SOTTOPROGETTO D - RECUPERO E TUTELA DELLE AREE A MAGGIOR CRITICITÀ AMBIENTALE

Parco di Montemarcello – Magra

Linee guida per una gestione integrata e programmata della vegetazione riparia e golenale
Progetto realizzato nell’ambito delle attività di Co.R.E.M. Cooperazione delle Reti Ecologiche nel Mediterraneo

A cura di: Parco di Montemarcello Magra via A. Paci, 2 19038 Sarzana (SP)
Autore: Elena Lanzi www.leafstudio.it

BIBLIOGRAFIA
Riferimenti
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Convenzioni
Normativa
Normativa
Normativa
Finanziato dal primo bando dei Progetti Strategici del Programma Operativo Italia-Francia “Marittimo”, nel quadro dell’Asse III “Ambiente e produzioni rurali e marine”, il progetto Co.R.E.M. si occupa del tema della cooperazione all’interno della Rete Ecologica dei territori di Corsica, Liguria, Sardegna e Toscana contribuendo alla valorizzazione del patrimonio naturalistico mediante attività di condivisione, a livello transfrontaliero, di modelli e pratiche di governence finalizzati a ridurre la pressione e le minacce sulle risorse ambientali ed a favorire una fruizione sociale ed economica sostenibile delle stesse, anche mediante azioni di coinvolgimento e sensibilizzazione collettiva.
Il progetto, nel suo complesso, si prefigge l’individuazione di buone pratiche per una corretta manutenzione della vegetazione igrofila e l’attuazione di opere concrete e condivise di conservazione e tutela degli habitat e delle specie presenti nelle aree fluviali, nelle aree umide e nei corridoi ecologici per il mantenimento della multifunzionalità dell’ambiente golenale.

I principali risultati attesi sono il miglioramento dello stato di conservazione di habitat, specie e risorse ambientali sensibili attualmente sottoposte a forti livelli di pressione (con particolare riferimento a zone umide, ambiti fluviali e litoranei), la sperimentazione di buone pratiche nella gestione integrata delle aree sensibili e la messa in rete, su base transfrontaliera, di linee guida di settore.
Il Parco di Montemarcello-Magra, in qualità di soggetto Partner della linea d’azione “Sottoprogetto DRecupero e tutela delle aree a maggior criticità ambientale”, ha inteso definire e sperimentare approcci innovativi e partecipati per la conservazione ed il recupero di ambienti sensibili della Rete Ecologica fluviale mediante la realizzazione di un Intervento pilota volto alla creazione di una filiera bosco/legno/energia con impiego delle biomasse recuperabili da una manutenzione programmata di un tratto di alveo fluviale, azione propedeutica alla stesura di linee guida condivise per una gestione integrata e programmata della vegetazione riparia e golenale.
E’ ormai noto che il tema della gestione dell’assetto dei fiumi e del territorio limitrofo debba essere affrontato con un approccio integrato valutando contestualmente fattori idraulici, geomorfologici, ambientali e naturalistici allo scopo d’individuare politiche di sistema in grado di definire azioni mirate ed efficaci. La vegetazione golenale, pertanto, non deve essere considerata soltanto in base alla sua funzione ‘meccanica’ nella regolazione del deflusso delle acque nei periodi di piena ma anche per la sua importante funzione protettiva (consolidamento di terreni e difesa spondale) ed ecologica.
Le presenti Linee Guida, pertanto, sono redatte alle scopo di fornire spunti di riflessione per migliorare le metodologie di gestione fluviale, incrementare il quadro conoscitivo dell’assetto vegetazionale e determinare un insieme di buone pratiche per una gestione integrata e coordinata della vegetazione in alveo. In particolare, esse si configurano come uno strumento operativo per la delineazione di politiche di sistema che
LINEEtengano conto della multifunzionalità dei corsi d’acqua, con particolare attenzione agli aspetti idraulici, geomorfologici, ambientali e naturalistici al fine di conservare e valorizzare gli ecosistemi ripariali garantendo la sicurezza idraulica dei fiumi Magra e Vara.

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Le projet Co.R.E.M. est Financé par le premier appel d'offre des Projets Stratégiques du Programme Opérationnel Italie-France “Maritime”. Dans le cadre de l’Axe III “Environnement et Productions Rurales et Marines”, le projet Co.R.E.M. traite de la question de la coopération à l’intérieur du Réseau Écologique des territoires de la Corse, Ligurie, Sardaigne et Toscane en contribuant à la valorisation du patrimoine naturel à travers des activités de partage, au niveau transfrontalier, de modèles et de pratiques de Gouvernance visant à réduire la pression et les menaces qui pèsent sur les ressources environnementales et à promouvoir l'utilisation durable économique et sociale du susdit patrimoine naturel, autant par des actions de participation que par une prise de conscience collective.
Le projet, dans son ensemble, vise à identifier les meilleures pratiques pour le bon entretien de la végétation hydrique et la réalisation d’ouvrages concrets et partagés pour la conservation et la protection des habitats et des espèces présents dans les zones fluviales, les zones humides et les couloirs écologiques pour le maintien de la multifonctionnalité de l'environnement fluvial.
Les principaux résultats attendus sont l'amélioration de l'état de conservation des habitats, des espèces et des ressources sensibles de l'environnement actuellement sujettes à de forts niveaux de pression (avec une référence particulière aux zones humides, rivières et zones côtières), l’expérimentation de meilleures pratiques dans les domaines de gestion intégrée sensibles et la mise en réseau, au niveau transfrontalier, des lignes de procédure de secteur.
Le Parc de Montemarcello-Magra, Partner du Sous-projet D - Récupération et sauvegarde des aires environnementales très critiques, a voulu définir et expérimenter des approches innovantes et partagées pour la conservation et la récupération d’environnements sensibles du Réseau Écologique à travers la mise en œuvre d'une Intervention pilote visant à créer une chaîne forêt / bois / énergie de la biomasse récupérée à partir d'un entretien régulier d'un tronçon du lit du fleuve, activité préparatoire à l'élaboration de lignes de procédure partagées pour la gestion intégrée et programmée de la végétation des rives et du franc-bord.
Il est bien connu que la question de la gestion des zones fluviales et du territoire voisin doit être abordée avec une approche intégrée en tenant compte en même temps de facteurs hydrauliques, géomorphologiques, environnementaux et naturels afin d'identifier une policy capable de définir des actions ciblées et efficaces. La végétation le long des berges, par conséquent, ne doit pas seulement être considérée par sa fonction «mécanique» dans la régulation de l'écoulement de l'eau pendant les périodes de crue, mais aussi pour son importante fonction de protection (consolidation des sols et protection des berges) et écologique.
Ces lignes de procédure sont donc prêtes à fournir des indications pour améliorer les méthodes de gestion des cours d'eau, améliorer le cadre cognitif de la structure de la végétation et déterminer un ensemble de
meilleures pratiques pour une gestion intégrée et coordonnée de la végétation dans le lit du fleuve. En particulier, elles sont configurées comme un outil opérationnel pour la délimitation des policy qui tiennent en compte la multifonctionnalité des rivières, avec une attention particulière aux aspects hydrauliques, géomorphologiques, environnementaux et naturels afin de préserver et d'améliorer les écosystèmes riverains en assurant la sécurité hydraulique des Fleuves Magra et Vara.

