Pdg mistras

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COMUNE DI CABRAS

COMUNE DI ORISTANO Nuovo Consorzio Pescatori

Pontis

Sardegna

Cabras

REGIONE AUTONOMA DELLA SARDEGNA PIANO OPERATIVO REGIONALE 2000-2006 MISURA 1.5 – RETE ECOLOGICA REGIONALE

PIANO DI GESTIONE Rete Natura2000

STAGNO DI MISTRAS DI ORISTANO SICP - ITB030034 ; ZPS - ITB034006

SAN GIOVANNI DI SINIS SICp - ITB032239


Gruppo di Lavoro Coerentemente con le linee guida dell’ADA della RAS la redazione del presente Piano di Gestione per il sito Natura 2000 “Stagno di Mistras di Oristano” (SICp ITB030034 -ZPS - ITB034006) è stata affidata ad un gruppo di esperti di quei settori rispetto ai quali è stato logico e necessario sia effettuare ricognizioni in campo e bibliografiche, che le valutazioni e le proposte del caso. Gli esperti incaricati dal Comune capo-fila, Cabras, dopo la fase di ricognizione in campo e sulle fonti documentali disponibili, hanno contribuito alla definizione delle linee d’intervento funzionali ad assicurare quel soddisfacente stato di conservazione degli habitat e delle specie nonché ad individuarne le strategie di gestione. I lavori sono stati coordinati dall’Ufficio Area Marina Protetta “Penisola del Sinis – Isola di Mal di Ventre” in quanto, essendo l’Ufficio che per definizione si occupa della gestione ambientale della fascia costiera e del mare, è parsa la struttura che meglio potesse svolgere tale ruolo anche in ragione del fatto che su cinque siti ricompresi nella rete Natura 2000 ben quattro si interfacciano con l’Area Marina Protetta. Tale approccio strumentale giustificato anche dal fatto che tale struttura poteva assicurare mezzi, strumenti, metodi ed informazioni per l’elaborazione del Piano. Il Gruppo di Lavoro è cosi costituito: • • • • • • • • • • • • • • • •

B. Paliaga, Direttore Responsabile dell’AMP – Coordinatore tecnico e scientifico del Comune Capofila; G. Massaro, AMP – UNIVE Cà Foscari, Ve – supporto al coordinamento, cartografia, elaborazione dati P. Piras, geometra del Comune di Cabras – usi civici; Legambiente Sardegna, Partner di progetto – facilitatore; Nuovo Consorzio Pontis Consorzio Cooperative - concessionario dello Stagno, Partner di progetto; B. Sulis, architetto – urbanistica e pianificazione, coordinamento professionisti; F.A. Pani, geologo – idrogeologia; R.M. Sanna, geologo – geologia; G. Fenu, ricercatore – supervisione e verifica per flora e vegetazione; I. Piras, naturalista – verifiche in campo per documentazione flora e vegetazione; H. Schenk, naturalista – fauna selvatica; G. De Falco, ricercatore – ecologia sistemi di transizione – IAMC-CNR, Torregrande; S. Como, ricercatore – ecologia sistemi di transizione – IMC – Onlus – Torregrande; S. Sebis, archeologo – esperto in storia del neolitico e nuragico; C. Del Vais, archeologo – esperto in storia fenico-punico e romano; D. Boi, economista – socioeconomia;

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PREMESSA Per inquadrare il lavoro di cui al seguito giova, seppur in sintesi, rimarcare che il Piano di Gestione in questione riguarda SIC – ZPS “Stagno di Mistras di Oristano” e quello di “San Giovanni di Sinis”. Il primo di questi, in quanto continuazione fisiografica e funzionale di quello dello “Stagno di Cabras”, oltre alla riconosciuta ed avvalorata significatività naturalistica che ne ha motivato l’inserimento nella Rete Natura 2000, concorre alla dichiarata e consolidata significatività economica, sociale e culturale non solo nel contesto di Cabras ma nel contesto regionale. L’importanza economica deriva dall’essere un contesto produttivo nel quale attualmente operano 3 impianti di acquacoltura, due sullo scolmatore e uno sulla laguna di Mistras. Ancora oggi il contesto produttivo è fondato esclusivamente e tradizionalmente sul prelievo di pesce la cui produttività è legata a fattori naturali (cicli) che negli ultimi decenni è inoltre condizionata anche da fenomeni di disturbo di origine antropica (disequilibri). Alcuni di questi fattori di disequilibrio (idraulici, chimico-fisici e biologici), trovano la loro origine nel vasto e complesso bacino imbrifero del Montiferru ed in parte dell’alto Campidano, ragion per cui fin d’ora s’intravvede che eventuali soluzioni, più radicali e definitive non saranno realisticamente gestibili dai soggetti che a diverso titolo sono coinvolti direttamente. I disequilibri ambientali possibili si ripercuotono, e/o si possono ripercuotere, maggiormente sul comparto della pesca lagunare introducendo elementi di instabilità, di disagio e di tensione sociali che non potranno in ogni caso essere gestiti nell’ambito di un Piano di Gestione che, anche secondo la filosofia della direttiva habitat, giova sottolinearlo, deve tenere conto della dimensione socio-economica che caratterizza il SIC-ZPS in questione. Quanto prima serve a sottolineare l’attenzione con la quale il gruppo di lavoro ha operato per ricercare un realistico equilibrio tra le esigenze della conservazione e tutela e le esigenze di mantenimento e sviluppo sostenibile di attività che oltre che essere uno dei tratti economici più significativi del territorio di riferimento è un vero e proprio giacimento culturale nelle sue diverse articolazioni (tecnologia della pesca, produzioni e gastronomia ittica ecc.). L’equilibrio ricercato dal gruppo di lavoro non sembra forzato e/o irraggiungibile se si deve tener nel massimo conto che ci si trova in un contesto ove a fronte di indicatori di naturalità ancora buoni/eccellenti, sono altrettanto evidenti i livelli di antropizzazione secolare riferibili comunque a forme di sfruttamento estensivo ed a basso impatto tecnologico. Si tratta di forme di sfruttamento che, se opportunamente indirizzate ad una gestione ambientale (innovazione), potranno contribuire ad una gestione sostenibile sia dal punto di vista ambientale che da quello socio-economico.

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SOMMARIO Gruppo di Lavoro ................................................................................................ 2 PREMESSA 3 1.INTRODUZIONE............................................................................................ 12 1.1.CARATTERISTICHE DEL SITO E NECESSITÀ DEL PIANO DI GESTIONE ............... 12 1.1.1.Specificità del sito e tipologia di appartenenza ...................................... 12 1.1.2.Applicazione dell’iter logico decisionale per la scelta del piano e l’individuazione del tipo di piano di gestione ........................................ 12 2.Quadro di riferimento normativo ..................................................................... 15 2.1.Convenzioni internazionali e Direttive Comunitarie.......................................... 16 2.1.1.Convenzione di Berna........................................................................ 16 2.1.2.Convenzione di Barcellona ................................................................. 17 2.1.3.Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2002, relativa all'attuazione della gestione integrata delle zone costiere in Europa .................................................................... 17 2.1.4.Convenzione di Ramsar ..................................................................... 18 2.1.5.Convenzione europea del paesaggio (Firenze 2000)............................... 18 2.2.Normativa nazionale................................................................................... 19 2.2.1.Legge Quadro sulle Aree Protette (Legge n. 394/1991) .......................... 19 2.2.2.Vincolo idrogeologico (Regio Decreto. n. 3267/1923) ............................ 20 2.2.3.Acque Pubbliche e Pertinenze Idrauliche .............................................. 20 2.2.4.Tutela dei Corpi idrici D. Lgs. 152/99................................................... 21 2.2.5.Codice dei Beni Culturali e Paesaggistici ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137 (DECRETO LEGISLATIVO 22 gennaio 2004, n. 42 - ex T. U. In materia di Beni Culturali L. N° 490/99) ........... 21 2.2.5.1.Fascia di pertinenza fluviale (art. N°142 lett. C) ................................. 22 2.2.5.2.Aree boscate o incendiate (art. N°142 lett. G) ................................... 22 2.2.5.3.Aree università agrarie ed usi civici (art. N°142 lett. H)....................... 23 2.2.5.4.Aree sottoposte a Vincolo Paesaggistico (ex 1497/49)......................... 23 2.3.Quadro legislativo regionale e piani di settore in materia di tutela ambientale ............................................................................................. 24 2.3.1.Norme per l’istituzione e la gestione dei parchi,delle riserve e dei monumenti naturali, nonché delle aree di particolare rilevanza naturalistica ed ambientale (L.R. n. 31/1989) ..................................... 24 2.3.2.Piano Paesaggistico Regionale ............................................................ 24 2.3.3.Piano Stralcio di Assetto Idrogeologico................................................. 26 2.3.4.Piano Forestale Regionale Ambientale .................................................. 30 2.3.5.Piano Regionale dell’attività estrattiva di cava....................................... 30 2.3.6.Piano Regolatore Generale Acquedotti ................................................. 30 2.3.7.Acque Pubbliche e Pertinenze Idrauliche .............................................. 32 2.3.8.Piano d’Ambito ................................................................................. 32 2.3.9.Piano Tutela delle Acque .................................................................... 32 4


2.4.Piano Urbanistico Provinciale ....................................................................... 33 2.5.Piani Urbanistici Comunali ........................................................................... 33 3.QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO PER LA GESTIONE DEI SITI NATURA 2000 E LE MISURE DI CONSERVAZIONE..................................................... 35 3.1.Direttiva “Uccelli selvatici” ........................................................................... 35 3.2.Direttiva “Habitat”...................................................................................... 35 3.3.Misure di conservazione .............................................................................. 35 3.3.1.Misure regolamentari ........................................................................ 36 3.3.2.Misure amministrative ....................................................................... 37 3.3.3.Misure contrattuali ............................................................................ 38 3.3.4.Attività ............................................................................................ 38 3.3.5.ipotesi ente di gestione...................................................................... 40 3.3.5.1.Aspetti amministrativi..................................................................... 40 3.3.5.2.Aspetti tecnico-scientifici................................................................. 40 3.3.5.3.Aspetti decisionali .......................................................................... 41 4.QUADRO CONOSCITIVO ................................................................................ 43 4.1.Caratterizzazione territoriale ................................................................. 43 4.1.1.SIC “Stagno di Mistras di ORISTANO” E ZPS “STAGNO DI MISTRAS”........ 43 4.1.2.SIC “san giovanni di sinis” ................................................................. 44 4.2.COMPONENTE FISICA .......................................................................... 45 4.2.1.Caratteristiche climatiche................................................................... 45 4.2.1.1.La termometria.............................................................................. 46 4.2.1.2.Le Precipitazioni............................................................................. 47 4.2.1.3.Igrometria .................................................................................... 48 4.2.1.4.Barometria.................................................................................... 48 4.2.1.5.Aspetti anemologici ........................................................................ 48 4.2.1.6.Indici climatici ............................................................................... 49 4.2.1.7.Diagrammi Climatici ....................................................................... 50 4.2.1.8.Classificazioni Fitoclimatiche ............................................................ 51 4.2.1.9.La climatologia .............................................................................. 52 4.2.2.CARATTERI GEOLOGICI ..................................................................... 53 4.2.2.1.La penisola del Sinis in generale ...................................................... 54 4.2.2.2.Il Campidano................................................................................. 62 4.2.3.GEOMORFOLOGIA ............................................................................. 67 4.2.3.1.Il Sinis ......................................................................................... 67 4.2.3.1.1.Lo stagno di Cabras ................................................................. 68 4.2.3.1.2. Lo stagno di Mistras ................................................................ 69 4.2.3.1.3. Le lagune e paludi minori ........................................................ 69 4.2.3.1.4.La piana orientale .................................................................... 69 4.2.3.1.5.I campi dunari fossili ed attuali e subattuali. ................................ 69


4.2.4.I PRINCIPALI PROCESSI MORFOGENETICI ........................................... 71 4.2.5.INQUADRAMENTO IDROGEOLOGICO ................................................... 72 4.2.5.1.Idrografia superficiale..................................................................... 72 4.2.5.2.Caratteri idrogeologici del settore adiacente GLI stagnI di Cabras E DI MISTRAS ....................................................................................... 75 4.2.6.CARATTERISTICHE PEDOLOGICHE ...................................................... 80 4.2.6.1.ASPETTI FITOCLIMATICI ................................................................. 80 4.2.6.2.PRINCIPALI CARATTERI DEI SUOLI RILEVATI .................................... 81 4.2.6.3.UNITÀ DI PAESAGGIO E SUOLI ........................................................ 82 4.2.6.3.1.I suoli sui basalti pliocenici ....................................................... 82 4.2.6.3.2.I suoli sulle marne e sui calcari del Miocene................................. 82 4.2.6.3.3.I suoli sui depositi conglomeratici marini quaternari...................... 83 4.2.6.3.4.I suoli sulle alluvioni del Pleistocene ........................................... 83 4.2.6.3.5.I suoli sulle alluvioni ciottolose oloceniche ................................... 83 4.2.6.3.6.I suoli sulle sabbie eoliche dell’Olocene ....................................... 84 4.2.6.3.7.I suoli su sedimenti litoranei olocenici ......................................... 84 4.2.7.ELEMENTI DI DEGRADO E FONTI DI INQUINAMENTO............................. 84 4.2.7.1.Vulnerabilità idrogeologica .............................................................. 85 4.2.7.2.Le discariche ................................................................................. 85 4.2.7.3.Le industrie................................................................................... 85 4.2.7.4.L’attività agricola intensiva e l’allevamento intensivo .......................... 86 4.2.7.5.Aree urbanizzate prive di servizi ...................................................... 86 4.2.7.6.Prelievi eccessivi dalle falde sotterranee............................................ 86 4.2.7.7.Il rischio di inondazione del settore a ridosso del Rio Tanui e della SP1 87 4.3.Assetto floristico e vegetazionale.................................................................. 88 4.3.1.Scheda Natura 2000 ......................................................................... 88 4.3.2.Stagno di Mistras di Oristano (SICp - ITB030034; ZPS ITB034006) ......... 88 4.3.2.1.Habitat d'interesse comunitario........................................................ 88 4.3.2.2.Habitat ufficiali .............................................................................. 90 4.3.2.3.Habitat prioritari ............................................................................ 91 4.3.2.4.Habitat integrativi .......................................................................... 91 4.3.2.5.Habitat ufficiali non confermati sul campo ......................................... 91 4.3.2.6.Habitat per i quali sono necessari ulteriori studi ................................. 91 4.3.3.San Giovanni di Sinis (SICp - ITB032239) ............................................ 91 4.3.3.1.Habitat ufficiali .............................................................................. 94 4.3.3.2.Habitat prioritari ............................................................................ 94 4.3.3.3.Habitat integrativi .......................................................................... 94 4.3.3.4.Habitat ufficiali non confermati sul campo ......................................... 95 4.3.4.Specie floristiche .............................................................................. 95


4.3.4.1.Stagno di Mistras di Oristano (SICp - ITB030034; ZPS ITB034006)........................................................................................ 95 4.3.4.1.1.Principali specie botaniche......................................................... 95 4.3.4.1.2.Specie endemiche .................................................................... 95 4.3.4.1.3.Specie di elevato valore bioeografico e conservazionistico ............. 95 4.3.4.1.4.Specie incluse negli allegati II e IV della Direttiva Habitat.............. 95 4.3.4.1.5.Specie prioritarie .................................................................... 96 4.3.4.1.6.Specie incluse nella Lista Rossa Nazionale ................................... 96 4.3.4.1.7.Specie alloctone ...................................................................... 96 4.3.4.2.San Giovanni di Sinis (SICp - ITB032239) ......................................... 96 4.3.4.2.1.Principali specie botaniche......................................................... 96 4.3.4.2.2.Specie endemiche .................................................................... 96 4.3.4.2.3.Specie di elevato valore bioeografico e conservazionistico ............. 96 4.3.4.2.4.Specie incluse negli allegati II e IV della Direttiva Habitat.............. 96 4.3.4.2.5.Specie alloctone ...................................................................... 97 4.3.5.Schema sintassonomico della vegetazione presente............................... 97 4.3.5.1.Stagno di Mistras di Oristano (SICp - ITB030034; ZPS ITB034006) e San Giovanni di Sinis (SICp - ITB032239) .......................... 97 4.3.5.1.1.Inquadramento sintassonomico dello Stagno di Mistras e di San Giovanni .................................................................... 97 4.3.5.2.La componente vegetale marina .....................................................103 4.4.Assetto faunistico......................................................................................104 4.4.1.Definizione dei criteri....................................................................... 104 4.4.1.1.Status faunistico ...........................................................................104 4.4.1.2.Status di conservazione .................................................................104 4.4.2.Habitat frequentati.......................................................................... 108 4.4.2.1.Ecosistemi di compromesso (ad usi multipli) .....................................108 4.4.2.2.Ecosistemi di produzione (intensiva)................................................108 4.4.2.3.ecosistemi urbani ed industriali .......................................................108 4.4.2.4.Tutela legale in Sardegna...............................................................108 4.4.3.Checklist dei Vertebrata (Amphibia, Reptilia, Aves, Mammalia non volati) ......................................................................................... 109 4.4.3.1.Checklist abbreviata degli Uccelli (Aves), 1997 - 2006 .......................109 4.4.4.Mammiferi ..................................................................................... 113 4.4.4.1.Checklist dei Mammiferi (Mammalia), 1997 - 2006 ............................113 4.4.4.2.Checklist degli Anfibi (Amphibia), 1997 - 2006..................................114 4.4.4.3.Checklist dei Rettili (Reptilia), 1997 - 2006.......................................114 4.4.4.4.Sintesi dello status faunistico dei Vertebrati (Amphibia, Reptilia, Aves, Mammalia non volanti) ...............................................................115 4.4.4.5.Cenni sull’ittiofauna.......................................................................115 4.4.5.Cenni sugli invertebrati.................................................................... 115


4.4.5.1.La nacchera (Pinna nobilis) ............................................................115 4.4.6.Importanza della laguna di Mistras in base alla Direttiva “Habitat” ......... 116 4.4.6.1.Criteri di selezione dei Siti ..............................................................116 4.4.6.1.1.Valutazione dell’importanza nazionale del Sito ............................116 4.4.7.Importanza della laguna di Mistras in base alla Convenzione di Ramsar ........................................................................................ 117 4.4.7.1.1.Aspetti generali ......................................................................117 4.4.7.1.2.Criteri di identificazione di zone umide di importanza internazionale .................................................................119 4.4.8.Posizione del Sito rispetto al sistema regionale della aree protette ......... 120 4.5.FAUNA MARINA SELVATICA ........................................................................121 4.5.1.Cetacei.......................................................................................... 121 4.5.2.Tartarughe marine .......................................................................... 122 4.6.La Pesca ..................................................................................................124 4.6.1.L’attività nell’area prospiciente la laguna di Mistras.............................. 125 4.6.2.La Pesca a mare ............................................................................ 127 4.6.2.1.Pesca dei ricci ..............................................................................128 4.6.3.Considerazione sul prelievo del riccio ................................................. 129 4.6.4.Pescaturismo ................................................................................ 130 4.6.5.La Peschiera di Pontis (da LE PESCHIERE, vedi oltre) ........................... 130 4.6.6.Itticoltura presso il canale scolmatore................................................ 134 4.6.7.Itticultura alle bocche della Laguna di Mistras. .................................... 135 4.7.DESCRIZIONE DEI VALORI ARCHEOLOGICI, ARCHITETTONICI E CULTURALI.....137 4.7.1.Il patrimonio archeologico ................................................................ 137 4.7.1.1.Periodo nuragico (Età del Bronzo - Età del Ferro: 1800-VIII sec. a.C.) 137 4.7.1.2.Età fenicia....................................................................................137 4.7.1.3.Età punica ...................................................................................137 4.7.1.4.Età romana e tardo-antica .............................................................138 4.7.1.5.Età medievale ..............................................................................139 4.7.1.6.Età moderna ................................................................................139 4.7.1.7.Tutela e valorizzazione ..................................................................139 4.8.ASSETTO SOCIO-ECONOMICO ....................................................................141 4.8.1.Situazione catastale (proprietà) ........................................................ 141 4.8.2.Territorio e popolazione ................................................................... 141 4.8.2.1.Il quadro territoriale ......................................................................141 4.8.2.2.La situazione demografica ..............................................................143 4.8.2.3.Le dinamiche demografiche ............................................................144 4.8.2.3.1.Le variazioni inter-censuarie di medio periodo.............................144 4.8.2.3.2.Le dinamiche demografiche annuali ...........................................146


4.8.2.4.La struttura della popolazione.........................................................147 4.8.3.Livello di scolarizzazione .................................................................. 148 4.8.4.Il mercato del lavoro ....................................................................... 150 4.8.5.La struttura economica .................................................................... 152 4.8.5.1.Il sistema delle imprese ................................................................152 4.8.5.2.La dinamica delle imprese ..............................................................155 4.8.5.3.La struttura dell’occupazione per settori e comparti di attività .............157 4.8.6.L’agricoltura................................................................................... 161 4.8.7.Il turismo ...................................................................................... 169 4.8.8.Il diporto ....................................................................................... 172 4.8.8.1.Il Porto di Torregrande. .................................................................172 4.8.8.2. Altre strutture per il diporto nautico: lo scivolo a Mare Morto .............173 4.8.8.3.Gavitelli e campi boe per l’ormeggio ................................................174 4.8.9.STAGNI DI CABRAS E DI MISTRAS .................................................... 174 4.8.9.1.L.R. n. 8 del 25.11.2004, art. 2, comma 1. Adozione del Piano Paesaggistico Regionale. Primo ambito omogeneNormeo – Area Costiera. Norme di Attuazione..............................................................174 4.8.9.2.RICONOSCIMENTO DEL BENE AMBIENTALE ......................................179 4.8.9.2.1.Mantenimento delle attività della pesca stagnale tradizionale ...........179 4.8.9.3.RICONOSCIMENTO DEL VALORE IDENTITARIO .................................185 4.8.9.4.CONSIDERAZIONI DI SINTESI .......................................................192 4.8.9.4.1.VALORE AMBIENTALE ..............................................................192 4.8.9.4.2.BENE IDENTITARIO .................................................................192 4.8.10.Soggetti amministrativi e gestionali competenti................................. 193 4.8.10.1.Amministrativi: ...........................................................................193 4.8.10.2.Ruolo Gestionale:........................................................................193 4.8.11.ALTRI SOGGETTI E AGENTI DI SVILUPPO OPERANTI NEI SIC .............. 194 4.8.12.Tipologie di risorse finanziarie utilizzabili per la gestione del sito.......... 194 4.8.12.1.Fondi Regionali ...........................................................................194 4.8.12.2.Fondi Nazionali ...........................................................................194 4.8.12.3.Fondi Europei .............................................................................194 4.9.USO DEL SUOLO .......................................................................................196 4.9.1.AREE URBANIZZATE........................................................................ 196 4.9.1.1.Aree urbane .................................................................................196 4.9.1.1.1.Cabras ..................................................................................196 4.9.1.1.2.San Salvatore.........................................................................196 4.9.1.1.3.San Giovanni di Sinis...............................................................196 4.9.1.1.4.Funtana Meiga........................................................................197 4.9.1.2.Discariche ed aree di depositi di materiali di scavo ............................197 4.9.2.TERRITORI AGRARI......................................................................... 197


4.9.2.1.Strutture aziendali e serre..............................................................197 4.9.2.2.Seminativi e colture erbacee ..........................................................197 4.9.2.3.Oliveti e frutteti ............................................................................197 4.9.2.4.Vigneti ........................................................................................197 4.9.2.5.Aree a pascolo .............................................................................197 4.9.2.6.Risaie..........................................................................................198 4.9.3.AREE FORESTALI E AMBIENTI NATURALI .......................................... 198 4.9.3.1.Roccia nuda .................................................................................198 4.9.3.2.Macchie e boscaglie.......................................................................198 4.9.3.3.Macchia degradata ........................................................................198 4.9.3.4.Vegetazione dunale e aree di retrospiaggia.......................................198 4.9.4.AREE UMIDE, FLUVIALI E RIPARIALI.................................................. 198 4.9.4.1.Acque .........................................................................................198 4.9.4.2.Lagune e stagni ............................................................................198 4.9.4.3.Aree fluviali e ripariali ...................................................................199 4.9.4.4.Acquacoltura ................................................................................199 4.10.INFORMAZIONE E COINVOLGIMENTO DELLE AMMINISTRAZIONI LOCALI E DEGLI ATTORI SOCIALI NELLA DEFINIZIONE DEL PIANO DI GESTIONE .........201 4.10.1.I pescatori ................................................................................... 201 4.10.2.La Società Sinis – San Vincenzo ...................................................... 202 4.10.3.Il Consorzio di Bonifica .................................................................. 203 4.10.4.PORTO TURISTICO DI TORREGRANDE ............................................. 203 4.10.4.1.Progetti in corso di esecuzione ......................................................204 5.OBIETTIVI DEL PIANO DI GESTIONE........................................................206 5.1.CRITICITÀ................................................................................................206 5.2.OBIETTIVO GENERALE ...............................................................................208 5.3.OBIETTIVI SPECIFICI ................................................................................208 6.STRATEGIA DI GESTIONE E SCHEDE DELLE AZIONI DI GESTIONE .....................211 6.1.Strategia di gestione (Sintesi).....................................................................211 6.2.Modifica alla perimetrazione .......................................................................211 6.3.INDICAZIONI GESTIONALI .........................................................................213 6.3.1.Provvedimenti in corso per la gestione del mare ricompreso nel SIC/ZPS....................................................................................... 213 6.3.1.1.Ampliamento dell’AMP ...................................................................213 6.3.2.Potenzialità e ipotesi di sviluppo per la pesca ...................................... 213 6.3.2.1.La pesca dei ricci ..........................................................................214 6.4.SCHEDE AZIONI DI GESTIONE....................................................................216 7.CONCLUSIONI.............................................................................................240 8.BIBLIOGRAFIA CONSULTATA E CITATA ...........................................................241



1. INTRODUZIONE 1.1. CARATTERISTICHE DEL SITO E NECESSITÀ DEL PIANO DI GESTIONE 1.1.1. Specificità del sito e tipologia di appartenenza Come da Formulari Natura 2000 Allegati. 1.1.2. Applicazione dell’iter logico decisionale per la scelta del piano e l’individuazione del tipo di piano di gestione Al gruppo di lavoro si è prospettato da subito il problema di dover trattare il SICZPS “Stagno di Mistras di Oristano” SIC ITB030034, come parte dello stagno di Cabras perché da un punto di vista idrografico, il bacino di Mistras rappresenta la continuità dello stagno principale non fosse altro perché prima della realizzazione del canale scolmatore i sistemi, attualmente separati, entravano in contatto nella zona di Sa Mardini (lo sbocco nel Golfo di Oristano dello stagno di Cabras), attraverso la laguna di Mistras appunto.

Figura 1 - Cartografia storica di Cabras [De Candia]

12


Ma aldilà dell’evidenza cartografica che rappresenta la situazione “storica” precedente alla realizzazione dello scolmatore, che si tratti di un unico sistema “umido” lo dimostra anche il fatto che la parte terminale dei canali di collegamento tra il mare e lo stagno di Cabras e l’intero complesso della Peschiera di Pontis costituiscono parte integrante dello stagno di Cabras pur essendo ricompresi nel perimetro del SIC-ZPS Stagno di Mistras di cui al presente PdG. Non è un problema di poco conto sia in termini di coerenza descrittiva sia in termini di coerenza gestionale. Infatti risulta frammentata non solo la descrizione del sistema naturale “stagno di Cabras” ma anche la dimensione socio economica dell’intero comparto della pesca che potrebbe risultare, paradossalmente e falsamente, unicamente concentrata nel compendio di pesca del SIC-ZPS stagno di Mistras di Oristano. Si tratta di elementi, naturali ed antropici, che non solo fisiograficamente appartengono al sistema Cabras, ma essi costituiscono un tratto fondamentale della storia e dalla cultura del comprensorio di pesca lagunare più importante della Sardegna. Tali elementi sono i canali di alimentazione attraverso i quali, da secoli, avviene la regolazione della montata e della smontata dei pesci, e il complesso di Pontis, il cuore della cultura e dell’economia di Cabras. Pur prendendo atto della delimitazione vigente (v. cartografia allegata alle schede ufficiali per la designazione del pSIC-ZPS) si segnala l’incoerenza dell’attribuzione al SIC di Mistras parte del Sistema di Cabras per i motivi di cui prima. Una parte che indiscutibilmente appartiene allo Stagno di Cabras la cui gestione condivisa su due strumenti di diversi genererà sicuramente difficoltà. Inoltre, alla necessità di rivedere la delimitazione dei SIC Cabras e Mistras per motivi facilmente intuibili, il gruppo di lavoro propone di ricomprendere nel SIC Stagno di Mistras di Oristano, ridelimitato per le ragioni prima esposte, il SIC Arenili di San Giovanni di Sinis. Le motivazioni per tale ipotesi sono riconducibili all’evidenza che i due Sic (Mistras e San Giovanni) essendo contermini potrebbero concorrere a costituire un unico sito rappresentativo di una sequenza di habitat molto più coerente di quanto sia attualmente, consentendo anche la messa in sicurezza di un continuum di habitat molto più logico e rappresentativo della fascia costiera. Ad ogni buon conto ed a completamento degli apporti specialistici, di quelli istituzionali e di quelli dei partner, il gruppo di lavoro, per la parte Cabras ricompresa nel SIC-ZPS, ha tenuto nel debito conto i dati relativi alla colonna d’acqua, all’ittiofauna ed all’idrologia ed idraulica desunti dalle relazioni di settore elaborate, rispettivamente, dall’Università di Sassari, di Cagliari e dal Consorzio di Bonifica di Oristano fornite al Gruppo di Lavoro dagli Uffici dell’ADA della RAS. Si tratta di: •

Relazione concernente le attività svolte in merito a “Recupero ed analisi dei dati e conoscenze disponibili per l’elaborazione della prima fase del Piano di recupero ambientale e rilancio produttivo dello Stagno di Cabras a cura del Dipartimento di Botanica ed Ecologia vegetale dell’Università di Sassari; Relazione settoriale concernente le attività svolte in merito alla componente biologica per l’elaborazione della prima fase del Piano di recupero ambientale e rilancio produttivo dello Stagno di Cabras a cura del Dipartimento di Biologia animale ed ecologia dell’Università di Cagliari;

Entrambi i contributi costituiscono i presupposti per il Piano di recupero ambientale e rilancio produttivo dello Stagno di Cabras elaborati per la RAS unitamente al Consorzio di Bonifica di Oristano ed al Presidio Multifunzionale di Prevenzione della ASL di Or, a seguito della moria avvenuta nel 1999.

13


Inoltre per definire meglio le “facies” marine peraltro poco presentI nelle schede del sito ci si è avvalsi di studi che la stessa AMP ha fatto svolgere nel 2000 e nel 200405 all’IMC e CNR-IAMC di Oristano. Tali studi hanno riguardato lo stato e l’estensione delle praterie di Posidonia oceanica e lo studio relativo allo stato ed alla pressione di pesca del Paracentrotus lividus. Altri studi dell’IMC e del CNR-IAMC, condotti in autonomia hanno arricchito l’informazione posta alla base del quadro conoscitivo.

14


2. Quadro di riferimento normativo

Per quanto riguarda la Rete Ecologica Regionale il riferimento normativo primario è rappresentato dalle Direttive “Uccelli” (79/409/CEE) ed “Habitat” (92/43/CEE) che sono state emanate dall’Unione Europea e che prevedono la creazione della Rete Natura 2000. La Direttiva “Habitat” è stata recepita dallo Stato Italiano attraverso il D.P.R. 357/97 ed il successivo D.P.R. 120/2003, mentre la Direttiva “Uccelli” è stata recepita nell’ordinamento nazionale attraverso la Legge n. 157/92 e nell’ordinamento della Regione Sardegna con la L.R. n. 23/1998. Entrambe le Direttive prevedono l'individuazione di aree di particolare tutela, le Zone di Protezione Speciale (ZPS) e i Siti d’Importanza Comunitaria (SIC). L’individuazione dei Siti è stata realizzata in Italia dalle singole Regioni, attraverso il Progetto LIFE “Bioitaly”, concluso per la Sardegna nel 1997 e successivamente integrato nel 2004. Il Ministero dell’Ambiente, ha seguito della pubblicazione da parte dell’Unione Europea della guida “La gestione dei siti della Rete Natura 2000”, ha redatto due documenti di riferimento: le “Linee guida per la gestione dei siti Natura 2000”, D.M. 3 settembre 2002, ed il “Manuale delle linee guida per la redazione dei Piani di Gestione dei siti Natura 2000”. Le direttive 92/43/CEE e 79/409/CEE, con i relativi allegati, sono state recepite e solo in parte attuate dalla Regione Sardegna con la L.R. n. 23/1998, che costituisce attuazione anche delle Convenzioni Internazionali di Parigi (1950), di Ramsar (1971) e di Berna (1979). Sino al completo recepimento delle citate direttive europee con apposita norma regionale, in Sardegna si applicano le disposizioni di cui al D.P.R. 357/97, modificato ed integrato con il D.P.R. 120/2003. “Il D.P.R. 357/97 attribuisce alle Regioni la competenza all’adozione delle misure di conservazione necessarie e dei piani di gestione che possono essere specifici o integrati ad altri piani di sviluppo.” La Regione Sardegna può quindi esercitare direttamente le funzioni amministrative assegnate dal D.P.R. 357/97, oppure prevedere con propria norma l’attribuzione della funzione di soggetto gestore ad ente terzo, che può essere individuato nella Provincia o nel Comune o aggregazione di Comuni interessati dalla presenza di un sito, in ogni caso nel rispetto dei principi di sussidiarietà e legalità. Allo stato attuale, in mancanza di una disciplina specifica in materia di gestione dei siti della Rete Natura 2000, la Regione Sardegna rimane titolare della responsabilità generale sull’attuazione della Direttiva Habitat, ma per rendere efficaci le scelte regolamentari e di programmazione del piano di gestione si dovrà far riferimento, facendo eventualmente ricorso a strumenti convenzionali, ai diversi livelli di governo del territorio con i quali il piano di gestione deve integrarsi (Regione Autonoma della Sardegna – Assessorato Difesa Ambiente – Servizio Conservazione della Natura e degli habitat, “Linee Guida per la redazione dei piani di gestione dei pSIC e ZPS”, dicembre 2005). La Regione Sardegna con la Misura 1.5 – Rete Ecologica regionale dell’Asse 1 – Risorse Naturali del POR Sardegna 2000-2006 promuove la realizzazione della Rete Ecologica regionale mediante l’attuazione di tre azioni: 1.5.a – Programmazione della rete ecologica, con la predisposizione degli strumenti di gestione (Piani di Gestione); 1.5.b – Interventi di tutela, valorizzazione e salvaguardia ambientale previsti dai Piani di Gestione; 15


1.5.c – Azioni economiche sostenibili (promozione e valorizzazione delle attività locali e delle iniziative imprenditoriali compatibili, coerenti con gli strumenti di gestione). La Provincia di Oristano, i Comuni (singoli o aggregati) e l’Area Marina Protetta della Penisola del Sinis, presentano alla Regione Sardegna i Piani di Gestione delle seguenti aree della Rete Ecologica regionale (nell’ambito del bando 2005 della Misura 1.5 del POR Sardegna): 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9.

pSIC “Stagni di Marceddì, San Giovanni e Corru S’Ittiri” (Terralba – Arborea) pSIC “Stagno di S’Ena Arrubia e territori limitrofi” (Arborea - Santa Giusta) pSIC “Cirras – Sassu” (Santa Giusta); pSIC “Stagno di Santa Giusta” (Santa Giusta Oristano); pSIC “Stagno di Pauli Maiori” (Palmas Arborea-Santa Giusta); pSIC “Stagno di Sale Porcus” (San Vero Milis); pSIC “Stagni di Putzu Idu – Sa Salina Manna” (San Vero Milis); pSIC “Sos Molinos – Sos Lavros – Monte Urtigu” (Santulussurgiu – Bonarcado); pSIC “Media Valle del Tirso – Altopiano di Abbasanta – Rio Siddu” (12 Comuni Alto Oristanese, capofila Sedilo); 10. pSIC/ZPS “Stagno di Cabras” (Cabras, Nurachi e Riola Sardo) 11. pSIC/ZPS ”Stagno di Mistras di Oristano (Cabras e Oristano) 12. pSIC “San Giovanni di Sinis” (Cabras); 13. pSIC/ZPS “Isola di Mal di Ventre (Cabras); 14. pSIC “Catalano” (Cabras); La Comunità Montana del Montiferru ha anche redatto i Piani di Gestione dei Monumenti Naturali di “Sa Roda Manna” (Scano Montiferro) e di “S’Archittu” (Cuglieri), nell’ambito del bando 2002 della Misura 1.5 – Rete Ecologica regionale del POR Sardegna. Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM), in attuazione delle L. n. 979/82 (difesa del mare) e della L. n. 394/91 (legge quadro sulle aree protette), con decreto del 12.12.97 (modificato con Decreto del Ministro dell’Ambiente del 17.07. 2003, è stata istituita l’Area Marina Protetta “Penisola del Sinis Isola di Mal di Ventre”, della quale l’Ente Gestore è il Comune di Cabras. Nell’AMP sono completamente ricompresi i pSIC 12, 13, 14 e parzialmente il n. 11 (è in corso l’ampliamento dell’AMP anche allo scopo di ricomprenderlo per intero) rispetto ai quali il MATTM sostiene l’applicazione delle Direttive citate. Inoltre, nell’AMP sono in corso di recepimento le disposizioni della Convenzione di Barcellona allo scopo di definire un’area ASPIM. La Normativa riferimento.!

Regionale,

2.1. CONVENZIONI COMUNITARIE

uniformata

alle

direttive

INTERNAZIONALI

Europee,

E

costituisce

il

DIRETTIVE

2.1.1. Convenzione di Berna La Convenzione di Berna è relativa alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa ed è stata adottata, a Berna, il 19 settembre del 1979, e ha come scopo primario quella di assicurare la conservazione della flora e della fauna selvatiche e dei loro habitat la cui conservazione richiede la cooperazione di vari Stati e di promuovere tale cooperazione. È scaturita tra gli Stati Membri dalla necessità di riconoscere che la flora e la fauna selvatiche costituiscono un patrimonio naturale di valore: 16


-

estetico;

-

scientifico;

-

culturale;

-

ricreativo;

-

economico;

-

intrinseco da preservare e trasmettere alle generazioni future.

Passo importante, per $la conservazione di alcuni habitat e specie, è stato compiuto riconoscendo che la conservazione dovrebbe rientrare negli obiettivi e nei programmi nazionali e che una cooperazione internazionale dovrebbe instaurarsi per preservare in particolare le specie migratrici. La comunità ha approvato tale convenzione con decisione 82/72/CEE del Consiglio e integrata con successive decisioni dallo stesso. L’area (habitat e specie) oggetto del presente Piano di Gestione, è interessata da quanto sancito dalla Convenzione di Berna. 2.1.2. Convenzione di Barcellona La Convenzione di Barcellona ed i relativi Protocolli, che la regione ha considerato necessari per la protezione del mar Mediterraneo, sono gli strumenti legali adottati sotto il MAP (Mediterranean Action Plan). La Convenzione emendata ed alcuni Protocolli non sono ancora entrati in vigore, in quanto parte dei paesi contraenti si rifiutano ancora di completare il processo di ratifica. Rivedendo lo stato delle ratifiche della Convenzione emendata e dei sei Protocolli (sia di quelli nuovi che emendati), aggiornato al 18 luglio 2003, solo il nuovo Protocollo sulle aree protette e sulla Biodiversità è entrato in vigore. 15 Parti Contraenti hanno notificato l’emendamento della Convenzione, il cui testo modificato è stato adottato a Barcellona nel 1995. In accordo con l’articolo 16(3) del testo originale del 1976, gli emendamenti richiedono l’adesione dei tre-quarti delle Parti (17 Paesi) per entrare in vigore. L’area del Piano di Gestione è interessata dal Protocollo sulle aree protette e sulla Biodiversità 2.1.3. Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2002, relativa all'attuazione della gestione integrata delle zone costiere in Europa Tale atto, in considerazione dei processi di sviluppo in atto lungo le coste europee ed alla luce degli scenari ipotizzati in ambito globale ed europeo, raccomanda modelli di approccio, principi e strategie per affrontare le problematiche connesse. Tutto ciò sottolineando e ribadendo quanto le zone costiere rappresentino un luogo strategico ma allo stesso tempo sensibile in ambito ambientale, economico, sociale, culturale e ricreativo nel contesto europeo. Vengono richiamati i concetti e le azioni fondamentali sviluppate fino ad allora nell’ambito della gestione integrata della fascia costiera e, in senso più ampio, nello sviluppo sostenibile:

-

Agenda 21;

-

i cambiamenti climatici 17


-

l’incremento demografico e il disequilibrio sociale;

-

il depauperamento delle risorse naturali, sia in termini economici (pesca,…) sia conservazionistici (perdita di habitat, specie minacciate,…);

-

la collaborazione internazionale e le strategie comuni.

Le aree oggetto del presente Piano di Gestione sono interessate, sia per ragioni geografiche che funzionali, dai processi di sviluppo legati alla gestione integrata della fascia costiera. Si devono quindi prendere in forte considerazione tutte le raccomandazioni del Parlamento e del Consiglio. 2.1.4. Convenzione di Ramsar In data 2 Febbraio 1971 è stata stipulata la “Convenzione relativa alle zone umide di importanza internazionale soprattutto come Habitat degli uccelli acquatici” più comunemente nota come “Convenzione di Ramsar”; a tale convenzione può aderire senza limiti di tempo qualsiasi membro dell’Organizzazione delle Nazioni Unite oppure di una delle sue agenzie specializzate oppure dell’Agenzia internazionale sull’energia atomica oppure Parte contraente dello statuto della Corte Internazionale di Giustizia. Nella Convenzione di Ramsar sono inserite trentotto zone umide italiane otto delle quali si trovano nel territorio sardo.

