comunicazione della denuncia può essere effettuata con qualsiasi mezzo idoneo di trasmissione, anche via telefonica. Sarebbe opportuno però che venisse effettuata attraverso mezzi che lascino al denunciante la prova dell’avvenuta comunicazione (raccomandata, telegramma, fax, ecc.). La tempestività nella denuncia è riferita al momento in cui essa è emessa, se effettuata per posta, e non a quello in cui è ricevuta dal destinatario.
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ATTUALITÀ
In precedenza abbiamo riportato le possibili azioni che il compratore può, a sua scelta, domandare al venditore in caso di esistenza di vizio nell’animale: azione redibitoria oppure azione quanti minoris. Tuttavia il C.C. dispone che in caso di morte dell’animale portatore di vizio redibitorio, per cause fortuite o colpa del compratore non collegate alla presenza del vizio nonché in caso che siano stati effettuati atti di proprietà sul soggetto (castrazione, taglio delle orecchie, ecc.), che non consentono di restituire l’animale nelle stesse condizioni in cui si trovava al momento della vendita, il compratore può soltanto chiedere l’azione estimatoria; se invece, la morte dell’animale è stata una conseguenza del vizio di cui era affetto, il compratore ha diritto alla risoluzione del contratto.
Nell’azione redibitoria o quanti minoris il compratore ha diritto al rimborso spese ed al risarcimento danni anche se il venditore è in piena buona fede: “Nella vendita la garanzia per i vizi è dovuta per il fatto oggettivo della loro esistenza, indipendentemente da ogni presupposto di colpa del venditore” (Sent. Sez. II della Cassazione Civile n. 914 del 15.02.1986).
In tema di responsabilità risarcitoria del venditore per i vizi della cosa l’acquirente può anche chiedere soltanto che gli venga risarcito il danno costituito dalle spese necessarie per eliminare i vizi dell’animale comprato nonché dei possibili danni arrecati a causa dei vizi della cosa (ad esempio malattia contagiosa trasmessa ad altri animali) senza rivendicare la risoluzione del contratto.
CONCLUSIONI
Non c’è dubbio che il momento della stipulazione del contratto di compravendita di animali, verbale o scritto che sia, rappresenta uno dei punti cruciali in quanto tale dichiarazione dimostra la volontà delle parti al trasferimento della proprietà dell’animale (venditore) verso il corrispettivo di un prezzo (compratore) nelle condizioni fissate nel contratto. Normalmente i contratti di compravendita di animali sono di tipo verbale. In tali casi bisogna sempre ricordarsi che la garanzia legale per vizio è tacita e, cioè, a meno che i contraenti oralmente non dispongano in maniera diversa, esiste sempre. Nel caso di contratti di compravendita scritti, l’acquirente deve stare molto attento a quello che c’è scritto in quanto, in qualche occasione, il venditore sottopone alla sua firma dichiarazioni che escludono o limitano fortemente la garanzia per vizi, oppure riportano clausole che giocano a suo favore, ad esempio proponendo la sostituzione dell’ani-
male viziato con un altro animale invece della restituzione del prezzo pagato, venendo così a cadere il diritto alla azione redibitoria o estimatoria. Infatti, sebbene questa ultima soluzione sembri offrire una maggiore garanzia a tutela del compratore, bisogna tener presente il rapporto affettivo che si instaura tra il proprietario ed il cane acquistato, essendo poco probabile che il compratore sia disposto a re-
stituire il proprio animale in cambio di un altro. Sarebbe auspicabile che sia l’allevatore, sia il commerciante, sia il compratore attuassero dei comportamenti ben precisi e chiari prima di arrivare alla firma del contratto in modo di evitare oppure limitare il contenzioso. Sicuramente l’allevatore che si sforza di migliorare la produzione dei propri cani, ad esempio sottoponendoli a diagnosi di
malattie ereditarie ed eliminando dalla riproduzione i soggetti portatori, oltre a migliorare la sanità degli animali eviterebbe una dispersione di risorse finanziarie in campo legale. Il commerciante che propone al suo cliente le garanzie più convenienti previste dalla norma, amplificazione della garanzia per determinate malattie, invece di limitarla o escluderla, dimostra la sua buona fede oltre a riflettersi positiva-
mente sui comportamenti di lealtà commerciale. Il compratore, oltre al dovere di avere un minimo di diligenza nella osservazione dell’animale che si propone acquistare, in modo da poter rilevare difetti di facile percezione, potrebbe farsi dichiarare dal venditore l’assenza di vizi nell’animale oppure aumentare il termine di garanzia al fine di autotutelarsi in caso di ulteriore controversia. ■
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Riflessioni sul Disegno di Legge 6583 sui Cani Pericolosi
Lesioni da combattimento e obbligo di segnalazione all’autorità giudiziaria
La pubblicità data sulla stampa all’approvazione, durante la passata legislatura da parte della Camera dei deputati, del testo di legge avente ad oggetto “Divieto di impiego di animali in combattimento” (DdL 6583 approvato il 30 novembre 2000 ndr) ha suscitato un profondo interesse intorno all’obbligo, previsto in capo ai veterinari, di segnalare all’autorità giudiziaria i casi sospetti di lesioni su animali, se ragionevolmente riconducibili a combattimenti o competizioni cruente.
Tale obbligo, contenuto ex art. 3) del predetto disegno di legge non è vigente all’oggi non essendosi concluso l’iter parlamentare per l’approvazione della legge prima della fine della legislatura. Le problematiche e gli interrogativi che l’eventuale iscrizione nel nostro ordinamento di un tale obbligo suscita, sono però, meritevoli di attenzione dal momento che si può ragionevolmente prevedere che l’articolato in questione possa venire ripresentato in Parlamento.
Si rende necessario precisare che l’art. 3) della proposta di legge “obblighi dei medici veterinari ” così recita: “1) I medici veterinari che nell’esercizio della professione hanno curato o visitato animali per lesioni che possono essere ragionevolmente riferibili ai combattimenti o alle competizioni di cui all’art.1) comma 2” vale a dire a combattimenti e/o competizioni cruente tra animali che si andrebbero a vietare “ inoltrano segnalazioni all’autorità giudiziaria.2) Salvo
che il fatto costituisca reato il medico veterinario che omette o ritarda di effettuare la segnalazione di cui al comma 1 è punito con la sanzione amministrativa da £.500 mila a lire 2 milioni”.
La prima domanda che occorre porsi dalla disamina di detto articolo è se con l’entrata in vigore di una tale norma il veterinario sia obbligato a segnalare all’autorità giudiziaria solo il fatto di aver riscontrato su animali curati e/o visitati ferite riconducibili a combattimenti cruenti o anche a segnalare i dati identificativi del soggetto detentore e/o proprietario dell’animale che ne ha richiesto la cura.
Dalla disamina della proposta di legge (che preciso al momento non è ancora stata ripresentata) sembra proprio che si debba ritenere che il veterinario sia tenuto a segnalare anche i dati identificativi di colui/colei che gli ha richiesto la prestazione professionale a favore dell’animale.
Se, infatti, è pur vero che il disposto, se venisse approvato nella formulazione qui riportata, non specifica che il veterinario debba fornire i dati del proprietario/detentore dell’animale, risulta alquanto improponibile nella pratica che, in virtù di tale norma, l’autorità giudiziaria, a seguito della segnalazione, non approfondisca con il veterinario le circostanze del richiesto intervento di cura richiedendo, altresì, informazioni sul cliente del veterinario che, come è noto, non è l’animale ma l’uomo o la donna che l’animale detengono.
Fuori dai casi in cui oggetto di cu-
ra è un animale abbandonato o ricoverato in strutture a ciò abilitate, è più che lecito presupporre che il cliente del veterinario non può che essere il soggetto responsabile del coinvolgimento e uso dell’animale in quei combattimenti e/o competizioni cruente che si vorrebbero vietare e sanzionare penalmente. Premesso doverosamente che è auspicabile che un tale reato trovi ingresso nel nostro ordinamento e che la condotta di coloro che organizzano e coinvolgono animali di loro proprietà in tali attività venga giustamente punita quale segno di civiltà reputo, nel contempo, una forzatura inaccettabile che il perseguimento di un tale reato coinvolga i veterinari attribuendo loro obblighi di segnalazione o refertazione all’autorità giudiziaria che i medici non hanno in situazioni similari, con riferimento all’incolumità degli assistiti.
L’art. 365 c.p. dispone: “Chiunque, avendo nell’esercizio di una professione sanitaria prestato la propria assistenza od opera in casi che possono presentare i caratteri di un delitto per il quale si debba procedere d’ufficio, omette o ritarda di riferirne all’Autorità indicata nell’articolo 361, è punito con la multa fino a lire un milione. Questa disposizione non si applica quando il referto esporrebbe la persona assistita a procedimento penale”.
Con tale disposizione si è, dunque, voluto preservare chi esercita una professione sanitaria, dall’obbligo di riferire all’autorità giudiziaria l’attività prestata a favore di un soggetto se tale segnalazio-
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ne esponga la persona assistita a procedimento penale.
Tale disposizione è riferibile anche ai veterinari?
Non vi è dubbio che oggetto di cura sia l’animale ma è pur vero che cliente del veterinario, persona dunque che chiede assistenza in favore di un bene che ha in custodia o di cui è proprietario, è una persona che, a seguito della segnalazione di cui qui trattiamo, verrebbe sottoposta a procedimento penale.
Il veterinario, se entrasse in vigore l’obbligo de quo, si troverebbe, dunque, in una posizione di vera disparità rispetto ai medici.
La ratio dell’art. 365 II°comma
c.p. è quella di garantire a tutti, anche a chi delinque, il diritto di ricorrere alle cure dei sanitari senza temere di essere perseguiti e puniti.
Nell’ordinamento è, dunque, prevalso un principio che privilegia e tutela la salute dei delinquenti sacrificandovi non certo il diritto e obbligo dello Stato di perseguire e punire la commissione di reati ma la possibilità di più agevoli indagini.
Ma, allora e proprio se si vuole aderire a quella corrente di pensiero etico che intende affrancare gli animali dal loro status giuridico di mera res, non è auspicabile garantire anche ad essi il diritto ad essere curati?
Gli animali vittime di lesioni perché coinvolti in combattimenti e/o manifestazioni cruente non possono certo essere curati in assenza di qualcuno/a che si rivolga al veterinario per richiedere, in loro favore, la prestazione zooiatrica. Se il progetto di legge in questione venisse ripresentato in Parlamento e l’art. 3) venisse approvato nella formulazione sopra riportata, quale di quei delinquenti che coinvolgono i propri animali in combattimenti e/o manifestazioni cruente li sottoporrebbe,in caso di lesioni,alle cure veterinarie?
La domanda è retorica perché la risposta non può che essere: nessuno
Gli animali, non solo verrebbero utilizzati a fini perversi ed esecrandi, ma verrebbero lasciati morire per il timore dei loro detentori/proprietari di essere denunciati dai veterinari e quindi perseguiti e puniti dall’autorità giudiziaria.
Questi primi spunti di riflessione dovrebbero servire non solo per aprire un dibattito fra i veterinari ma anche per sollecitare il legislatore ad una diversa e più chiara formulazione dell’art. 3) sopra ri-
a cura di Maria Teresa Semeraro Avvocato, Bologna
portato, affinché, quantomeno, venga espressamente chiarito che l’obbligo di segnalazione del veterinario si limiti all’obbligo di notiziare l’autorità giudiziaria della mera circostanza di aver curato un animale le cui lesioni siano ragionevolmente riconducibili alla partecipazione a combattimenti e/o manifestazioni cruente, senza nulla dover obbligatoriamente aggiungere in merito al soggetto che ha richiesto la cura.
Non si ritiene, infatti, sufficiente per la tutela del diritto alla cura che va riconosciuto anche agli animali, aver previsto per i veterinari che violano l’obbligo di segnalazione una sanzione amministrativa invece che penale, viste le conseguenze penali che, comunque, conseguono alla segnalazione con riferimento ai soggetti che chiedono al veterinario l’assistenza zooiatrica. ■
Associazioni: un diritto difendere gli iscritti
Agire in giudizio per la tutela degli interessi degli associati è legittimo. Se ce n’era bisogno, lo hanno ribadito il Tar di Catania e della Sardegna impegnati in ricorsi da parte di associati di categoria, sottolineando come le associazioni esercitino un diritto di rappresentanza previsto, tra l’altro, dagli stessi Statuti. Recita infatti l’articolo 3 dello Statuto ANMVI: “l’ANMVI si propone di favorire e tutelare l’immagine, la dignità e gli interessi del medico veterinario e di tutta la categoria veterinaria nelle sue varie espressioni professionali, anche nei confronti di altre categorie professionali, attuando le iniziative più opportune, in conformità con le leggi vigenti, per il conseguimento dei fini statutari, compresa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi della categoria.” Il diritto delle associazioni di categoria di agire in giudizio deve avere come presupposto un interesse collettivo cioè proprio della categoria interamente considerata, non dei singoli associati.