1 Caratterizzazione degli habitat ripari: funzioni e valori
1.1 Funzione meccanica della vegetazione ripariale
L’approccio contemporaneo nella gestione delle aree fluviali vede un rinnovato interesse per la vegetazione ripariale, alla quale viene attribuito un ruolo primario nell’ecologia e nella conservazione anche in termini idrogeologici degli ambienti golenali.

In primo luogo alla vegetazione fluviale è attribuita un’importante funzione ‘meccanica’ come strumento coadiuvante nella difesa del territorio e nel contenimento delle acque in tutte le situazioni in cui l’argine non rivesta carattere di stretta necessità e la gestione delle fasce vegetazionali spondali costituisca un’azione preventiva efficace.
E’ tuttavia necessario premettere che la funzione protettiva delle cenosi ripariali può essere del tutto inefficace nei confronti di eventi di piena di tipo eccezionale, allorquando la forza della corrente riesca ad erodere la sponda o il piede del versante provocando lo scivolamento del soprassuolo in alveo.
Dal punto di vista meccanico, quindi, le cenosi ripariali svolgono le seguenti funzioni: contenimento dell’erosione e quindi riduzione della perdita di suolo; regolazione del corso d’acqua; riduzione dell’ulteriore immissione di materiale nei corpi idrici.
1.1.1 IL CONTROLLO DELL’EROSIONE
La funzione protettiva svolta dalla vegetazione riveste un ruolo di particolare interesse poiché, in assenza di copertura vegetazionale in condizioni di alveo profondamente inciso, aumenta il pericolo di erosione e di trasporto di materiali grossolani da parte della corrente, con conseguente accumulo di inerti in alveo o, cosa ancor più pericolosa, in prossimità di strutture di attraversamento (ponti). La riduzione dell’erosione operata dalle cenosi ripariali, in conseguenza, determina una riduzione dell’asporto di suolo operato dalla corrente durante le piene.
La funzione protettiva fornita dalla vegetazione è legata essenzialmente all’attitudine dell’apparato radicale di una o più specie alla stabilizzazione dei terreni sciolti tipici delle aree fluviali. Talora la coltivazione o il libero insediamento di essenze arboree non adatte agli habitat ripariali (pioppeti produttivi, frutteti, essenze infestanti, ecc.) può favorire l’instaurazione di fenomeni di tipo erosivo poiché l’esposizione alla corrente di tali essenze per lo più caratterizzate da apparati radicali superficiali e poco adatti al consolidamento dei suoli potrebbe determinarne uno scalzamento creando nuovi presupposti per l’erosione e favorendo l’accumulo di detriti in alveo.
La capacità di una cenosi ripariale di conferire stabilità ai suoli colonizzati viene fornita essenzialmente mediante una struttura diversificata dotata di un piano arbustivo in grado di flettersi al passaggio della corrente ma contenerne i fenomeni erosivi e di uno strato arboreo composto prevalentemente da soggetti giovani dotati di un buon rapporto tra l’accrescimento in altezza e lo sviluppo dendrometrico e caratterizzati da un diametro progressivamente minore in funzione della vicinanza e del ridursi della larghezza dell’alveo inciso.



1.1.2 LA REGOLAZIONE DEL CORSO D’ACQUA
La seconda importante funzione meccanica del bosco ripariale è, qualora esso si estenda su superfici abbastanza consistenti, il rallentamento dell’ondata di piena. In questo caso le aree golenali possono configurarsi come serbatoi per lo stoccaggio temporaneo dell’acqua svolgendo a tutti gli effetti la funzione di cassa d’espansione e quindi migliorando complessivamente la regolazione del deflusso mediante la sensibile riduzione delle oscillazioni del livello delle acque.
Un’altra funzione molto importante svolta dalle cenosi ripariali è il rallentamento della velocità della corrente qualora la sezione d’alveo sia sufficientemente ampia da evitare l’esondazione: le acque che escono dall’alveo principale, infatti, incontrano nelle aree golenali boscate una maggiore scabrezza determinata dalla presenza della vegetazione subendo un sensibile rallentamento.
Durante la fase di stoccaggio delle acque o in fase di sensibile rallentamento del flusso, come meglio illustrato in seguito, s’instaurano inoltre importanti fenomeni di decantazione dei solidi sospesi (deposizione del materiale grossolano) e di abbattimento del carico organico che migliorano sensibilmente la qualità delle acque.
In sintesi, un’opportuna gestione della vegetazione ripariale in termini non soltanto di manutenzione delle cenosi forestali ma anche di riqualificazione delle fitoconsociazioni presenti mediante la nuova messa a dimora di essenze tipiche degli habitat fluviali al elevata attitudine al consolidamento ed al rallentamento del flusso può migliorare parte della stabilità dei corsi d’acqua minori contenendo anche significativamente il rischio idraulico.

I boschi ripari svolgono un importante ruolo nella definizione delle qualità chimico – fisiche delle acque del corpo idrico interessato, coinvolgendo, ancora una volta, l’intero ecosistema fluviale.
Numerosi studi hanno evidenziato il ruolo fondamentale svolto dal bosco ripariale nel contenimento dei fenomeni di eutrofizzazione delle acque, dimostrandone inoltre l’elevata capacità filtrante e di abbattimento del carico organico (depurazione da nitrati e fosfati provenienti prevalentemente dalle attività antropiche).
La presenza di vegetazione ripariale determina innanzi tutto fenomeni di ombreggiamento (più evidenti nei tratti montani dei corsi d’acqua e più radi a valle) che migliorano sensibilmente la qualità delle acque. Le acque esposte all’irraggiamento diretto, infatti, durante i periodi caldi sono soggette a surriscaldamento cui consegue una riduzione della solubilità dei gas e quindi una maggiore dispersione dell’ossigeno nell’ambiente (tabella 1.1). La significativa riduzione dell’ossigeno disciolto (condizioni di ipossia o anossia) favorisce l’instaurarsi di processi di tipo riducente nei quali la decomposizione della sostanza organica
1.2 Influenza sulle componenti chimico-fisiche del corso d’acqua
origina ammoniaca, idrogeno solforato e, in misura minore, metano. Ciò determina stati di sofferenza nelle comunità bentoniche (pesci di fondo, molluschi, crostacei, ecc.) a favore del progressivo instaurarsi di organismi che si avvantaggiano dell’anaerobiosi e che sviluppano sostanze tossiche maleodoranti. In tal senso, la presenza di vegetazione fluviale contribuisce in modo significativo al contenimento della temperatura dell’acqua e quindi al mantenimento dei livelli di ossigeno necessari alla sopravvivenza di organismi bentonici e, nel complesso, alla conservazione della qualità delle acque.
Tabella 1.1 – Effetto della temperatura dell’acqua sul contenuto in ossigeno GRADI (° C) PUNTO DI SATURAZIONE (PPM) 11 11 17 10 22 9 27 8
La vegetazione fluviale riveste inoltre un ruolo fondamentale in termini di depurazione del corpo idrico e di abbattimento del carico organico sia operando un sensibile rallentamento del flusso che favorisce la decantazione dei solidi sospesi (deposizione del materiale grossolano), sia grazie alla combinazione di processi chimici, fisici e biologici ad opera delle piante e dell’attività microbica connessa (tra cui sedimentazione, precipitazione, adsorbimento, assimilazione) che risultano massimamente efficaci per la rimozione delle principali cause di degrado qualitativo dell’acqua (BRIX, 1993).
1.3 Funzione ecologica
1.3.1 LA VEGETAZIONE RIPARIALE ALLA BASE DELLA CATENA TROFICA
Dal punto di vista ecologico la vegetazione ripariale condiziona la struttura, la produttività e l’evoluzione degli ecosistemi apportando materiale organico che diventa risorsa nutritiva per gli organismi acquatici con conseguente condizionamento della diversità biologica del corpo idrico.
In generale, i corsi d’acqua possono ricevere due tipi di apporti trofici: detriti grossolani costituiti da foglie e materiale vegetale in decomposizione provenienti dalla vegetazione igrofila (tipici dei corsi d’acqua torrentizi caratterizzati da ombreggiamento, acque fresche ed oligotrofiche, apprezzabile velocità della corrente) oppure produzione autoctona originata dalla vegetazione macrofitica (tipica dei corpi idrici di valle in cui diminuisce la corrente, aumenta l’irraggiamento e la temperatura dell’acqua consentendo l’insediamento di vegetazione acquatica).