Denominazione

Provvedimento di istituzione

Saline di Macchiareddu, Stagno di S. Gilla

G.U. n° 291 del 25.10.1977

Stagno di Molentargius e territori limitrofi

G.U. n° 291 del 25.10.1977

Stagno S’Ena Arrubia e territori limitrofi

G.U. n° 301 del 04.11.1977

Stagno di Cabras

G.U. n° 111 del 21.04.1978

Peschiera Corru S’ittiri – Stagno di S. Giovanni e Marceddì

G.U. n° 114 del 26.04.1978

Stagno Pauli Maiori

G.U. n° 142 del 24.10.1978

Stagno di Mistras

G.U. n° 79 del 20.03.1982

Stagno di Sale Porcus

G.U. n° 78 del 20.03.1982

L’area del Piano di Gestione è interamente ricompresa nella Zona Umida Stagno di Mistras così come perimetrata dalla RAS. 2.1.5. Convenzione europea del paesaggio (Firenze 2000) La Convenzione Europea del Paesaggio è un documento adottato dal Comitato dei Ministri della Cultura e dell'Ambiente del Consiglio d'Europa il 19 luglio 2000, le cui procedure di preparazione e definizione sono state curate dall’Italia. La cerimonia di apertura alla firma, 20 ottobre 2000, è avvenuta a Firenze La Convenzione è stata firmata da 27 Stati della Comunità Europea e ratificata da 10 Stati. Si applica all'intero territorio degli Stati firmatari (art. 2) e ha l'obiettivo di promuovere presso le autorità pubbliche l'adozione di politiche di salvaguardia, di gestione e di pianificazione dei paesaggi e di organizzare la cooperazione europea nelle politiche di settore. La Convenzione non è immediatamente vincolante, ma è aperta alla firma degli altri Stati europei. Con la ratifica gli stati firmatari si impegnano a realizzare gli obiettivi illustrati negli artt. 5 e 6. come, per esempio, il riconoscimento giuridico del paesaggio, 18


integrare il paesaggio nelle politiche di pianificazione del territorio, avviare procedure di partecipazione ed attivare misure specifiche (sensibilizzazione, formazione ed educazione,…) Essa definisce il Paesaggio quale determinata parte del territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dalle azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni (art. 1, lett. a); "...comprende i paesaggi terrestri, le acque interne e marine. Concerne sia i paesaggi che possono essere considerati eccezionali, sia i paesaggi della vita quotidiana sia i paesaggi degradati." (art. 2).

2.2.

NORMATIVA NAZIONALE

In Italia il primo riferimento di un insieme normativo che possa essere definito “diritto dell’ambiente” è stato il R.D. n. 45 del 1901, che emanava norme sulle industrie insalubri e pericolose, ed una prima normativa sull’igiene pubblica. Nel 1923 il R.D. n. 3267 stabiliva la normativa sulla tutela idrogeologica del suolo. Nel 1939 le leggi n. 1089 sulla tutela delle cose di interesse artistico e storico e n. 1497 sulla protezione delle bellezze naturali hanno segnato la nascita della disciplina di tutela dell’ambiente e del territorio. La Legge n. 431 del 08/08/1985, detta “Legge Galasso”, ha rappresentato il primo tentativo organico di disciplinare la tutela dell’ambiente in Italia attraverso la pianificazione attiva dell’ambiente. Con la Legge Galasso e la successiva circolare del ministero dei beni culturali ed ambientali n. 8 del 31/08/1985 viene definito il paesaggio come “patrimonio paesistico ambientale il quale comprende in sé tutti quelli elementi che concorrono a dare ad ogni località, peculiari caratteristiche paesistiche ed ambientali, comprese le testimonianze della presenza dell’uomo”. Affianco alle citate leggi di tutela dell’ambiente, una serie di norme ha riguardato, più nello specifico, il problema degli inquinamenti: la Legge n. 615 del 1966, disciplina il controllo sull’inquinamento atmosferico, la Legge n. 319 del 1976 si occupa della difesa delle acque dall’inquinamento, il D.P.R. n. 915 del 1982 e la Legge n. 411 del 1987, dettano una serie di regole sul trattamento e lo smaltimento dei rifiuti. La sovrapposizione di nuovi strumenti settoriali con quelli esistenti ha provocato nel tempo l’insorgere di incertezze nei procedimenti di attuazione riguardanti i problemi del territorio e dell’ambiente. L’esigenza di una considerazione globale dei problemi del territorio si è manifestata recentemente, dapprima con l’Articolo 80 del D.P.R. n. 616 del 24/07/1977, ed in seguito con il II paragrafo dell’Articolo 2 della Legge n. 337/82, fino a trovare riscontro nell’Articolo 1 della Legge n. 537 del 24/12/1993, che, nel disporre la riorganizzazione dell’Amministrazione, prevede, tra l’altro, l’emanazione di un decreto legislativo inteso ad unificare le funzioni in materia di ambiente e territorio. 2.2.1. Legge Quadro sulle Aree Protette (Legge n. 394/1991) La Legge Nazionale n. 394 del 06/12/1991 detta “Legge quadro sulle aree protette” oltre alla classificazione dei parchi naturali regionali individua i principi fondamentali per l’istituzione e la gestione delle aree naturali e protette. Essa tuttavia, prevedeva che, ogni qualvolta le aree protette di rilievo nazionale rientrassero in un territorio regionale, si dovesse procedere alla realizzazione di un’intesa con la Regione interessata. A seguito dell’approvazione della legge è stato previsto in Sardegna un sistema di parchi naturali di istituzione nazionale, individuati nelle aree del Gennargentu dell’Asinara e del Golfo di Orosei. 19


In relazione alla Legge Nazionale, la Regione Autonoma della Sardegna ha sollevato una serie di questioni di legittimità costituzionale riguardanti l’istituzione delle aree marine protette, l’istituzione da parte della Regione, di aree protette nel territorio di un parco nazionale, l’esercizio venatorio e i vincoli di inedificabilità e di trasformabilità. Tuttavia la Corte Costituzionale, con sentenza n. 366/1992, ha giudicato non fondate tutte le questioni di legittimità. Successivamente, il 14 Gennaio 1994, l’Assessorato della Difesa all’Ambiente ha presentato il disegno di Legge n. 457 sulle modificazioni di adeguamento delle LL.RR. n. 31/1989 e 45/1989, concernenti l’istituzione e la gestione dei parchi, delle riserve e dei monumenti naturali regionali, alla Legge n. 394, ma la proposta, approvata dalla Quinta Commissione Permanente 18/03/1994, è stata in seguito bocciata dalla Giunta Regionale nell’Aprile 1994. Nel 1997, con Decreto del Ministero dell’Ambiente è stata istituita l’Area Marina Protetta “Penisola del Sinis Isola di Mal di Ventre” che ha un’estensione di 30.357 ha, la più estesa tra le tre aree marine presenti in Sardegna: le altre due sono TavolaraPunta Coda Cavallo (Olbia-Loiri Porto San Paolo – San Teodoro) e Capo Carbonara (Villasimius)Nel settore di diretta pertinenza non sono presenti aree interessate dalle tutele disposte dalla 394/91. 2.2.2. Vincolo idrogeologico (Regio Decreto. n. 3267/1923) I vincoli idrogeologici sono espressi dalla Legge n° 3267 del 30/12/1923 la quale prescrive le limitazioni d’uso delle aree vincolate ai fini di non turbarne l’assetto idrogeologico, ed in particolare tendono a conservare o migliorare l’assetto dei versanti caratterizzati da dissesto o da una elevata sensibilità. Le attività di controllo del territorio e le procedure autorizzative per le aree vincolate dalla 3267/23 sono di competenza degli Ispettorati Ripartimentali delle Foreste con giurisdizione provinciale in virtù della delega che la Regione Sardegna ha ricevuto per esercitare le funzioni dello Stato per la protezione delle risorse idriche. La legge in oggetto prevede limitazioni nelle opere e nel taglio di vegetazione nelle aree vincolate, perciò qualsiasi opera da realizzarsi in un’area vincolata deve essere preventivamente autorizzata dall’Ispettorato Ripartimentale competente. L’area interessata dal Piano di Gestione, non ricade nei settori vincolati ai termini della Legge n. 3267/23 e conseguentemente all’art. 142, lett. g del Codice dei Beni Culturali e Paesaggistici (D. Lgs. n° 42/04 ex L. n° 490/99). 2.2.3. Acque Pubbliche e Pertinenze Idrauliche Nell’area sono presenti corsi d’acqua e superfici d’acqua classificate, compresi nell’elenco del Testo Unico delle Disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici reso vigente con Regio Decreto 11 dicembre 1933, n° 1775, o superfici d’acqua a pelo libero e conseguentemente sono presenti servitù idrauliche di cui all’art. 142, lett. c del Codice dei Beni Culturali e Paesaggistici (D. Lgs. n° 42/04 ex L. n° 490/99), ma il Piano di Gestione proposto non interferisce in modo alcuno con tali pertinenze idrauliche, ma le assentisce. 2.2.4. Tutela dei Corpi idrici D. Lgs. 152/99 Il D. Lgs. 152/99 all’art. 18 definisce le aree sensibili quale oggetto diretto di tutela 20


TITOLO III TUTELA DEI CORPI IDRICI E DISCIPLINA DEGLI SCARICHI Capo I Aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall’inquinamento e di risanamento e salvaguardia degli usi sostenibili Articolo 18 - (Aree sensibili) • Le aree sensibili e sono individuate secondo i criteri dell’allegato 6. • Ai fini della prima individuazione sono designate aree sensibili:

o

o

le zone umide individuate ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, resa esecutiva con decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n.448; i corpi idrici ove si svolgono attività tradizionali di produzione ittica sostenibile che necessitano di tutela.

Il territorio in oggetto è interessato dalle tutele definite dall’Art. 18 sulle aree sensibili in quanto corrispondente alle categorie c) e e). Articolo 41 - (Tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici) Ferme restando le disposizioni di cui al Capo VII del Regio Decreto 25 luglio 1904, n. 523, al fine di assicurare il mantenimento o il ripristino della vegetazione spontanea nella fascia immediatamente adiacente i corpi idrici, con funzioni di filtro per i solidi sospesi e gli inquinanti di origine diffusa, di stabilizzazione delle sponde e di conservazione della biodiversità da contemperarsi con le esigenze di funzionalità dell’alveo, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le regioni disciplinano gli interventi di trasformazione e di gestione del suolo e del soprassuolo previsti nella fascia di almeno 10 metri dalla sponda di fiumi, laghi, stagni e lagune comunque vietando la copertura dei corsi d’acqua, che non sia imposta da ragioni di tutela della pubblica incolumità e la realizzazione di impianti di smaltimento dei rifiuti. Omissis… Il Piano di Gestione interessa direttamente corpi idrici ma non necessità del relativo nullaosta degli uffici del Genio Civile. 2.2.5. Codice dei Beni Culturali e Paesaggistici ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137 (DECRETO LEGISLATIVO 22 gennaio 2004, n. 42 - ex T. U. In materia di Beni Culturali L. N° 490/99) Il Codice Urbani, pur successivamente modificato con il DLgs n. 156/2006 recante “Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione ai beni culturali” e il DLgs n. 157/2006 recante “Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione al paesaggio”, all’art. 142, definisce le aree tutelate per legge e di ciò va tenuto conto nella destinazione d’uso del territorio al fine di non produrre delle incompatibilità in fase di pianificazione. L’art. 142 elenca i beni categoriali ed in particolare recita: Articolo 142 Aree tutelate per legge 21


1. Sono comunque di interesse paesaggistico e sono sottoposti alle disposizioni di questo Titolo: a)

i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare;

b)

i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi;

c)

i fiumi, i torrenti, i corsi d’acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna;

d)

le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole;

e)

i ghiacciai e i circhi glaciali;

f)

i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi;

g)

i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall’articolo 2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227;

h)

le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici;

i)

le zone umide incluse nell’elenco previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448;

l)

i vulcani;

m) le zone di interesse archeologico individuate alla data di entrata in vigore del presente codice. 2.2.5.1.

Fascia di pertinenza fluviale (art. N°142 lett. C)

omissis...... c) i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n.. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna; omissis...... L’area del Piano di Gestione comprende interamente la fascia dei 150 m. 2.2.5.2.

Aree boscate o incendiate (art. N°142 lett. G)

omissis.... g) i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall'articolo 2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n.. 227; omissis.... Il settore interessato non comprende superfici boscate sensu strictu.

22


2.2.5.3.

Aree università agrarie ed usi civici (art. N°142 lett. H)

omissis.... h) le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici; omissis.... Le aree interessate dal Piano di Gestione sono parzialmente gravate da Uso Civico. BENI ARCHEOLOGICI (art. n°142 lett. m) omissis.... m) le zone di interesse archeologico. omissis.... Sono presenti beni archeologici all’interno dell’area interessata dal Piano di Gestione. 2.2.5.4.

Aree sottoposte a Vincolo Paesaggistico (ex 1497/49)

La legge n° 1497 del 1939 definiva il vincolo paesaggistico quale tutela temporanea in attesa della stesura dello strumento principale costituito dal Piano Paesaggistico, poi ricompresa nel Dlgs 42/03 all’art. 157 Articolo 157 Notifiche eseguite, elenchi compilati, provvedimenti e atti emessi ai sensi della normativa previgente Fatta salva l'applicazione dell'articolo 143, comma 6, dell'articolo 144, comma 2 e dell'articolo 156, comma 4, conservano efficacia a tutti gli effetti: -

le notifiche di importante interesse pubblico delle bellezze naturali o panoramiche, eseguite in base alla legge 11 giugno 1922, n. 778;

-

gli elenchi compilati ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497;

-

i provvedimenti di dichiarazione di notevole interesse pubblico emessi ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497;

-

i provvedimenti di riconoscimento della zone di interesse archeologico emessi ai sensi dell'articolo 82, quinto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, aggiunto dall'articolo 1 del decreto legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito con modificazioni nella legge 8 agosto 1985, n. 431;

-

i provvedimenti di dichiarazione di notevole interesse pubblico emessi ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490;

-

i provvedimenti di riconoscimento della zone di interesse archeologico emessi ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490.

Per il comune di Cabras il vincolo è imposto attraverso Decreto dell'Assessore della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport del 6 Aprile 1990, n° TPUC/27, pubblicato sul Supplemento ordinario al BURAS n° 23 del 18.06.1990.

23


2.3.

QUADRO LEGISLATIVO REGIONALE E PIANI DI SETTORE IN MATERIA DI TUTELA AMBIENTALE

2.3.1. Norme per l’istituzione e la gestione dei parchi,delle riserve e dei monumenti naturali, nonché delle aree di particolare rilevanza naturalistica ed ambientale (L.R. n. 31/1989) La Legge, approvata dal Consiglio Regionale il 7-06-1989 prevede l’Istituzione del sistema delle Aree protette della Sardegna. L'Allegato A della legge individua: -

9 Parchi naturali (Gennargentu, Limbara, Monte Linas Marganai, Marghine Goceano, Monte Arci, Sinis Montiferru, Giara di Gesturi, Settefratelli, Sulcis)

-

60 Riserve naturali

-

16 aree di rilevante interesse naturalistico ed ambientale

-

24 monumenti naturali,

per una copertura pari a 1/5 circa del territorio regionale. L'unico atto effettivamente adottato dall'Assessorato Difesa Ambiente è la pubblicazione di 17 Decreti (D.A.D.A. n. 704 del 29.04.1993; BURAS n.17 dell'11.5.93) con i quali vengono istituiti altrettanti monumenti naturali. Nel 1990 è stato predisposto lo studio per il Piano di 7 Parchi Regionali tra cui quello per ilParco Regionale del Sinis Montiferru che comprende i territori dei Comuni di Bonarcado, Cabras, Cuglieri, Milis, Narbolia, Nurachi, Riola Sardo, San Vero Milis, Santu Lussurgiu, Scano Montiferru e Seneghe. Il parco si sviluppa su una superficie di circa 42.000 Ha con i Comuni di Cabras, Seneghe e Cuglieri che hanno l’intero territorio compreso all’interno del perimetro del Parco. Allo stato attuale non è stata approvata nessuna Legge istitutiva dei Parchi ne, di conseguenza, alcun Piano di gestione e regolamento di attuazione. Il settore interessato dal Piano di Gestione si trova all’interno del Parco Naturale Regionale del Sinis. 2.3.2. Piano Paesaggistico Regionale Con Delibera del 5 settembre 2006, n. 22/3 L.R. n. 8 del 25.11.2004, art. 2, comma 1, la Giunta Regionale ha adottato il Piano Paesaggistico Regionale relativo al primo ambito omogeneo – Area Costiera. Nelle Norme Tecniche di Attuazione (Buras n.30 del 08.09.2006) viene data la definizione di fascia costiera e ne viene definita la disciplina, nei seguenti articoli: Art. 19 - Fascia costiera. Definizione Art. 20 – Fascia Costiera

2.3.3. Piano Stralcio di Assetto Idrogeologico Nel corso del marzo 2005 è entrato definitivamente in vigore il Piano Stralcio di Assetto Idrogeologico, P.A.I., che prevede una serie di limitazioni sulla pianificazione per le aree a pericolo di frana e/o di inondazione e di tutele e limitazioni sulle aree a rischio di frana e/o di inondazione. L’art. 6 delle N.T.A. del P.A.I. recita: 24


ARTICOLO 6 Coordinamento del PAI con il sistema di piani e programmi regionali ed infraregionali della Regione Sardegna 1. Nelle ipotesi in cui i contenuti delle direttive, dei vincoli e degli schemi di assetto territoriale che costituiscono il quadro regionale di coordinamento territoriale risultino in potenziale contrasto con le perimetrazioni e le prescrizioni del PAI per le aree di pericolosità idrogeologica le possibilità di conflitto sono risolte nell’ambito di apposite Conferenze di servizi 2. In applicazione dell’articolo 17, comma 4, della legge n. 183/1989 le previsioni del PAI - in quanto recante prescrizioni d’uso e interventi per ridurre il pericolo ed il rischio idrogeologico e per tutelare l’incolumità pubblica, attività e beni di importanza strategica ed il patrimonio ambientale e culturale prevalgono: a. su quelle dei piani territoriali paesistici, con particolare riferimento alle tipologie degli usi e degli interventi consentiti nei diversi ambiti di tutela; b. su quelle dei piani regionali di settore di cui all’articolo 17, comma 4, della legge n. 183/1989; c. su quelle degli altri strumenti regionali di settore con effetti sugli usi del territorio e delle risorse naturali, tra cui i piani di bonifica, i piani delle attività estrattive, i piani per i materiali lapidei di pregio, i piani per gli ambiti territoriali ottimali di gestione delle risorse idriche, i piani delle riserve naturali e dei parchi regionali perimetrati ai sensi della legge regionale 7.6.1989, n. 31, i piani per le infrastrutture, il piano regionale di utilizzo delle aree del demanio marittimo per finalità turisticoricreative di cui alla Delibera della Giunta regionale n. 17/1 del 14.4.1998. Le norme d’uso stabilite per i parchi e le riserve naturali regionali prevalgono tuttavia sulle prescrizioni del PAI in materia di interventi strutturali e non strutturali nelle aree di pericolosità idrogeologica media e moderata. 3. Ai sensi dell’articolo 17 comma 4 della legge n. 183/1989 il PAI approvato prevale sulla pianificazione urbanistica provinciale, comunale, delle Comunità montane, anche di livello attuativo, nonché su qualsiasi pianificazione e programmazione territoriale insistente sulle aree di pericolosità idrogeologica. 4. Ai sensi del precedente comma il PAI approvato prevale di conseguenza tra l’altro: a. sulle previsioni dei piani urbanistici provinciali; b. sui contenuti degli strumenti attuativi dei piani urbanistici provinciali; c. sulle previsioni dei Programmi Integrati d'Area (PIA) disciplinati dalla legge della Regione Sardegna 26.2.1996, n. 14; d. sulle previsioni dei Piani Integrati Territoriali (PIT) e. sulle previsioni dei piani urbanistici comunali, dei relativi strumenti di attuazione, dei programmi pluriennali di attuazione e dei regolamenti edilizi comunali; f. sui piani di assetto organizzativo dei litorali previsti dall’articolo 4 della legge della Regione Sardegna 8.7.1993, n. 28, “Interventi in materia urbanistica”, quali strumenti di coordinamento delle relative previsioni degli enti locali; g. sulle previsioni dei piani urbanistici e dei piani di sviluppo socio-economico delle Comunità montane. 5. I meccanismi dell’intesa e dell’accordo di programma per l’attuazione del programma triennale di Piano di Gestione di cui all’articolo 22, comma 6-bis, della legge n. 183/1989 sono normalmente impiegati per la soluzione dei potenziali conflitti tra le previsioni del PAI e quelle di piani e programmi di livello regionale ove le leggi che li regolano o le presenti norme non dispongano in modo specifico. 25


Conseguentemente, in fase di variante di un piano esistente o di adozione di un nuovo piano, oppure ancora di adeguamento del P.U.C. al P.A.I. l’art. 8 enuncia: ARTICOLO 8 Indirizzi per la pianificazione urbanistica e per l’uso di aree di costa 1. Conformemente a quanto disposto nell’articolo 6, comma 2, nel quadro di una attività continua di verifica, già all’avvio degli studi o delle istruttorie preliminari devono essere resi compatibili con il PAI, con le sue varianti adottate e con le sue norme di attuazione tutti gli atti di pianificazione, di concessione, autorizzazione, nulla osta ed equivalenti di competenza di Province, Comuni, Comunità montane ed altre pubbliche amministrazioni dell’ordinamento regionale della Sardegna relativi ad aree perimetrate con pericolosità idrogeologica. 2. Indipendentemente dall’esistenza di aree perimetrate dal PAI, in sede di adozione di nuovi strumenti urbanistici anche di livello attuativo e di varianti generali agli strumenti urbanistici vigenti i Comuni – tenuto conto delle prescrizioni contenute nei piani urbanistici provinciali e nel piano paesistico regionale relativamente a difesa del suolo, assetto idrogeologico, riduzione della pericolosità e del rischio idrogeologico assumono e valutano le indicazioni di appositi studi di compatibilità idraulica e geologica e geotecnica, predisposti in osservanza dei successivi articoli 24 e 25, riferiti a tutto il territorio comunale o alle sole aree interessate dagli atti proposti all’adozione. Le conseguenti valutazioni comunali, poste a corredo degli atti di piano costituiscono oggetto delle verifiche di coerenza di cui all’articolo 32 commi 3, 5, della legge regionale 22.4.2002, n. 7 (legge finanziaria 2002). Il presente comma trova applicazione anche nel caso di variazioni agli strumenti urbanistici conseguenti all’approvazione di progetti ai sensi del DPR 18.4.1994, n. 383, “Regolamento recante disciplina dei procedimenti di localizzazione delle opere di interesse statale”. 3. Gli studi di cui al comma 2 analizzano le possibili alterazioni dei regimi idraulici e della stabilità dei versanti collegate alle nuove previsioni di uso del territorio, con particolare riguardo ai progetti di insediamenti residenziali, produttivi, di servizi, di infrastrutture. 4. Le prescrizioni urbanistiche ed edilizie a corredo degli atti di pianificazione di cui al comma 2: a. contengono norme ed interventi per adeguarsi alle disposizioni delineati nel presente Titolo II; b. dettano prescrizioni in ordine alla sicurezza idrogeologica delle attività e degli insediamenti programmati applicando, specificando ed adattando le disposizioni del PAI secondo le situazioni di pericolo esistenti nel rispettivo territorio; c. garantiscono il mantenimento o il miglioramento della permeabilità dei suoli esistente adottando eventuali misure ed interventi compensativi; d. prevedono che le aree prive di insediamenti siano gradualmente dotate di adeguati sistemi di drenaggio lento delle acque meteoriche. 5. In applicazione dell’articolo 26, comma 3, delle presenti norme negli atti di adeguamento dei piani urbanistici comunali al PAI sono delimitate puntualmente alla scala 1: 2.000 le aree a significativa pericolosità idraulica o geomorfologica non direttamente perimetrate dal PAI. 6. In sede di adozione di piani di settore e di piani territoriali diversi da quelli di cui al comma 2, o di loro varianti, per quanto di rispettiva competenza sono stabiliti interventi, azioni e prescrizioni allo scopo di: a. rallentare i deflussi delle acque, incrementare la permeabilità dei suoli, sistemare e riqualificare le reti di drenaggio artificiali e naturali, mantenere il regime idraulico e la qualità ambientale delle spiagge, degli stagni e delle aree lagunari, accrescere il numero e l’ampiezza delle aree libere naturalmente o artificialmente 26


inondabili anche attraverso intese e misure compensative rivolte a soggetti titolari di attività economiche o proprietari e utenti di aree; b. ridurre i fenomeni di erosione, di arretramento e di crollo delle pareti rocciose che costituiscono la linea di costa attraverso la regimazione delle acque di deflusso, naturale e non, che recapitano nelle aree pericolose, attraverso il consolidamento delle pareti pericolanti e il mantenimento della funzione protettiva e stabilizzante della vegetazione naturale. 7. In particolare i piani urbanistici provinciali approvano norme di relazione e di compatibilità tra le aree di pericolosità idrogeologica perimetrate dal PAI, le scelte generali di assetto del territorio e le condizioni di vulnerabilità valutate con riferimento agli elementi insediativi, territoriali, ambientali e culturali, alle infrastrutture, agli impianti tecnologici, energetici e produttivi esistenti o programmati al fine di: a. incrementare i livelli di prevenzione stabiliti dal PAI; b. specificare localmente a scala di dettaglio le presenti norme. 8. Nelle aree perimetrate dal PAI come aree di pericolosità idraulica di qualunque classe gli strumenti di pianificazione di cui ai commi 2 e 6 regolano e istituiscono, ciascuno secondo la propria competenza, fasce di tutela dei corpi idrici superficiali: a. lungo il corso dei fiumi, dei torrenti non arginati, degli stagni e delle aree lagunari per una profondità di cinquanta metri dalle rive o, se esistente, dal limite esterno dell’area golenale; b. lungo il corso dei canali artificiali e dei torrenti arginati, per una profondità di venticinque metri dagli argini; c. lungo i corsi d’acqua all’interno dei centri edificati, per una profondità di dieci metri dagli argini dei corsi d’acqua o per una profondità di venticinque metri in mancanza di argini. 9. Nelle fasce di tutela dei corpi idrici superficiali individuate ai sensi del precedente comma sono vietati. a. nuovi depuratori delle acque e impianti di smaltimento di rifiuti di qualunque tipo; b. tutte le nuove edificazioni; c. ogni nuova copertura di corsi d’acqua affluenti non richiesta da esigenze di protezione civile; d. tutti i tagli di vegetazione riparia naturale ad eccezione di quelli richiesti da una corretta manutenzione idraulica; e. ogni opera suscettibile di trasformare lo stato dei luoghi ad eccezione degli interventi per eliminare o ridurre i rischi idraulici indicati dal PAI o dal programma triennale di Piano di Gestione e ad eccezione degli interventi per la salvaguardia dell’incolumità pubblica. 10. Le fasce di tutela dei corpi idrici superficiali individuate ai sensi dei precedenti commi 8 e 9 integrano e non sostituiscono le fasce fluviali di inedificabilità di cui all’articolo 10 bis della legge della Regione Sardegna 22.12.1989, n. 45, come aggiunto dall’articolo 2 della legge regionale 7.5.1993, n. 23. 11. In applicazione dell'articolo 41 del decreto legislativo 11.5.1999, n. 152, “Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole” le fasce di tutela dei corpi idrici superficiali hanno anche la finalità di: a. conservare la naturalità e la biodiversità dei corsi d’acqua interessati; 27


b. mantenere la vegetazione spontanea con particolare riferimento a quella capace di rinsaldare gli argini e stabilizzare i terreni limitrofi, fatte salve le esigenze della manutenzione idraulica; c. favorire la creazione di fasce tampone; d. mantenere libero l’accesso ai corsi d’acqua per il migliore svolgimento dei servizi di polizia idraulica, di piena e di protezione civile. 12. Nelle aree perimetrate dal PAI come aree di pericolosità da frana di qualunque classe gli strumenti di pianificazione di cui ai commi 2 e 6 possono istituire fasce speciali di tutela regolandone l’uso in funzione delle rispettive competenze. 13. Nelle aree di pericolosità idrogeologica che includono le falesie costiere, e limitatamente agli ambiti costieri, sono primari gli interessi di salvaguardia e valorizzazione degli arenili, delle aree umide, di tutela dei tratti interessati da fenomeni erosivi. In tali ambiti la realizzazione di nuovi complessi ricettivi turistici all’aperto, di costruzioni temporanee o precarie per la permanenza o la sosta di persone, di attrezzature leggere amovibili e di servizi anche stagionali a supporto della balneazione, di percorsi pedonali e di aree destinate al tempo libero e alle attività sportive è subordinata alle conclusioni positive di uno studio di compatibilità geologica e geotecnica predisposto ai sensi dell’articolo 25. I Comuni, d’intesa con la competente autorità marittima, vigilano sulla sicurezza dei siti e dei rispettivi accessi da terra e da mare. Le aree interessate dal Piano di Gestione sono marginalmente interessate dal Piano Stralcio di Assetto Idrogeologico nel suo ultimo aggiornamento (agosto 2004) per il pericolo di esondazione. In particolare, il limitare della zona prossima all’alveo posta nel settore in riva al Mar’e Foghe è caratterizzato da una inondabilità stimata con valutazioni morfologiche e non con verifiche idrauliche, avente un tempo di ritorno cinquantenario. 2.3.4. Piano Forestale Regionale Ambientale Il Piano Forestale Regionale Ambientale è stato approvato con Delibera della Giunta Regionale D.G.R. n. 3/21 del 24 gennaio 2006. Il Piano interessa la gestione delle aree forestali a fini vegetazionali ed idrogeologici. Le aree di Piano di Gestione non sono interessate dal piano in oggetto. 2.3.5. Piano Regionale dell’attività estrattiva di cava Al fine di regolamentare l’attività Estrattiva di cava, la RAS, ha definito un Piano stralcio che regola l’attività di cava e ne definisce la tollerabilità in funzione di numerosi parametri. Sulla base di tale Piano l’area su cui insiste il Piano di Gestione, in funzione della normativa del PTP, vigente al momento dell’emanazione del Piano Stralcio dell’Attività Estrattiva di Cava, è parzialmente esclusa dalla possibilità di effettuazione di attività Estrattiva di cava, adducendo motivi di ordine archeologico e/o naturalistico. Il piano non vincola peraltro l’attività Estrattiva in aree archeologiche di elevato valore. 2.3.6. Piano Regolatore Generale Acquedotti Nell’ambito degli strumenti di pianificazione delle risorse idriche, il Piano Regolatore Generale degli Acquedotti disciplina l’uso della risorsa destinata al 28


soddisfacimento del fabbisogno idropotabile e la realizzazione infrastrutture di trasporto e potabilizzazione delle risorse idriche.

delle

necessarie

In particolare il Piano Regolatore Generale degli Acquedotti deve recepire l’evoluzione di tutti quei parametri che contribuiscono a definire la domanda di risorsa del territorio e contemperarla con l’offerta della stessa risorsa, in rapporto al grado di realizzazione delle opere previste. La Regione Autonoma della Sardegna, in forza dell’art. 68 del D.P.R. 19.06.1979, n° 348, che contiene la delega alla stessa R.A.S. delle funzioni concernenti le modifiche del Piano Regolatore Generale degli Acquedotti sulle destinazioni e nell’utilizzo di risorse idriche per esigenze del proprio territorio regionale, fin dal 1997 con deliberazione di Giunta Regionale n° 9/31 disponeva di affidare all’E.S.A.F. la revisione del nuovo piano regolatore generale degli acquedotti (il provvedimento venne, poi, rideliberato in data 02.07.1999 con delibera di Giunta n° 29/24). Il piano è costruito su di un modello previsionale di crescita della popolazione fino al 2041 e comprende anche la valutazione dei fabbisogni turistici estivi residenziali e i fruitori delle strutture portuali dedicate. Norme di riferimento del Piano: -

legge 04.02.1963, n° 129, «Piano Regolatore Generale degli Acquedotti e delega al governo ad emanare le relative norme di attuazione»

-

legge 18.05.1989, n° 183, «Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo»

-

legge 05.01.1994, n° 36 (“legge Galli”), «Disposizioni in materia di risorse idriche», che riforma il settore idrico italiano

-

D.P.C.M. 04.03.1996 «Disposizioni in materia di risorse idriche», che detta le direttive generali e di settore per il censimento delle risorse idriche e per la disciplina dell’economia idrica nonché le metodologie ed i criteri generali per la revisione e l’aggiornamento del Piano regolatore generale degli acquedotti;

-

decreto del Ministero dei Lavori Pubblici 08.01.1997, n° 99, «Regolamento sui criteri e sul metodo in base ai quali valutare le perdite degli acquedotti e delle fognature»

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L.R. 17.10.1997, n° 29, «Istituzione del Servizio Idrico Integrato, individuazione degli ambiti territoriali ottimali, in attuazione della legge 05.01.1994, n° 36»

-

L.R. 07.05.1999, n° 15, «Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 17.10.1997, n° 29 (Istituzione del Servizio Idrico Integrato, individuazione degli ambiti territoriali ottimali, in attuazione della legge 05.01.1994, n° 36)

-

D.Lgs. 11.05.1999, n° 152, così come modificato dal D.Lgs. 18.08.2000, n° 258, che recepisce la direttiva n° 91/271/CE relativa al «Trattamento delle acque reflue» e la direttiva n° 91/676/CE

-

direttiva n° 2000/60/CE che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque D.Lgs. 02.02.2001, n° 31, «Attuazione della direttiva 98/83 CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano»

Dal confronto dei fabbisogni previsti dal Piano vigente al 2031 con quelli che scaturiscono dalla revisione con orizzonte al 2041, si rileva una contrazione del valore atteso a causa di una riduzione della popolazione residente stimata e della riduzione delle dotazioni attribuite ai maggiori centri (Cagliari e Sassari). Naturalmente, centro per centro le variazioni tra le previsioni del vecchio Piano e quelle della revisione sono profondamente diverse in virtù delle vicissitudini cui ogni comune è andato soggetto negli ultimi decenni, cosicché si ritiene significativo considerare ogni singola situazione. 29


Il fabbisogno complessivamente previsto al 2031 dal Piano 1983 era pari a 456,633 Mmc (a cui corrispondeva una portata del giorno di massimo consumo pari a 24.633,37 l/sec) di cui appena 40,749 Mmc provenienti da risorse locali. La revisione del Piano prevede al 2041 un fabbisogno complessivo pari a 325,807 Mmc con una contrazione dei volumi impegnati pari a complessivi 130,83 Mmc. Il Piano acquedotti non interessa direttamente l’area del Piano di Gestione 2.3.7. Acque Pubbliche e Pertinenze Idrauliche Nell’area sono presenti corsi d’acqua e superfici d’acqua classificate, compresi nell’elenco del Testo Unico delle Disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici reso vigente con Regio Decreto 11 dicembre 1933, n° 1775, o superfici d’acqua a pelo libero e conseguentemente sono presenti servitù idrauliche di cui all’art. 142, lett. c del Codice dei Beni Culturali e Paesaggistici (D. Lgs. n° 42/04 ex L. n° 490/99), ma il Piano di Gestione proposto non interferisce in modo alcuno con tali pertinenze idrauliche, ma le assentisce.

2.3.8. Piano d’Ambito Commissionata dal Presidente della Giunta della Regione Sardegna, con Ordinanza Commissariale n.286 del 2 maggio 2002, la proposta di Piano d’Ambito Sardegna si configura come lo strumento di regolazione tecnica ed economica della gestione del servizio idrico integrato da adottarsi da parte dell’Autorità d’Ambito della Sardegna. Il Piano d’Ambito è stato articolato nelle seguenti fasi: Ricognizione delle opere e delle infrastrutture esistenti, relative al servizio idrico integrato, comprensiva della verifica dello stato attuale dei livelli di servizio (attività propedeutica); Identificazione delle aree sottoposte a maggiore rischio di crisi idrica; Programmazione degli interventi; Piano degli investimenti, costituito dalla descrizione degli interventi programmati con un rilevante livello di definizione in termini di obiettivi prefissati, aspetti previsionali (effetti attesi, arco temporale, costo), priorità di Piano di Gestione; Piano gestionale ed organizzativo, con la definizione delle linee guida del modello organizzativo e gestionale (organizzazione sul territorio, attività da espletare, stima dei costi operativi, dimensionamento dell’organico;ecc) Definizione delle risorse disponibili e articolazione della tariffa. Il Piano d’Ambito, approvato con Ordinanza del Commissario Governativo dell’Emergenza idrica in Sardegna n. 321 del 30/09/2002 è stato adottato dall’Autorità d’Ambito nel 2003. Da esso è stato estratto un Programma Operativo Triennale (POT) con annualità per il 2003/04 per l’impegno dei fondi della programmazione comunitaria POR del periodo 2003-2006, e dei fondi della Delibera CIPE 36/2004. Dai materiali informativi supportanti il Piano d’Ambito è stato investigato sia lo stato di fatto dell’utilizzo delle risorse per fini irrigui che il futuro assetto previsto ed entrambi non confliggono con il Piano di Gestione proposto, sia geometricamente che in quanto all’utilizzo delle risorse idriche disponibili. In entrambi le situazioni, attuale e futura non ci sono interferenze tra il Piano d’Ambito ed il Piano di Gestione proposto. 2.3.9. Piano Tutela delle Acque 30


Il Piano di Tutela delle Acque (PTA) approvato con Delibera della Giunta Regionale D.G.R. n. 14/16 del 4 aprile del 2006, è stato redatto, ai sensi dell'Art. 44 del D. Lgs. 152/99 e s.m.i., dal Servizio di Tutela delle Acque dell'Assessorato della Difesa dell'Ambiente della Regione Autonoma della Sardegna, con la collaborazione di un R.T.I. esterno e del Gruppo Tecnico Scientifico dell'Università di Cagliari, con la partecipazione dell’Autorità d’Ambito e delle Province. Il PTA costituisce un piano stralcio di settore del Piano di Bacino Regionale della Sardegna, ai sensi dell’art. 17, c. 6-ter della legge n. 183 del 1989 e s.m.i.. Nella redazione del documento si è tenuto conto delle prescrizioni dettate dalla Direttiva 2000/60/CE che disciplina la redazione del Piano di Gestione dei bacini idrografici e che, pur non ancora recepita dallo Stato Italiano, non esonera le Regioni dall'applicazione della stessa. In realtà, il D. Lgs. 152/99, anticipando in larga parte il contenuto della Direttiva, all'epoca dell’emanazione dello stesso in avanzata fase di definizione, ha individuato nel Piano di Tutela un documento già pienamente rispondente al Piano di Gestione, a meno di alcuni elementi aggiuntivi che, in questa redazione, sono già stati in gran parte presi in considerazione. Il documento, che segue una prima versione adottata dalla Giunta Regionale con D.G.R. 17/15 del 12/04/2005, è redatto sotto forma di linee generali, come previsto dalla L. R. 14/2000, ed è stato oggetto sia di un confronto col Piano Stralcio per l'Utilizzo delle Risorse Idriche e col Piano Regionale Generale Acquedotti, sia di una consultazione pubblica rivolta a tutte le istituzioni pubbliche e private interessate all'argomento. L’area interessata dal Piano di Gestione, sulla base delle cartografie facenti parte dell PTA, è caratterizzata da una vulnerabilità da alta ad elevata, ma le attività previste, non sono tipicamente potenzialmente inquinanti e quindi non influenzeranno la falda quaternaria presente.

2.4.

PIANO URBANISTICO PROVINCIALE

Il Piano Urbanistico Provinciale (PUP) è redatto con riferimento alle disposizioni della Legge Regionale 22.12.1989, n.45 - Norme per l’uso e la tutela del territorio, e sue modifiche e integrazioni. Il PUP, in applicazione dell’art. 16 della L.R. 45/89, così come modificato dall’art. 72 della Legge Regionale 15.02.1996, n.9, ha valenza di Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, ai sensi dell’art. 15 della L. 08.06.1990, n.142. Il Piano Urbanistico Provinciale di Oristano è stato adottato con deliberazione del Consiglio Provinciale n° 17 del 18-03-2005, pubblicato ed inviato ai Comuni si trova in corso di verifica ed aggiornamento. Tale strumento, una volta entrato in vigore, potrà dispiegare effetti di indirizzo per gli strumenti Comunali in materia di pesca, caccia, acque e rifiuti e potrà armonizzarsi con le previsioni dello strumento di gestione

2.5.

PIANI URBANISTICI COMUNALI La zona in oggetto ricade nel territorio comunale di Cabras e di Oristano.

I comuni sono tutti dotati di strumenti di pianificazione urbanistica del territorio in adeguamento alle prescrizioni del vecchio PTP n° 7 del Sinis. In base alle previsioni del PTP tutte le aree comprese nel perimetro sdl sic godono di un adeguato grado di tutela che dovrebbe essere ulteriormente migliorato alla luce delle indicazioni contenute nel nuovo PPR. 31


Preme però evidenziare che oltre agli usi di tipo urbanistico ed edilizio è importante regolare in maniera adeguata le altre forme di trasformazione e di uso del territorio al fine di perseguire l’obiettivo del mantenimento degli habitat nelle condizioni di soddisfacente integrità. La normativa urbanistica vigente da sola non è in grado di incidere in maniera adeguata sugli aspetti riguardanti la pianificazione ed il controllo delle attività di sfruttamento delle risorse naturali.

32


3. QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO PER LA GESTIONE DEI SITI NATURA 2000 E LE MISURE DI CONSERVAZIONE 3.1.

DIRETTIVA “UCCELLI SELVATICI”

La Direttiva Comunitaria n. 409 del Consiglio delle Comunità Europee del 2 Aprile 1979 concerne la conservazione di tutte le specie di uccelli viventi allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato. Essa si prefigge la protezione, le gestione e la regolazione di tali specie e ne disciplina lo sfruttamento. Essa si applica agli uccelli, alle uova, ai nidi e agli habitat. La ZPS “Stagno di Mistras” è adiacente alla ZPS “Stagno di Cabras”.

3.2.

DIRETTIVA “HABITAT”

La Direttiva n. 43 del Consiglio delle Comunità Europee del 21 Maggio 1992 è relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e delle faune selvatiche. Ai sensi dell’Articolo 2 della presente Direttiva, scopo principale è quello di contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche del territorio europeo degli Stati membri ai quali si applica il trattato. Le misure adottate a norma della presente direttiva sono intese ad assicurare il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli abita naturali e delle specie di fauna e flora selvatiche di interesse comunitario. Nell’ambito della perimetrazione dei SIC la Regione Sardegna ha proposto un perimetro che interessa interamente l’area di Piano di Gestione. La procedura su cui si basa la fattibilità degli interventi e delle trasformazioni che possono in qualche modo influire sullo stato degli habitat e delle specie ricadenti in un SIC o in un ZPS, è la Valutazione di Incidenza, come previsto dalla normativa vigente (DPR 357 del )

3.3.