PROFESSIONE VETERINARIA 6/2001 24 RUBRICA LEGALE
3°CONGRESSO SIVAR Cremona 1-2-3 giugno 2001 Lit.25.000+spese di spedizione Atti SIVAR 1999 +2000 +2001 Lit.50.000 +spese di spedizione INVIAREL’ORDINEA E.V. S R L.- VIA TRECCHI,20 - 26100CREMONA FAX 0372/457091 - TEL.0372/403507
Le agevolazioni per l’imprenditoria femminile
Prendiamo lo spunto da un quesito formulato da una giovane laureanda in Medicina Veterinaria che richiedeva chiarimenti sulla possibilità per i professionisti di svolgere la loro attività sotto forma di società1 anziché sotto forma di associazione professionale.
In merito a tale problema si fa presente che la legge Bersani (Legge 7 agosto 1997 n. 266) ha, in linea teorica, stabilito la possibilità di svolgere l’attività professionale anche sotto forma di società commerciale.
La legge comunque diverrà operativa solamente dopo l’emanazione del Regolamento attuativo
Pertanto allo stato attuale valgono ancora le vecchie regole e l’unica forma consentita per lo svolgimento “in società” dell’attività professionale è quella dell’associazione professionale.
Detto questo è opportuno segnalare che è comunque possibile svolgere attività veterinarie con imprese costituite sotto forma di società commerciali (vedi nota 1); è possibile ad esempio creare cliniche veterinarie ove verranno ef-
IVA e applicazione di microchip
La circolare del Ministero delle Finanze n. 12 del 29 febbraio 1992 chiarisce che:
....le prestazioni di medicina veterinaria svolte dalle Unità Sanitarie Locali nell’ambito delle finalità generali di tutela della salute pubblica esulano dal campo di applicazione dell’IVA in quanto le stesse, rese in veste di pubblica autorità non realizzano esercizio di attività commerciale .......”
ll Ministero quindi richiede, affinché taluni prestazioni siano escluse da IVA, i seguenti due requisiti:
1) siano svolte nell’ambito delle finalità generali di tutela della salute pubblica;
2) siano rese (dalle USL) in veste di pubblica autorità. Realizzandosi i predetti due requisiti le prestazioni sono escluse da IVA ai sensi dell’art. 4 comma 1, DPR 633/72 in quanto le stesse non realizzano esercizio di attività commerciale.
La Regione Veneto nella circolare 11675/20420 del 28/7/1999 afferma che la Direzione Regionale delle Entrate per il Veneto, a cui erano stati chiesti chiarimenti in merito al trattamento fiscale delle prestazioni rese dalle USL nell’ambito della gestione dell’anagrafe canina, aveva precisato che le predette prestazioni poste in essere “... dai veterinari delle AzULSS o, su delega delle stesse, dai veterinari autorizzati .... si debbano considerare prestazioni di igiene pubblica veterinaria .... e come tali escluse dal campo applicativo dell’IVA.”
Da una interpretazione letterale si evince che, per essere escluse dal campo applicativo dell’IVA, le predette prestazioni devono essere rese dalla USL oppure da medici veterinari DELEGATI dalle USL.
Si sottolinea che la “delega” ha una precisa connotazione giuridica nel senso che il delegato (medico veterinario) nel momento in cui esegue una prestazione su incarico del delegante (USL) agisce in nome e per conto del delegante stesso.
L’autorizzazione delle USL, ai medici veterinari per l’applicazione del microchip è cosa ben diversa dalla “delega”.
Il medico veterinario “autorizzato” agisce in nome e per conto proprio ed i compensi percepiti concorreranno a formare il suo reddito professionale e secondo noi dovrebbero essere regolarmente assoggettati ad IVA.
Il medico veterinario “delegato” agisce in nome e per conto della USL ed i compensi pagati dai privati sono compensi spettanti alle USI, che successivamente potrebbe compensare il medico veterinario per la prestazione resa in qualità di “delegato”. In tal caso i predetti compensi sarebbero esclusi dal campo applicativo dell’IVA come sufficientemente chiarito dalla citata circolare Ministeriale n. 12 del 29.2.1992.
fettuate medicina, chirurgia, diagnostica, degenza ed in genere tutte le indagini e cure necessarie per la salute degli animali. Nella clinica naturalmente presteranno la propria opera medici veterinari, ciascuno con la propria partita IVA.
I soci della società che gestirà la clinica veterinaria non devono essere necessariamente medici veterinari; occorrerà invece la presenza di un direttore sanitario secondo quanto disposto dalle norme vigenti.
AGEVOLAZIONI PER L’IMPRENDITORIA FEMMINILE
Fatte queste debite premesse entriamo adesso nell’argomento specifico di questo articolo e cioè le agevolazioni finanziarie per l’imprenditoria femminile con la precisazione che è già scaduto il 31 maggio 2001 il termine per la presentazione delle richieste di agevolazione stabilite dalla legge 25.02.1992, n. 215, ed occorrerà attendere la riapertura dei termini per la presentazione di nuove istanze.
SOGGETTI BENEFICIARI
Le agevolazioni stabilite dalla citata legge spettano a tutte le imprese (sia sotto forma di ditta individuale che sotto forma di società), operanti su tutto il territorio nazionale, a prevalente partecipazione di donne e che siano qualificabili fra le “piccole imprese”.
In particolare per usufruire i requisiti richiesti sono i seguenti.
Partecipazione femminile
•imprese individuali in cui il titolare sia una donna;
•società di persone in cui il numero delle donne rappresenti almeno il 60% dei componenti la compagine sociale (indipendentemente dalle quote di capitale possedute);
•società di capitali in cui le donne detengano almeno i due terzi del capitale sociale e rappresentino i due terzi del totale dei componenti dell’organo amministrativo.
Piccola impresa
Il decreto del Ministero dell’industria del 18.09.1997 stabilisce che sono considerate piccole imprese quelle che possiedono tutti i tre seguenti requisiti:
•hanno meno di 50 dipendenti;
•hanno un fatturato annuo fino a 7 milioni di Euro oppure un totale delle attività di bilancio fino a 5 milioni di Euro;
•non sono controllate da società che superano i predetti limiti.
Iniziative ammissibili
I programmi di investimento per i quali è possibile richiedere le agevolazioni devono riguardare:
•l’avvio di attività imprenditoriali (solo da parte di soggetti che precedentemente alla realizzazione del programma non svolgevano altre attività imprenditoriali);
•acquisto di attività preesistenti mediante cessione d’azienda o di ramo d’azienda od anche di locazione per una durata di almeno 5 anni;
•realizzazione di progetti di ampliamento e ammodernamento di attività preesistente; Ciascuna domanda può contenere solamente uno dei programmi sopra individuati e deve riguardare una sola unità locale; nell’ipotesi di richiesta di agevolazioni per più programmi o più unità locali sarà necessario presentare una domanda per ciascuna iniziativa.
Spese ammissibili Sono ammesse all’agevolazione solamente le spese relative a programmi di investimento avviati a partire dal giorno successivo a quello di presentazione del modulo di domanda.
Ove la domanda di agevolazione venga presentata per la richiesta del contributo con la regola “de minimis” (di cui si dirà in seguito), le agevolazioni possono riguardare anche investimenti effettuati prima della presentazione della domanda, purché dopo la scadenza del precedente bando. Occorre segnalare che i beni acquistati con le agevolazioni non possono essere ceduti per un periodo di almeno 5 anni dalla data di concessione a pena di revoca totale o parziale delle agevolazioni concesse.
In dettaglio le spese ammissibili all’agevolazione sono le seguenti:
•impianti generali (impianto elettrico, riscaldamento o condizionamento, antincendio, idraulico, antifurto, ecc.);
di Giovanni Stassi Dottore Commercialista, Torino
•macchinari e attrezzature, arredi connessi allo svolgimento dell’attività, strutture prefabbricate e removibili;
•brevetti; •software;
•opere murarie, ivi comprese le spese di progettazione e direzione lavori, nel limite del 25% del totale delle spese ammissibili per beni materiali;
•studi di fattibilità e piani d’impresa.
Si segnala inoltre che:
•sono esclusi dall’agevolazione i beni usati (ad eccezione di quelli compresi nell’acquisto di attività preesistenti);
•gli investimenti possono essere realizzati sia tramite acquisto diretto che tramite locazione finanziaria;
•i pagamenti relativi a beni di costo superiore a lire 1 milione non possono essere effettuati in contanti.
Misura dell’agevolazione
L’agevolazione prevista dalla legge consiste in un contributo a fondo perduto (qualificato come contributo in conto capitale) determinato sulla base degli investimenti ammessi e variabile in relazione alla localizzazione dell’iniziativa. L’agevolazione viene misurata in percentuale di ESN (equivalente sovvenzione netto) e di ESL (equivalente sovvenzione lordo) secondo calcoli molto complessi che tengono conto dell’effettivo beneficio di cui l’impresa gode. In alternativa a tale determinazione dell’agevolazione, l’impresa può richiedere la determinazione del contributo con la regola “de minimis”.
Tale regola prevede la concessione di un contributo massimo erogabile a ciascuna impresa, di 100.000 Euro nel corso di un triennio.
Le percentuali di contributo erogabile in relazione alla localizzazione dell’iniziativa sono evidenziate nella tabella 1.
Tabella 1
Zona territorialePercentuale del contributo
Regioni Calabria, Basilicata, Campania, Puglia, Sardegna, Sicilia75%
Comuni delle regioni dell’Abruzzo e del Molise ammessi alla deroga 87,3,c)65%
Comuni delle regioni Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Toscana, Umbria, Valle D’Aosta, Veneto e delle Province Autonome di Trento e Bolzano ammessi alla deroga 87,3, c)60%
Restanti zone50%
PROFESSIONE VETERINARIA 6/2001 25
RUBRICA FISCALE
Procedura per la richiesta delle agevolazioni
Le domande per la richiesta delle agevolazioni possono essere presentate solamente durante il periodo di apertura dei bandi che vengono fissati con decreti ministeriali. L’ultimo bando è scaduto il 31 maggio 2001 come già detto in premessa.
La domanda deve essere predisposta su modelli appositi composti da un modulo di richiesta e
RUBRICA FISCALE
da una scheda tecnica avendo cura di allegare tutta la documentazione richiesta.
Le domande devono essere presentate a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento:
•alla Regione o alla Provincia autonoma nel caso di iniziative ubicate in Piemonte, Lombardia, Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Campania, Molise, Basilicata, Puglia, Calabria, Si-
cilia e Sardegna; •al Ministero dell’Industria in tutti gli altri casi (con copia della domanda per conoscenza alla Regione di ubicazione dell’iniziativa).
1Per tali intendendosi quelle definite dal Codice civile nel Libro quinto, Titolo V, Capi III, IV, V, VI e VII, e cioè le società in nome collettivo e in accomandita semplice, società per azioni, in accomandita per azioni e società a responsabilità limitata.