Le comunità animali adattano la loro struttura e composizione ai cambiamenti che avvengono lungo il percorso del corso d’acqua a causa della variazione di ossigenazione, temperatura e presenza di sostanza organica, secondo un gradiente monte-valle (STOCH F. et al., 2002).
I tratti dei Fiumi Magra e Vara che ricadono nelle aree Parco presentano entrambe i regimi idraulici ed ecologici sopra descritti e quindi sono dotati di numerosi microhabitat differenti che consentono l’insediamento di taxa faunistici anche molto diversificati. In particolare, da monte verso valle, si sviluppano le seguenti comunità: ‘frammentatori’, invertebrati che si nutrono di sostanza organica indecomposta; ‘filtratori’ che filtrano l’acqua trattenendo le particelle alimentari; ‘brucatori’ di alghe e, nei tratti inferiori, ‘raccoglitori’ che si cibano di particelle fini. L’ittiofauna segue un’evoluzione parallela adattandosi al regime idrico e trofico del corso d’acqua.
Dal punto di vista ecologico l’incremento del numero di specie legato alla diversificazione dei microhabitat fa si che aumenti anche il numero di anelli della catena alimentare, favorendo lo scambio di flussi di energia e, in generale, garantendo maggiore stabilità all'ecosistema.
Da quanto sopra illustrato si evince quindi l’importanza della presenza della vegetazione ripariale per il bilancio trofico del corpo idrico e quindi l’influenza che essa determina sulla biodiversità fluviale.
1.3.2 LA DIVERSITÀ BIOLOGICA NEI CORSI D’ACQUA
Il dinamismo, la diversità e la varietà possono essere trovate nelle aree fluviali e nelle specie cui esse offrono rifugio. Nell’ambiente fluviale, infatti, come risultato delle variazioni di topografia, umidità, temperatura, tessitura dei suoli, vari biotopi originano diversi habitat che si configurano come zone elettive per un ampio ventaglio di specie animali. Per queste ragioni l’ecosistema fluviale è visto come uno dei più ricchi dal punto di vista biologico.
Dal punto di vista ecologico la vegetazione riparia è definita come ecotono, ecosistema di transizione tra due ecosistemi differenti. Gli ecotoni appaiono particolarmente interessanti dal punto di vista ecologico poiché contengono specie proprie delle comunità confinanti e specie esclusive dell'area ecotonale stessa, possedendo quindi un'elevata biodiversità e ricchezza specifica. Uno degli ecotoni principali in natura è proprio quello che collega gli ecosistemi acquatici da quelli terrestri caratterizzati da specie e meccanismi anche molto differenti tra loro.
L’elemento che maggiormente concorre alla diversificazione dell’ambiente ripario è l’acqua la quale da un lato determina continue trasformazioni nell’assetto ripariale grazie ad azioni di tipo erosivo e dall’altro influenza significativamente la struttura delle fitoconsociazioni prevalentemente in funzione del regime idrico delle aree golenali. Le aree interessate da maggiori fenomeni meccanici vedranno, ad esempio, la prevalenza di una copertura di specie erbacee ed arbustive pioniere mentre nelle aree meno disturbate

s’insedieranno comunità maggiormente stabili ed equilibrate con presenza di uno strato arboreo a carattere igrofilo.
In generale, tanto più la struttura della cenosi ripariale è diversificata tanto maggiore sarà la sua attitudine al consolidamento, alla depurazione ed alla ricreazione di microhabitat elettivi per popolamenti faunistici anche molto diversi tra loro concorrendo alla conservazione della biodiversità fluviale.
Gli ecotoni possono essere mantenuti e prodotti tanto da processi spontanei quanto da processi antropici, ragion per cui l’attuazione d’interventi di manutenzione della vegetazione ripariale e di ricostituzione del potenziale forestale degradato assume particolare interesse per la conservazione e la valorizzazione di tali ecosistemi.
1.3.3
I CORRIDOI ECOLOGICI FLUVIALI



Una delle funzioni fondamentali dei corsi d’acqua e della vegetazione ripariale è quella di ‘corridoio ecologico’, rete di connessione tra ecosistemi naturali separati da un sistema di barriere diffuse (discontinuità antropiche). I corridoi ecologici si configurano come collegamenti attraverso i quali numerose specie vegetali ed animali possono migrare tra ecosistemi altrimenti isolati, favorendo così lo scambio genetico tra le singole biocenosi e, in generale, favorendo il mantenimento e l’arricchimento della biodiversità su scala territoriale.
I corridoi ecologici, quindi, assumono tanta più importanza in termini di conservazione della diversità biologica quanto più è discontinuo il sistema delle aree naturali e diffuso il tessuto antropico.
Per tale ragione il ruolo ecologico svolto dai corridoi dei Fiumi Magra e Vara assume particolare interesse nella conservazione della diversità nei tratti vallivi, laddove la matrice urbana domina in modo significativo sul sistema delle aree naturali.
LINEE GUIDA PER UNA GESTIONE INTEGRATA E PROGRAMMATA DELLA VEGETAZIONE RIPARIAFigura 1.3 – Aree umide ricche di biodiversità nella golena del Fiume Magra
Scopo di una rete ecologica è il conseguimento di un buono stato di conservazione degli ecosistemi, degli habitat, delle specie e dei paesaggi che la configurano. A questo fine, si rende necessario prevedere la conservazione degli ecosistemi caratteristici, degli habitat naturali, e dei paesaggi in tutte le aree dove sono tradizionalmente distribuiti, un uso sostenibile degli habitat seminaturali, il mantenimento della vivibilità delle popolazioni e delle specie ed il mantenimento dei processi ambientali dai quali questi ecosistemi, habitat, specie e paesaggi dipendono.

Un buon indicatore dello stato delle connessioni ecologiche fluviali, con particolare riferimento alle connessioni laterali, è dato dallo stato della vegetazione. In linea di principio, quindi, gli interventi di gestione e ripristino delle cenosi ripariali costituiscono azioni di salvaguardia della rete ecologica fluviale la quale può essere preservata solo nel lungo termine proteggendo le dinamiche fluviali e le connessioni tra i vari elementi dell’ecosistema.