MISURE DI CONSERVAZIONE

Affrontando questo capitolo si ripropone l’interrogazione posta alla base della redazione di questo Piano di Gestione: è necessario dotarsi di un Piano di Gestione? Non si può infatti negare che gli habitat e le specie animali e vegetali descritti in precedenza non meritino un'attenzione particolare. Ma se da un lato si riconosce l'esigenza di specifiche attenzioni dall'altro si vuole sottolineare che il rispetto delle norme e della pianificazione esistente e la presenza di specifici Piani di Settore (Piano Forestale, Piano di Assetto Idrogeologico,…) già di per sé, se attuati compiutamente e rispettati, possono assicurare adeguati livelli di protezione all’interno dei SIC e ZPS. Ciò premesso, l’esigenza di introdurre misure di conservazione che siano specifiche dei luoghi dei quali il gruppo di lavoro si è occupato, si assegna a quanto esposto al seguito, il valore di Regolamento di disciplina delle attività rimandando a specifici regolamentI d’attuazione o disciplinari l’adozione di misure di conservazione di dettaglio. 33


Tale raccomandazione discende dalle seguenti evidenze e necessità: 1. 2. 3.

avere un maggiore dettaglio sulla componenti ambientali caratterizzanti il SIC/ZPS; condurre un maggior approfondimento sulle attività e sui livelli di infrastrutturazione delle imprese e/o degli operatori; attuare specifici e necessari momenti di approfondimento per un ampia condivisione/sensibilizzazione con gli operatori e portatori di interesse.

I disciplinari relativi alle diverse attività (pesca, acquacoltura, agricoltura, allevamento, servizi al turismo, attività ricreative,…) saranno articolati in: -

Misure regolamentari; Misure amministrative; Misure contrattuali;

Inoltre si ricorda che il tratto di mare e la rispettiva zona demaniale che va dall’attuale mira di delimitazione dell’AMP alla zona di Is Barraccas, compresa tra la bocca di Mistras e il canale scolmatore, verrà tra non molto annessa all’Area Marina Protetta “Penisola del Sinis – Isola di Mal di Ventre” (Zona C). In tale zona, di competenza dell’Area Marina Protetta, avranno validità anche le misure di conservazione e gestione proprie dell'AMP.

3.3.1. Misure regolamentari Il presupposto per la regolamentazione dev’essere, come già richiamato in precedenza, l’esigenza delle normative e delle pianificazioni esistenti in quanto esse sono sufficientemente cautelative e garantiscono la conservazione dello stato attuale, dove ritenuto soddisfacente e prevedendo anche il ripristino delle condizioni, dove queste lo dovessero richiedere. Ciò detto laddove le conoscenze esistenti lo hanno permesso si ritiene possano essere definite delle linee di condotta che successivamente potranno essere “recepite” nei Regolamenti di esecuzione. Di contro, per gli ambiti per i quali le informazioni non sono sufficienti a definirne lo stato, le misure di regolamentazione dovranno essere ricondotte a quelle previste dalla normativa. Il gruppo di lavoro raccomanda che: -

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-

Dovrebbe essere ridotta e se possibile evitata la frammentazione degli habitat, riferendosi alla trasformazione delle superfici e alla costruzione di edifici e strutture. Le alterazioni/modificazioni delle superfici devono essere intese come: o modificazioni delle superfici drenanti; o modificazioni delle pendenze; o modificazioni sostanziali delle direzioni di dilavamento; Dovranno essere previste misure che vietino/limitino l’utilizzo di prodotti chimici in agricoltura all’interno e nelle zone limitrofe al SIC/ZPS (p.e.: l’utilizzo di diserbanti o i trattamenti fitosanitari con prodotti chimici); Dovrà essere regolamentato il pascolo, in habitat particolarmente sensibili al calpestio e nelle aree lungo le rive ed in prossimità di zone umide; Dovrà essere regolamentata l’introduzione in natura di specie alloctone, sia invasive che avventizie; Gli interventi di ripristino/recupero ambientale ed ornamentali dovranno essere 34


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attuati impiegando germoplasma autoctono; Regolamentare il prelievo di specie autoctone, attraverso gradi di vincolo variabili a seconda che si tratti di specie prioritaria della DIR 92/43/CEE o esclusiva del Sinis, endemica o peculiarità a livello italiano (Viola, Coris, etc.), di interesse fitogeografico e, ultimo livello, di interesse paesaggistico (es: palma nana), sia ad uso alimentare che ornamentale. Regolamentare la sentieristica e l’accesso all’interno del SIC e degli ZPS, in accordo anche con periodi particolari (p.e.: riproduzioni di specie ornitiche, periodi di fioritura/fruttificazione); Regolamentare in particolar modo per il SIC di San Giovanni, l’attraversamento delle dune per il raggiungimento della spiaggia. Regolamentare l’ancoraggio e l’ormeggio nell’area antistante la laguna di Mistras (sia internamente che nelle zone limitrofe al SIC) in analogia con quanto sarà previsto dal Regolamento dell'Area Marina Protetta; Regolamentare l’utilizzo di strumenti da pesca nell’area antistante la laguna di Mistras (sia internamente che nelle zone limitrofe al SIC) Regolamentare la caccia, dove è ora praticabile , sia in accordo con le misure e indicazioni della Regione e della Provincia, sia in relazione ai risultati di monitoraggi periodici sullo stato della conservazione della fauna; In accordo con i programmi locali, provinciali, regionali, nazionali ed europei, regolamentare la gestione (conservazione e controllo) di particolari specie (p.es.: Cormorano,…)

Per le zone Natura 2000 che avranno sovrapposizione con quelle di competenza dell’Area Marina Protetta saranno inoltre valide le norme, le regolamentazioni e i disciplinari dell’AMP stessa qualora queste fossero più vincolanti e quindi con un maggiore livello di tutela. A tale scopo si vedano in allegato i protocolli del MATTM relativi a “Nautica da diporto” e “Attività subacquea ricreativa”

3.3.2. Misure amministrative Premesso che in quasi tutti i casi è già previsto dalle normative vigenti che per la pratica delle attività sia necessario avviare procedure amministrative, quali autorizzazioni e/o comunicazioni, si ravvisa la necessità che l'Ente di Gestione (EG) sia destinatario di “copia” di tali richieste. Quando possibile, sentiti gli Enti competenti, sarebbe necessario, l'EG fosse parte in causa attiva, con parere consultivo o vincolante. Particolare attenzione deve essere posta nella:

1) piantumazione alberi e piante (in accordo con la pianificazione e normativa 2) 3) 4) 5) 6) 7) 8) 9)

vigente: vedere piano forestale) Attività di bruciamento; Apertura di nuove strade all’interno dei SIC e degli ZPS; Movimentazione e sbancamento di terra; effettuazioni di manifestazioni e feste, soprattutto se non tradizionali; emissioni sonore e luminose; pianificazione degli accessi; gestione, quando e dove necessaria, dei flussi e delle presenze attraverso azioni di contingentamento; Raccolta e prelievo di specie sia vegetali che animali;

35


Per quanto riguarda invece le attività DISCIPLINATE dall'Ente Gestore, si dovrà prevedere la costituzione di un ufficio ad hoc che si occupi delle pratiche concessorie o informative.

3.3.3. Misure contrattuali Potranno essere previste misure che finalizzate allo sviluppo di Piani di sviluppo su specifici ambiti (agricoltura, turismo, pesca,...). Potranno essere previste misure quali: 1) 2) 3) 4) 5) 6) 7)

permute; cessioni; acquisti; accordi di settore; incentivi; produzioni tipiche; incentivazioni di produzioni tipiche, con l’utilizzo di metodologie biologiche certificato o altre a basso impatto.

In coerenza con le prescrizioni e gli indirizzi del PPR che si applicano pienamente al SIC è necessario : 1) Procedere al riconoscimento formale del bene identitario così come prescritto dalla normativa del PPR; 2) Conservare lo stato di naturalità del complesso delle zone umide; 3) Mantenere le tipologie costruttive tradizionali; 4) Restaurare le attrezzature della pesca tradizionali nei manufatti e nei materiali.

3.3.4. Attività Coerentemente con gli strumenti di pianificazione (PPR, PUC,…) sono consentite le attività di: - ricettività sostenibile e ristorazione tipica e in particolare iniziative per la realizzazione di: o Aziende ricettive alberghiere o strutture ricettive extralberghiere o aziende ricettive all’aria aperta o strutture a completamento dell’offerta di attività sportive ecocompatibili quali: posti tappa, rifugi; o ristorazione tipica per non più di 60 coperti. - Sviluppo dell’artigianato delle produzioni locali e recupero delle botteghe artigiane tipiche. In particolare saranno finanziabili: o realizzazione di nuovi impianti produttivi; o ampliamento, ristrutturazione, completamento e trasformazione di strutture già operanti; o adeguamento dei laboratori, strutture e impianti, compresi i macchinari e le attrezzature, alle normative in materia di igiene, ambiente e sicurezza nei luoghi di lavoro. - Servizi connessi alla gestione e alla fruizione del patrimonio naturalistico. - progetti di creazione e sviluppo di imprese che erogano servizi come: o guida e interprete naturalistico, animazione ed educazione ambientale; 36


attività sportive ecocompatibili (escursionismo, birdwatching, canoa, diving, navigazione, vela, surf, wind-surf, kite-surf, bikinig, etc), anche con centri di addestramento finalizzati esclusivamente allo svolgimento dell’attività sportiva; o servizi turistici di informazione, accoglienza e accompagnamento, servizi di trasporto; o tutela e recupero ambientale, quali ad esempio manutenzione e monitoraggio ambientale, bonifica dei fondali, attività di censimenti florofaunistici, etc. - Realizzazione di reti di promozione dell’offerta tipica locale con coordinamento delle azioni di informazione, divulgazione e commercializzazione dei beni e servizi: o reti di promozione dell’offerta di produzioni tipiche locali, dell’offerta turistica e ricettiva; o creazione di reti tra imprese di diverse aree naturalistiche per la qualificazione delle produzioni o dei servizi erogati nonché di condivisione dei dati ambientali. - Sono inoltre consentite, secondo i disciplinari specifici: o la pesca; o l’attività fotografica; o l’attività ricreativa; o l’organizzazione di eventi a scopo di divulgazione ed sensibilizzazione; o gli interventi che mirano a diminuire il degrado ambientale; o le escursioni a cavallo; o l’utilizzo di aquiloni; o la pratica di giochi quali il calcio, la pallavolo,… o il tiro con l’arco (con bersaglio); o concerti e spettacoli; o le fiere, le feste tradizionali o

Sono vietate: -

l’attività di fuoristrada (se non per scopi legati all’attività di gestione) il motocross (sia a due che a quattro ruote) l’uso di esplosivi o fuochi d’artificio al di fuori delle occasioni concordate le moto d’acqua (a scopo ricreativo) lo sci nautico la navigazione a motore a velocità superiore di 5 nodi il pascolo non controllato del bestiame e delle greggi; il prelievo di organismi vegetali e animali di particolare interesse per la conservazione

Nell’ottica di una gestione reale delle aree oggetto del Presente Piano di Gestione, si ritiene necessario sottolineare che un qualsiasi insieme di misure di conservazione, può essere efficace se all’attività di regolamentazione, non vengono previste e messe in atto attività di controllo e monitoraggio. Il primo come strumento repressivo nei confronti di azioni illecite, il secondo per valutare l’efficacia delle azioni e della gestione in atto.

3.4.

IPOTESI ENTE DI GESTIONE

37


Al fine di garantire l’avvio e un minimo di continuità adeguata alla gestione del Sito, viene descritta in seguito un’ipotesi di come potrebbe essere costituito l’Organismo di Gestione. Si auspica l’identificazione di un Comitato di pilotaggio (funzione politica e tecnica) che accompagni la gestione degli interventi finanziati e pianifichi nuovi interventi, sulla base delle esigenze dello stato di conservazione e di gestione degli habitat e delle specie. Per esempio un gruppo di lavoro costituito da un rappresentante per ogni comune in cui ricade il SIC e un tecnico/professionista per ogni ambito di rilievo (agronomo, botanico, biologo,…) “coordinati” da una figura di tipo gestionale.

3.4.1.

Aspetti amministrativi

Nello specifico, per quanto riguarda il funzionamento ordinario della segreteria del SIC, ogni comune dovrà assicurare l’impegno per garantire l’attività minima basale (gestione posta, autorizzazioni, concessioni,…). La stima dei costi è riportata in scheda apposita;

3.4.2.

Aspetti tecnico-scientifici

Si ipotizza possano essere effettuati attraverso:

-

occasionalmente, la parte tecnica del gruppo di pilotaggio; continuativamente, attraverso l’identificazione e l’affidamento a strutture o singoli appartenenti a gruppi già esistenti. La presenza di una figura tecnica in modalità part-time, garantirebbe l’aggiornamento di data-base tematici relativi al SIC. La stessa figura potrebbe occuparsi della parte tecnica relativa ai procedimenti di autorizzazione, concessioni o altro.

3.4.3.

Aspetti decisionali

Di competenza del Comitato di pilotaggio, in accordo con la RAS e il MATTM, sentito il parere del gruppo tecnico-scientifico. Costi della gestione 1. Limitati e coincidenti con l’attuazione degli interventi, ovvero ai professionisti incaricati sarà fatto obbligo di partecipare al comitato di pilotaggio, per quanto di loro competenza. 2. La gestione tecnico amministrativa (le istruttorie, aggiornamento di database,… verranno garantite implementando una sorta di “commissione edilizia” pro SIC. 3. Ordinaria:sulle strutture preesistenti; 4. Straordinaria (comitato);

Deliberazione RAS 917 del 7/3/2007 Si ritiene che le misure di tutela e conservazione di cui alla Deliberazione, e allegati, della Regione Autonoma della Sardegna N. 9/17 del 7/3/2007, con oggetto “Designazione di Zone di Protezione Speciale”, debbano , appunto per come vengono 38


definite ...valide per tutte le ZPS debbano essere rese valide da provvedimenti differenti dal presente specifico Piano di Gestione. Tali misure prevedranno: ... Misure di conservazione valide per tutte le ZPS Le seguenti norme dovranno essere applicate in tutte le Zone di Protezione Speciale. In particolare, in tali aree dovrà essere vietata la realizzazione di nuovi impianti, particolarmente impattanti per specie e habitat, quali: ! ! !

! ! !

nuove discariche o ampliamento di quelle esistenti; impianti di trattamento e smaltimento di fanghi e rifiuti o ampliamento di quelli esistenti elettrodotti aerei di alta e media tensione se non si prevedono le opere di prevenzione del rischio di elettrocuzione/collisione mediante l’applicazione di piattaforme di sosta, la posa di spirali di segnalazione, di eliche o sfere luminescenti, di cavi tipo elicord impianti da sci impianti eolici nuove cave o ampliamento di quelle esistenti e inoltre dovranno essere vietate le seguenti attività:

!

! !

!

!

introduzione di specie animali alloctone in ambienti naturali in rispetto ai sensi dell’art. 63 della Legge Regionale 29 luglio 1998, n. 23 “Norme per la protezione della fauna selvatica e per l’esercizio della caccia in Sardegna” ripopolamenti a scopo venatorio ad esclusione di quelli realizzati con soggetti appartenenti alle specie autoctone mantenute in purezza circolazione motorizzata fuoristrada fatta eccezione per i mezzi agricoli, i mezzi di soccorso, di controllo e sorveglianza, nonché per l'accesso al fondo degli aventi diritto esercizio dell’attività venatoria in deroga in attuazione dell'articolo 9 della Direttiva 79/409/CEE" ai sensi dell’art. 49 della Legge regionale 29 luglio 1998, n. 23 “Norme per la protezione della fauna selvatica e per l’esercizio della caccia in Sardegna” l’attività di addestramento di cani da caccia, con o senza sparo, dal 1 febbraio al 15 settembre.

Ed inoltre nello specifico per la tipologia “ambienti umidi” delle ZPS dello stagno di Mistras e dello Stagno di Cabras, la deliberazione regionale prevede ...

Misure di conservazione valide per le singole ZPS appartenenti alle diverse tipologie ambientali

! !

Divieto dell’esercizio dell’attività venatoria sulle specie ornitiche Impedimento di tutte le attività di realizzazione e/o manutenzione di manufatti e connesse a pratiche agricole quali: taglio, sfalcio, trinciatura, incendio, diserbo chimico, lavorazioni superficiali del terreno della vegetazione spontanea arborea, arbustiva e erbacea nella fascia di rispetto 39


! ! !

peristagnale di larghezza pari a 50 m nel periodo 1 marzo – 15 agosto. Divieto di introduzione di specie ittiche alloctone Divieto di svolgere attività di addestramento di cani da caccia con o senza sparo Rispetto degli articoli 105 e 106 Parte III del D. lgs 152/2006 che disciplinano gli scarichi di acque reflue industriali e di acque reflue urbane in acque superficiali ed in corpi idrici ricadenti in aree sensibili e rispetto degli art. 22 e 40 delle “Norme di attuazione del Piano di Tutela delle Acque” della Regione Autonoma della Sardegna Regolamentazione delle attività sportive (footing), ricreative (fotografia naturalistica) e di monitoraggio scientifico durante il periodo riproduttivo delle specie.

40


4. QUADRO CONOSCITIVO Il quadro conoscitivo mira, oltre che a fornire informazioni sul sito specifico, oggetto del piano, ad inquadrarlo in un contesto più ampio di vasta scala.

4.1.

CARATTERIZZAZIONE TERRITORIALE

4.1.1. SIC “Stagno di Mistras di ORISTANO” E ZPS “STAGNO DI MISTRAS” Denominazione:

Stagno di Mistras di Oristano (SIC) Stagno di Mistras (ZPS)

Codice identificativo:

ITB030034 (SIC) ITB034006 (ZPS)

Estensione:

1614,00 ha (SIC) 713,00 ha (ZPS)

Regione Biogeografica: Mediterranea Confini I confini del SIC seguono, nella parte nord e in quella ovest, pressappoco la strada provinciale n. 6 (SP6) che collega Cabras a San Giovanni di Sinis. A Est dalla provinciale n. 1 (SP1) che porta da Cabras a Torregrande. La parte Sud del perimetro del SIC passa sotto la pineta che separa la zona denominata Pontis dalla borgata marina. Prima di giungere al porticciolo, il perimetro scende fino al mare per poi proseguire, parallelamente alla costa, verso lo scivolo di alaggio di Mar Marto i localià San Giovanni. Confina a nord con il SIC “Stagno di Cabras” mentre a sud-ovest dista pochi centinaia di metri dal SIC “Dune di San Giovanni di Sinis”. Lo ZPS è quasi completamente ricompreso all’interno del perimetro del SIC, limitando la propria estensione quasi unicamente alle zone interessate dallo laguna di Mistras. Nella parte a sud oltrepassa di poche decine di metri il confine del SIC. Altitudine L’altitudine massima registrata è di circa 4 m s.l.m.m. Coordinate Geografiche Il baricentro geografico dei siti è individuato dalle coordinate geografiche (WGS84):

-

008° 28’ 25’’ E ; 39° 54’ 12’’ N (SIC) 008° 27’ 46’’ E ; 39° 53’ 54’’ N (ZPS) Regione Amministrativa

41


Mentre la ZPS di Mistras ricade completamente all’interno di una zona coperta da NUTS (Nomenclatura delle unità territoriali per la statistica), il SIC ricade, per il 20%, in una zona marina non identificata con tale codice. Codice NUTS ITB (Regione Sardegna). INQUADRAMENTO GENERALE Il SIC e la ZPS, rispettivamente identificati con i codici (ITB030034 - ITB034006) sono localizzati nella parte nord-occidentale del Golfo di Oristano, verso la parte terminale sud della Penisola del Sinis. La laguna di Mistras costituiva, prima della realizzazione del Canale scolmatore un punto di comunicazione tra lo Stagno di Cabras. Da allora in poi non riceve più le acque dello stagno di Cabras ed è unicamente unito al mare da una bocca. La profondità della laguna è di ridotta entità, solitamente inferiore ad un metro. Al di fuori del perimetro del SIC, verso ovest e nord-ovest è presente una zona collinare (Su Pranu) che raggiunge nel punto più elevato i 90 metri. I pendi rivolti ad est, quindi, scolano le proprie acque all’interno della laguna di Mistras. La zona di Mar’e Pontis, ricompresa all’interno del SIC Stagno di Mistras, costituisce invece la via di congiunzione tra Stagno di Cabras e mare (golfo di Oristano). Sono presenti una serie di canali che consentono il defluire delle acque dello stagno. Tale sistema è stato modificato periodicamente dall’uomo per funzionalizzato alla pesca, sfruttando gli spostamenti del pesce dal mare allo stagno. All’interno del SIC sono presenti alcune abitazioni, per lo più utilizzate nel periodo estivo. Sono presenti inoltre tre impianti per la pesca o per la produzione ittica:

-

un allevamento su vasche nei pressi del canale scolmatore;

-

una peschiera storica all’interno della zona di Mare e Pontis;

-

una peschiera con alcune vasche alle bocche della laguna di Mistras. Sono inoltre presenti alcune aziende zootecniche e agricole di piccole dimensioni.

Di particolare interesse è la presenza all’interno del SIC del porticciolo turistico di Torregrande e del piccolo scivolo di alaggio presente a Mar Morto. La zona di Su Siccu Is Barracasa è utilizzata come zona di ormeggio per alcune piccole imbarcazioni utilizzate per la pesca tradizionale. La rete stradale principale non attraversa il SIC, ma lo circonda, costituendone, come detto precedentemente, parte del confine. Sono presenti inoltre strade, non asfaltate, che portano all’interno del SIC e dello ZPS. Alcune di esse sono di servizio a proprietà private altre utilizzate per avvicinamento alle rive dello stagno o del mare. Comuni interessati IL SIC interessa due Comuni della Provincia di Oristano: quello di Cabras e quello di Oristano. Parte del SIC è costituito da mare. Attualmente solo una piccola parte del SIC è interessata dalla sovrapposizione con l’Area Marina Protetta “Penisola del Sinis – Isola di Mal di Ventre”, ma è attualmente in via corso la nuova definizione del perimetro di quest’ultima, nella quale ricadrà una parte maggiore del SIC. La ZPS ricade completamente all’interno del Comune di Cabras.

4.1.2. SIC “San Giovanni di Sinis” 42


Denominazione:

San Giovanni di Sinis (SIC)

Codice identificativo:

ITB032239 (SIC)

Estensione:

2,80 ha (SIC)

Regione Biogeografica: Mediterranea Confini Il SIC “San Giovanni di Sinis” non presenta confini che corrispondano a delle reali strutture naturali o antropiche, se non per un piccolo tratto che coincide con la strada che porta dal villaggio di San Giovanni di Sinis al sito archeologico di Tharros. Ad un’analisi più approfondita e da quanto si potrebbe evincere dal formulario relativo al SIC, la perimetrazione attuale sembra tenga conto di alcune strutture ora non più esistenti, i capanni in falasco, che sorgevano numerosi lungo tutta la costa di San Giovanni. Altitudine L’altezza massima registrata è di circa 10 m s.l.m.m., quella minima di 3 m s.l.m.m. Coordinate Geografiche Il baricentro geografico dei siti è individuato dalle coordinate geografiche (WGS84):

-

008° 26’ 21’’ E ; 39° 52’ 49’’ N Regione Amministrativa

Il SIC ricade completamente all’interno delle Regione Amministrativa Sardegna (Codice NUTS: ITB) INQUADRAMENTO GENERALE Il SIC è situato in una zona caratterizzata principalmente da un campo dunale non molto esteso, al limite della borgata marina di San Giovanni di Sinis. L'area individuata rappresenta una zona di transizione tra ambiente marino costiero ad alta energia, esposto ai venti di maestrale, e un ambiente marino più “tranquillo” del golfo di Oristano. Ai margini del SIC sono presenti alcune strutture commerciali (bar e ristoranti).

4.2.

COMPONENTE FISICA

4.2.1. Caratteristiche climatiche Per delineare i caratteri climatici dell’area circostante il complesso della laguna di Mistras, sono stati analizzati i regimi dei principali parametri meteoclimatici. A tal fine sono state acquisite le serie storiche dei parametri meteorologici, in particolare i dati 43


pluvio-termometrici, anemometrici, di umidità dell’aria, dell’insolazione, della pressione atmosferica, della nuvolosità e del regime idrico dei suoli, rilevati nelle stazioni meteorologiche ricadenti nel territorio in esame ed in quelle ubicate nel suo intorno. I dati utilizzati provengono dalla sezione del Genio Civile di Cagliari dell'Assessorato Regionale ai Lavori Pubblici, dagli Uffici Regionali dell'ENEL, dall'EAF, dalla Marina Militare, dal S.A.R. e dall’Atlante della Sardegna (Pracchi et alii). Il diversi regimi meteoclimatici sono stati definiti elaborando ed analizzando le osservazioni giornaliere, rilevate dal 1922 al 1992 nelle stazioni meteorologiche di Cabras, Riola, Cantoniera Cadreas, Capo Frasca, Oristano (1922-2002), Santa Giusta e Santa Lucia. Di queste stazioni solo quelle di Capo Frasca (91 m slm), Santa Giusta (10 m slm) e Santa Lucia (8 m slm) registrano regolarmente, oltre alla pluviometria anche le temperature e la ventosità, quelle di Capo Frasca e di Santa Lucia rilevano l’umidità dell’aria, mentre solo quella di Santa Lucia rileva costantemente l’eliofania. Il diversi regimi meteoclimatici sono stati definiti elaborando ed analizzando le osservazioni giornaliere, rilevate dal 1922 al 1992 nelle stazioni meteorologiche di Cabras, Riola, Cantoniera Cadreas, Capo Frasca, Oristano, Santa Giusta e Santa Lucia. Di queste stazioni solo quelle di Capo Frasca (91 m slm), Santa Giusta (10 m slm) e Santa Lucia (8 m slm) registrano regolarmente, oltre alla pluviometria anche le temperature e la ventosità, quelle di Capo Frasca e di Santa Lucia rilevano l’umidità dell’aria, mentre solo quella di Santa Lucia rileva costantemente l’eliofania. 4.2.1.1.

La termometria

L’analisi dei dati rilevati nelle stazioni termometriche disponibili indicano che nel settore interessato dal progetto la temperatura media annua è di 16,3°C. Le escursioni termiche annue variano tra i 14,2°C di Santa Giusta ed i 13,3°C di Capo Frasca, mentre le escursioni termiche giornaliere sono comprese tra i 6,1°C ed i 12°C. Il mese più freddo è generalmente gennaio con temperatura media di 9,6°C, anche se temperature assolute più fredde si possono registrare anche nei mesi di dicembre e febbraio. In questi mesi e nel mese di marzo si possono registrare infatti temperature assolute prossime od inferiori a 0°C. I mesi più caldi sono luglio e agosto, con valori medi di temperatura massima intorno ai 30°C. In questi mesi le temperature massime assolute possono raggiungere i 37-38°C e superare anche i 40°C. Anche nei mesi di settembre e giugno si possono registrare temperature abbastanza alte con valori massimi generalmente intorno ai 35°C e meno frequentemente con valori massimi intorno ai 36-37°C. Il soleggiamento giornaliero si misura in ore. Alle nostre latitudini il soleggiamento teorico è di 8-9 in inverno e di 14-16 ore in estate. Il soleggiamento relativo ha un valore minimo di 0,30-0,50 in inverno ed uno massimo di 0,65-0,85 in estate. Per quanto riguarda i dati relativi alla radiazione solare incidente esistono le rilevazioni effettuate dalla rete attinometrica del Servizio Meteorologico dell'Aeronautica Militare, che hanno permesso di calcolare i valori medi mensili di radiazione solare globale (diretta + diffusa), incidente sull'unità di superficie orizzontale in Sardegna. Il valore medio annuo calcolato è di circa 165 W/mq, con un massimo di 180 W/mq nelle zone montane ed un minimo di 150-170 W/mq che si riscontra invece in corrispondenza delle zone di pianura. Questi dati danno un'informazione generale sull'andamento della radiazione nell'Isola, che risulta una delle più alte in Italia. Nell'area non sono invece disponibili dati relativi a misure della radiazione solare pertanto risulta assai difficile descrivere in dettaglio l'andamento di questo parametro. Gli unici dati disponibili su questa area sono quelli sull'eliofania, rilevati nella stazione meteorologica sita nel Campo sperimentale di Santa Lucia (8 m slm), in agro di Zeddiani, dell'Istituto di Agronomia generale e 44


Coltivazioni erbacee dell'Università di Sassari. I dati dell'eliofania relativi a questa stazione sono riportati nella Tabella seguente. Tabella 1 - Medie mensili dell'eliofania per la stazione di Santa Lucia (Zeddiani)

Mesi

G

F

M

A

M

G

L

A

S

O

N

D

n/N

0,41

0,46

0,52

0,53

0,60

0,68

0,75

0,74

0,67

0,60

0,49

0,48

Dove n/N è il rapporto tra la durata del tempo in cui il sole è effettivamente visibile al suolo (n = eliofania assoluta) e la durata astronomica della permanenza del sole sopra l'orizzonte (N). Questi dati possono essere considerati validi anche per le aree che presentano caratteri orografici e di esposizione analoghi a quelli di questa stazione, ossia aree pianeggianti poste ad altitudine non molto diversa e assenza di ostacoli che possano creare ombre. In media si hanno 133 giorni sereni, 112 nuvolosi e 120 coperti, con nuvolosità minore ai 3/10 di cielo aperto, rilevati nella stazione di Oristano. 4.2.1.2.

Le precipitazioni

La pluviometria varia tra 550 mm/anno ed i 650 mm/anno. Per la Stazione di Riola (9 m slm), posta internamente all’area di progetto, sono disponibili rilevazioni per circa 49 anni ed il valore medio delle precipitazioni è di 642,0 mm/anno. La piovosità massima mai registrata sulle 24 ore è di 97 mm, mentre quella probabile a 500 anni è di 139.77 mm. Nella Stazione di Cabras (9 m slm), per la quale si hanno solo 21 anni di osservazioni, il valore medio annuo delle precipitazioni è di 629,2 mm/a. Il mese più piovoso è dicembre, con valori medi di 95,6 mm/m, mentre quello pù secco è luglio con valori medi di 2,3 mm/m. In questa stazione il massimo pluviometrico in 24 ore di 79,4 mm/g si registrò nel 1933. In quella di Riola il mese più piovoso, con valori medi di 152,2 mm/m, è dicembre, quello più asciutto è luglio con 3,1 mm/m. a media annua delle precipitazioni. A Santa Lucia si registrano valori medi annui di precipitazioni di 574,7 mm/a, il mese più piovoso con 134,8 mm/m è dicembre, quello più asciutto, con 4,6 mm/m, è luglio. Per Oristano (12 m slm) il valore delle precipitazioni medie annue è di 581,8 mm/a. Per questa stazione il mese più piovoso risulta quello di dicembre con media mensile di 93,6 mm/m, mentre quello più secco risulta luglio con 2,0 mm/m di precipitazioni. Il massimo pluviometrico nelle 24 ore paria 74,0 mm di pioggia in un giorno è stato registrato nell’ottobre giugno del 1959. Per la stazione di Santa Giusta (10 m slm) e precipitazioni medie annue sono di 580,9 mm/a. Il mese più piovoso è dicembre con valori medi di 95,2 mm/m,mentre quello più asciutto è luglio con 3,1 mm/m. Le massime precipitazioni in 24 ore pari a 72,5 mm/g si verificarono nel settembre del 1949. Per tutte le stazioni considerate le precipitazioni sono generalmente concentrate nel periodo autunno-invernale ed il maggior quantitativo di pioggia cade nel mese di dicembre. Il periodo estivo è caratterizzato per tutte le stazioni da una accentuata aridità, con anni nei quali il periodo secco si prolunga anche per otto mesi. Nel periodo invernale, nel mese di gennaio e talvolta di febbraio, si possono verificare alcune settimane di tempo secco, le cosiddette secche di gennaio. 45


La media annua di giorni piovosi varia tra 61 ed 70 gg. Il regime pluviometrico risulta estremamente irregolare con forti variazioni tra anno ed anno. All’andamento tipico mediterraneo ogni tanto si alterna quello mediterraneo di transizione caratterizzato da due periodi piovosi, uno in inverno ed l’altro in primavera. Nell’arco di tempo coperto da osservazioni si notano alcune serie di anni particolarmente siccitosi, così come non sono infrequenti eventi pluviometrici di portata straordinaria. Nel complesso l'area esaminata mostra un regime pluviometrico con una piovosità di bassa entità, concentrata nel periodo invernale, con estati rigorosamente asciutte, solo qualche volta interessate da eventi temporaleschi anche eccezionali. La primavera è generalmente scarsa di apporti mentre l'autunno è sovente più ricco dell'inverno. Buona parte degli eventi meteorici di rilievo ha avuto luogo in periodo autunnale e precisamente tra settembre e dicembre, con episodi notevoli anche nei primi 2 mesi dell'anno. Le precipitazioni nevose sono rare. 4.2.1.3.

Igrometria

L’umidità dell’aria mostra generalmente un andamento decrescente dalla costa verso l’interno, per la forte influenza giocata dalle brezze di mare che caricano di umidità l’aria e dall’inverno all’estate. I valori di umidità relativa registrati nella stazione di Oristano sono dell’ordine dell’84% in gennaio, dell’82% in aprile, del 77% in luglio e dell’80% in ottobre. 4.2.1.4.

Barometria

La pressione atmosferica media annua, ridotta al livello del mare, sempre relativa alla stazione di Oristano, è di 1015,2 mb, con un massimo di 1015,7 mb nel mese di luglio ed un minimo di 1014,5 mb nei mesi di gennaio e aprile. Nel Sinis la pressione atmosferica media annua mostra valori di poco superiori ai 1015,2 mb. 4.2.1.5.

Aspetti anemologici

L’area è caratterizzata da un’elevata ventosità. I venti dominanti sono quelli provenienti dal IV quadrante (maestrale e di ponente), che spesso raggiungono e superano la velocità di 25 m/s, e quelli provenienti dal II e III quadrante (scirocco e libeccio). Nella stazione di Oristano il vento dominante è rappresentato dal ponente. Questo vento, con il 20% della frequenza, raggiunge sovente velocità intorno ai 25 m/s. Il grecale mostra una frequenza del 15% con velocità generalmente non superiori ai 25 m/s, ed il maestrale con una frequenza intorno al 13%, raggiunge e supera la velocità di 25 m/s. Il vento meno frequente è lo scirocco, che però talvolta raggiunge e supera i 25 m/s. Le giornate di calma di vento rappresentano il 20,42% del totale. Tabella 2 - Dati anemometrici della stazione Cirras. CALMA N V media

NE

E

SE

S

SO

O

NO

V < 0.5 m/s

no dir.

6.9

4.6

3.3

4.5

5.7

5.4

5.1

6.7

5.4

V massima

37.7

29.7

23.7

21.1

20.6

19.9

24.3

27.6

24.9

Frequenza %

11.5

9.8

11.6

9.6

6.0

6.0

14.7

22.7

46

5.9

2.2


Nella stazione Cirras (Tabella 2), prevalgono i venti di NO, con una frequenza del 22,7% sul totale delle osservazioni. Seguono il ponente (14,7%), il levante (11,6%) e la tramontana (11,5%), mentre gli altri presentano frequenze inferiori al 10%. La frequenza delle calme è dell’ordine del 5,9%, infatti anche nel periodo estivo, generalmente meno ventoso, si instaurano i regimi di brezze di mare, che abbassano la frequenza delle calme di vento. Nel periodo invernale risultano nettamente prevalenti i venti del I e IV quadrante con particolare frequenza per il ponente, il maestrale ed il grecale. Nel periodo estivo prevale nettamente il ponente con il maestrale con subordinato libeccio. Le giornate di calma non sono elevate in quanto nell’area, circondata dal mare, si instaurano regimi di brezze costiere. Nel Sinis, in condizioni morfologiche e microclimatiche particolari questi dati possono subire variazioni anche rilevanti. La posizione geografica e la forma piuttosto appiattita del Sinis, permettono al vento di raggiungere velocità assai elevate e quasi sempre maggiori di quelle registrate nelle stazioni di riferimento. Il forte vento rappresenta anche un mezzo di trasporto per un’abbondante quantità di materiali detritici sabbiosi e limosi. Questo fatto, prima dell’imbrigliamento delle dune di Is Arenas, provocava un avanzamento verso l’entroterra delle coperture sabbiose. Il regime anemometrico della regione, come descritto nel grafico seguente, è caratterizzato da una prevalenza dei venti provenienti dal I e dal IV quadrante. In particolare, per i settori considerati, la stagione a maggiore intensità anemometrica è l'inverno, seguita dalla primavera, dall'autunno ed infine dall'estate. Per la stazione di Oristano sono disponibili i dati nei tre diversi archi temporali e curiosamente caratteristici. Per l’arco temporale più vecchio disponibile è possibile vedere una dominanza delle direzioni da W e da NE, mente negli anni successivi le misurazioni mostrano dominare il NW e secondariamente E e NE. Le misurazioni complessive effettuate su Capo Frasca dall’Aeronautica Militare riportano un diagramma con una notevole dominanza dei venti di W e NW seguiti dai venti di SE. 4.2.1.6.

Indici climatici

Per la classificazione dei vari tipi di clima che caratterizzano una regione, sono stati proposti diversi indici, che mettono in relazione una o più variabili e consentono di suddividere un dato territorio in aree geografiche e/o in fasce vegetazionali, con caratteri climatici diversi. Di seguito sono illustrati alcuni indici climatici, significativi per la classificazione del clima della regione in esame.

Indice di continentalità idrica di GAMS

I valori soglia dell'indice sono i seguenti:

Indice di De MARTONNE 47


I valori soglia dell'indice sono i seguenti: DA

A

0

-

5

condizioni desertiche

5

-

10

clima steppico

10

-

20

prateria

20

-

oltre

condizioni ottimali per lo sviluppo della vegetazione forestale

Pluviofattore di LANG

Dove: P = piovosità media annua (mm); T = temperatura media annua (°C). I valori soglia dell'indice sono i seguenti: DA

A

25

-

43

zone litoranee

43

-

52

zone sublitoranee

52

-

64

colline interne

62

-

137

zone montuose

Classificazione Bioclimatica di Emberger

Dove: P = pivosità media annua (mm); M = temperatura media massima del mese più caldo (°C); M = temperatura media minima del mese più freddo (°C); Secondo Arrigoni la regione in esame ricade nel bioclima mediterraneo semiarido, orizzonte superiore. 4.2.1.7.

Diagrammi Climatici

I diagrammi climatici sono rappresentazioni grafiche su un piano cartesiano, ottenute dall'elaborazione dei dati termo-pluviometrici.La loro interpretazione consente di risalire ad una definizione sintetica, ma efficace, delle caratteristiche del clima in ciascun mese dell'anno, evidenziando il/i periodo/periodo aventi maggiore grado di xerofilia.

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Climogramma di PEGUY (1961) 48


Analizza in forma grafica il regime termo-pluviometrico attraverso l'individuazione di quattro periodi stagionali.

del

territorio,

Nel grafico seguente è possibile rilevare quanto segue: i mesi di giugno, luglio, agosto e settembre ricadono nel periodo caldo arido, i restanti mesi dell'anno nel periodo temperato. Analogo riscontro si ottiene dall'elaborazione del diagramma di WALTER E LIETH, illustrato nella pagina seguente.

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Diagramma di BAGNOULS GAUSSEN - WALTER E LIETH (1960) In un sistema di assi cartesiani sono riportati i valori medi delle precipitazioni e delle temperature rilevati nei mesi dell'anno. Nel diagramma umbrotermico è possibile osservare la presenza di una stagione caldo arida, ricadente nel periodo compreso tra la terza decade di maggio ed il mese di settembre. In questa stagione il bilancio termico ed idrico è evidenziato con l'area sottesa tra le due curvilinee, rappresentati l'andamento termo-pluviometrico annuale. Il deficit idrico che si presenta nel periodo estivo è conseguenza delle scarse precipitazioni ed elevate temperature.

Figura 2 - Diagramma umbrotermico

4.2.1.8.

Classificazioni Fitoclimatiche

La vegetazione è considerata uno dei più importanti bioindicatori del carattere climatico di un territorio. Per tale ragione sono state elaborate diverse forme di classificazione fitoclimatica. Di seguito sono riportate alcuni tipi di classificazioni fitoclimatiche di ambienti mediterranei.

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Classificazione fitoclimatica del PAVARI (1916) Questa classificazione è la prima adottata in Italia. Successivamente al 1916 è stata rivista dal De Philippis (1936) che ha suddiviso il territorio Italiano in cinque zone climatiche. Per la classificazione del territorio in fasce climatiche si utilizzano i valori termici annuali quali temperatura media, temperatura media del mese più freddo, temperatura media dei minimi. I valori termici rilevati nella stazioni in esame permettono di collocare il territorio costiero dell'Oristanese nella fascia climatico-forestale del Lauretum "sottozona calda con siccità estiva".

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Classificazione del PIGNATTI (1979) la classificazione del Pignatti, introdotta più recentemente, si basa sui valori di temperatura media annua e sulle caratteristiche ecologiche dell'ambiente (vegetazione naturale presente e vegetazione potenziale). Secondo questa classificazione, il territorio in esame ricade nell'ambiente ecologico mediterraneo-arido, rappresentato da specie stenomediterranee in formazioni a boscaglia bassa, sempreverde (macchia mediterranea) e da specie litorali psammofile. Nonostante l'area presenti un elevato grado di antropizzazione, è possibile individuare, quale vegetazione climatogena potenziale, l'associazione Oleolentiscetum.

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Classificazione di Rivas-Martinez

Per quanto riguarda l’inquadramento bioclimatico si fa riferimento a quanto proposto da Rivas-Martinez et al. (2002); per calcolare tale indice si fa riferimento ai dati termo-pluviometrici della stazione di Santa Giusta. Dall’analisi dei dati risulta che l’area presenta un bioclima di tipo Mediterraneo pluvistagionale oceanico con un termotipo termomediterraneo superiore e ombrotipo secco superiore.

4.2.1.9.