Dichiarazione dei redditi: ora è solo on line
Icontribuenti italiani potranno fare a meno di carta e penna,da quest’anno,infatti, per compilare la dichiarazione dei redditi: Unico 2001 possono scaricare e compilare sul loro computer il modello, per poi inviarlo all’ufficio imposte via Internet. Il Ministero delle Finanze, con l’obiettivo di ridurre sempre di più il numero di coloro che consegnano il modello cartaceo in banca o alle poste, ha deciso di attivare la distribuzione dei modelli elettronici per le dichiarazioni dei redditi. Per presentare Unico 2001 via Internet é necessario disporre di un codice Pin, cioè un numero di identificazione personale, che consente l’accesso al sistema del ministero e, soprattutto, permette di firmare elettronicamente in modo certo ed inequivocabile la dichiarazione. Come vedremo successivamente, la richiesta può essere fatta via computer ma deve essere presentata con il giusto anticipo perché solo una parte del codice viene fornita online: le rimanenti cifre del codice vengono infatti, per questioni di sicurezza, inviate per posta. Il termine ultimo per la consegna della dichiarazione online di Unico è il 31 ottobre, ma le prime scadenze per i versamenti erano state fissate per il 20 giugno. Naturalmente, i contribuenti che, pur non disponendo di un computer vogliono inviare la dichiarazione via Internet, possono rivolgersi agli oltre quattrocento uffici delle entrate dove sarà possibile avere assistenza per la compilazione e informazioni di prima mano per l’invio telematico. Sarà anche possibile anche pagare le imposte online: l’addebito sul proprio conto bancario sarà effettuato dall’istituto di credito l’ultimo giorno utile. Dal 1 gennaio 2001, quindi, la presentazione di tutte le dichiarazioni (redditi IVAIRAP770, sia in forma unificata che in forma disgiunta), può essere effettuata
Spese veterinarie: detrarre quelle per gli animali da compagnia
Il Decreto applicativo della Legge 21/11/2000 (i.e. Collegato Fiscale alla Finanziaria 2000) che individua le tipologie di animali per le quali spetta la detraibilità delle spese veterinarie è dato in pubblicazione a giorni dal Ministero delle Finanze. Precisando che per spese veterinarie vanno considerate le prestazioni veterinarie documentate da fattura del professionista veterinario, i nostri consulenti fiscali suggeriscono di indicare fin da ora in detrazione le spese sostenute nel 2000 per tradizionali animali da compagnia. Infatti, mentre per alcune tipologie di animali, es. i nuovi animali da compagnia, è consigliabile attendere il testo del Decreto.
esclusivamente in via telematica, direttamente o tramite un intermediario abilitato per i contribuenti che erano tenuti a presentare nell’anno 2000 almeno una dichiarazione IVA periodica, ovvero sono tenuti, per il periodo d’imposta 2000, a presentare nel 2001 la dichiarazione dei sostituti d’imposta. I contribuenti che non esercitano abitualmente attività commerciali o professionali possono invece consegnare la dichiarazione, indipendente dal proprio domicilio fiscale, come in precedenza presso: uffici postali, banche convenzionate, Uffici locali dell’Agenzia delle Entrate abilitati a fornire l’assistenza ai contribuenti per la compilazione, che ne cureranno l’invio per via telematica, intermediari autorizzati (professionisti, associazioni di categoria, CAF, altri soggetti abilitati) o direttamente all’Agenzia delle Entrate, avvalendosi del servizio telematico Internet.
I pagamenti che sono stati effettuati entro il 20 giugno non subiscono alcuna maggiorazione, mentre, nel caso non abbiate ancora provveduto al pagamento entro il 20 luglio, verrà praticata una modesta maggiorazione dello 0,40%, cioè quattromila lire per ogni milione di reddito imponibile.
Il modello UNICO comprende, oltre alla dichiarazione dei redditi, la dichiarazione annuale dei contribuenti IVA e il modello con il quale i datori di lavoro dichiarano le ritenute IRPEF fatte durante l’anno a dipendenti, collaboratori e simili (mod. 770). La dichiarazione unificata IVA-IRPEF-770 contiene anche la dichiarazione
IRAP. Tuttavia, l’aspetto che è più interessante e che riguarda più da vicino la nostra categoria e non solo è, senza dubbio, la possibilità di acquisire alcuni documentidirettamente dal sito del Ministero delle Finanze ed accedere
al servizio “ Uniconline 2001 ”, che permette, appunto, la presentazione ed il pagamento della dichiarazione dei redditi tramite Internet. Come accennato in precedenza, per utilizzare il servizio, i colleghi devono richiedere il codice personale (Pincode). Per utilizzare il Pincode, occorre presentare una domanda compilando un modulo che contiene alcuni dati identificativi. L’applicazione fornirà subito le prime 4 cifre del Pincode. Successivamente l’Agenzia delle Entrate, eseguiti alcuni controlli, provvederà a recapitare al domicilio, gli elementi necessari a completare la costruzione del Pincode e la password di accesso. Il Pincode scade il 31 dicembre dell’anno successivo a quello dell’ultimo utilizzo da parte del titolare. Di conseguenza, i Pincode che fossero già stati rilasciati lo scorso anno sono ancora validi. Coloro che ricevono la prima parte del Pincode da un ufficio dell’Agenzia, dovranno utilizzare l’opzione “Per coloro che sono stati abilitati dall’ufficio”, nel menu di sinistra, dopo aver modificato la password assegnata dall’ufficio stesso.
Istruzioni per l’installazione e l’esecuzione del software per la compilazione del modello Unico 2001 online
Il prodotto Unico 2001 consente la compilazione del modello Unico 2001 relativo ai contribuenti persone fisiche in possesso di redditi di lavoro dipendente o di pensione, di redditi dei terreni o dei fabbricati, di redditi di lavoro autonomo per soggetti non obbligati alla tenuta delle scritture contabili, di redditi di capitale e di redditi “diversi”. A partire dal 25 maggio di quest’anno, erano stati resi disponibili sul sito dell’Agenzia delle Entrate gli aggiornamenti che consentivano la compilazione degli altri redditi di lavoro autonomo e di impresa, dell’IVA, del
modello 770 relativo ai sostituti d’imposta e dell’IRAP. Tali aggiornamenti consentono ai soggetti in possesso del Pincode da utilizzare per la trasmissione telematica dei dati, di predisporre la dichiarazione in maniera più semplice e sicura attraverso la facoltà di precompilare il modello 2001 con alcune informazioni rilevate dalla dichiarazione presentata per il precedente periodo d’imposta (Unico 2000) e con i dati dei versamenti effettuati a titolo di acconto.
Istruzioni per l’installazione della Virtual-machine È necessaria l’installazione dell’ambiente operativo JAVA disponibile al seguente indirizzo: java-virtual-machine 1.1.8_00X La connessione al sito determina l’apertura della pagina “Java Runtime Environment versione
1.1.8_00X”, nella quale è necessario: posizionarsi sulla sezione
Download jre 1.1.8_00X”; selezionare il formato US English (circa 2700 KBytes) (Chi prevede di utilizzare anche il prodotto per gli studi di settore GE.RI.CO. 2001 invece di selezionare il formato “US English” deve selezionare il formato “Internationalized” di circa 5 MBytes; chi invece ha già installato GE.RI.CO 2001 può procedere allo scarico del formato
“US English” senza effettuare la disinstallazione della versione precedente della Virtual-Machine); cliccare su “Continue”; alla eventuale visualizzazione della finestra “Avviso di protezione”, selezionare “SI”; all’apertura della pagina “License & Export for JRE - Java Runtime Environment
1.1.8_00X”, selezionare il tasto
“Accept”; tale operazione determinerà la visualizzazione della pagina “Download JRE - Java Runtime Environment 1.1.8_00X”, nella quale è possibile effettuare il download del file jre1_1_8_00Xwin.exe , selezionando il tasto
“FTP download” o il tasto “HTTP download”; all’apertura della finestra “Download del file” è opportuno selezionare l’opzione: “Esegui l’applicazione dalla posizione corrente”; avrà luogo la visualizzazione della pagina “InstallShield Self Extracting Exe”. Un click sul tasto “SI” darà inizio all’installazione guidata dell’ambiente di run-time JAVA; premendo il tasto “next”, sarà possibile percorrere le diverse fasi dell’installazione fino al completamento della stessa.
Istruzioni per l’installazione dell’applicazione di compilazione della dichiarazione È ora possibile procedere con l’installazione dell’applicazione di compilazione della dichiarazione UNICO 2001. L’applicazione è disponibile in due versioni alternative tra loro:
Versione base composta da quattro parti e rivolta ai contribuenti che devono compilare i soli quadri Anagrafico, familiari a carico, RA, RB, RC, RP, RN, RV, RX, RI, RL, RE sez. II
Versione integrale composta da sette parti e rivolta ai contribuenti che oltre ai quadri descritti siano tenuti alla compilazione degli altri redditi e/o del mod. IVA , del modello dei sostituti d’imposta e del modello IRAP.
Questa operazione consiste di due fasi: download delle parti di cui si compone l’applicazione e l’esecuzione del setup dell’applicazione. Quanto al primo aspetto, l’applicazione UNICO 2001 versione base si compone di 5 parti, relativamente alle quali occorrerà procedere come segue: cliccare sul collegamento relativo alla prima parte dell’applicazione “UNICO 2001”; si produrrà l’apertura della finestra “Download del file” nella quale è possibile selezionare l’opzione “Esegui l’applicazione dalla posizione corrente”;
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IN
RETE
Tutti i professionisti sono obbligati a presentare la dichiarazione per via telematica
di Fabrizio Pancini
alla visualizzazione della nuova finestra “Avviso di protezione”, selezionare “SI’”; viene proposta la finestra di “Winzip Self Extractor” che propone una directory da utilizzare come destinazione del download, che si consiglia di confermare;
N.B. In ogni caso, qualora si cambi la directory di destinazione è obbligatorio che tutte le parti di cui si compone l’applicazione usino la medesima directory di destinazione; ripetere le operazioni sopra descritte per tutte le parti di cui si compone l’applicazione. Completata la fase di download va eseguito il programma “SETUP.EXE”, presente nella directory di destinazione.
Al termine di tale fase viene creata all’interno dell’icona di gruppo “UNICO ON LINE”, l’icona dell’applicazione “UNICO 2001”.
Utilizzo dei modelli prelevati dal sito
Compilazione e stampa della dichiarazione
Tutti i modelli prelevati dal siti finanze.it e agenziaentrate.it possono essere utilizzati per la dichiarazione da presentare nel 2001, a condizione che:
-siano stampati su fogli singoli utilizzando stampanti laser o altri tipi di stampanti che comunque garantiscano la chiarezza e l’intelleggibilità dei modelli nel tempo;
-abbiano dimensioni, strutture e sequenze conformi a quelle dei modelli ufficiali;
-rechino su ogni pagina l’indicazione del codice fiscale del contribuente e del numero progressivo di modello se, per inserire dati numerosi, vengono utilizzati più esemplari dello stesso modello.
Se i modelli sono stati prelevati da siti diversi da quelli dell’amministrazione finanziaria, devono inoltre recare sul frontespizio l’indirizzo del sito dal quale sono stati prelevati e gli estremi del decreto di approvazione (per il modello
730 base, 730-1, 730-2 per il sostituto d’imposta, 730-3 per il Caf, 730-4 integrativo e la busta per la consegna del modello 730-1), il
D.M. 25 gennaio 2001, pubblicato sul S.O. alla G.U. n. 25 del 12 febbraio 2001; per il modello UNICO 2001 Persone fisiche, il D.M. 13 marzo 2001, pubblicato sul S.O. n. 74 alla G.U. n.81 del 6 aprile 2001.
http://www.micla.it/boxsoft/dichiara.htm
Con la Legge Bassanini, negli ultimi anni si è verificata una sensibile diminuizione degli adempimenti burocratici per effetto della cosiddetta autocertificazione.
Proprio per tale motivo però, occorre che il cittadino sappia scrivere correttamente il certificato richiesto (residenza, nascita, ecc.). Ecco, quindi, che ancora una volta Internet ci soccorre fornendoci il software gratuito: Dichiara facile
Basta, infatti, inserire il nome del certificato desiderato, inserire i dati richiesti ed ecco il vostro modulo bello e pronto per essere stampato o inviato via e-mail
Il software, inoltre, è in lingua italiana e quindi capace di rispondere a tutte le tipologie di richieste che si possono presentare nel nostro paese.
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Francesca Chiari Tel.0372/403507Fax 0372/457091
L’OPINIONE
Etica e sperimentazione
Qualche tempo fa ho lanciato sui Forum telematici un quesito, che sintetizzo.
In campo umano, esiste un comitato di bioetica e il consenso del paziente, senza i quali non si dovrebbe sperimentare. Ho messo un “dovrebbe“ doveroso. Veniamo a noi: ci viene in mente un’idea brillante sull’impiego di un farmaco o su una nuovissima tecnica chirurgica. Cosa possiamo fare? Possiamo applicare quanto ci è venuto in mente ad animali morti, senza il consenso del proprietario? Possiamo farlo su animali vivi senza il consenso del proprietario? È eticamente accettabile farlo su animali termi-
nali destinati all’eutanasia?. È eticamente accettabile, per il progresso scientifico farlo su animali destinati all’eutanasia senza procedere alla soppressione, ma tenendo in vita l’animale q.b.a.? (e questo ovviamente senza alcun consenso?). Se tutto ciò è eticamente inaccettabile è solo l’Università che può sperimentare e in base a quali criteri?
