S&H Magazine n. 295 • Ottobre 2021

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PARCO SARDEGNA IN MINIATURA Alla scoperta della nostra Isola in scala ridotta di RAFFAELLA PIRAS

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a Sardegna, una delle isole più belle del mondo, con i suoi 2000 km di coste, un mare cristallino, spiagge da sogno, montagne ideali per il trekking e l’escursionismo, la tipica macchia mediterranea, paesaggi e città ricchi di storia e di mistero, che non si finisce mai di scoprire. Giorni e giorni non sarebbero probabilmente sufficienti per poterla visitare a fondo e conoscerla in tutte le sue sfaccettature. Ma se invece si potesse comunque os­ servare facendo semplicemente una passeggiata? Questa possibilità c’è. In una vallata che si trova proprio al di sotto della Giara di Tuili, con i suoi ca­ vallini selvatici, e ad un km dal famoso villaggio nuragico “Su Nuraxi” di Baru­ mini, proclamato dall’Unesco patrimonio dell’umanità, dal 1999 è possibile am­ mirare la nostra bella Isola e parte della sua storia in scala ridotta grazie al Parco Sardegna in Miniatura, un’attrazione piacevole e istruttiva, ideale da visitare in questo periodo grazie anche al tepore delle tipiche giornate autunnali sarde.

Qui, in una superficie di ben 50.000 mq, suddivisa in aree tematiche, è possibile fare un viaggio che, cominciando dalla preistoria, con i mitici dinosauri, conduce fino alla contemplazione dello spazio. Il Parco dei Dinosauri. Con la consulenza di illustri paleontologi, nel Parco dei Di­ nosauri si torna indietro di 250 milioni di anni attraverso la riproduzione, in scala naturale, di questi giganti prei­ storici in grado, grazie a tecniche sofi­ sticate, di muoversi, respirare, osservare e ruggire. È dunque possibile ammirare l’enorme Apatosauro, il feroce Tyran­ nosaurus Rex e tanti cuccioli di dinosauro che si muovono tra la vegetazione. Una bella novità è rappresentata dall’intro­ duzione anche delle specie marine del­ l’epoca giurassica. Dalle acque, infatti, è possibile veder emergere il Mega­ lodonte, un enorme e temibile an­ tenato dello squalo in grado di aprire le sue fauci di oltre due metri. Parco Natura. Immergersi in una fo­ resta tropicale per comprendere i delicati equilibri ambientali attraverso l’osservazione di varie specie animali e vegetali.

Questo è possibile all’interno del Parco Natura, una struttura con più di 1000 mq di superfici di vetro che permette di ritrovarsi direttamente all’interno della biosfera, della natura rigogliosa, e di grandi acquari che riproducono, grazie ad un tunnel subacqueo, un fiume della foresta pluviale popolato di pesci, tar­ tarughe, rane, iguane, camaleonti e in­ setti giganti. Un vero e proprio excursus della flora e della fauna che consente di riflettere sull’importantissimo tema della tutela dell’ambiente. Parco Nuragico. Un tuffo nella Sardegna di 3000 anni fa, durante l’età del ferro, quando l’Isola era abitata dall’antica ci­ viltà nuragica, questo offre il padiglione nuragico di Sardegna in Miniatura. Attra­ verso la ricostruzione, in dimensioni reali, di un villaggio nuragico è possibile vedere la riproduzione di una casa di corte, la sala del consiglio, il tempio a megaron, gli usi e i costumi di quel po­ polo, la sua organizzazione politica e religiosa, la lavorazione dell’argilla e la fusione del bronzo. A raccontare la storia della civiltà nuragica, sia in italiano che in inglese, delle guide d’eccezione, gli abitanti animati del villaggio. Parco delle Miniature. Proprio come suggerisce il nome stesso del parco, al­ l’interno della Sardegna in Miniatura non può mancare un percorso che ri­ produce, in scala, i monumenti più rap­ presentativi dell’Isola, le Mura di Al­ ghero, il Castello dei Malaspina di Bosa, la Basilica di Saccargia, l’area archeologica di Tharros, fino al mitico Stadio Sant’Elia. Delle vere opere d’arte, disseminate su un’area di 360 metri, che consentono di fare un viaggio tra i siti che hanno fatto la storia della Sardegna. ...CONTINUA SUL WEB INQUADRA IL CODICE QR CON IL TUO SMARTPHONE PER CONTINUARE A LEGGERE L'ARTICOLO