2 Definizione degli ambiti d’intervento
Allo scopo di realizzare interventi coerenti con le caratteristiche del territorio e con gli strumenti di programmazione che lo normano, l’attività di manutenzione dei tratti fluviali non deve interessare soltanto le opere ed i corsi d’acqua bensì l’intero territorio di bacino. Sebbene quest’approccio nella definizione degli ambiti d’intervento risulti particolarmente complesso, garantisce risultati ottimali in termini ecologici e paesaggistici poiché prevede interventi su scala territoriale che s’inseriscono coerentemente con gli obiettivi di qualità ecologica e paesaggistica dell’intero ambito territoriale.
In generale l’ambito fluviale può essere suddiviso secondo tre ambienti (Council of Europe, UNEP, 2002d):
il letto minore o alveo inciso, che è soggetto alle frequenti inondazioni e può essere modificato dalle stesse. In queste condizioni altamente instabili la vegetazione che cresce tra due eventi alluvionali è costituita da specie pioniere con un breve ciclo di vita; il letto più ampio, adiacente a quello minore, con un ambiente più stabile in cui si sviluppano boschi ripariali; l’areale più ampio, soggetto ad alluvioni più rare e colonizzato da foreste stabili.
La definizione dell’ambito d’intervento in funzione degli obiettivi che s’intendono conseguire riveste particolare importanza per la buona riuscita dell’intervento stesso.
In fase di progettazione sarà necessario pianificare interventi differenziati a seconda che ci si trovi nell’alveo inciso o letto minore, nel letto più ampio o secondario o nella cassa d’espansione.
In modo particolare, nell’alveo inciso interessato con maggior frequenza dalle piene stagionali dovrà essere garantito il regolare deflusso delle acque rimuovendo la vegetazione che costituisce un impedimento con tagli più frequenti e relativamente intensi.
Gli interventi nell’alveo secondario saranno più distanziati nel tempo e si limiteranno all’asportazione della vegetazione arborea eventualmente caratterizzata da accrescimento dendrometrico elevato al fine di preservare la funzionalità idraulica eliminando elementi che possano deviarne il corso.
All’interno delle casse d’espansione si dovrà prevedere, invece, la libera evoluzione della vegetazione, la quale avverrà in funzione dei regimi idrici che le investono.
I settori dei corsi d’acqua che si trovano a monte di zone abitate o infrastrutture (ponti, captazioni idriche, ecc.) dovranno essere gestiti con estrema attenzione privilegiando azioni finalizzate ad ottimizzare la funzione idraulica in un’ottica di massima sicurezza. In queste aree si procederà prevedendo misure preventive quali abbattimento dei soggetti in condizioni precarie di stabilità o eccessivamente vecchi o con segni di deperimento o scalzamento dell’apparato radicale. Inoltre in queste aree sarà necessario allontanare in modo sistematico i detriti vegetali accumulati in alveo.

Infine, allo scopo di difendere l’integrità ecologica dell’habitat fluviale e soprattutto la diversità biologica e paesaggistica che lo caratterizza, gli ambiti d’intervento sulla vegetazione ripariale dovranno essere costituiti da tratti continui intervallati da fasce di discontinuità. L’entità dei tratti continui e discontinui è funzione del tipo forestale interessato e della vicinanza all’alveo inciso.

3.1 Premessa
Il ruolo della vegetazione nella gestione dei corsi d’acqua acquisisce sempre maggiore importanza sia come strumento indispensabile per la gestione delle piene e del deflusso idrico, sia perché assicura biodiversità ed equilibrio al complesso di relazioni di tutto il sistema ambientale circostante, consentendo, in ultimo, un utilizzo anche ricreativo dell’ambito fluviale.

Nella presente sezione si riportano quindi i principali criteri generali d’azione in relazione agli interventi selvicolturali di gestione e riqualificazione della vegetazione riparia. Gli interventi di gestione della vegetazione riparia devono perseguire una strategia combinata per la conservazione degli ecosistemi, con particolare riguardo alla biodiversità, alla riduzione della frammentazione degli habitat e soprattutto alla sicurezza idraulica.
Occorre che la gestione sia concepita in modo da favorire il più possibile un miglioramento, attraverso il recupero dei caratteri naturali, delle capacità omeostatiche del corso d’acqua (tendenza all’equilibrio ecologico dei popolamenti presenti), strettamente correlate alla diversità ambientale e biologica che lo caratterizza, evitando robusti interventi di eliminazione della vegetazione.
Alla luce delle suddette considerazioni, il taglio raso della vegetazione non deve essere considerato una pratica usuale nella gestione fluviale ma soltanto un intervento da eseguire in caso di stretta necessità per la messa in sicurezza (sezioni insufficienti in corrispondenza di attraversamenti e centri abitati). Il taglio raso, infatti, comporta conseguenze dannose per l’ecosistema, tra cui: eliminazione della funzione trofica della vegetazione, scomparsa di aree di ombreggiamento con conseguente riduzione delle comunità fluviali adatte a vivere in alcuni intervalli termici, perdita di habitat elettivi per molti popolamenti faunistici e mancata funzionalità della vegetazione riparia nel frenare l’azione erosiva e nel controllare i regimi idrici.
In tal senso risulta invece fondamentale il concetto di gestione attiva della vegetazione, intendendo con ciò la definizione di turni temporali a cadenza periodica entro i quali condurre interventi selvicolturali al fine di mantenere il popolamento arboreo nella fase evolutiva più idonea a svolgere il proprio ruolo protettivo ed ecologico.
3.2 Criteri d’intervento
Le indicazioni riportate di seguito in merito ai criteri generali d’intervento per la gestione della vegetazione riparia derivano da ricerche bibliografiche, indirizzi tecnici contenuti in normative, regolamenti e strumenti programmatici e dall’esperienza maturata sul campo con particolare riferimento al progetto Co.R.E.M.
3 Linee guida d’intervento per la gestione della vegetazione riparia
Intervento pilota volto alla creazione di una filiera bosco/legno/energia con impiego delle biomasse recuperabili da una manutenzione programmata di un tratto di alveo fluviale realizzato su un tratto intermedio del Fiume Magra tra i ponti di Vezzano Ligure e Romito Magra.
Preme evidenziare che i principi presentati di seguito si considerano criteri di validità generale sulla base dei quali individuare un insieme di azioni di gestione della vegetazione fluviale, le quali, tuttavia, dovranno essere programmate in funzione delle caratteristiche morfologiche, ecologiche ed antropologiche dell’ambito interessato.