Francamente sono rimasto deluso, perché non si è aperto alcun dibattito, ma sono giunte pochissime mail (Brovazzo, Neri, Tassi) e piuttosto lontane dagli argomenti sui quali speculavo. I casi sono due: o è passato inosservato (l’ho lancia-
to un sabato pomeriggio) oppure l’argomento è troppo “caldo”, anzi tanto rovente da non azzardarsi a toccare la patata. Tutti coloro che studiano, ricercano e vogliono progredire devono potere sperimentare. Quando la sperimentazione non si fa sui vetrini, ma sugli animali o sull’uomo esistono, in campo umano, delle regole più o meno seguite. Ma esistono. Se non ricordo male solo alle facoltà universitarie, ad esempio (e previa documentazione ed autorizzazione), è consentita la sperimentazione di un farmaco non in commercio in Italia. Se io, che possiedo tutta la documentazione esistente in campo veterinario sull’Etomidat, lo uso perché so che QUEL paziente non
sopravviverebbe senza quell’anestetico commetto un abuso, un reato? Sì, lo commetto, anche se la mia coscienza è a posto (e per fortuna ho un collaboratore con cittadinanza tedesca). Qualcuno ha sostenuto che quando il proprietario ci affida anche la funzione di necrofori, il cadavere, che è un oggetto, diventa di nostra proprietà e quindi possiamo disporne come vogliamo. Anche smontarlo pezzo per pezzo. Non sono convinto. A quel punto è nostro anche in vita, due minuti prima dell’eutanasia? Quando avviene il passaggio di proprietà di un gatto che non è iscritto a nessuna anagrafe? E di un cane iscritto all’anagrafe? Pur ammettendo che diventi legalmen-
te mio, quando il proprietario mi dice “Ci pensi lei” ne posso usufruire secondo la mia coscienza? Se è così, mi corre più di un brivido lungo la schiena.
Io penso che le volontà del proprietario vadano rispettate. D’altro canto non si può negare a migliaia di veterinari di sperimentare, altrimenti lo faranno di nascosto. Non sarebbe opportuno un comitato di bioetica cui i gruppi di studio, le associazioni, ecc. facciano pervenire una richiesta di sperimentazione e la contemporanea domanda di consenso al proprietario? O andiamo avanti con la sperimentazione selvaggia? A voi la parola, se volete scottarvi. Io mi sono già ustionato. ■
PROFESSIONE VETERINARIA 6/2001 27
di Oscar Grazioli Medico Veterinario, Reggio Emilia
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Doverosamente, concedo spazio ad un paio di repliche pervenute nelle ultime settimane e che si riferiscono a scritti diversi pubblicati sui numeri scorsi della nostra rivista. Mi scuso pertanto con quanti ci hanno scritto e non si vedranno pubblicati in questa edizione.
Carlo Scotti
Ancora Polizza RC
Ho letto sull’ultimo numero di Professione Veterinaria gli interessanti servizi che l’ANMVI sta predisponendo. Fra questi quello particolarmente interessante è la polizza assicurativa di responsabilità civile che molti di noi hanno già sottoscritto spesso con formulazioni insufficienti e costi troppo alti. La possibilità per l’ANMVI di poter parlare a nome di più di 9.000 veterinari permetterà di certo di ottenere condizioni molto interessanti come è già avvenuto per il Fondo Sanitario. Non è il caso però di coinvolgere l’ENPAV o meglio ancora la FNOVI per fare un contratto assicurativo per tutti gli iscritti agli ordini inserendone il costo, estremamente conveniente, nella quota di iscrizione all’ordine? So che altre categorie professionali lo fanno già.
Paolo Frati
Interviste ai soliti noti
Spett. Professione Veterinaria, ho notato che le inchieste firmate da Fabrizio Pancini intervistano sempre gli stessi Colleghi. Non sarebbe più corretto dare la possibilità anche ad altri di esprimere il loro parere?
F. Rolli
La scelta dei Colleghi da intervistare viene fatta dalla direzione della rivista sulla base dell’argomento trattato ma anche dell’esperienza, della rappresentatività e della provenienza territoriale degli intervistati. Ad esempio, se si parla della professione nell’ambito della clinica per equini il referente principale sarà qualcuno del consiglio SIVE, se l’argomento è invece generale cercheremo di sentire rappresentanti di diversi settori professionali su tutto il territorio nazionale per poter riportare anche le varie realtà locali della professione.
Sentiremo i rappresentanti della FNOVI se l’argomento riguarda aspetti deontologici o del Ministero se serviranno risposte legate
LETTERE AL DIRETTORE
anche a contenuti legislativi, ecc. Cambiare intervistati diventa spesso impossibile, perché i referenti sono inevitabilmente sempre gli stessi, ma è giusto ricordare che ogni collega può intervenire liberamente nel dibattito al quale è interessato inviando un suo contributo che sarà certamente pubblicato nelle lettere al direttore o se particolarmente corposo ed interessante nella rubrica “Riflessioni”. Se hai quindi da aggiungere delle tue considerazioni inviale al più presto, le pubblicheremo con molto piacere
Facciamoci pagare le consulenze telefoniche
Egr. Dr. Scotti, l’iniziativa di un collega che si propone in internet facendosi pagare per le sue consulenze ha suscitato un ampio dibattito. Io non so se per il codice deontologico il tipo di approccio, ma soprattutto l’aspetto promozionale dell’iniziativa sia corretto, ma certamente apprezzo che il servizio sia a pagamento. Quando telefono al mio commercialista alla fine ogni mia richiesta di informazione telefonica la ritrovo nella fattura. Perché noi dovremmo far sempre i buoni samaritani? È giusto che anche la nostra categoria incominci a farsi rispettare. Mi piacerebbe sentire il parere su questo di altri colleghi.
Alessandro Cerioli
Non entro nel merito di quanto proposto in rete non conoscendo a sufficienza i termini del servizio. Certo l’idea della consulenze telefonica a pagamento ha una sua ragion d’essere e, come spesso accade, la tecnologia anticipando i nostri bisogni ci mette a disposizione possibilità non ancora regolamentate non solo dal codice deontologico, ma dalle stesse leggi dello Stato.
Tuttavia, prima ancora di prevedere adeguamenti normativi, bisogna chiedersi almeno due cose: la prima è come risolvere l’empasse pubblicitario, la seconda è se la consulenza telefonica sia davvero riconducibile alla definizione di prestazione veterinaria mancando l’osservazione diretta dell’animale. Non dimentichiamo mai che la nostra è una professione sanitaria
Colleghi stranieri
Caro Scotti, so benissimo che non ti interessi di
cavalli ma la situazione che vorrei segnalarti è spesso stata ignorata o sopportata senza che nessuno si decidesse a dire basta!
Da tempo, se non da sempre, ci sono allevatori che per visite o interventi su esemplari importanti chiamano colleghi dall’estero. Ritengo che il sistema non solo sia illegale visto che il titolo di questi colleghi non è riconosciuto in Italia ma che sia anche insopportabile in quanto i veterinari italiani, almeno un buon numero, ormai non hanno più molto da invidiare a quelli stranieri. La mania di esterofilia porta al contrario alcuni allevatori o proprietari a far arrivare personaggi vari pagandoli spesso cifre folli e senza alcuna garanzia della loro capacità. Se questo avvenisse tramite noi veterinari italiani che chiediamo a colleghi stranieri una consulenza o collaborazione mirata lo comprenderei ma fatto in questo modo mi sembra veramente inaccettabile.
Aggiungerei che alcune cliniche dello stesso settore hanno presso di sé veterinari stranieri, spesso sudamericani o dell’est che lavorano senza riconoscimento del titolo o alcuna qualificazione. Con la crisi di lavoro che c’è nel nostro settore sarebbe bene incominciare a segnalare agli organi competenti anche queste situazioni. Ti ringrazio se vorrai pubblicare questa lettera nella speranza che possa essere un primo passo per moralizzare il nostro settore.
Francesco Zignani
Allarmismo dall’IZS di Pavia
Caro Scotti, negli ultimi giorni si è parlato molto sui giornali di CSD, e come il solito se ne è parlato, come fanno sempre i giornali, a sproposito e in tono allarmistico. In questo caso però, se centinaia di proprietari di gatti e in qualche caso anche di cani hanno tempestato di telefonate il loro veterinario e se qualche gatto per non correre rischi in famiglie dove sono presenti bambini, è stato abbandonato, gran parte del merito va attribuito ai nostri colleghi dell’Istituto Zooprofilattico di Pavia. Riteniamo inoltre poco corretto il modo con cui si è data comunicazione alla stampa, quasi più cercando lo scoop che la corretta informazione. La dichiarazione del collega Massimo Fabbi, riportata fra virgolette da vari giornali, è stata: “Questi risultati devono stimolare i veterinari a prendere coscienza del problema e fare prevenzione per
l’uomo”. Ma secondo Fabbi noi sino ad ora siamo sempre vissuti nel Paradiso Terrestre?
Ora mi chiedo ma gli IZS che funzione hanno? Quella di fare del terrorismo? Le notizie non sarebbe stato giusto trasmetterle con un comunicato attento, soppesato e soprattutto controllato dandone magari prima notizia al mondo veterinario se secondo Fabbi noi non ne sapevamo nul-
“Non tutte le verità sono gradite, ma tutte le menzogne lo sono”
S. Brohan
la? Ma poi, scusate, il Dr. Fabbi è un veterinario? A questo punto speriamo proprio di no! Tre colleghi
Diritto di replica
Èprevedibile ed umano che una sanzione,anche se correttamente applicata,desti reazioni di disappunto.Spesso,chi viene multato per una qualsiasi inadempienza, protesta e talvolta si altera al punto da offendere l’organo accertatore, ma forse una vivace reazione e il relativo sfogo per qualcuno non hanno prezzo!
Mi riferisco, in particolare, all’articolo a firma Giovanna Bertolini, pubblicato sul numero di marzo di questa rivista (Quanto costa una visita? Pagina 8, Professione Veterinaria 3/2001, ndr).
A tale proposito vorrei replicare alle pungenti osservazioni, in gran parte riferite alla mia persona, in esso contenute, precisando che:
• l’autorizzazione sanitaria, è stata rilasciata alla Dottoressa in data 20/11/1997, preceduta, come da normativa, da un sopralluogo. Un secondo sopralluogo è stato effettuato due anni dopo, non credo che questa possa essere definita “…una frequentazione assidua!”;
• è dato notorio, e credo che anche la Dr.ssa Bertolini, non possa ignorarlo, che la comunicazione di tutti i trattamenti immunizzanti (art. 65 DPR 320/54), andrebbe fatta contestualmente al trattamento e, solo per la comodità degli stessi Veterinari, si è concordato di inviarla almeno entro 30 gg. dall’inoculazione. L’argomento è ormai vetusto, ha quasi cinquant’anni, ed è stato oggetto di commenti, comunicazioni, chiarimenti di tutti i tipi, lo si insegna all’Università ed è stato trattato anche recentemente nell’ambito di convegni AUSLUniversità nel 1999 e nel 2000;
• nel caso di specie, mi è sembrato quantomeno insolito che pur trattandosi di una struttura aperta da due anni, non fosse mai stato inviato alcun mod. 12 fino alla data del sopralluogo; si poteva ipotizzare che per cattiva sorte dei titolari non fosse mai stato fatto un trattamento vaccinale, ma il registro di carico e scarico farmaci, ha invece confermato l’acquisto e l’utilizzo di vaccini e quindi l’illecito.
• Quanto ai rifiuti sanitari speciali, la Provincia ha archiviato il procedimento a carico della Dottoressa Bertolini sulla base di una Circolare del Ministero dell’Ambiente emanata in data 14/12/1999 e quindi solo successivamente al sopralluogo e alla contestazione dell’illecito, nella quale l’Onorevole Ronchi ci forniva una autorevole indicazione in ordine alla corretta applicazione della normativa in materia assai complessa e di difficile interpretazione, escludendo dalla tenuta del registro e dalla comunicazione al Catasto (MUD) i rifiuti sanitari pericolosi “…prodotti nell’esercizio di professioni intellettuali non inquadrate in una organizzazione di impresa…”.