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S&H MAGAZINE Anno XXVI - N. 295 / OTT 2021 EDIZIONE CAGLIARI+SASSARI

Direttore Responsabile MARCO CAU

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Alla scoperta della nostra Isola in scala ridotta

05 Su Kokko Il gioiello della tradizione sarda usato come amuleto

06 Evoluzione di un incendio Dal fuoco alla ripresa

07 Maria Vincenza Cabizza La compositrice divergente convince la Biennale di Venezia

Hanno collaborato a questo numero: FRANCA FALCHI, HELEL FIORI, GIUSEPPE MASSAIU, ERICA LUCIA NOLI, DANIELA PIRAS, RAFFAELLA PIRAS Redazione Sassari, Via Oriani, 5/a - tel. 079.267.50.50 Cagliari, tel. 393.81.38.38.2 mail: redazione@shmag.it

10 03 Parco Sardegna in Miniatura

Ufficio Grafico GIUSEPPINA MEDDE

esse&acca editoria.pubblicità.grafica grafica

08 La cristalloterapia Guarire con le pietre sfruttando l’energia

09 L’Orto dei Cappuccini

Editore ESSEACCA S.r.l.s., Via Oriani, 5/a - Sassari Per la pubblicità: tel. 335.722.60.54

L’angolo verde di Cagliari tra passato e presente

Stampa Tipografia Gallizzi S.r.l. - Sassari

10 Maestrodascia intaglia la fantasia Incontro col baloccaio moderno di Ales

12 Alessandro Chessa

Social & Web

Da Sassari alla passerella internazionale di Dolce&Gabbana

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14 SMART STORIES

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$ www.shmag.it telegram.me/sehmagazine issuu.com/esseacca Registro Stampa: Tribunale di Sassari n. 324/96. ROC: 28798. © 2021. Tutti i diritti sono riservati. È vietato riprodurre disegni, foto e testi parzialmente e totalmente contenuti in questo numero del giornale.

in Copertina ALESSANDRO CHESSA

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Foto Bryan Durante


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SU KOKKO

Il gioiello della tradizione sarda usato come amuleto

di RAFFAELLA PIRAS

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eggende, superstizioni e riti scaramantici hanno ca­ ratterizzato nel corso dei secoli la Sardegna e le sue tra­ dizioni popolari. Il ricorso al­ l’utilizzo di vari amuleti por­ tafortuna o per scacciare le maledizioni è stato da sem­ pre molto frequente. Tra que­ sti, il più famoso è sicura­ mente su Kokko, gioiello ti­ pico della tradizione sarda, tanto antico quanto mo­ derno e attuale. Nelle varie parti dell’Isola viene variamente de­ nominato, “Kokko”, “Sa­ begia”, “Pinnadellu”, ma la sua composizio­ ne non differisce, trat­ tandosi in tutti i casi di una pietra nera, solitamente in giaietto o onice nera, di forma sfe­ rica, che viene incastonata tra due coppette in argento. Il suo compito è quello di attrarre l’energia negativa e scacciare da una persona il cosid­ detto malocchio, ossia una maledi­ zione, un cattivo augurio che un’altra persona può inviare a questa incon­ sapevole vittima semplicemente po­ sando su di lei il proprio sguardo. Nel caso in cui la pietra si spezzi o si stacchi dal gioiello in cui è incastonata significa che l’energia negativa è dav­ vero molto forte ma che il kokko è riuscito comunque ad assolvere la sua funzione di proteggere la persona che lo portava indosso. Questa pietra che nella simbologia raffigurava il cosiddetto occhio buono in grado di contrapporsi a quello co­ siddetto cattivo, in tempi meno re­ centi veniva spesso incastonata in

