CALABRIA - Focus sull'arte contemporanea

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Enzo Le Pera Gianluca Covelli Ghislain Mayaud

CALABRIA

Focus sull’arte contemporanea


Enzo Le Pera

Castelsilano (KR) 1940 Studi al Liceo Telesio di Cosenza e laurea in Giurisprudenza a Napoli. Ha avuto esperienze come avvocato e professore nelle scuole pubbliche. Nel 1973 ha fondato la Galleria d’arte Il Triangolo di Cosenza, condotta ora dal figlio Giorgio; ha organizzato e curato oltre 300 personali di artisti italiani e stranieri. Commissario del Premio internazionale Limen arte di Vibo Valentia per le nove edizioni; del Premio Sulmona; di Stregarti e della Benebiennale di Benevento e di altri ancora. Ha pubblicato: Periscopio sull’arte in Italia (a cura, e assieme a Giorgio Di Genova), Romano 2016; Prospettive del terzo millennio (a cura, e assieme a Giorgio Di Genova), Romano 2017; Percorsi d’arte in Italia (a cura), Rubbettino 2014 e successive tre edizioni (assieme a Giorgio Di Genova e Maurizio Vitiello); Gli artisti della Calabria, ebook Pellegrini 2013; Mappa degli esperti d’arte, Le Nuvole 2016 e successive edizioni in proprio; Enciclopedia dell’arte di Calabria, Ottocento e Novecento, Rubbettino 2008; La Calabria e l’arte, Gazzetta del Sud, 2005.

Gianluca Covelli Cosenza 1968

Storico dell’Arte e Storico del Costume, già consulente artistico e curatore dei musei civici del Polo Museale della città di Rende (CS), Museo Civico, Museo del Presente e Museo Comunale d’Arte Contemporanea Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona, svolge attività di curatore e critico delle arti visive contemporanee. Ha focalizzato i suoi studi sull’analisi dei nuovi linguaggi dell’Arte Contemporanea pubblicando diversi saggi nell’editoria specializzata. Sono in corso di sviluppo speculazioni teoriche sulle tematiche che tentano di definire i processi creativi della Light Art. Laureatosi con lode all’Accademia di Roma ha proseguito i suoi studi universitari specializzandosi con lode in Storia dell’Arte presso l’UNICAL di Rende. Ha svolto l’attività di consulenza scientifica e didattica nel campo dell’Alta Formazione presso l’UNICAL e di CTU presso i tribunali. Ha curato numerose mostre personali ed antologiche, ideatore del progetto TERRAĒ – artisti in residenza, nel 2015 è stato fregiato del Premio Elmo, Storie di Ordinaria Cultura, in qualità di consulente artistico e curatore del Museo del Presente di Rende. Attualmente ricopre l’incarico di Direttore scientifico e Curatore presso il MAE - museo arte etnografia, di Zumpano

Ghislain Mayaud

Valence (Francia) 1951 Pittore, poeta, critico d’arte, docente nelle Accademie. Studi al Liceo “Paul Cézanne” di Aix en Provence. Partecipa nel 1969 ai seminari di teatro e di mimo diretti da Ingemar Lindh e Yves Lebreton al “Centre Dramatique” di Aix en Provence. Frequenta il corso universitario di teatro a numero chiuso al Théâtre du Gymnase di Marsiglia, diretto dal regista Andonis Vouyoucas. Parallelamente nella stessa città, segue i seminari di Jerzy Grotowski. Ha esposto in gallerie private (Banchi Nuovi, Roma) e Musei (Palazzo Diamanti, Ferrara). Sulla sua pittura hanno scritto: Gabriele Perretta, Palma Bucarelli, Mario de Candia, Sergio Rispoli, Mary Boone, Carmine Benincasa. Ha pubblicato: 2004: “Notte di Nuca”, volume di poesie, Campanotto Editore, Pasian di Prato (UD); 2003: “Prefazione-Testimonianza” in Carlo Scarpa di L. Finelli, p.18-20, Edizioni Kappa, Roma; 1989: “Avesta” in Ritmica, p. 59-71, Università “ La Sapienza ” di Roma, Officina Ed. - Roma.




Enzo Le Pera Gianluca Covelli Ghislain Mayaud

CALABRIA

Focus sull’arte contemporanea


Con il patrocinio del Comune di Cosenza

Ringraziamenti: Mario Occhiuto, Sindaco di Cosenza Nicola Paldino, Presidente BCC Mediocrati Vertigoarte Centro Internazionale per la Cultura e le Arti visive, Museo d’Arte Contemporanea Bilotti Ruggi d’Aragona, Rende Enzo Le Pera Gianluca Covelli Ghislain Mayaud, commento critico-poetico alle opere

CALABRIA Focus sull’arte contemporanea con la collaborazione della Galleria d’Arte Il Triangolo viale Alimena 31 d, 87100 Cosenza, Tel 0984 73633 galleriailtriangolo.com - info@galleriailtriangolo.com Progetto grafico e impaginazione: Stefania Maranzano - estefian@libero.it © 2019 Grafiche RUBBETTINO Srl Viale Rosario Rubbettino n. 10 88049 Soveria Mannelli (CZ) Tel. +39 0968 6664201 www.rubbettino.it editore@rubbettino.it rubbettinoeditore@pec.it È vietata la riproduzione non autorizzata anche se parziale


SOMMARIO

Enzo Le Pera STORIA E MEMORIA. Scaturigini dell’arte contemporanea in Calabria. Ruolo degli istituti d’arte, dei licei artistici, delle Accademie di BBAA, delle gallerie private 5 Gianluca Covelli LO STATO DELL’ARTE. Il contemporaneo in Calabria. Riflettere sull’arte attraverso l’arte

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Artisti 21 Notizie di contatto 59



Il futuro ha un cuore antico. Carlo Levi

Enzo Le Pera STORIA E MEMORIA. Scaturigini dell’arte contemporanea in Calabria. Ruolo degli istituti d’arte, dei licei artistici, delle Accademie di BBAA, delle gallerie private Questo mio saggio intende fare il punto dagli anni '50 e fino ai '90 del secolo scorso, vuole essere una cronistoria di quanto è accaduto in Calabria sulla nascita dell’arte contemporanea e sul ruolo fondamentale degli istituti d’arte, dei licei artistici, delle Accademie di BBAA, delle gallerie private. La storia dell’arte contemporanea in Calabria della seconda metà del ‘900 è strettamente legata a molti di noi operatori del settore, soprattutto artisti galleristi critici, per cui bisogna dire delle storie di noialtri. Per parlare dell’arte contemporanea nella nostra regione, dobbiamo necessariamente dare un piccolo accenno all’Ottocento calabrese, e lo faccio con un pensiero di Giuseppe Selvaggi, poeta, giornalista parlamentare al ‘Tempo’ e al ‘Messaggero’, direttore delle riviste culturali ‘Idea’ e ‘Pianeta’ e critico d’arte: “L’Ottocento pittorico e scultoreo calabrese non è di qualità inventiva. Togliamo di mezzo Umberto Boccioni, pittore a cui natività ed anni formativi sulle rive joniche hanno dato innesti visivi per ciò che poi sarà la sua presenza colossale nel Novecento... nella diretta trincea calabrese sono mancati autentici ‘fari‘....”. Questo il giudizio secco e lapidario, certamente condivisibile, di Selvaggi espresso nella prefazione del mio primo volume a stampa sull’arte della nostra regione, il 'Catalogo degli Artisti Calabresi dell’Ottocento', edizioni VAL, Cosenza, pubblicato nel settembre del 1997 1. Mentre tutte le enciclopedie (De Gubernatis, Comanducci, Luciani, Benezit, Thieme-Becher) per il nostro '800 citano solo pochi nomi (i Santoro, i Morano e gli Jerace, Benassai, Andrea Alfano, Cefaly, Salfi), in questo primo volume ne ho riportato alla luce ben 150 2.

Enzo Le Pera Catalogo degli artisti calabresi dell’Ottocento

Nell’Ottocento la gran parte dei nostri artisti che andava fuori regione per motivo di studio (in Calabria non esistevano accademie o scuole d’arte) si formava nell’ accademia di Napoli, alla scuola di Morelli e Palizzi, come anche di Lista e Mancinelli: e sono Andrea Cefaly, Giuseppe Cosenza, Saverio Gatto, Ignazio Lavagna Fieschi, Achille Martelli, Angelo Mazzia, Vincenzo Morani, Salvatore Petruolo, Enrico Salfi, Francesco e Rubens Santoro, Achille Talarico; pochi si spingevano a Firenze, penso a Giuseppe Benassai, Gaele Covelli, Eugenio Tano; mentre a Torino si recò Rocco Larussa. Fuori Italia, a Parigi, si trasferì Francesco Lamonaca, che sposò Emilia Cardona vedova di Giovanni Boldini. Il Vangelo di Giovanni comincia con la frase:”In principio era il Verbo”; ebbene, in Calabria nel campo di una ricostruzione del sistema arte del primo Novecento in principio è stato Alfonso Frangipane, pittore disegnatore decoratore saggista, ma soprattutto il più importante divulgatore dei fatti d’arte di casa nostra 3. A sua cura la prima mostra d’arte Calabrese del 1912 nei saloni della provincia di Catanzaro. Di lui, come studioso, bisogna ricordare 'L’inventario degli oggetti d’arte' del 1933, e 'L’elenco degli edifici monumentali della Calabria' del 1938. A prescindere da questo studioso, per tanti anni poi il buio; poche iniziative, alcune biennali a Reggio, poche sindacali nel periodo fascista. Ma tutto senza coscienza e senza rilievo. I prodromi della nostra rinascita avvengono nell’area dello stretto, tra Scilla, Reggio e Villa San Giovanni. Nel 1949, finita la guerra e in piena ricostruzione, quando in Italia si manifestava un grande fervore artistico e culturale, oltre che un chiaro avvio di boom economico, a Scilla in una casa affacciata su Marina Grande, nacque la cosidetta ‘Scuola di Scilla’, con a capo Renato Guttuso e con un gruppo di artisti abbastanza conosciuti e importanti, i pittori Giovanni Omiccioli, Saro Mirabella, Giuseppe Marino e lo scultore Bepi Mazzullo. A questi artisti si accompagnavano lo scrittore Stefano D’Arrigo che aveva cominciato a scrivere ‘Horcynus Orca’ e il poeta Vann’Antò. Fu un movimento che ebbe breve vita, solo pochi anni, ma che fu molto importante per la nostra terra e non solo; fu il seme che poi attecchì ancora nel reggino, ma successivamente in tutta la regione. In quell’estate nacquero diversi lavori che furono esposti in autunno a Roma, alla ‘Galleria Il Pincio’. Questa galleria, diretta dallo scrittore Ugo Moretti assieme alla pittrice Anna Salvatore (pittrice “audace e terribile” come la chiamava Ungaretti),

Alfonso Frangipane

Renato Guttuso, Pescatori di Scilla 1949, cm 32x39

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frequentata da pittori, artisti e scrittori, era un punto d’incontro dell’intellighentia romana. Un passo successivo avvenne nel 1956, per iniziativa dell’ing. Giovanni Calì, industriale villese trapiantato a Milano. Calì fondò a Villa il 'Premio di Letteratura e Pittura Villa San Giovanni', con l’intento di creare cultura e interesse alla cultura. Il Premio portò in Calabria i più grandi artisti italiani, internazionali e figure emergenti dell’arte contemporanea. Nel primo anno per la pittura vennero premiati ex-aequo Carlo Levi e Vincenzo Ciardo (per la letteratura Fortunato Seminara e Corrado Alvaro). Il Villa, che si teneva al Piccolo Hotel, proprietà di Calì, oggi Hotel Plaza, (e che venne definito “la più importante pinacoteca del sud”), registrò 25 edizioni. Si comprende chiaramente che non esiste una data di nascita precisa, non è come la scoperta dell’America (1492), ma il tutto avviene per fasi successive e per sedimentazione di avvenimenti, uno successivo all’altro nella seconda metà del secolo scorso, quando tutta la regione viene ad essere investita da un sentire artistico con la nascita degli istituti d’arte, dei licei artistici, delle accademie e delle gallerie d’arte private. Nel 1961 venne istituito a Reggio Calabria un Liceo artistico parificato, il cui primo presidente fu il Frangipane. Negli anni successivi sotto la presidenza del prof. Giuseppe Pani e l’aiuto politico dell’on. Giuseppe Reale, questo liceo divenne statale. Pani chiamò a insegnare Ugo D’Ambrosi, alunno di Renato Barisani e Domenico Spinosa. A insegnare al liceo, che dipendeva economicamente dall’Accademia di BBAA di Napoli (direttore prima Giovanni Brancaccio e poi Armando De Stefano), e dove aveva già cattedra lo scultore napoletano Celestino Petrone, vennero inoltre chiamati altri artisti napoletani: Italo D’Auria, Luca Monaco, Luigi Malice. D’Ambrosi con Monaco e D’Auria, e l’adesione successiva di Leo Pellicanò e Carlo Filosa, diede vita nel 1967 al gruppo operativo, con relativa galleria, ‘Incontro Sud‘, con conferenze del critico Italo Mussa e mostre, con scambi con la ‘Grafica Romero‘ di Roma, di opere di Fazzini, Capogrossi, Afro, Cagli e personali di Spinosa e Tulli. Ma la galleria, autofinanziata dai partecipanti, durò poco. Ugo D’Ambrosi Paesaggio con rosso, 1967

