Giampiero Poggiali Berlinghieri, il gioco serio dell'Arte - Teodolinda Coltellaro

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Teodolinda COLTELLARO

Giampiero

Poggiali Berlinghieri

IL GIOCO SERIO DELL’ARTE a cura di

Enzo Le Pera





Teodolinda COLTE LLARO

Giampiero

Poggiali Berlinghieri IL GIOCO SERIO DELL’ARTE

a cura di

Enzo Le Pera


Teodolinda COLTELLARO

Giampiero Poggiali Berlinghieri Il gioco serio dell’arte a cura di Enzo Le Pera

Progetto grafico e impaginazione Stefania Maranzano estefian@icloud.com Tel. 392 6424695 con la collaborazione della

Galleria d’arte Il Triangolo viale Alimena 31/d 87100 Cosenza www.galleriailtriangolo.com info@galleriailtriangolo.com tel./ fax 0984 73633 In copertina: Costellazione, bassorilievo in legno colorato, 2019 Si ringrazia il Rotary Club Presila Cosenza est e il suo Presidente, prof. Angelo Costa


Sommario

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Il gioco serio dell’arte Intervista di Teodolinda Coltellaro Dipinti Sculture Gli inviti alle mostre NOTIZIE BIOGRAFICHE Biografia Opere nei musei e pinacoteche Nota sitografica La casa/studio

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50 anni di attivitĂ artistica 25 volumi per documentarla

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Il maestro al lavoro e con amici

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Il gioco serio dell’ arte intervista di Teodolinda Coltellaro Seduta nello studio di Giampiero Poggiali, per un’intervista che già presuppongo intessuta di preziosi motivi conoscitivi; le pareti scorrono nei miei occhi col loro carico di tele e pezzi installativi. In un angolo un’installazione smontata; lo sguardo, in piena autonomia, insegue cammini diversi dal pensiero che formula domande; rincorre le forme, le figure dei suoi quadri che appaiono svincolate dalla fissità fisica del supporto, elementi liberi e leggeri in movimento. E lo sguardo ancora si reimmerge nelle delicate e terse cromie delle forme, che trapassano l’una nell’altra offrendo una partecipazione vitalistica dell’universo espressivo di Giampiero; sono elementi dinamici di un gioco che annulla i confini tra realtà e immaginazione; un gioco in cui l’artista è preso, coinvolto da una misteriosa forza vitale che ne determina il fare. È il grande e sempre nuovo gioco dell’arte che coinvolge l’artista: in esso natura e fantasia costantemente si rigenerano nell’infinita estensione della materia creativa. T. Giampiero, ripercorrendo a ritroso l’itinerario della tua ricerca pittorica, mi sembra che esso proponga nelle fasi iniziali, un confronto serrato, stringente col reale, risolto in figurazioni di chiara ascendenza neofuturista. G. Va precisato che io sono un autodidatta e quindi, forse, non avevo neanche le capacità pittoriche per partire da un vero reale. È vero, piuttosto, che sono sempre stato innamorato della pittura; mi sono sempre espresso per segni e, in un primo tempo, ero molto innamorato del futurismo (il mio amore primitivo) e soprattutto del secondo fruturismo. Ho cercato, quindi, di rivisitarlo nei paesaggi; anche nelle figure, ma un po’ meno. Ho cercato di indagarlo, di analizzarlo, di selezionarne la morfologia e la sintassi espressiva, tentando di entrare fin nelle pieghe più profonde di questo movimento artistico, di scoprirlo, di renderlo attuale, presente alle mie esigenze espressive; in qualche modo volevo partecipare a questo movimento che mi aveva così affascinato 5