una spilla d’ar­ gento e data in dono, da una nonna o dalla madrina di batte­ simo, al nascituro per proteggerlo da chiunque lo potesse “prendere ad occhio”. Crescendo il bambino avrebbe dovuto continuare a por­ tarla con sé, legandola al polso con un nastrino verde di seta. Sempre incastonato in una spilla, stavolta in filigrana, il kokko ve­ niva portato dalle donne anche quando indossavano il tradi­ zionale abito sardo, per fer­ mare il velo o il corpetto. In passato, inoltre, era tradi­ zione regalare il kokko anche alle future spose in segno di protezione e buon au­ spicio per il matrimonio. Pur essendo venute meno queste antiche usanze, tutt’oggi il kokko è molto ricercato ed utilizzato per impreziosire diversi gioielli, soprattutto brac­ ciali, orecchini e ciondoli per catenine. La tendenza a regalare talismani che portino bene e allontanino la sfortuna in Sar­ degna ha continuato ad essere con­ servata. Ancora infatti è abbastanza frequente vederlo applicato sulle culle o sui passeggini dei neonati, così come è abbastanza usuale re­ galarlo alle spose, magari assieme al corallo, simbolo di protezione del­ l’amore, o all’agata bianca, che sim­ boleggia la purezza. Non è inusuale nemmeno comprarlo direttamente per se stessi e, addirittura, regalarlo agli uomini. E per chi non dovesse essere superstizioso e meno incline a credere a questo genere di tradizioni niente paura, il kokko rende qualun­ que gioiello esteticamente molto ca­ rino, elegante e senza tempo, adatto ad ogni occasione. In alto “Su Kokko” del Laboratorio Orafo Rocca di Oristano


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di FRANCA FALCHI

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’incendio è uno degli eventi più catastrofici che un ecosistema possa subire. Quando un territo­ rio prende fuoco non è soltanto l’al­ bero, l’arbusto, l’animale a scomparire, ma anche tutte le funzioni di regola­ zione dell’ecosistema di cui l’uomo stesso è parte integrante, oltre che be­ neficiario. Il fuoco può dare luogo a un’ampia gamma di effetti sia a breve che a lungo termine. La scomparsa della ve­ getazione interrompe la produzione di ossigeno e l’emissione di vapore; le polveri non vengono trattenute e il vento non è più ostacolato, aumenta il dilavamento del suolo e l’evaporazione dell’umidità. Nei pendii, l’incendio aumenta il ri­ schio di frane superficiali e smotta­ menti. Le piogge, non trattenute dalle piante, tendono a erodere il terreno e le acque scendono rapidamente verso valle, aumentando le portate di fiumi e torrenti e favorendo inondazioni. In Italia, nell’ultimo decennio, sono stati colpiti da incendio circa mezzo milione di ettari, oltre il 6% della su­ perficie forestale nazionale. Il danno economico è stato valutato in oltre un miliardo di euro all’anno limitando l’analisi a produzione legnosa, fun­ zione ricreativa, tutela idrogeologica e servizio di stabilizzazione climatica. Il numero di incendi in Sardegna è nel­ l’ordine di dieci volte maggiore di quello riscontrato nel resto d’Italia, mentre la superficie percorsa totale la supera per valori compresi tra sei e dieci volte.

Evoluzione di un incendio Dal fuoco alla ripresa Altra conseguenza del fuoco è il trasfe­ rimento all’atmosfera di una porzione significativa di circa 200 composti (metano, idrocarburi, monossido e biossido di carbonio, ossidi di azoto e particolato), che derivano dai processi di combustione incompleta della cellu­ losa e della lignina, ai quali si aggiun­ gono resine e olii contenuti in varia misura nella vegetazione e nel suolo che possono causare cambiamenti nello stato chimico dell’atmosfera. Al­ cuni dei gas prodotti sono diretta­ mente implicati nelle trasformazioni

ambientali note come global change, partecipando all’effetto serra. Gli effetti sulle comunità animali sono sia diretti che indiretti. Quelli diretti derivano dall’azione delle fiamme e della temperatura e si manifestano con modalità di risposte dipendenti dal grado di mobilità degli animali. Gli ani­ mali mobili possono fuggire nelle aree limitrofe prima dell’arrivo delle fiamme ma quelli immobili, che non hanno zone di rifugio, sono destinati a soccombere. ...CONTINUA SUL WEB


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Maria Vincenza Cabizza: la compositrice divergente convince la Biennale di Venezia di HELEL FIORI