• Infine mi stupisco che la Dottoressa Bertolini si aspettasse di incontrarmi nei corridoi dell’AUSL, il mio non è un lavoro di “corridoio” ma quanti desiderano incontrarmi possono farlo concordando un appuntamento. La mia agenda conferma i quotidiani incontri con cittadini, professionisti e utenti che desiderano chiarimenti e informazioni o anche solo consigli su materie di mia competenza. Oltretutto è strano che la stessa affermi di non conoscermi, dal momento che io credo di ricordarla, poiché in occasione della presentazione della domanda di apertura dell’ambulatorio, è venuta più volte a colloquio con il collega che segue le strutture sanitarie e ritengo anche con me.
Per contro, mi conforta il fatto che a Bologna le strutture controllate nell’ambito della vigilanza programmata, pur essendo assai numerose, hanno perlopiù dimostrato una buona osservanza delle norme; le poche sanzioni emesse non dipendono quindi né dalla rigorosità dei controlli né da ignoranza da parte dei vigilati, ma semplicemente da disordine e indifferenza o, a volte, da poca volontà di seguire le norme. Mi sento in tutta sicurezza di poter affermare che i colleghi dell’AUSL e la sottoscritta conoscono le norme e ne curano l’applicazione, in quanto parte dei loro compiti istituzionali.
Concludo il mio intervento con una nota di disappunto: mi è dispiaciuto constatare la parzialità dell’articolo in epigrafe richiamato, il cui estensore, tra l’altro, ha dimenticato (forse opportunamente) di citare gli altri illeciti rilevati presso la propria struttura ambulatoriale, illeciti che per ottemperanza alla legge sulla privacy non desidero citare in questa sede.
Dott.ssa Faustina Stanzani
PROFESSIONE VETERINARIA 6/2001 28
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Informazione vera e informazione presunta
Chi legge “La Settimana Veterinaria” sa che non è nel nostro stile citare riviste concorrenti, commentandone la tipologia e i contenuti. Questo per almeno due buone ragioni. La prima: chi si intende realmente di giornalismo sa bene che non è deontologicamente corretto citare altre testate, soprattutto quando lo si fa con evidente intenzione sminuente e denigratoria; la seconda: scrivere inesattezze di testate conosciute e apprezzate potrebbe rivelarsi un “boomerang” per chi le scrive.
Tuttavia, ogni tanto, succede che qualcuno si senta autorizzato a pontificare, soprattutto tra gli ultimi arrivati, e si conceda esternazioni per il solo fatto di avere un foglio su cui scrivere e che poi spedisce gratuitamente come una circolare.
Sul numero di maggio di un mensile dal titolo “Professione Veterinaria”, già segnalatoci dai lettori in quanto l’impostazione grafica copia molto il nostro giornale, si legge, in prima pagina, una sorta di analisi sui periodici nazionali rivolti ai veterinari, in cui vengono citati il “Progresso Veterinario”, liquidato come bollettino Fnovi e “La Settimana Veterinaria”, citata “…per i reportage degli avvenimenti scientifici più importanti” e che, “…essendo distribuita in abbonamento, ha una diffusione molto più limitata” e ancora: “…aperta ad ogni collaborazione e contributo senza esprimere una propria posizione ufficiale”; viene infine fatta un’autocelebrazione di “Professione Veterinaria” come uno strumento d’aggiornamento professionale unico nel panorama editoriale veterinario.
Abbiamo riflettuto a lungo prima di decidere se era il caso di prendere in considerazione quanto scritto o non dargli troppa importanza, in quanto il lettore intelligente è in grado da solo di fare i propri commenti, ma abbiamo voluto farlo per rispetto delle migliaia di veterinari lettori de La Settimana Veterinaria e delle centinaia di autorevoli collaboratori.
Senza entrare nel merito del contenuto di affermazioni quantomeno riduttive sulla nostra testata, che si colloca al vertice della lettura gradita al veterinario (non detto da chi scrive il giornale, come abitudine di altri, ma confermato da un sondaggio di Abacus, che per correttezza, non abbiamo sbandierato ai quattro venti), vorremmo spiegare all’autore dell’articolo di “Professione Veterinaria” alcune regole d’oro per chi si avvicina al mondo dell’informazione:
1)l’autorevolezza di una testata si valuta sulla base delle
copie vendute e non su quelle regalate e, in ogni caso, sul numero delle copie lette e non su quelle spedite (e magari cestinate);
2)non esprimere una propria posizione ufficiale, ma affrontare ogni informazione e posizione con obiettività, è un titolo di merito per un giornale che vuol essere indipendente;
3)per permettersi di fare valutazioni in merito al gradimento di una testata da parte dei lettori, o meglio, da parte dell’universo di riferimento a cui ci si riferisce (in questo caso ai veterinari) esistono metodi scientifici su base statistica applicati da aziende riconosciute e non bastano quattro telefonate o valutazioni soggettive.
Un ultimo commento. La Settimana Veterinaria è un giornale d’informazione professionale per il veterinario, conosciuto nel settore anche dalle pietre, e, con buona pace di chi non vorrebbe che fosse così, si occupa di tutta l’attualità del settore, dall’ambito politico a quello sindacale, dalle istituzioni comunitarie, ai ministeri, alle regioni, alle Asl, dalla formazione all’aggiornamento del libero professionista e del dipendente pubblico e privato, dall’Italia e dall’estero, con articoli, interviste, inchieste, dossier, speciali, supplementi, e altro, aperto al contributo di tutti quelli che hanno da dire cose serie per la Veterinaria e finanche ai “…reportage degli avvenimenti scientifici più importanti”.
Il Direttore Gabriele Lanzarotti
Abbiamo ritenuto di pubblicare integralmente questa lettera, come richiesto dal direttore Gabriele Lanzarotti, nonostante la stessa sia già stata pubblicata in forma di editoriale sulla Settimana Veterinaria, per dimostrare ancora una volta la nostra completa disponibilità al confronto. Sinceramente non comprendiamo il tono indignato del Dr. Lanzarotti. Il corsivo citato infatti era nato dall’esigenza di rispondere alle critiche di alcuni nostri lettori verso argomenti e articoli apparsi sugli ultimi numeri di Professione Veterinaria, ma prima di entrare nel merito voleva evidenziare alcune peculiarità della nostra pubblicazione rispetto ad altri organi d’informazione del settore.
Parlavamo quindi di Progresso Veterinario e della Settimana Veterinaria scrivendo a proposito di quest’ultima: “per la sua stessa periodicità è più legata all’attualità del settore e fornisce reportage degli avvenimenti scientifici più importanti; essendo distribuita in abbonamento ha una
diffusione molto più limitata e inoltre è aperta ad ogni collaborazione e contributo senza esprimere una propria posizione ufficiale”.
Abbiamo riletto più volte e con molta attenzione questa frase e sinceramente non vi troviamo nulla di critico o diffamatorio.
1) abbiamo scritto che la rivista per la sua stessa periodicità è più legata alla attualità: ci sembra normale per un settimanale ma non è certo una offesa, lo stesso direttore scrive: “La Settimana Veterinaria.... si occupa di tutta l’attualità del settore”
2) abbiamo scritto che essendo distribuita in abbonamento ha una diffusione inferiore a Progresso Veterinario e a Professione Veterinaria che hanno una distribuzione gratuita. È un dato di fatto ma non è certamente un’offesa. Del resto lo stesso Lanzarotti ammette questo assunto quando parla di “autorevolezza”.
3) abbiamo scritto che la rivista è aperta a qualsiasi contributo e non esprime una propria posizione ufficiale. Lo stesso Lanzarotti conferma questa posizione dichiarando che “non esprimere una propria posizione ufficiale... è un titolo di merito per un giornale che vuole essere indipendente”.
E allora dove è l’offesa? Se Professione Veterinaria prende posizione contro gli atteggiamenti della Federfarma verso i veterinari mentre la Settimana Veterinaria riporta senza commento la lettera dei farmacisti è certamente una diversa scelta editoriale. Professione Veterinaria esprime le posizioni dell’ANMVI, mentre la Settimana Veterinaria si limita a riportare le notizie. Sono scelte diverse ed entrambi rispettabili, ma dov’è l’offesa?
Nessuno ha messo in discussione i contenuti o le qualità di questo settimanale: non è compito nostro farlo, il giudizio viene dato solo dai lettori e non dalle ricerche di mercato che ciascuno fa fare pro domo sua. La verità è che le due riviste operano con logiche e finalità completamente diverse ma questo non vuol dire che non possano coesistere dando alla stessa categoria veterinaria un servizio differenziato ed ugualmente utile.
Continuiamo quindi a non capire l’indignata difesa d’ufficio che Lanzarotti si è sentito in dovere di fare sia pur dopo averci riflettuto a lungo. Che bisogno c’è di difendere da considerazioni innocue e obbiettive una rivista conosciuta anche dalle pietre? (veterinarie naturalmente…)
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PROFESSIONE VETERINARIA 6/2001 29 LETTERE AL DIRETTORE
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8.00
9.00
VENERDÌMATTINA 5 OTTOBRE 2001
MEDICINA INTERNA Chairperson:Reuben Rose ORTOPEDIA Chairperson:Richard Corde
10.00 Esame fisico del sistema cardiovascolare:una panoramica
La zoppia e lo scarso rendimento nel cavallo atleta:dressage, salto ostacoli e concorso completo
Sue Dyson (UK)
Lesley Young (UK)
MEDICINA INTERNA Chairperson:Reuben Rose ORTOPEDIA Chairperson:Richard Corde
Diagnosi differenziale dell’edema
Zoppia del posteriore nel trottatore
Michael Ross (USA)
MALATTIE INFETTIVE Chairperson:Sandro Barbacini
Quanto è sicuro il vaccino vivo modificato contro l’arterite virale equina per l’immunizzazione degli stalloni? (20’)
Peter Timoney (USA)
West Nile Virus: l’epidemia italiana (20’) - Claudio Mattozzi (I)
MALATTIE INFETTIVE Chairperson:Sandro Barbacini
West Nile Virus:una minaccia alle popolazioni equine nel Nord America e non solo (20’) - Peter Timoney (USA)
West Nile Virus nei cavalli degli Stati Uniti (20’) - Tim Cordes (USA)
VENERDÌPOMERIGGIO 5 OTTOBRE 2001
SALA SIRENE 800 SALA ULISSE 320 SALA TRITONE 120
MEDICINA INTERNA Chairperson:Reuben Rose
Aritmie nei cavalli: diagnosi,trattamento e prognosi
Lesley Young (UK) Peritoniti: cause e trattamento Tim Mair (UK)
ORTOPEDIA E DIAGNOSTICA PER IMMAGINI Chairperson:Fabio Torre
L’importanza clinica della scintigrafia nella prevenzione delle lesioni invalidanti nel purosangue
Fernando Canonici (I) Risonanza magnetica e tomografia computerizzata: applicazioni nella chirurgia della testa negli equini
Claude Ragle (USA)
RIPRODUZIONE Chairperson:Duccio Pellegrini
Aspetti ultrasonografici ed endocrini nel ciclo estrale delle asine (10’) - Marco Russo (I)
Un confronto tra arruffianamento e ultrasonografia ovarica nella valutazione del ciclo estrale nella cavalla del Caspio (10’) Khashayar Sadeghi (IRAN)
Efficacia di cloprostenolo e ossitocina somministrati nel periodo immediatamente post ovulatorio nella formazione e funzionalità del corpo luteo e nella percentuale di gravidanza - J.P.Brendemeuhl (USA)
Effetto dell’accumulo del liquido post inseminazione sulla fertilità delle fattrici inseminate con seme congelato (20’) Sandro Barbacini (I)
Embryo-transfer in asini tipici della Sardegna (20’) - Ignazio Cossu (I)
PAUSA CAFFÈ ED ESPOSIZIONE COMMERCIALE
NEONATOLOGIA Chairperson:Reuben Rose ORTOPEDIA E DIAGNOSTICA PER IMMAGINI Chairperson:Fabio Torre
Fattori di rischio perinatali associati alla sopravvivenza del puledro
Lesioni ossee subcondrali e zoppia
MEDICINA INTERNA Chairperson:Warwick Bayly
Valori cardiaci di troponina in cavalli normali e in cavalli con sospette malattie cardiovascolari (20’) - Virginia Reef (USA)
Warwick Bayly (USA)
Soffi e sfregamenti
Lesley Young (UK)
Le cause principali della zoppia dell’anteriore nel cavallo trottatore
Fabio Torre (I)
Valutazione della sicurezza di un nuovo vaccino vivo per il virus dell’influenza equina (20’) - Thomas Chambers (USA) Infortuni associati al trasporto dei cavalli da macello negli Stati Uniti (20’) Tim Cordes (USA)
SABATOMATTINA 6 OTTOBRE 2001
PARASSITOLOGIA
Chairperson:Warwick Bayly
Infestazione da larve di ciatostomi: segni clinici,diagnosi e trattamento