Natino Chirico, Art faces, ELP

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Successivamente, nel 1967 fu fondata l’Accademia di BBAA, emanazione della pionieristica attività di Frangipane, la terza dell’Italia meridionale dopo Napoli e Palermo, alla cui direzione venne nominato il reggino Giuseppe Marino, che aveva contatti con l’ambiente romano, con i fratelli Russo della Galleria La Barcaccia e con Alberto Ziveri, grande artista della cosidetta Scuola Romana. Ugo D’Ambrosi tenne la prima personale a Reggio alla biblioteca comunale nel 1962; in seguito sia lui che Monaco e Malice ebbero cattedra all’accademia e Malice per un periodo (1984-1989) ne fu anche direttore. Si aprì così un incontro di culture, tra quella napoletana con la pittura aniconica, informale e altre esperienze d’avanguardia e la pittura reggina, che faceva capo appunto a Marino, e a Santi Alleruzzo, Nunzio Bava, Vincenzo Caridi, Michele Di Raco, Antonino Fornace, e ai giovani Leo Pellicanò, Nunzio Solendo, Carlo Filosa. Intanto il pittore Angelo Casile, un anarchico che fu teste a discarico di Pietro Valpreda, apriva la galleria 'Ibico', a cui facevano capo Nuccio Bolignano, Nino Giulietti e Mimmo Pesce che presto si trasferì a Roma. Altre gallerie negli anni '70 a Reggio erano ‘La Tela‘, ‘Punto Blù‘, ‘Morabito‘, che adesso si trova in via Margutta a Roma, ‘Toma‘, ‘Indaco‘, ‘La Nucara‘, il ‘Messaggio‘ di Tito Borruto. Qualche anno dopo Filosa lasciò Reggio per Milano e partì con lui un suo giovane allievo di liceo, Natino Chirico, già allievo di D’Ambrosi; ora Natino lavora a Roma. Erano anni iniziali difficili, quando alcuni giovani artisti, Filosa Bolignano Minnella Giulietti Martino Pesce e Chirico nell '81 organizzarono una prima mostra collettiva, nata da rapporti culturali e di vita, alla Galleria La Tela, ‘Una situazione, 7 testimonianze‘. Negli anni successivi Carlo Filosa propose ai 7 di formare un gruppo che storicizzasse quel rapporto culturale di scambio, ma Chirico e Pesce non aderirono per motivi diversi, si aggiunsero però Nino Attinà, che ora vive a Milano e Nuccio Schepis (uno dei maggiori restauratori italiani, suo è il restauro dei Bronzi di Riace): nacquero così i ‘Mediterranei‘, tenuti a battesimo da un catalogo di Lucio Barbera, professore universitario di diritto, vice direttore della ‘Gazzetta del Sud’, critico d’arte. Nell’85 a Reggio


era anche attivo il ‘Laboratorio Arti Visive‘ (mostre di Burri, Adami, Santomaso, Pomodoro). Questa la situazione viva, fertile, incandescente a Reggio, con un Ugo D’Ambrosi protagonista assoluto della vita artistica. Nel ‘69 un nostro grande artista, il pittore Nik Spatari ritornò in Calabria, a Mammola, con l’idea di fondare un museo all’aperto; nacque così il Musaba 4. Spatari e sua moglie l’olandese Hiske Maas presero possesso di un rudere, su concessione della curia di Locri, lo ripulirono aiutati da un gruppo di volontari e iniziarono così la loro avventura. L’artista a Parigi aveva frequentato per circa due anni lo studio di Le Corbusier, aveva conosciuto anche Jean Cocteau e incontrato Picasso e Max Ernst; nel '58 ebbe anche una presenza alla Biennale di Venezia. Questo museo, forse il più bello a cielo aperto, ospita attualmente opere di artisti nazionali e internazionali: Baj, Bertini, Bonalumi, Ceroli, De Filippi, De Lima, De Martinez, Giacometti, Hsiao, Persico, Ricci, Rotella, Scanavino, Scanga, Schifano, Spadari, Tadini.

Musaba, Mammola (RC)

A ottobre del 1969 a Castrovillari Mimmo Sancineto inaugurò la ‘Galleria Il Coscile‘ con una mostra-omaggio a un grande maestro del luogo vissuto a Roma, Andrea Alfano, pubblicando altresì un saggio sull’ artista a firma di Giuseppe Selvaggi e Isabella Laudadio. A questa prima mostra ne sono seguite molte altre importanti, tra cui Josè Ortega, Attardi, Giacomo Balla, Cascella, Turcato, Sassu, Scanavino, Guttuso e tanti altri maestri nazionali. Era attivo in paese un acquerellista di grande poeticità, Luigi Le Voci. Sancineto nella sua zona è stato un precursore e in prosieguo di tempo alla galleria ha affiancato la casa editrice. A Crotone erano attive la ‘Zeusi‘ di Saro Collia, che in estate apriva una succursale sul corso di Camigliatello; il ‘Tripode‘ di Salvatore Ferragina, un pittore amico di Notte, che dipingeva nei modi del maestro (Notte d’estate veniva a villeggiare a Savelli, dove aveva acquistato una villetta in campagna); e il 'Delta' di Luigi Dima, le cui prime mostre furono di Carrà, Bartolini, Peruzzi, Maccari. In città nell’ambito della pittura tonale lavorava Totò Sfortuniano. A Lamezie Terme negli anni '70 operavano le gallerie ‘Esperia‘ di Giuseppe Lauria, ‘Pigalle‘ di Pietro Mancuso e ‘Ariele‘ di Zaffina; quest’ultima dava spazio agli artisti del luogo, Tonino Pujia, Paolo Balestrieri, Antonio Saladino, Maurizio Carnevali, mentre ai primi degli anni ‘80 risale l’apertura dei ‘Magazzini Voltaire‘, un collettivo degli artisti Antonio Pugliese, Saladino, Fabio Butera e Piero Bonaccurso. I Magazzini, nati con l’intento di produrre e far conoscere il pensiero contemporaneo, sono stati una realtà importante per il lametino, avendo organizzato mostre in campo regionale e nazionale. Famosa resta la partecipazione di Mimmo Rotella che vi tenne una esclusiva performance. La critica d'arte lametina risponde al nome di Teodolinda Coltellaro, che esprime le sue potenzialità nel secolo ventesimo, anche come consulente dei Musei Preti di Taverna e Marca di Catanzaro. Il pittore di Tropea era Albino Lorenzo, amico di Maurizio Calvesi, che gli ha dedicato un testo importante su catalogo; mentre a Belvedere Marittimo operava ‘Il Faro’ di Tullio Massimilla. Nel '72 venne istituita l’Accademia di BBAA di Catanzaro, anche questa inizialmente appendice di quella di Napoli, che dopo una prima direzione piuttosto anonima, dal 1976 ebbe come direttore Carmine Di Ruggiero, uno dei maestri napoletani di rilievo, allievo nella Scuola di Pittura dell’Accademia di Emilio Notte (grande maestro e altrettanto grande professore, Notte fu futurista a Firenze e con Lucio Venna firmò nel '17 sulle pagine de 'L’Italia Futurista', il manifesto Fondamento Lineare Geometrico “Al genio ed ai muscoli degli incrollabili amici pittori futuristi”). A Di Ruggiero seguì nella direzione altro artista napoletano, Toni Ferro, che chiuse l’apporto di Napoli nelle vicende d’arte calabresi. Noi calabresi siamo certamente debitori a Notte, perchè dalla sua scuola sono venuti artisti che poi hanno innovato il linguaggio della pittura di Calabria che in quel tempo era tardo-ottocentesto. Di Ruggiero è stato il maestro del nostro Luigi Magli, allora giovane di belle e grandi speranze. Luigi è pittore colto, informato e come molti della sua generazione, Anelli Flaccavento Telarico, opera una ricerca non tanto sul significato

Andrea Alfano Ritrattino, olio su tela, cm 55x41

Il Delta Arti visive Mostra Peruzzi

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Studio Garage, mostra di Carmine Di Ruggiero

Carlo Carrà al Triangolo

Galleria Il Triangolo, Cosenza

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del gesto del dipingere o del fare arte, quanto sulle possibilità della materia e sui significati della forma, e il suo maestro lo volle come professore in quell’accademia: Luigi aveva 28 anni! Negli anni '70 ebbero cattedra in accademia Gianni Pisani e Enrico Bugli, i cui assistenti erano Anna Romanello e Guglielmo Longobardo. Successivamente, assieme a Magli insegnavano altri giovani calabresi oggi tutti maestri di grandi qualità; ricordo tra gli altri Rocco Pangaro, che in seguito ne divenne direttore, ma anche Paolo Pancaridoria, Giovanni Vatrella, Francesca Alfano Miglietti che oggi a Milano è una dei critici d’arte più accorti e di maggiore spessore, e Francesco Correggia, anche lui oggi milanese e, fino alla pensione, insegnante a Brera. Correggia, oltre che pittore, è un saggista e storico dell’arte. Questi artisti hanno inciso profondamente nella Catanzaro di allora, sono stati dei motori importanti per la sprovincializzazione del fare arte. Magli assieme ad altri suoi colleghi fondò, nei primi anni '80, lo ‘Studio Garage‘, che ebbe breve vita, appena tre anni, ma che fu una fucina di interessi; nell’'83 ospitò la mostra di Di Ruggiero. Nel campo della pittura iconica teneva banco nella provincia di Catanzaro, a Cortale, Andrea Cefaly, che negli anni 1927-'28 aveva frequentato lo studio torinese di Felice Casorati, mentre nel capoluogo erano attivi Eugenio Galiano e Giovanni Marziano; di contro Mario Parentela si interessava di pittura-scrittura, e Vincenzo Trapasso coltivava i suoi interessi di colorista. Bisogna ricordare poi Pino Pingitore, anche lui figura di rilievo, le cui prime, importanti esperienze maturano nella metà degli anni ‘70. È stato, infatti, uno dei promotori del 'Gruppo Mauthausen' che darà vita, nel 1974, alla mostra multimediale 'La violenza oggi ed... un’ipotesi di pace', tenutasi presso il Palazzo della Provincia. A Cosenza la prima galleria d’arte, 'Galleria Calabrese', venne aperta a via Roma da Emilio Perfetti, titolare di un’edicola di giornali nel 1964. Successivamente la galleria cambiò sede in via Arabia col nome di 'Centro d’arte calabrese' Il centro si interessava per lo più di pittori locali. Emilio era un buono, ma con poco occhio critico; non resse ai tempi e cedette la galleria a Ottavio Russo, che mutò nome in 'Centro d’arte Frangipane', essendo genero dello studioso per averne sposato la figlia. Alla fine degli anni ‘60, in un appartamento di corso Mazzini, Maria Carbone apriva il 'Centro d’arte La Bussola'. Maria non aveva grandi studi, ma un intuito eccezionale e una capacità commerciale notevole. Molte collezioni d’arte in città hanno avuto inizio con lei. La Carbone era una bella donna, mora dalla carnagione ulivigna, sembrava una gitana, aveva contatti con Renato Guttuso; e con Antonio Marasco, futurista della prima epoca, al quale organizzò nel 1969 e nel 1972 due mostre, ospitando l’artista in galleria. Il centro si trasferì poi a piazza Fera, oggi piazza Bilotti, sempre con un buon impegno nell’organizzazione di mostre. Nel '73 ad opera di Enzo Le Pera e di Nicola Maria Greco aprì i battenti, con una mostra di Ernesto Treccani, la 'Galleria d’arte Il Triangolo', a viale Alimena. Da allora e per i primi 30 anni almeno di attività, ma anche molto di più, fu un fulcro e una fucina di mostre, di attività culturali sia nella propria sede che in luoghi diversi: comuni, fiere d’arte, associazioni. Ha ospitato mostre, oltre che delle alloragiovani promesse calabresi, oggi maestri nazionali, Anelli Flaccavento Francomà Lupinacci Magli Telarico Granata Pepe, dei maggiori artisti nazionali e alcuni internazionali: Tamburi, Crippa, Ortega, Dalì, Paulucci, Saetti, Sassu, Brindisi, Peruzzi, il secondo futurista sbarcato a Cosenza nel giugno del '75, con conferenza di Fernando Miglietta alla vernice, presente l’artista, e pubblicazione di una monografia 5. Altre mostre del Triangolo: Mafai, Carrà, Maccari, Annigoni, Pirandello, Caruso, Bartolini, Guttuso, Cagli, Levi, San Lazzaro et ses amis, per citare i maggiori, per un totale di 122 mostre nei primi 10 anni; che salgono a 190 nei primi 20; e a 246 nei primi 30; la gran parte delle quali con catalogo. La galleria ha preso parte a 13 edizioni di Expo Arte a Bari e ad Arte Fiera di Bologna (la prima volta di una galleria calabrese alle fiere d’arte internazionali, consentendo agli artisti calabresi di affacciarsi sulla scena dell’arte nazionale e internazionale. Ricordo il critico Marcello Venturoli, ‘Il Viaggiatore in arte‘, che nell’edizione di Expo Arte di Bari del 1980 si fermò per più di mezz’ora nello stand del Triangolo a commentare tre grandi dipinti di Francomà, tenendo una lezione di storia


dell’arte); ha organizzato altresì un club di grafica, divulgando la grafica in città e in Calabria. Francesco Vincitorio, uno dei maggiori critici italiani, sulla sua rubrica sull’Espresso, 'La parte dell’ occhio', il 2 maggio 1982 cita la mostra di Gabriele Marino al Triangolo; notizia riportata anche dal Corriere della Sera del 18 aprile 1982. Annualmente Il Triangolo era nelle pagine dell’allora Catalogo Bolaffi dell’arte moderna italiana, con i suoi artisti. Nell’'81 ha organizzato il 'Premio nazionale di pittura Cosenza '81', la cui giuria era composta da Leonida Rèpaci, Presidente onorario; Fortunato Bellonzi, Presidente; e in giuria Antonio Altomonte, Luigi Gullo, Massimo Grillandi, Giuseppe Selvaggi; premio vinto da Salvatore Fiume, che è venuto in città a presenziare all’inaugurazione. Il Triangolo, pertanto, già dai primi anni di vita è stato un motore propulsivo nel campo dell’arte in Calabria. Tutta la nostra regione in quei tempi era ricca di fermenti, di grandi stimoli culturali, di iniziative. Le altre gallerie erano la '98' di Morelli; la ‘KB‘ di Russo; il ‘Sagittario‘ di un industriale del mattone, Bruno Barbaro, il cui consulente era un intellettuale di sinistra, Albino Volpintesta; la ‘Librogalleria Il Cancello‘ dell’editore Pellegrini, che si avvaleva della collaborazione di Giuseppe Selvaggi. Ognuna con una propria attività espositiva. A Cosenza nel 1976 operava anche un’iniziativa autogestita, ‘Arteinsieme‘, con alcuni artisti, tra cui Salvatore Anelli e Franco Flaccavento, siciliani, insegnanti al Liceo artistico istituito nel 1970, il cui direttore era Franco Lupinacci, laureato in filosofia, che preferiva dialogare con Burri e Capogrossi e non con Platone e Kant. Enzo Le Pera e Salvatore Anelli, agli inizi del nuovo secolo, nel 2003, hanno fondato ‘Vertigo arte‘ (da cui Le Pera si è dimesso dopo alcuni anni); Vertigo per 15 e più anni è stata la maggiore iniziativa privata in città per l’arte d’avanguardia: mostre di Hidetoshi Nagasawa, artista e architetto giapponese, di Giuseppe Chiari del gruppo Fluxus e di altre importanti personalità. Gli artisti della città erano (e ancora continuano ad operare) Giulio Telarico, Luigi Magli, Francomà, Lupinacci, che assieme ai due siculo-calabresi citati prima sono le punte di diamante della nostra arte.