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ifficile definire cosa sia la musica contemporanea. Fortuna aver incontrato Maria Vincenza Ca­ bizza, sassarese, studentessa al Conser­ vatorio di Milano e vincitrice (con altri sette, lei unica italiana) della selezione “Biennale College ­ sezione Musica” di Venezia per una composizione su com­ missione, con cui abbiamo provato a vederci più chiaro. «Il mio progetto di ricerca è lo studio di un metodo per la curatela, l’organizza­ zione del primo approccio e la divulga­ zione della musica contemporanea in Italia. Presenterò una pubblicazione che riassume la “teoria della macchia gialla”: non importa il genere, lo strumento o la situazione in cui è proposta, importa se quella musica ha cambiato qualcosa nella tua vita.» Opinione di Maria Vincenza è infatti che il compositore si debba riap­ propriare del suo ruolo originario catar­ tico, facendo sì che la sua musica per­ metta un’evoluzione in chi ascolta, im­ prima un cambiamento profondo. E nella sua vita qualcosa è cambiato quando ha deciso di non seguire cieca­ mente la corrente, difendendo e ab­ bracciando un tipo di musica dalla frui­ zione sicuramente non immediata, ma grazie alla quale sente di esprimersi senza difficoltà: «Suonavo il violino in un’orchestra giovanile, ci venne chiesto di lavorare sulle musiche di Luigi Nono (n.d.a. compositore del Novecento, an­ ticapitalista, innovatore): con quella mu­ sica era come se fossi davvero libera. L’idillio finì quando i miei colleghi la de­ nigrarono ed io li seguii per non sentirmi

esclusa. Però pensavo “Tu non pensi questo!”. Da quella volta ho sempre detto “no, non sono d’accordo”. Non sono d’accordo ad una chiusura verso il nuovo. Do un consiglio ai musicisti: lottate per andare a fondo ai vostri sen­ timenti, non accontentatevi. Abbiate il coraggio di vedere oltre un insieme di note senza senso.»

“Dove le parole non arrivano, la musica parla.” (Ludwig van Beethoven)

Cosa puoi dirci della commissione vinta? È per un pezzo a cappella, eseguito dal Neue Vocalsolisten Ensemble di Stoc­ carda, Leone d’Argento di quest’anno, e parla del suono delle popolazioni che lottano per la sopravvivenza (Uiguri in Cina, Mapuche in Cile, Rohingya in Bir­ mania). Quando un popolo scompare, prima scompaiono i loro suoni, la loro lingua: in The difference between being and staying i cantanti sono disposti uno dietro l’altro, centro palco. Il testo è un collage di articoli di giornale riguardanti quei popoli: mentre il basso canta, gli altri quattro producono un “riverbero” che si modifica, i testi subiscono una frammentazione frasale che causa l’illu­ sione di una comprensione sfuggevole, un’apparente mutazione del significato. Quello della giovane compositrice non è dunque un approccio da accademica, lontana dalla vita e dal mondo, ma anzi, con la sua musica Maria Vincenza Cabizza porta alla luce problematiche sociali at­ tuali e di importante rilievo.


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di DANIELA PIRAS

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er definizione, la cri­ stalloterapia, è una tecnica di autoguari­ gione energetica, solita­ mente svolta con il supporto di un operatore. Pratica dif­ fusa che affonda le sue ra­ dici nella notte dei tempi: le proprietà delle pietre sono state studiate fin dall’anti­ chità. Il cristalloterapeuta odierno – come Valentina Cocco – unisce a queste co­ noscenze assodate il proprio intuito. «La sperimentazione è importante – mi spiega – perché ogni operatore stabi­ lisce un rapporto personale con le gemme e i cristalli: questi ultimi comprendono la quasi totalità dei quarzi. A ciò è correlato il rapporto che si crea, a sua volta, tra la gemma e la persona che riceve il trattamento». Va­ lentina Cocco ha visto na­ scere la passione per le pietre da bambina. I mine­ rali, soprattutto le gemme e i quarzi, la hanno sempre at­ tratta. Alla cristalloterapia si avvicina durante l’adole­ scenza, «Era solo una pas­ sione, non avrei mai pensato che sarebbe diven­ tato il mio lavoro – afferma sorridendo –. Quando capi­ tava di ricevere in dono dei cristalli o delle gemme