La climatologia

L’evapotraspirazione reale, calcolata con la formula di Thornthwaite, per l’area in esame mostra valori di 529 mm/a, calcolati per la Stazione di Santa Giusta, (Arangino et alii, 1986). Il bilancio idrico secondo Thornthwaite produce un deficit idrico fra i mesi di maggio ed ottobre, il periodo della ricostituzione della riserva idrica inizia ad ottobre fino a metà gennaio e solo da metà gennaio ad aprile si stabilisce il periodo di eccedenza idrica. L'area in esame ricade nella fascia climatica del clima temperato caldo sub-arido, tipicamente mediterraneo con estati asciutte ed inverni miti e debolmente piovosi. Secondo la classificazione climatica di Thornthwaite, si tratta di un clima mesotermico, B2, sub-arido, con eccedenza idrica invernale da moderata e scarsa.

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La Piana di Oristano, il Sinis e l’intera fascia costiera, dove alle elevate temperature medie annue, generalmente superiori ai 17°C, sono associate scarse precipitazioni, che in alcuni casi, come per esempio nel Sinis, possono essere stimate intorno ai 400 mm/a (Pinna, o.c.), sono caratterizzati dal sottotipo climatico subtropicale-semiarido. Dall’indagine svolta risultano assai scarse le fonti di inquinamento atmosferico presenti nel territorio ed i caratteri meteoclimatici che incidono sulla qualità dell’aria sono tali da garantire una veloce diffusione e dispersione delle missioni prodotte, per cui in generale si può valutare la qualità dell’aria del territorio come buona. Va evidenziato che sono presenti alcuni inquinanti primari di origine naturale, tra i quali è opportuno citare, per l’influenza diretta sulla vegetazione naturale e sulle colture, quello dell’elevata concentrazione di sali dispersi, in seguito al fenomeno dell’aerosol marino, nelle masse d’aria che insistono sulla fascia costiera. 4.2.2. CARATTERI GEOLOGICI La laguna di Mistras si inserisce in un contesto geologico ben più complesso ed ampio del territorio di pertinenza del SIC-ZPS per cui per rendere più semplice ed organica la lettura dei caratteri geologici del territorio si è preferito suddividere l’area nelle seguenti sub-aree: - la penisola del Sinis; - il Campidano;

delle quali verrà data una descrizione separata.

Figura 3 - La geologia dell’area vasta attorno a Cabras (da Carmignani et al). (Celeste - Alluvioni recenti oloceniche; Arancio - Alluvioni terrazzate ed alluvioni cementate pleistoceniche; Bruno - Basalti plio-pleistocenici; Viola - Rioliti plioquaternarie; Verde-giallo - Daciti e riodaciti terziarie; Verde - Depositi sedimentari marini terziari)

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4.2.2.1.

La penisola del Sinis in generale

Il territorio del Sinis, compreso tra l’horst granitico dell’isolotto di Mal di Ventre ad ovest e la fossa del Campidano di Oristano ad est, dal quale è separata da una serie di faglie quaternarie di notevole rigetto dirette circa N-S, è costituito interamente da terreni vulcanici e sedimentari che si sono formati nel lasso di tempo che va dall’Oligocene all’Attuale. Le formazioni geologiche possono essere raggruppate in 4 unità principali per significato paleogeografico e strutturale: 1. Basamento oligo-miocenico; 2. Miocene superiore; 3. Pliocene marino e continentale; 4. Vulcaniti e terreni di copertura quaternari. Il basamento oligo-miocenico, costituito da vulcaniti di tipo andesitico, del ciclo vulcanico oligo-miocenico, seguite da sedimenti marini, attribuibili al Miocene inferiore e medio, non affiora nel territorio comunale, ma presumibilmente si rinviene nel suo sottosuolo. Il basamento, già tettonizzato prima della deposizione dei terreni tardo-miocenici, è stato ribassato anche nel tratto centro meridionale del Sinis, così come è avvenuto nel Campidano, dove, una perforazione profonda 1700 m, eseguita dalla SAIS nell’anno 1962 per indagini petrolifere in prossimità dell’abitato di Riola, ha incontrato le vulcaniti andesitiche, correlabili con quelle affioranti nel Sinis settentrionale, dalla profondità di 856 m fino alla fine del sondaggio, con intercalato un unico livello sedimentario marino di età miocenica tra le profondità 1298 e 1308. Se pur fuori dal territorio comunale di Cabras, è importante menzionare i termini più antichi della sequenza stratigrafica del Sinis rappresentati da vulcaniti oligoceniche di tipo andesitico e da depositi calcarei e conglomeratici del Miocene medio, che affiorano in una fascia stretta ed allungata di superficie limitata, nel settore nordorientale della penisola. Le vulcaniti, rappresentate da lave e brecce piroclastiche andesitiche, costituiscono i piccoli rilievi collinari di Perda Martigiana, Costa Atzori e Serra Araus. Esse sono collegate geneticamente al ciclo vulcanico “calco-alcalino” auct., ben rappresentato nel vicino Montiferru. Le lave, ricche di anfibolo, di colore grigio-grigio-verdastro, si presentano compatte e dure e solo localmente alterate. Le facies piroclastiche sono costituite da frammenti della stessa andesite anfibolica fortemente cementati da una matrice cineritica grigia. Queste piroclastiti sono spesso debolmente caolinizzate per cui solo raramente si presentano dure e compatte. Sembra che le andesiti si sovrappongano alle piroclastiti e che solo locaslmente, come nel settore meridionale di Costa Atzori, le attraversino verticalmente. I termini sedimentari sono rappresentati da conglomerati poligenici trasgressivi ad esclusivi clasti paleozoici, ricoperti da calcari organogeni ad Ostree. I conglomerati sono formati da ciottoli di quarzo, granito e scisti silicizzati e metamorfici del Paleozoico, con diametro compreso fra 5 e 10 cm, che passano inferiormente ad arenarie quarzose più o meno cementate. Queste due litofacies affiorano, in banchi debolmente inclinati verso ovest, nel versante occidentale della collina di Costa Atzori, dove mostrano spessore di una ventina di metri. I conglomerati poligenici si rinvengono anche fra Conca ‘e S’Omini e Pauli Benatzu su Moru, dove sono ricoperti dai calcari organogeni ad Ostree, e sono messi in contatto per faglia con i terreni del Miocene superiore.

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Sempre presso Serra Araus si rinvengono anche arenarie a Balanidi e Pectinidi e marne arenacee a Globorotalia acostaensis acostaensis Blow, Globorotalia menardii (D’Orbigny) e Globorotalia merotumida Blow & Banner, indicative dell’appartenenza al Tortoniano. Il terreni appartenenti al Miocene superiore, formato da sedimenti marini del Tortoniano terminale e del Messiniano inferiore e da sedimenti in facies lagunare e continentali sempre del Messiniano, si rinvengono con continuità nel Sinis. Nella successione stratigrafica si rinvengono dall’alto in basso: calcari, calcari marnosi ed argille, per uno spessore complessivo di circa un centinaio di metri, con stratificazione regolare e giacitura generalmente suborizzontale debolmente inclinata verso il mare. La base della successione è costituita da argille grigio-scuro, fossilifere, con frequenti cristalli di pirite cubica e piccole lenti sapropelitiche, indicatori di un ambiente riducente e condizioni di mare ristretto. La macrofauna è rappresentata da balanidi e lamellibranchi, mentre la microfauna è costituita da foraminiferi, in prevalenza plantonici. Questo deposito è stato attribuito, su base micropaleontologica, al Tortoniano superiore (Cherchi et alii, 1978). Questi terreni hanno uno sviluppo areale decisamente subordinato a quello dei messiniani, affiorando alla base della falesia occidentale di Capo San Marco, con potenza massima di 2 metri per uno sviluppo longitudinale di 10-15 metri. Anche se la presenza di dislocazioni nel basamento oligo-miocenico e delle vaste coperture detritiche quaternarie, fa presuporre che essi costituiscano, insieme alle argille messiniane, il sottosuolo profondo del Sinis. Allo stato attuale delle conoscenze non è possibile verificare se la sedimentazione marina responsabile dei depositi tortoniani di Serra Araus è proseguita ininterrottamente fino al Tortoniano sommitale, responsabile dei depositi di Capo San Marco. Il passaggio fra i depositi del Tortoniano superiore e quelli del Messiniano inferiore avviene in continuità. I terreni messiniani del Sinis hanno una particolare importanza paleogeografica perché testimoniano, con le loro facies evaporitiche, il presunto abbassamento del livello del Mar Mediterraneo. La serie messiniana è stata suddivisa da Cherchi et alii (1978) in tre unità litostratigrafiche, che dal basso in alto sono:

- Formazione di Capo San Marco; - Calcari laminati del Sinis; - Formazione dei Calcari di Torre del Sevo; La formazione di Capo San Marco, potente una ventina di metri, costituisce l’ossatura di Capo San Marco, dove è bene rappresentata in tutte le sue diverse facies e dal quale prende il nome. La formazione è formata da una sequenza di argille marnoso-siltose con intercalati orizzonti di calcari organogeni, che si sono formati in un ambiente marino sublitorale eualino, alla base, che passa ad un ambiente lagunare mixoalino, alla sommità. Questa formazione è molto eterogenea da un punto di vista litologico. Al suo interno si trovano banchi di calcari duri e compatti che si alternano a livelli di marne calcaree e marne argillose, compatte e ben steatificate, e banchi, anche piuttosto potenti, di argille siltose, meno consistenti delle altre facies che mostrano consistenza variabile in funzione del contenuto d’acqua. Queste argille-siltose, costituite da una buona percentuale di minerali delle argille a reticolo espandibile nei periodi secchi, quando il contenuto d’acqua è minimo, diventano pulverulente in superficie e tendono a 53


spaccarsi secondo un sistema di fessure poligonali. I cicli alterni di disseccamento ed imbibimento dell’ammasso roccioso portano alla lunga all’allargamento e all’approfondimento di queste fessure di disseccamento, modificando l’originale consistenza della roccia. La formazione è riccamente fossilifera. Fra le macrofaune abbondano i lamellibranchi, in particolare ostree e pectinidie subordinatamente brachiopodi, mentre fra le microfaune prevalgono i foraminiferi. I livelli più francamente argillo-siltosi, di colore grigio-giallastro, inglobano cristalli di gesso, piccoli noduli di pirite e tubicini ferruginosi, residuo di forme algali questi ultimi. Essi affiorano nella zona dell’istmo, dove formano la falesia di retrospiaggia, nella parte medio-basale del rilievo della Torre di San Giovanni, nella zona ad ovest del rilievo di Murru Mannu. Essi sono inoltre presenti con continuità anche lungo la costa orientale del promontorio, dove però sono spesso sepolti sotto le coperture detritiche quaternarie. Gli orizzonti marnoso-argillosi, marnoso-calcarei ed i calcari organogeni trovano invece la loro miglior esposizione nella paleofalesia che si rinviene a nord di Nuraghe Babboe Cabitza. Altri affioramenti, sempre di limitata estensione si rinvengono alla base di Nuraghe S’Argarara, alla base del versante orientale di Monte Palla, ed ancora a Scab’e Sai nella zona dove è stato scavato il canale che mette in comunicazione lo stagno di Is Benas con il mare. Il tratto sommitale della formazione è caratterizzato dalla presenza di depositi di ambiente continentale rappresentati da paleosuoli montmorillonitici e sabbie fluviali. La presenza di questo periodo di continentalità è evidenziata anche da una netta superficie di erosione, che sovrasta questi depositi continentali e che separa la formazione di Capo San Marco, termine basale del Messiniano, dai soprastanti Calcari Laminati del Sinis. La formazione dei calcari laminati del Sinis è costituita da calcari bianchi, microcristallini, quasi sterili, costituiti per il 96% di carbonati di deposito chimico per evaporazione da acque ipersaline. Si tratta di rocce compatte ma tenere, in giacitura generalmente sub-orizzontale, che possono essere disgregate facilmente dall’azione erosiva degli atmosferili. I calcari laminati rappresentano il primo orizzonte di facies evaporitica del Miocene terminale. Essi prendono il nome dalla penisola del Sinis dove, costituendo la parte basale della dorsale, affiorano frequentemente. Dall’entroterra di Funtana Meiga fino alla falesia di Su Tingiosu, nel settore di Monte Rasu e Monte Prama questi depositi, localmente nascosti dai suoli agrari e dalle coperture quaternarie, si rinvengono quasi in continuità. Altri affioramenti si rinvengono poco ad NE della spiaggia di Is Aruttas e lungo il tratto meridionale della spiaggia di Mari Ermi. L’affioramento più meridionale è quello di Capo San Marco dove sono ben visibili i rapporti con la sottostante formazione di Capo San Marco. La miglior esposizione si rinviene nella falesia di Su Tingiosu, che rappresenta anche la sezione tipo. Fuori dal territorio comunale essi si costituiscono la costa meridionale di Capo Mannu, la falesia di S’Arena Scoada - Putzu Idu, Monte Palla, Monte Trigu e Monte Benei ed ancora la zona di Torre Scab’e Sai.

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La sequenza messiniana è chiusa da calcari e calcari dolomitici residuali, brecciati, più o meno intensamente, di colore bianco-grigiastro, con modelli interni di bivalvi, che costituiscono la Formazione dei Calcari di Torre del Sevo. Questi calcari, costituiti da oospariti e microspatiti a noduli di anidrite, parzialmente sciolti e/o conservati in strutture tipo chickenwire (Cherchi et al, o.c.), depositatisi in ambiente iperialino-sopratidale, mostrano tracce di dissoluzione, operata da acque circolanti dolci o salmastre in ambiente subaereo, in forma di vacuoli rivestiti da minuti cristalli aciculari di calcite. Questa formazione poggia trasgressiva sui Calcari laminati del Sinis e termina con una superficie di erosione che la separa dai terreni di copertura quaternari. Per posizione stratigrafica, viene attribuita al Messiniano, del quale costituisce il secondo orizzonte carbonatico di facies evaporitica. Gli affioramenti più estesi sono quelli di Torre del Sevo, quelli del settore a nord di Capo Sa Sturaggia e quelli di Torre di Scab’e Sai, mentre piccoli lembi si rinvengono presso Monte Palla e nell’entroterra di Is Arutas, dove in passato è stata aperta una cava. Questa formazione ha dato luogo ad erratici o trovanti che spesso si rinvengono sparsi nelle zone pianeggianti come intorno a Monte Chibuddas ed in località Perdas de sa Marchesa e Maillonis. Essi inoltre si trovano spesso inglobati nei crostoni quaternari. I calcari di Torre del Sevo sono duri e compatti dislocati da faglie dirette, oggi parzialmente obliterate, sono stati intensamente erosi prima della sedimentazione della serie marina pliocenica, che poggia trasgressiva su di essi. Essi sono caratterizzati dalla presenza di sacche di terre rosse residuali, risultato dei processi carsici che interessano l’ammasso roccioso. La serie pliocenica marina, potente una trentina di metri, è costituita da una breccia, a prevalenti blocchi e clasti di elementi messiniani, alla base, che evolve in arenarie ed argille siltoso-calcaree, fossilifere, verso il tetto. Tipico di questo deposito è la presenza di livelli ricchi di spicole di spongiari. L’unico affioramento è rappresentato dalla sezione esposta nella falesia occidentale di Capo San Marco, dove il contatto Pliocene inferiore-Miocene è evidenziato da una notevole discordanza angolare. I sedimenti messiniani della formazione di Capo San Marco sono inclinati di 40-45° ed immergono verso nord mentre quelli pliocenici sono inclinati di 15° ed immergono verso sud. La fase marina pliocenica è seguita da un periodo continentale testimoniato da paleosuoli fortemente arrossati e da sabbie-ciottolose localmente cementate, costituite da elementi paleozoici e quarzo, che si rinvengono alla base dei tavolati basaltici, che costituiscono la dorsale del Sinis. Questi depositi, riferiti al Pliocene medio per posizione stratigrafica, di ambiente fluviale, contengono resti di gasteropodi pulmonati. Essi affiorano lungo il versante occidentale della dorsale, dove spesso sono rimaneggiati dall’aratura ed in parte ricoperti dal suolo attuale. Questi depositi possono essere ricollegati ad una paleoidrografia del Sinis, fossilizzata poi dall’espandimento basaltico. Problematica è però la ricostruzione della paleogeografia pre-basaltica e quindi l’andamento del paleo-fiume, che potrebbe essere stato alimentato dall’entroterra o da una terra emersa ad occidente, che ha come suo ultimo testimone l’isola di Mal di Ventre. A Capo San Marco, fra i sedimenti marini pliocenici e le colate basaltche pliopleistoceniche, si rinviene, sempre nella falesia occidentale, un paleosuolo, dello spessore di un metro, pittosto arrossato e francamente argilloso, con abbondanti resti di ossi e denti di animali nella sua parte più alta (Passiu, 1982). Il potente complesso di arenarie eoliche e paleosuoli intercalati, che costituisce il promontorio di Capo Mannu, viene considerato da Pecorini (1973), una facies dunare della formazione di Samassi (Pliocene), molto diffusa nel sottosuolo campidanese. Alla 55


base della formazione eolica, presso Mandriola, lo stesso Autore segnala un giacimento di resti fossili di mammiferi lageomorfi e roditori Nella successione stratigrafica seguono le vulcaniti plio-pleistoceniche rappresentate da espandimenti basaltici e da un piccolo “laccolite” di basalto doleritico. A Nuraghe S’Argara, alla base del versante, si rinviene un basalto in evidente giacitura laccolitica, in quanto sembra aver sollevato i terreni miocenici sovrastanti, tanto che Nuraghe S’Argara, con i suoi 93 m slm di quota, costituisce il punto altimetricamente più alto di tutto il Sinis e del territorio comunale. Si ipotizza che la messa in posto di queste lave, potenti almeno 12 m, come mostrano le pareti di una grande cava, sia avvenuta posteriormente al Messiniano inferiore. Si tratta di una roccia dura e compatta, a pasta olocristallina feldspaticopirossenica verdastra o grigio scuro, usata, negli anni 50-70 come materiale da costruzione. Più recenti sono i basalti, legati geneticamente al vulcanismo sviluppatosi in seguito alla fase tettonica disgiuntiva plio-quaternaria, responsabile anche della messa in posto degli espandimenti basaltici del Montiferru e delle lave basaltiche rinvenute nel sottosuolo del Campidano presso Riola e Sassu. Non esistono datazioni assolute ma, se si correlano con quelli rinvenuti nel sottosuolo campidanese, che ricoprono la successione di Samassi (Pliocene medio), i basalti del Sinis possono essere collocati alla fine del Pliocene-inizio Pleistocene, o come ipotizzato da Pomesano Cherchi (1971) possono essere riferiti al Villafranchiano. I basalti, di colre grigio-nerastro, molto duri e compatti, sono caratterizzati da una fitta rete regolare di giunti di raffreddamento. Petrograficamente presentano struttura porfirica per fenocristalli di palgioclasi ed olivina e tessitura intersertale. Il feldspato, del tipo andesinico-labradoritico, talora zonato, mostra geminazione albite, mentre i microliti della pasta di fondo sono rappresentati da termini aciculari a maggior acidità (oligoclasio). L’olivina, in piccoli cristalli è frequentemente alterata. Essi giacciono sui calcari laminati del Sinis, sui sedimenti pliocenici marini e continentali, caratterizzando la parte centrale delle colline del Sinis, con il tipico paesaggio tabulare. L’espandimento, esteso nel settore centrale della penisola, è stato smembrato dall’erosione in pianori, fra i quali i più estesi sono quelli di Pranu Nuragheddu e di Roia Sa Murta, mentre quelli di Matta Tremontis, di Nuraghe Giovanni Nieddu, della Torre di San Giovanni, di Murru Mannu e di Capo San Marco, sono di dimensioni più piccole. Le lave basaltiche mostrano spessori generalmente non superiori ai 15 m nel settore centrale della penisola, dove in genere si riconoscono due colate sovvrapposte. A Capo San Marco essi, in affioramento raggiungono lo spessore di 45 m, nella falesia meridionale del capo. Qui alla base della falesia i basalti mostrano la tipica struttura colonnare, mentre nella parte medio alta si riconoscono almeno quattro colate sovrapposte. Le colate successive, talora debolmente alterate nella parte più superficiale, sono riconoscibili per al presenza di lave scoriacee al letto ed al tetto di ogni singola colata, caratterizzate da un colore bruno-rossastro ed altamente bollose. Le lave sono venute a giorno attraverso centri di emissione lineari, ubicati lungo una lineazione diretta circa N-S, mancano infatti evidenze morfologiche riconducibili a centri di emissione puntiformi, se si esclude il piccolo rilievo presso Nuraghe Babboi Cabitza a Capo San Marco e quello sul quale insiste la Torre di San Giovanni. Esse si riversarono nelle aree topograficamente più depresse, presumibilmente una valle fluviale, poco profonda, modellata nei terreni neogenici, colmandola. L’azione erosiva degli atmosferili, attiva durante il Quaternario, guidata dalle discontinuità strutturali e litologiche, ha smantellato buona parte del complesso miocenico, più 56


facilmente erodibile, che lambiva la valle suddetta, mentre ha lasciato quasi integre le coperture basaltiche, molto più resistenti all’erosione, isolando l’originale basso morfologico, che oggi costituisce l’area altimetricamente più elevata del Sinis. La sequenza stratigrafia è completata dall’insieme delle formazioni quaternarie, molto diffuse nella penisola e rappresentate da facies continentali alternate a facies marine o di ambienti di transizione. Durante il Quaternario, caratterizzato da frequenti variazioni climatiche, accompagnate da oscillazioni del livello del mare, nella penisola si alternano periodi di avanzamento delle acque marine sulla terra ferma e periodi di regressione marina, tali da provocare un’importante azione di modellamento delle terre emerse. Testimonianze di questo succedersi di eventi sono le coperture sedimentarie quaternarie, costituite da depositi alluvionali, conglomerati trasgressivi, arenarie marine e di spiaggia, depositi palustri, arenarie eoliche, colluvi, paleosuoli, limi e depositi argillosi di ambiente palustre, sabbie eoliche e di spiaggia e suoli, che si rinvengono diffusi nella penisola, spesso separati da nette superfici di erosione. L’affioramenti più significativo della sequenza stratigrafica quaternaria si rinviene nel tratto di costa compreso tra San Giovanni - Funtana Meiga - Turr'e Seu, dove si rinviene la successione più completa. In questo tratto di costa, la falesia retrostante la spiaggia attuale ed i tratti di costa rocciosa sono modellati nei depositi quaternari. A San Giovanni di Sinis la sequenza stratigrafica quaternaria inizia con un livello marino costituito da depositi di spiaggia che, con giacitura debolmente inclinata verso SE, poggia discordante sul basamento pre-quaternario, rappresentato dalle argillesiltose della formazione di Capo San Marco. Il contatto è evidenziato da una netta superficie di erosione, modellata sui terreni messiniani. La base del deposito è costituita a un livello conglomeratico fossilifero, poligenico ed etometrico (30-40 cm di spessore). I clasti, spesso grossolani, di calcare e marne fossilifere messiniane di arenarie marine, probabilmente quaternarie, basalto e quarzo, sono immersi in matrice arenacea grossolana con frammenti di conchiglie ed orizzonti a minerali pesanti di ferro e manganese. Lateralmente il conglomerato è sostituito da arenarie marine conglomeratiche, stratificate e ben cementate, con sacche di arenarie quarzose fini, che sempre lateralmente (verso sud) passano a delle arenarie marnose quarzose, di colore grigio bianco, ad abbondanti frammenti di ostree e bivalvi. In continuità seguono arenarie di spiaggia a stratificazione parallela, con frammenti di gusci di bivalvi, seguite da arenarie di retrospiaggia non stratificate, con struttura a canneleurs, ed arenarie eoliche, anch’esse non stratificate e struttura a canneleur, troncate sommitalmente da una netta superficie di erosione. Questo complesso marino, che è stato attribuito dubbitativamente da Pecorini (1954) al paleo-Tirreniano (interglaciale Mindel-Riss), mentre altri Autori ipotizzano l’appartenenza ad un ultimo stadio del Riss (Ulzega & Ozer, 1982) o ancora che lo stesso si sia formato durante l’interglaciale Riss-Wurm. Questo complesso è correlabile con quello che si rinviene a Capo San Marco, nella parte sud-orientale della falesia meridionale, dove, in mare tra –15 m e – 5 m di profondità si rinviene una scarpata costituita interamente da blocchi e ciottoli di basalto ben arrotondati in matrice arenacea, che raccorda la piana sabbiosa ad hamat di posidonie posta a –15 m, con una superficie di abrasione, con canaloni e marmitte, modellata su un’arearia, localmente microconglomeratica e frammenti di fossili, che si rinviene a circa – 5 m. La successione è troncata da una netta superficie di erosione, sulla quale poggia, in giacitura debolmente inclinata verso ESE, un complesso continentale costituito da una sequenza di arenarie e colluvi con sabbie e paleosuoli intercalati, chiuso superiormente da crostoni carbonatici. Questo deposito, per il quale è stata proposta la 57


denominazione di Formazione di San Giovanni (Ulzega & Ozer, 1982), indica un lungo permanere delle condizioni regressive. In esso è stata segnalata la presenza di molari di elefante nano (Maxia & Pecorini, 1968) e frammenti ossei di mammiferi (cervidi). Questo complesso continentale si rinviene anche nella punta sud-orientale di Capo San Marco, dove è costituito da un potente banco di arenarie, talora microconglomeratiche a resti di Helix e frammenti ossei di mammiferi, a stratificazione regolare alla base e giacitura massiva nella parte sommitale. Questa areanarie continua anche sottacqua, dove costituisce la vasta superficie di abrasione, con marmitte e canaloni, che ricopre il conglomerato trasgressivo paleotirreniano, sopra menzionato. Sulla superficie di erosione del complesso continentale a resti di elefante e cervidi si sovrappone, in netta discordanza un complesso marino, costituito da un livello conglomeratico basale che si evolve in arenaria marina grossolana ben stratificata con bivalvi interi o in frammenti, sul quale poggia, para-concordante, un banco caratterizzato dalla presenza di mitili (Mytuls galloprovincialis Lamarck) in posizione stratigrafica fisiologica, in matrice arenacea, localmente microconglomeratica. Sul livello a mitili si rinviene un’areanaria marnoso-argillosa fossilifera, con fauna omposta prevalentemente da ostracodi e Cardium edulis, che indica un ambiente lagunare ipoalino. Segue un livello di arenarie-siltoso-argillose con resti di ostracosi, placche di tartarughe di ambiente palustre e denti di cervidi (Caloi et alii, 1980), ricoperto da arenarie quarzose ben cementate a resti ossei di mammiferi e frammenti minuti di mitili, che evolvono in marne-arenacee ben cementate, a modelli interni di gasteropodi pulmonati e tracce di limnivori. Una netta superficie di erosione, evidenziata da un crostone carbonatico, separa questo complesso da un successivo deposito marino trasgressivo. La parte basale è costituita da un lumachella a Pinna nobilis e da un sottile strato di conglomerato fossilifero a Lithothamnium, Conus testudianarius, Patella patellastra ferruginea, la parte sommiatale e costituita da arenaria di spiaggia, caratterizzata da stratificazione suborizzantale e forte laminazione (inclinazione 45°), con frammenti di mitili e cardium rimaneggiati, che evolve in arenaria eolica. Il deposito marino viene attribuito al Neotirrerniano. I depositi marini della sequenza di San Giovanni costituiscono la cosidetta “panchina tirreniana” auct. Le arenarie eoliche che chiudono il deposito indicano l’inizio della regressione wurmiana. Segue un ultimo complesso continentale, attribuito al Wurm, costituito da una sequenza di colluvi, talvolta conglomeratici, paleosuoli ed arenarie eoliche, dentro i quali si rinvengono resti di pasti, frammenti di terracotta e carbone vegetale. Nelle arenarie eoliche di questa formazione è stata scavata la necropoli di Tharros, a San Giovanni e la cava che si rinviene in località La Sala da Ballo. Gli ultimi due depositi marini e le arenarie eoliche wurmiane, si rinvengono con continuità nella costa orientale di Capo San Marco, dalla Caletta a Torre Vecchia, ed ancora da Torre Vecchia fino a Murru Mannu. Le arenarie wurmiane hanno rivestto quasi totalmente il versante orientale della penisoletta e la zona dell’istmo. In esse e stata scavata la necropoli di Tharros. Anche a Tharros, alcune costruzioni, e parte delle fognature sono scavate in queste nelle arenarie eoliche. In alcuni tagli è visibile la caratteristica stratificazione incrociata. Sotto Torre Vecchia, nel tratto Meridionale della Caletta ed a Murru Mannu, la trasgressione basale è costituita da un potente conglomerato a blocchi e ciottoli di basalto prevalenti, ben arrotondati in matrice arenacea con frammenti di conchiglie rimaneggiati.

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La sequenza superiore della sezione di San Giovanni si riviene anche a Capo Sa Sturaggia, Porto S’Uedda, Punta Su Bardoni, Is Aruttas, Su Stricauru, Punta Maimone, Is Caugheddas, Funtana Meiga e a Mandriola e a Sa Mesa Longa fuori dal territorio comunale. A Funtana Meiga il conglomerato trasgressivo è ricoperto da un complesso continentale costituito prevalentemente da un paleosuolo fortemente arrossato e sottili lembi di arenarie eoliche. Nella piana di San Salvatore affiora con continuità l’arenaria fossilifera, la cosidetta “panchina tirreniana” auct., caratterizzata da una fauna a Cardium, tipica di un ambiente lagunare o di mare ristretto. Questo deposito, caratterizzato da una netta superficie di erosione, evidenziata da un crostone carbonatico, ricopre, insieme a crostoni calcareo-arenacei, un paleosuolo argilloso fortemente arrossato, correlabile con quelli che si rinvengono nella Formazione di San Giovanni. Attualmente il paleo-suolo. Affiora diffusamente ad oriente della dorsale, in quanto i crostoni e la panchina tirreniana spesso, poco potenti, sono stati frantumati e scalzati dai moderni macchinari agricoli ed accantonati ai bordi dei campi. In corrispondenza dello svincolo per San Salvatore si riviene un affioramento di arenaria eolica nel quale sono state scavate delle cisterne per la raccolta delle acque meteoriche. Oggi questo affioramento è parzialmente nascosto da materiale di riporto proveniente dagli scavi per la realizzazione dell’insediamento turistico di Funtana Meiga. Punta Maimoni e punta Su Bardoni sono costituite dalle arenarie eoliche wurmiane, interessate in tempi antichi da attività di cava. In queste località come anche nella cava presso San Giovanni i lavori di cava si interrompono quando alla base della formazione eolica si incontra un’areanari grossolana, presumibilmente di spiaggia, con inclusi ciottoletti di quarzo bianco ben arrotondati. Anche le arenarie wurmiane che si rinvengono nell’entroterra di Is Arutas e presso Monte Corrighias, spesso tafonate fino a formare delle grotticelle, sono state utilizzate come materiale da costruzione. Si tratta di antiche dune litoranee, potenti fino a 10 metri, che mostrano ancora la stratificazione incrociata. Queste arenarie eoliche, più meno cementate, sono molto diffuse in tutto il Sinis, sia nella pianura litoranea che nel versante orientale della dorsale, dove passano gradualmente a paleosuoli molto arrossati, a colluvi ed a crostoni calcarei di piccole paludi interdunari e d’incrostazione nei pendii miocenici. Questi crostoni calcarei sono molto diffusi e derivano ora a precipitazione di carbonato di calcio da acque palustri, ora a fenomeni pedogenetici in clima semi-arido, con forte evaporazione, che si sono ripetuti nel tempo, contemporaneamente alla deposizione di apporti eolici. Non è facile tracciare un limite fra queste facies, per cui sono state tutte cartografate come arenarie eoliche. Il settore centro-settentrionale del Sinis è invece rivestito con continuità da un suolo areanceo-calcareo, formatosi per pedogenesi dei depositi calcarei messiniani, dei crostoni calcareo-arenacei e delle arenarie eoliche. Lungo la provinciale che da San Salvatore porta Riola, si incontrano alcuni tagli dove si vede il substrato composto da arenarie eoliche che sfuma nei suoli suddetti. Nella parte nord-orientale della penisola si rinvengono depositi alluvionali, costituiti da ghiaie e sabbie, assenti invece nella parte centrale e meridionale della stessa per l’assenza di un reticolo idrografico sviluppato. Limi ed argille di ambiente palustre caratterizzano le aree depresse paludose, costituendo il fondo delle stesse e le aree limitrofe. Questi depositi sono pertanto localizzati lungo la sponda nord-occidentale dello Stagno di Cabras, dove sono numerose le aree paludose e piccoli stagni. Gli stessi caratterizzano le aree dove insistono gli stagni di Sale Porcus, di Is Benas, di Sa Salina Manna e Sa Marigosa.

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Nell’area vasta studiata, orlano la sponda meridionale ed occidentale dello stagno di Cabras, con la creazione di piccole aree paludose, rivestono il fondo degli stagni di retrospiaggia come per esempio quello di Mari Ermi e si rinvengono lungo le sponde della Laguna di Mistras, dove spesso sono interdigitati a depositi sabbiosi e presumibilmente ricoprono arenarie conglomeratiche marine. Nel settore compreso la laguna e Capo San Marco sono presenti piccole depressioni impermebilizzate da questi depositi, che costituiscono dei piccoli bacini endoreici, dove nel periodo estivo, in seguito alla forte evaporazione si formano crostoni di sale. I depositi quaternari più recenti sono rappresentati dal detrito di falda, dalle sabbie eoliche e dai depositi d spiaggia. I detriti di falda non sono molto diffusi nella penisola. Essi si trovano localizzati lungo i bordi dei pianori basaltici e sono costituiti da blocchi e clasti di basalti talora frammisti alle sabbie eoliche, incrostazioni calcarre e ad argille. Le sabbie eoliche sub-attuali ed attuali sono invece molto più diffuse. I campi dunari subattuali ed attuali caratterizzano il settore settentrionale della penisola con la vsata distesa di dune di Is Arenas. Le dune, di tipo longitudinale, sono disposte parallelamente alla direzione del maestrale, vento dominante. Negli anni ’50 per arginare il feomeno dello spostamento delle sabbie eoliche nell’entroterra, ad Is Arenas è stata impiantata una pineta artificiale, che oggi costituisce uno dei pochi polmoni versi ad alberi d’alto fusto del Sinis. Altri campi dunari si rinvengonoa punta Maimone, a Funtana Meiga e a San Giovanni, tutti caratterizzati da dune di tipo longitudinale disposte parallelamente alla direzione del vento. Il campo dunare di San Giovanni, attualmente molto degradato per la presenza, prima delle capanne di falasco, attualmente di infrastrutture varie, un tempo molto più esteso raggiungeva e ricopriva completamente la città di Tharros. Per quanto riguarda i depositi di spiaggia si rinvengono sabbie di spiaggia lungo la costa orientale le sabbie di spiaggia si rinvengono da Su Siccu a Murru Mannu, ricompaiono in alcune piccole calette sotto Tharros ed ancora poco a sud di Torre vecchia rivestono una piattaforma di arenaria, dove sono intagliate alcune “vasche”, presumibilmente quanto rimane di una vecchia cava, ed ancora si rinvengono alla Caletta. Qui le sabbie lasciano il posto ad un deposito a grossi ciottoli di basalto, che si rinviene quasi in continuità anche alla base delle falesie di Capo San Marco. Nella zona dell’Istmo, a San Giovanni ed a Funtana Meiga le sabbie molto fini, prevalentemente quarzose, bianco grigiastre, localmente presentano un’elevata concentrazione di minerali pesanti. I depositi di spiaggia, che orlano la costa occidentale da Capo Su Sturaggia a Turr’e Seu, sono alquanto caratteristici. Essi sono formati quasi totalmente da piccoli granuli di quarzo bianchi, ben arrotondati. L’origine dei granuli di quarzo è ancora poco chiara, alcuni pensano derivino dallo smantellamento dell’horst granitico di Mal di Ventre, altri ipotizzano un paleo-fiume, alimentato dall’entroterra o da una terra emersa ad occidente, testimoniata da Mal di Ventre, che avrebbe trasportato ed in parte elaborato i clasti di quarzo. In alcuni tratti della costa prevalgono i granuli più minuti, in altri quelli più grossolani. 4.2.2.2.