A. Interventi per la messa in sicurezza di centri abitati ed infrastrutture. I settori a monte dei centri abitati e delle infrastrutture (ponti) dovranno essere gestiti con particolare attenzione privilegiando azioni mirate ad ottimizzare la funzione idraulica. In particolare, si rende necessario effettuare abbattimento dei soggetti in condizioni statiche e fitosanitarie precarie (individui malati o scalzati). Inoltre si dovranno prevedere tempestivi interventi di eliminazione sistematica dei detriti accumulati in alveo.
B. Taglio, con diverse modalità, della componente arborea ed arbustiva entro l’alveo inciso per garantire le sezioni minime di deflusso necessarie allo smaltimento delle piene ordinarie. L’alimentazione prevalentemente di tipo pluviale dei Fiumi Magra e Vara che vede portate ridotte nelle epoche di scarse precipitazioni ed il ripetersi di eventi di piena anche a carattere eccezionale nei mesi autunnali, determina lo sviluppo di vegetazione anche nell’alveo inciso. Per tale ragione si dovrà prevedere una diversificazione nei tagli della vegetazione arborea ed arbustiva entro l’alveo inciso soprattutto al fine di garantire il deflusso delle acque nei periodi di piena.
C. Taglio, con diverse modalità, per ogni settore del corso d’acqua. Gli interventi di taglio dovranno essere differenziati tra alveo inciso, alveo secondario e casse d’espansione. Nel dettaglio, nell’alveo inciso dovrà essere garantito il regolare deflusso delle acque rimuovendo la vegetazione che ne è di impedimento mediante tagli frequenti e relativamente intensi (circa ogni 5 anni); gli interventi nell’alveo secondario saranno maggiormente distanziati nel tempo (circa ogni 10 anni) e limitati all’asportazione della vegetazione arborea che presenti accrescimento dendrometrico e sviluppo in altezza elevati al fine di preservare la funzionalità idraulica ed impedendo ulteriori alterazioni del corso dell’acqua; nella cassa d’espansione si consiglia di prevedere la libera evoluzione della vegetazione, effettuando interventi soltanto finalizzati a migliorare lo stato ecologico dei popolamenti, comprese nuove piantumazioni.
D. Contenimento dei popolamenti radicati sulle lenti ghiaiose e sugli isolotti. La presenza di una buona copertura erbacea ed arbustiva del suolo nell’alveo inciso può in parte contenere l’azione erosiva
dell’acqua. Su suoli a granulometria fine (sabbia-limo) per innescare fenomeni erosivi è sufficiente una velocità della pari a 0,75-1,00 m/s mentre in presenza di cotico erboso tale soglia sale fino a 1,8 m/s (AUTORITÀ DI BACINO DEL FIUME PO, 1996). Per tale ragione, laddove la copertura arbustiva sia ridotta causa dell’ombreggiamento e della competizione inter specifica si rende necessario effettuare tagli di diradamento che lascino spazio e luce favorevoli ad una maggiore stratificazione della vegetazione (FIZAINE G., 1999).
E. Taglio selettivo sulle sponde e sulla componente arborea interessata da eventi di piena (Tr = 30 anni). Il diametro di recidibilità e l’intensità del taglio sono funzione delle caratteristiche del corso d’acqua. Il mantenimento della funzionalità idraulica ed ecologica dei popolamenti ripari induce a privilegiare questo tipo d’intervento rispetto al taglio raso. All’interno dell’alveo è opportuno non consentire lo sviluppo di esemplari oltre un diametro soglia (FLORINETH et al., 2003-2008) compreso tra 4 e 10 cm, poiché un accrescimento superiore comporterebbe una rapida perdita della capacità di flettersi e, qualora asportato dalla corrente, non verrebbe più facilmente degradato dall’azione delle acque generando detriti di grandi dimensioni che potrebbero compromettere la funzionalità idraulica.

F. Taglio della vegetazione secondo un principio di discontinuità. Allo scopo di garantire la diversità ecologica e paesaggistica della vegetazione ripariale si rende necessario effettuare tagli discontinui che alternino in modo disomogeneo aree gestite con modalità differenti. Generalizzando è possibile effettuare tagli su ambiti lunghi al massimo 2.000 m alternati ad aree discontinue di circa 1.000 m.
G. Epoche di taglio della vegetazione a tutela della biodiversità. Poiché nell’ambito dell’area protetta Parco della Magra-Vara (cod. IT1343502) ed in generale nelle aree Parco sono segnalate specie ittiche e di uccelli d’interesse conservazionistico, le epoche di taglio dovranno essere individuate sia compatibilmente con il regime idrologico, evitando i periodi di piena statisticamente accertati, sia evitando il più possibile i periodi di deposizione delle uova dell’ittiofauna (autunno) e di nidificazione dell’avifauna (marzo-giugno). Poiché all’interno dell’area protetta sono anche segnalate specie migratorie d’interesse conservazionistico, particolare attenzione dovrà essere posta anche alle epoche di migrazione evitando interventi che possano disturbare i popolamenti faunistici in transito.
H. Intensità degli interventi in funzione della struttura ecologica dei popolamenti. La fragilità delle cenosi riparie impone, nel complesso, l’esecuzione d’interventi leggeri e misurati in funzione della struttura del popolamento. Laddove possibile, con particolare riferimento alle casse d’espansione, dovranno essere previste aree lasciate alla libera evoluzione delle cenosi.
I. Interventi mirati a mantenere i popolamenti giovani e diversificati con la maggior ricchezza specifica possibile. La necessità di conservare un popolamento denso e variegato in senso specifico in modo tale da garantire la presenza di un ricco strato arbustivo pluristratificato nelle aree golenali è giustificato prevalentemente dal ruolo che il bosco esercita nella dissipazione dell’energia cinetica dell’acqua. La stratificazione verticale dei popolamenti, infatti, consente di avere un popolamento diverso per ogni livello potenzialmente raggiungibile dalle piene.
J. Adozione del ceduo come regime finale di gestione nelle aree in prossimità dei corso d’acqua. Nella fascia di bosco ripariale a diretto contatto con il corso d’acqua la forma di governo preferibile da applicare è quella a ceduo allo scopo di ottenere soggetti con un rapido sviluppo dell’apparato radicale e dotati di maggiore stabilità per il minor sviluppo in altezza e quindi il minor peso. Il taglio di utilizzazione deve prevedere il rilascio di almeno un pollone scelto tra quelli meno sviluppati per evitare l’indebolimento della ceppaia nelle specie a minore attitudine pollonifera. Data la difficoltà ad emettere nuovi polloni, il regime a ceduo per i salici oltre i 15 anni di età.
K. Eliminazione graduale delle specie alloctone al fine di favorire quelle locali. Durante l’esecuzione dei tagli e, in generale, degli interventi sulle cenosi, si dovrà operare in un’ottica di difesa della vegetazione riparia naturale eliminando progressivamente le specie infestanti ed alloctone (robinia, amorfa, ecc.) a favore di quelle autoctone. Data la naturale attitudine delle specie alloctone a colonizzare i terreni nudi, si rende necessario evitare tagli che lascino ampie zone senza vegetazione e, se necessario, è possibile prevedere interventi di nuova messa a dimora per favorire l’ingresso della vegetazione desiderata.
L. Adozione di buone pratiche forestali. In generale i tagli dovranno essere eseguiti seguendo le buone pratiche di gestione selvicolturale, orientate a garantire la perpetuità delle formazioni forestali salvaguardando la capacità di rinnovazione naturale delle specie a partire dalle ceppaie.

M. Adozione di pratiche scarsamente impattanti. Data la fragilità delle cenosi ripariali si dovranno prevedere interventi il più possibile poco impattanti che evitino di danneggiare la vegetazione non direttamente interessata dai tagli.
N. Accatastamento del legname di risulta dai tagli in aree di sicurezza. Il legname di risulta deve essere trasportato in un’area ritenuta sicura da eventi di tipo alluvionale. Lo stesso dicasi per i detriti vegetali allontanati dall’alveo inciso e dalle aree spondali a garanzia del corretto deflusso delle acque.
O. Gestione degli scarti. In un’ottica di sostenibilità complessiva degli interventi e di sviluppo di una filiera bosco/legno/energia, è possibile prevedere che la biomassa asportata mediante i tagli venga sottoposta a cippatura e successivamente riutilizzata a fini energetici. Per approfondimenti in merito di rimanda al cap. 7 del presente documento.

4 Sintesi delle modalità di intervento
Obiettivo degli interventi di gestione della vegetazione ripariale è quello di mantenere e favorire lo sviluppo di cenosi specializzate la cui struttura varia in funzione dell’alveo stesso e del regime idraulico cui è sottoposto (stazione, portata, pendenza, sezione di deflusso, ecc.) in un’ottica di tutela della sicurezza idraulica e di conservazione della diversità biologica e paesaggistica.
I criteri d’intervento prevedono azioni diversificate per le fasce di vegetazione ripariale, distinguendo in: taglio e gestione della vegetazione entro l’alveo inciso; gestione selvicolturale della vegetazione arborea ed arbustiva presente sulle sponde, nelle aree golenali e sui versanti in prossimità dell’alveo.