Cristalloterapia Guarire con le pietre sfruttando l’energia

correvo immediatamente a informarmi delle loro pro­ prietà curative, ma anche sulla loro storia e sulla loro formazione. Avevo una bella enciclopedia che mi offriva tutte le informazioni che mi servivano». Da cosa ha origine l’energia delle pietre? Niente di tra­ scendentale: si parte dal presupposto che ogni elemento chimico­fisico ha INQUADRA IL CODICE una propria ener­ QR CON IL TUO gia, data dalla ve­ SMARTPHONE PER locità del CONTINUARE A movimento degli LEGGERE L'ARTICOLO elettroni che la

compongono. Ogni gemma ha un’energia diversa; ciò di­ pende dalla quantità di mi­ nerale che la compone. Le caratteristiche tecniche da sole non bastano a spiegare i benefici del trattamento. Ho chiesto a Valentina Cocco di spiegarmi, con pa­ role semplici, in cosa consi­ ste un trattamento di questo tipo. Ma, parole semplici, è difficile trovarle. La cristallo­ terapia affonda le radici in un mondo complesso, ricco di sfaccettature: è essen­ ziale l’intuito dell’operatore nel valutare quali pietre va­ dano utilizzate per ogni sin­

golo caso; occorre svolgere un colloquio conoscitivo, ca­ pire lo stato emotivo e/o i problemi fisici – a volte inva­ lidanti – di chi vuole sotto­ porsi al trattamento. Va da sé che ognuno reagisca in modo diverso, che non esi­ stano prassi universali. «Si può dire che la cristallotera­ pia sia una pratica che può aiutare a recuperare la pro­ pria personale consapevo­ lezza – continua Valentina –, in tal caso l’operatore non è che un tramite, uno stru­ mento che dà la spinta per l’autoguarigione del corpo». ...CONTINUA SUL WEB


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ORTO DEI CAPPUCCINI L’angolo verde di Cagliari tra passato e presente di RAFFAELLA PIRAS

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n piccolo polmone verde da am­ mirare nel cuore della città di Cagliari, precisamente in Viale Luigi Merello. È lungo questa elegante strada alberata che si trova infatti l’Orto dei Cappuccini, un parco dove la quiete e il contatto diretto con la natura di­ ventano un tutt’uno con il patrimonio storico che racchiude questo luogo ma­ gico e quelli che lo circondano, dall’An­ fiteatro Romano al Convento dei Frati Cappuccini. Nel 1595 i Frati Cappuccini fondarono il loro primo convento in Sardegna, sta­ bilendosi proprio nella collina situata ad ovest delle rovine dell’Anfiteatro Ro­ mano. Questo convento comprendeva decine di celle per i religiosi, le cucine, un lanificio, un’infermeria e un terreno circostante molto ampio che i frati de­ cisero di trasformare in un orto, che da essi prese il nome, dedicato soprattutto alla coltura delle piante officinali. Il mantenimento di un terreno di simili dimensioni e la crescita della vegetazione fu possibile anche grazie alla presenza di un pozzo, il cosiddetto Pozzo di Sa Mitza de su Rei, dotato di un’acqua ri­ nomata di cui si servivano persino i so­ vrani, e di antiche cisterne romane in cui confluiva l’acqua piovana da loro utilizzata per l’irrigazione dei campi. Tra queste cave una aveva dimensioni imponenti, il Cisternone Vittorio Ema­ nuele, utilizzato dapprima come una prigione e, successivamente, nel corso

della peste che colpì duramente la città di Cagliari nel 1656, su decisione del Magistrato di sanità chiamato a far fronte alla tumulazione di un eccessivo numero di defunti che rischiavano di rimanere insepolti, come luogo di sepoltura per i morti del quartiere di Castello. A metà Ottocento il Comune di Cagliari acquisì sia il Convento che l’Orto, tra­ sformandoli e dandogli una funzione sociale, fu infatti realizzata una casa di riposo per anziani. Tuttavia, col passare del tempo, l’Orto dei Cappuccini perse importanza e per tanti anni rimase nel­ l’oblio. Tra il 2015 e il 2016 la svolta. L’ammini­ strazione comunale, effettuando impor­ tanti lavori di riqualificazione, ha ridato nuova vita all’Orto, riportandolo al suo antico splendore. Sono stati restaurati i muretti in pietrame e i percorsi per la suddivisione dell’area in quadranti. È stata così ricreata l’area dedicata alla coltivazione di erbe medicinali e aro­ matiche, alberi da frutta e agrumi, pro­ prio come in passato, mentre un’altra parte è stata dedicata all’orto didattico, in modo da far comprendere il rispetto per l’ambiente e la natura alle scolare­ sche. Un’altra zona è destinata ad ospi­ tare eventi culturali, mentre l’ultima ampia parte è caratterizzata da un grande prato, disseminato di panchine, un parco dove i bambini possono giocare e gli adulti godere di momenti di svago e be­ nessere pur restando nel centro di Ca­ gliari. Un vero gioiello verde che cittadini e turisti non possono che apprezzare.