e trasformarlo adattandolo, adeguandolo a quelle che erano allora le mie ansie di ricerca. T. Pian piano ti sei staccato dall’esigenza di rivivere le suggestioni formali e linguistiche di un periodo storico ed hai cominciato ad indagare dentro di te, a scavare tra nuove ipotesi formative e memorie visive, giungendo ad una più chiara determinazione segnica, ad un linguaggio pittorico più personale, più pienamente tuo. G. Certamente! Quelli erano i primi approcci. Poi il linguaggio si è fatto più chiaro, più definito negli accordi formali. Le mie esigenze espressive sono venute fuori. Ho trovato la mia dimensione. Ho cercato di elaborare un mio discorso, sempre più personale che soddisfacesse il mio animo. T. Un discorso, il tuo, da cui affiora una forte componente ludica... G. È vero! Io ho bisogno di divertirmi nel lavorare; non posso soffrire. Se devo soffrire posso solo farlo in silenzio; un silenzio che non ammette il lavoro creativo. Quando lavoro sono molto felice perché, in definitiva, gioco, mi diverto e così mi esprimo: anche se, come del resto in tutti i giochi, possono verificarsi momenti di tensione. T. E, nell’operosità del tuo gioco, elabori nuove forme... G. Certo! Elaboro nuove forme... T. Queste forme che si generano e rigenerano, che proliferano senza sosta, che si compenetrano e compongono in leggere geometrie e fantasie ludiche, da dove sgorgano? Forse dalla dimensione del non-pensante? Dall’immaginario? Sono la dimensione del tuo immaginario? G. Si, penso proprio di si. Essendo il mio un discorso essenzialmente ludico, va detto che io non costruisco a tavolino la ludicità. Essa deve essere spontanea, istintiva, immediata (di getto). Io trovo le mie forme scarabocchiando sulla tela; poi , guardando dentro questi estemporanei e veloci interventi segnici, riesco a vederci tantissime cose. È chiaro che ci vedo delle cose, delle forme, che magari la mia mente pensa o che ho desiderio di vedere. Quindi, esce fuori quello che io ho dentro; senza costrizioni o forzature dovute a procedimenti costruttivi esasperatamente razionali. T. Giampiero, potremmo definire ciò che, così liberamente e spontaneamente, viene fuori dal tuo operare “il dire più profondo del linguaggio”? G. Ritengo di si. T. Potremmo, in una superiore assimilazione dialettica, riconoscere quel “dire che non pensa del linguaggio” nella ludicità, nel tanto di ludico che connota il tuo fare?

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G. Senza dubbio. È chiaro che se io guardo una tela con tanti segni in cui trovo queste figure, queste forme che tu vedi nei miei quadri, esse traducono qualcosa di più profondo, qualcosa che rimanda alle estensioni sconosciute dell’inconscio. Forse è, più propriamente, il mio animo che esce fuori da quei segni. T. La tua produzione si articola per cicli nei quali si coglie, continua ed unitaria, l’evoluzione linguistica ed espressiva. G. Certo. Io ho lavorato per cicli. Ad esempio, in omaggio allo scienziato Stephen Hawking, cui si deve la teoria dei “Buchi Neri”, ho realizzato il ciclo di opere intitolato “Orizzonte degli eventi”. Essendo un appassionato di letture scientifiche, mi hanno affascinato le teorizzazioni di Hawking, gli spazi inesplorati dei cieli, le estensioni sfuggenti, vuote dello spazio cosmico. Ho lavorato per quasi due anni a questo ciclo dedicato allo scienziato inglese. È chiaro che, in qualche modo, dovevo giustificare questo omaggio tematico, per cui, oltre all’elaborazione libera, cioè alla scoperta dei segni cercati sulla tela, c’era nelle opere anche una costruzione interna, come una trama profonda del dipinto, che legittimava la dedica. T. In questo caso, oltre che collegamento evocativo ad una scoperta scientifica non potrebbero questi “Orizzonti” esemplificare una delimitazione molto più interiore: quella dimensione in cui accadono eventi che sommuovono l’essere e a cui il fare creativo dà concretezza d’immagine? G. Si. Il mio omaggio a Hawking è anche una scusa per esprimermi; per dar vita e forma visibile, attraverso un linguaggio poetico, a quegli spazi sconosciuti che ciascuno di noi porta dentro di sé. Comunque, io ammiro moltissimo gli scienziati e penso che siano dei grandi artisti. Come l’artista anche lo scienziato parte da un’intuizione. Un grande scienziato, così come un grande artista, giunge alla scoperta eccezionale quando ha una grande intuizione. In più lo scienziato ha la precisione, la meticolosità analitica nello smontare l’intuizione, cercando di far quadrare i pezzi ottenuti, studiandoli uno per uno in modo che tutti, alla fine, coincidano nell’unitarietà della scoperta che ne consegue; la quale non è più un caso. Tornando alla mia pittura, a me piacciono le forme pulite, pure, ben delineate nella delicatezza dei contorni. Forse, questa voglia di pulizia formale traduce una sostanziale similarità tra il ricercare dello scienziato e il mio operare. Forse vorrà indicare proprio questo: dopo aver visto nei miei quadri, nei segni delle fantasie, riunire in qualche modo, selezionare, pulire, cercare di elaborare, quasi matematicamente, certi fondi. T. E, una volta individuata una forma, comporla con altre forme...