Tim Mair (UK)
SCHERING PLOUGH ANIMAL HEALTH AWARDLECTURE Avventure in farmacologia equina
Peter Lees (UK)
FORT DODGE SYMPOSIUM
Chairperson:Warwick Bayly
Aspetti tecnici e clinici dell’uso del butorfanolo nei cavalli William Muir (USA) Il controllo del dolore nel paziente chirurgico Alicia Bertone (USA)
Esito positivo nell’eliminazione di larve e adulti di ciatostomi mediante l’utilizzo di una singola dose di moxidectina e applicazione pratica dei risultati - Ken Bairden (UK)
Malattie del sistema nervoso centrale nel cavallo con particolare riguardo per l’EHV Peter Thein (D)
ORTOPEDIA Chairperson:Fernando Canonici SHORT POSTER DISCUSSION
Esame di cavalli con zoppia che risponde all’analgesia palmare-digitale
Michael Ross (USA) La zoppia associata alla regione pelvica
Sue Dyson (UK)
ORTOPEDIA
Chairperson:Miki Tokuriki
Artroscopia diagnostica del nodello:aspetti patologici e prognosi
Fernando Canonici (I)
Diagnosi e trattamento di differenti condizioni dell’articolazione centrale del carpo nel cavallo da corsa
Fabio Torre (I)
Chairperson:Alessandro Frione
Pregnancies obtained from equine embryos produced in vitro by ICSI (10’) - Sandro Barbacini (IT) Equine diseases situation In last five years in Bulgaria (10’) - Ivaljo Chenchev (BG) A study on the cooling ability of a cooling sheet applied to lower limbs of horses (10’) - Motoaki Goto (JP) Doppler sonographic findings of a carotid-jugular fistula in a filly (10’) - Carlo Guglielmini (IT) Sodium hyaluronic acid in the treatment of tendon injury (10’) - Des Leadon (IE) Extracorporeal shock waves treatment (ESWT) in pathologies of the radial carpal bone of the horse (10’) Eraldo Sanna Passino (IT) Efficacy of topic use of low molecular weight chondroitin sulfate tiethanolamine salt (LMWCS-TEA) in induced arthritis in equines (10’) - Ignacio Videla Dorna (AR) Retrospective case analysis of a Pennsylvania, USA equine chiropractic practice (10’) - Jennifer Weeks (USA) The potential for radial shock wave applications in equine medicine (10’) - Cooper Williams (USA) Effect of acute endotoxemia on equine digital vessels endothelial function (10’) - Hector Zerpa (VE)
MEDICINA INTERNA E TERAPIA Chairperson:Sandro Barbacini
Metrite contagiosa equina:una minaccia continua nel commercio internazionale (20’) Peter Timoney (USA) La micotossina Lolitrem B come fonte di disordini neurologici in cavalli olandesi (20’) Lutz S.Goehring (NL)
Incidenza di infestazione da nematodi e cestodi in cavalli tramite ricerca delle uova nelle feci:una ricerca su campo in sei paesi europei (Germania, Svezia,Olanda,Irlanda,Ungheria e Polonia) (10’)
Isabelle Villard (F) Amministrazione intracamerale e/o topica di miconazolo per il trattamento della cheratomicosi negli asini (10’) - Hussein El-Maghraby (Egypt)
DOMENICAMATTINA 7 OTTOBRE 2001
REGISTRAZIONE
SALA SIRENE 800 SALA ULISSE 320
MEDICINA SPORTIVA
Chairperson:Maria Noel Rodriguez
Fisiologia dell’attività sportiva: che progressi abbiamo fatto? (90’) Reuben Rose (AUS)
CHIRURGIA GENERALE Chairperson:Marco Pepe
Laparoscopia: applicazioni pratiche in chirurgia equina
Claude Ragle (USA)
Gestione delle complicazioni conseguenti alla terapia chirurgica dell’emiplegia laringea
Normand Ducharme (USA)
PAUSA CAFFÈ ED ESPOSIZIONE COMMERCIALE
MEDICINA SPORTIVA
Chairperson:Maria Noel Rodriguez
Valutazione ematologica del cavallo atleta
Warwick Bayly (USA)
Gas ematici arteriosi in cavalli esaminati per scarso rendimento atletico durante esercizi ad alta velocità su treadmill (10’) - Benson Martin (USA)
Variazioni di V4 come funzioni temporali del lattato plasmatico utilizzando il metodo di prelievo continuo (CBWM) (10’)
Daniele Tedeschi (I) Flusso sanguigno nel lobo polmonare apicale sinistro e pressioni polmonari vascolari in cavalli in allenamento (10’) - Robin Gleed (USA)
ALTRE VIE RESPIRATORIE
E CHIRURGIA GENERALE Chairperson:Marco Pepe
Embolizzazione con microspirale per il trattamento delle emorragie dovute a micosi delle tasche gutturali: tecniche e risultati clinici (30’)
Claude Ragle (USA)
Trattamento conservativo di un caso di micosi delle tasche gutturali mediante l’associazione di itraconazolo e clotrimazolo ad uso topico (10’)
Francesco Ferrucci (I)
Termocauterizzazione del palato molle equino come trattamento della dislocazione dorsale durante
l’esercizio (20’)
Bob Ordidge (UK)
Ferite dei tessuti molli in cavalli partecipanti alle Olimpiadi di Sydney 2000 (10’)
Kathy Gibson (AUS)
PAUSA PRANZO ED ESPOSIZIONE COMMERCIALE
Wendy Vaala (USA)
Il puledro itterico: diagnosi differenziali e strategie di trattamento
Wendy Vaala (USA)
Michael Ross (USA)
Confronto tra diagnosi di cisti ossee subcondrali mediante TC e radiografie digitali (10’) - Clemens Kampman (D)
Esame termografico dello zoccolo (10’)
Stefanie Hoppner (D)
Esame radiografico e incidenza di osteocondrosi in una popolazione di 554 saltatori allevati in Italia (10’) - Marco Pepe (I)
INTERRUZIONE
Farmacocinetica comparativa e biodisponibilità del ceftiofur dopo somministrazione endovenosa,intramuscolare e sottocutanea (20’) - Nathan Slovis (USA)
FORTDODGE
Pressioni vascolari polmonari in cavalli trottatori e purosangue ad un simile livello di sforzo (10’) Richard Hackett (USA) Malattia eosinofilica epiteliotropica multisistemica in un puledro trottatore (10’) Enrica Zucca (I)
COCKTAIL DI BENVENUTO
SABATOPOMERIGGIO 6 OTTOBRE 2001
SALA SIRENE 800 SALA ULISSE 320 SALA TRITONE 120
MEDICINA INTERNA
Chairperson:Sandro Barbacini
La pleuropolmonite nel cavallo
Warwick Bayly (USA)
Cause infettive e non infettive delle malattie gastrointestinali nel puledro neonato Wendy Vaala (USA)
RIPRODUZIONE Chairperson:Sandro Barbacini
Caratteristiche ultrasonografiche dell’utero nella fattrice in estro e loro correlazione con gli ormoni steroidei e tempi di ovulazione
Jonathan Pycock (UK)
La sindrome dell’“ovaio ingrossato”
Jonathan Pycock (UK)
Chairperson:William Jones ORTOPEDIA Chairperson:Sue Dyson
CHIRURGIA DEI TESSUTI MOLLI
Funzione anatomica delle alte vie respiratorie e sue relazioni con casi di dislocazione dorsale del palato molle
Normand Ducharme (USA) Tecniche per il trattamento della dislocazione dorsale del palato molle
Normand Ducharme (USA)
Trattamento con le onde d’urto di cavalli sportivi affetti da lesioni a tendini e legamenti (20’) - Stefano Donati (I) Studio sperimentale degli effetti curativi del bapn-f nelle lesioni profonde dei tendini flessori digitali (20’) - Kamran Sardari (Iran) Iniezione intralesionale di β-aminopropionitril fumarato (bapn-f) con o senza tendon splitting per il trattamento sperimentale della tendinite digitale flessoria superficiale negli asini (10’) - Hussein El-Maghraby (Egypt) Nuovo esame radiograficodell’osso accessorio del carpo:la proiezione skyline T.Launois (F) Incidenza dei fattori nutrizionali sullo sviluppo delle malattie d’accrescimento nei cavalli (10’) - Sara Nannarone (I)
PAUSA CAFFÈ ED ESPOSIZIONE COMMERCIALE
CHIRURGIA DEI TESSUTI MOLLI Chairperson:William Jones ORTOPEDIA Chairperson:Sue Dyson
Complicazioni a medio e lungo termine del trattamento chirurgico della colica
Tim Mair (UK)
Animal Health
Esame endoscopico del duodeno nel cavallo adulto (10’) - Lucio Petrizzi (I)
Aumento del livello della tripsina plasmatica negli equini nel periodo post operatorio dopo il trattamento chirurgico della colica (10’) - Sigrid Grulke (B)
INTERRUZIONE CENA SOCIALE
Trattamento della laminite cronica: un nuovo approccio (20’)
Stephen E.O'Grady (USA)
Aspetti economici della fisioterapia in una clinica referenziata (20’)
Patricia Quirion (USA)
Il sequestro osseo nei cavalli:diagnosi e terapia (10’) - Stefanie Hoppner (D)
Effetto dell’endotelina-1 sulla contrazione delle arterie e delle vene del dito equino indotta da 5-idrossitriptamina (10’) Lisa Katz (UK) Impiego di un modello di piede intero in perfusione per la determinazione della vasocostrizione mediata da recettori 5-ht1 dei vasi digitali indotta da 5-idrossitriptamina (10’) - Simon Bailey (UK)
MEDICINA SPORTIVA Chairperson:Warwick Bayly RIPRODUZIONE Chairperson:Sandro Barbacini
Fattori che contribuiscono al rendimento nel cavallo atleta
Reuben Rose (AUS)
Emolisi indotta da esercizio nel cavallo trottatore (10’)
Alessandra Pellegrini (I)
Trattamento delle più comuni condizioni muscoloscheletriche (selezione/impiego di farmaci intraarticolari - zoppie più frequenti) (25’)
Gary Norwood (USA)
Problemi riproduttivi della cavalla anziana mai coperta
Jonathan Pycock (UK)
Trombocitopenia in due puledri purosangue con sepsi (20’)
Pamela Wilkins (USA)
Ovariectomia laparoscopica utilizzando elettrocoaugulazione e dieresi chirurgica del mesovario nella cavalla (10’)
Dwayne Rodgerson (USA)
Tecnica laparoscopica per la rimozione dei tumori ovarici a cellule della granulosa nella cavalla in stazione quadrupedale (10’)
Dwayne Rodgerson (USA)
Per informazioni rivolgersi a: SIVE (Ludovica Bellingeri) - Via Trecchi 20 26100 CREMONA - ITALY Tel.:+39 0372 403502 - Fax:+39 0372 457091
Email:lbellingeri@sive.it - web www.sive.it
Traduzione simultanea inglese-italiano
Scadenza per l’iscrizione a quota ridotta 10Agosto 2001
Società
Veterinari
7th WORLD CONGRESS 5-7 OTTOBRE2001 - SORRENTO (Napoli) www.sive.it
Italiana
per Equini WEVA WEVA
SALA SIRENE 800 SALA ULISSE 320 SALA TRITONE 120 SALA SIRENE:Apertura del Congresso, Assemblea WEVA e presentazione del Premio Schering Plough Animal Health sulla ricerca applicata nel cavallo REGISTRAZIONE FORTDODGE 11.30 12.15 10.45 PAUSA CAFFÈ
FORTDODGE ® FORT DODGE ANIMAL HEALTH PAUSA PRANZO ED ESPOSIZIONE COMMERCIALE 13.00 8.00 9.00 10.00 11.30 12.15 10.45 13.00
ED ESPOSIZIONE COMMERCIALE
SALA SIRENE 800 SALA ULISSE 320 SALA TRITONE
FORTDODGE ® FORT DODGE ANIMAL HEALTH PAUSA CAFFÈ ED ESPOSIZIONE COMMERCIALE PAUSA PRANZO ED ESPOSIZIONE COMMERCIALE REGISTRAZIONE
120
SALA SIRENE 800 SALA ULISSE 320 TERMINE DEL CONGRESSO DOMENICAPOMERIGGIO 7 OTTOBRE 2001
14.30 15.15 16.00 16.45 17.30 18.15 18.30 14.30 15.15 16.00 16.45 17.30 18.15 18.30 9.00 9.15 10.00 11.30 12.15 10.45 13.00 9.00 9.00 9.15 10.00 11.30 12.15 10.45 13.00 16.00 14.30 15.15 16.45 17.30 18.15 20.00 16.00 14.30 15.15 16.45 17.30 18.15 20.00 9.15 10.00 10.45 11.30 12.15 13.00 9.00 9.15 10.00 14.30 15.15 10.45 16.00 14.30 15.15 16.00 11.30 12.15 13.00
Novità e conferme per il multisala della SIVAR
La Società Italiana Veterinari per Animali da Reddito al suo terzo congresso nazionale
Il 1/2/3 Giugno 2001 si è tenuto a Cremona il 3°Congresso Nazionale SIVAR che, come gli anni precedenti, ha proposto la struttura multisala con le seguenti sezioni: bovini da carne, bovini da latte, suini, filiera alimenti e le specie minori quali fauna selvatica, patologia aviare, patologia ittica e, quest’anno proposta per la prima volta, la sessione delle patologie dello struzzo. Alla manifestazione hanno partecipato relatori sia italiani che stranieri, i quali hanno trattato argomenti riguardanti i diversi settori con un taglio particolarmente pratico-scientifico. Ricordiamo le comunicazioni più significative: R.J. Sibley “BSE nel Regno Unito dal 1996 al 2001: conseguenze sul veterinario pratico”, S. Bouisset “Chirurgia del dito nel bovino da carne”, M. Vanbelle “Legislazione del farmaco e nuove prospettive legislative nelle diverse specie” e
la Tavola Rotonda della Commissione SIVAR Suini “Valutazione economica del costo della patologia respiratoria attraverso il rilevamento di indicatori sanitari di allevamento”. L’afflusso di medici veterinari è stato soddisfacente (in totale circa 500), con particolare riferimento ai settori bovini da latte, patologie dello struzzo e fauna selvatica. Venerdì 1 giugno si è inoltre tenuto il convegno “Linee guida per unpiano di controllo dell’IBR” organizzato dal Gruppo Studio SIVAR IBR che ha voluto rappresentare un’integrazione dell’attività del veterinario pratico rispetto ai piani di eradicazione IBR attivati dalla veterinaria pubblica regionale. Ci sembra importante sottolineare l’età media dei partecipanti al congresso, compresi in una fascia di età medio-giovane, dato di buon auspicio per la crescita scientifico-culturale dei veterinari
Perchéorganizzare e sviluppare un piano di controllo dell’IBR?