Il Campidano

La parte orientale del territorio comunale occupa una piccola porzione del Campidano di Oristano, del quale presenta i caratteri tipici. 60


Il Campidano, una vasta superficie sub-pianeggiante o debolmente ondulata, modellata sui potenti depositi detritici plio-quaternari di varia origine, si estende per circa 100 km, con direzione NO-SE dal golfo di Cagliari al Golfo di Oristano, con una larghezza di circa 40 km, delimitata ad est e ad ovest da due pilastri tettonici, che nel Campidano di Oristano sono rappresentati dalla dorsale del Monte Grighine e dall’edificio vulcanico di Monte Arci, ad est, e dalla penisola del Sinis ad ovest. A nord la pianura è delimitata dal massiccio vulcanico del Montiferru. La pianura oristanese costituisce l’estremità occidentale della fossa tettonica plioquaternaria più nota come “graben campidanese”, risultato del ringiovanimento, lungo i bordi paleozoici, delle direttrici tettoniche, responsabili della parte mediana e meridionale della struttura oligo-miocenica, che si sviluppava dal golfo di Cagliari a quello dell’Asinara, nota come “Fossa Sarda”. La fossa oligo-miocenica è stata colmata da oltre 1.500 m di sedimenti marini quali marne, calcari, calcareniti spesso fossiliferi, alternati ad episodi vulcanici del ciclo calco-alcalino, che spesso affiorano lungo i bordi della fossa. Durante il Plio-Quaternario nel Campidano sono stati ulteriormente deposti circa 800 m fra sedimenti e vulcaniti alcaline, che poggiano sulle formazioni più antiche del ciclo sedimentario e vulcanico oligo-miocenico. La serie sedimentaria plio-quaternaria, di spessore variabile fra qualche decina e qualche centinaia di metri, è il risultato della colmata operata da parte del fiume Tirso e dei suoi affluenti nel Pleistocene ed Olocene. Questa successione è costituita da sedimenti continentali, per lo più appartenenti alla Formazione di Samassi, sui quali poggiano potenti depositi alluvionali, lacustri e lagunari pleistocenici, seguiti da depositi marini e lagunari flandriani-versiliani con intercalate le lave basaltiche. I depositi marini quaternari, rappresentati da depositi di ambiente freddo, e da depositi tirreniani tipici, sono presenti nelle sole fasce costiere. Il sottosuolo campidanese è quindi caratterizzato dall’alternarsi di strati più o meno potenti, talora lentiformi, di ghiaie ciottoloso-sabbiose, di argille, argille limose e sabbie argillo-limose, localmente sono presenti anche dei livelli torbosi, deposti a più riprese dal Tirso e dei suoi affluenti, che grande importanza hanno avuto nella formazione della piana e nel suo successivo modellamento. I singoli orizzonti, spesso lentiformi, presentano spessori molto variabili da luogo a luogo, rendendo difficili le correlazioni stratigrafiche. La sequenza stratigrafica del Campidano di Oristano è stata ricostruita sulla base dei risultati di due perforazioni profonde eseguite nei primi anni ‘60 per una ricerca di idrocarburi promossa dalla Regione Autonoma della Sardegna. Il primo sondaggio eseguito presso Case Sassu (tra lo Stagno di S’Ena Arrubia e l’ex stagno di Sassu), raggiunse la profondità di 1802 m ed attraversò i seguenti terreni: Sabbie limi argillosi, con livelli di conchiglie marine e di stagno (Quaternario) da 0 a 33 m; Argille, limi e scarse sabbie ciottolose in facies alluvionale e palustre (Quaternario) da 33 a 94 m; Argille grigiastre, limi e rare sabbie in facies prevalentemente alluvionale, con resti di gasteropodi d’acqua dolce e di piante palustri (Pliocene sup.) da 94 a 304 m; Basalto, grigio scuro, compatto, in colate, da 304 a 310 m; “Formazione di Samassi”, costituita da alternanze di limi marnoso-calcarei, talora sabbiosi, conglomerati a ciottoli di marne mioceniche prevalenti, argille e marne ad abbondanti foraminiferi miocenici e pliocenici rimaneggiati, in facies fluvio-torrentizia e subordinatamente lacustre (Pliocene medio-superiore) da 310 a 730 m; 61


Marne arenacee a foraminiferi e resti di molluschi marini (Pliocene inf.) da 730 a 820 m; Complesso sabbioso-ciottoloso, (Messiniano?) da 820 a 870 m;

argillo-marnoso

e

sabbioso-marnoso

sterile

Alternanze di marne ed arenarie fini di ambiente di mare aperto, a foraminiferi e lamellibranchi (Tortoniano-Burdigaliano) da 870 a 1430 m; Marne prevalentemente arenacee ed arenarie con intercalazioni tufacee, piroclastiche e probabilmente laviche, andesitico-basaltico, talora in giacitura caotica (Burdigaliano-Aquitaniano) da 1430 a 1802 m. Il secondo sondaggio eseguito nella periferia sud-occidentale dell’abitato di Riola raggiunse il 1700 m di profondità ed attraversò i seguenti terreni: Sabbie dunari, sabbie e limi a conchiglie marine e di stagno, ricoprenti ghiaie alluvionali prevalentemente quarzose (Quaternario) da 0 a 20 m; Argille e limi sabbiosi con intercalazioni ghiaiose, in facies alluvionale prevalente e palustre (Quaternario – Pliocene Sup (?)), da 20 a 218 m; Basalto grigio scuro, da compatto a bolloso, in colate, da 218 a 243 m; “Formazione di Samassi”, costituita da alternanze di marne arenaceo-calcaree, conglomerati a ciottoli di marne e arenarie mioceniche prevalenti, sabbie, argille torbose, limi, ad abbondanti foraminiferi miocenici e pliocenici rimaneggiati, in facies fluvio-torrentizia e subordinatamente lacustre (Pliocene medio-superiore) da 243 a 671 m; Marne argillose ed arenacee, a foraminiferi e resti di lamellibranchi marini (Pliocene inf.) da 671 a 729 m; Marne e sabbie talora grossolane, in facies marina e dubbitativamente continentali nella parte alta (Messiniano ? Miocene superiore-medio?) da 729 a 856 m; Ignimbriti, andesiti e tufi associati (Miocene inf.) da 856 a 1298 m; Tufiti con intercalati livelli marini ad ostree (Miocene inferiore) da 1298 a 1308 m; Andesiti, Ignimbriti e tufi associati, talora con filoni e vene di calcedonio (Miocene inferiore – Oligocene superiore) da 1308 a 1700 m. I basalti plio-quaternari, omologhi a quelli di Capo Frasca, di Capo San Marco e del Sinis, si trovano nel sottosuolo, disposti a gradinata, perché ribassati da una serie di faglie, parallele ed ortogonali alla direzione della fossa, mostrando profondità crescenti da nord verso sud e da est verso ovest. La colata più superficiale, attraversata da numerose perforazioni per acqua effettuate poco a monte dell’abitato di Solarussa, si trova ad una profondità di alcune decine di metri, ricoperta da depositi alluvionali, e poggia a sua volta su altri sedimenti alluvionali di età precedente. Nelle perforazioni effettuate dall’AGIP, le colate basaltiche sono ribassate alla profondità di circa 218 metri presso Riola e di 304 metri presso Sassu. Nell’Oristanese la pianura è attraversata dal tratto terminale del fiume Tirso e dei suoi affluenti, tale superficie è resa meno monotona dalla presenza di superfici terrazzate, lagune, stagni e piccole paludi. Questi corpi idrici, relitti di bracci fluviali e meandri abbandonati del Tirso e dei suoi affluenti, oggi in parte bonificati, ed i terrazzi fluviali testimoniano le modificazioni evolutive dei corsi d’acqua e della linea di costa legate a periodi di sedimentazione alternati a periodi di erosione. L’area, oggi pressoché pianeggiante, è caratterizzata dalla presenza di terrazzi fluviali dovuti alle inondazioni dei fiumi gravitanti nell’area. Nella piana, nel settore caratterizzato dal talweg del Tirso, si riconoscono diversi ordini di terrazzi dal T0 attuale e subattuale al T3 legato agli eventi alluvionali più antichi. 62


Oltre che per la posizione topografica differente tali terrazzi possono essere differenziati anche per il tipo di depositi e per il tipo di suolo che su di essi si è evoluto. I terrazzi sub-attuali ed attuali si trovano nell’area di golena e sono costituiti da sabbie quarzose fini e ghiaie e ciottoli eteromorfi e poligenici, su di essi si sono evoluti dei suoli, denominati terreni di “Bennaxi”, che presentano elevate potenzialità per l’uso agricolo. I terrazzi più antichi, che si sviluppano a quote più alte rispetto ai primi, sono caratterizzati da livelli di ciottoli e ghiaie poligeniche ed eterometrice, in matrice sabbiolimo-argillosa ferrettizzata, fortemente addensati. Su di essi si sono evoluti dei suoli meno fertili dei precedenti, denominati terreni di “Gregori”. La piana è attraversata anche da una fitta rete di canali artificiali, realizzati dagli anni ‘30 fino ad oggi. In affioramento il termine più antico dei depositi detritici quaternari è rappresentato dalle alluvioni antiche terrazzate. Questi depositi, costituiti da alternanze di livelli ciottolosi, ghiaiosi e sabbiosi, in matrice argillo-limosa, con locali lenti di argilla e di torba, caratterizzati da una elevata eterometria della frazione più grossolana, non si rinvengono in affioramento nel territorio comunale. Seguono i depositi delle alluvioni medie, rappresentati da livelli ciottoloso-ghiaiosi, ma con una maggiore frazione sabbiosa, le così dette alluvioni rimaneggiate, formatesi evidentemente, nel Pleistocene medio e superiore, dall’erosione e successiva sedimentazione di parte dei depositi alluvionali antichi, ad opera dei fiumi presenti. Generalmente questi depositi alluvionali sono costituiti da materiali detritici provenienti dal bacino del Tirso. Le sabbie sono di tipo quarzoso-feldspatico, ed i ciottoli e le ghiaie sono costituiti da clasti di quarziti, granitoidi e rocce cristalline del basamento paleozoico della Sardegna, estesamente diffuso in affioramento nei territori attraversati dal Tirso. Questi depositi alluvionali, per la loro origine, presentano caratteri macroscopici molto simili a quelli delle alluvioni antiche, dalle quali derivano, pertanto i limiti fra le due formazioni non sono sempre netti e facilmente riconoscibili in campagna. L’unico aiuto per la delimitazione degli affioramenti di questa formazione è dato dalla morfologia, più uniforme, rispetto a quella dei depositi antichi. Questi terreni, che costituiscono buona parte del territorio comunale campidanese, ne occupano il settore altimetricamente più elevato compreso tra i 4 e gli 8 m.s.l.m.. Essi si sviluppano con continuità dall’abitato di Cabras fino ai limiti comunali settentrionale ed orientale. A sud sono troncati in corrispondenza dell’argine destro del Tirso, dove lasciano il posto alle alluvioni recenti, e a sud-ovest dall’alveo, oggi canalizzato e rettificato, del Rio Tanui. Localmente inglobano piccole aree depresse, vecchie paludi bonificate, dove si rinvengono invece terreni più francamente limoso-argillosi. Nella sequenza stratigrafica seguono i depositi alluvionali ciottoloso-sabbiosi sciolti, subattuali ed attuali, che si rinvengono lungo l’alveo del Tirso, caratterizzato in questo tratto da andamento meandriforme, lungo l’alveo del Rio Tanui, e nei terreni che si sviluppano fra questi due corsi d’acqua. Anche nel settore della foce del Tirso si rinvengono questi depositi alluvionali recenti, che nella zona più prossima alla linea di riva sfumano nelle sabbie di spiaggia e sono ricoperti dal sabbie eoliche. Questi depositi ciottoloso-sabbiosi, decisamente sciolti, mostrano una maggiore granulometria decisamente più minuta dei depositi alluvionali medi, con prevalenza delle frazioni argillo-limose e sabbiose. Essi derivano in parte dal rimaneggiamento dei depositi più antichi, ma è consistente anche il materiale derivante dalla deposizione del carico solido delle piene del Tirso. Nelle zone più vicine alla costa oltre agli apporti prettamente fluviali, questi depositi hanno ricevuto consistenti apporti sabbiosi di origine eolica, provenienti dalla vicina spiaggia e dal campu dunare retrostante, quello dove negli anni ’50 è stata impiantata la pineta di Torregrande. 63


Questi depositi, interessati nel tempo da processi pedogenetici, risultano ora ricoperti da suoli vertici anche di notevole spessore, e solo in profondità si notano meglio le facies alluvionali più tipiche. Nel settore compreso tra la strada provinciale per San Giovanni di Sinis e quella per Torregrande le alluvioni recenti, lasciano il posto ai limi palustri, che si sviluppano attorno alla Peschiera di Pontis e nel ramo residuo dello Stagno di Sa Mardini. Depositi argillo-limosi, talvolta torbosi, di ambiente palustre prendono il posto dei depositi alluvionali lungo la sponda sinistra dello stagno di Cabras, sviluppandosi anche nel settore a nord dell’abitato dove sono presenti gli stagni di Mar’e Pauli e di Pauli e Sali. Il passaggio fra queste due formazioni è spesso graduale, altre volte è digitato. Di colore scuro, talvolta nerastro, sono costituiti da alternanze di fanghi nerastri, limi-argillosi, argille e lenti di torba, accumulatisi nel tempo nelle aree più depresse della pianura, dove si sviluppavano aree palustri. La formazione, da poco costipata a molle, presenta una certa frazione sabbiosa, derivante dall'erosione delle zone circostanti. Il territorio comunale, così come il resto della Sardegna, non è classificato sismico. Anche l’attività vulcanica, presente ed importante in ere precedenti, risulta oggi del tutto assente. I terreni descritti sono riportati nella carta geologica allegata dove non sono state differenziate tutte le facies presenti, perché spesso gli affioramenti, di dimensioni assai ridotte, non sono facilmente cartografabili. Nella descrizione che segue si cercherà di descrivere tutti gli eventi riconoscibili, soprattutto per quanto riguarda i depositi marini e quelli eolici, in quanto nel territorio comunale affiora una delle sequenze più complete della Sardegna, di età Pleistocene medio-superiore ed Olocene. I caratteri geologici del l’area studiata sono sintetizzati nella carta geologica allegata.

4.2.3.

Geomorfologia

L’assetto geomorfologico del territorio comunale è dovuto all’interazione degli aspetti geostrutturali dell’area con i processi esogeni, intendendo con il termine geostrutturali: la tettonica, i processi vulcanici, i caratteri litologici, ossia le caratteristiche chimico-fisiche che condizionano la resistenza dei materiali nei confonti dei processi di demolizione (composizione, coerenza, alterabilità, resistenza, fragilità, etc.), e quelli giaciturali; e con il termine processi esogeni: alterazione, erosione, trasporto e deposizione. Giocano un ruolo attivo anche le condizioni climatiche, la presenza e lo stato di copertura vegetale e non ultima l’attività antropica. Il territorio circostante lo Stagno di Cabras e la laguna di Mistras, per quanto in un primo momento possa sembrare omogeneo e monotono, mostra invece una considerevole variabilità di forme e processi morfogenetici, che creano paesaggi morfologici assai vari, di interesse didattico–scientifico e paesaggistico. In esso si possono riconoscere quattro principali domini geomorfologici: - il Sinis - il Campidano - La zona umida dello stagno di Cabras e dellla laguna di Mistras - l’isola di Mal di Ventre

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Ognuna di queste aree presenta caratteri morfologici tipici molto diversi dalle altre, come conseguenza diretta della natura geostrutturale e dei processi morfogenetici in essa prevalenti. 4.2.3.1.

Il Sinis

Dalla forma allungata in direzione meridiana, la penisola del Sinis è caratterizzata da una morfologia prevalentemente tabulare e subpianeggiante nella quale spiccano la dorsale basaltica, smembrata in piccoli pianori ed i piccoli rilievi isolati, modellati nelle rocce oligo-mioceniche. L’assenza di una rete idrografica ben sviluppata, con fiumi o torrenti a regime perenne, costituisce una delle peculiarità della penisola. Sono presenti solo solchi di ruscellamento a regime occasionale. Le piccole incisioni, per quanto poco evidenti, in periodi caratterizzati da condizioni climatiche differenti, hanno avuto un ruolo importante, insieme alle variazioni del livello del mare, nel modellamento della regione e nel trasporto del materiale eroso. La conseguenza più evidente della capacità erosiva di tali ruscelli è l’inversione di rilievo dell’espandimento basaltico. Le lingue di lava effuse entro una paleovalle modellata nei sedimenti neogenici, ora costituiscono la parte più elevata del Sinis, con quota media intorno ai 50 m slm. I rilievi miocenici, che contornavano il tavolato, molto più erodibili dei basalti sono stati smantellati quasi completamente. Questo processo ha portato a giorno le testate delle colate basaltiche, che formano un bordo netto ed aggettante, mettendo a nudo le testate delle colate successive. I pianori sono caratterizzati da bordi con cornici nette ed aggettanti dove, le testate delle colate esposte sono soggette ad arretramento, che si manifesta con frane di crollo, per erosione differenziale. Il materiale detritico così formatosi, arricchito da materiale fino lisciviato dai suoli, costituisce il detrito di falda che si rinviene alla base delle scarpate basaltiche e che spesso raccorda più dolcemente le testate basaltiche con i terreni sottostanti. I bordi della dorsale si presentano piuttosto frastagliati, sia per l’erosione regressiva operata dai torrenti in epoche più piovose, sia per lo scalzamento operato dai lavori agricoli. La dorsale appare inoltre nettamente spezzata in due dall’ampia vallata di Matta e Cannas, percorsa dalla strada che porta a Is Aruttas. Tra le incisioni più evidenti si possono rocordare quelle di Sa Gora de sa Scaffa nel versante Ovest e quella di Rio Fenosu in quello Est. Il Sinis di Cabras è suddiviso dalla dorsale basaltica, che si sviluppa in senso meridiano, in due ambienti morfologici differenti: il versante occidentale, modellato nei sedimenti messiniani degrada dolcemente fino al mare, mentre quello orientale più ripido, per la presenza di una faglia alla base o lungo il versante, raccorda il pianoro sommitale con la piana costiera sottostante, dalla quale poi si passa al graben campidanese. La tettonica di graben è all’origine delle lagune e paludi costiere che si rinvengono nel Sinis orientale. Qui una subsidenza più accentuata, dovuta ad un sistema di faglie a gradini rivolte verso il golfo di Oristano, ha ribassato questa zona che poi è stata parzialmente ricolmata dai sedimenti quaternari. Sottili cordoni dunari e frecce di sabbia hanno successivamente suddiviso in diversi bracci, comunicanti e non, le aree depresse residue, invase dalle acque marine. Le coste del Sinis di Cabras sono alternativamente alte e rocciose e basse sabbiose. Ambedue le forme di costa sono in arretramento sul versante occidentale, 65


molto esposto ai venti dominanti. Nel versante orientale invece la situazione è più stabile. Solo nel promontorio roccioso di Capo San Marco si manifesta un lento e continuo arretramento della linea di costa per scalzamento alla base. L’assetto morfologico attuale della penisola del Sinis è il risultato di processi di erosione e sedimentazione che, guidati dai principali lineamenti strutturali, si sono sviluppati nel Quaternario in condizioni climatiche differenti dalle attuali. I tipi morfologici sono numerosi e strettamente legati alla variabilità litologica e giaciturale delle rocce. 4.2.3.1.1.

Lo stagno di Cabras

Lo Stagno di Cabras, che si sviluppa con forma allungata nord-sud, perpendicolare alla costa del golfo di Oristano, costituisce l’esempio più importante di laguna costiera del Sinis. Esso può essere suddiviso in due parti principali, la prima va dai canali emissari fino al restringimento presso Capo Nurachi, l’altra da questo punto al canale di Mare Foghe. La profondità della laguna varia dai 40 cm lungo le sponde ai 3 m nel settore centrale. I fondali sono prevalentemente fangosi. La morfologia del settore meridionale risulta più complessa per la presenza di due diversi cordoni litorali, il più antico dei quali, l’attuale bordo meridionale dello stagno, era attraversato da 4 stretti canali che si riunivano poi in un unico collettore che confluiva nello stagno di Sa Mardini, mentre il più recente costituisce l’attuale cordone litorale che separa lo stagno o meglio la laguna di Sa Mardini dal mare. Il bordo del settore nord occidentale si presenta dolce e l’area immediatamente attigua, pianeggiante, è caratterizzata da piccole depressioni che nel periodo delle piogge vengono colmate d’acqua. Queste depressioni in origine le aree infradunari, sono l’unica testimonianza morfologica di un vasto campo dunare, oramai spianato dall’erosione. Le acque dello stagno per i continui apporti acquadulcicoli da parte del Rio CispiriMare Foghe può essere considerata più dolce che salmastra, anche se la salinità varia da luogo a luogo in funzione del tipo degli interscambi con il mare, oggi resi più semplici e continui dal canale scolmatore che permette la facile risalita di un cuneo salino anche verso l’emissario. La parte meridionale dello stagno risente maggiormente della comunicazione con il mare e le acque presentano il grado di salinità maggiore; la seconda parte, larga 2 km e lunga 5 km risente invece degli apporti dolci del Mare Foghe, e le acque diventano pressoché dolci nel tratto prospiciente la foce del fiume. Lo stagno di Cabras, un tempo il più pescoso della Sardegna, attualmente mostra un notevole decremento della produttività imputabile alla mancanza di una regolamentazione della pesca e di un’adeguata manutenzione. 4.2.3.1.2.

Lo stagno di Mistras

La laguna di Mistras, impropriamente denominato stagno, si sviluppa lungo la costa orientale del Sinis di Cabras, ed è delimitato dalla piana costiera e dal mare del Golfo di Oristano. Questa laguna comunicava con lo “stagno” di Sa Mardini fino a quando negli anni ‘20 fu costruita una dighetta in muratura nel canale di collegamento. La laguna ha una forma allungata e stretta, parallela alla costa, ed è delimitata verso il mare dal cordone litorale a freccia della spiaggia di Su Siccu verso sud e da uno più interno verso nord, separati da un’apertura verso mare di circa 300 m. Internamente e parallelo alla linea di costa è presente una freccia di sabbia, depositata dall’azione contigua del mare e del vento, che suddivide la laguna in due parti, una occidentale, con rive rettilinee e fondali fangoso-sabbiosi regolari che raggiungono il metro e mezzo di profondità, ed una orientale, con rive più frastagliate, numerosi affioramenti sabbiosi e fondali profondi mediamente 30-40 cm. La superficie complessiva è di circa 450 ettari ma solo 250 ha sono coperti permanentemente dall’acqua. Gli apporti dolci sono costituiti dai soli apporti meteorici. La laguna è adibita a peschiera. 66


4.2.3.1.3.

Le lagune e paludi minori

Le lagune e paludi salmastre minori, caratterizzate da profondità minime, si rinvengono un po in tutto il Sinis. Particolarmente interessanti sono le lagune e gli stagni costieri, di retrospiaggia, separati dalla spiaggia dal cordone dunare, che nei periodi secchi per l’elevata evaporazione si seccano e danno luogo a concentrazioni e precipitazioni di sali che rivestono il fondo delle depressioni. Si tratta di piccoli bacini evaporanti tipo sebka. Altri sono invece di origine infradunare. Si tratta delle depressioni che si formano tra una duna e l’altra e dove il vento deposita gli elementi più fini che tendono ad impermeabilizzarne il fondo. 4.2.3.1.4.

La piana orientale

Alla base del versante orientale della dorsale del Sinis si sviluppa una piana costiera di origine tettonica, raccordata con l’alto strutturale da una scarpata ad accentuata acclività, probabilmente di faglia. La piana è stata modellata successivamente dal mare, che ha lasciato tracce del suo passaggio con i depositi tirreniani, spesso in facies lagunare. Questi depositi ricoprono paleosuoli rossastri e sono ricoperti da sabbie eoliche e da crostoni carbonatici. Attualmente l’assetto morfologico della piana è stato pesantemente modificato ed uniformato dai lavori agricoli. In buona parte del territorio le spalmature di arenarie e di crostoni carbonatici sono stati asportati per portare a giorno i sottostanti paleosuoli. 4.2.3.1.5.

I campi dunari fossili ed attuali e subattuali.

I campi dunari si rinvengono quasi con continuità lungo tutta la costa occidentale. Le dune sono di tipo longitudinale, orientate prevalentemente secondo la direzione del vento prevalente. Il cuneo di dune subattuali di San Giovanni di Sinis, ancora attivo in alcune parti, aveva ricoperto completamente le rovine della città di Tharros. Anche l’istmo di Capo San Marco è ricoperto da sabbie eoliche, oggi localmente stabilizzate dalla vegetazione naturale, che sovrastano le dune fossili wurmiane poggianti sul substrato miocenico. Le eolianiti fossili del capo e quelle di San Giovanni sono particolarmente interessanti perchè sono state scavate per la realizzazione di Tharros e delle necropoli punico-romane. Le spiagge che si rinvengono lungo la costa occidentale del Sinis, tutte molto esposte ai venti e mari dominanti, sono in continua modificazione. La spiaggia di San Giovanni di Sinis, che all’inizio del secolo aveva una profondità superiore al centinaio di metri, di anno in anno risulta sempre meno profonda. Questa tendenza evolutiva porta a pensare ad un arenile in erosione. L’assenza misurazioni regolari e di informazioni sulla morfologia della spiaggia sommersa, che dopo ogni mareggiata subisce intense modificazioni nel profilo, e dove spesso si formano barre sabbiose, fà ipotizzare che la spiaggia sia in lenta erosione ma che il materiale asportato dalla spiaggia emersa venga ridistribuito nella spiaggia sommersa. Le forme di erosione sono costituite da ripe di erosione attive, da piattaforme di abrasione marina, da solchi di battente anche fossili e grotte ed archi di erosione. Particolarmente significativa è inoltre l’azione morfogenetica esplicata dall’uomo. Tra i processi antropici ricadono tutte le modificazioni del rilievo dovute all’attività umana, siano esse determinate deliberatamente dall’uomo, come costruzioni, strade, laghi artificiali, o siano conseguenze morfologiche non previste di tali attività, come certi tipi di frane, dissesti, etc..

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4.2.4. I principali processi morfogenetici

La fase morfogenetica principale responsabile dell’assetto morfologico dell’area in esame è certamente legata a fattori strutturali. Sotto questa voce si intendono le evidenze morfologiche legate sia alla natura litologica e giaciturale dei diversi affioramenti sia alle deformazioni tettoniche che li hanno interessati. I due principali sistemi di lineazioni tettoniche, che hanno originato il sistema di horst e graben della pianura e del Sinis, e che hanno condizionato l’assetto morfostrutturale di tale area sono orientate rispettivamente secondo le direttrici NO-SE e N-S. La naturale messa in posto dei prodotti vulcanici e le dislocazioni tettoniche hanno guidato la successiva erosione ed il modellamento del Sinis e la colmata della pianura da parte dei fiumi gravitanti nell’area. Tutta la fascia costiera è interessata da fenomeni di aloclastismo. Le acque meteoriche producono effetti legati sia all’azione diretta di impatto della pioggia sul terreno sia quelli dovuti allo scorrimento superficiale delle stesse. L’erosione pluviale in senso stretto produce spostamento delle particelle più fini del terreno, progressivo spostamento verso valle degli elementi e la messa in movimento dei detriti. Questo processo è particolarmente attivo in seguito alle piogge autunnali che trovano i terreni preparati dalla disgregazione fisica e dal disseccamento del periodo estivo e nelle aree dove la copertura vegetale è scarsa o assente. Esso provoca nel tempo un impoverimento dei suoli, l’occlusione dei pori del terreno e la diminuzione della permeabilità dello stesso, tutti fattori che favoriscono l’instaurarsi di processi di erosione areale. Tra le frane di scivolamento rotazionale la più estesa ed importante è quella che si rinviene alla fine della strada provinciale Cabras-Capo San Marco (segnalata nel progetto AVI e ripresa dal PAI). Nella pianura i processi fluviali sono poco attivi e solo in seguito ad abbondanti precipitazioni si possono manifestare fenomeni di locale approfondimento del talweg e accentuazione delle piccole ripe di erosione. I terrazzi fluviali, posti a diverse quote altimetriche, ed le conoidi alluvionali sono le forme fluviali che testimoniano come in un passato relativamente recente i processi fluviali hanno avuto enorme importanza nel modellamento del Campidano. La presenza di opere di regolazione delle acque, soprattutto lungo l’alveo dei fiumi principali ha portato nel tempo ad un profilo tendente all’equilibrio nel tratto terminale. La pendenza del talweg garantisce il trasporto dei detriti senza che lungo tale tratto si manifestino evidenti fenomeni di erosione e/o accumulo. Fenomeni di deflazione e corrasione esplicati da parte del vento sono frequenti lungo la fascia costiera e nell’immediato retroterra. Essi inoltre hanno avuto un ruolo non trascurabile nel modellamento delle morfosculture presenti e nell’evoluzione dei frequenti tafoni. Lungo tutta la fascia costiera l’azione del vento ha dato luogo a vasti campi dunari, alcuni ancora attivi, come Torregrande, sono stati rimboschiti per cercare di stabilizzare le dune. I campi dunari non protetti dalla vegetazione subiscono frequenti modificazioni ad opera del vento.

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L’area come già detto è caratterizzata da tratti alterni di costa alta e rocciosa e costa bassa e sabbiosa. Il settore meridionale dell’area, che si affaccia nel golfo di Oristano è caratterizzato da una costa ad arco sabbiosa. La spiaggia, alimentata dagli apporti solidi del Tirso, nonostante il trasporto solido del fiume sia diminuito nel tempo per la presenza di alcune dighe di ritenuta lungo il suo corso, sembra essere in una situazione di equilibrio. Non sono evidenti arretramenti della linea di spiaggia, forse anche per la presenza nella spiaggia sommersa di vaste praterie di posidonia che proteggono il sistema spiaggia dall’azione erosiva delle onde. Le coste rocciose più basse, nelle siltiti e nelle arenarie eoliche, sono modellate in piattaforme e ripe di erosione marina, o falesie dell’ordine di qualche metro, spesso lambite da sabbie di spiaggia e depositi detritici più grossolani, che però non sempre sono in grado di garantire protezione per le retrostanti falesie. Particolarmente significativa è inoltre l’azione morfogenetica esplicata dall’uomo. Tra i processi antropici ricadono tutte le modificazioni del rilievo dovute all’attività umana, siano esse determinate deliberatamente dall’uomo, come costruzioni, strade, laghi artificiali, o siano conseguenze morfologiche non previste di tali attività, come certi tipi di frane, dissesti, etc. 4.2.5. Inquadramento Idrogeologico Per definire i caratteri idrogeologici riferibili alla zona entro cui è ricompresso la laguna di Mistras sono stati analizzati gli aspetti riguardanti l’idrografia superficiale, sono stati descritti i caratteri idraulici delle formazioni rocciose presenti, e su questa base sono state identificate e descritte le principali unità idrogeologiche. 4.2.5.1.

Idrografia superficiale

L’idrografia superficiale del territorio dove ricade il SIC di Mistras è caratterizzata dalla presenza del sistema di lagune comunemente conosciute come Zune Umide di Cabras e di numerosi stagni, lagune e paludi e da un reticolo idrografico non sempre ben sviluppato e definito. Fino al momento della costruzione del canale scolmatore, la laguna di Mistras era fortemente legata al sistema dello Stagno di Cabras. Costituiva infatti, in alcuni condizioni, una zona di sbocco dello stagno. La zona pianeggiante ad Est dello stagno di Cabras, che ricade nel Campidano, è costituita da alluvioni antiche in profondità, passanti ad alluvioni medie e recenti in superficie, con depositi quaternari recenti di vario tipo. In questo settore si trova il Rio Tanui che costituisce il residuo dell’unico corso d’acqua naturale affluente in sinistra idrografica dello Stagno di Cabras. Oltre ad esso confluiscono nello stagno il Mar’e Foghe, il Zoddias, l’Iscas ed il Mannu, tutti posti in sinistra idrografica, ed alimentati dal sistema delle vulcaniti del Montiferru. Il Tanui costituisce uno dei bracci di drenaggio delle esondazioni del Tirso ed ha smesso tale funzione a seguito dell’arginatura del Tirso stesso. In passato infatti, prima della realizzazione delle diverse dighe lungo il corso del Tirso e dell’arginatura in Campidano, i territori circostanti venivano invasi per lunghi periodi dalle piene del fiume. Nelle zone depresse, ricadenti nel territorio tra Cabras e Torre Grande si formavano vaste aree paludose, di difficile utilizzo da parte della popolazione. Il Tirso, dopo la confluenza del Rio Sant’Elena, compie gli ultimi 19 km con un alveo con debole pendenza, per gran parte arginato. Nel tratto finale l’andamento diventa meandriforme e spesso si riconoscono vecchi meandri abbandonati, lungo le sue 69


sponde. La lama d’acqua che defluisce al Ponte di Sili, è di 241,6 mm, il coefficiente di deflusso è di 0,30, e gli afflussi sono pari a 805,3 mm. La foce del Tirso, un tempo un piccolo delta, si presenta oggi ad estuario. Durante la stagione estiva, quando gli apporti sono minimi, spesso un cordone di sabbia chiude la foce, creando una zona di ristagno delle acque fluviali. Il Rio Tanui che si origina nella zona di Solarussa e funge da colo per tutto il settore compreso tra il Tirso e i terrazzi alluvionali dell’allineamento SolarussaSiamaggiore-Massama interessa più direttamente il territorio comunale, che attraversa, tra argini artificiali, prima di gettarsi nello stagno di Cabras con un canale a marea.

Figura 4 - Il sistema idrografico afferente l’area di Cabras ed il Golfo di Oristano

Il Tanui, fungendo da collettore degli scarichi di un vasto settore, ed avendo un bacino piuttosto ampio, in occasione di grosse precipitazioni può avere portate discrete. La zona più prossima allo stagno di Cabras, piuttosto depressa, era in origine caratterizzata dalla presenza di numerose paludi in parte collegate allo stagno ma anche a una certa distanza da esso. La circolazione superficiale naturale era rappresentata da modeste incisioni che scaricavano nello stagno il troppo pieno delle paludi, senza un reticolo ben definito, data l’alta permeabilità di terreni. Queste paludi sono state bonificate e si è costruita una fitta rete artificiale di canali di colo cui si sovrappone quella delle rete irrigua. Tra le paludi maggiori si possono ricordare Pauli Nurechi, al confine con Donigala e le vicine Pauli sa Nuschi e Pauli Sa Canna in comune di Nurachi che sono drenate dal colo di Pauli Gippa che si getta poi nel Rio Tanui.

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Pauli Santu Pedru è invece collegata con un canale in parte sotterraneo con Pauli Su Dottori. Entrambe sono drenate, insieme a Pauli Riu Proccheddu dal colo omonimo che confluisce all’idrovora di Argiola Beccia e quindi nello stagno di Cabras. Altri coli drenano le acque superficiali direttamente nello stagno o a Mari e Pauli, altra depressione che orla lo stesso nel lato Est. Di contro il Sinis è caratterizzato da un reticolo idrografico poco sviluppato e non sempre ben definito. Sono assenti i fiumi ed i torrenti a regime perenne, ma a causa delle scarse precipitazioni, che ne fanno una delle aree più aride della Sardegna, della permeabilità dei terreni superficiali e dell’assenza di situazioni morfologiche favorevoli, sono presenti solo solchi di ruscellamento a regime occasionale. La penisola del Sinis, allungata in direzione nord-sud è costituita da una dorsale debolmente inclinata verso ovest, di altezza modesta, ricoperta da lave basaltiche. I suoi fianchi si presentano asimmetrici. Quello occidentale declina dolcemente fino al Mare di Sardegna, mentre quello orientale è costituito da una ripida scarpata, di raccordo con la pianura costiera. Questa asimmetria comporta lo spostamento dello spartiacque verso il settore orientale della penisola. Il versante orientale piuttosto acclive, sfuma velocemente nella piccola pianura costiera sottostante e, solo in occasione di grosse precipitazioni, nelle rientranze della dorsale, come in regione Riu Fenosu e Su Monte de Mesu, i solchi di ruscellamento diventano piccoli torrenti con discrete portate ma di durata effimera. Nel versante verso il mare aperto, date le maggiori distanze dal mare e le pendenze più dolci, il reticolo idrografico, sempre precario, mostra maggiore incisività. Nello slargo di Matta Sa Canna, precorso dalla provinciale per Is Aruttas è talvolta attivo il Rio Grisanti, mentre dall’incisione di Sa Gora de sa Scafa proviene il rio omonimo che raramente arriva sino al mare presso Monte Corrighias. Nel Sinis non sono presenti sorgenti perenni, solo a Capo San Marco esiste una sorgente a carattere temporaneo. L’area che si sviluppa subito a sud della laguna di Mistras è caratterizzata dalla presenza dei piccoli Pauli di Su Pizzinnu Mortu e S’Argiolas, dove le acque meteoriche, raccolte durante la stagione delle piogge, evaporando nella stagione secca, danno luogo a crostoni di sale. Elementi caratteristici dell’idrografia del Sinis sono i piccoli stagni, generalmente asciutti nel periodo estivo, che si rinvengono lungo la costa occidentale della penisola nella zone di retrospiaggia, alimentati dalle acque meteoriche. Fra la penisola del Sinis ed il Campidano si sviluppa il complesso di lagune conosciuto come Stagno di Cabras, di cui la laguna di Mistras fa parte, che influisce in maniera determinante sullo sviluppo ed impostazione dell’idrografia superficiale e che costituisce l’elemento più caratteristico dell’area. Questo complesso di stagni e lagune costituisce una delle zone umide più importanti del Mediterraneo. Il corpo idrico principale è rappresentato dalla laguna di Cabras, impropriamente detto Stagno, che viene alimentata dal Rio Marefoghe, a sua volta originato dalla confluenza presso Zeddiani del Mannu di Milis e del Cispiri, che drenano il settore meridionale del Montiferru. Il collegamento tra Stagno di Cabras con il mare avviene attualmente con il Canale Scolmatore, lungo circa 4 km, costruito negli anni ’70 per ovviare lo straripamento delle acque dello stagno nell’abitato durante i periodi di piena. In origine lo stagno comunicava con il mare attraverso quattro canali che si riunivano per confluire nello “stagno” di Sa Mardini.

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Poco a sud-ovest dello Stagno di Cabras tra la linea di costa e la pianura orientale del Sinis si trova la vasta laguna di Mistras utilizzata in parte come peschiera. Nel lato Est dello stesso si hanno le importanti paludi di Mari e Pauli e di Pauli e Sali, oggetti recentemente di interventi di valorizzazione naturalistica. Il lato Ovest è invece caratterizzato da una zona adiacente allo stagno vero e proprio costituita da paludi semipermanenti, in parte bonificate per essere utilizzate come terreni agricoli.

Figura 5 - L’idrogeologia dell’area vasta con la distribuzione dei pozzi censiti dal Pietracaprina

4.2.5.2.

Caratteri idrogeologici del settore adiacente gli Stagni di Cabras e di Mistras

I risultati delle indagini svolte hanno portato all’identificazione delle principali unità idrogeologiche ed è stata elaborata la carta idrogeologica. Nell’identificazione delle unita idrogeologiche, una prima discriminazione è stata fatta suddividendo le formazioni permeabili per porosità da quelle permeabili per fratturazione. Successivamente, all’interno dei due singoli gruppi sono state definite, qualitativamente, le diverse classi di permeabilità, e ad esse sono state associate le litologie che, sulla base dei caratteri idraulici, ricadono generalmente in una determinata classe di permeabilità. Le litofacies, caratterizzate dallo stesso tipo di permeabilità e ricadenti nella stessa classe di permeabilità sono state aggregate per formare le unità idrogeologiche. Le unità idrogeologiche presenti nel territorio comunale sono: • • • • • • • • • • •

unità unità unità unità unità alta; unità unità unità unità unità unità

delle spiagge di sabbia, permeabilità per porosità alta; delle sabbie eoliche, permeabilità per porosità alta; dei suoli arenacei - calcarei, permeabilità per porosità media; dei detriti di pendio, permeabilità per porosità media; delle alluvioni sciolte attuali e sub-attuali, permeabilità per porosità delle paludi bonificate, permeabilità per porosità bassa; dei paleosuoli del Sinis, permeabilità per porosità bassa; delle arenarie eoliche, permeabilità per porosità media; della “panchina” tirreniana permeabilità per porosità bassa; delle alluvioni medie, permeabilità per porosità media; dei basalti dei pianori, permeabilità per fratturazione bassa; 72


• • •

unità dei basalti doletitici, permeabilità per fratturazione bassa; unità dei calcari vacuolari brecciati, permeabilità per circolazione carsica media; unità dei calcaro laminati del Sinis, permeabilità per porosità bassa.

Da quanto fin qui esposto, anche per quanto riguarda i caratteri idrogeologici si può fare una netta divisione tra le rocce sedimentarie e vulcaniche che costituiscono il Sinis e le rocce detritiche che compongono la pianura del Campidano, in quanto in ognuna di queste aree sono del tutto differenti le modalità della circolazione delle acque sotterranee. I dati a disposizione sono numerosi, sia per diretta conoscenza degli scriventi, sia perchè negli anni 90-91 Mele ha effettuato un’indagine sulle falde idriche della zona per conto del Consorzio di Bonifica di Oristano, col censimento di numerosi pozzi e con l’effettuazione di analisi chimiche delle acque. Numerosi pozzi vengono poi controllati periodicamente per quanto riguarda sia la salinità che le portate. Inoltre sono stati esaminati di recente alcuni pozzi campione per verificare l’attualità dei dati raccolti a suo tempo. In linea di massima sono state confermate le analisi effettuate con variazioni minime. La zona pianeggiante attorno a Cabras, come precedentemente illustrato, è costituita da sedimenti quaternari, con alla base le alluvioni antiche e quindi le altre formazioni più recenti. Le alluvioni antiche terrazzate sono presenti con gli ultimi terrazzi verso Baratili e Zeddiani, per essere poi ricoperte attorno a Cabras dalle alluvioni medie e recenti. Sono inoltre presenti depositi sabbiosi, calcari d’acqua dolce e argille palustri, sopratutto attorno allo stagno e nelle paludi bonificate. Il substrato profondo, come testimoniato da numerosi pozzi, è costituito da alluvioni di colore giallo-nocciola. I pozzi sono piuttosto numerosi, specie nelle zone non servite dalla rete irrigua e si addensano attorno al centro abitato. Per la maggior parte si tratta di pozzi a cassa anche se ultimamente sono numerosi i pozzi trivellati. La falda oscilla attorno ai 3-4 metri dal piano campagna. Rispetto al 90-91 si sono avute modeste variazioni specialmente negli anni 93-94 in seguito alla prolungata siccità. Attualmente il livello idrostatico è risalito alle quote precedenti. E’ presente una permeabilità per porosità, specialmente in senso orizzontale. L’alimentazione è quasi esclusivamente dovuta alle precipitazioni, anche se deve essere presente una laterale legata al Tirso. La qualità delle acque è in genere discreta. I prelievi non sono eccessivi, sia perchè è talvolta presente la rete irrigua, sia perchè le colture della zona sono quasi esclusivamente ortive, con prelievi quindi modesti. Inoltre i pozzi vengono usati in genere quando non è presente l’acqua della rete irrigua e quindi nei periodi primaverili e autunnali, quando le necessità sono minori. Nella zona tra la provinciale per Torregrande e quella per Zeddiani, attorno a Solanas, le acque mostrano un contenuto salino attorno a 1 grammo/litro. Fa eccezione il pozzo dell’Azienda Ibba, presso Solanas, con valori attorno ai 2 grammi/litro. I pozzi esaminati nell’ultimo periodo mostrano nel complesso una corrispondenza quasi completa con le analisi eseguite nel 1991. Tra la provinciale per Zeddiani e quella per Nurachi i pozzi non sono frequenti. Essi si addensano attorno alla periferia di Cabras, per irrigare numerosi orti. La salinità delle acque è in genere attorno ai 1,5-2 grammi/litro.

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La situazione peggiora notevolmente nel settore attorno allo stagno, compreso tra questo, l’abitato di Cabras e la provinciale per Riola. I pozzi, anche in questo settore non sono numerosi dato che i terreni sono prevalentemente ad oliveto ed è presente la rete irrigua. La salinità è comunque elevata, e si aggira attorno ai 3 grammi /litro. Particolarmente interessante è la situazione del pozzo della ditta Camedda Giovanni, ubicato in prossimità dello stagno in località Pauli Sa Mestia. Si tratta di un pozzo trivellato, nel quale l’acqua fuoriesce spontaneamente. Risulta isolato con bentonite per i primi 50 metri, la salinità dell’acqua era nel 91 di 1,5 grammi/litro. Nonostante l’uso prolungato i valori misurati attualmente sono rimasti praticamente identici. Un caso analogo è stato riscontrato in due pozzi recentemente trivellati presso le rive dello stagno, come quello comunale nei nuovi giardini, nei quali le falde superficiali risultano salmastre, mentre quelle più profonde sono invece con valori attorno a 1 grammo litro. Evidentemente le falde più profonde, per la presenza di livelli argillosi, non risentono dell’influenza dello stagno. Nell’esecuzione dei pozzi occorre perciò impedire la mescolanza delle falde con opportuni accorgimenti costruttivi. I pozzi nel centro abitato di Cabras, quasi tutti a cassa e usati per le necessità domestiche, avevano negli anni 96-98 una salinità variabile in genere attorno a 1,5 grammi litro. In conclusione si può dire che questo settore del territorio comunale presenta problemi solo nelle vicinanze dello stagno, che possono essere superati con trivellazioni profonde e con l’isolamento delle falde superficiali. Molto più complessa è la situazione nel Sinis, dove le acque sotterranee mostrano variazioni di salinità anche in ambiti molto ristretti. Le portate sono invece sempre abbondanti. Gran parte della penisola, dal pianoro basaltico sino al mare è costituita superficialmente da suoli calcareo-sabbiosi. La trasformazione irrigua delle colture ha fatto si che siano stati trivellati numerosi pozzi che hanno sempre la seguente stratigrafia: • • • •

suoli sabbioso-calcarei; calcari laminati del Sinis; argille marnose della formazione di Capo San Marco; sabbioni conglomeratici.

L’acqua viene sempre rinvenuta al contatto tra le argille marnose e i sabbioni, e ha una notevole risalita artesiana. Le portate sono cospicue, arrivando anche ai 10 litri/secondo. E’ presente però una notevole salinità, attorno ai 3,5 grammi/litro, dovuta in genere alla salinità delle rocce, formatesi in ambienti lagunari e marini. Non sembra invece dovuta a infiltrazioni di acque marine, data la presenza dello spesso livello argilloso. Rispetto ai controlli del 91 la salinità si è in genere mantenuta costante, con lievi variazioni in aumento solo in alcuni pozzi. Il problema è rappresentato dall’eccessivo sfruttamento che può portare all’esaurimento della falda fossile e a un aumento della salinità per concentrazione di sali in acque meno abbondanti. Alcuni agricoltori più consapevoli utilizzano i pozzi in anni alterni e in questo caso i valori di portata e salinità si mantengono più costanti.