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Maestrodascia intaglia la fantasia Incontro col baloccaio moderno di Ales di HELEL FIORI

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’era una volta, in un paese lon­ tano lontano, un baloccaio, dagli occhi di fuoco e dai capelli fluenti; Maestrodascia era chiamato, e tutto il giorno stava a segar legno, a carteggiare, a pitturare. Che cosa? Vi chiederete. I sogni dei bambini, rispondo io. Messa così sembra proprio una fiaba. Invece è la realtà di Federico Coni, fa­ legname artistico di Ales, vero e pro­

prio “pinocchiofilo” che ha fatto di fan­ tasia e manualità la sua carta vincente. E sempre di carte si parla se andiamo ad ammirare i suoi ultimi lavori: Mae­ strodascia, infatti, ha trovato nei Taroc­ chi di Alejandro Jodorowsky (artista cileno contemporaneo dal surreale ap­ proccio “psicomagico” alla vita) l’occa­ sione di saggiare le proprie capacità realizzando personaggi 3D che emer­ gono dalla dimensione piana come emanazioni materiche di un mondo misterioso e occulto. Arricciandosi i baffi, ci regala la sua

storia: “Federico. Baloccaio. Maestro­ dascia. Lavoro di manualità, studio e creatività. La mia storia si può leggere nelle venature del legno: nel 1905 il mio bisnonno aprì una falegnameria ad Ales, e per me bambino entrare in quello spazio di polvere e rumori signi­ ficava avviare gli ingranaggi della fan­ tasia. In un dettaglio riconoscevo un volto, da un braccio nasceva un corpo, quel naso si allungava in un profilo, un dente esplodeva in sorriso, una probo­ scide si svegliava elefante, una coda in­ seguiva un somaro. Nella mia Pinokkieria (con la Kappa) invito le persone a fare lo stesso. Guardare, im­ maginare, odorare, toccare”. Francesco, quando hai capito di es­ sere un baloccaio? Sono stato influenzato da Collodi, Ja­ covitti, Jeronimus Bosh, Fortunato Depero (futurista geniale), Eugenio Tavolara (il padre dell’artigiano arti­ stico sardo moderno), che sono scrit­ tori, illustratori, fumettisti, pittori, stilisti, grafici, designer. Tutta questa influenza si è poi manifestata nella vo­


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glia di creare dei balocchi contempo­ ranei che strizzano l’occhio a un mondo che non esiste più: non rea­ lizzo “sculture”, ma una sorta di ibrido tra pupazzo, animale, giocattolo, og­ getto d’uso, con un occhio di riguardo all’ambiente. Quali sono i riferimenti del tuo imma­ ginario? Se non attingo dal mondo delle arti ap­ plicate, senza dubbio i cartoni animati anni 80­2000. Per i soggetti spazio da flora e fauna o personaggi storici della Sardegna: dai soldati giudicali alla corte di Eleonora, dai nuragici Shardana alle dee madri, dai Cunfraras in processione ai soggetti in abito tradizionale che fanno su Ballu Tundu, suonano launed­ das e organetto, e tutti i personaggi della Sartiglia. E poi quello che mi dà più soddisfazione, le caricature legnose!

“Questa è la vera libertà: essere capaci di uscire da se stessi, attraverso i limiti del piccolo mondo individuale per aprirsi all’universo.” (Alejandro Jodorowsky)

Pinocchio: quando, come e perché? Sin da bambino come un novello Gep­ petto potevo dare forma ai miei Pinoc­ chi (o a tutto quello che realizzavo, che chiamavo comunque Pinocchietto a prescindere dal soggetto!) sotto l’oc­ chio dei grandi; dal 1995 in poi Pinoc­ chio è diventato uno dei miei soggetti prediletti, che facevo in varie versioni, persino nuragiche!