EXPOarte BARI 1981, Grandinetti, Le Pera, Francomà, Telarico, Fomez

Francesco Lupinacci Acrilico su cartone, 1971, cm 102x71

Nel luglio del 1970 Rita Pisano, sindaco comunista di Pedace, con la collaborazione del critico romano Franco Portone 6, istituì gli ‘Incontri Silani‘ di Lorica, che nel corso degli anni videro la presenza di grandi nomi della pittura nazionale (Guttuso, Purificato, Vespignani, Turchiaro) e anche di attori registi scrittori; a dicembre dello stesso anno Carlo Levi, nella casa comunale, ebbe la cittadinanza onoraria. Portone, in occasione degli Incontri del 1974 vi organizzò una biennale nazionale di grafica. Continuando nella disanima bisogna citare anche quello che si faceva a San Lucido. Nei primi anni '80 (era sindaco Mario Amendola), si organizzavano delle mostre che andavano sotto l’etichetta ‘Marginalia‘, cose a margine; ma erano mostre di grande interesse e qualità. Hanno esposto nei saloni del comune Luigi Magli, Rocco Pangaro, Paolo Pancaridoria, Francesco Correggia, Giovanni Vatrella, Francesca Alfano Miglietti, Francomà, Tarcisio Pingitore, che sin dalla fine degli anni '70 operava una ricerca nell’ambito dell’arte povera e pop 7. Nello stesso periodo operava in paese Rino Cosentino, con laboratorio di ceramiche, in stretto contatto con Filiberto Menna. Ancora a San Lucido, sulla nazionale verso Paola, esisteva lo studio d’arte ‘Acquario‘, di un impiegato di banca Diego Lanfrè, che collaborava col Triangolo e dove nei mesi di luglio e agosto si battevano delle tornate d’asta.

Picasso, Ritratto di Rita Pisano

Per come scritto tutta la Calabria era un crogiolo di iniziative: mostre, conferenze, dibattiti, premi di pittura, partecipazione a fiere, mostre estemporanee. Negli anni '70 era invece non dico assente, ma del tutto timida, non soltanto in città ma in tutta la regione, la critica d’arte come tale. A Reggio ogni tanto pubblicavano un articolo Luigi Malafarina, Nuccia Micalizzi e Maria Antonietta Mamone; a Crotone Giovanni Castelliti e Luigi Dima; a Cosenza iniziavano a operare due giovani, Fernando Miglietta, e Tonino Sicoli, entrambi con esperienze iniziali pittoriche. Miglietta aveva cominiciato nel‘ '75 pubblicando il volume su Peruz-

Minimalia

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zi; alla fine dei '70, primi '80 scriveva per ‘l‘Avanti'; Sicoli aveva corrispondenze per ‘Unità‘ e ‘Paese Sera‘. Il primo nel 1984 curò la rassegna ‘Obiettivo Mediterraneo‘ al Castello Svevo di Cosenza e nel 2011 ebbe da Sgarbi l’incarico di commissario della 54a Biennale di Venezia, Padiglione Calabria a villa Zerbi di Reggio; il secondo ha espresso le sue potenzialità al Maon, di cui fu nominato direttore. Le prime esperienze di Tonino Sicoli come critico sono della seconda metà degli anni '70; mentre la sua attività curatoriale comincia nei primi anni '80: ‘Il segno utile-inutile‘ è del 1982; quindi ‘Dai margini, l‘arte‘, Luzzi 1983; ‘La questione post meridionale‘ 1984.

Artisti al Museo MAON, Rende

Nel maggio del 1997 venne istituito il ‘Centro d‘arte Capizzano‘ e solo nel 2004 il ‘Maon‘ nell’hinterland cosentina, a Rende paese, su iniziativa di Sandro Principe. Successivamente sono sorti tanti altri musei in regione; oggi esiste un sistema diffuso di Musei, anche in paesi di poche migliaia di abitanti, per un totale di 286 luoghi d’arte. Tra i più importanti, a Cosenza si trovano la Galleria Nazionale, il Museo dei Brettii e degli Enotri, il Museo Diocesano, i BoCs art museum, il Museo all’aperto Bilotti; a Rende il Maon, il Museo civico, il Museo del Presente, il Museo Bilotti; a Reggio Calabria il Museo archeologico nazionale, la Pinacoteca civica; a Castrovillari la Pinacoteca Andrea Alfano; a Catanzaro il Marca; a Rossano il Museo Diocesano; a Taverna il Museo civico; a Borgia il Parco archeologico nazionale di Scolacium; a Crotone il Museo archeologico nazionale, il Museo di arte contemporanea; a Palmi la Gipsoteca Michele Guerrisi; a Vibo Valentia il Museo Limen arte, il Museo archeologico nazionale Vito Capialbi; ad Altomonte il Museo civico; ad Acri il Maca; a Praia a Mare il Museo Comunale. E con la nascita dei musei comincia un’altra storia, perchè oltre all’attività e al ruolo svolto non solo dalle Accademie, dai licei artistici, dagli istituti d’arte, ma anche e forse soprattutto dalle gallerie d’arte private8 nei primi tempi di questo sistema-arte-Calabria si innesta l’attività di questi ultimi. Negli anni iniziali il privato si era sostituito all’ente pubblico per promuovere arte e cultura, binario inscindibile per la rinascita della nostra regione. Le gallerie introducono, fanno da battistrada alla nascita di questo sistema. Poi, alla fine degli anni '90, primi anni del secolo scorso, nascono i primi piccoli musei dell’hinterland cosentino, e poi ovunque in regione. Ma senza la fase iniziale, senza la ragnatela diffusa di fatti d’arte di cui si è detto, i soli musei avrebbero svolto un’attività asfittica. Mi accade di leggere alcune volte che gli anni della svolta in Calabria debbano essere individuati negli anni '80; ma è solo una teoria che non ha campo, apodittica, un mantra senza senso; oppure una interessata riscrittura della storia 9. Non si può, come ampiamente scritto, stabilire una data; è un processo che si è venuto a determinare nel corso di mezzo secolo. Il seme prende corpo e dopo nove mesi nasce il bambino; il seme in Calabria ha avuto lenta incubazione: intanto sono stati più semi e sono stati necessari più decenni per questo risveglio di coscienze e per raggiungere la situazione attuale. Gianluca Covelli, critico e storico dell’arte, ha così commentato: “Gli anni di cui parli, che hai vissuto in prima persona, caro Enzo, sono stati anni di collaborazioni fitte, tra teatro, poesia, arte figurativa e arte visiva, molto fecondi nell’alveo culturale cittadino, conferma ne è la tua nota e pionieristica attività di gallerista. Da qui si sente l’urgenza della ricostruzione di un’identità storica, compito assolto in parte da diversi studiosi - secondo una tradizione calabrese che sin dagli albori ha visto le ricognizioni svolte da Alfonso Frangipane - e riconosciuta anche da Corrado Alvaro quando traccia il ritratto di una regione nella quale mancano i “centri urbani con molteplici interessi della vita associativa” nell’articolo ‘l’Animo calabrese’, pubblicato nel mensile ‘il Ponte’, nel 1950. A dire il vero, la mancanza di centri urbani, come dice lo scrittore di San Luca, significa “mancanza di un campo di attività umana e di addestramento alla più complessa vita civile” in quanto allora come al tempo del tuo inizio le città calabresi, per Alvaro e non solo, sono “poco più che centri burocratizzati con medici e avvocati, cioè con tribunali, ospedali e uffici pubblici” e poco di più. Da qui si coglie la grande importanza del lavoro svolto negli anni settanta, anni non tanto distanti da quelli appena indicati”.

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Successivamente, il mio amico Tonino Sicoli collocandosi sulla scia di questo mio primo volume, ha cominciato a interessarsi di ‘800 calabrese, e ha curato la rassegna “I pittori calabresi dell’Ottocento di Scuola Napoletana”, assieme a Isabella Valente, al Centro Capizzano di Rende, nel dicembre 1997.

Enzo Le Pera Enciclopedia dell’Arte di Calabria, Ottocento e Novecento

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Nel tempo ho pubblicato altri volumi sull’ arte di Calabria: Arte di Calabria tra Otto e Novecento, Rubbettino 2001; La Calabria e l’Arte, Dizionario degli artisti calabresi dell’Ottocento e del Novecento, Gazzetta del Sud 2005 (in 5000 copie, distribuite col quotidiano); Enciclopedia dell’Arte di Calabria, Ottocento e Novecento, Rubbettino 2008; Gli artisti della Calabria, e-book Pellegrini 2013; e il totale delle voci trattate per l’ Ottocento e per il Novecento sono oltre 500. 3

Nel 2014 è stata pubblicata una biografia da parte di Luigi Bilotto, saggista e storico, “A.Frangipane e la nascita della storia dell’arte in Calabria”, Iiriti Editore. 4

“Nik Spatari; un sogno in fieri all’ultima frontiera. È un exploit moderno anche nell’uso del rudere che gli fa da spalle. Si innesta nel paesaggio con antimimetico furore, il senso del futuro coincide con la coscienza ancestrale quasi misterioso, sembra però noto all’anima, come ogni creatura organica. Grande libertà figurale, ma completo controllo strutturale. È uno dei casi rarissimi in cui un outsider versa nella terra il sale dell’architettura.” Arch. Bruno Zevi. 5

Fernando Miglietta, FUTURISMO, Linea sino a Peruzzi. Introduzione di Bruno Munari, Il Calabrese, 1975

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Franco Portone, L’apporto di Calabria alla ricerca visuale: l’oggetto estetico nella comunicazione in codice grafico, Arco, studio grafico editoriale, Roma, dopo il 1977. 7

Tarcisio Pingitore è altresì uno dei maggiori esperti del pittore calabrese dell’ ‘800 Giuseppe Cosenza. Tarcisio Pingitore, “Giuseppe Cosenza (1846-1922), Il pensiero dipinto dal Realismo al Simbolismo”, edizioni Pubblisfera (2011). La galleria Marconi di Milano vale tutti i piccoli musei calabresi; il gallerista napoletano Lucio Amelio ha fatto conoscere Beuys e Warhol; da Leo Castelli a New York è nata la Pop art; nelle gallerie parigine è nato il Cubismo. A Roma sopra il Caffè Greco nacque una galleria di grande interesse storico. La dirigeva l’allora giovanissimo Enrico Crispolti, con la sua prima moglie Maria Drudi Gambillo, che aveva lavorato per “Gli archivi del Futurismo”. Nella loro galleria si incontravano personaggi come la figlia della grande coppia Marinetti, Vittoria, la quale oltretutto dirigeva uno spazio espositivo della Rizzoli in via Veneto, frequentato da tutta l’intellighentia romana dell’epoca. Considerare il solo aspetto commerciale è chiaramente fuorviante. Assomiglia tanto alla bassa considerazione che hanno alcuni pessimi cattedratici verso i maestri elementari, guardati con aria di sufficienza, dimenticando che “maestro” lo era Sciascia, che il premio Nobel Quasimodo aveva compiuto studi tecnici ed è stato il più grande traduttore dei Lirici Greci; che Montale seguì studi regolari fino alla terza tecnica, conseguendo poi da autodidatta il diploma di ragioniere; che Gustavo Valente, maestro elementare è stato uno dei nostri storici più accreditati, autore de “Il dizionario bibliografico biografico geografico storico della Calabria”. 8

Fernando Miglietta FUTURISMO - Linea sino a Peruzzi

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Così Tonino Sicoli: “...Nella seconda metà del Novecento la Calabria, tradizionalmente tagliata fuori dai circuiti culturali nazionali, vive un graduale processo di ripresa ed una felice stagione di operosità artistica. Sono ancora presenti vistosi fenomeni di emigrazione intellettuale che portano molti artisti a trasferirsi nelle grandi città come Roma, dove trovano affermazioni e riconoscimenti. Tuttavia, a partire dagli anni Settanta, si creano progressivamente le condizioni per poter esercitare la professione artistica anche in loco, si affermano le cerchie di artisti che si rapportano però con l’esterno, si formano ambienti autoctoni accreditati...” da: Arte in Calabria 1960 - 2000 / Arte contemporanea in Calabria 1950 - 1980. Questo processo di ripresa, lento e costante per il tutto il secondo cinquantennio del secolo scorso. come ampiamente sostenuto e dimostrato nel saggio si deve al clima nuovo che si viene ad istaurare grazie al ruolo attivo e trascinante degli istituti d’arte, dei licei artistici, delle Accademie di BBA, delle gallerie private, luoghi dove si formano e trovano spazio i giovani e meno giovani artisti locali.