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G. Certo. Con altre forme - trovate, scoperte, d’intuizione - e poi completarle, come gli scienziati fanno. T. Ma, mentre lo scienziato è rigorosamente proteso verso il risultato inoppugnabile della scoperta finale, l’artista è libero di far giocare i pezzi dell’intuizione; libero di farli intersecare, sovrapporre, combinare; di tentare sempre nuove soluzioni compositive partendo da forme già esistenti. Molte tue composizioni sono generate da questa dinamicità di pensiero... G. Chiaramente. Esse danno modo di rilevare anche la differenza esistente tra una pittura rigorosamente razionale e la mia. Infatti, l’artista che elabora un proprio discorso razionalmente definito e ineccepibile, propone al fruitore percorsi di lettura stabiliti e inevitabili; per me, invece, ogni volta che qualcuno nei miei quadri vede qualcosa di diverso da quello che ci vedo io costituisce una vera sorpresa e una grande soddisfazione. Questo perché io non voglio trasmettere l’immagine in sé, ma voglio comunicare qualcosa a qualcuno: una sensazione, un moto liberatorio della fantasia, un’illuminazione improvvisa; realizzare una dimensione immaginativa, sospesa nel gioco, in cui ognuno possa vedere, trovare qualcosa di suo. T. Quindi, si potrebbe auspicare una dimensione universale di quel dire profondo; un “inconsapevole parlare” che accomuna le persone, al di là del linguaggio; che rende possibile il riconoscersi nel quadro, nelle sue figurazioni diversamente significanti. G. Certo. Allorché qualcuno, in un mio quadro, vede anche le cose che io non vedo e riesce a farle sue, significa che si sono attivati misteriosi canali di comunicazione. D’altra parte è questo il vero scopo dell’artista, ossia produrre opere che possano essere recepite, fruite a più livelli interpretativi. In proposito, io ritengo da sempre che artista e fruitore sono due elementi complementari nel processo creativo; anzi, il fruitore, quando recepisce il messaggio contenuto in un quadro fin nelle diramazioni più profonde, è artista quanto colui che l’ha prodotto: è l’altra metà dell’artista. Per questo motivo considero, quelli che amano i miei quadri, un completamento della mia persona. Io credo molto in questo; credo nella comunicazione tra le persone; credo al mistero. T. Nel tuo operare, ad un certo punto, cresce la necessità, quasi fisica, di infrangere i limiti strutturali della tela; di occupare, invadere, assorbire, anche ludicamente, lo spazio reale. Le tue forme cercano un corrispettivo tridimensionale, rilevando una sottesa vocazione alla scultura. G. È vero! Ho sentito questa necessità fin dagli anni ‘80. Negli ultimi anni si