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In questa zona del Sinis è presente anche una falda superficiale, impostata nello spesso mantello detritico, a circa 4-5 metri dal piano campagna. L’alimentazione dipende esclusivamente dalle precipitazioni e la salinità si aggira attorno a 1,5-2 grammi/litro. In questo caso essa è dovuta quasi esclusivamente all’aerosol marino che trasportato dai forti e frequenti venti di maestrale si deposita sul terreno. Sono però sufficienti alcune precipitazioni abbondanti durante la stagione invernale perché i terreni, molto permeabili, si liberino dal sale. Occorre anche precisare che le colture tradizionali del Sinis, che utilizzavano queste falde per irrigazioni di soccorso, mostrano una grande tolleranza dei confronti delle salinità elevate. Alcuni pozzi sono infine impostati nelle arenarie eoliche. Si tratta di pozzi risalenti anche all’età romana, che captavano falde più profonde e di maggiore garanzie. Notevole per esempio, il pozzo scavato presso Monte Corrighias. Una situazione analoga presentano i pozzi tra la dorsale e lo stagno almeno a sinistra della provinciale per Riola. Tra questa e le coste Ovest dello stagno la situazione si presenta invece più complessa. I numerosi dati raccolti sia nel 91 che recentemente hanno permesso di identificare una “linea” di demarcazione che non segue un andamento rettilineo. A destra di questa, verso lo stagno, la salinità è notevole, attorno ai 3-4 grammi/litro. A sinistra di questa, verso la provinciale, essa decresce bruscamente sino a valori sui 2 grammi/litro. Il substrato profondo è costituito da argille e sabbioni. La linea di separazione tra i due domini idrici potrebbe essere costituita dalla faglia che ha sollevato il Sinis. Ancora più complessa è la situazione attorno alla zona di San Salvatore, dove i pozzi sono numerosi, molti sono scavati nella roccia sin da tempi antichi. Recentemente sono numerosi i pozzi trivellati, in genere attorno ai 30-40 metri. Le portate sono sempre molto abbondanti, nel’ordine dei 5-10 litri/secondo. La salinità è invece molto variabile, passando in ambiti molto ristretti da meno di 1 grammo/litro a 3-5 grammi. Non si segue in questa zona un ordine preciso ma le variazioni sono casuali. Si tratta quindi di bacini di alimentazione diversi, ipotizzabili solo, per i pozzi con maggior portata e minore salinità, con collegamenti, sia pure difficilmente spiegabili, se non con motivi tettonici, con il conoide del Tirso o con il più lontano Montiferru. Tra la strada per San Giovanni e il mare la situazione si presenta più schematica. I pozzi, generalmente a cassa ma anche trivellati, hanno tutti un’alta salinità, legata sicuramente a infiltrazioni di acque salmastre. Nell’area infatti sono prevalenti le coltivazioni irrigue che necessitano di elevati prelievi. La situazione peggiora notevolmente verso San Giovanni, dove pozzi trivellati, profondi oltre i 100 metri, hanno sempre evidenziato un’alta salinità. Occorre precisare però che qualora vengano isolate le falde superficiali la situazione migliora notevolmente per la presenza in profondità di banchi argillosi. Inoltre le acque più superficiali oltre che un’alta salinità hanno un caratteristico odore di materiale vegetale in putrefazione. In questa zona quindi i pozzi devono essere eseguiti con particolare attenzione. A San Giovanni e Funtana Meiga, dove si sono trivellati ultimamente numerosi pozzi, le acque hanno sempre salinità elevata. In definitiva per il Sinis nel suo complesso la situazione si presenta piuttosto grave, in quanto i numerosi pozzi trivellati recentemente, specialmente se mal eseguiti, ma soprattutto con forti prelievi, mostrano un potenziale aumento della salinità, in molti casi già reale, per cui occorre una attenta regolazione dei prelievi. I pozzi dovrebbero essere lasciati a riposo per un certo periodo in modo da permettere la ricarica delle falde e seguiti periodicamente da analisi chimiche delle acque. 75


La circolazione sotterranea nel territorio comunale presenta aspetti piuttosto complessi e non ancora del tutto chiariti. Il problema principale è rappresentato non tanto dalla mancanza di risorse, che sono abbondanti, sia pure con differenti modalità di prelievo secondo le zone, quanto dal fatto che spesso le acque sotterranee presentano una elevata salinità. I motivi sono dovuti non tanto, o non solo, a infiltrazioni di acque salmastre nelle zone costiere, quanto al fatto che si è avuto, negli ultimi tempi, un forte aumento del prelievo. Tutto il Sinis è infatti privo della rete irrigua e contemporaneamente la crisi dell’agricoltura in asciutto ha portato a un forte aumento delle colture irrigue che devono necessariamente ricorrere alle falde sotterranee, con prelievi veramente considerevoli. Il sistema risulta particolarmente vulnerabile all’inquinamento nelle zone di sfruttamento, dove i pozzi spesso mettono in comunicazione falde di diversi acquiferi. 4.2.6.

CARATTERISTICHE PEDOLOGICHE

4.2.6.1.

ASPETTI FITOCLIMATICI

Per comprendere, almeno nei tratti generali, le caratteristiche climatico-ambientali dell’area, per una valutazione ai fini agro-pastorali e vegetazionali, sono di seguito riportati alcuni dati climatici principali, tratti da: Fitoclimatologia della Sardegna [P. Arrigoni, 1968]. In particolare risulta estremamente significativa la lettura delle caratteristiche fitoclimatiche dell’area sulla base degli orizzonti fitoclimatici indicati da tale autore, che consentono di comprendere alcuni elementi principali dell’adattabilità all’ambiente delle colture e delle specie forestali. Nella carta fitoclimatica – vedi Figura 6 tratta da Arrigoni - sono descritte le aree fitoclimatiche della Sardegna. In nero è riportato il climax degli arbusti montani prostrati e delle steppe montane mediterranee; in quadrettato l’orizzonte freddo umido della foresta montana del climax del leccio; in rigato trasversale l’orizzonte mesofilo della foresta di leccio; in punteggiato l’orizzonte delle foreste miste sempreverdi termoxerofile; in bianco l’orizzonte delle boscaglie e delle macchie litoranee.

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Figura 6 - Mappa - Carta fitoclimatica della Sardegna [FONTE: Arrigoni]

Il territorio del Comune ricade parte entro l’orizzonte delle foreste miste sempreverdi termoxerofile e parte entro l’orizzonte delle boscaglie e delle macchie litoranee. L’orizzonte delle foreste miste sempreverdi termoxerofile, che interessa l’entroterra, è caratterizzato da vegetazione sclerofillica, con elementi termofili e notevolmente xerofili che danno luogo a formazioni miste, per l’incapacità del leccio, in ambiente caldo-arido, a formare soprassuoli arborei monospecifici. Il clima dell’orizzonte è semiarido, con scarso surplus idrico invernale ed elevato deficit idrico durante l’estate; il periodo arido dura 3.5 - 4.5 mesi, con elevate temperature massime (media dei massimi annui di circa 36° - 40°). Il periodo freddo è raramente superiore a due mesi, con una media minima del mese più freddo pari a 3° 4° e media dei minimi annuali generalmente superiore a -2°. L’orizzonte delle boscaglie e delle macchie litoranee, occupa interessa la maggiore parte delle aree del Comune. Si riscontrano boscaglie o macchie primarie non cedue, con forme di degradazione rappresentate da macchie degradate e garighe. Il clima dell’orizzonte è semiarido, con estate calda, forte deficit idrico estivo e surplus idrico assai modesto, talvolta inesistente. Il periodo arido dura 3.5 - 4.5 mesi, con elevate temperature massime (media dei massimi annui di circa 36° - 40°). Il periodo freddo è praticamente inesistente, con conseguente riduzione delle specie a riposo invernale, con una media minima del mese più freddo pari a 3°- 4° e media dei minimi annuali generalmente superiore a -2°. Sulla base dei dati riportati, secondo la classificazione fitoclimatica del Pavari, l’area in esame è classificabile nella sottozona calda del Lauretum. Per l’analisi di dettaglio vedere il paragrafo nella vegetazione. 4.2.6.2.

Principali caratteri dei suoli rilevati

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L'ambiente pedologico del territorio deve essere visto in relazione soprattutto alle formazioni geolitologiche presenti, ai loro diversi aspetti morfologici, vegetazionali, ed al loro uso (presente e passato). Pertanto i suoli, nell'ambito dell’area considerata, sono stati suddivisi in funzione della roccia madre dalla quale derivano e della relativa morfologia. Il livello tassonomico raggiunto nella classificazione (Soil Taxonomy) è quello del sottogruppo. Per ciascun tipo di suolo sono state esaminate le caratteristiche più importanti per quanto attiene la sua genesi e la sua utilizzazione. Le tipologie prevalenti ricadono negli ordini degli Entisuoli, degli Alfisuoli e degli Inceptisuoli. Qui di seguito vengono brevemente illustrate le caratteristiche peculiari di alcuni suoli principali fra quelli individuati. ALFISUOLI Sono suoli caratterizzati dalla presenza di un orizzonte diagnostico con accumulo illuviale di argilla (orizzonte argillico) e da una saturazione in basi da moderata ad alta. Si ritrovano sui substrati alloctoni (depositi pleistocenici) già parzialmente alterati che permettono la migrazione dell'argilla verso il basso. - Typic Palexeralfs Suoli a profilo A-Bt-C A-Btg-Cg, da mediamente profondi a profondi, tessitura da franco-sabbioso a franco-argillosa, più argillosi negli orizzonti profondi; ricchi in scheletro. Il drenaggio varia, quindi, da normale a lento. La fertilità va da media a modesta e le limitazioni d'uso sono dovute alla presenza di scheletro talvolta elevata. INCEPTISUOLI I profili di questi suoli presentano orizzonti pedogenetici a minore evoluzione rispetto agli Alfisuoli. Si trovano anch'essi sulle superfici alluvionali terrazzate. Il profilo è di tipo A-Bw-C, con l'orizzonte Bw (orizzonte cambico), derivato dall'aIterazione in sito dei minerali argillosi e contenente ancora molti minerali alterabili diversi dal quarzo. - Typic Xerochrepts Sono caratterizzati da un profilo A-Bw-C, da mediamente profondi a profondi, tessitura franco-sabbiosa. La permeabilità in genere buona con drenaggio anche rapido. Le limitazioni d'uso principali sono imputabili all’elevato contenuto di scheletro e, a tratti, alla pietrosità superficiale. ENTISUOLI Sono suoli debolmente sviluppati o di origine recente, privi di orizzonti diagnostici ben definiti e con profilo di tipo A-C. - Typic Xerofluvents Presentano profilo di tipo A-C, da profondo a molto profondi con tessiture e percentuali in scheletro molto variabili in dipendenza delle caratteristiche granulometriche e litologiche delle alluvioni sulle quali questi suoli si sono evoluti. Il drenaggio varia da buono a lento. Le limitazioni all'uso agricolo sono modeste e rappresentate dall'eventuale presenza di scheletro, ovvero di tessiture troppo fini che determinano difficoltà di drenaggio, se non veri e propri ristagni idrici, ovvero la presenza di falde freatiche superficiali. - Typic Xerorthents 78


Si tratta di suoli a profilo A-C, da mediamente profondi a profondi, tessitura da franca a franco-sabbiosa. Il drenaggio è generalmente normale. 4.2.6.3.

Unità di paesaggio e suoli

Le unità di paesaggio descrivono porzioni di territorio ad ugual comportamento per tipo ed intensità di processo morfogenetico, entro le quali è possibile inserire un'associazione (o catena) di suoli differenti, accomunati da parametri fisici omogenei, quali substrato litologico, copertura vegetale, uso del suolo, quota, pendenza, tipo ed intensità di erosione. I suoli vengono quindi riuniti su superfici sufficientemente omogenee sia per attitudini naturali sia nelle risposte agli usi cui queste aree sono sottoposte in rapporto al tipo, o ai tipi, di suolo in esse presenti. II substrato pedogenetico è stato il primo elemento su cui ci si è basati per la definizione delle unità di paesaggio. Si è proceduto in seguito all'ulteriore distinzione delle unità cartografiche indicate con una lettera dell'alfabeto seguita da un numero progressivo. Ogni unità di paesaggio, inoltre, è stata associata con una classe di capacità d'uso prevalente accompagnata da eventuali classi di capacità d’uso accessorie. 4.2.6.3.1.

I suoli sui basalti pliocenici

Sono i suoli che si sono formati per l’azione pedogenetica sui basalti del Pleistocene. Questi suoli, spesso superficiali, sono caratterizzati da elevata rocciosità e pietrosità ed eccesso di scheletro, con copertura vegetale degradata. I suoli appartengono al sottogruppo Lithic Xerorthents. 4.2.6.3.2.

I suoli sulle marne e sui calcari del Miocene

Risultano di buon interesse agricolo, anche se talvolta possono essere, caratterizzati da una certa pietrosità, o eccesso di carbonati. Questi suoli talvolta possono rivelarsi limitati anche da un drenaggio lento, con comparsa di caratteri vertici. Da notare i rischi di erosione di tali substrati, particolarmente elevati nel caso di messa in coltura di pascoli o di superfici a pendenza media o elevata. Il contenuto di sostanza organica e di nutrienti è generalmente medio, eccettuato che in alcune situazioni particolari dove, in condizioni morfologiche più favorevoli, si possono trovare suoli più evoluti, con un profilo di maggiore spessore e migliori caratteristiche agronomiche. Soprattutto nei terreni migliori una buona gestione agronomica può sortire effetti favorevoli dal punto di vista delle dotazioni in nutritivi e sostanza organica. La reazione del terreno è neutra o subalcalina, e sono sempre presenti carbonati in quantità più o meno elevata. Talvolta si può osservare l’inizio di formazione di un orizzonte di accumulo secondario di carbonati (orizzonte calcico). Sono presenti i sottogruppi Typic e Lithic Xerorthents, Ruptic, Calcixerollic, Typic e Vertic Xerochrepts, Typic e Lithic Rhodoxeralfs. 4.2.6.3.3.

I suoli sui depositi conglomeratici marini quaternari

I suoli formatisi sui conglomerati marini quaternari occupano alcune aree grossomodo nelle zone di retroterra degli stagni. Si tratta di substrati di buono spessore (da 30 cm a 1 m), di buon interesse per le caratteristiche produttive, con limiti legati ad una certa presenza di scheletro.

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Negli orizzonti intermedi si trova spesso un orizzonte petrocalcico, che ostacola le lavorazioni e può limitare la permeazione dell’acqua, e viene spaccato con gli scassi del terreno. Il drenaggio è per il resto buono. La fertilità chimica è buona, con discreta dotazione in nutritivi e sostanza organica. La messa in coltura e corrette pratiche di gestione agronomica possono migliorare l’evoluzione di questi suoli. Sono presenti Typic e Lithic Xerorthents, Lithic e Typic Xerochrepts alternati a roccia affiorante. 4.2.6.3.4.

I suoli sulle alluvioni del Pleistocene

I suoli che più comunemente si rinvengono su questi substrati sono abbastanza sviluppati (Typic Palexeralfs); Si tratta di suoli mediamente antichi, che hanno subito per lungo periodo l’azione degli agenti del clima e che sono pertanto piuttosto alterati (presentano infatti talvolta un orizzonte cambico), con sviluppo notevole del profilo, generalmente oltre i 100 cm. I substrati che più comunemente si rinvengono hanno granulometria da sabbioso-franca a franco-sabbioso-argillosa. Gli orizzonti profondi possono in alcuni casi essere ricchi in parti fini e molto fini (da franco-sabbioso-argillosi a franco-argillosi) molto compatti, con drenaggio ridotto. Dal punto di vista della fertilità chimica si possono avere situazioni differenziate, con suoli comunque non particolarmente dotati in nutritivi e sostanza organica. Su tali suoli si possono insediare positivamente colture erbacee e soprattutto arboree, anche irrigue, a patto di considerare i limiti derivanti da eccesso di scheletro e presenza di orizzonti impermeabili sottostanti. Dal punto di vista tassonomico sono ascrivibili al sottogruppo dei Typic Palexeralfs. 4.2.6.3.5.

I suoli sulle alluvioni ciottolose oloceniche

I suoli che ricoprono questi substrati, ubicati nelle aree prossime all’area del Tirso nella piana a SE dell’abitato, sono solo debolmente sviluppati (Typic, Mollic, Aquic e Vertic Xerofluvents e Typic Fluvaquents), di medio spessore, altamente scheletrici e facilmente drenati. Sono suoli di buone caratteristiche generali, che si prestano bene all’agricoltura. Queste alluvioni sono costituite da accumuli con granulometrie miste, con orizzonti per lo più incoerenti o poco cementati, a matrice grigio-bruna, e con ciottoli di dimensioni variabili. Con il variare delle granulometrie può variare anche la potenza degli strati, nonché il comportamento idrologico dei profili. I suoli a tessitura più fine sono naturalmente i più fertili. Le buone caratteristiche pedo-agronomiche di tali substrati sono limitate principalmente dal problematiche legate a situazioni di ristagno idrico anche possibili per risalita delle falde o per inondazione. Questi suoli dal punto di vista agricolo risultano comunque estremamente validi, e sono quanto possibile da valorizzare. 4.2.6.3.6.

I suoli sulle sabbie eoliche dell’Olocene

Prevalgono i suoli dunali come i Typic Quartzipsamments, i Typic Xeropsamments e i Lithic Xerochrepts che sono il frutto di una pedogenesi difficile e spesso recente. Si tratta di aree di elevato valore paesaggistico e naturalistico, estremamente sensibili dal punto di vista dell’equilibrio ambientale, attualmente sottoposte ad un

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intensa pressione antropica (soprattutto nella stagione estiva), il cui uso va regolato per evitarne una degradazione accellerata. 4.2.6.3.7.

I suoli su sedimenti litoranei olocenici

Sono i suoli delle aree pianeggianti o depresse prossime agli stagni retrocostieri, incolte, con vegetazione naturale alofila palustre. Questi suoli fanno parte di un ecosistema (quello degli ambienti umidi) di elevato valore geomorfologico, idrologico, faunistico, vegetazionale e anche pedologico, da proteggere e valorizzare opportunamente. I suoli sono classificati come Typic Salorthids, profondi, argilloso-limosi. Si tratta di suoli con severe limitazioni d'uso derivanti dall'elevata idromorfia e dall'eccesso di salinità superficiale (suoli salsi); questi suoli, infatti, mancano di capacità di drenaggio, ciò che li porta all’accumulo di sale. Il loro profilo e di tipo A-C, con tessitura argillosa o argilloso-limosa e drenaggio da lento ad impedito. In alcuni casi, soprattutto in aree più retrostanti rispetto alle aree di stagno, essi possono essere inclusi fra altre formazioni; in tale caso si può ricorrere a interventi di bonifica e desalinizzazione, che possono rendere tali suoli nuovamente utilizzabili per fini agricoli. Viceversa sono da considerarsi non idonei alle coltivazioni (classe di capacità d'uso VIII) i suoli delle aree più prossime agli stagni di Mistras e Cabras; dato l’elevato interesse paesaggistico (per le alte valenze naturalistiche, sia faunistiche che vegetazionali) si auspica un'azione di salvaguardia che garantisca la totale conservazione di questo ambiente naturale.

4.2.7. ELEMENTI DI DEGRADO E FONTI DI INQUINAMENTO Di seguito vengono sinteticamente descritti i principali elementi e processi di degrado del paesaggio geologico e le principali fonti di inquinamento reali e potenziali che possono interferire con le acque sotterranee causando danni alle stesse. Altri elementi di degrado sono rappresentati dalle discariche abbandonate ed in uso, sia quelle per rifiuti solidi urbani sia quelle per inerti. Anche queste infatti oltre a modificare il naturale assetto morfologico costituiscono una fonte di inquinamento potenziale delle falde sotterranee, poiché il percolato, se non sono state prese tutte le precauzioni necessarie può raggiungere ed inquinare le acque sotterranee ed i suoli. Anche i depuratori e gli scarichi fognari, i depositi di rottami, i distributori di benzina, le industrie, l’attività agricola intensiva, l’allevamento intensivo ed le aree urbanizzate prive di servizi sono state considerate come elementi di degrado del paesaggio geologico e geomorfologico e fonti di inquinamento potenziale per le acquee sotterranee. Nei sedimenti miocenici del Sinis si rinvengono inoltre alcune cave utilizzate come materiale per calce. Le più importanti sono a Cannevadosu, a Monte Palla e a Monte Raseddu. 4.2.7.1.

Vulnerabilità idrogeologica

Dalle analisi settoriali eseguite, il territorio circostante il sistema Cabras-Mistras presenta alcune problematiche di ordine geologico-tecnico, geomorfologico ed idrogeologico, legate sia alla naturale evoluzione dell’area sia alla frequentazione ed alla gestione del territorio da parte dell’uomo. 81


I rischi ed i fattori a cui è sottoposto il territorio comunale sono riassumibili in: • • • • •

Erosione per ruscellamento concentrato e diffuso dei versanti del Sinis Il pericolo di esondazione dello stagno di Cabras nell’abitato, presente in passato, non è più evidente in seguito alla costruzione del canale scolmatore. Il pericolo di esondazione delle aree di Brabau e delle aree della golena e della foce del Tirso (P.A.I.). Potenziale rischio di inquinamento delle acque sotterranee, soprattutto nel settore costiero, dove i pozzi spesso mettono in comunicazione falde di diversi acquiferi. Potenziali rischi di inquinamento delle acque sotterranee, nel settore di piana costituito dai sedimenti detritici olocenici, caratterizzati da elevata permeabilità, per uso inadeguato di fertilizzanti e pesticidi in agricoltura.

I fenomeni di dissesto idrogeologico sono solitamente determinati da cause naturali, anche se la trascuratezza e certi interventi dell’uomo sul territorio possono fungere da fattori innescanti e/o acceleranti di tali processi. Pertanto una regolamentazione degli interventi antropici ed un adeguato sistema di regimazione delle acque possono in qualche modo contribuire alla stabilità del territorio. 4.2.7.2.

Le discariche

I rifiuti solidi urbani vengono attualmente conferiti a discariche controllate. In tutto il territorio sono presenti numerose discariche di materiali vari, dagli inerti ai rottami ferrosi, alle carcasse di auto, ai rifiuti organici. I cumuli presentano a volte materiali pericolosi (batterie, eternit,…) il cui recupero e smaltimento dovrebbe essere prioritario. 4.2.7.3.

Le industrie

Nella zona in esame non esistono stabilimenti industriali di una certa importanza. Nella zona artigianale di recente costruzione, sita a pochi chilometri dal SIC di Mistras, si ha prevalenza di industrie di lavorazione del ferro e dell’alluminio, depositi di materiali per l’edilizia, officine meccaniche, etc., pertanto i residui di lavorazione non sono generalmente fortemente inquinanti. Più diffuse le aziende che operano in campo agro-alimentare, con produzione di rifiuti organici in teoria depurati, ma che per la loro natura non sono comunque paragonabili come effetti sull’ambiente a quelli industriali. In particolare sono ovviamente diffusi gli stabilimenti per la commercializzazione dei prodotti ittici. Nel paese esistono 3 frantoi oleari con produzione di acque reflue e sansa. Essi sono in genere possesso di relazione idrogeologica con l’indicazione dei siti adatti per lo scarico delle acque reflue, mentre conferiscono le sanse ad apposite ditte. L’immissione in rete delle acque reflue operata nel modo dovuto non comporta comunque inquinamenti di una certa importanza. 4.2.7.4.

L’attività agricola intensiva e l’allevamento intensivo

Queste attività sono considerate delle potenziali fonti di inquinamento. L’inquinamento è prodotto dal dilavamento dei campi ad opera delle acque piovane e d’irrigazione che trascinano fertilizzanti, diserbanti, insetticidi o prodotti del metabolismo animale. I pesticidi, termine con il quale si intendono numerosi usi di diserbanti, insetticidi e fungicidi, sono molto usati nelle pratiche agricole irrigue, come per esempio la 82


risicoltura, molto diffusa nel Campidano di Oristano e in alcune zone del territorio comunale.. Non si hanno però dati sulla quantità e sul tipo dei pesticidi utilizzati. Per quanto riguarda l’allevamento esso è diffuso sopratutto, nel Sinis. Le deiezioni animali abbandonate nei pascoli o stoccate in prossimità delle stalle, lisciviate dalle acque superficiali sono una delle principale fonti di inquinamento batteriologico delle acque sotterranee e di quelle superficiali, sia per lo stagno di Cabras che per quello di Mistras. 4.2.7.5.

Aree urbanizzate prive di servizi

Nel territorio in esame esistono, oltre ai centri abitati, numerosi agglomerati rurali privi di impianti fognari o di impianto di depurazione. Particolare importanza rivestono le borgate marine che specie nel periodo estivo ospitano decine di migliaia di persone. Prive di fognature sono tutte le località del Sinis. 4.2.7.6.

Prelievi eccessivi dalle falde sotterranee

Nel Sinis, nel settore costiero della piana del Campidano, dove sono numerosi i pozzi che attingono dalle falde freatiche e dalle falde confinate più profonde, sono molti i pozzi che presentano valori anomali di conducibilità elettrica dovuti all’intrusione di cunei salini e o salmastri per la rottura degli equilibri esistenti tra le superficie acqua dolce/acqua salata, in seguito ad emungimenti eccessivi e prolungati nel tempo. La qualità delle acque sotterranee è inoltre influenzata dall’uso del suolo e da tutte le attività antropiche. La presenza di numerose fonti di inquinamento, tra le quali è necessario citare l’agricoltura specializzata ed in particolare la coltivazione del riso, stanno determinando un peggioramento generale della qualità delle falde freatiche delle aree di pianura, ed in alcuni casi, dove gli acquiferi sotterranei non sono sufficientemente isolati uno dall’altro o sono messi in comunicazione tramite pozzi, anche degli acquiferi profondi. Un altro problema esistente nel Campidano e nel Sinis è rappresentato dal sovrasfruttamento degli acquiferi in quanto altera le potenzialità produttive degli acquiferi. Il sovrasfruttamento delle acquiferi superficiali ha determinato nelle recenti annate siccitose un abbassamento generale della superficie piezometrica, tanto che numerosi pozzi hanno mostrato portate nettamente inferiori rispetto alle medie precedenti, ed altri si sono seccati. Anche nel 1995, anno particolarmente arido, questo fenomeno si è ripresentato. In alcune aree dove gli i prelievi per sopperire la scarsa disponibilità d’acqua per uso irriguo sono elevatissimi, si parla in alcuni casi di portate superiori ai 10 l/s 24 ore su 24 ore, molti pozzi superficiali si sono totalmente prosciugati. La mancanza di una adeguata regolamentazione dei prelievi dagli acquiferi superficiali e da quelli profondi e la presenza di numerosi pozzi che mettono in comunicazione acquiferi superficiali con acquiferi profondi sono sicuramente i fattori più importanti che concorrono ad accelerare i processi di alterazione della qualità dell’acque sotterranee e che possono influire negativamente sulla produttività potenziale degli acquiferi suddetti. Gli emungimenti elevati e prolungati nel tempo, soprattutto in periodi caratterizzati da elevata siccità, possono innescare alla lunga fenomeni di subsidenza. In definitiva risultati delle indagini ed analisi effettuate hanno messo in evidenza i seguenti problemi: 83


-

caratteri idrochimici delle acque che mostrano un elevato contenuto in sali, probabilmente per la natura dell’acquifero e per progressiva intrusione di cunei di acqua salata nelle falde costiere;

-

modificazioni delle portate dei pozzi in seguito ad eccessivo emungimento.

4.2.7.7.

Il rischio di inondazione del settore a ridosso del Rio Tanui e della SP1

Il settore compreso tra la destra idrografica del Tirso e lo stagno di Mistras è costituito da una piana alluvionale, con pericolo di straripamenti per la golena del Tirso che potrebbe avere effetti su quella parte di SIC/ZPS che fisiograficamente appartiene allo stagno di Cabras Più rari gli straripamenti del Rio Tanui che possono interessare il settore meridionale del centro abitato. Il pericolo rappresentato dalle esondazioni dello stagno, in seguito alle piene provenienti dal Mare Foghe dovrebbe essere ormai scongiurato con la costruzione del canale scolmatore. L’unico problema effettivo è dovuto alle piene del Tirso che nella fascia di golena e, nel caso di piene cinquecentenarie, dell’area di Brabau, possono dar luogo a fenomeni che interessano vaste aree (PAI). Il settore interessato dalla piena a ritorno cinquantenario è incluso interamente in golena e conseguentemente è gia sottoposto al vincolo di inedificabilità, mentre la parte della bonifica di Brabau è interessata dalla sola piena a ritorno cinquecentenario.

84


4.3.

ASSETTO FLORISTICO E VEGETAZIONALE

4.3.1. Scheda Natura 2000 In allegato i formulari ufficiali 4.3.2. Stagno di Mistras di Oristano (SICp - ITB030034; ZPS ITB034006) 4.3.2.1.

Habitat d'interesse comunitario

Vengono di seguito elencati gli habitat d'interesse comunitario individuati dalla Direttiva 92/43/CEE del consiglio del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (allegato i - tipi di habitat naturali di interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di aree speciali di conservazione, GU l 206 del 22.7.1992), presenti nello stagno di Mistras. Il Sito di Importanza Comunitaria proposto (SICp) “Stagno di Mistras di Oristano” è univocamente determinato dal Codice Natura 2000 di identificazione del sito ITB030034, così come indicato dal Decreto Ministeriale del 3 aprile 2000, ai sensi della Direttiva Habitat dell’Unione Europea (92/43/CEE) e della Direttiva Uccelli (79/409/CEE). Il SICp si estende su 1614 ettari interessando il territorio del comune di Cabras e Oristano, in provincia di Oristano (Sardegna); si trova ad una altezza compresa tra il livello del mare ed i 4 m s.l.m., tra le coordinate geografiche 8° 27’ 00" Est e 39° 54’ 00"Nord, all’interno della Regione Biogeografica Mediterranea. La sua proposizione come Sito di Interesse Comunitario è dovuta alla presenza degli habitat di interesse comunitario elencati di seguito: Tabella 3 – Elenco degli habitat SIC di Mistras [formulari ufficiali] Codice

Descrizione

1150 *

Lagune costiere

1510 *

Steppe salate mediterranee (Limonietalia)

1120 *

Praterie di Posidonie ( Posidonion oceanicae)

1420

Praterie e fruticeti alofili mediterranei e termo-atlantici (Sarcocornietea fruticosae)

1210

Vegetazione annua delle linee di deposito marine

Tabella 4 - Caratteristiche degli habitat di Mistras [Formulari Ufficiali] Codice Habitat

Copertura % nel sito

Rappresentatività

Superficie relativa

Grado di conservazione

Valutazione globale

1150

60

A

B

A

A

1510

15

A

C

B

A

1120

10

A

C

A

A

1420

1

C

C

C

C

1210

1

C

C

C

C

85


Per la redazione del Piano di Gestione del pSIC "Stagno di Mistras di Oristano", è stata realizzata una verifica delle informazioni contenute nel formulario Natura 2000 depositato presso il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio. La verifica è avvenuta in due fasi distinte: in un primo momento è stata condotta una ricognizione dei dati disponibili in letteratura, mentre in una seconda fase è stata effettuata una verifica di tali informazioni sul territorio. Le analisi sul campo hanno interessato principalmente la verifica del perimetro dell’area pSIC, il rilevamento delle principali formazioni vegetali e la presenza di unità tassonomiche vegetali di interesse. Sono stati poi rilevati tutti i parametri necessari per poter valutare lo status di conservazione degli habitat e individuare le principali minacce in atto; particolare attenzione è stata posta nel rilevamento delle entità alloctone, invasive e non, e nella quantificazione delle aree interessate da fenomeni di invasività per le quali si propone una azione di riqualificazione. Al fine della precisione dei rilevamenti in situ si è operato utilizzando un GPS palmare con supporto di software GIS mobile (ArcPad 7.0) che ha consentito di realizzare una carta degli habitat, una carta della vegetazione e una carta delle aree per le quali si rendono necessari interventi di riqualificazione e rinaturazione che abbracciano non solo l’area SICp ma anche le aree limitrofe. Da una analisi generale del sito emerge come la parte più settentrionale sia stata ampiamente modificata dalle attività antropiche (coltivazioni, aree destinate a pascolo, etc.) tanto che non vi si trovano gli habitat segnalati dal formulario, nemmeno in asili lembi; discorso analogo può essere fatto per il tratto compreso tra la borgata di Torregrande e il porticciolo turistico. Sulla base delle informazioni raccolte è possibile caratterizzare i seguenti habitat di interesse comunitario. 1120* Praterie di Posidonia (Posidonion oceanicae) Comunità specializzata alla vita subacquea in ambiente marino, in diverse condizioni di salinità, profondità, qualità del fondale e turbolenza delle acque. Vegetazione fanerogamica marina radicante, dominata da Posidonia oceanica (L.) Delile, delle zone litoranee e sublitoranee, in acque da eualine a polialine, formanti complessi di praterie con alghe marine. Generalmente su substrati sabbiosi, poco profondi, in acque limpide, oligotrofiche. Nel SIC si trova spesso sostituita da cenosi a Cymodocea nodosa. 1150 * Lagune costiere. E' costituito fondamentalmente da distese di acqua salata in aree costiere, poco profonde, con salinità e quantità d'acqua variabile a seconda dell'apporto di acque dolci (meteoriche e/o da apporti fluviali), salmastre e a seguito dell'evaporazione delle stesse. In tali ambienti si insediano cenosi di fanerogame specializzate riferibili alle classi Ruppietea marittimae, Potametea, Zosteretea o Charetea. Sulla base del Manuale di interpretazione questo habitat può anche presentarsi privo di tali aspetti di vegetazione. Tali caratteristiche ecologiche sono presenti sia nello stagno che nelle paludi satelliti ma risulta evidente la necessità di ulteriori analisi per arrivare a una corretta definizione e quantificazione di tale habitat. Le cenosi di fanerogame specializzate sono apparentemente limitate per estensione alle zone marginali dello stagno; risulta necessario approfondire le analisi sulla distribuzione e sullo sullo stato di conservazione al fine di poter individuare le criticità in atto e proporre misure conseguenti di conservazione.

86


1210 Vegetazione annua delle linee di deposito marine Habitat presente in aree molto limitate per estensione, nelle piccole cale sabbiosa nella parte occidentale dell’isola. Lo stato di conservazione può definirsi precario a causa della pressione anropica estiva. 1420

Praterie e fruticeti alofili (Sarcocornietea fruticosae)

mediterranei

e

termo-atlantici

Questo habitat è caratterizzato dalla presenza di praterie a prevalenza di Chenopodiaceae perenni su suoli sabbiosi o limosi ai margini delle zone umide. A seconda della variazione del gradiente di salinità è possibile individuare diverse associazioni vegetali. Nell’ambito del SIC ritroviamo questo habitat principalmente nella parte meridionale mentre risulta limitato per estensione a un piccolo lembo nel restante perimetro dello stagno, principalmente a causa dello sviluppo delle aree destinate all’agricoltura che arrivano fino a pochi metri dalla sponda dello stagno. Tale habitat è limitato nella sua naturale estensione per la presenza di strade, colture specializzate (soprattutto risaie), etc. Lo stato di conservazione può essere definito precario a causa della frammentazione e, anche sei siti in cui tale habitat è ben rappresentato, bisogna rilevare l’elevato disturbo dovuto alle azioni antropiche, principalmente alla discarica di materiali, al pascolo, etc. 1310

Vegetazione pioniera a Salicornia e altre specie annuali delle zone sabbiose e fangose

Habitat caratterizzato da cenosi vegetali di piante annuali, composte da Chenopodiaceae del genere Salicornia o da Poaceae, che occupano le aree inondate periodicamente: margini degli stagni, radure della vegetazione alofila perenne (rif. Habitat 1420), in aree soggette a inondazioni prolungate e prosciugamento estivo. Comunità similari si possono trovare anche su substrati sabbiosi e limosi che non sono mai inodati. Questo habitat risulta legato al precedente e di conseguenza vale lo stesso discorso relativamente alla distribuzione. 1410

Pascoli inondati mediterranei (Juncetalia maritimi)

Habitat definito per la presenza di formazioni appartenenti agli Juncetalia maritimi. Si tratta di formazioni emicriptofitiche dominate fisionomicamente da Juncus maritimus e/o Spartina juncea, rinvenibili nelle depressioni ad inondamento prolungato, su suoli generalmente sabbiosi, umidi anche in estate. Sono distribuite in modo disomogeneo lungo il perimetro dello Stagno e solo raramente costituiscono formazioni rilevanti essendo spesso ridotte a piccoli lembi. 1510

Steppe salate mediterranee (Limonietalia)

Habitat costituito principalmente da un associazione endemica del Golfo di Oristano, su sabbie umide salate retrodunali e peristagnali mai allagate, dominata dalla camefita Limonium oristanum Mayer (Mayer, 2005). Generalmente occupa i cordoni sabbiosi che separano le lagune dal mare, trovandosi spesso a contatto con le cenosi della serie psammofila. Tale associazione è molto diffusa nella parte vicino al mare dello stagno di Mistras. Va evidenziato che la presenza in piccoli nuclei discontinui di tali aspetti di vegetazione non rappresenta affatto un sintomo di degrado quanto piuttosto una peculiarità ecologica specifica di tali cenosi. 4.3.2.2.

Habitat ufficiali

1. HABITAT COSTIERI E VEGETAZIONE ALOFITICHE 87


11.

Acque marine e ambienti a marea 1120

Praterie di Posidonie (Posidonion oceanicae)

1. HABITAT COSTIERI E VEGETAZIONE ALOFITICHE 11. Acque marine e ambienti a marea 1150 Lagune costiere 12. Scogliere marine e spiagge ghiaiose 1210 Vegetazione annua delle linee di deposito marine 14. Paludi e pascoli inondati mediterranei e termo-atlantici 1420 Prateria e fruticeti alofilimediterranei e (Sarcocornetea fruticosi) 15. Steppe interne alofile e gipsofile 1510 Steppe salate mediterranee (Limonietalia)

4.3.2.3.

4.3.2.4.

termo-atlantici

Habitat prioritari 1150

Lagune costiere

1120

Praterie di Posidonie (Posidonion oceanicae)

1510

Steppe salate mediterranee (Limonietalia)

Habitat integrativi

1310

Vegetazione pioniera a Salicornia e altre specie annuali delle zone sabbiose e fangose

1410

Pascoli inondati mediterranei (Juncetalia maritimi)

4.3.2.5.

Habitat ufficiali non confermati sul campo

Nessuno 4.3.2.6.

Habitat per i quali sono necessari ulteriori studi

Per gli habitat 1310 e 1410 si rendono comunque necessari ulteriori studi volti a definirne la copertura e lo stato di conservazione; in ragione della tempistica della redazione dei Piani di Gestione e della mancanza di studi e analisi da bibliografia risulta impossibile una maggiore caratterizzazione di tali habitat. Habitat ecologicamente e strutturalmente simile a 2110 Dune mobili embrionali 1430

Praterie e fruticeti alonitrofili (Pegano-Salsoletea)

4.3.3. San Giovanni di Sinis (SICp - ITB032239) Vengono di seguito elencati gli habitat d'interesse comunitario riportati dalla Direttiva 92/43/CEE Del Consiglio del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (Allegato I - Tipi di habitat naturali di interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di 88


aree speciali di conservazione, GU l 206 del 22.7.1992), presenti nelle dune di San Giovanni di Sinis Il Sito di Importanza Comunitaria proposto (SICp) “San Giovanni di Sinis” è univocamente determinato dal Codice Natura 2000 di identificazione del sito ITB032239 così come indicato dal Decreto Ministeriale del 3 aprile 2000, ai sensi della Direttiva Habitat dell’Unione Europea (92/43/CEE) e della Direttiva Uccelli (79/409/CEE). Il SICp si estende su 1614 ettari interessando il territorio del comune di Cabras, in provincia di Oristano (Sardegna); si trova ad una altezza compresa tra 3 ed i 10 m s.l.m., tra le coordinate geografiche 8° 26’ 21" Est e 39° 52’ 46"Nord, all’interno della Regione Biogeografica Mediterranea. La sua proposizione come Sito di Interesse Comunitario è dovuta alla presenza degli habitat di interesse comunitario elencati di seguito: Tabella 5 - Elenco degli habitat del SIC di San Giovanni di Sinis [Formulari ufficiali] Codice

Descrizione

2210

Dune fisse del litorale del Crucianellion maritimae;

2110

Dune mobili embrionali;

2230

Dune con prati dei Malcolmietalia;

2120

Dune mobili del cordone litorale con presenza di Ammophila arenaria ("dune bianche");

1210

Vegetazione annua delle linee di deposito marine.