Tonino Sicoli, Arte contemporanea in Calabria 1950-1980

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Gianluca Covelli LO STATO DELL’ARTE Il contemporaneo in Calabria Riflettere sull’arte attraverso l’arte Cos’è l’arte, oggi? Nella nostra società caratterizzata dal pluralismo non possiamo più rispondere in modo univoco a questa domanda. Se non altro dal momento in cui, più di un secolo fa, nel 1913, Marcel Duchamp ha negato l’atto creativo formale, attraverso la nobilitazione dell’oggetto comune in ready-made, con l’intento di protestare in questo modo irritante contro il pensiero elitario dei musei pubblici che poneva l’opera d’arte su di un piedistallo, nessuno può più dubitare del fatto che d’allora l’arte e la sua ricezione tradizionale abbiano subito un cambiamento radicale. L’arte contemporanea traghetta nel nuovo millennio l’eredità di molte conquiste del secolo passato, con la volontà di proporle in forme innovative. Numerosi sono, di fatto, gli artisti che usano tecniche tradizionali, ma con modalità del tutto inedite sia sul piano dei contenuti sia su quelle delle soluzioni operative. Altrettanto numerosi sono coloro che creano un loro personale linguaggio ricorrendo ad una molteplicità di media espressivi, alcuni di recentissima invenzione, ricercandone programmaticamente la loro commistione: cinema, scrittura, installazione, performance, environment, video, audio, spesso convivono nel lavoro di singoli artisti con esiti di spiccata originalità.

stallazione da Jannis Kounellis, nelle sale della Galleria Nazionale di Palazzo Arnone a Cosenza, nel 2007, dove l’artista interviene poggiando dei cassoni, di acciaio corten, ricolmi di carbone, a supporto delle opere del passato, a tracciare sul pavimento la lettera K che è l’iniziale del suo cognome, il suo dato biografico. Innalza una struttura labirintica di ferro brunito utilizzando quindici parallelepipedi collocati su bassi tavoli e su di essi issa cinque dipinti del pittore calabrese, scuri e densi di pathos, teatrali nell’impostazione e dal sicuro impianto narrativo, custoditi nella pinacoteca e acquisiti al patrimonio dello Stato a partire dagli anni 80 del secolo scorso1. Nel tracciare nello spazio del museo il segno della lettera K sembra che egli voglia urlarci: “Eccomi! Sono qui ed ora”; affermando così il senso dell’attualità e del tempo presente avvalorando la dimensione della contemporaneità, nel ribadire la sua biografia d’immagine e persona. Lo spazio espositivo che egli, in questa come in altre mostre, disegna, non ha nulla di quello spazio astratto e indistinto nel quale il pubblico che frequenta le mostre d’arte contemporanea ama specchiarsi; il nitore del bianco - specchio dell’anima, che assolve tutti i mali del mondo attraverso la ragione e la comprensione ideale.

Ad arricchire ulteriormente lo scenario artistico dei nostri giorni contribuisce anche la pluralità di voci e di culture: l’impegno per l’affermazione di un mondo postcoloniale maturato nell’ultimo decennio del Novecento sta ora dando i suoi primi frutti, e sono sempre più frequenti e interessanti gli apporti offerti da artisti provenienti da paesi extraoccidentali. Benché sia evidentemente difficile e rischioso tracciare un quadro della situazione artistica degli ultimissimi anni, a causa di una prospettiva storica indubbiamente ridotta in quanto applicata a una realtà molto vicina, è tuttavia possibile individuare alcune delle più significative linee di ricerca tra quelle attualmente in atto, con lo scopo di far emergere, attraverso la loro intrinseca novità, la ricchezza di idee e di esperienze che l’arte oggi propone. L’effettiva consacrazione dell’arte contemporanea, la sua reale emancipazione da prodotto culturale elitario a fenomeno globale pronto per il consumo di massa, è testimoniata dal suo trionfale, sorprendente ingresso nei templi della cultura artistica storica e tradizionale, cioè i grandi musei internazionali - il Louvre, il Metropolitan, Palazzo Madama a Torino, Capodimonte e l’Archeologico di Napoli, per citarne solo alcuni - che in tempi recenti, accantonata ogni residua diffidenza, ne hanno riconosciuto il valore allestendo nelle proprie austere sale mostre di successo dei maggiori artisti del momento. A testimonianza di tutto ciò va ricordato un interessante intervento nel territorio regionale, la mostra La storia e il presente. Con Mattia Preti, a cura di Bruno Corà, esposizione in chiave contemporanea di opere del Cavalier Calabrese concepita in in-

I quadri che Kounellis dispone e ingloba nella sua opera portano il segno evidente che la distinzione tra arte antica e contemporanea è del tutto fittizia e prende invece evidenza formale, corpo fisico, la frase ormai consueta che dice: tutta l’arte è contemporanea perché essa è tutta visibile a noi contemporaneamente, in questo luogo e in questo tempo, adesso, nello stesso momento in cui noi parliamo, guardiamo, ci muoviamo. Mentre noi facciamo tutto questo, l’opera d’arte si trasforma sotto i nostri sguardi, i nostri punti di vista differenti, le nostre parole. In un deposito di senso che muta di continuo, Kounellis ha messo in scena questo mutamento; l’opera di Cosenza è stata un deposito mobile dell’arte, di tutta l’arte, riconoscibile in questo gesto, che si sarebbe potuto rendere ancora più legittimo solo se rimasto in permanenza ad avvalorare una soluzione ancor più giusta e bella, adottando l’opera in stanzialità all’interno del museo. L’installazione alla Galleria Nazionale è in pendant con l’intervento espositivo Un tocco leggero come le ali di un passerotto al Museo Archeologico Nazionale della Sibaritide a Sibari, nel 2007, dove Kounellis interviene con un installazione che si relaziona con i reperti archeologici prodotti in epoca magno greca. Un intervento suggestivo che testimonia la continuità con il passato, tra mito e storia, dove l’artista sancisce la sua attualità e si afferma con il suo linguaggio trans-epocale. Le due installazioni realizzate da Kounellis fanno parte del progetto I luoghi del Mito. Magna Graecia e Arte Contemporanea, che mette in rete siti archeologici e strutture museali calabresi, e rientra nel programma culturale Sensi Contemporanei che ha come obiettivo la promozione dell’arte con-

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temporanea e la valorizzazione dei contesti architettonici e urbani delle regioni del Sud Italia, nel triennio 2007-2009 2. Ecco questi sono gli esempi da seguire e prendere in considerazione per avvantaggiare il nostro discorso sull’arte contemporanea in Calabria, terra di frontiera suadente nella sua riproposizione di luogo da sempre foriero di cultura e di passione, l’opera di Kounellis è da interpretare come una presa rapida sul territorio e non dovrebbe rappresentare la solitudine di un atto senza repliche. Ritroviamo, difatti, l’artista Kounellis, insieme ad un nutrito numero di artisti che operano in contesti internazionali 1, ancora per un confronto con il territorio e il suo artista di spicco del Seicento in occasione della mostra La seduzione del monocromo - riflessioni contemporanee su Mattia Preti, realizzata in collaborazione con Paolo Aita e Bruno Corà, nel 2013, per celebrare il IV centenario dalla nascita del Cavaliere Calabrese, al Museo dei Brettii e degli Enotri, promossa dall’associazione Vertigoarte4, di Cosenza. Obiettivo del progetto è esercitare un confronto tra l’autore calabrese, che operò tra l’Italia e Malta, e l’arte contemporanea, invitando anche alla riflessione che pone l’accento sugli elementi condivisi fra le due realtà in seno all’arte, prendendo a chiarimento l’ipotesi di nomadismo culturale, traendo spunto dalla sua specifica poetica e dal suo modo di concepire la materia pittorica attraverso la seduzione del monocromo che è insita. Il percorso educativo e formativo del progetto mira a valorizzare e diffondere la capacità di lettura dell’arte contemporanea nel territorio, in sintonia con le realtà europee e i centri più attivi per la produzione artistica. L’evoluzione della società moderna ha cambiato il senso stesso della percezione, spingendosi sempre più verso la divaricazione dell’arte, dato che viene acquisito anche dal riferimento a culture sempre diverse. La società contemporanea dimostra che la scena artistica può aprirsi al mondo intero, privilegiando le espressioni più comuni di un contesto sempre in evoluzione. L’arte si interroga sul rapporto e lo scambio costante che avviene tra centro e periferia, un cocktail combinato, attraverso l’utilizzo di più strumenti di comunicazione che hanno dato voce ai media. Un’arte contemporanea che si è formata attraverso il nomadismo geografico e culturale e la coesistenza di linguaggi diversi, sottoposta al mondo della tecnologia serrata e l’evoluzione della società, che ha dovuto accettare l’idea del riferimento a culture altre, per ritrovare energia e forza espressiva attivata con sempre maggiore volontà da artisti emergenti. Come sottolinea anche Bice Curiger, curatrice della 54a Biennale di Venezia, nel 2011, “il mondo dell’arte oggi è attraversato da uno spirito che trascende i confini, anche nazionali: gli stessi artisti hanno un’anima sfaccettata e un’identità poliedrica, spesso si definiscono e si sentono nomadi e migranti consapevoli e turisti della cultura”. Ed ancora afferma la Curiger: “l’arte ha il potenziale di sperimentare nuove forme di

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comunità, di negoziare differenze e affinità in maniera esemplare per il futuro”. Questo è anche il concetto che anima ormai da diverso tempo la ricerca artistica che si concentra per brevi o lunghi periodi in luoghi deputati dando vita a nuove forme di convivialità intellettuale, la residenza d’artista. Le residenze d’artista si stanno affermando da alcuni anni quale fenomeno tra i più rilevanti e consistenti della scena contemporanea italiana. Al di là di alcune anticipatrici, ma ancora non strutturate esperienze d’inizio Novecento, la pratica dell’ospitalità per artisti in luoghi fissati, è tesa a dare impulso alla ricerca e alla creazione di opere, si delinea in modo forte a partire dagli anni Sessanta. È in questo periodo che le residenze si conformano secondo due diverse tipologie: da una parte l’isolamento in un sito ameno quale fuga dalla frenesia e dagli artifici della società borghese, fissando come obiettivo principale la riflessione sulla propria individualità; dall’altra l’incontro con realtà particolari, per fare della conoscenza reciproca un mezzo di riavvicinamento fra arte e comunità. Come prevedibile, poiché relativa ai movimenti che hanno reso il nostro contesto globalizzato, è la seconda modalità a essersi imposta. Un esito considerevole: se gallerie, musei e fiere, tranne casi eclatanti o prevedibili tendenze, non riescono a ottenere un reale coinvolgimento di certe fasce di popolazione, al contrario le residenze, rispondendo in modo genuino a un desiderio di confronto generalizzato, si rivelano un’opportunità preziosa di cambiamento. Il coinvolgimento collettivo fa pensare che il panorama artistico stia mutando e che tale mutazione sarà sempre più evidente in futuro, sia perché il modo dell’esperienza - se strutturato con cognizione e vissuto con apertura - si presta a lasciare un’impronta duratura, potenzialmente più viva di quella conseguente alla ricerca in studio o al rapporto con il curatore, sia perché le opere più o meno permanenti prodotte al termine dei percorsi vanno a costituire ed entrano a far parte del patrimonio territoriale. Da qui, viene da sottolineare l’importante operazione culturale, che ha predisposto la rigenerazione urbana di una vasta area periferica, del centro storico della città di Cosenza, attraverso l’attuazione dei BoCs Art, strutture progettate ad hoc per ospitare artisti in residenza, inaugurati nel 2015, a cura di Alberto Dambruoso. Sono un innovativo e creativo spazio in costante dialogo con il territorio, un luogo fisico e di ispirazione per gli artisti che, da ogni dove, confluiscono per sperimentare, realizzare e condividere le loro opere con la città. Sono 27 gli studio-box, strutture modulari a due piani realizzate con materiali ecosostenibili e provviste di tutti i confort, che si susseguono sulla sponda del fiume Crati distinguendosi e allo stesso tempo integrandosi con il contesto urbano circostante.