Per quanto attiene le aree della cassa d’espansione, come meglio illustrato nei criteri d’intervento, si prevede per lo più la libera evoluzione delle cenosi insediatesi.
Svolgendo una necessaria semplificazione, si riporta di seguito una sintesi dei principali interventi che è consigliabile effettuare nelle varie fasce di vegetazione ripariale ricordando ancora una volta che ciascuna azione è strettamente legata alle caratteristiche dell’ambito fluviale interessato e che per programmare interventi in ambiti differenti ci si dovrà rifare ai criteri di progettazione riportati nel paragrafo 3.2 considerati universalmente validi.
A. Taglio della vegetazione nell’alveo inciso – periodo di ritorno ca. 2 - 5 anni.
Taglio ed allontanamento dell’eventuale componente arborea. Asportazione della vegetazione arbustiva ad esclusione degli arbusti con altezza inferiore ad 1 m e del cotico erboso.
Tagli selettivo delle alberature con eliminazione solo delle piante eccedenti il diametro di recidibilità (strettamente correlato alla dimensione dell’alveo. In genere di considera accettabile un diametro variabile tra 4 e 10 cm) e controllo della vegetazione arborea ed arbustiva mediante operazioni periodiche di ceduazione al fine di mantenere le associazioni vegetali allo stadio giovanile.
Operazioni attuabili:
taglio della vegetazione arborea che costituisce ostacolo al libero deflusso delle acque. La superficie di taglio dovrà avere una lunghezza massima di 2.000 m intervallata da fasce di discontinuità pari almeno a 1.000 m;
il taglio della vegetazione erbacea ed arbustiva al di sotto di 1 m di altezza è consentita in quei tratti dove la stessa crei interferenza al normale svolgimento delle operazioni di abbattimento ed esbosco della vegetazione arborea.
B. Gestione selvicolturale della vegetazione arborea presente sulle sponde, nelle aree golenali e sui versanti in prossimità dell’alveo – periodo di ritorno ca. 7 - 10 anni.
Taglio selettivo della vegetazione arborea d’intensità variabile in funzione delle caratteristiche morfologiche ed ecologiche dell’ambito fluviale, tenendo in considerazione i seguenti principi di validità generale: mantenere la fitocenosi allo stadio giovanile (massima flessibilità e resistenza alle sollecitazioni della corrente) in prossimità dell’alveo inciso; limitare la distribuzione di alberi con diametro rilevante; favorire formazioni arboree ed arbustive a mosaico con specifico riferimento alle fitoconsociazioni che colonizzano in modo permanente gli habitat ripariali; privilegiare il ‘taglio fitosanitario’, ossia interventi di eliminazione degli esemplari deperienti, instabili o morti; favorire la reintroduzione delle essenze locali mediante asportazione delle cenosi alloctone o infestanti.
La gestione selvicolturale sui versanti in prossimità dell’alveo dovrà essere impostata in funzione della stabilità, limitando il numero degli individui di grandi dimensioni e, nell’ambito delle fustaie, prevedendo turni di taglio più brevi.
Operazioni attuabili:
taglio selettivo della vegetazione arborea sulle sponde. La superficie di taglio dovrà avere una lunghezza massima di 2.000 m intervallata da fasce di discontinuità pari almeno a 1.000 m;

taglio raso ammesso soltanto per ragioni di sicurezza idraulica e comunque su superfici non superiori a 100 m di sviluppo lineare.
5.1 Premessa
Nella presente sezione s’illustrano i principali criteri generali d’azione in relazione agli interventi selvicolturali di gestione e riqualificazione della vegetazione riparia nelle aree Rete Natura 2000. In particolare, si porrà l’attenzione sulle azioni che differiscono rispetto alle best practice sopra riportate e valevoli per qualsiasi cenosi ripariale.
Dal punto di vista ecologico, non vi è dubbio che la presenza di vegetazione in golena sia un fatto positivo, riconosciuto ormai anche dalla normativa comunitaria (Direttiva Europea sulle Acque n. 2000/60/CE, infatti, fa esplicito riferimento alle piante come elemento di valutazione del “buono stato ambientale” che deve essere raggiunto) e dalla legislazione Italiana (già il D.lgs. 152/99 e s.m.i. prescriveva la tutela della fascia riparia).
Se la gestione della vegetazione riparia riveste un ruolo importante per la conservazione della biodiversità in qualsiasi ambito fluviale, all’interno delle aree Rete Natura 2000 la realizzazione d’interventi selvicolturali mirati alla tutela ed alla valorizzazione di habitat e specie floristiche e faunistiche assume un carattere di priorità assoluta.
Occorre premettere, inoltre, che gli interventi in boschi alluvionali e ripari appartenenti alla Rete Natura 2000 devono avere carattere esclusivamente di manutenzione ordinaria o straordinaria ai fini di prevenire processi di degrado e/o di disordine idrogeologico e limitare le situazioni di pericolo.

Tali interventi devono essere finalizzati al mantenimento ed al miglioramento dello stato di naturalità dei corsi d’acqua restituendo, ove possibile, spazio adeguato alle dinamiche naturali che contribuiscono alla diminuzione del rischio idrogeologico, alla tutela di specie ed habitat e ad una ottimale gestione della risorsa idrica.
5.2 Criteri d’intervento
Le indicazioni riportate di seguito in merito ai criteri generali d’intervento per la gestione della vegetazione riparia nelle aree Rete Natura 2000 derivano, in particolare, dagli indirizzi tecnici contenuti nella D.G.R. 126/2007 della Regione Liguria afferente gli “Indirizzi per le attività agro-silvo-pastorali nei siti della Rete natura 2000 in Liguria” e nella D.G.R. 1716/2012 “Linee guida per la manutenzione ordinaria dei corsi d'acqua nelle zone di protezione speciale e nei siti d'importanza comunitaria terrestri liguri”.
5 Linee guida per la gestione selvicolturale della vegetazione ripariale nelle aree Rete Natura 2000
Dal punto di vista ecologico, non vi è dubbio che la presenza di vegetazione in golena sia un fatto positivo, riconosciuto ormai anche dalla normativa comunitaria (la direttiva europea sulle acque 2000/60/CE fa esplicito riferimento alle piante come elemento di valutazione del “buono stato ambientale” che deve essere raggiunto) e dalla legislazione Italiana (già il D.lgs. 152/99 prescriveva la tutela della fascia riparia).
A. Favorire la mobilità laterale dell’alveo allo scopo non soltanto di creare nuove aree d’espansione per il corpo idrico per la laminazione delle acque durante i periodi di piena ma anche per favorire lo sviluppo di fitoconsociazioni diversificate in funzione del livello idrico raggiunto nei vari periodi dell’anno.
B. Mantenere la continuità fluviale eliminando il più possibile elementi d’interruzione (briglie, soglie, ecc.) o realizzando passaggi per la fauna ittica laddove la loro eliminazione non sia possibile.
C. Mantenere la diversità spondale e golenale. Gli interventi di manutenzione devono essere realizzati in modo da garantire la massima diversità vegetale ed ambientale e la maggior idoneità per la colonizzazione da parte della vegetazione e della fauna. Qualora si renda necessario l’inserimento di opere di regimazione idraulica longitudinali caratterizzate da pendenze elevate si rende necessario l’inserimento di elementi di scabrosità per favorire lo spostamento della fauna evitando di creare ‘corridoi’ chiusi. Al fine della conservazione della diversità negli ambiti golenali si rende necessario mantenere o ricreare le eventuali aree di ristagno idrico temporaneo.
D. Favorire una maggiore disponibilità di sedimenti al fine di ristabilire il materasso alluvionale e promuovere la continuità del flusso di sedimenti favorendo sia la diversificazione del fondo dell’alveo al fine di mantenere condizioni ecologiche accettabili per le specie presenti (ad esempio evitare lo spianamento del fondale che può causare scomparsa di habitat) sia la creazione di biotopi umidi.