Tabella 6 - Caratteristiche degli habitat del SIC di San Giovanni di Sinis [Formulari ufficiali] Codice Habitat

Copertura % nel sito

Rappresentatività

Superficie relativa

Grado di conservazione

Valutazione globale

2210

60

B

C

B

A

2110

20

B

C

B

B

2230

5

B

C

B

B

2120

5

B

C

B

B

1210

5

B

C

B

B

Per la redazione del Piano di Gestione del pSIC "San Giovanni Sinis", è stata realizzata una verifica delle informazioni contenute nel formulario Natura 2000 depositato presso il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio. La verifica è avvenuta in due fasi distinte: in un primo momento è stata condotta una ricognizione dei dati disponibili in letteratura, mentre in una seconda fase è stata effettuata una verifica di tali informazioni sul territorio. Le analisi sul campo hanno interessato principalmente la verifica del perimetro dell’area pSIC, il rilevamento delle principali formazioni vegetali e la presenza di unità tassonomiche vegetali di interesse. Sono stati poi rilevati tutti i parametri necessari per poter valutare lo status di conservazione degli habitat e individuare le principali minacce in atto; particolare attenzione è stata posta nel rilevamento delle entità alloctone, invasive e non, e nella quantificazione delle aree interessate da fenomeni di invasività per le quali si propone una azione di riqualificazione. Al fine della precisione dei rilevamenti in situ si è operato utilizzando un GPS palmare con supporto di software GIS mobile (ArcPad 7.0) che ha consentito di realizzare una carta degli habitat, una carta della vegetazione e una carta delle aree per le quali si rendono necessari interventi di riqualificazione e rinaturazione che abbracciano non solo l’area SICp ma anche le aree limitrofe. 89


Il primo dato emerso è quello relativo alla porzione di SICp occupato attualmente dalla strada che arriva a Tharros, dai relativi parcheggi e dalle aree sulle quali sono stati realizzati dei chioschi. Relativamente al confronto tra gli habitat indicati nel formulario Natura 2000 e quelli rilevati direttamente sul terreno, si conferma la presenza degli habitat 2210 (Dune fisse del litorale del Crucianellion maritimae) e 2230 (Dune con prati dei Malcolmietalia) mentre risultano esterni al perimetro del SIC o assenti i restanti due (2110, 2120 e 1210). In particolare, relativamente agli habitat, alcune indicazioni presenti nel formulario non appaiono condivisibili e pertanto viene proposta una revisione; nel Piano di Gestione, sulla base delle informazioni raccolte, viene proposto un aggiornamento della Scheda Natura 2000. I dati aggiornati verranno trasmessi al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, il quale provvederà a fornirli all’organo competente della Comunità Europea responsabile della procedure relative ai pSIC/ZPS. Per quanto riguarda l’habitat 1210 (Vegetazione annua delle linee di deposito marine) si rileva che questo, seppure presente nell’area di San Giovanni, risulta ampiamente al di fuori del perimetro del pSIC. Relativamente agli habitat “Dune mobili del cordone litorale con presenza di Ammophila arenaria ("dune bianche")” (2120) e “Dune mobili embrionali” (2110) va sottolineato che tali habitat, sempre facendo riferimento alla Direttiva, al decreto attuativo e al Manuale di Interpretazione degli Habitat, sono tutelati esclusivamente per le coste atlantiche mentre non vengono incluse le formazioni presenti nel Mediterraneo, nonostante queste siano strutturalmente e ecologicamente simili alle precedenti. Per quanto riguarda gli habitat presenti sulle dune embrionali e le cenosi ad Ammophila, in ragione del fondamentale ruolo nella stabilizzazione e mantenimento degli habitat psammofili, andrebbero comunque tutelate anche attraverso l’individuazione di un habitat apposito su scala regionale. Per la conservazione di tali habitat si ritiene fondamentale proseguire con le attività di regolamentazione degli accessi agli arenili finalizzati a ridurne la frammentazione, come già previsto dai progetti recentemente approvati in sede regionale. In assenza di una chiara indicazione di questo tipo, sulla base di quanto indicato sulla norma e specificato nel Manuale di interpretazione, la presenza di tali habitat sarebbe da escludere; tuttavia sulla base di quanto indicato dalla Regione (communicazione del 8/02/2008, Prot. 3830) in merito a colloqui intercorsi con il Ministero dell’Ambiente, gli habitat 2120 e 2110 vengono ritenuti a tutti gli effetti presenti anche in Italia. Sulla base di tali indicazioni, nonostante l’evidente diversità delle formazioni presenti in Sardegna rispetto a quelle descritte dal Manuale di interpretazione, si conferma la presenza dell’habitat 2110 nel pSIC di San Giovanni. 1210 Vegetazione annua delle linee di deposito marine Habitat presente nell’area vasta ma esterno al perimetro del SIC. 2110 Dune mobili embrionali Si tratta di habitat particolarmente sensibili e in ragione del fondamentale ruolo nella stabilizzazione e mantenimento degli habitat psammofili, vanno tutelati. A San Giovanni troviamo piccoli lembi di vegetazione nelle costa verso mare vivo, frammentati e rappresentati da formazioni per le quali è necessario individuare con urgenza delle appropriate misure di conservazione. Presente nell’area vasta ma esterno al perimetro del SIC

90


2120 Dune mobili del cordone litorale con presenza di Ammophila arenaria (<<dune bianche>>) Si sottolinea che è presente a San Giovanni in nuclei di pochi metri quadri. Presente nell’area vasta ma esterno al perimetro del SIC 2210 Dune fisse del litorale del Crucianellion maritimae Habitat costituito da comunità camefitiche occupanti le parti alte delle dune, in aree più esposte all’aerosol marino, meno di frequente in avvallamenti retrodunali. Generalmente è caratterizzato dalla presenza di Crucianella maritima L. e Scabiosa rutifolia Valh; Si mantengono numerose le specie tipiche della Classe Ammophiletea e da sottolineare la costante presenza della endemica Silene corsica DC; interessante è anche la sporadica presenza di Helichrysum microphyllum (Willd.) Camb. ssp. tyrrhenicum Bacch., Brullo et Giusso.Habitat fortemente minacciato oltre che dalla pressione turistica anche dalla presenza di nuclei di specie alloctone altamente inavasive che negli ultimi anni ne hanno ridotto significativamente la superficie di occupazione. 2230 Dune con prati del Malcomietalia A mosaico con i tipi di vegetazione perenne delle dune embrionali, mobili e fisse del litorale, si rinvengono comunità terofitiche a fenologia tardo invernale-primaverile., inquadrabili nell’alleanza Alkanno-Maresion nanae dell’ordine Malcomietalia. Su tali aspetti di vegetazione risulta necessario proseguire gli studi.

4.3.3.1.

1.

Habitat ufficiali

HABITAT COSTIERI E VEGETAZIONE ALOFITICHE 12.

Scogliere marine e spiagge ghiaiose 1210

2.

Vegetazione annua delle linee di deposito marine

DUNE MARITTIME E INTERNE 21.

Dune marittime delle coste atlantiche, del Mare del Nord e del Baltico

22.

4.3.3.2.

2110

Dune mobili embrionali

2120

Dune mobili del cordone litorale con presenza di Ammophila arenaria (<<dune bianche>>)

Dune marittime delle coste mediterranee 2210

Dune fisse del litorale del Crucianellion maritimae

2220

Dune con prati del Malcomietalia

Habitat prioritari

Nessuno 4.3.3.3.

Habitat integrativi 91


Nessuno 4.3.3.4.

Habitat ufficiali non confermati sul campo

2110

Dune mobili embrionali;

2120

Dune mobili del cordone litorale con presenza di Ammophila arenaria ("dune bianche");

1210

Vegetazione annua delle linee di deposito marine.

Si specifica, come già rilevato per l’isola di Mal di Ventre e per Mistras che sono presenti formazioni strutturalmente e ecologicamente simili a quelle costituenti gli habitat 2110 e 2120 che sulla base del Manuale non possono essere inglobate in tali habitat. Si ritiene dato l’elevato valore e la fondamentale funzione ecologica utile proporre una modifica che recepisca tali considerazioni.

4.3.4. Specie floristiche 4.3.4.1.

Stagno di Mistras ITB034006)

4.3.4.1.1.

di

Oristano

(SICp

-

ITB030034;

ZPS

-

Principali specie botaniche

Allegato al presente documento è stata preddisposta una scheda di progetto finalizzata al completamento delle conoscenze di base relativamente a flora e vegetazione in quanto ad oggi non è disponibile nessuno studio specifico. 4.3.4.1.2.

Specie endemiche

Le uniche unità tassonomiche endemiche derivano da lavori di aree vasta che riportano la presenza di: •

Limonium oristanum Mayer

Romulea requieni Parl., nei pratelli salsi perilacustri, rara.

Silene corsica DC., presso il litorale marino, rara.

Arum pictum L. fil., presso luoghi ruderali ed antropizzati, localizzato.

4.3.4.1.3.

Specie di elevato valore bioeografico e conservazionistico

Chamaerops humilis L. - Palma nana Cynomorium coccineum L. - Fungo di Malta. 4.3.4.1.4.

Specie incluse negli allegati II e IV della Direttiva Habitat

Nessuna 4.3.4.1.5.

Specie prioritarie 92


Nessuna 4.3.4.1.6.

Specie incluse nella Lista Rossa Nazionale

Allegato al presente documento è stata preddisposta una scheda di progetto finalizzata al completamento delle conoscenze di base relativamente alla flora e che prevede l’aggiornamento delle liste rosse. 4.3.4.1.7.

Specie alloctone

Cupressus sempervirens L., nelle siepi, localizzato nel comparto agricolo.

Cupressus macrocarpa Hartweg, nelle siepi, localizzato nel comparto agricolo.

Eucalyptus spp., numerosi filari di frangivento nel comparto agricolo.

Opuntia ficus-indica (L.) Miller, a ridosso dei coltivi.

4.3.4.2.

San Giovanni di Sinis (SICp - ITB032239)

4.3.4.2.1.

Principali specie botaniche

Allegato al presente documento è stata preddisposta una scheda di progetto finalizzata al completamento delle conoscenze di base relativamente alla flora e che prevede l’aggiornamento delle liste rosse. 4.3.4.2.2.

Specie endemiche

Arum pictum L. f. ssp. pictum

Silene beguinotii Vals.

Lotus cytisoides L. ssp. conradiae Gamisans

Silene succulenta Forssk. ssp. corsica (DC.) Nyman

Helichrysum microphyllum (Willd.) Camb. ssp. tyrrhenicum Bacch., Brullo et Giusso

4.3.4.2.3.

Specie di elevato valore bioeografico e conservazionistico

Chamaerops humilis L.

Silene arghireica Vals.

4.3.4.2.4.

Specie incluse negli allegati II e IV della Direttiva Habitat

Nessuna 4.3.4.2.5.

Specie alloctone

Verificare nomenclatura •

Acacia saligna 93


Eucalyptus spp.

Carpobotrus aciniformis

Agave americana

Agave sisaliana

Aloe spp.

4.3.5. Schema sintassonomico della vegetazione presente 4.3.5.1.

4.3.5.1.1.

Stagno di Mistras di Oristano (SICp - ITB030034; ITB034006) e San Giovanni di Sinis (SICp - ITB032239)

ZPS

-

Inquadramento sintassonomico dello Stagno di Mistras e di San Giovanni

Per quanto riguarda la componente botanica occorre sottolineare come ancora non sia stato realizzato alcuno studio organico sulla flora e sulla vegetazione dell’area; i contributi bibliografici attualmente disponibili sono limitati a lavori parziali o a studi realizzati su zone umide limitrofe (es.: Stagno di S’Ena Arrubia). Non sono stati ritrovati contributi specifici relativi alla vegetazione sommersa e sulle formazioni presenti sulle paludi temporanee presenti soprattutto sulla parte settentrionale dello stagno. I dati disponibili si ricavano da studi di carattere generale, riguardanti le serie psammofile costiere della Sardegna Meridionale (Brambilla et al., 1982; De Marco et Mossa, 1983) o per contesti geografici più ampi (Mayer, 1995; Brullo et al., 2000 SCHEMA SINTASSONOMICO POSIDONIETEA Den Hartog 1976 Posidonietalia Den Hartog 1976 Posidonion Br.-Bl., Roussine & Nègre 1952 Posidonietum oceanicae Funk 1927 RUPPIETEA J. Tüxen 1960 Ruppietalia maritimae J. Tüxen 1960 Ruppion maritimae Br.-Bl. ex Westhoff in Bennema, Sissingh & Westhoff 1943 Ruppietum drepanensis Brullo & Furnari 1976 CAKILETEA MARITIMAE Tüxen & Preising. ex Br.-Bl. & Tuxen 1952 Cakiletalia integrifoliae Tüxen ex Oberdorfer 1949 corr. Rivas-Martinez, Costa et Loidi 1992 Cakilion maritimae Pignatti 1953 Salsolo kali – Cakiletum maritimae Costa & Manzanet ‘81, corr. RivasMartinez et al. 1992

94


AMMOPHILETEA Br.-Bl. & Tuxen ex Westhoff, Dijk & Passchier 1946 Ammophiletalia Br.-Bl. 1933 Ammophilion australis Br.-Bl. ‘21 corr. Rivas-M., Costa & Itzco in RivasMartìnez et al. 1990 Sileno corsicae – Agropyretum juncei Bartolo, Brullo, De Marco, Dinelli, Signorello et Spampinato 1992 Sporoboletum arenarii (Arénes 1924) Géhu & Biondi 1994 Sileno corsicae – Ammophilethum arundinaceae Bartolo, Brullo, De Marco, Dinelli, Signorello et Spampinato 1992 HELICHRYSO – CRUCIANELLETEA Géhu, Rivas-Martinez & Tüxen in Géhu 1975 Crucianelletalia maritimae Sissingh 1974 Crucianellion maritimae Rivas Goday et Rivas-Martinez 1958 Pycnocomo rutifolii - Crucianelletum maritimae Géhu, Biondi, Géhu-Frank & Taffetani 1987 HELIANTHEMETEA GUTTATI (Br.-Bl. in Br.-Bl., Roussine & Nègre 1952) Rivas Goday & Rivas Martìnez 1963 em. Rivas Martinez 1978 Malcolmietalia Rivas Goday 1958 Maresion nanae Géhu, Biondi, Géhu-Franck & Arnold-Apostolides 1986 PHRAGMITO-MAGNOCARICETEA Klika in Klika & Novàk 1941 Scirpetalia compacti Hejny in Holub, Hejny, Moravec & Neuhäusl 1967 corr. Rivas-Martìnez, Costa, Castroviejo & E. Valdés 1980 Scirpion campacti Dahl & Castroviejo & E. Valdés 1980

Hadac

1941

corr.

Rivas-Martìnez,

Costa,

Scirpo – Juncetum subulati Géhu, Biondi, Géhu-Franck & Costa 1992 Phragmitetalia Koch 1926 em. Pignatti 1954 Phragmition communis Koch 1926 Phragmitetum communis (Koch 1926) Schmale 1939 JUNCETEA MARITIMI Br.-Bl. in Br.-Bl., Roussine & Nègre 1952 Juncetalia maritimi Br.-Bl. ex Horvatic 1934 Juncion maritimi Br.-Bl. ex Horvatic 1934 Inulo-Juncetum maritimi Brullo in Brullo, De Sanctis, Furnari, Longhitano & Ronsisvalle 1988 SAGINETEA MARITIMAE Westhoff, Van Leeuwen & Adriani 1962 Frankenietalia pulverulentae Rivas-Martìnez ex Castroviejo & Porta 1976 Hordeion marini Ladero, F. Navarro, C. Valle, Marcos, Ruiz & M.T. Santos 1984 Spergulario salinae – Hordeetum marini Biondi, Farris & Filigheddu 2001 95


SALICORNIETEA FRUTICOSAE Br.-Bl. & Tüxen ex A. & O. Bolòs 1950 Salicornietalia fruticosae Br.-Bl. 1933 Arthrocnemion glauci Rivas-Martìnez & Costa 1984 Puccinellio convolutae – Arthrocnemetum macrostachyi (Br.-Bl. (1928) 1933) Géhu ex Géhu, Costa, Scoppola, Biondi, Marchiori, Peris, GéhuFranck, Caniglia & Veri 1984 Salicornion fruticosae Br.-Bl. 1933 Puccinellio festuciformis – Halimionetum portulacoidis Géhu, Biondi, GéhuFranck & Costa 1992 Pucinellio festuciformis – Sarcocornietum fruticosae (Br.-Bl. 1928) 1952 Géhu 1976 Limonietalia Br.-Bl. & O. Bolòs 1958 Triglochino barrellieri – Limonion glomerati Biondi, Diana, Farris & Filigheddu 2001 Plantagino crassifoliae – Limonietum oristani Biondi, Diana, Farris & Filigheddu 2001 THERO – SUAEDETEA Rivas-Martìnez 1972 Thero – Salicornietalia Tüxen in Tüxen & Oberdorfer ex Géhu & Géhu-Frank 1984 Salicornion patulae Géhu & Géhu-Frank 1984 Suaedo maritimae – Salicornietum patulae (Brullo & Furnari 1976) Géhu & Géhu-Frank 1984 Salicornietum emerici (O. De Bolòs 1962) Brullo & Furnari 1976 Thero – Suaedetalia Br.-Bl. & O. Bolòs 1958 Thero – Suaedion Br.-Bl. in Br.-Bl., Roussine & Nègre 1952 Salsoletum sodae Pignatti 1953 NERIO-TAMARICETEA Br.-Bl. & O. Bolòs 1958 Tamaricetalia Br.-Bl. & O. Bolòs 1957 em. Izco, Fernàndez & Molina 1984 Tamaricion africanae Br.-Bl. & O. Bolòs 1957 QUERCETEA ILICIS Br.-Bl. ex A. & O. Bolòs 1950 Pistacio lentisci-Rhamnetalia alaterni Rivas-Martínez 1975 Oleo-Ceratonion siliquae Br.-Bl. ex Guinochet & Drouineau 1944 em. RivasMartínez 1975 Pistacio-Chamaeropetum humilis Brullo & Marcenò 1984 Descrizione delle fitocenosi

96


Il Sinis si trova nel sottosettore biogeografico Oristanese (settore Campidanese) e si caratterizza per la morfologia tipicamente sub-pianeggiante. Tutta l’area attorno al pSICè ampiamente utilizzato per le colture agrarie estensive ed intensive (sia erbacee che legnose) e per le attività zootecniche. La vegetazione forestale è praticamente assente. Le aree costiere di S. Giovanni di Sinis sono caratterizzate dalla presenza della serie sarda occidentale, calcicola, termomediterranea del ginepro turbinato (Chamaeropo humilis-Juniperetum turbinatae). Lo stadio maturo, non ritrovato nel territorio, è formato da microboschi edafoxerofili costituiti prevalentemente da fanerofite cespitose e nanofanerofite termofile, come Juniperus phoenicea ssp. turbinata, Chamaerops humilis, Phillyrea angustifolia, Pistacia lentiscus e Rhamnus alaternus. Sono presenti anche entità lianose, geofite e camefite quali Prasium majus, Rubia peregrina e Asparagus albus. Nello strato erbaceo, molto rado, è costante la presenza di Arisarum vulgare. La serie è presente in condizioni di bioclima Mediterraneo pluvistagionale oceanico, piano fitoclimatico termomediterraneo inferiore-superiore, ombrotipo secco inferiore-superiore. La fase regressiva è rappresentata dall’associazione Pistacio-Chamaeropetum humilis alla quale si collega la macchia bassa a Rosmarinus officinalis e la gariga di sostituzione dell’associazione StachydiGenistetum corsicae. I sistemi dunali litoranei di San Giovanni, sono caratterizzati dalla presenza del geosigmeto psammofilo sardo (Cakiletea, Ammophiletea, Crucianellion maritimae, Malcolmietalia, Juniperion turbinatae) di cui l'associazione PistacioJuniperetum macrocarpae rappresenta la serie forestale di riferimento. La serie presenta una articolazione catenale, con diversi tipi di vegetazione (terofitica alonitrofila, geofitica ed emicriptofitica, camefitica, terofitica xerofila, fanerofitica) che tendono a distribuirsi parallelamente alla linea di battigia e corrispondono a diverse situazioni ecologiche in relazione alla distanza dal mare e alla diversa granulometria del substrato. Nelle depressioni salate (Mistras) la tipologia di vegetazione potenziale è data dal geosigmeto mediterraneo, edafoigrofilo, subalofilo dei tamerici (Tamaricion africanae) con microboschi parziamente caducifogli, caratterizzati da uno strato arbustivo denso ed uno strato erbaceo assai limitato, costituito prevalentemente da specie rizofitiche e giunchiformi. Tali tipologie vegetazionali appaiono dominate da specie del genere Tamarix. Gli stadi della serie sono disposti in maniera spaziale procedendo in direzione esterna rispetto ai corsi d’acqua. Generalmente si incontrano dei mantelli costituiti da popolamenti elofitici e/o elofito-rizofitici inquadrabili nell’ordine Scirpetalia compacti (classe Phragmito-Magnocaricetea) e nell’ordine Juncetalia maritimi (classe Juncetea maritimi). Gli aspetti erbacei in contatto con tali tipologie vegetazionali, quando presenti, sono riferibili alla classe Saginetea maritimae. Le zone umide costiere sono caratterizzate dalla presenza di comunità vegetali specializzate su suoli generalmente limoso-argillosi, scarsamente drenanti, allagati per periodi più o meno lunghi da acque salate. È presente una tipica articolazione catenale del geosigmeto alofilo sardo delle aree salmastre, degli stagni e delle lagune costiere con tipologie vegetazionali disposte secondo gradienti ecologici determinati prevalentemente dai periodi di inondazione e/o sommersione, dalla granulometria del substrato e dalla salinità delle acque (Ruppietea, Thero-Suaedetea, Saginetea maritimae, Salicornietea fruticosae, Juncetea maritimi, Phragmito-Magnocaricetea). Posidonietum oceanicae Funk 1927 Relativamente alle prateria di Posidonia oceanica, sulla base degli studi recentemente realizzati dal IMC citati si può affermare che il limite superiore della prateria, nella zona di Mare Morto, viene fissato a circa 300 metri dalla linea di battigia. In questa fascia sono invece presenti cenosi a Cymodocea nodosa, specie pioniera, la cui presenza viene considerata come uno stadio di degradazione del posidonieto. Ruppietum drepanensis Brullo & Furnari 1976 97


Vegetazione bentonica a Ruppia maritima delle depressioni retodunali poco profonde, a volte secche in estate, con acque da poli a iperaline, profonde non più di 20 cm. Le depressioni retrodunali poco profonde, ad allagamento temporaneo durante i mesi invernali-primaverili, secche in estate, con acque profonde pochi centimetri, da poli a iperaline del litorale, sono occupate da praterie annuali a Ruppia drepanensis e Althenia filiformis. Servono ulteriori studi per definire meglio tali aspetti di vegetazione. Salsolo kali – Cakiletum maritimae Costa & Manzanet ‘81, corr. Rivas-Martinez et al. ‘92 Comunità annuale pioniera che si sviluppa nella prima zona della spiaggia emersa dove le mareggiate depositano consistenti quantità di sostanza organica, rappresentata quasi per intero da detriti di Posidonia oceanica (L.) Delile. E’ una associazione terofitica, alo-nitrofila, paucispecifica, frammentaria e discontinua costituita da piante annuali effimere. E’ diffusa in tutte le coste perimediterranee. E’ caratterizzata da Cakile marittima L. e Salsola kali L., specie ad habitus succulento, e da poche altre specie capaci di affermarsi in situazioni ambientali fortemente limitanti. Il fondamentale ruolo ecologico di questa associazione è quello di arricchire in materia organica il substrato sabbioso favorendo così l’instaurarsi di aspetti di vegetazione più esigenti. Presente sia a San Giovanni (fuori dal perimetro del pSIC) che lungo la spiaggia di Mare Morto. Sileno corsicae – Agropyretum juncei Bartolo, Brullo, De Marco, Dinelli, Signorello et Spampinato 1992 Questa associazione rappresenta la prima fascia di vegetazione perenne, detta delle “Dune embrionali” con ancora presente un importante contingente floristico di specie nitrofile. Rappresenta la prima associazione costituita da specie perenni: ed è caratterizzata da due distinti aspetti: da Agropyron juniceum nelle dune embrionali. Si presenta discontinua ed enucleata. Associazione vegetale endemica Sardo-Corsa caratterizzata appunto dalla presenza di Silene corsica DC.; è presente a S. Giovanni. Tale associazione trova il massimo sviluppo dove il sistema dunale mostra una maggiore estensione verso l’interno e una maggiore importanza in altezza delle dune, sia su quelle embrionali che su quelle più vicine alla linea di costa; Si può considerare come vicariante dello Sporoboletum arenarii (Arénes 1924) Géhu e Biondi 1994 negli arenili che presentano un maggiore sviluppo dei depositi sabbiosi e dove il grado di antropizzazione è minore. Sporoboletum arenarii (Arénes 1924) Géhu & Biondi 1994 Vicariante l’associazione precedente negli arenili che presentano un maggiore sviluppo dei depositi sabbiosi e dove il grado di antropizzazione è minore. E’ fondamentalmente costituita da Sporobolus pungens (Schreber) Sileno corsicae – Ammophilethum arundinaceae Bartolo, Brullo, De Marco, Dinelli, Signorello et Spampinato 1992 Occupa i rilievi dunosi più esposti ed è caratterizzata dalla predominanza di Ammophila littoralis e, in misura minore ma costante, da Cutandia maritima, Lotus cytisoides e Medicago marina. In complesso il relativo corteggio floristico risulta scarno. E’ questa l’associazione tipica delle dune fisse, che non vengono modificate dall’azione del mare e del vento e si formano, in assenza di disturbo, seguendo fasce quasi parallele alla linea di battigia. Associazione endemica per la presenza determinante di Silene corsica DC. associata a Ammophila littoralis (Beauv.) Rothm che insieme contribuiscono a caratterizzare questo aspetto di vegetazione.

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Generalmente si afferma su dune esposte a venti forti che creano instabilità dei sedimenti sabbiosi (situazione che viene notevolmente aggravata dall’azione antropica).Limitata a esilissimi nuclei a San Giovanni. Pycnocomo rutifolii - Crucianelletum maritimae Géhu, Biondi, Géhu-Frank & Taffetani 1987 Si inserisce tra una duna e l'altra (interduna) dove la mobilità della sabbia è relativamente debole e comunque sempre in prossimità del mare. Comunità camefitica occupante le parti alte delle dune, in aree più esposte all’aerosol marino, meno di frequente in avvallamenti retrodunali. L’associazione è caratterizzata dalla presenza di Crucianella maritima L. e Scabiosa rutifolia Valh; Si mantengono numerose le specie tipiche della Classe Ammophiletea e da sottolineare la costante presenza della endemica Silene corsica DC. Associazione fortemente minacciata dalla presenza di specie invasive. Presente a San Giovanni. Senecioni leucanthemifolii-Matthioletum tricuspidatae (Paradis & Piazza 1992) Géhu & Biondi 1994 A mosaico con i tipi di vegetazione perenne delle dune embrionali, mobili e fisse del litorale, si rinvengono comunità terofitiche a fenologia tardo invernale-primaverile., inquadrabili nell’alleanza Alkanno-Maresion nanae dell’ordine Malcomietalia. Su tali aspetti di vegetazione risulta necessario proseguire gli studi. Scirpo – Juncetum subulati Géhu, Biondi, Géhu-Franck & Costa 1992 Vegetazione tipica di suoli allagati in inverno ma asciutti in estate, con conseguente innalzamento della salinità, si sviluppano i giuncheti, a composizione paucispecifica, in cui domina Juncus subulatus ed è costante la presenza di Bolboschoenus maritimus var. compactus. Phragmitetum communis (Koch 1926) Schmale 1939 Vegetazione generalmente dulciacquicola, in prossimità degli sbocchi degli affluenti e dei canali di bonifica con Phragmites, Iris pseudacorus e Calystegia sepium. Nell’area è rappresentata da piccolissimi nuclei. Presente un piccolissimo nucleo a Mistras e in prossimità dello scolmatore.Periodicamente interessata dalle operazioni di “ripulitura” dei canali che ne determinano la quasi completa scomparsa. Inulo-Juncetum maritimi Brullo in Brullo, De Sanctis, Furnari, Longhitano & Ronsisvalle 1988 Vegetazione emicriptofitica che si sviluppa su suoli sabbiosi, umidi anche in estate, dominata fisionomicamente da Juncus maritimus. Ben rappresentata attorno a Mistras nella parte meridionale del pSIC. Spergulario salinae – Hordeetum marini Biondi, Farris & Filigheddu 2001 Su suoli argilloso-sabbiosi d’accumulo, aridi in estate e sottoposti a pascolamento e calpestio. Pratelli terofitici, subnitrofili, dominati da Hordeum marinum, Polypogon monspeliensis e Spergularia salina, a mosaico con formazioni perenni della classe Salicornietea.

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Puccinellio convolutae – Arthrocnemetum macrostachyi (Br.-Bl. (1928) 1933) Géhu ex Géhu, Costa, Scoppola, Biondi, Marchiori, Peris, Géhu-Franck, Caniglia & Veri 1984 Vegetazione dominata da Arthrocnemum macrostachyum che occupa i livelli medio-alti delle depressioni salate, su suoli argillosi umidi in inverno ma asciutti in estate. Pucinellio festuciformis – Sarcocornietum fruticosae (Br.-Bl. 1928) 1952 Géhu 1976 Vegetazione dei livelli medio-bassi delle depressioni salate, su suoli argillosi iperalini, umidi anche in estate. Plantagino crassifoliae – Limonietum oristani Biondi, Diana, Farris & Filigheddu 2001 Associazione endemica del Golfo di Oristano, su sabbie umide salate retrodunali e peristagnali mai allagate, dominata dalla camefita Limonium oristanum Mayer (Mayer, 2005). Generalmente occupa i cordoni sabbiosi che separano le lagune dal mare, trovandosi spesso a contatto con le cenosi della serie psammofila. Tale associazione è molto diffusa nella parte vicino al mare dello stagno di Mistras. Va evidenziato che la presenza in piccoli nuclei discontinui di tali aspetti di vegetazione non rappresenta affatto un sintomo di degrado quanto piuttosto una peculiarità ecologica specifica di tali cenosi. Suaedo maritimae – Salicornietum patulae (Brullo & Furnari 1976) Géhu & GéhuFrank 1984 Vegetazione delle depressioni, su substrati allagati in inverno ma secchi in estate e pertanto notevolmente salati (Filigheddu et al., 2000) Salicornietum emerici (O. De Bolòs 1962) Brullo & Furnari 1976 Salsoletum sodae Pignatti 1953 Vegetazione alonitrofila, mono o paucispecifica, che si sviluppa alla fine della primavera su substrati grossolani con sostanza organica nelle aree peristagnali. Tamaricion africanae Br.-Bl. & O. Bolòs 1957 (Agg. a Tamarix) Pistacio-Chamaeropetum humilis Brullo & Marcenò 1984 questa comunità arbustiva, diffusa nel settore calcareo del Capo, rappresenta la fase regressiva delle formazioni forestali a Olea sylvestris e Juniperus turbinata.

4.3.5.2.

La componente vegetale marina

Allo stato attuale la componente vegetale marina più esplorata risulta essere il posidonieto ed anche se su tale argomento esistono solo alcuni lavori svolti sia su commissione dell’AMP all’IMC di Torregrande che per motivazioni non gestionali (ricerche svolte in autonomia dall’istituto citato), è nei programmi dell’AMP (sulla base 100


di direttive ministeriali) orientare le prossime campagne di approfondimento e monitoraggio allo scopo di gestire alcune delle criticità che vengono esposte di seguito. Nel SIC Stagno di Mistras sono ricompresi circa 350 ettari di mare (21 % del SIC totale), all’interno del Golfo di Oristano. L’area, caratterizzata da un fondale che raramente supera i 4 metri di profondità, presenta un substrato a sabbie fangose biogeniche che dalla zona dello scolmatore si estendono fino ai piedi delle collina di Tharros (Muru Mannu), mentre ad est del canale i sedimenti sono di origine terrigena. La copertura vegetale dei fondali è pressoché uniforme nella zona antistante Su Siccu (in radice del canale scolmatore a bassa profondità) e varia dalla prateria di Posidonia oceanica, dove la profondità è maggiore, passando attraverso il prato misto a Posidonia e Cymodocea, fino a essere costituito unicamente da Cymodocea nodosa molto diffusa in prossimità della riva e del canale di comunicazione tra la laguna di Mistras ed il mare (indice di degrado o evoluzione ?). La copertura si mantiene costante anche a batimetriche superiori ed è interrotta, da affioramenti rocciosi (arenaria soprattutto).

4.4.

ASSETTO FAUNISTICO

4.4.1. Definizione dei criteri Le specie sono numerate in ordine progressivo per ogni singola classe (anfibi, rettili, uccelli e mammiferi). Per ogni specie di vertebrati che si è riprodotta nell’area di studio nell’ultimo decennio (1997-2006) si forniscono informazioni sullo status faunistico, sullo status di conservazione, sui biotopi nei quali normalmente avviene la riproduzione, sullo status legale e eventuali note. Il simbolo “?” esprime incertezze nella definizione dello status faunistico. 4.4.1.1.

Status faunistico

Lo status faunistico delle singole specie viene definito nel seguente modo: • riproduzione certa = R certa (1997-2006); • riproduzione possibile = R poss (1997-2006); • riproduzione probabile = R prob (1997-2006); • riproduzione irregolare = R irreg (1997-2006).

Per la classe degli uccelli (Aves) si aggiunge la categoria delle specie migratrici e ospiti (estivante e/o svernante) regolarmente riscontrabili nell’area di studio, 19972006, con l’indicazione dei mesi di presenza, per esempio: mar (zo) – set (tembre); • specie migratrice/ospite regolarmente presente = M/O (1997–2006).

4.4.1.2.

Status di conservazione

Ad ogni specie trattata si attribuisce lo status di conservazione attuale (19972006) in Sardegna, in Italia, a livello comunitario (europeo) e a livello mondiale se pertinente. 101


Per la definizione dello status di conservazione viene utilizzato il nuovo sistema di categorie e di criteri dell’IUCN (2001; 2006, cfr. Figura 1). Lo status di conservazione per la Sardegna si basa su Schenk (2003, aggiornato), per l’ Italia su Bulgarini et al. (1998), LIPU & WWF (1999), per l’Unione Europea (25 Stati membri) sugli Allegati II e IV della Direttiva “Habitat” n. 92/43/CEE e n. 97/62/CE, su Blanco & Gonzales (1992), sull’Allegato 1 della Direttiva “Uccelli selvatici” n. 409/1979/CEE e su BirdLife International (2004); a livello mondiale lo status di conservazione fa riferimento alla Lista Rossa” dell’IUCN (2006). Le categorie di minaccia dell’IUCN (2001) comprendono (cfr. Figura 1): specie estinta = EX (extinct) una specie è estinta quando non vi è alcun ragionevole dubbio che l’ultimo individuo è morto (prima del 1995); specie estinta in natura = EW (extinct in the wild) una specie è estinta in natura quando sopravvivono solo individui in allevamenti, cattività oppure in popolazioni naturalizzate al di fuori dell’areale storico; specie in pericolo critico = CR (critically endangered) una specie è in pericolo critico quando è di fronte ad un rischio estremamente alto di estinzione in natura; specie in pericolo = EN (endangered) una specie è in pericolo quando è di fronte ad un rischio molto alto di estinzione in natura; specie vulnerabile = VU (vulnerable) una specie è vulnerabile quando è di fronte ad un rischio alto di estinzione in natura; specie quasi minacciata = NT (near threatened) una specie è quasi minacciata quando non soddisfa i criteri di una delle precedenti categorie; specie di minore preoccupazione = LC (least concern); una specie è di minore preoccupazione quando non soddisfa i criteri di una delle precedenti categorie; si tratta di specie diffuse e (ancora) abbondanti; specie con carenza di informazioni = DD (data deficient); una specie è con carenza di informazioni quando vi sono informazioni inadeguate per effettuare una valutazione diretta o indiretta del rischio di estinzione basato sulla sua distribuzione e/o sullo status di popolazione. Una specie può essere ben conosciuta, compresa la sua biologia, ma vi è mancanza di dati appropriati sulla sua abbondanza e/o distribuzione. Per questi motivi carenza di informazioni non entra nelle categorie delle specie; 102


specie non valutata = NE (not evaluated) una specie è non valutata quando ad essa non sono stati ancora applicati i criteri di valutazione. Le specie ricadenti in questa categoria non figurano nella IUCN Red List. specie non minacciata = NM (not menaced) alle precedenti categorie dell’IUCN (2001) si è aggiunto la categoria delle specie non minacciate (cfr. Zbinden, 1989), che comprendono i taxa che non soddisfano i criteri di una delle precedenti categorie (categoria aggiunta in questo lavoro).Le specie in pericolo in modo critico (CR), in pericolo (EN) e vulnerabili (VU), nel loro insieme, costituiscono le specie minacciate (threatened) in senso stretto.

Figura 7 - Struttura delle categorie di minaccia per le specie faunistiche dell’IUCN (2001)

Per la classe degli uccelli vengono inoltre indicate le specie dell’Allegato 1 della Direttiva “Uccelli selvatici” (409/79/CEE) e quelle di interesse conservazionistico europeo come definite da Tucker & Heath (1994) e aggiornate da BirdLife International (2004): SPEC 1 = Specie con uno status di conservazione sfavorevole di interesse conservazionistico globale e criticamente minacciata; in pericolo; vulnerabile; di minore preoccupazione o con carenza di informazione – secondo i criteri dell’IUCN (2001); SPEC 2 = Specie con uno status di conservazione sfavorevole e classificata a livello comunitario come criticamente minacciata; in 103


pericolo oppure vulnerabile nell’applicazione regionale dei criteri dell’IUCN (2001); SPEC 3 = Specie con uno status di conservazione sfavorevole il cui status di conservazione a livello comunitario è stato classificato Declining; Rare, Depleted or Localised come definiti da Tucker & Heath (1994) e da BirdLife International (2004). Non-SPEC = Specie concentrate in Europa ma con uno status di conservazione favorevole oppure specie non concentrate in Europa e con uno status di conservazione favorevole. Nella “Checklist” non vengono esplicitamente indicate. Sulla base dei criteri definiti in Tucker & Heath (1994), BirdLife International (2004) ha elaborato criteri aggiuntivi a quelli dell’IUCN (2001) per definire lo status di conservazione di ognuna delle 448 specie native presenti all’interno dei 25 Paesi membri dell’Unione Europea. Lo status di conservazione è sfavorevole se 1. la specie è di interesse conservazionistico globale ed è stata classificata criticamente minacciata (CR), minacciata (EN), vulnerabile (VU), quasi minacciata (NT) oppure con carenza di informazioni (DD), secondo i criteri della Lista Rossa dell’IUCN (2006); 2. la specie è criticamente minacciata (CR), minacciata (EN) o vulnerabile (VU) a livello comunitario (25 Paesi membri); 3. la specie è in declino (Declining), rara (Rare), in fase di recupero (Depleted) oppure localizzata (Localized) a livello comunitario. • Una specie viene considerata Declining (in declino), se la specie non soddisfa i criteri dell’IUCN (2001), ma sta calando con più del 10% durante l’ultimo decennio; • una specie viene considerata Rare (rara), se la specie non soddisfa i criteri dell’IUCN (2001) e la cui popolazione comunitaria ammonta a meno di 5.000 coppie (oppure 10.000 individui nidificanti oppure 20.000 individui svernanti) e non è marginale (confinante) ad una più grande popolazione non-europea; • una specie viene considerata Depleted (in fase di recupero), se la specie non soddisfa i criteri dell’IUCN (2001) e non è Rare oppure Declining nell’Unione Europea, ma non ha ancora recuperato un moderato o consistente declino storico manifestatosi durante il periodo 1970-1990; • una specie viene considerata Localised (localizzata), se la specie non soddisfa i criteri dell’IUCN (2001) e non è Rare, Declining oppure Depleted nell’Unione Europea, ma la cui popolazione europea è concentrata con più del 90% in 10 o meno siti (Important Bird Areas) tra quelli elencati da Heath & Evans (2000). Lo status di conservazione di una delle 448 specie native presenti all’interno dei 25 Paesi membri dell’Unione Europea è favorevole se

104


• La specie è stata classificata Secure (sicura) e non entra in nessuna delle categorie

definite per le specie con uno status di conservazione sfavorevole. 4.4.2. Habitat frequentati Dal punto di vista ecologico-funzionale si possono individuare le seguenti tipologie di habitat facenti parte di ecosistemi funzionali (sensu Odum, 1969). Le indicazioni per le singole specie si riferiscono generalmente agli habitat di riproduzione e, per la classe degli Uccelli, anche agli habitat frequentati dalle specie migratrici e ospiti. Si utilizzano le seguenti abbreviazioni: 4.4.2.1.

Ecosistemi di compromesso (ad usi multipli)

zone umide costiere – W fiumi, ruscelli e torrenti – Fiu macchia mediterranea – Ma praterie e pascoli di pianura e degli altipiani – Pa praterie e pascoli di pianura e degli altipiani alberati – Paa 4.4.2.2.

Ecosistemi di produzione (intensiva)

coltivazioni agricole legnose – Ale coltivazioni agricole seminative – Ase rimboschimenti - Rim 4.4.2.3.

ecosistemi urbani ed industriali

ambienti urbani – U insediamenti sparsi e strutture tecnologiche – Isp Le specie sono numerate progressivamente e quelle che attualmente (1997-2006) si riproducono vengono indicate con un asterisco (*). 4.4.2.4.

Tutela legale in Sardegna

La normativa regionale distingue:

• Specie di fauna selvatica cacciabile – cacciabile; • specie di fauna selvatica particolarmente protetta;

• specie di fauna selvatica particolarmente protetta e tutela prioritaria habitat; • specie di fauna selvatica protetta – protetta; • specie di fauna selvatica non tutelata – non protetta.

105


Va evidenziato che le dizioni utilizzate nella “Checklist” per motivi di brevità – cacciabile; particolarmente protetta; particolarmente protetta e tutela prioritaria habitat; protetta e non protetta fanno riferimento comunque alle definizioni fornite dalla L.R. n. 23/1998, come sopra riportate. Note:

Nelle note vengono riportati infine gli endemismi sardi, quelli sardo-corsi e quelli tirrenici e eventuali altre notizie di interesse.

4.4.3. Checklist dei Vertebrata (Amphibia, Reptilia, Aves, Mammalia non volati) 4.4.3.1.

Checklist abbreviata degli Uccelli (Aves), 1997 - 2006

A causa della preliminarietà della Checklist degli Uccelli non vengono riportate categorie tassonomiche superiori. Per le singole specie si forniscono informazioni relativamente allo status faunistico, agli habitat principalmente frequentati (ad esclusione di specie che generalmente sorvolano l’Isola: Falco pecchiaiolo e poche altre), allo status conservazionistico europeo e regionale. Tutte le specie nidificanti nell’ultimo quinquennio (2001–2006) sono segnate con un *.

*

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16.

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17. 18. 19. 20. 21.

TUFFETTO - Tachybaptus ruficollis: R prob (sedentario?); M/O reg (svernante); W (canale scolmatore); Secure; protetto. SVASSO MAGGIORE - Podiceps cristatus: M/O reg (svernante); Mar, W (Canale scolmatore; Secure; particolarmente protetto. SVASSO PICCOLO – Podiceps nigricollis: M/O reg (svernante); Mar; Declining; protetto. CORMORANO - Phalacrocorax carbo: M/O reg (svernante); W; Secure; particolarmente protetto (popolazione nidificante). MARANGONE DAL CIUFFO – Phalacrocorax aristotelis desmarestii: M/O reg; Secure; Mar, W; particolarmente protetta. NITTICORA - Nycticorax nycticorax: M/O reg (set-ott; mar-mag); Allegato 1; SPEC 3; W; particolarmente Secure; protetta e tutela prioritaria habitat. SGARZA CIUFFETTO - Ardeola ralloides: R reg (apr-lug); Allegato 1; SPEC 3; W, Fiu; Rare; particolarmente protetta e tutela prioritaria habitat. AIRONE GUARDABUOI – Bubulcus ibis); R reg (apr-lug); M/O reg, W, Pa; Secure; particolarmente protetta e tutela prioritaria habitat. AIRONE BIANCO MAGGIORE – Egretta alba: M/O reg (svernante; estivante); W, Pa; Allegato 1; Secure; particolarmente protetta. GARZETTA - Egretta garzetta; R reg (apr-lug); M/O reg, W; Allegato 1; Secure; particolarmente protetta e tutela prioritaria habitat. AIRONE CENERINO - Ardea cinerea: M/O reg (estivante e svernante); W, Ase, Pa; Secure; protetto. AIRONE ROSSO - Ardea purpurea: M/O reg (mar/apr); Allegato 1; SPEC 3, W; Depleted; particolarmente protetta e tutela prioritaria habitat. SPATOLA – Platalea leucorodia: M/O reg (svernante; estivante); Allegato 1; SPEC 2; W; Rare; particolarmente protetta. FENICOTTERO – Phoenicopterus ruber: M/O reg (svernante); Allegato 1; SPEC 3; W; Localised; particolarmente protetta e tutela prioritaria habitat. OCA SELVATICA - Anser anser: M/O reg (svernante); W, Ase, Pa; Secure; protetta. VOLPOCA - Tadorna tadorna: R prob (sedentaria?); M/O reg (svernante); W; Secure; particolarmente protetta e tutela prioritaria habitat. FISCHIONE - Anas penelope: M/O reg (svernante); W; Secure; cacciabile. ALZAVOLA - Anas crecca: M/O reg (svernante); W, Ase, Pa; Secure; cacciabile. GERMANO REALE - Anas platyrhynchos: R reg (sedentario?); M/O reg; W (Canale scolmatore), Ase, Pa; Secure, cacciabile. CODONE - Anas acuta: M/O reg (svernante); SPEC 3, W; Declining; cacciabile. MARZAIOLA - Anas querquedula: M/O reg (mar/apr; lug-set); SPEC 3; W; Vulnerable; cacciabile.