Gli artisti ospitati negli anni sono stati tanti, quasi 400, avendo l’opportunità di lavorare e soggiornare a stretto contatto con un nuovo contesto, creando sul posto opere d’arte che restano patrimonio della città. Vi s’incontrano diverse generazioni di artisti che si confrontano attraverso l’ausilio di molteplici media e ricerche artistiche: dalla pittura alla scultura, dalla fotografia alle installazioni, dalle performance ai video fino alla street art. Sono predisposti atelier anche per giovani artisti emergenti, dove ognuno ha potuto assistere dal vivo alla realizzazione delle opere d’arte e partecipare ai workshop. Già all’esordio, nel 2015 questo progetto si guadagna il Premio SMAU Sez. “Communities”, che si tiene a Napoli, con la motivazione quale progetto innovativo nel campo della produzione culturale. Dall’evidente volontà di offrire alla fruizione, in un unico luogo, permanente e dinamico, le opere d’arte realizzate dagli artisti in residenza, nel corso delle sessioni, nasce nel 2017 il BoCs Museum allestito all’interno delle sale del Complesso Monumentale di San Domenico a Cosenza con la mostra Ricognizioni. Dai Bocs Art i linguaggi del contemporaneo, curata da Alberto Dambruoso. Diviene così sede museale di una collezione, di realizzazioni di residenza, giungendo ad offrire al pubblico un’articolata visione sulle tendenze attuali dell’arte contemporanea e a rappresentare un punto di riferimento per l’intero territorio regionale. Sempre parlando di esposizioni che tengono a battesimo spazi solitamente, se non del tutto, estranei alla fruizione pubblica di prodotti che nascono dalla cultura dell’arte visiva, non possiamo non citare la mostra realizzata in occasione della XI Giornata del contemporaneo – AMACI dal titolo Wunderkammer al MAC Roberto Bilotti Ruggi D’Aragona di Rende, a cura di chi scrive e di Roberto Bilotti, nel 2016. Wunderkammer: è l’ipotesi di un percorso temporaneo lungo il quale si dispiegano le opere poste in aperto dialogo con la cospicua collezione d’arte contemporanea, custodita nelle sale del castello normanno, con il proposito di entrare dal vivo nella contemporaneità della storia. La mostra presenta un ragionato tracciato che si sviluppa su di una estesa superficie, un intero piano del monumentale edificio, ex sede degli uffici comunali, costituita da alcuni vani in disuso da diverso tempo e in completo stato di abbandono. L’esercizio creativo si inserisce in un preciso luogo e si manifesta attraverso l’ausilio di diverse soluzioni installative site-specific3. Il progetto è inteso in una chiave che accentua la connotazione simbolica del distacco, dell’abbandono; luoghi, in cui l’esercizio ordinario della funzione amministrativa si è arrestato lasciando il respiro di un’atmosfera del tutto siderale, inducono il fruitore a riflettere sulla scena presentata, dall’atmosfera fortemente straniante. La voluta irruzione, delle macchine installative e delle opere nelle sale, introduce aspetti di degrado culturale e vi innesca un processo di normalizzazione che a sua volta genera la riflessione su contenuti e poeti-

che profondi sul valore attivo del museo come centro di ricerca e di sperimentazione. Negli ultimi decenni del Novecento il museo assume un ruolo preminente anche nelle vicende dell’architettura, nonostante vanti una sua lunga storia per quel che riguarda l’architettura moderna, ma acquisisce un nuovo carattere, moltiplicando le proprie funzioni, così come le aspettative di cui lo caricano le committenze pubbliche o private e i visitatori. Il museo diventa un complesso a elevata attrattiva anche a prescindere dagli oggetti esposti, in genere arte moderna e contemporanea, ma non solo. Conserva poco dello scrigno riservato ad un élite di amatori e di addetti al settore, piuttosto va aprendosi ad un pubblico sempre più vasto, a volte distratto e poco informato su ciò che va a visitare, ma molto disponibile a farsi guidare per le sale, bookshop e ristoranti. E soprattutto rimane colpito dall’architettura dell’edificio. Ē il caso del nuovo spazio espositivo del MAE - museo, arte, etnografia - di Zumpano che inizia la sua attività, nel 2018, che, diretto da chi scrive, si propone come cantiere di produzione culturale nel territorio. Lo spazio architettonico si configura come del tutto dischiuso attraverso un’importante vetrata che ingloba anche visivamente l’ambito circostante. Suddiviso in tre sezioni: arte contemporanea, etnografia e area didattica multimediale che con l’ausilio della realtà aumentata offre ai visitatori un’esperienza formativa del tutto nuova e ancora poco diffusa nel sistema museale calabrese. Ha finora ospitato una serie di progetti culturali dal titolo TERRAĒ I e II ed. artisti in residenza4. TERRAĒ è un progetto eclettico variamente strutturato che si propone d’intervenire, seguendo le modalità proteiformi di azioni d’arte contemporanea, sulla consapevolezza cognitiva dell’uomo moderno. Interventi per la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale, materiale e immateriale, hanno preso le mosse dal rapporto tra arte e luogo, si sono spalmati sul territorio di Zumpano attraverso diversificati atti d’arte contemporanea che hanno visto gli artisti ospitati alle prese con tematiche legate alle tradizioni radicate nel territorio, mirando ad una piena integrazione con il contesto: l’arte e il museo si configurano come veri e propri mediatori, dispositivi di sviluppo e trasformazione dell’ambiente, che a vario titolo operano nel campo della ricerca, della produzione e della promozione culturale ed artistica, anche come strategia per attenuare e in prospettiva eliminare gli squilibri socio-culturali presenti nel territorio regionale. Esempio considerevole di environment, legato allo sviluppo e trasformazione dell’ambiente, è il progetto Intersezioni, curato da Alberto Fiz, che dal 2005 ha dato il via all’ideazione e alla realizzazione di una prestigiosa serie di mostre temporanee open air di arte plastica contemporanea, nel Parco Archeologico di Scolacium, a Roccelletta di Borgia nei pressi di Catanzaro, dove le opere scultoree entrano in stretta relazione con le testimonianze storiche del passato. Il parco viene vivacizzato nella prima edi-

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zione dalla rilevante presenza di quarantacinque lavori di artisti noti al panorama internazionale: Tony Cragg, Jan Fabre e Mimmo Paladino, che emanano attraverso le loro opere una forte energia vitalistica creata dal diretto confronto con la dimensione temporale e spaziale. Questo ha consentito di realizzare una duplice operazione culturale portando al centro dell’azione le antiche vestigia del passato insieme alla ricerca contemporanea che s’innesta consapevolmente sul territorio, creando nuovi sviluppi e percorsi visivi nonchè nuove suggestioni. Nell’antica città di Minervia Scolacium, tra la Basilica Normanna, il Foro, il Teatro Romano, circondati da un uliveto tra i più estesi del Mezzogiorno in uno scenario unico, la scultura entra in diretta relazione con la storia dando vita ad una mostra concepita per il luogo che assume caratteristiche esclusive, difficilmente paragonabili ad altre esperienze espositive. In questo caso la ricerca plastica contemporanea compie un’azione rigeneratrice destinata a creare una trasformazione profonda nella percezione dello spazio e del tempo motivando un inedito processo formativo. Di concerto alle mostre temporanee, è stato realizzato, nella città di Catanzaro, il Parco Internazionale della Scultura, inaugurato nel 2004, nato dalla riqualificazione urbana della vecchia Scuola Agraria della città, testimonianza emblematica che entra a far parte del patrimonio pubblico cittadino. L’idea del Parco della Scultura, quindi, nasce dal progetto Intersezioni, la rassegna di scultura che dal 2005 si svolge durante il periodo estivo all’interno dell’area archeologica di Scolacium. Gli artisti che partecipano a Intersezioni fanno poi ogni anno il loro ingresso nel Parco Internazionale della Scultura, con una serie di opere che diventano stanziali. Il numero degli artisti coinvolti nel corso degli anni è cospicuo. Essi sono in ordine d’ingresso in collezione: Tony Cragg dal 2005, Jan Fabre dal 2005, Mimmo Paladino dal 2005, Antony Gormley dal 2006, Stephan Balkenhol dal 2008, Wim Delvoye dal 2008, Marc Quinn dal 2008, Dennis Oppenheim dal 2009, Michelangelo Pistoletto dal 2010, Mauro Staccioli dal 2013, Daniel Buren dal 20145. Si tratta di uno dei più significativi progetti di arte pubblica in ambito nazionale. Un modello integrato tra arte e natura che ha trasformato radicalmente un territorio dove poco più di una quindicina d’anni fa l’indagine sul contemporaneo era rappresentata da sporadici episodi. La formula delle acquisizioni, funzionale alla fondazione e alla realizzazione del Marca Open, rende indelebile il ricordo di una eccezionale stagione di mostre en plein air, realizzate nel tempo nel Parco Archeologico di Scolacium, traghettando alla nostra regione un patrimonio artistico invidiabile che merita la giusta attenzione, come di consueto si confà per una collezione d’arte, attraverso cicli periodici di restauri e riservando maggiore attenzione in virtù di una stretta e più perseverata sorveglianza. Qui è ben evidente il confronto tra ciascun artista, interprete originalissimo di una poetica sempre

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diversa, e racchiude le opere plastiche in uno scrigno che diventa la testimonianza evidente di partecipazione ad Intersezioni. Oggi, il Parco Internazionale della Scultura inserito all’interno del programma Marca Open, rappresenta una precisa realtà identitaria per un luogo ed una regione al passo con i tempi del contemporaneo. Il museo Marca, museo delle arti di Catanzaro, si è sempre posto come partner privilegiato di Intersezioni nel sostenere non una serie di mostre temporanee in un luogo di particolare significanza storica, ma con la precisa volontà di creare una collezione pubblica organica alla realtà urbana che nasce da un progetto di museo all’aperto che coinvolge direttamente l’istituto. A questo punto non possiamo fare a meno di accennare al museo che, nato nel 2008, è un luogo multifunzionale dove convivono stimolazioni artistiche differenti, dall’arte antica al linguaggio contemporaneo. Questa caratteristica emerge anche dalle collezioni. Nelle nuove sale restaurate, al piano terra del museo, sono collocate in permanenza le raccolte di arte pittorica e plastica entrate a far parte del patrimonio della Provincia di Catanzaro a partire da un nucleo collezionistico già costituito tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento con opere di Antonello de Saliba, Battistello Caracciolo e i calabresi Mattia Preti, Andrea Cefaly e Francesco Jerace. E in tale contesto che nel 2019 il Marca celebra Cesare Berlingeri tra gli artisti calabresi più apprezzati e conosciuti del panorama delle arti visive nazionali e internazionali con la mostra Forme nel tempo. Il percorso espositivo, che coinvolge i tre piani del edificio museale, si apre al pubblico con alcune delle installazioni più significative dell’artista e prosegue con un dialogo muto tra le opere storiche degli artisti, anche regionali, presenti nella collezione permanente. Berlingeri instaura qui una relazione con lo spazio e le opere del passato permettendo al visitatore di rivivere la collezione permanente attraverso ottiche inedite. L’idea è proprio quella di coniugare un luogo della Storia con il mondo contemporaneo di ogni giorno, perché l’arte sia sempre più un fatto quotidiano per noi tutti, e non solo un evento straordinario per pochi. Questo ci fa pensare al monumentale edificio fatto erigere dalla famiglia Sanseverino nel Seicento ad Acri. Oggi il Palazzo Sanseverino-Falcone di Acri ospita il MACA - Museo Arte Contemporanea Acri – che ha visto negli anni la realizzazione di importanti progetti espositivi tra i quali mi piace ricordare la mostra dal titolo Hans Richter. Dada fino all’ultimo respiro, a cura di Marisa Vescovo, del 2012. Richter fu tra i padri fondatori del Dadaismo insieme a Tristan Tzara e Hugo Ball, dopo un primo periodo espressionista, in cui dipinti e disegni risentono della forte influenza del movimento Der Blaue Reiter, formatosi nel 1911 a Monaco di Baviera. Il museo inaugurato nel 2006, inoltre, ospita una sezione permanente dedicata all’artista Silvio Vigliaturo, una cospicua collezione che documenta l’attività del maestro del vetro, che va dal 1961 al 2004, che segna le tappe fondamentali della sua ricerca artistica, dagli esordi su tela sino alle elaborate sculture vitree. Si tratta di 237 lavori


donati dall’artista alla città. I rimanenti spazi museali del palazzo ospitano periodicamente mostre, incontri, workshop e iniziative didattiche dedicate all’arte contemporanea. Altra importante istituzione che ha sede in un antico palazzo gentilizio riportato alla fruizione pubblica è Il MAON - Museo dell’Arte dell’Otto e del Novecento - con sede in Palazzo Vitari a Rende, che fin da subito si è posto come “faro” della cultura artistica nel territorio regionale. Nato da un progetto del direttore artistico Tonino Sicoli, il museo apre le sue porte nel 2004, su iniziativa del Centro per l’arte e la cultura Achille Capizzano. Negli oltre quindici anni d’intensa attività culturale si è dotato di una ricca raccolta stabile di opere dei più importanti maestri dell’arte contemporanea, ottenendo fra gli altri il riconoscimento i Luoghi del Contemporaneo, dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e risulta inserito nei circuiti museali di qualità ICOM6. Dalla sentita esigenza di avere sul territorio un Centro di Documentazione sull’Arte Contemporanea, qui, nasce una Videoteca, un archivio video che consente di avere una panoramica sulla produzione della video-arte realizzata in ambito sia nazionale che internazionale. Una mappatura rappresentativa che guarda con interesse agli artisti che operano sulla sperimentazione video tracciando anche un percorso storico che va a ritroso fino agli anni ’60 del Novecento. Sono conservati e custoditi documenti audiovisivi di particolare rilevanza, sui movimenti artistici che hanno segnato la storia dell‘arte degli ultimi cinquant‘anni - video d’autore, eventi performativi e rassegne d’arte - che permettono di approfondire la conoscenza sull’uso del video come medium artistico, favorendone anche la percezione degli sviluppi tecnologici nel tempo. L’archivio video oltre alla sezione dedicata alla video-arte presenta una sezione di documentazione storica, con una raccolta specifica, delle attività culturali, rassegne ed eventi realizzati negli ultimi anni, dal MAON e dal Polo Museale di Rende, che offre uno sguardo attento sulle manifestazioni artistiche nazionali, connesse anche al territorio. Tra i vari video d’autore presenti, nella Sezione di Documentazione Storica, annoveriamo: Umberto Boccioni. Disegni e incisioni, a cura di Tonino Sicoli e Jannis Kounellis. La storia e il presente. Lavori in corso, a cura di Ivana Russo, con intervista di Tonino Sicoli (2007). L’arte contemporanea vive dentro un sistema articolato secondo funzioni espletate da diversi soggetti solidali tra loro: l’artista, il critico, il gallerista, il collezionista, il museo. L’azione collettiva di tali soggetti sviluppa un plus-valore, un valore aggiunto che amplifica la portata dell’opera spostandola dalla sua identità artistica in una dimensione più amplificata che è quella culturale, dall’artista al pubblico. E per citare lo studioso, il gallerista Enzo Le Pera, formatosi sul campo in anni in cui la Calabria era tabula rasa in fatti d’arte contemporanea, quando lo stato dell’arte qui era del tutto desolante, tutto in divenire, tutto da costruire, che con la sua attività più che quarantennale svolta in seno alla Galleria d’Arte Il Triangolo a Cosenza aperta nel 1973, ha fatto da battistrada a quanto fin qui