E. Realizzare interventi di rinaturalizzazione delle sponde utilizzando interventi di messa a dimora di specie autoctone ed ecotipi locali che presentino sufficienti caratteristiche biotecniche quali resistenza a trazione delle radici e resistenza alla sommersione. E' comunque vietato, come stabilito dall'art. 12, comma 3, del D.P.R 357/97, l'impiego di specie alloctone che possono dare luogo a problemi di contaminazione genetica ed infestazione. Nella rinaturalizzazione prevedere l’impiego di tecniche dell’ingegneria naturalistica per la realizzazione d’interventi di protezione.
F. Evitare prioritariamente la frammentazione degli habitat ripariali ed il disturbo delle specie faunistiche. A tal fine si prevede di adottare misure di mitigazione degli interventi in alveo così come illustrato nel par. 5.3.
G. Preservare la vegetazione ripariale nella struttura che maggiormente diminuisca il rischio idraulico e assicuri la tutela di specie ed habitat d'interesse conservazionistico evitando il taglio o l’eliminazione degli esemplari della specie di interesse comunitario o protette ai sensi della L.R. 28/09; spostare la maggior parte degli esemplari erbacei di pregio naturalistico in tratti idonei lasciando intatti alcuni tratti al fine di consentire la ricolonizzazione da parte delle specie vegetali di interesse comunitario o regionale. Il taglio della vegetazione erbacea in alveo dovrebbe comunque essere limitato al minimo necessario. In linea di principio dovrà essere garantito il mantenimento in buono stato di conservazione degli “habitat di specie”, tra cui i canneti nell’ambito dei quali dovrà essere progressivamente sostituta la specie Arundo donax con elofite quali Phragmites australis, Typha latifolia, Lythrum salicaria
H. Salvo controindicazioni derivanti dalla lotta fitosanitaria, è incentivata la cippatura degli scarti derivanti dalle attività di taglio e il suo rilascio in foresta. E’ promosso l’utilizzo di cippatrici, sminuzzatrici e biotrituratori. Qualora non venga attuata una politica di filiera e quindi non si utilizzi la biomassa vegetale a scopi energetici, gli alberi tagliati di specie non alloctone o invasive potranno non essere allontanati ma depezzati ed accatastati in piccoli cumuli nell’alveo secondario in modo da non rappresentare pericolo idraulico ma permettendo il costituirsi di nuovi habitat e reti alimentari, diversificando il substrato e migliorandone l’idoneità ai macrovertebrati ed ai pesci. Gli alberi tagliati appartenenti a specie alloctone/invasive devono essere allontanati dall’ambiente fluviale, onde evitare il rischio di radicamento e diffusione. Le ceppaie devono essere sempre mantenute, ad eccezione di quelle presenti sulle piste che, invece, possono essere rimosse.
I. Ripristinare i luoghi al termine dell'intervento. Al termine dei lavori, i cantieri devono essere tempestivamente smantellati e deve essere effettuato lo sgombero e lo smaltimento dei materiali utilizzati e dei rifiuti prodotti, evitando la creazione di accumuli permanenti in loco; nell’occasione si raccomanda l'allontanamento anche dei rifiuti di altra origine eventualmente presenti nell’area.
5.3 Misure di mitigazione per la tutela della biodiversità
La realizzazione degli interventi di gestione della vegetazione ripariale determina inevitabili interferenze con le componenti biologiche delle aree fluviali, con particolari ripercussioni a carico della fauna maggiormente sensibile. Questo fenomeno assume tanta più rilevanza se si considera l’elevato numero di habitat e specie d’interesse conservazionistico e naturalistico censite negli ambiti fluviali d’intervento.

Al fine di garantire la massima tutela dell’ecosistema fluviale, in fase di predisposizione delle attività di gestione della vegetazione riparia si dovrà prevedere l’adozione di misure di mitigazione per il contenimento degli impatti maggiormente significativi.

Di seguito si riporta una tabella di sintesi contenente i principali impatti generati dagli interventi in parola sulle componenti biotiche dell’ambito fluviale.
Tabella 5.1 – Principali impatti generati dagli interventi sulla vegetazione ripariale a carico delle componenti biotiche
PRINCIPALI IMPATTI DETERMINATI A CARICO DELLE COMPONENTI BIOTICHE
Riduzione qualità acque: alterazioni fisiologiche, perdita habitat tipici e siti di riproduzione
Riduzione qualità acque: alterazioni fisiologiche, perdita habitat tipici e siti di riproduzione
Mortalità per collisione
Emissioni gassose e polveri
Pressioni acustiche
Perdita siti di nidificazione
Alterazione del flusso migratorio
Occasionale mortalità per collisione
Emissioni gassose e polveri
Pressioni acustiche
Mortalità per collisione
Mortalità per collisione
Emissione gassose e polveri
Danni alla vegetazione causati dai mezzi in azione
Alla luce delle principali criticità emerse in termini d’impatti sulla componente biotica in fase di gestione della vegetazione ripariale, è possibile individuare un sistema di mitigazioni da adottare in fase operativa per limitare gli effetti dannosi previsti.
Preme evidenziare che le misure di mitigazione illustrate di seguito sono da considerarsi criteri generali universalmente validi per il contenimento degli impatti a carico delle component biotiche ma che, tuttavia, l’adeguamento di tali principi d’intervento generali al caso specifico dovrà essere valutata da personale tecnico qualificato. In particolare, si dovranno svolgere sopralluoghi propedeutici volti ad individuare le emergenze ecologiche o di specie/habitat d’interesse comunitario o regionale individuando preliminarmente quali aree debbano essere mantenute al fine di garantire ‘rifugio’ alle popolazioni faunistiche.
Gli interventi in alveo, con particolare riferimento all’alveo inciso, possono provocare incremento dei solidi sospesi e perdita di siti riproduttivi determinando un complessivo peggioramento della qualità delle acque e dello stato degli habitat. Tale impatto è di tipo reversibile, anche se il tempo previsto per la reversibilità è variabile in funzione del regime idrico, delle temperature e degli eventi climatici. Il peggioramento
qualitativo delle acque e la perdita di habitat elettivi potrebbe determinare un allontanamento dell’ittiofauna e dell’erpetofauna verso aree più tranquille; inoltre si potrebbero determinare alterazioni fisiologiche in grado di comprometterne lo stato di salute.
Al fine di mitigare questo tipo di impatto, si prevede: adozione di un piano di cantiere che preveda l’ottimizzazione delle fasi esecutive, riducendo al minimo le attività di spostamento in alveo; privilegiare percorsi già presenti evitando di costruire nuove piste lungo le sponde fluviali; privilegiare vie di penetrazione trasversali; contenimento della velocità di transito dei mezzi in alveo; laddove possibile, privilegiare interventi in alveo senza l’ausilio di mezzi/strumenti o con un minimo impiego.
Il maggiore contributo alle emissioni (gassose e polveri) è dato dalle attività svolte da mezzi/strumenti. Si tratta di un impatto complessivamente reversibile, pertanto il contenimento sarà in gran parte garantito prevedendo l’adozione delle seguenti misure di mitigazione: contenimento della velocità di transito all’interno dell’alveo inciso e secondario; utilizzo di camion e mezzi meccanici omologati per il rispetto dei limiti di emissioni gassose nel rispetto alla normativa vigente; predisposizione di un programma che preveda l’ottimizzazione delle movimentazioni dei materiali vegetali di risulta e contemporaneamente riduca al minimo gli spostamenti all’interno ed al di fuori delle aree golenali.
Per quanto concerne l’impatto acustico, soprattutto a scapito dell’avifauna e della teriofauna, si rinviene la necessità di prevedere forme di mitigazione che possano contenerne gli effetti negativi, con particolare riferimento alla perdita di siti di nidificazione e/o ricovero per popolamenti che potrebbero spostarsi verso luoghi maggiormente tranquilli. A tale scopo, si prevede di contenere tale impatto mediante l’adozione delle seguenti misure: contenimento della velocità di transito dei mezzi; utilizzo di camion e mezzi meccanici omologati per il rispetto dei limiti di emissioni acustiche nel rispetto alla normativa vigente; predisposizione di un programma di cantiere che preveda l’ottimizzazione delle fasi esecutive e contemporaneamente riduca al minimo gli impatti acustici (es. spegnimento dei motori quando i mezzi non sono operativi, minor sovrapposizione possibile di mezzi in attività, ecc.);