Dal 2014 cominciai a lavorare ad un concept, una sorta di fotoromanzo con il più alto numero di personaggi realiz­ zati da mettere in posa. Il progetto si è invece trasformato nella mostra “Pi­ nocchio & Friends” (Baradili, 2019­21, curata dalla Società NUR di Ales), una passeggiata tra le parole degli intellet­ tuali che hanno discusso della famosa favola, tra i personaggi di legno nelle cui fattezze riecheggiano le forme di Eugenio Tavolara e le strisce di Jaco­ vitti, mentre fischiettano allegramente l’opera pinocchiesca di Bennato. Ora in pentola l’idea (suggerita dall’on. Pro­ fessor Paolo Savona) di farlo diventare effettivamente il Paese dei Balocchi sardo. Come sei arrivato ai Tarocchi? Conoscevo Jodorowsky dai suoi film (n.d.a. La Montagna Sacra, El Topo) prima che dai suoi libri, e mi piaceva ­ anche se allora ne capivo ben poco ­ il suo mondo surreale, esoterico, a tratti lisergico che popolava le sue pellicole e la sua fantasia. Visto che lavoro il legno e già mi stavo cimentando in cose com­ plesse, ho alzato la posta in gioco ini­ ziando dalla Ruota di Fortuna. Lo scopo non era di tipo interpretativo, ma di fe­ dele riproduzione per far occupare ai soggetti lo spazio tridimensionale! Cosa vediamo se veniamo a trovarti? Adesso sto predisponendo un piccolo laboratorio nei locali della Pinokkieria ad Ales, in modo da avere una aper­ tura al pubblico. Cosa succede lì den­ tro? Beh, come dico ai bambini, solitamente se nessuno li vede i perso­ naggi si animano e fanno cricca nella stanza e solo se visti di nuovo si irrigi­ discono tornando legnosi! Adesso ospita principalmente il lavoro in via di conclusione sui Tarocchi di Legno e i miei consueti personaggi e animali di Sardegna, i miei fenicotteri speciali e tante altre sorprese inscatolate che tiro fuori dal cilindro di tanto in tanto! Quello che non succede, e che me ne fa rammaricare molto, è che quelle porte si aprono troppo poco spesso per via del poco pubblico di passaggio, mentre quello dei social è decisamente più vivace! Per sorprendere i Pinocchi animati an­ dremo allora ad Ales, ma nel frat­ tempo seguiremo sui canali social ufficiali Facebook @maestrodascia Instagram @maestrodasciailbaloccaio i progressi del lavoro sui Tarocchi, in cui Maestrodascia ci assicura ci saranno delle grosse sorprese! A presto!


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di RAFFAELLA PIRAS

Da Sassari alle passerelle internazionali

Foto Bryan Durante

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Alessandro Chessa

e luci delle passerelle, il rumore delle mac­ chine fotografiche, le sfilate, gli applausi, i viaggi nelle più grandi metropoli. Questo è nell’immaginario collettivo il mondo dorato dell’alta moda. Una realtà ap­ parentemente da sogno die­ tro la quale, tuttavia, si na­ scondono lavoro, sacrifici e dove alla fine è il talento a premiare, perché avere un bell’aspetto non è tutto. Lo sa bene Alessandro Chessa, 23 anni, di Sassari, stabilitosi da qualche anno a Milano per proseguire gli studi e dove ha iniziato a muovere i primi importanti passi nel mondo della moda fino a riuscire a costruire le basi per una promettente carriera. “Ho vissuto a Sassari fino al‐ l’età di 19 anni e qui per tanti anni ho studiato danza e canto. Finito il Liceo artistico sono partito a Milano per fre‐ quentare l’università. Studio fashion design all’Istituto Eu‐ ropeo di Design. Mentre ero ancora in Sardegna mi avvi‐ cinai alla moda grazie ad un mio amico designer che mi chiese di sfilare per lui. A Mi‐ lano invece dei colleghi del‐ l’università mi chiesero di prendere parte a dei loro la‐ vori scolastici, così iniziai a posare per alcuni servizi fo‐ tografici, non a pagamento. Un giorno fui contattato da un agente di un’agenzia per modelli di Milano per un ap‐ puntamento, avevano notato

alcune mie fotografie e vole‐ vano che diventassi uno dei loro volti, accettai e andò bene. Sono stato poi trovato da un’altra agenzia che adesso mi gestisce a livello mondiale, la E2 Model Mgmt, che mi ha collocato in un’agenzia di Milano, la Boom Models, con quasi dieci anni di esperienza nel settore e con cui sto lavorando molto bene”. Affidarsi ad un’agenzia di moda seria è fondamentale per riuscire a costruire una vera carriera e non rischiare di illudersi inutilmente, come spiega il modello: “Un pro‐ blema molto serio è rappre‐ sentato dalla presenza di se‐ dicenti agenzie che chiedono dei soldi per cominciare a la‐ vorare con loro, per fare il fa‐ moso book fotografico, ma le vere agenzie non possono chiedere soldi, sono loro ad investire sui modelli. I ragazzi giovani che vorrebbero fare questo lavoro devono sapere che non ci si può sempre mo‐ strare e candidare, sono i clienti a scegliere. Inoltre, non basta essere un modello e mettere delle foto sui social, ormai non è più neanche tanto un discorso di bellezza ma di marketing, cioè il saper vendere un prodotto, il lavoro consiste nel mostrare quello che si sta indossando”. Alessandro, presentandosi a vari casting, grazie alla sua agenzia, diventa il volto di vari brand: “Il mio primo la‐ voro fu un anno e mezzo fa per un negozio multibrand di Milano, feci l’e‐commerce per