accennato. Egli dice: “E con la nascita dei musei comincia un’altra storia, perché oltre all’attività e al ruolo importante e fondamentale svolto non solo dalle Accademie e dagli Istituti d’Arte, ma anche e forse soprattutto dalle gallerie d’arte private nei primi tempi di questo sistema-arte-Calabria si innesta l’attività di questi ultimi. Negli anni iniziali il privato si era sostituito all’ente pubblico per promuovere arte e cultura, binario inscindibile per la rinascita della nostra regione. Le gallerie private introducono, fanno da battistrada alla nascita di questo sistema. Poi, alla fine degli anni ‘90, nascono i primi piccoli musei dell’hinterland cosentino, e poi ovunque in regione. Ma bisogna affermare che da soli e senza la fase iniziale i soli musei avrebbero svolto un’attività asfittica. Una sola figura non può innovare, a meno che non si chiami Duchamp o Picasso; oppure Leo Castelli”. Questo è quanto ci riferisce nel suo saggio Storia e memoria. Scaturigini dell’arte contemporanea in Calabria, e continua: “Mi accade di leggere alcune volte che gli anni della svolta in Calabria debbano essere individuati negli anni ‘80; ma è solo una teoria alquanto bislacca, apodittica, un mantra senza senso; oppure una interessata riscrittura della storia. Non si può, come già detto, stabilire una data; è un processo che si è venuto a determinare nel corso di mezzo secolo”. Difatti, parlare di arte oggi nel nuovo millennio vuol dire accettare il fatto che l’egemonia della cultura, già dagli ultimi sessant’anni, è stata sostituita dal mercato che, al servizio della politica e dei gruppi di potere, ha spostato l’asse della cultura dalla sfera intellettuale al mondo degli affari. L’industria dell’arte ha sostituito l’arte, inglobando al suo interno, a diversi livelli, prodotti artistici, prodotti decorativi, artigianato, design, opere-oggetto d’arredamento. La “democrazia” del mercato ha ridotto tutta l’arte sullo stesso piano: Raffaello sarebbe artista quanto Cattelan e così via. Il primo a parlare di “sistema dell’arte” è il critico inglese Lawrence Alloway nel 1972, in un articolo pubblicato sulla rivista americana “Artforum” dal titolo il mondo dell’arte descritto come sistema. In questo contesto vengono analizzate tutte quelle componenti extra-artistiche che contribuiscono all’affermazione di un artista e delle sue opere. Elemento caratteristico del mondo artistico attuale è che il valore economico dell’opera non è necessariamente proporzionale al suo valore estetico o qualitativo; nella definizione del valore intervengono una serie di agenti denominati come sistema dell’arte contemporanea che, comprendendo strutture mercantili, critiche, museali, collezionistiche e di promozione, contribuiscono all’affermazione dell’artista. Negli stessi anni il critico Achille Bonito Oliva definisce il sistema dell’arte come “una catena di Sant’Antonio, in cui l’artista crea, il critico riflette, il gallerista espone, il mercante vende, il collezionista tesaurizza, il museo storicizza, i media celebrano, il pubblico contempla (…)”. La globalizzazione ha comportato

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oggi un allargamento delle reti internazionali che hanno contribuito all’accrescimento degli interessi economici e di mercato. La velocità di legittimazione dei nuovi artisti è direttamente proporzionale al potere delle strutture economiche che li sostengono. Le componenti che regolano il sistema dell’arte sono sempre le stesse, ma alcune, in particolare, vanno assumendo un ruolo sempre più centrale nel sistema: è il caso delle case d’asta di brand, Christie’s e Sotheby’s in primis, delle gallerie superstar come Gagosian o White Cube, dei più importanti collezionisti che, da soli, riescono ad orientare l’interesse del mondo dell’arte verso un artista o una scuola (basti pensare a Charles Saatchi e la YBA) e, infine, dei musei brandizzati come le Tate Gallery, il Moma o il Guggenheim. Gli altri agenti del sistema, prima fondamentali (è il caso della critica, ad esempio), hanno oggi un ruolo marginale, poiché incapaci di mettere sul campo le ingenti risorse economiche di cui i primi dispongono. Come afferma Francesco Poli ne Il sistema dell’arte contemporanea ci troviamo di fronte ad un sistema drogato, con il rischio di non avere più interesse nei confronti dei valori artistici e intellettuali di un’opera, i quali saranno sempre più subordinati agli interessi economici e di moda che la circondano. E così ancora afferma Achille Bonito Oliva, al centro della conferenza incentrata su “Arte e sistema dell’arte”, un percorso lungo le vie del genio creativo attraverso i secoli, dall’apogeo rinascimentale ai movimenti tellurici delle neoavanguardie nel secondo Novecento. Ma anche una riflessione attenta e disincantata sulla situazione dell’arte di oggi, sui pericoli di un pubblico anestetizzato e stordito dalla nuova sensibilità pellicolare di proiezioni e filmati sempre più diffusi, sul ruolo controverso dei musei che rischiano di trasformarsi, oggi più che mai, in “ospizi del bello”. Quadri, sculture, installazioni, arte ambientale e pubblica, arte post-Internet: l’arte visiva ha acquisito nell’ultimo secolo un vocabolario complesso. Nonostante il pubblico la trovi difficile e molti critici l’abbiano dichiarata morta, mai come oggi si dimostra vitale. Nelle sue forme nuove ha invaso il mondo: in una dinamica sempre più internazionale – anche in tempi di crisi, come quello attuale – sorgono ovunque mostre, musei e collezioni. Un’espansione solo mercantile o dobbiamo riconoscere che nell’arte contemporanea c’è ancora poesia? Ē il caso di Nicodemo, Nik Spatari, già presente alla XXIX Biennale di Venezia, nel 1958, che dopo una lunga peregrinazione in Europa, tra l’Italia e la Francia, che lo ha visto frequentare per diversi anni lo studio di Le Corbusier a Parigi e dove ha conosciuto Pablo Picasso, Jean Cocteau e Max Ernst e infine dove incontra l’artista olandese Hiske Maas, compagna di una vita con la quale dopo aver fondato la Galleria Studio Hiske, a Brera, si ritira a Mammola ai piedi dell’Aspromonte e fonda, nel 1969, il MUSABA - Museo

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Santa Barbara - un progetto globale che contempla la produzione dell’arte nell’ambito di uno specifico contesto con precisi punti di riferimento storici ed ambientali . I due artisti sono guidati dal desiderio di operare in un luogo del tutto integrale ispirati da un senso di ribellione contro un ambiente, allora come adesso, dominato dall’incultura e dall’arretratezza, ostile alle innovazioni. Qui la spinta a promuovere attività artistiche assume il valore che va al di al di un contesto culturale fortemente degradante. Con l’aiuto di un gruppo di volontari riportano alla luce i resti di un antico complesso monastico del X secolo, e con una grande mostra nel 1971, adibiscono le antiche rovine a spazio espositivo. Il parco-museo, che dal 1986 fa capo alla Santa Barbara Art Foundation, comprende un’area di 7 ettari. Le costruzioni al suo interno sono tutte opere architettoniche di Spatari o ne portano l’impronta attraverso progetti di recupero innovativo dei resti archeologici: il restauro della chiesa di Santa Barbara, il museo la Rosa dei Venti, la foresteria, un casello ferroviario abbandonato delle ferrovie calabro-lucane adibito ad abitazione e laboratorio. Un luogo dove arte, architettura e paesaggio si fondono perfettamente creando un mix tra l’antico e il moderno. Nik e Hiske Lavorano insieme ad un progetto site-specific, una rivoluzione che si oppone all’arretratezza culturale e alla diffidenza nei confronti del cambiamento. Un’attività artistica completa, efficace ed in continua evoluzione, trasversale al mondo dell’architettura, della scultura, della pittura, della land art e tanto altro ancora. Mi piace in fine concludere ricordando le parole che, un nostro illustre conterraneo amante delle arti, dedica alla nostra amata Regione, originario di San Luca luogo d’Aspromonte non tanto distante da Mammola, e in un tempo non tanto lontano da quello poc’anzi ricordato, quando sulle pagine del mensile il Ponte, nel 1950, Corrado Alvaro scrive tracciando il ritratto di una regione in cui mancano i “centri urbani con molteplici interessi della vita associativa”. A dire il vero, la mancanza di centri urbani, come dice lo scrittore, il poeta, il giornalista, significa “mancanza di un campo di attività umana e di addestramento alla più complessa vita civile” in quanto allora come fino a qualche decennio fa le città calabresi, per Alvaro e non solo, sono “poco più che centri burocratizzati con medici e avvocati, cioè con tribunali, ospedali e uffici pubblici” e poco di più. Da qui si coglie la grande importanza del lavoro svolto, dagli addetti ai lavori, fin dagli anni sessanta, anni non tanto distanti da quelli appena indicati.


I cinque dipinti di Mattia Preti esposti nell’installazione di Jannis Kounellis sono: Ercole che libera Prometeo, circa 1675-80; Ercole che libera Teseo, circa 1675-80; Rebecca nasconde gli idoli da Labano, circa 1656-60; Cristo risorto in veste di giardiniere alla Maddalena, circa 1670-80; Il ritorno del figliol prodigo, circa 1650-56. 1

Il programma nasce nel 2003 dalla collaborazione tra il Ministero dello Sviluppo Economico - Dipartimento per le Politiche di Sviluppo e il Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Direzione Generale per l’Architettura e l’Arte Contemporanea. L’Accordo di Programma Quadro Multiregionale è sottoscritto dalle regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia. 2

La rassegna ha accolto la presenza di ventisette artisti: Salvatore Anelli, Salvatore Astore, Bizhan Bassiri, Renata Boero, Nicola Carrino, Vittorio Corsini, Elvio Chiricozzi, Bruno Ceccobelli, Giulio De Mitri, Bruna Esposito, Franco Flaccavento, Giuseppe Gallo, Francesco Guerrieri, Jannis Kounellis, Luigi Mainolfi, Albano Morandi, Hideoshi Nagasawa, Luca Maria Patella, Tarcisio Pingitore, Alfredo Pirri, Oliviero Rainaldi, Alfredo Romano, Renato Rainaldi, Carlo Rea, Marco Nereo Rotelli, Giuseppe Salvatore, Antonio Violetta, Orazio Garofalo. 3

L’associazione Vertigoarte - istituto internazionale di ricerca per la cultura e le arti visive - avviata il 27 maggio 2003 nella galleria sita in via Rivocati a Cosenza, è ora con sede legale presso il museo MAC Roberto Bilotti Ruggi D’Aragona di Rende. Una virtuosa piattaforma culturale che, pur operando nel meridione, è capace di offrirsi all’ascolto e alla complessa comprensione dei codici del contemporaneo, per sua natura si inserisce in linea retta nel più ampio circuito nazionale ed internazionale, cerca di attenuare l’ingiustificabile distanza che separa il Mezzogiorno d’Italia dai luoghi da sempre deputati alla ricerca e alla riflessione sulle tematiche dell’arte tout court. 4

Gli artisti in mostra: Salvatore Anelli, Caterina Arcuri, Navid Azimi, Angela Barbera, Enzo Casale, Paola Daniele, Giulio De Mitri, Nicolò De Napoli, Teo De Palma, Antonio De Pietro, Franco Flaccavento, Andrea Gallo, Orazio Garofalo, Nina Gonzales, Elda Longo, Serafino Maiorano, Ghislain Mayaud, Maziar Mokhtari Mobarakeh, Riccardo Murelli, Giangaetano Patanè, Franco Paternostro, Salvatore Pepe, Tarcisio Pingitore, Piero Pizzi Cannella, Tina Sgrò, Gianluca Sità, Giulio Telarico, Reyna Velàzquez. 5

Gli artisti che hanno partecipato alle due edizioni di TERRAĒ sono: Salvatore Anelli, Fabrizio Cicero, Ivana Ferraro, Franco Flaccavento, Dionigi Mattia Gagliardi, Andrea Gallo, Federica Gonnelli, Paolo Migliazza, Leila Mirzakhani. 6

Tra i lavori esposti: Uomo e Ballerina (2005) di Stephan Balkenhol; Cast Glances (2002) di Tony Cragg; Concrete Mixer (2007) di Wim Delvoye; L’uomo che misura le nuvole (1998) di Jan Fabre; Seven Times (2006), l’installazione di sette opere realizzata da Antony Gormley; Testimoni (1998), l’installazione di quattro opere di Mimmo Paladino; Totem (2007) di Marc Quinn; Electric Kisses (2009) di Dennis Oppenheim; I Templi cambiano e Terzo Paradiso (2010), due installazioni di Michelangelo Pistoletto; Catanzaro 11 (2011) di Mauro Staccioli; Cabane éclatée aux 4 couleurs (2012), opera in situ, organismo plastico-architettonico di Daniel Buren. 7