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è fatto ancora più pressante il bisogno di vivere altri spazi, di esperire altre spazialità al di là del quadro; un bisogno che ho soddisfatto realizzando le mie sculture. Esse sono, praticamente, quasi tutte realizzate con legni colorati, con inserti di plexiglass e altri materiali, ma sono comunque forme giocose che si possono ritrovare sempre nei miei quadri. In esse non c’è molta differenza tra pittura e scultura: la loro è solo “una tridimensionalità che esce dal quadro”; forme dipinte che acquistano peso e consistenza reali. Questa nuova dimensione operativa è affascinante perché, quando faccio delle mostre, posso realizzare delle installazioni e, con i materiali e con le sculture che ho, con le nuove sculture che realizzo, riesco davvero a cambiare, a modificare fisicamente l’ambiente. Non è certo il solito quadro che si appende! Tant’è vero che io non riesco più a fare una mostra di soli quadri; ho bisogno di alternare, anzi di fare entrare quadri e sculture in uno spazio, in cui essi si equivalgono, si muovono. Ho realizzato anche delle strutture in movimento. Vivono. Insomma, è un bel gioco! D’altra parte, quando realizzo le mie sculture, di norma, penso ai bambini: come loro giochi. I bambini, in queste forme colorate che possono sembrare tante cose insieme, vedono e costruiscono fantasie bellissime che poi, guardandole, scopro e vedo anch’io. T. Forme delineate col colore sulla tela, forme plastiche colorate inserite nella spazialità ambientale. Mi sembra che il colore svolga un ruolo predominante nel tuo operare. G. Per me il colore è importante: sono essenzialmente colorista. Io mi esprimo con il colore; le mie opere non sono mai monocromatiche. T. L’immaginario in bianco e nero sarebbe un po’ monotono! G. La ludicità sarebbe monotona in bianco e nero. Tu pensa ai giocattoli dei bambini o tutti neri o tutti bianchi! I bambini hanno bisogno di avere giochi tanto colorati. Quindi, io gioco come loro e non potrei fare a meno del colore. T. Giampiero, ti definiresti più pittore o più scultore? G. Se scultore si intende nel senso tradizionale, non posso essere certamente considerato uno scultore. Infatti, non ho mai realizzato un’opera in marmo o con altri materiali tipicamente da scultura; ho realizzato soltanto una grande scultura in acciaio inox “Ares”, ma con l’aiuto di esperti operai. Se si intende per scultura tutto quello che è tridimensionale, che ha comunque una consistenza plastica, allora anch’io posso definirmi scultore. In effetti, non sono né un pittore né uno scultore in modo tradizionale: le mie forme sono

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sempre state, e lo sono tuttora, libere da ogni possibile costrizione di campo. T. Ti piacerebbe essere definito allora “libero creatore di forme”? G. Si, è una bella definizione. T. Nel ripensare il percorso evolutivo della tua opera, ti ci ritroveresti nel dire che ogni tuo ciclo è una tappa, una stazione di un cammino e ogni stazione è un nuovo punto di partenza verso altre conquiste formali e di linguaggio? G. Credo proprio di si. Quando inizio un nuovo ciclo, è chiaro che ho scoperto un nuovo elemento da portare sulla tela; un elemento che può essere una forma, ma può essere anche il fondo stesso del dipinto. Mi sembra di avere scoperto qualcosa di importante, di essenziale. Preso dall’ entusiasmo di aver trovato una nuova forma, di approfondirla, di elaborarla il più possibile, di entrarci dentro con l’anima, mi sembra di scoprire, nel contempo, tante nuove soluzioni e contiguità operative. Poi, in effetti, quando queste opere le vedo tutte assieme, sono così lineari: si assomigliano tutte! Mi accorgo allora che è soltanto un piccolo passo quello che ho compiuto; è solo una stazione del mio cammino; è la continuità stessa, la coerenza interna al mio discorso pittorico. T. In conclusione, si potrebbe affermare che, nel grande gioco dell’arte, c’è una dimensione che ti appartiene; una dimensione di armonia, di sostanziale positività che vuoi, nel gioco e per gioco, comunicare, regalare agli altri, a quei fruitori che sono complemento indispensabile al tuo fare. G. Forse, hai veramente colto nel giusto! Io voglio comunicare sensazioni positive alle persone e allora lo faccio attraverso le mie opere. Essendo il mio un fare creativo essenzialmente ludico, per attivarlo, devo avere un animo sereno, non dico felice, perchè non sempre lo si è. Io non so se sarei capace di dipingere in seguito ad un grande dolore. Sicuramente smetterei, perché, come ti ho già detto - e deve essere senz’altro vero - se io fossi molto infelice non potrei dipingere; avrei dentro di me la I’angoscia di comunicare cose negative, che poco hanno a che vedere con la gioiosità del gioco. T. Perché il tuo è un gioco serio! È il gioco eterno dell’arte. G. Proprio così. Il mio non è il gioco banale, sommesso: è un gioco consapevole, serio, appunto.