Le infezioni da BHV1 nei bovini degli allevamenti italiani sono ben conosciute da molti anni e sono causa di malattie gravi (IBR/IPV) che provocano importanti danni sanitari ed economici.
Le patologie genitali e respiratorie sostenute da Herpesvirus di tipo 1 hanno una larga diffusione nei nostri allevamenti, con prevalenze superiori al 50% nelle zone a zootecnia più sviluppata.
L’eradicazione dell’IBR, perseguita in quasi tutta l’Unione Europea attraverso piani nazionali di risanamento ormai in pieno svolgimento, costituisce oggi la sfida per l’allevatore Italiano, il quale rischia di rimanere isolato dai paesi partner in un mercato che si sta ampliando a livello continentale.
La Rinotracheite Infettiva Bovina è inoltre inclusa nella normativa comunitaria fra le malattie contagiose che possono essere oggetto di garanzie complementari nello scambio di animali all’interno dell’Unione Europea.
La necessità di un controllo dell’IBR, che ha inizialmente una motivazione di carattere sanitario interna all’azienda - indirizzata soprattutto a ridurre le manifestazioni patologiche quali gli aborti e le forme respiratorie, e in secondo luogo al contenimento dei danni economici derivanti - si accresce quindi di una ragione “commerciale” legata all’ottenimento della qualifica di indennità.
In Italia sono già attivi da anni piani di eradicazione a livello territoriale e altri sono stati recentemente approvati su base regionale e volontaria, con lo scopo di adeguarsi all’orientamento comunitario sul riconoscimento dello stato sanitario degli allevamenti.
In questo quadro, per la nostra figura di veterinari di azienda si apre una strada nuova che ci porta a valorizzare tutte le capacità professionali che ci appartengono, a partire dal campo clinico fino agli aspetti prevalentemente gestionali.
La nostra sfida per un ruolo moderno del veterinario nella zootecnia si giocherà anche affrontando con competenza questa opportunità e stimolando l’allevatore a prendere la decisione di affrontare, con la nostra collaborazione e sotto la nostra responsabilità, un piano di controllo dell’IBR.
Questo manuale ha l’ambizione di essere un utile strumento che affianchi il professionista nella sua pratica giornaliera di campo, aiutandolo ad impostare in collaborazione con i propri clienti un lavoro efficace, incisivo e di maggior soddisfazione.
che operano nel settore degli animali da reddito. Notevole è stata anche la partecipazione alla seconda edizione del Premio Benvenuto in SIVAR che ha voluto premiare le tesi di laurea riguardanti gli animali da reddito per l’anno accademico 2000-2001. Sono giunti lavori provenienti da tutta Italia e caratterizzati da un’ottima qualità. Durante il pomeriggio di sabato 2 giugno si è tenuta l’Assemblea annuale dei Soci SIVAR in occasione della quale si sono svolte le elezioni del nuovo Consiglio Direttivo SIVAR con carica 2002-2005. In tale sede si è deciso di aumentare il numero dei consiglieri da 7 a 9 per dare un supporto maggiore e più completo alle crescenti attività dell’associazione; i nuovi consiglieri sono il dott. Andrea Cereser per quanto riguarda il settore filiera alimenti ed il Dott. Luigi Franchi per la sezione suini.
Inoltre, considerando che il Dott. Paolo Bossi – segretario del Consiglio Direttivo SIVAR ed attuale vice-presidente ANMVI - diventerà presidente ANMVI nel 2002, è stato necessario sostituirne il ruolo nella figura del Dott. Mauro Casalone. Il Dott. Medardo Cammi sostituirà invece il Dott. Andrea Dematteis, consigliere SIVAR dimessosi per motivi di carattere personale. Il Consiglio è poi proseguito con la presentazione di
Al via il riassetto delle liste telematiche
Il riassetto delle liste telematiche,già annunciato il mese scorso,è entrato nellafase operativa finale. In base ai suggerimenti e alle osservazioni che ci sono pervenute dagli utenti, è stato definito il seguente piano di riassetto.
STRUTTURA
Le aree di discussione saranno divise in 4 liste scientifiche e 1 lista dedicata ai temi professionali, e cioè
• scivac-forum@scivac.it, medicina del cane e del gatto
• sivae-forum@sivae.it, medicina degli animali esotici*
• sive-forum@sive.it, medicina del cavallo
• sivar-forum@sivarnet.it, medicina degli animali da reddito vetlink-list@anmvi.it, discussione professionale
*È stato ritenuto più opportuno creare una lista specifica per la Società Italiana Veterinari per Animali Esotici (SIVAE), in considerazione anche della grande espansione che il settore sta attualmente manifestando.
L’iscrizione ad una delle liste scientifiche comporterà l’iscrizione automatica alla lista professionale dell’ANMVI (vetlink-list@anmvi.it). In questo modo gli utenti potranno utilizzare a piacimento una lista tematica per i diversi settori medico-scientifici, oppure quella dell’ANMVI per inviare messaggi di carattere professionale. È pre-
di Paola Orioli
vista comunque anche la possibilità di iscrizione alla sola lista professionale dell’ANMVI.
ISCRIZIONE
L’accesso alle liste è libero per tutti i medici veterinari previa compilazione di un modulo di iscrizione nel quale vengono richiesti:
-Cognome -Nome
-Indirizzo
-Città
-Provincia (sigla)
-CAP
-Ordine Provinciale dei Medici Veterinari di appartenenza
-Anno di iscrizione all’Ordine
-Numero di iscrizione all’Ordine
-Società di apprtenenza (se iscritto) SCIVAC SIVAE SIVE SIVAR
-email
-Scegli la tua password
-Conferma la password
Alla conferma dell’iscrizione il sistema fornirà all’utente un codice che, insieme alla password da egli stesso prescelta, consentirà l’accesso all’archivio web di tutte le liste sopra citate.
La condizione di iscritti ad una società scientifica (SCIVAC, SIVE, SIVAR, SIVAE) riconosciuta agli studenti garantisce a tutti i non laureati la partecipazione ai forum telematici.
ARCHIVIO WEB,IMMAGINI, PROTEZIONE ANTIVIRUS
Tutti i messaggi verrano archiviati
due nuovi manuali SIVAR dal titolo “Appunti di tecnica delle necroscopie” e “Linee guide per l’applicazione della norma ISO 9002 negli allevamenti zootecnici di bovine da latte”; il presidente Dott. Casartelli ha poi relazionato delle attività delle delegazioni regionali per il prossimo autunno di cui la più importante iniziativa sarà Il 1° Convegno Nazionale della Bufala che si terrà a Eboli (SA) dal 3 al 5 ottobre p.v. ■
di Enrico Febbo
in una base dati consultabile via web. Grazie ai campi di ricerca su SOGGETTO, TESTO, DATA, SPEDITO DA si potranno recuperare in qualsiasi momento e con grande efficacia i messaggi che maggiormente interessano. A differenza della prima ipotesi (modulo web) si potrà continuare ad inviare alle liste i file grafici e gli allegati in generale con l’attuale procedura. Gli allegati saranno visualizzati dall’utente che scarica la posta come link con relativa dimensione (xxyyzz.jpg 52 Kb, pippo.doc 10 Kb, frattura.gif 90 Kb), in quanto il server provvede a scorporarli dal messaggio e a porli in archivio. In questo modo il download della posta sarà rapidissimo ed ogni utente potrà scegliere se aprire o meno l’allegato, già direttamente dal suo programma di posta, oppure da una ricerca di archivio. Permane comunue un limite massimo alle dimensioni dei messaggi, incrementato a 300 Kb. Il subject dei messaggi dovrà essere preceduto da una delle seguenti parole
SCIVAC SIVAE SIVE SIVAR
I file in attach dovranno avere una delle seguenti estensioni .doc
.jpg
.gif
I messaggi che non soddisfano questi requisiti non saranno accettati. In tal modo viene resa im-
PROFESSIONE VETERINARIA 6/2001 31 DALLE ASSOCIAZIONI
possibile la penetrazione nelle liste dei file .exe, .pif, ecc. (90% dei virus). Il server di posta utilizza inoltre i più aggiornati programmi antivirus. Si ricorda che la possibilità di trasmissione dei virus informatici rimane in tutti i modi e si ribadisce che il migliore sistema per evitare ciò rimane l’eliminazione degli allegati di incerta natura e l’aggiornamento costante del proprio programma antivirus. Si ricorda che gli “untori” sono quasi sempre inconsapevoli di esserlo, perlomeno nelle nostre liste.
CENSURA Si ribadisce che non è prevista alcuna forma di limitazione, filtro o censura ai messaggi indirizzati alle varie liste e si ribadisce che sono gli utenti stessi gli unici garanti del corretto uso di questo mezzo di comunicazione. Le liste operano in regime di autocontrollo. Il gestore delle liste interverrà solo per riportare la discussione nella
DALLE ASSOCIAZIONI
sede appropriata oppure, come extrema ratio, per rimuovere gli utenti particolarmente indisciplinati.
LISTE COLLATERALI
Si è deciso di non procedere all’attivazione di una lista di carattere generico, vista l’opinione da tutti manifestata che qualche offtopic intelligente non arreca alcun danno alla lista.
Quella riservata al cerca/trova (lavoro e attrezzature professionali (vet-exchange@anmvi.it) è in fase di sviluppo e vedrà la collaborazione delle aziende del settore. Gli sviluppi saranno comunicati a tempo debito.
DATE OPERATIVE
Si prevede che le iscrizioni alle nuove liste possano essere aperte al massimo entro la prima settimana di luglio 2001. Si provvederà ad inviare un ultimo messaggio alle attuali liste con tutte le istruzioni del caso.