L’International Council of Museums nasce ufficialmente a Parigi nel 1946, in occasione della prima conferenza generale dell’UNESCO. In questo primo appuntamento furono presenti 14 nazioni: Australia, Belgio, Brasile, Canada, Danimarca, Stati Uniti di America, Francia, Norvegia, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Svezia, Svizzera, Regno Unito, Cecoslovacchia. ICOM è stata fondata con lo scopo di creare un’organizzazione internazionale per la cooperazione tra musei, in seguito al terribile periodo di guerra che ha devastato l’Europa ed il mondo. L’Organizzazione internazionale dei musei, è stata ideata per costituire una rete di istituzioni e professionisti museali che vada oltre li enti governativi che rappresentano la sfera politica delle relazioni internazionali. 8

Nel 1969 nasce l’associazione Museo Santa Barbara e successivamente, nel 1986, si trasforma in Santa Barbara art Foundation – Ente Morale no profit riconosciuto con decreto della Giunta della Regione Calabria n. 1519/86. Nel 2013 vengono apportate delle modifiche allo statuto costitutivo della fondazione e viene cambiato il nome in MUSABA Fondazione Spatari-Maas, in breve MUSABA. 9

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ARTISTI



Salvatore ANELLI Comiso (RG) 1951

Passaggi 2019 Dittico Trucioli di alluminio su tela cm 100x70 Carbone e pigmenti su multistrato cm 100x70

La Storia chiede una continua prova di vita, uno spazio universale tangibile per proseguire oltre i consueti e sotterranei pensieri. Quella mancanza del resto del supplizio, della sagoma sopravvissuta nei silenzi di immaginarie e desolate distese di ghiaia vulcanica, pesa sul dipinto diventato altare metallico per magiche e religiose archeologie. Salvatore Anelli adagia il mistero del Culto sul passaggio della croce per salvare dall’accertato sacrificio le anime pure e sconfiggere il drago infuocato, re delle tenebre: l’Etna. Ghislain Mayaud

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Cesare BERLINGERI Cittanova (RC) 1948

Si può avere bisogno di una piega nell’armadio della creatività per organizzare i pigmenti di agitati piani rossi. Si scruta il gesto nell’alba del silenzio di un verso di Arthur Rimbaud dove fili di polvere leggera vanno a sedersi nei rilievi molli di lucidi e tragici sabbiosi drappi. Un tale svuotamento di linee dritte incurva, come scaraventati calligrammi, le forme sparse sul destino di bianche pareti. Piegate in fretta nelle umide tasche di Guillaume Apollinaire, le superfici di febbrili pagine scritte trasportano e rivelano poetiche ombre e intensi segreti. Volere piegare nelle tasche della Storia intimi diari spinge Cesare a suonare l’arpa dei segni. Ghislain Mayaud

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Rosso di cadmio piegato 2017 Olio e pigmento su tela piegata, cm 101x91


Caterina ARCURI Catanzaro 1963

Sagittarius A* 2019 Grafite su carta cm 50x50

Sagittarius, il nono dei 12 segni zodiacali, misura l’interno delle distanze abitate nell’ondulato alchemico pensiero di Caterina Arcuri. Giordano Bruno inventò e teorizzò la Macchina della Memoria. Il segreto, la magia dell’opera si manifesta con l’elaborazione scientifica del mistero del segno viaggiato nel cosmo dell’umano sapere. Tutto accade nelle tensioni fra arte ermetica della memoria universale e scienza delle ombre, delle esitazioni fra chiaro e scuro, giorno e notte, vita e morte, etica della consapevolezza e tradimento dominato dall’incoscienza. Ghislain Mayaud

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Natino CHIRICO Reggio Calabria 1953

L’Italia non si taglia! Dalle pagine del mare ingiallite dalla storia, un energico e infuocato mulino a vento per colori rammenta la Penisola. Il furioso movimento nutrito dalle invisibili raffiche è incontrollabile, la superficie della tela trema mentre la materia, sconvolta, esplode letteralmente. Nell’improvvisa e inaspettata tempesta del segno, violente tinte pure fuoriescono dal territorio per via del gesto improvvisato e frenetico. Questo esempio di distruzione sistematica della forma e della simmetria, pari ad una atomica esplosione magmatica, divide lo spazio mare-terra in due decisi campi d’azione. Ghislain Mayaud

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L’Italia che vorrei,... a colori 2019 Tecnica mista su tela cm 50x50


Domenico CORDÌ Catanzaro 1979

Per tutti 2017 Trittico Cespuglio, cemento e liquido cm 13x13x4 cm 9x13x4 - cm 13x14x4

Uno “spazio-temporale” della materia in evoluzione utilizza l’eterno viaggio verso le origini del segno. Lo stupore è intenso, tali formazioni trasportano la memoria geologica degli uomini e dell’artista nel cosmo, nel vasto e rovente cortile del tempo. Le gigantesche schegge di fuoco si sono raffreddate sulla terra deponendo le loro sagome oltre le dittature delle matematiche logiche stilistiche. Staccata dal cielo, l’immortale magica danza del magma rovente sfila immobile sulla parete. Ghislain Mayaud

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Francesco CORREGGIA Catanzaro 1950

Incancellabile la lettura, indelebile il contenuto dell’opera. Nutrito di audacia e coerente lucidità, Francesco Correggia estende il dipinto sul silenzioso urto urlato delle parole stampate. L’internazionale 'Save ourplanet' impone una reazione alla riflessione per accedere nelle alte stanze del giudizio ancorate al margine del rovinoso destino creato dalla selvaggia crudeltà delle industrie. Un patto siglato con la tenacia e l’inquietudine intellettuale spinge il rigoroso senso dell’indagine con l’uso esclusivo di parole facilmente rintracciabili nella vita quotidiana dello spettatore. Ghislain Mayaud

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Save ourplanet 2019 Olio su tela cm 50x40


Maria CREDIDIO Terranova da Sibari (CS) 1957

RU#0B 2017 Acrilico su tela e pelle traforata cm 60x60

Bianca di luce, rigorosamente geometrizzata, l’azione plastica guidata dall’artista Maria Credidio elabora strati modulari scadenzati nella loro geometria come accade negli erranti labirinti. I micro-spazi si aprono e si chiudono in funzione di una strutturazione automatica per provocare un gioco di rilievi che divide ulteriormente la zona lavorata. L’elaborazione razionale dei livelli provoca rotanti percorsi dove tutto è calcolato nel possibile. Un silenzio ritmato copre le configurazioni trattenute come ostaggi dell’infinito. Ghislain Mayaud

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Ugo D’AMBROSI San Valentino Torio (Sa) 1927

Nel 1945 il futuro pittore compie 18 anni, mentre l’eco del fungo atomico frantuma e annaffia funestamente la sua piena giovinezza. Con quale coraggio si può chiedere all’artista di passare il tempo a dipingere cesti fioriti? La decostruzione formale dell’opera simile alla fine tragica e catastrofica delle armonie sociali, è il punto di partenza di ogni sospiro creativo. Nel sordo rumore dei pennelli simile all’avanzata dei carri armati, uno sconfinato alfabeto di segni si forgia in fretta sulla bianca tela mentre il liquore dell’anima versa le piegature dei colori. Il tremendo caos dell’inizio insegue le metafore ricordando che nessuno dipinge per farsi capire. Ghislain Mayaud

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Dinamismo 2010 Olio su tela cm 100x100


Sebastiano DAMMONE SESSA Montreux (Svizzera) 1981

Tracce 2018 Emulsione, chiodi e carta su tavola, cm 45x50

È tempo di ripiegare, riordinare e inchiodare i ritmi dei linguaggi introversi sul supporto di spazi perpetui. Si disegna rigorosamente sulla tavola il calcolo di immaginarie partiture quadrate. Nessuna autentica verticale, nessuno zenit, il peso delle ipotetiche voci tocca il presente dell’opera nella panca dei gesti dell’artista. Dal cielo della carta, un luccicante argento di pioggia arrugginita minaccia il vissuto bianco del basamento. Si punta verso l’alto di un solfeggio muto dove raggi sparsi come mille ricci graffiano le monotone fibre delle assodate melanconie. Ghislain Mayaud

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Elena DIACO MAYER Padova 1968

A bassa voce, il dito della montagna sacra sforna l’estasi delle infinite scritture. Senza viaggio nè biglietto, Diaco Mayer sfiora, tocca e legge l’incolmabile saggezza delle 21 nere righe animate sulla panoramica porta di parole. La cima colore terracotta, vera cicatrice di luce, nasconde probabili vertigini dovute alla febbre selvaggia dell’evaso spettatore. Seguire l’indice di altri, oltre il secco profumo messaggero, per raggiungere le labbra delle consapevolezze, provoca crampi di memoria circondati dai rumori ripetitivi di richiedenti vocaboli. Ghislain Mayaud

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Montagna sacra 2008 Tecnica mista su carta su tavola cm 120x90


Massimiliano FERRAGINA Catanzaro 1977

Emotional flows 2019 Tecnica mista acrilico, stucco, vernice su tela cm 80x60

Nel maestro Ferragina arte e vita non sono un binomio inscindile. Di più. Esse si fondono e identificano in un unicum. Palese infatti, mai scontato, il linguaggio esistenziale che promana da quelle linee e quei colori che il Nostro armonizza mirabilmente. Così pure lo scrittore che è in lui. E ancor prima il cesellatore del verbo. Morbidi lapilli le parole del Prof. Massimiliano. Dette o scritte, esse comunicano, senza inutili parentesi - spesso fuorvianti - pezzi di vita. E consegnate all’Arte, interpretano arcani, antichi e nuovi. Al servizio della Verità e dell’uomo in situazione. E del Credo che professa. Radicata profondità che non disdegna di affidarsi alle ali di una singolare leggiadria. Che, anzi, perviene audace, senza anfratti, e si incarna eloquente ed incisiva. Meritato riconoscimento di vera internazionalità dunque. Fa dell’Artista un orgoglio per la generosa terra calabra, della quale si dice posseduto, e onora l’intero meridione d’Italia. E non solo. Mario Di Pietro

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Franco FLACCAVENTO Comiso (RG) 1945

Sopra frantumati segni fissi e asciutte spirale, lente linee parallele mimano dolenti aggettivi muti sulle pareti rocciose di immaginarie e sbiadite caverne. Sono lemmi e testimonianze scritte su pieghe e fili tesi dove Flaccavento asciuga friabili gesti in lino, cotone e bendaggi bianchi. La messa in scena della nascita dell’ideogramma, del cacciatore di selvaggi versi al riposo durante il Paleolitico, sbaragliano l’immensa notte insensata dell’uomo. La luce libera finalmente il dipinto dalla bocca della ragione per trasformarlo in una nuova foglia di fossile. Ghislain Mayaud

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Impronte 2012 Tecnica mista su tela cm 100x70


FRANCOMÀ Rende (CS) 1945

Principessa dei campanelli 2018 Olio su tela cm 145x204

Il carico distruttivo della normalità viaggia oltre l’alba della ragione per nascondere il dolore originario. L’autore investe in un altrove denso di attese sospese nell’immaginario collettivo. Le certezze fiabesche volano intorno alla ritrovata principessa cannibale. Attimi allegorici rimpiangono la luminosa dolcezza poetica di Marc Chagall. Il ballo delle campane in fiore avvolge l’amore sconfinato dell’esistenza etnica in un’indispensabile atmosfera onirica. Il ponte tra essere bambino e la condizione stereotipata dell’adulto è finalmente crollato. Meno male. Ghislain Mayaud

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Fiorentina GIANNOTTA New York 1964

La poesia rimbalza oltre le miserie che nascondono l’essere, la conquista dell’armonia si svolge con l’anima genuina del bambino. L’energia dell’amore attraversa i fiumi della materica melanconia per penetrare sulla terraferma del dipinto. Due inaspettate rive accolgono e stringono la passione: la pittura e la scrittura. Un dolce 'mi piaci cosi come sei' entra pienamente nel territorio dell’atto poetico. Fuggire dal pensiero meccanico, preordinato, è indispensabile per penetrare i luoghi dell’arte e vivere in pieno tutte le stanze poetiche del possibile. Ghislain Mayaud

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Zachary W. of Fremont Mi piaci così come sei 2019 Industrial enamel on canvas cm 100x100


Franco LUPINACCI Casole Bruzio (CS) 1937

I pastori dell’Arcadia 2010 Olio su tavola cm 100x100

Valorizzare, tramandare il linguaggio artistico del passato preparando e plasmando i necessari confronti e accostamenti con ciò che segna il nostro presente e le imprevedibili gestualità del futuro. Si prosegue il lancio creativo del tempo per autorizzare la sopravvivenza dell’opera. Il presente porta le impronte di molteplici accaduti dove simboli e archetipi conservano le loro radici. Adesso il passato non è più l’immagine di un fantasma ma continua ad essere la sorgente dei saperi. Le espressioni artistiche dei secoli scorsi rinascono ogni giorno, l’incessante dialogo con la Storia provoca un sentimento di resurrezione dell’opera d’arte. È un perfetto esempio di battaglia contro la voracità del tempo. Ghislain Mayaud

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Luigi MAGLI Rende (CS) 1953

L’art Brut, quella fatale “M” di Luigi Magli spinge il destino magmatico del dipinto nel drammatico mondo delle africane innocenze negate dalla fame e dalla totale penuria. L’oro e le ricchezze naturali di questo continente firmano tragici destini dove le esplose donne in dolce attesa subiscono assillanti profezie. Notte e silenzio, ipocrisia e cinismo assicurano la continuità dell’immane e incommensurabile strage dove le stelle murate sono state freddamente fucilate prima del loro urlo da preda. Ghislain Mayaud

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Figurina 2018 Cere e t.m. su tavola cm 40x40