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Dipinti

acrilici su tela

Autobahn 2007

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Senza titolo, 1997

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Azzurri bagliori, 2015

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Il colore del bianco, 2018

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Il colore del bianco, 2018

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Altro universo parallelo, 2018

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Il colore del bianco, 2018

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Il colore del bianco, 2019

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Volo pindarico, 2019

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Volo pindarico, 2019

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Prima dell’orizzonte, 2019

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Volo pindarico, 2019

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Senza titolo, 2019

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Pesci volanti, 2019

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Volo pindarico, 2019

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Senza titolo, 2019

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Volo pindarico, 2019

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Sculture

Legno e acrilici

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Pizia, 2019 30


Costellazione, 2019

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Prototipo, 2019

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Sculture nello studio

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Sculture nello studio

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Gli inviti delle mostre

Firenze 1987

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Modena 1976

Genova 1978

Firenze 1976

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Firenze 1979

Tavarnelle Val di Pesa 1978

Firenze 1983

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Firenze 1986

Piombino 1986

Faenza 1984 38


Pordenone 1986

Trieste 1986

Firenze 1987

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Verona 1987 Sesto Fiorentino 1984

Modena 1987

Firenze 1987

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Firenze 1989 Firenze 1989 Mantova 1992

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Pisa 1993

Livorno 1988 Siena 1991

Portoferraio 1992

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Milano 1994 Firenze 1996 Montecatini 1994

Treviglio 1996 43


San Marino 1998

Chiavenna 1999

Ravenna 1997

Firenze 2000 44


Lecco 1999

Sesto Fiorentino 1999

Sesto Fiorentino 1999

Sesto Fiorentino 1999 45


Mantova 2002 Pietrasanta 2002

Firenze 2002

Pietrasanta 2001 46


Firenze 2007

Genova 2004

Firenze 2002

Firenze 2006 47


Collodi 2008

Forte dei Marmi 2011

Pescia 2004

Forte dei Marmi 2011 48


Vicchio Mugello 2011

Vicchio Mugello 2011

Peccioli 2016

Firenze 2016

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Peccioli 2016

Cecina 2019

CittĂ della Pieve 2014

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Notizie biografiche

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Biografia lazione documentata nel libro C’era una volt@, Morgana Edizioni. Inoltre il Consiglio Regionale della Toscana lo invita a Palazzo Capponi Covoni di Firenze dove espone l’installazione Firenze ti @mo con la pubblicazione di Morgana Edizioni. è inserito in Generazione anni Trenta della Storia dell’arte italiana del ‘900 di Giorgio Di Genova. Nel 2002 il Museo d’Arte delle Generazioni Italiane del 900 G. Bargellini di Pieve di Cento, BO acquisisce 4 grandi opere, per le Collezioni Permanenti. Nel 2004 per Ge lazzo dei Capitani di Malcesine, VR, mostra e installazione Ex libris; nella Palazzina Azzurra di San Benedetto del Tronto, AP, l’installazione Ti ho conosciuta in chat. Nel 2004 al Palazzo del Podestà di Pescia, PT, nella Gipsoteca Libero Andreotti, con l’installazione Piccoli Habitat, viene presentato il primo volume monografico, Ed. Galleria Sangallo di Firenze. Del 2006 la mostra al Castello Scaligero di Malcesine, VR, con presentazione del libro: Opere multimediali e interattive di luce e in movimento, Ed. Morgana. Nel 2007 mostra Audioritratto, Palazzo Medici Riccardi, Firenze, con presentazione del libro Ritratti e Autoritratti 19722007, Ed. Morgana. Nel 2009 mostra