laddove possibile, privilegiare interventi in alveo a basso impatto ambientale, come interventi condotti a mano comunque con macchine di ridotte dimensioni e gommate; individuazione delle migliori epoche d’intervento.
Durante le fasi di cantiere, il passaggio e l’attività dei mezzi determina una certa percentuale di mortalità per collisione della fauna (invertebrati terricoli ed alati, vertebrati terricoli, erpetofauna e, occasionalmente, avifauna e teriofauna) dovuta dell’incidentale scontro con essi. L’impatto, da considerarsi reversibile con effetto immediato, potrebbe rivelarsi anche consistente soprattutto presso zone di più facile accesso per la fauna e può essere contenuto mediante l’adozione delle seguenti misure di mitigazione: svolgimento delle attività nelle ore diurne; contenimento della velocità di transito all’interno delle aree golenali; predisposizione di un programma che riduca al minimo gli spostamenti di mezzi all’interno delle aree in oggetto creazione di appositi passaggi faunistici in corrispondenza dell’attraversamento di fossi/canali da parte di piste di cantiere od altre infrastrutture necessarie alla realizzazione d’interventi in alveo.
Danni alla vegetazione causati da urti accidentali in fase operativa possono alterarne gli equilibri fisiologici fino anche al deperimento. Tale impatto, di natura reversibile o irreversibile secondo la tipologia di danno arrecato, cessa completamente con la chiusura delle operazioni di cantiere.

Esso può essere mitigato adottando i seguenti accorgimenti: per l’accesso alle aree privilegiare l’utilizzo di piste di accesso all’alveo già esistenti e mezzi gommati o con cingoli gommati di limitate dimensioni; predisposizione di un programma di cantiere che preveda l’ottimizzazione delle fasi esecutive; laddove possibile, privilegiare interventi in alveo a basso impatto ambientale, come interventi condotti a mano comunque con macchine di ridotte dimensioni e gommate.
Si rende inoltre necessario evitare ogni forma di inquinamento durante i lavori di approntamento del cantiere e di manutenzione della vegetazione riparia, con particolare riferimento all’alveo inciso ed alle aree umide eventualmente presenti.
A tale scopo, l’alimentazione del carburante ed il rabbocco dei lubrificanti devono avvenire a distanza di sicurezza dal corso d’acqua (almeno 4 m1, fermo restando la vigente normativa in materia ambientale e di sicurezza) e le aree di sosta/stoccaggio devono essere dotate di tutti gli appositi sistemi di raccolta dei liquidi provenienti da sversamento accidentale.
1 D.G.R. n. 1716 del 28 dicembre 2012, Linee guida per la manutenzione ordinaria dei corsi d'acqua nelle zone di protezione speciale e nei siti d'importanza comunitaria terrestri liguri.

6 Frequenza ed epoca degli interventi di gestione
Come meglio illustrato in precedenza, il concetto di gestione attiva della vegetazione fluviale conduce alla definizione di turni temporali a cadenza periodica entro i quali eseguire interventi selvicolturali al fine di mantenere il popolamento arboreo nella fase evolutiva più idonea a svolgere il proprio ruolo protettivo ed ecologico.

La frequenza degli interventi di gestione della vegetazione riparia dipende sia dall’ambito fluviale interessato (alveo inciso, alveo secondario) sia dalle finalità specifiche dell’intervento da eseguire (messa in sicurezza, idrogeologiche, ecologiche, ecc.).
Sulla scorta di questa premessa, si riporta di seguito una tabella di sintesi della frequenza degli interventi di gestione della vegetazione riparia.
Asportazione della vegetazione arbustiva (h>1 m) ed arborea 2-5 anni
Taglio selettivo delle alberature con diametro > 4-10 cm 2-5 anni
Allontanamento dei detriti che impediscono il normale deflusso della corrente
Quando siano presenti detriti in alveo che compromettono la funzionalità fluviale
Alveo secondario Taglio selettivo delle alberature 7 – 10 anni
La scelta dell’epoca in cui effettuare gli interventi sulla vegetazione è difficilmente individuabile a priori, poiché varia in funzione della tipologia del corso d’acqua, della sua localizzazione e, soprattutto, degli ecosistemi che lo caratterizzano.
In generale, si preferiranno epoche che tendano a minimizzare le interferenze con fasi cruciali del ciclo vitale di avifauna, ittiofauna ed erpetofauna, taxa faunistici che interagiscono maggiormente con gli habitat fluviali.
L’ambito preso in esame, inoltre, appartenendo alla Rete Natura 2000 (SIC Parco della Magra-Vara, cod. IT1343502), richiede specifiche misure di tutela e conservazione in riferimento agli habitat ed alle specie floristiche e faunistiche d’interesse naturalistico e conservazionistico segnalate a livello europeo (Allegati I, II Dir. 92/43/CEE ‘Habitat’ - Allegato I Dir. 79/409/CEE ‘Uccelli’) e regionale (L.R. n. 28/2008), condizionando fortemente le epoche d’intervento in alveo.
In particolare, quindi, la scelta delle epoche d’intervento dovrà tenere in considerazione quanto segue:
per gli interventi in alveo bagnato, al fine di minimizzare l’impatto sulla fauna ittica, i lavori non possono esser eseguiti nei mesi di dicembre, gennaio e febbraio, nelle acque salmonidi e dal 1 aprile al 30 giugno nelle acque a ciprinidi, salvo diverse esigenze di tutela di specie particolari segnalate nel tratto di corso d’acqua oggetto dell’intervento; sono da evitarsi comunque gli interventi sulla vegetazione riparia nei periodi seguenti: 01 marzo – 30 giugno e 15 agosto – 15 settembre; per la realizzazione di interventi che dovessero interessare aree di ristagno e zone umide, nei casi ove risulti inevitabile intervenire, è necessario evitare il periodo di maggior attività riproduttive degli anfibi (01 marzo – 30 giugno).