Max MARRA Paola (CS) 1950

Quartiere ebraico di Sofia 2019 Tecnica mista su tela cm 41x41x8

Arriva il giorno in cui ci si accorge di avere la conoscenza e la consapevolezza per gestire l’imprescindibile complessità degli stili. Dal lavoro emergono simmetrie dialoganti e sottili territori che sfrecciano oltre l’azzardo. Sorgono segmenti tesi e facciate letterarie pronti a fuggire dalla tela per raggiungere inaspettati traguardi. Da un’utopia lirica dotata d’incastri formali mai paradossali, l’artista trasforma la materia del colore in leggendari luoghi e indecifrabili versi. Si raggiunge la perfezione incarnata da invisibili dimore cancellando implacabilmente il dispersivo superfluo. In basso, a destra, un solitario punto rosso esce dal silenzioso borgo. Ghislain Mayaud

39


Diego MINUTI Trapani 1956

La polvere di alabastrino, sull’insanguinato mare nero, stringe la forma di un universale e storico viso. Come privo d’ossigeno, un ingombrante fondale parcheggiato nei bui rifiuti annegati, separa il mondo presente dalle rinascimentali armonie. Il contrasto è forte tra l’innocente bianco di ieri e il tenebroso abisso di oggi. L’ordine ondulato della femminile pettinatura, la perfezione del viso, il caldo sguardo orientato verso l’altrove illuminano la notte del dipinto destinato a subire eterni e amari percorsi. Ghislain Mayaud

40

Mare nero 2019 Olio su tavola, alabastrino e materiali vari cm 52x52


Giuseppe NEGRO Catanzaro 1974

Architettura 2 2018 Legno bruciato e carbonio su tavola cm 52x46

Nel pieno panorama grigio delle possibili teatralizzazioni del segno, l’autore privilegia l’intensità solitaria delle testimonianze tridimensionali. La sobrietà e il rigore dei contrasti delle tinte ostacolano le epidermiche forme dittatoriali di nevrotiche e sradicate comunicazioni. La capacità di seminare e conservare future memorie consolida i fondamenti dell’espressione creativa nel suo evidente calore. Sono quattro sottili riflessi di rilievi disseccati di emblematici e impossibili rami che ignorano l’incessante vento della frenetica vita. Ghislain Mayaud

41


Fabio NICOTERA Catanzaro 1975

Osservando l’immensità circostante, fluenti giochi dividono acqua e aria per viaggiare nel profondo dell’immagine. Un autentico e incessante sperimentare, tramite materiali e criteri vari, modula le gocce per futuri spunti e riferimenti. Nella flagranza dei linguaggi liquidi, il monocolore gesto espressivo invade lentamente lo spazio concesso per accedere alle alte riflessioni fissate al margine delle configurazioni necessarie a ogni forma d’incursione poetica. Ghislain Mayaud

42

Apsu 2018 Tecnica mista cm 30x30


Rocco PANGARO Rose (CS) 1950

Senza titolo 1985 Tecnica mista su tela cm 50x40

L’atto pittorico diventa presto una grandiosa e incensurata fabbrica di emozioni. L’opera trasporta l’essere oltre le dogane del nevrotico caos individuale. Penetrare, ascoltare la superficie del quadro seminato da frammenti di stelle impone uno stato di emotività silenziosa. È l’impregnante cielo offerto dalla notte dei tempi che sollecita il rifiuto delle maschere e degli stereotipi per ritrovare la totalità dell’Essere indispensabile per le discipline creative. Ghislain Mayaud

43


Vincenzo PAONESSA Gimigliano (CZ) 1970

I movimenti circolari reperibili nel campo d’azione cartaceo introducono lo spettatore nel gioco incantato delle composizioni del cosmo. Tutto accade in piena notte, sotto l’effetto del buio e del piacere di osservare con il telescopio l’equilibrio globale della realtà celeste. Il sospeso frammento di un sistema offre tutte le dimensioni dell’infinito. Il segno agganciato alla scrittura nasce dall’alto mentre le formule geometriche corteggiano le architetture del sublime per sottrarsi alla mutante velocità del quotidiano sempre in agguato. Ghislain Mayaud

44

Frammento di un sistema 2009 Tecnica mista su carta su tavola cm 80x60


Lina PASSALACQUA Sant’Eufemia d’Aspromonte (RC) 1933

Primavera, anemoni 2010 Olio su tela cm 70x50

Non è la consapevolezza del provocare il piacere del vedere che guida e nutre l’indagine dell’artista, ma quell’urgente necessità di ristabilire nei paesaggi l’ordine di una natura gravemente offesa dall’uomo. Redivivi anemoni rossi stringono tra di loro le rimanenze di un passato glorioso dove libertà e spazio in luce attivavano un melodioso unisono. L’eccessivo e esplosivo bagliore dell’alba brucia le poche armonie rimaste sulle primaverili distese accidentate di svuotati rilievi. Ghislain Mayaud

45


Salvatore PEPE Praia a Mare (CS) 1962

Appesi laghi geometrizzati inondano il campo d’azione. Rigorose superfici fuggono ogni aspetto rappresentativo e figurativo. D’altronde, nel vicino Mediterraneo, solamente una saliente immersione nei colori e nello spazio cosmico aiuta la maturazione delle anime. L’opera di Salvatore plasma e modifica il paesaggio delle rive sotto le stelle in croce su cui l’uomo ha sempre costruito la sua storia e la sua umanità. Un incessante sperimentare modula nuovi spunti necessari all’intera struttura. Un patto firmato con il rigore spinge il severo senso dell’indagine a spostare ininterrottamente l’orizzonte oltre le consuete tradizioni del semplice vedere. Ghislain Mayaud

46

Il non luogo 2014 Tecnica mista e sabbia su tela cm 70x70


Pino PINGITORE Spezzano della Sila (CS) 1953

Astratto fluido 2017 Olio su tela cm 50x60

Il dipinto sposta verticalmente la fluidità della materia cancellando ogni fisionomia legata al reale. Lontano da definiti luoghi, il campo d’azione plasma continui gesti liquefatti in un’atmosfera di fluidità astratta. Immerso in un silenzio glaciale, il lavoro dipinge e lacera l’ondulato cielo per raggiungere, prima dell’alba, l’indelebile 'bellezza'. È il pudico velo sulla civiltà del giorno, del quotidiano vortice di frenetici gesti, alla ricerca dell’eterno istante da cogliere per fuggire da minacciosi abissi. Ghislain Mayaud

47


Tarcisio PINGITORE Luzzi (CS) 1952

Una meditata sublimazione melancolica modella il sacro lenzuolo in un linguaggio composto di silenziose pieghe penetranti come strette dune bianche. Con la scientifica osservazione e manipolazione della costante ritmica delle forme, si percepisce la perfezione delle eterne equazioni matematiche tra forma e movimento, sogno e memoria. La profonda e centrifugata struttura delle ondulazioni vaga oltre la luce del passato e del presente senza ingiallire con le scadenze del planetario tempo. Tutto diventa materia nel pieno delle evaporate e immaginarie sacre presenze. Ghislain Mayaud

48

Attesa 2018 Lenzuolo e frammento di merletto su tela cm 50x35


Alfredo PIRRI Cosenza 1960

Acque 2005 Acquerello su carta Arches cm 66x102

Versi e rime musicali cancellati dalle impronte d’invadenti verticali popolano, come pungenti fili spinati, il tranquillo nascondiglio della silenziosa superficie. L’orchestra di mezzanotte parte sul liquido dei riflessi paralleli, remando lentamente nell’alito dell’arcobaleno convertito in porto mercantile per il trasporto di colori e suoni. La traiettoria, ai bordi della partitura del presente, lascia ancora una volta neri salmi e schiume vibrate. L’allineata saliva scura degli aghi dirige tempi e memorie scadenzati da sordi colpi freddi. Ghislain Mayaud

49


Antonio PUJIA VENEZIANO Monterosso Calabro (CZ) 1953

Solitari, nei pieni traguardi dell’esistenza, flagellanti colori annunciano l’identità creativa dell’artista lasciato come cauzione all’estetico destino. Tutto accade nell’energica freschezza di un’escursione negli snodati e folli meandri del pensiero. La lenta elaborazione del dipinto, dove l’impossibile accade grazie all’azzeramento dei quattro punti cardinali, evoca l’indispensabile principio di libertà assoluta. La messa in scena del colore blocca ogni forma di paralisi e staticità. In questi dialoghi di segni incantati, il dipinto è pronto ad accudire il quieto fuoco delle grandi sintesi artistiche. Ghislain Mayaud

50

Fin qui tutto bene 2019 Acrilico su tela cm 62x58


Anna ROMANELLO Corigliano Calabro (CS) 1950

Triangolo Magico 2019 Collages con incisioni, Tecnica mista su tela cm 60x60x85

L’incessante indagine plastica evocata dalla sostituzione di simboli geometrici in opera artistica impone ad Anna Romanello un ruolo di laboratorio aperto al mondo. Trasportate dal tempo, le quattro forme modulare fluidificano ogni respiro del colore dove energici gesti metaforici si proseguono l’uno dentro l’altro senza palpabili confini. Il confronto tra geometria pura e movimento informale premia il sorgere del segno nel suo fatale percorso piramidale. Il fulcro dell’intento progettuale evidenzia subito il ruolo fondamentale dell’immagine vissuta come centro di edificazione per infiniti linguaggi. Ghislain Mayaud

51


Nicola ROTIROTI Catanzaro 1973

Effimera natura nata sull’onda di un verde paesaggio ovattato da prolungati sogni a occhi aperti. La costruzione dell’immagine simile all’elaborazione di uno stile novecentesco, traduce la passione e l’eterno innamoramento del fare. Nel dipinto, il rapporto tra pingere e fingere intensifica l’archetipo fra finzione artificiosa e sembianze naturali. Si producono sulla tela ulteriori memorie per leggendari luoghi e nuove chiavi di lettura per dipingere impossibili equilibri. Ghislain Mayaud

52

Nimes 2018 Tecnica mista su tela cm 45x53


Gianfranco SERGIO Rende (CS) 1961

L’equilibrista 2017 Olio su tela cm 50x50

L’azione del dipingere non nasce solamente da pulsioni disorganizzate o da pre-destini caotici nati da motivi caratteriali e epidermici sovente rintracciabili in atteggiamenti pseudo romantici. La sintassi e la composizione dell’immagine esistono quanto la grammatica della musica, della scrittura e della fotografia. Una fiabesca e equilibrata ritmica tridimensionale invade lo spazio da dipingere come cravatte cucite sulle anonime periferie delle città. Un post- futurismo estrapola le lettere di un ipotetico glossario per ridare vita e speranza a un cielo dimenticato dalla sorda vita quotidiana. Ghislain Mayaud

53


Ernesto SPINA Cosenza 1963

Dall’umida schiuma della melma-terra, sorge l’impronta della vita. L’impasto si trasforma in forza magica, astrologica, spirituale, in una scrittura primaria portatrice dei segni degli uomini o animali. Per Palma Bucarelli, ricorda Giuseppe Ungaretti, “l’opera d’arte arriva all’altezza della poesia quando sembra ch’essa abbia annientato in sé ogni segno di ricordo, ogni traccia di presenza che non sia se stessa”. L’istintiva ricerca della verità, dell’esistenza, dell’amore o della morte invade la magica sfera per depositare sul mondo l’indirizzo del mistero degli inizi. Ghislain Mayaud

54

Elemento 5 2014 Gesso e cera Ø cm 20


Giulio TELARICO Cosenza 1949

Pensiero 2018 T.m. su tela incollata su tavola a rilievo cm 40x50

Spostare l’orizzonte creativo nella flagranza dei linguaggi contemporanei, convoglia il gesto espressivo di Giulio Telarico. In questo lavoro, un’autentica invasione del bianco segno calcolatore spinge una irriconoscibile sagoma a tentare l’avventuroso e razionale viaggio nella profondità algebrica dei numeri. Si celebra l’incursione nel dinamismo creativo alla ricerca di nuove chiavi di lettura sovente elaborate ai lati delle consolidate e meccaniche logiche. Questo duo organico tra personaggio e sradicati numeri sparsi, rinforza l’imperativo artistico nel produrre ulteriori dialoghi per sfamare intatti luoghi. Ghislain Mayaud

55


Vincenzo TRAPASSO Catanzaro 1945

Erede di un’intransigente articolazione informale dell’immagine, governata esclusivamente dalla gestualità di autentiche emozioni interiori, l’artista diventa presto il ’pittore della Necessità’. Si dipinge l’urgenza del dolore sociale; si graffiano la falsa quiete e le serene funzioni mnemoniche del quotidiano; si coltiva la passione del sogno nell’atto plastico dell’opera. Vincenzo Trapasso è sempre presente nelle crespe delle ingiustizie per sussurrare sul silenzio della superficie. L’impasto del dolore si trasforma in sintesi di forze magiche e versi spirituali, immersi in un materico rituale sacro, dove onde primarie modulano, come salmi, i gesti del suo particolare e indispensabile fare artistico. Ghislain Mayaud

56

Lampi 2009 T.m. su carta su legno cm 35x50


Aldo TURCHIARO Celico (CS) 1929

La Calabria 2002 Acrilico su tela cm 60x80

Liberi delfini corteggiano le pareti del disegnato tempo. Sagome dipinte nelle grotte del probabile Rinascimento Preistorico, restituiscono nel folle sogno della tela, le seppellite armonie del passato. Rossi lupi e verdi lucertole di cui non si sa ancora l’esatto nome, sfiorano le frontiere di sconosciute memorie. Turchiaro dipinge il rimpianto della scomparsa danza di inclinati luoghi precedenti alla funesta dittatura della ragione. Assente, l’antenato del pittore lascia impronte e segni per illustrati simboli. Ghislain Mayaud

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Finito di stampare nel mese di Settembre 2019 presso Grafiche RUBBETTINO Srl Soveria Mannelli (CZ)




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