Giampiero Poggiali Berlinghieri, Firenze 1936. Ordina la sua prima personale alla Galleria Inquadrature di Firenze, a cui fanno seguito altre 80, in Italia e all’estero. Un suo autoritratto è nella raccolta degli autoritratti della Galleria degli Uffizi di Firenze. Nell’88 espone al Palazzo dei Diamanti di Ferrara e nell’89 a Palazzo Strozzi di Firenze, mostre che segnano due momenti antologici della sua attività. Negli anni ‘90 esegue numerose installazioni, documentate dalla monografia a cura di Pierre Restany: Poggiali sculture e installazioni 1969-1995, Ed. Museo Civico di Taverna, CZ. Nel 1996 è significativa l’installazione Simposio al Museo Marino Marini, patrocinata dal Comune di Firenze. Nel 1997 pubblica da LoGisma l’opera multimediale interattiva Delfo, una pinacoteca virtuale di oltre 300 immagini di quadri, sculture, installazioni e 5 video, con musiche elettroniche originali. Nel ‘99, in Piazza XXX Novembre a Sesto Fiorentino, FI, il Soprintendente ai Beni Artistici e Storici di Firenze, Antonio Paolucci, inaugura il monumento Pegaso di acciaio inox policromo. Nel 2002 è invitato dalla Fondazione Nazionale Carlo Collodi di Pescia, PT, dove realizza una grande instal52


Biodiversity a Chianciano Terme, presentazione del libro Biodiversity, a cura di Alessandra Borsetti Venier e testo di Nicola Micieli, Ed. Morgana Due personali nel 2011, presso Ellequadro a Palazzo Ducale di Genova, e al Museo Casa di Giotto, Vespignano - Vicchio, FI. Nel 2012 personali al Plus Berlin, Berlino; e Sculture solari e opere, Ecologicamente compatibili, a La Barbagianna: una casa per l’arte contemporanea, Pontassieve, FI, con presentazione del video-catalogo n. 2, Ed. Morgana. Nel 2013 l’Accademia di Belle Arti Michelangelo di Agrigento gli conferisce la laurea ‘honoris causa’. Nel 2014 installazione Infinito al Centro Cult. Fidia, Città della Pieve. Nel 2015 esce la monografia POGGIALI BERLINGHIERI 1968-2014, a cura di Nicola Micieli e Alessandra Borsetti Venier. Nel 2016 nello Spazio Glicine di Firenze la sua personale è presentata da Corrado Marsan. Nel 2017 editi due volumetti: La scienza ci salverà, Ed. Arpa, Pisa, e Creatività tecnologica, Ed. Fondazione Collodi. Nel Salone Centrale nella Fondazione Santa Rita, Prato, allestimento permanente di 38 opere. Nel 2019 installazione permanente La scienza ci salverà nella rotatoria

Maria Di Vestea Fischmann davanti agli Ospedali di Cisanello, Pisa; e la pubblicazione dei volumi Le memorie del presente, a cura di Enzo Le Pera e Ghislain Mayaud, Ed. Rubbettino; Marizio Vitiello, Percorsi ludici tra fantasia e magia, a cura di Enzo Le Pera, Fondazione Santo Lico. 4 tesi di Laurea sono state dedicate all’opera di Poggiali Berlinghieri.