Sono 2726 i veterinari che discutono on line
AREA DI DISCUSSIONEISCRITTI AL 15/06/2001
SCIVAC FORUM scivac-forum@scivac.it1482
SIVAR FORUM sivar-forum@sivarnet.it289
SIVE FORUM sive-forum@sive.it271
VETLINK ANMVI vetlink-list@anmvi.it684
TOTALE ISCRITTI2.726
Prima giornata di approfondimento SCIVAC:
UN SUCCESSO ANNUNCIATO
Effettivamente già l’argomento trattato e il relatore previsto inducevano a ben sperare. “Dalla Diagnosi al trattamento chirurgico nelle lesioni spinali: un approfondimento pratico oltre la letteratura” con Massimo Baroni, Diplomato al College Europeo di Neurologia Veterinaria. Lo scopo della giornata era analizzare in ma-
niera interattiva quegli aspetti delle lesioni chirurgiche spinali che trovano poche risposte nella letteratura attuale o che sono frutto di esperienze cliniche supportate da solidi dati scientifici. Numero di partecipanti limitato (35) a fronte di richieste almeno doppie per favorire l’interattività. Livello sia dell’uditorio che del programma scientifico decisamente elevato. Nel modulo di iscrizione ai partecipanti veniva chiesto di formulare una domanda particolare. Ed infatti la giornata si è sviluppata con una relazione introduttiva sullo stato dell’arte della neurochirurgia spinale a cui è seguito l’esame interattivo delle patologie specifiche alla luce di domande poste dai partecipanti precedentemente al corso. Le domande sono state di varia natura: tecnica, patogenetica, terapeutica, ecc. Il programma proposto si è così via via svolto modificandosi e adattandosi alle richieste dei partecipanti. Questo nuovo evento formativo si inserisce nella tipologia “role playing”, dove, anche senza l’esecuzione di manualità pratiche, ma con l’ausilio di nuovi e moderni strumenti didattici, si prevede un forte coinvolgimento dei partecipanti.
Fulvio Stanga, Coordinatore Scientifico SCIVAC
Centro Studi SCIVAC – Palazzo Trecchi Cremona 20-21 luglio 2001
I relatori del Corso sono:
• Dr.Marco Caldin (anche Direttore – Med. Vet., Padova)
• Dr.Tommaso Furlanello (Med. Vet., Padova)
• Dr.George Lubas (Med. Vet., Dipl ECVIM-CA, Università di Pisa)
Per informazioni riguardanti le modalità d’iscrizione si prega di contattare il numero 0372/403506 (Paola).
FSA
Centrale per il controllo della dell’ancadisplasia e del gomito nel cane
Razze canine che possono essere valutate dalla FSA Si ricorda ai numerosi Colleghi che fanno riferimento alla Centrale di Lettura della FSA che possono essere inviate le radiografie di tutte le razze canine per le quali viene richiesta la certificazione, eccetto le seguenti razze:
1.Boxer
2.Pastore Tedesco
3.Rottweiler
4.Schnauzer
Per queste razze, le rispettive Società Cinofile Specializzate non hanno ancora aderito alla Centrale della FSA. Mentre ci auguriamo di poter ottenere al più presto anche il loro riconoscimento, invitiamo i Colleghi a non inviare alla FSA, per il momento, le radiografie di cani appartenenti a queste razze. Possono invece essere inviate le radiografie di tutte le altre razze che vengono sottoposte a controllo, ed in particolare:
1.Bob Tail
2.Border Collie
3.Bovaro del Bernese
4.Corso
5.Dobermann
6.Pastore Belga
7.Pastore Bergamasco
8.Razze Nordiche
9.Retrievers
10.San Bernardo
Ad Acqui Terme il 1°Moto Vet
Domenica 3 giugno 2001 si è svolto sulle colline del Monferrato in Piemonte il 1°Moto-Vet, ovvero raduno dei veterinari motociclisti culminato dopo un bel giro sulle strade monferrine con un sontuoso aperitivo presso l’enotca “La Curia” di Acqui Terme, e il successivo pranzo presso il ristorante “Vetta” in località Cremolino. Oltre a ringraziare tutti i colleghi che hanno partecipato (arrivando da varie regioni del nord italia) molti coinvolgendo pure i famigliari più stretti (71 partecipanti), ci tengo a ringraziare le ditte che direi con molto spirito e larghezza di vedute hanno voluto appoggiare e aiutare il 1°Moto-Vet, ovvero in rigoroso ordine alfabetico: COVEL-ITALIA, IDEXX, MERIAL, NUTRO e WALTHAM. Grazie ancora a tutti.
Massimo Raviola
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI
DI TORINO
Facoltà di Medicina Veterinaria
Scuola di Specializzazione in “Ispezione degli alimenti di O.A.”
Anno Accademico 2001/2002 www.veter.unito.it
Obiettivi
Scopo della Scuola è quello di preparare mediante corsi teorici, esercitazioni pratiche ed attività sperimentali i laureati in Medicina Veterinaria nel settore della produzione, igiene e controllo degli alimenti di origine animale, rilasciando il diploma di specialista in Ispezione degli alimenti.
Durata
La Scuola ha la durata di tre anni e le materie di insegnamento appartengono alle 10 aree didattiche previste al capo II punto 2 del Decreto 1.7.1996 /G.U. Serie generale n.152 .
Il numero massimo di iscritti al primo anno per l’a.a.2001/02 è pari a venti. Previo parere favorevole del Consiglio della Scuola può essere consentita l’ammissione di n.6 allievi (30%) in sovrannumero nell’ambito dei candidati dichiarati idonei secondo quanto previsto dalla convenzione stipulata fra la Scuola di Specializzazione e la Direzione di Sanità Pubblica della Regione Piemonte.
Requisiti
Sono ammessi a sostenere l’esame di ammissione i laureati in Medicina Veterinaria in possesso dell’abilitazione al momento dell’effettuazione della prova di ammissione.
Per ulteriori informazioni: Dipartimento di Patologia Animale
Settore “Ispezione degli Alimenti”
Via L.da Vinci 44, 10095 Grugliasco (TO) Tel.011/6709214/15/16/17/18
turi@veter.unito.it
civera@veter.unito.it
Segreteria studenti: Tel. 011/670-8523/8835/8838
Fax. 011/6708674
mazzuoccolo@rettorato.unito.it
Istituto Lattiero-caseario e delle Tecnologie Agroalimentari –P.za C. A. Grosso, 82 Moretta (CN)tel./fax 0172-911012 - 93564
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PROFESSIONE VETERINARIA 6/2001
Sono ancora disponibili alcuni posti per il “Corso SCIVAC sulle coagulopatie”
maggio 2001, il sito www.amici.it si è arricchito di un nuovo spazio dedicato all’iniziativa MISSIONE CROCCHETTA. Partecipando ad un divertente quiz per almeno cinque volte, ogni navigatore, dopo una semplice registrazione, contribuirà a fornire una giornata di alimentazione virtuale per un cane o un gatto abbandonato. Royal Canin Italia trasformerà tutte le giornate virtuali in altrettante giornate reali di alimentazione per gli animali ospiti nei canili, scelti fra i più votati online, sino ad un massimo di 120.000 giornate di cibo.
www.amici.it: iniziative online contro l’abbandono
AMICI! è un’onlus che, da quattordici anni grazie al sostegno di Royal Canin Italia, è impegnata in campagne sociali di sensibilizzazione e diffusione di una cultura di responsabilità e amore verso gli animali. L’abbandono degli animali ha assunto, negli ultimi anni, proporzioni enormi e sta diventando un problema sempre più grave, soprattutto nel periodo estivo; nel 2000 sono stati abbandonati circa 150.000 cani e 200.000 gatti. www.amici.it è un sito attivo da quattro anni che si batte contro l’abbandono, offrendo dei servizi per una partenza intelligente: nel FORUM i visitatori possono lasciare messaggi e scambiarsi idee sugli argomenti proposti, mentre nella sezione SCATTA IN VACANZA si possono vedere le foto più belle e divertenti delle vacanze trascorse con i nostri amici. Per chi non può portare gli animali in vacanza, AMICI! mette a disposizione una bacheca virtuale per l’AFFIDO TEMPORANEO, che permette di fare incontrare i proprietari di animali con aspiranti “Dog & Cat Sitter”. Nel sito è disponibile anche S.O.S. SMARRITI, una guida on line delle strutture a cui è possibile rivolgersi in caso di ritrovamento o smarrimento di cani o gatti. A partire dal 30
Pfizer Animal Health presenta una importante novità per garantire il trattamento efficace e prolungato delle patologie articolari, secondo i protocolli terapeutici suggeriti dalle più recenti strategie terapeutiche. La moderna strategia di trattamento delle osteoartriti, oltre all’eventuale trattamento chirurgico, prevede:
1) Correzione delle abitudini di vita
In tutti gli animali affetti da artrite clinicamente manifesta occorre intervenire modificando le abitudini di vita dell’animale. Queste modificazioni consistono nell’indurre periodi di riposo seguiti da periodi di esercizio fisico controllato.
È infatti di fondamentale importanza mantenere un buon grado di mobilità articolare onde evitare un ulteriore aggravamento con perdita della funzione e nello stesso tempo evitare gli sforzi fisici eccessivi che possono aggravare le lesioni a carico delle articolazioni interessate.
Particolarmente utili risultano inoltre le diete e tutte le altre misure messe in atto per favorire la riduzione di peso negli animali in sovrappeso.
2) Terapia farmacologica
La terapia farmacologica dell’osteoartrite punta a raggiungere semplici obiettivi:
• Alleviare il dolore
• Ridurre il processo infiammatorio
• Favorire la ricostituzione della cartilagine articolare.
Gli Antiinfiammatori Non Steroidei (FANS) sono i farmaci maggiormente utilizzati nel trattamento delle artriti.
Il trattamento con FANS deve essere programmato per un periodo minimo di 4 settimane, con una posologia adatta alla gravità della sintomatologia e con un farmaco sicuro e privo di effetti collaterali.
La dose di FANS deve essere successivamente ridotta gradualmente nelle 4 settimane successive fino ad identificare la dose minima efficace.
In considerazione del carattere progressivo ed irreversibile delle patologie articolari, questo ciclo di trattamento deve essere ripetuto quando le condizioni cliniche dell’animale lo richiedono.
Per tutti questi motivi, per venire incontro alle esigenze dei Medici Veterinari e dei proprietari di cani affetti da osteoartriti
PFIZER ANIMAL HEALTH HA IL PIACERE DI PRESENTARE LA NUOVA CONFEZIONE DI RIMADYL CONTENENTE 50 COMPRESSE DA 50 MG
I perché della polizza Cane & Gatto
Sottoscrivere la polizza rimborso spese veterinarie Cane & Gatto consente ai proprietari di animali di poter affrontare,senza alcuna indecisione,la maggior parte delle spese di cura a seguito di infortuni e malattia. Parallelamente il Medico Veterinario è messo in grado di esercitare sempre la propria missione.
Ognuno può quindi esercitare responsabilmente il proprio ruolo a tutto vantaggio degli animali da compagnia.
La polizza Cane & Gatto è una polizza rimborso spese veterinarie a seguito di malattia ed infortunio
La misura del rimborso per ciascun sinistro da malattia e da infortunio avviene nell’ordine dell’85% della spesa sostenuta, rapportata alla tabella analitica degli indennizzi contenuta nella polizza.
La polizza copre tutti gli eventi da malattia od infortunio ad eccezione delle malattie pregresse dalle quali l’animale non è ancora guarito. Ugualmente non coperte sono le malattie congenite così come comunemente intese dai Medici Veterinari sulla base di valutazioni generalmente accettate dalla categoria professionale.
Alla detraibilità fiscale delle spese di cura veterinaria si aggiunge il vantaggio di un indennizzo assicurativo che come tutti gli indennizzi assicurativi non è soggetto ad alcuna imposta.
Il costo della polizza è estremamente contenuto, meno di 1000 lire (0,5 euro) al giorno.
Curare adeguadamente i piccoli amici di casa nei momenti difficili è veramente alla portata di tutti
Milioni di proprietari di animali da compagnia nei paesi più evoluti ricorrono normalmente a questo strumento di previdenza.
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PROFESSIONE VETERINARIA 6/2001 33 NOTIZIEATTUALITÀ DALLE
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Chiuso in stampa il 26giugno 2001
PROFESSIONE VETERINARIA 6/2001 34
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