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Dior. Quest’inverno ho fatto l’e‐commerce per Robe di Kappa, che uscirà tra settem‐ bre e ottobre, poi vari lavori per atelier di capelli come Wella Professional ed edito‐ riali per alcuni magazine. In primavera ho anche fatto una figurazione per il videoclip della cantante Gaia Gozzi, è stata una delle mie prime esperienze nel campo della musica ed è stata bellissima”. Ma la grande occasione per Alessandro arriva proprio alla fine di questa estate, quando viene scelto per la sua prima sfilata, una sfilata su cui erano puntati gli occhi di tutto il mondo: “Mentre ero in vacanza il mio agente mi ha comunicato di essere stato selezionato per la sfi‐ lata di Alta Sartoria 2021 di Dolce&Gabbana all’Arse‐ nale di Venezia. Sono stato scelto due giorni prima dello show, ho fatto la prova del vestito direttamente a Vene‐ zia. È stata una grande emo‐ zione, non me lo sarei mai aspettato”. Nell’iconico scenario dell’Ar­ senale di Venezia, dal 28 al 30 agosto scorso, Dolce&Gab­ bana ha presentato le colle­ zioni 2021 di Alta Moda (Donna) e Alta Sartoria (Uomo), evento a cui erano presenti 500 persone fra ospiti e star internazionali: “Quel giorno a Venezia, in passerella, l’emozione è stata tantissima, non avevo mai sfi‐ lato e temevo di fare una brutta figura in diretta mon‐ diale. Si dice che per le donne lo show più importante nella

Foto Bryan Durante

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vita sia quella di Victoria’s Se‐ cret a New York, mentre per gli uomini è quello di Dolce&Gabbana a Milano, è la sfilata culmine che può far partire la carriera, quindi ho considerato questo lavoro come una grande occasione”. Durante la sfilata maschile dell’Alta Sartoria del 30 ago­ sto, che ha chiuso la tre giorni di Dolce&Gabbana, proprio sul finale un forte temporale e la grandine si sono abbat­ tuti sui 105 modelli in passe­ rella e i vip presenti: “È stata una esperienza che posso de‐ finire epica, con la grandine e il temporale è stato apoca‐ littico. La grandine è caduta mentre stavo camminando verso l’uscita. È diventata vi‐

rale una foto dove io e altri tre miei colleghi usciamo fieri per aver fatto lo show nono‐ stante il temporale. La sfilata si è così conclusa in modo roc‐ keggiante”. Dopo il grande traguardo rag­ giunto con Dolce&Gabbana, Alessandro Chessa ha già in cantiere altri progetti lavora­ tivi e ambiziosi obiettivi per il futuro: “Il mio obiettivo per l’immediato futuro è quello di laurearmi in dicembre. Vor‐ rei diventare un designer, per poter avere tra tanti anni un mio brand, oppure un costu‐ mista per il cinema. Come modello vorrei muovermi a li‐ vello internazionale, quindi Parigi, Londra e New York e essere l’immagine di brand

importanti. Infine, un mio so‐ gno nel cassetto sarebbe quello di studiare recitazione a Los Angeles e prendere parte a produzioni di film”. Il modello non dimentica mai le sue origini e, portando la Sardegna nel cuore, è rimasto sorpreso di come sia stata considerato un orgoglio per l’Isola: “Mi ha fatto vera‐ mente piacere che la mia re‐ gione mi sia stata così vicina in questa esperienza. Non è facile per qualcuno che pro‐ viene dalla Sardegna riuscire ad entrare in questi ambiti, quindi deve essere stato visto come un qualcosa di grandis‐ simo. Tutto questo mi ha fatto emozionare, sono molto grato”. www.studiomassaiu.it

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