Le tesi di laurea su Poggiali Berlinghieri

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Opere nei musei e nelle pinacoteche Premio del Fiorino, Unione Fiorentina, FI; Raccolta Autoritratti, Uffizi, FI; Galleria Comunale d’Arte Contemporanea, AR; Pinacoteca C. Studi Marsicani, Avezzano, AQ; Pinacoteca Comunale Buti, PI; Fondaz. Ragghianti, LU; Pinacoteca Comunale Faenza, RA; Pinacoteca Civica Vitulano, BN; Pinacoteca Comunale Rosignano M.mo, LI; Pinacoteca Comunale Modica, RG; Musei Civici Palazzo dei Diamanti, FE; Consiglio Regionale della Toscana, FI; Pinacoteca Comunale Pescia, PT; Museo d’Arte delle Generazioni Italiane del ’900 Pieve di Cento, BO; Pinacoteca Civica Rocca S. Giovanni, CH; Pinac. Comunale S. Benedetto del Tronto, AP; Pinacoteca Comunale Ventimiglia, IM; Museo Civico Taverna, CZ; Museo Civico Treviglio, BG; Pinac. Castello di Palagio Fiorentino Stia, AR; Loggetta Lombardesca, RA; Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea S. Marino; Biblioteca Nazionale Centrale, FI; Palazzo Comunale Chiavenna, SO; Museo Civico, BZ; Pinacoteca Comunale Malcesine,VE; Museo Internaz. Ceramiche Faenza, RA; Fondazione Naz. Carlo Collodi, PT; DiArt, TP; Galleria R. De Grada San Gimignano, SI; Museo Epicentro, Gala di Barcellona, ME; Casa di Giotto, Vicchio, FI; MUDAC, Floridia, SR; Pinacoteca Comunale Chianciano Terme, SI; Ambasciata d’Italia a Monaco, Montecarlo; MOCA, Montecatini Terme, PT; Museo dell’Accademia Michelangelo, AG; Fondazione Peccioli per l’Arte, Peccioli, PI; Museo delle Otto Ruote, Finale Emilia, MO; Pinacoteca Comunale, GR; Museo Nazionale d’Arte Contemporanea, Mostar, Bosnia Erzegovina; Young Museum, Pal. Ducale, Revere, MN.

Nota sitografica https://www.pinterest.it/janpoghier/i-video-di-poggiali-berlinghieri/; https://www.youtube.com/watch?v=v041HWUCLJ4&feature=youtu.be; https://www.pinterest.it/pin/169940585920290127/; https://www.youtube.com/watch?v=cIEz0An7JB0&feature=youtu.be; https://www.pinterest.it/pin/169940585920290894/; https://www.pinterest.it/pin/169940585920290170/; https://www.pinterest.it/pin/169940585920290197/; https://www.pinterest.it/pin/169940585920290129/; https://www.pinterest.it/pin/169940585921522850/; https://www.pinterest.it/pin/169940585921215986/; https://www.pinterest.it/pin/169940585920290134/; 54


La casa /Studio a Firenze

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Pubblicazioni 50 anni di attivitĂ artistica - 25 libri per documentarla

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Il Maestro al lavoro e con amici

Rotary Club Presila Cosenza Est, 2019

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Con Enzo Le Pera

Con Mario Luzi


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Il Maestro nello studio Con Enzo Le Pera

Con Carlo Palli

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1- Con Andrea Barducci e Antonio Paolucci; 2- Con Attilio Maltinti; 3- Con Laura Monaldi; 4- Con Aldo Frangioni. 61


1- Con Alessandro Schiavetti; 2- Con Teodolinda Coltellaro. 62


1- Con Ceccherini, Alessandro Mayer, Fabrizio Borghini; 2- Con Paola Butali; 3- Con Loretta Guiggi e Irene Barbensi; 4- Con Pier Francesco Bernacchi; 5- Con Tobia RavĂ , Jahel Beer, Maria Luisa Trevisan. 63


1- Con Pierre Restany; 2- Con Anna Cecchetti, 3- Con Fulvio Falorsi; 4- Con Corrado Marsan

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Stampato in Italia nel mese di Febbraio 2020 da Rubbettino print - Soveria Mannelli, per conto di Rotary club Presila Cosenza Est



Galleria d’arte Il Triangolo


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