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22

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23. 24.

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25. 26.

27. 28. 29. 30. 31. 32. 33. 34. 35. 36. 37. 38. 39. *

40.

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41. 42.

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43. 44.

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45. 46.

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47.

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48.

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49.

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50.

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62. 51 52. 53. 54. 55. 56. 57. 58. 59.

CANAPIGLIA – Anas strepera: R reg (2006); M/O reg; W (Canale scolmatore/confine NE del pSIC); SPEC 3; Secure; cacciabile?; MESTOLONE - Anas clypeata: M/O reg (svernante); W; SPEC 3; Declining; cacciabile. FISTIONE TURCO – Netta rufina: R reg (Canale scolmatore, 2006)); M/O reg (mar/apr); W; Secure; particolarmente protetta e tutela prioritaria habitat. MORIGLIONE - Aythya ferina: R reg (Canale scolmatore); M/O reg (svernante); SPEC 2; W; Declining; cacciabile. MORETTA TABACCATA – Aythya nyroca: M/O reg (svernante); Allegato 1; SPEC 1; W (Canale scolmatore); Vulnerable; particolarmente protetta e tutela prioritaria habitat. MORETTA - Aythya fuligula: M/O reg (Canale scolmatore); W; SPEC 3; Declining; cacciabile. FALCO PECCHIAIOLO - Pernis apivorus: M reg (apr-mag; ago-set); sorvolo; Allegato 1; Secure; particolarmente protetta. FALCO DI PALUDE - Circus aeruginosus: M/O reg (svernante); W, Ase, Pa; Allegato 1; Secure; particolarmente protetto. ALBANELLA REALE - Circus cyaneus: M/O irreg? (svernante); Allegato 1; SPEC 3; W, Ase, Pa; Declining; particolarmente protetta. ALBANELLA MINORE - Circus pygargus: M reg (apr/mag; ago/set); W, Ase, Pa; Allegato 1; Secure; particolarmente protetta e tutela prioritaria habitat. SPARVIERE - Accipiter nisus: M/O reg (svernante), Ale, Ase, Rim, Pa; Secure; particolarmente protetto. POIANA - Buteo buteo: M/O reg (svernante); Ale, Rim, Ase, Pa, W; Secure; particolarmente protetto. FALCO PESCATORE - Pandion haliaetus: M/O reg (luglio/ago-apr; talvolta estivante); SPEC 3; W, Isp; Allegato 1; Secure; particolarmente protetta. GHEPPIO - Falco tinnunculus: M/O reg (svernante); SPEC 3; Isp, Ale, Ase, Pa; Declining; particolarmente protetto. FALCO CUCULO: Falco vespertinus: M/O reg (apr/mag); SPEC 3, Ale, Ase Pa; protetto. SMERIGLIO - Falco columbarius: M/O reg (ott-feb); Ase, Pa, W; Allegato 1; Depleted; particolarmente protetta. LODOLAIO - Falco subbuteo: M/O reg (apr/mag; set/ott); Ale, Ase, Rim, Pa, W; Secure; particolarmente protetto. PELLEGRINO - Falco peregrinus: M/O reg; W, Ase, Pa; Allegato 1; Secure; particolarmente protetto. QUAGLIA - Coturnix coturnix: R reg (estiva, parzialmente svernante); M/O reg; SPEC 3; Ase, Pa; Secure; cacciabile. PORCIGLIONE - Rallus aquaticus: M/O reg; W (Canale scolmatore); Secure; cacciabile. GALLINELLA D'ACQUA - Gallinula chloropus: R reg (sedentaria); M/O reg; W (Canale scolmatore); Secure; cacciabile. FOLAGA - Fulica atra: R reg (sedentaria?); M/O reg (svernante); W (Canale scolmatore); Secure; cacciabile. GRU – Grus grus: M/O irreg (svernante); Allegato 1; SPEC 2; Ase, Pa,W; Depleted; protetto. BECCACCIA DI MARE - Haematopus ostralegus: M/O irreg (apr/mag); W; Secure; protetto. CAVALIERE D'ITALIA - Himantopus himantopus: R poss (estivo); M/O reg; W; Allegato 1; Secure; particolarmente protetto. AVOCETTA - Recurvirostra avosetta: R poss (sedentaria?); M/O reg (svernante); W; Allegato 1; Secure; particolarmente protetta e tutela prioritaria habitat. OCCHIONE - Burhinus oedicnemus: R reg (prevalentemente sedentario?); M/O reg (svernante); Allegato 1; SPEC 3, Ase, Pa, Paa,W; Vulnerable; particolarmente protetta e tutela prioritaria habitat. PERNICE DI MARE - Glareola pratincola: R irreg (prima del 1997); M/O reg (mar-mag); Allegato 1; SPEC 3; W, Pa; Declining; particolarmente protetta e tutela prioritaria habitat. CORRIERE PICCOLO - Charadrius dubius: R reg (mar-set); M/O reg, W, Pa; Secure; protetto. CORRIERE GROSSO - Charadrius hiaticula: M/O reg (svernante), W; Secure; protetto. FRATINO - Charadrius alexandrinus: R reg (sedentario?); M/O reg (svernante); SPEC 3; W; Declining; protetto. PIVIERE DORATO - Pluvialis apricaria: M/O reg (svernante); Ase, Pa, W; Allegato 1; Depleted; particolarmente protetta. PIVIERESSA – Pluvialis squatarola: M/O reg (svernante ed estivante); W; Secure; protetta. PAVONCELLA - Vanellus vanellus: M/O reg (svernante); Pa, W, Ase; SPEC 2; Vulnerable; cacciabile. PIOVANELLO MAGGIORE – Calidris canutus; M/O irreg; SPEC 3w; W; Declining; protetto. GAMBECCHIO - Calidris minuta: M/O reg (svernante); W, Ase; Secure; protetto.. GAMBECCHIO NANO – Calidris temminckii; M/O irreg (set); W; Declining; protetto. PIOVANELLO - Calidris ferruginea: M/O reg (lug-set; mag/giu); W; protetto. PIOVANELLO PANCIANERA - Calidris alpina: M/O reg (svernante); SPEC 3; W; Declining; protetto.

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60. 61. 62. 63. 64. 65.

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66. 67. 68. 69. 70. 71. 72. 73. 74.

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75. 76. 77. 78. 79. 80. 81. 82. 83.

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84.

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85. 86. 87.

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88. 89. 90.

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91. 92. 110. 93. 94. 95.

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96. 97. 98. 99. 100.

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101.

COMBATTENTE - Philomachus pugnax: M/O reg (mar-mag; ago/set); SPEC 2; W, Pa; Allegato 1; Vulnerable; particolarmente protetta. BECCACINO - Gallinago gallinago: M/O reg (svernante); W, Pa; SPEC 3; Declining; cacciabile.Declining; PITTIMA REALE - Limosa limosa: M/O reg (feb-apr; ago-ott)); SPEC 2; W; Vulnerable; protetto. PITTIMA MINORE – Limosa lapponica: M/O reg (apr/mag); W; protetto. CHIURLO PICCOLO - Numenius phaeopus: M/O reg (apr; sett); W; Declining; protetto. CHIURLO MAGGIORE - Numenius arquata: M/O reg (svernante); SPEC 2; W, Pa; Declining; protetto. TOTANO MORO - Tringa erythropus: M/O reg (svernante); W; SPEC 3; Declining; protetto. PETTEGOLA - Tringa totanus: R poss (sedentaria?); M/O reg (svernante); SPEC 2; W, Pa; Declining; particolarmente protetta e tutela prioritaria habitat. ALBASTRELLO – Tringa stagnatilis: M/O irreg (apr); W; Secure; protetto. PANTANA - Tringa nebularia: M/O reg (svernante), W; Secure; protetto. PIRO PIRO CULBIANCO - Tringa ochropus: M/O reg (svernante); W, Pa; Secure; protetto. PIRO PIRO BOSCHERECCIO - Tringa glareola: M/O reg (mar-mag; ago-ott)); SPEC 3; W, Pa; Allegato 1; Depleted; particolarmente protetta. PIRO PIRO PICCOLO - Actitis hypoleucos: M/O reg (svernante); W; SPEC 3; Declining; protetto. VOLTAPIETRE – Arenaria interpres: M/O reg (svernante); W; Declining; protetto. GABBIANO CORALLINO - Larus melanocephalus: M/O reg (svernante); W, Mar; Allegato 1; Secure; protetto. GABBIANELLO - Larus minutus: M/O irrreg?; SPEC 3; W, Mar; Secure; protetto. GABBIANO COMUNE - Larus ridibundus: R poss (sedentario?); M/O reg (svernante); W, Ase, Pa; Secure; particolarmente protetto. GABBIANO ROSEO - Larus genei: M/O reg (gen-dic); W; Allegato 1; SPEC 3; Localised; particolarmente protetta e tutela prioritaria habitat. GABBIANO CORSO - Larus audouinii: M/O reg?; Allegato 1; SPEC 1; Localised; W, Mar; particolarmente protetta e tutela prioritaria habitat. ZAFFERANO - Larus fuscus: M/O reg (svernante); W, Mar, Pa; Secure; protetto. GABBIANO REALE - Larus cachinnans: M/O reg; W, Mar, Ase, Pa; Secure; protetto. STERNA ZAMPENERE - Gelochelidon nilotica: M/O reg (apr); Allegato 1; SPEC 3; W, Pa, Ase; Rare; particolarmente protetta e tutela prioritaria habitat. STERNA MAGGIORE – Hydroprogne caspia: M/O irreg (lug); Allegato 1; SPEC 3; W; Rare; particolarmente protetta. BECCAPESCI - Sterna sandvicensis: M/O reg (svernante); Allegato 1; SPEC 2; W; Declining; particolarmente protetta. STERNA COMUNE - Sterna hirundo: R poss (mar-ott)); M/O reg; W (Canale scolmatore); Allegato 1; Secure; particolarmente protetta e tutela prioritaria habitat. FRATICELLO - Sterna albifrons: R reg; M/O reg (apr-ago); Allegato 1; SPEC 3; W, Fiu; Declining; particolarmente protetta e tutela prioritaria habitat. MIGNATTINO PIOMBATO – Chlidonias hybridus: M/O reg (apr/mag); W; Allegato 1; SPEC 3; Depleted; particolarmente protetta. MIGNATTINO - Chlidonias niger: M/O reg (apr/mag); Allegato 1; SPEC 3; W; Declining particolarmente protetta. PICCIONE SELVATICO - Columba livia: Pa, Ase; Secure; protetto. TORTORA DAL COLLARE ORIENTALE - Streptopelia decaocto: R prob (sedentaria); M/O reg; Ale, Rim, Isp; Secure; protetto. TORTORA SELVATICA - Streptopelia turtur: M/O reg (apr); SPEC 3; Ale, Rim, Pa; Vulnerable; cacciabile. CUCULO - Cuculus canorus: M/O reg (apr); W, Ale, Rim, Pa; Declining; protetto. BARBAGIANNI - Tyto alba: M/O reg; SPEC 3; W, Ase, Pa, Isp; Declining; protetto. CIVETTA - Athene noctua: R poss (sedentaria); SPEC 3; Ale, Pa, Isp; Declining; protetto. GUFO DI PALUDE - Asio flammeus: M/O irreg? (svernante); Allegato 1; SPEC 3; W, Pa; Declining; particolarmente protetta. SUCCIACAPRE - Caprimulgus europaeus: M/O reg (apr; sett); Allegato 1; SPEC 2; Ale, Rim, W; Depleted; protetto. RONDONE - Apus apus: M/O reg (mar-sett) W, Fiu, Ale, Ase, Rim, Pa, Isp (sorvolo); Secure; protetto. RONDONE PALLIDO - Apus pallidus: M/O reg (mar-ott); W, Ale, Ase, Pa; Secure; protetto. RONDONE MAGGIORE - Apus melba: M/O reg (apr; sett); sorvolo; Secure; protetto. MARTIN PESCATORE - Alcedo atthis: R poss (sedentario?); M/O reg; Allegato 1; SPEC 3; W (Canale scolmatore); Depleted; particolarmente protetto. GRUCCIONE - Merops apiaster: M/O reg apr-sett); SPEC 3; Ale, Ase, Rim, Pa, W; Depleted; protetto. UPUPA - Upupa epops: M/O reg (mar-sett); Ale, Ase, Pa, W (sponde); SPEC 3; Declining; protetto. CALANDRA - Melanocorypha calandra: R reg (prevalentemente sedentaria); M/O reg; Allegato 1; SPEC 3; Ase, Pa; Depleted; particolarmente protetto.

108


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102. 103.

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104.

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105. 106. 107.

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108. 109. 110.

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111. 112. 113. 114. 115. 116. 117.

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118. 119. 120. 121. 122.

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123. 124.

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126. 128. 128. 129.

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131. 132. 133. 134. 135.. 136. 137. 138. 139. 140. 141.

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142. 143 144. 145. 146.

CALANDRELLA - Calandrella brachydactyla: R reg (apr-ott); M/O reg; Allegato 1; SPEC 3; Ase, Pa, W; Vulnerable; protetto. TOTTAVILLA - Lullula arborea: M/O reg?; Allegato 1; SPEC 2; Ale, Rim, Pa; Depleted; protetto. ALLODOLA - Alauda arvensis: R reg (parzialmente sedentaria?; migrazione verticale?); M/O reg (svernante); SPEC 3; Ase, Pa, W; Declining; cacciabile. TOPINO - Riparia riparia: M/O reg; SPEC 3; Pa, W; Declining; protetto. RONDINE - Hirundo rustica: R poss (mar-ott); M/O reg; SPEC 3; Isp, W, Ale, Ase, Rim, Pa; Declining; protetta. BALESTRUCCIO - Delichon urbica: M/O reg (feb-ott); W, Isp, Ale, Ase, Rim, Pa; SPEC 3; Declining; protetto. CALANDRO - Anthus campestris: R reg. (apr-set); M/O reg; Allegato 1; SPEC 3; Ale, Ase, Rim, Pa, W; Depleted; protetto. PISPOLA - Anthus pratensis: M/O reg (ott-mar); W, Ase, Pa; Declining; protetto. SPIONCELLO - Anthus spinoletta: M/O reg (svernante); W, Pa, Ase; Secure; particolarmente protetto. CUTRETTOLA - Motacilla flava: R reg (mar-ott); M/O reg; W, Ase, Pa; Declining; protetto. BALLERINA GIALLA - Motacilla cinerea: M/O (ott-mar); W, Pa, Ase, Isp; Secure; protetto. BALLERINA BIANCA - Motacilla alba: M/O reg (ott-mar); Pa, W, Ase, Pa, Isp; Secure; protetto. PETTIROSSO - Erithacus rubecula: M/O reg (ott-mar); Isp, Rim, Pa, W; Secure; protetto. CODIROSSO SPAZZACAMINO - Phoenicurus ochuros: M/O reg (ott-mar); Pa, W, Isp; Secure; protetto. CODIROSSO - Phoenicurus phoenicurus: M/O reg (apr/mag; ago-ott); SPEC 2; Ale,Rim; Depleted; protetto. STIACCINO - Saxicola rubetra: M/O reg (apr/mag; set); Ale, Ase, Rim, Pa, W (bordi); Declining; protetto. SALTIMPALO - Saxicola torquata: R reg (sedentario); M/O reg (svernante); W, Ale, Ase, Rim, Pa, Isp; Secure; protetto. CULBIANCO - Oenanthe oenanthe: M/O reg (ago-ott; mar-mag); W, Ase, Pa; SPEC 3; Declining; particolarmente protetto. MONACHELLA - Oenanthe hispanica: M/O reg (apr/mag); SPEC 2; Pa; Declining; protetto. MERLO - Turdus merula: M/O reg (svernante); Ale, Rim, Isp; Secure; cacciabile. TORDO BOTTACCIO - Turdus philomelos: M/O reg (ott-mar); Ale, Rim, Pa, W; Secure; cacciabile. TORDO SASSELLO - Turdus iliacus: M/O irreg (gen/feb); Rim, Ase, Pa; Secure; cacciabile. USIGNOLO DI FIUME - Cettia cetti: R reg (sedentario); M/O reg, W (canale scolmatore); Secure; protetto. BECCAMOSCHINO - Cisticola juncidis: R reg (parzialmente sedentario); M/O reg, W, Ase, Pa; Secure; protetto. CANNAIOLA - Acrocephalus scirpaceus: R reg (apr-set); M/O reg; W (Canale scolmatore); Secure; protetto. CANAPINO - Hippolais polyglotta: M/O reg (mag); Rim; Secure; protetto. MAGNANINA SARDA - Sylvia sarda: M/O reg?; Pa, W; Allegato 1; Secure; protetto. MAGNANINA - Sylvia undata: M/O reg; Allegato 1; SPEC 2; W, Rim, Pa; Depleted; protetto. STERPAZZOLA DI SARDEGNA - Sylvia conspicillata: R reg (mar-ott); irregolarmente svernante); M/O reg; W, Ase, Pa; Secure; protetto. STERPAZZOLINA - Sylvia cantillans: M/O reg (apr); Rim, Ale; Secure; protetto. OCCHIOCOTTO - Sylvia melanocephala: R reg (sedentario?); M/O reg; W, Ale, Rim, Pa, Isp; Secure; protetto. STERPAZZOLA - Sylvia communis: M/O reg (apr/mag; ago-ott); Rim; Secure; protetto. LUI PICCOLO - Phylloscopus collybita: M/O reg (ott-mar/apr); W, Ale, Ase, Rim, Pa, Isp; Secure; protetto. PIGLIAMOSCHE- Muscicapa striata: M/Oreg (mag); SPEC 3; Isp; Dec lining; protetto BALIA NERA - Ficedula hypoleuca: M/O reg (apr/mag); Ale, Rim; Secure; protetto. CINCIARELLA - Parus caeruleus: M/O reg?; Ale, Rim; Secure; protetto. CINCIALLEGRA - Parus major: M/O reg?; Ale, Rim, Isp; Secure; protetto. RIGOGOLO - Oriolus oriolus: M/O reg (apr/mag; ago/set), Ale; Declining; protetto. AVERLA PICCOLA - Lanius collurio: M/O reg (mag); Allegato 1; SPEC 3; W, Ale, Rim, Pa; Depleted; protetta AVERLA CAPIROSSA - Lanius senator: M/O reg (apr/mag); SPEC 2; Ma, Bo, Ale, Ase, Rim, Pa, Paa, Isp; Declining; potetta TACCOLA - Corvus monedula: M/O reg; Ase, Pa, Isp; Secure; protetto. CORNACCHIA GRIGIA - Corvus corone: R reg (sedentaria); M/O reg?; Ale, Ase, Rim, Pa, Isp, W; Secure; cacc iabile. CORVO IMPERIALE - Corvus corax: M/O reg; W, Ase, Pa; Secure; protetto. STORNO - Sturnus vulgaris: M/O reg (ott-mar/apr); W, Ale, Ase, Rim, Pa, Isp; SPEC 3; Declining; protetto. STORNO NERO - Sturnus unicolor: M/O reg?; Ale, Ase, Rim, Pa, Isp; Secure; protetto.

109


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148. 149.

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150.

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151.

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152.

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*

154. 155. 156. 157 158 159

PASSERA SARDA - Passer hispaniolensis: R reg (sedentaria?); W, Ale, Ase, Rim, Pa, Isp; Secure; protetta. PASSERA MATTUGIA - Passer montanus: R reg (sedentaria?); M/O reg; W, Ale, Ase, Rim, Pa, Isp; SPEC 3; Declining; protetto. FRINGUELLO - Fringilla coelebs: M/O reg (svernante); Ale, Ase, Rim, Pa, Isp; Secure; protetto. VERZELLINO - Serinus serinus: R reg (sedentario); M/O reg?; Ale, Ase, Rim, Pa, Isp; Secure; protetto. VERDONE - Carduelis chloris: R reg (sedentario?); M/O reg; Ale, Ase, Rim, Pa, Isp; Secure; protetto. CARDELLINO - Carduelis carduelis: R reg (sedentario?); M/O reg; Ale, Ase, Rim, Pa, Isp, W; Secure; protetto. FANELLO - Carduelis cannabina: R reg (sedentario); M/O reg; SPEC 2; Ase, Pa, W; Declining; protetto. ZIGOLO NERO - Emberiza cirlus: M/O reg?; Ale, Rim, Isp; Secure; protetto. MIGLIARINO DI PALUDE – Emberiza schoeniclus: M/O reg (svernante); W; protetto. STRILLOZZO - Miliaria calandra: R reg (prevalentemente sedentario); M/O reg (lug/ago); SPEC 2; Ase, Pa, Altuse, Rim, Isp; Declining; protetto. POLLO SULTANO – Porphyrio porphyrio TARABUSINO - Ixobrychus mininus MIGNATTAIO - Plegadis falcinellus

4.4.4. Mammiferi 4.4.4.1.

Checklist dei Mammiferi (Mammalia), 1997 - 2006

La seguente Checklist dei mammiferi dell’area di studio non prende in considerazione i Chiroptera per le quali non sono attualmente disponibili dati rappresentativi e sufficientemente attendibili.

Ordine: Famiglia: *1

Insectivora Erinaceidae Riccio Erinaceus europaeus Linnaeus, 1758 R poss; NM (SAR); Ale, Rim, Pa, Isp; protetto.

Famiglia: *2

Soricidae Crocidura rossiccia Crocidura russula ichnusae Festa, 1912 R certa; NM (SAR), VU (IT); Ase, Ale, W, Pa, Rim. Nota. Endemismo sardo?; protetto.

*3

Mustiolo Suncus etruscus (Savi, 1822) R poss; NM (SAR); Pa, Ale, Ase, Rim, Isp, W; protetto.

Ordine: Famiglia: *4

Lagomorpha Leporidae Lepre sarda Lepus capensis mediterraneus Wagner, 1758 R certa; LR (SAR), VU (IT), (LR) (EUR); Pa, Ase, Ale, Rim; cacciabile. Nota. Endemismo sardo?

*5

Coniglio selvatico Oryctolagus cuniculus (Linnaeus, 1758)

110


R certa; NM (SAR); Pa, Ase, Rim; cacciabile. Ordine:

Rodentia

Famiglia: *6

Muridae Ratto bruno Rattus norvegicus (Berkenhout, 1769) R certa; NM (SAR); U, Isp,W, Fiu; non protetto.

*7

Ratto nero Rattus rattus (Linnaeus, 1758) R prob; NM (SAR); Is, Isp, U; non protetto.

*8

Topolino domestico Mus musculus Linnaeus, 1758 R-certa; NM (SAR); U, Isp; non protetto.

Ordine:

Carnivora

Famiglia: *9

Canidae Volpe Vulpes vulpes ichnusae Miller, 1907 R prob; NM (SAR); Pa, Rim, W (bordi), Ase, Ale; cacciabile. Nota. Debole endemismo sardo-corso?

Famiglia: *10

Mustelidae Donnola Mustela nivalis boccamela Bechstein, 1800 R prob; NM (SAR); Isp, Pa, Ale, Ase, Rim; protetta.

4.4.4.2.

Ordine: Famiglia: 1

Checklist degli Anfibi (Amphibia), 1997 - 2006

Anura Bufonidae Rospo smeraldino Bufo viridis Laurenti, 1768 R prob; NM (SAR); W; protetto.

Famiglia: 2

Hylidae Raganella sarda Hyla sarda (De Betta, 1853) R poss; (NM) (SAR), LR (IT); W; protetta. Nota. Endemismo tirrenico.

4.4.4.3.

Ordine:

Checklist dei Rettili (Reptilia), 1997 - 2006

Squamata

Sottordine:

Sauria

Famiglia:

Gekkonidae

*1

Emidattilo turco Hemidactylus turcicus (Linnaeus, 1758)

111


R certa; NM (SAR); Isp, Ale?; protetto. *2

Tarantola mauritanica Tarentola mauritanica (Linnaeus, 1758) R certa; NM (SAR); Isp, Ale, Pa; protetta.

Famiglia: *3

Lacertidae Lucertola campestre Podarcis sicula cettii (Cara, 1872) R certa; NM (SAR); W (bordi), Pa, Ale, Ase, Rim, Isp; protetta. Nota. Endemismo sardo?

Famiglia: *4

Scincidae Luscengola Chalcides chalcides vittatus (Leuckart, 1828) R certa; NM (SAR); W (bordi), Pa, Ase; protetta. Nota. Endemismo sardo?

*5

Gongilo ocellato Chalcides ocellatus tiligugu (Gmelin, 1789) R poss; NM (SAR); Pa, Ale, Rim; protetto.

Famiglia: *6

Colubridae Biacco Coluber viridiflavus Lacépède, 1789 R prob; NM (SAR); Ale, W (bordi), Pa; protetto.

*7

Biscia viperina Natrix maura (Linnaeus, 1758) R certa; NM (SAR); W; protetta.

4.4.4.4.

Cenni sull’ittiofauna

Al momento non sono disponibili informazioni sulla composizione dei popolamenti ittici della laguna di Mistras, se non legati alla parte produttiva. Dai dati, non ufficiali, del pescato si può confermare la presenza di alcune delle specie comunemente presenti anche nello Stagno di Cabras e di interesse commerciale. Si riporta inoltre la presenza di Alosa fallax, pur necessitando una conferma (bibliografica o diretta). Si sottolinea, invece, la presenza di Aphanius fasciatus (Maltagliati, 2002) presente nell’Allegato B della Direttiva Habitat.

4.4.5. Cenni sugli invertebrati 4.4.5.1.

La nacchera (Pinna nobilis)

È da segnalare la presenza molto diffusa di Pinna nobilis (nacchera di mare) nella parte della marina del SIC. L’organismo è ricompresso nell’allegato IV della direttiva habitat; ciò basti per richiamare la necessità di prestare l’attenzione dovuta sulle attività che possono confliggere con il suo status. nei circa 350 ettari di mare sotteso al SIC. 112


Pur mancando dati certi e sistematici (puntuali e scientifici) sulla distribuzione e sullo stato reale di tale organismo, nell’area in questione, durante le attività di ricognizione, in superficie anche se non mirata direttamente all’organismo, ed a seguito di occasionali osservazioni subacquee, emerge l’indicazione che la Pinna nobilis è presente con alta densità all’interno della prateria di Posidonia anche su bassi fondali (1,5 - 3 m). Anche se tale abbondanza potrebbe far ritenere una buona condizione della popolazione del mollusco bivalve rapportabile al presunto buono stato del posidonieto (sono in corso attività di monitoraggio scientifico per la verifica), sono numerose, ma non sistematiche (random), le osservazioni e i ritrovamenti di esemplari morti o con le valve (la conchiglia) danneggiate. Le cause potrebbero essere attribuibili al traffico dei natanti (p.e. pescaggio di grosse imbarcazioni al limite delle batimetriche) alla turbolenza generata degli stessi, a modalità di utilizzo degli attrezzi da pesca (trascinamento) o a vandalismo. Non si escludono comunque cause di morte naturali legate al ciclo di vita o a cambiamenti delle condizioni ambientali. È noto che tale organismo in tempi passati è stato oggetto di prelievo per essere utilizzato come fonte alimentare, come esca o a fini ornamentali. Non si escludono forme di prelievo abusive, come in altre zone della Sardegna, al fine di asportare il bisso, fibra proteica secreta dalla nacchera, per essere filato. Anche se sono in corso alcuni studi da parte dell’AMP sulle comunità del benthos, l’esiguità dei dati disponibili, sia di quelli relativi alla colonna d’acqua che relativi alle componenti biotiche conferma che la conoscenza, in particolare della parte a mare del SIC è incompleta, ragione per la quale la futura gestione delineata nel presente documento non potrà prescindere dal programmare i necessari approfondimenti.

4.4.6. Importanza della laguna di Mistras in base alla Direttiva “Habitat” 4.4.6.1.

Criteri di selezione dei Siti

I criteri di selezione dei siti atti ad essere individuati quali Siti di Importanza Comunitaria (SIC) e designati quali Zone Speciali di Conservazione (ZSC) vengono esplicati nell’ Allegato III della Direttiva “Habitat” (92/43/CEE) e prevedono due fasi. La descrizione delle due fasi viene integrata con la documentazione di dati attualmente (2006) disponibili e in parte rilevati nell’ambito del presente “Piano” e potranno essere successivamente completati e aggiornati nell’ambito di un puntuale programma di monitoraggio degli habitat, delle specie floristiche e faunistiche di interesse comunitario. 4.4.6.1.1.

Valutazione dell’importanza nazionale del Sito

La Fase 1 comprende la valutazione a livello nazionale dell’importanza relativa dei siti per ciascun tipo di habitat naturale dell’Allegato I e per ciascuna specie dell’Allegato II (compresi i tipi di habitat naturali prioritari e le specie prioritarie). A) Criteri di valutazione del sito per un tipo di habitat naturale determinato dell’Allegato I -

Grado di rappresentatività del tipo di habitat naturale sul sito. 113


-

Superficie del sito coperta dal tipo di habitat naturale rispetto alla superficie totale coperta da questo tipo di habitat naturale sul territorio nazionale.

-

Grado di conservazione della struttura e delle funzioni del tipo di habitat naturale in questione e possibilità di ripristino.

-

Valutazione globale del valore del sito per la conservazione del tipo di habitat naturale in questione.

Gli habitat naturale dell’Allegato I sono presenti nel Sito vengono illustrati e valutati sinteticamente nella Tabella 3.

B) Criteri di valutazione del sito per una specie determinata di cui all’Allegato II -

Dimensione e densità della popolazione della specie presente sul sito rispetto alle popolazioni presenti sul territorio nazionale.

-

Grado di conservazione degli elementi dell’habitat importanti per la specie in questione e possibilità di ripristino.

-

Grado di isolamento della popolazione presente sul sito rispetto all’area di ripartizione naturale della specie.

-

Valutazione globale del valore del sito per la conservazione della specie in questione.

4.4.7. Importanza della laguna di Mistras in base alla Convenzione di Ramsar Verranno brevemente trattati i principali aspetti generali della Convenzione di Ramsar ed i criteri di identificazione di zone umide di importanza internazionale e la loro applicazione allo Stagno di Mistras come zona umida di importanza internazionale, specialmente come habitat per gli uccelli acquatici. 4.4.7.1.1.

Aspetti generali

La Convenzione di Ramsar è un trattato intergovernativo adottato il 2 Febbraio 1971 a Ramsar (Iran), una cittadina situata lungo le coste meridionali del Mar Caspico. Si tratta del primo accordo internazionale sulla conservazione e l’uso sostenibile di risorse naturali. Il nome ufficiale del trattato “La Convenzione sulle zone umide di importanza internazionale, specialmente come habitat degli uccelli acquatici” riflette l’enfasi iniziale in favore della conservazione e dell’uso sostenibile delle zone umide, principalmente come habitat per gli uccelli acquatici. Negli ultimi anni la Convenzione ha allargato le proprie finalità che coprono tutti gli aspetti della conservazione delle zone umide e del loro uso sostenibile, riconoscendole come ecosistemi molto importanti per la conservazione della biodiversità in generale e per il benessere dell’uomo stesso (APM, 2002). La Convenzione è entrata in vigore nel 1975 e attualmente (2006) ha 150 Parti Contraenti e 1.592 zone umide designate per la “Lista di Zone Umide di Importanza Internazionale” che coprono una superficie complessiva di circa 134.080.860 ha (Ramsar Covention Bureau, 2006). L’UNESCO funge da depositario per la Convenzione, ma la sua amministrazione fa riferimento ad un Segretariato, noto come Ramsar Bureau, ospitato nel quartiere generale dell’IUCN – The World Conservation Union a Gland/Svizzera, sotto l’autorità della Conferenza delle Parti e del Comitato Permanente della Convenzione. Ai sensi della Convenzione si intendono per zone umide le paludi e gli acquitrini, le torbe oppure i corpi idrici naturali o artificiali, permanenti o temporanei, con acque

114


stagnanti o correnti, dolci, salmastre o salate, incluse le acque marine, la cui profondità, durante la bassa marea, non supera i 6 m (articolo 1, comma 1). Il trattato comprende quattro obblighi principali per le Parti Contraenti (Davis 1993; 1994; Ramsar Convention Bureau 2006):

Ogni Parte Contraente deve designare almeno una zona umida per l’inclusione nella “Lista delle Zone Umide di Importanza Internazionale (la Lista Ramsar) e promuovere la sua conservazione, incluso l’uso sostenibile. La selezione per la “Lista Ramsar” dovrebbe basarsi sul valore della zona umida in termini ecologici, botanici, zoologici, limnologici o idrologici. Le Parti Contraenti hanno adottato criteri specifici e linee guida per l’identificazione di siti qualificati per l’inclusione nella “Lista delle Zone Umide di Importanza Internazionale” (articolo 2, comma 4).

Le Parti Contraenti elaborano e mettono in pratica la loro pianificazione in modo da favorire, nei limiti del possibile, l’uso sostenibile delle zone umide del proprio territorio (articolo 3, comma 1).

Ciascuna Parte Contraente favorisce la conservazione delle zone umide e degli uccelli acquatici creando delle riserve naturali nelle zone umide, indipendentemente se siano inserite nella “Lista Ramsar”, ne assicura una adeguata sorveglianza (articolo 4, comma 1) e promuove la formazione professionale nei campi della ricerca, della gestione e della sorveglianza delle zone umide (articolo 4, comma 5).

Le Parti Contraenti concordano sulla consultazione reciproca, sulla implementazione della Convenzione, specialmente riguardo alle zone umide transfrontaliere (articolo 5).

Gli organi della Convenzione sono: -

il Segretariato Generale (RAMSAR BUREAU), con sede a Gland (CH);

-

la Conferenza delle Parti;

-

il Comitato Permanente.

La Convenzione di Ramsar è stata ratificata e resa esecutiva dall'Italia con il DPR 13 marzo 1976, n. 448, e con il successivo DPR 11 febbraio 1987, n. 184. Gli strumenti attuativi prevedono, in aggiunta alla partecipazione alle attività comuni internazionali della Convenzione, una serie di impegni nazionali, quali: -

attività di monitoraggio e sperimentazione nelle "zone umide" designate ai sensi del DPR 13 marzo 1976, n.448;

-

attivazione di modelli per la gestione di "Zone Umide";

-

attuazione del "Piano strategico 1997-2002" sulla base del documento "Linee guida per un Piano Nazionale per le Zone Umide";

-

designazione di nuove zone umide, ai sensi del DPR 13.3.1976, n. 448;

-

preparazione del "Rapporto Nazionale" per ogni Conferenza delle Parti.

I seguenti Siti Ramsar della Sardegna sono inseriti nella “Lista”: Stagno di s’Ena arrubia - 223 ha (1976); Stagno di Molentargius -1.401 ha (1976); Stagno di Cagliari (Santa Gilla) – 3.466 ha (1976); Peschiera di Corru s’Ittiri – con saline e tratto di mare antistante - Stagno di S. Giovanni e Marceddì – 2.610 ha (1979); Stagno di Pauli Maiori – 287 ha (1979); Stagno di Cabras – 3.575 ha (1979); Stagno di Mistras – 680 ha (1982); Stagno di Sale Porcus – 330 ha (1982). 115


Una prima descrizione dei Siti Ramsar della Sardegna viene fornita da Schenk (1982) e successivamente da Demaria (1997) e una versione aggiornata da Manca (1999). 4.4.7.1.2.

Criteri di identificazione internazionale

di

zone

umide

di

importanza

I criteri adottati in occasione della quarta, sesta e settima (1999, San José, Costa Rica) Conferenza delle Parti Contraenti della Convenzione di Ramsar servono per guidare l’implementazione dell’articolo 2.1 sulla designazione di Siti Ramsar. Attualmente sono in vigore i seguenti criteri (Ramsar Convention Bureau, 2006) il cui soddisfacimento viene succintamente documentato nei box: Gruppo A dei Criteri. rappresentative, rare o uniche

Siti

contenenti

tipologie

di

zone

umide

Criterio 1: Una zona umida dovrebbe essere considerata di importanza internazionale se ospita un esempio rappresentativo, raro o di una zona umida naturale o semi-naturale, caratteristica della propria regione biogeografica.

Gruppo B dei Criteri. Siti di conservazione della diversità biologica

importanza

internazionale

per

la

Criteri basati su specie e comunità ecologiche Criterio 2: Una zona umida dovrebbe essere considerata di importanza internazionale se ospita specie vulnerabili, minacciate o criticamente minacciate o comunità ecologiche minacciate. Criterio 3: Una zona umida dovrebbe essere considerata di importanza internazionale se ospita popolazioni di piante e/o specie animali importanti per il mantenimento della biodiversità di una particolare regione biogeografica. Criterio 4: Una zona umida dovrebbe essere considerata di importanza internazionale se ospita specie vegetali e/o animali in una fase critica del loro ciclo biologico, o fornisce rifugio in condizioni avverse.

A causa della strategica posizione geografica nel quadro delle correnti migratorie nel settore Tunisia – Sardegna – Corsica – Liguria, della protezione legale di cui gode parzialmente e della elevata produzione primaria, lo Stagno di Mistras ospita regolarmente grandi contingenti di uccelli acquatici nelle critiche fasi dello svernamento e dei passi pre-e postriproduttivi e, parzialmente nel periodo riproduttivo.

Criteri specifici basati sugli uccelli acquatici 116


Criterio 5: Una zona umida dovrebbe essere considerata internazionale se ospita regolarmente 20.000 o più uccelli acquatici.

di importanza

Criterio 6: Una zona umida dovrebbe essere considerata di importanza internazionale se ospita regolarmente l’1% degli individui di una specie o sottospecie di uccello acquatico. Criteri basati su pesci Criterio 7: Una zona umida dovrebbe essere considerata di importanza internazionale se ospita una proporzione significativa di sottospecie, specie o famiglia di pesci indigeni, una fase del ciclo biologico, interazioni tra specie e/o popolazioni rappresentative di benefici e/o valori della zona umida contribuendo in tal modo alla diversità biologica globale. Criterio 8: Una zona umida dovrebbe essere considerata di importanza internazionale se è una importante risorsa alimentare per pesci, una zona di riproduzione, nursery e/o via di migrazione da cui gli stock ittici dipendono, sia all’interno o fuori della zona umida.

4.4.8. Posizione del Sito rispetto al sistema regionale della aree protette Per la gestione delle risorse faunistiche, in particolare degli uccelli, è di grande importanza la presenza di un’Oasi di Protezione Faunistica (divieto permanente di attività venatoria), istituita ai sensi della L.R. n. 23/1998: Stagno di Mistras e aree contigue (Cabras, Oristano) di 1.276 ha;

4.5. Fauna Marina Selvatica

Al pari di altre zone della costiere della Sardegna, l'isola di Mal di Ventre, lo Scoglio del Catalano e le rispettive zone limitrofe costituiscono zone di interesse per la presenza e/o il passaggio di cetacei e tartarughe marine (fauna marina selvatica).

4.5.1. Cetacei Pur

in

mancanza

di

dati

scientifici

ottenuti

da

specifiche

campagne

di

monitoraggio, nelle zone oggetto del presente Piano di Gestione e nelle zone limitrofe gli avvistamenti sono frequenti. Ciò avviene sia da parte dei pescatori operanti nella zona, che dai diportisti e dai collaboratori dell’Area Marina Protetta durante lo svolgimento di diverse attività. La maggior parte degli eventi si verificano nei pressi dello scoglio del Catalano. I gruppi, solitamente tursiopi (Tursiops truncatus), si spostano seguendo direttrici che 117


dallo scoglio portano verso Capo San Marco (Golfo di Oristano) o l'isola di Mal di Ventre, fino a proseguire verso Capo Mannu (SIC ITB). In diverse occasioni sono stati riferiti avvistamenti di altre specie di cetacei come balenottere comuni (Balaenoptera physalus) e capodogli (Physeter macrocephalus).

Grazie alle attività della Rete Regionale delle Aree Marine Protette e dei Parchi Nazionali della Sardegna per il recupero della fauna marina selvatica, da alcuni è stato possibile registrare gli interventi e le segnalazioni di avvistamento in alcune aree. I risultati di tali attività hanno confermato la presenza nei mari della Sardegna di alcune specie di cetacei confermando che, tra le cause di morte, è da annoverare l'impatto con le attività antropiche (pesca, traffico e diporto).

I problemi legati alla pratica della pesca in aree dove sono presenti questi animali porta spesso ad un conflitto sulla risorsa. Nell’impiego di alcuni attrezzi da pesca, come le reti con le maglie di una certa dimensione, si registra la rottura degli strumenti da parte dei delfini.

La perdita del pescato e i costi per la riparazione delle reti porta i pescatori a non sopportare la presenza dei cetacei nei siti di pesca. La gestione del contenzioso, di non semplice ed immediata soluzione vede quindi contrapposti: 1. I pescatori. a. Chiedono forme di aiuto per il mancato reddito (riduzione del pescato, aumento delle spese di riparazione/sostituzione delle reti) dovuto alla presenza dei delfini; b. Chiedono di intervenire con sistemi che permettano di controllare il numero dei delfini; c. Dichiarano un aumento delle presenze di tali animali; d. Dichiarano un accentuarsi dei comportamenti “opportunisti” dei delfini; e. Dichiarano che occasionalmente gli animali rimangono intrappolati nelle reti; f.

In alcune occasioni si sono registrate manifestazioni di insofferenza di “particolare intensità” nei confronti di cetacei (soppressione deliberata).

2. I delfini. a. Anche se non si è a conoscenza del valore di abbondanza, hanno da 118


tempo popolato le aree antistanti il Sinis; b. Sono animali che riescono a mettere in atto strategie complesse di pesca e che possono interferire con le attività di pesca; c. Occasionalmente si sono registrati ritrovamenti di esemplari di cetacei si presume “volutamente” mutilati delle pinne o sventrati.

4.5.2. Tartarughe marine In generale, le tartarughe marine sono animali che compiono migrazioni e, a parte in due occasioni, trascorrono tutta la loro vita in mare. Quando in natura si trovano fuori dall’acqua avviane unicamente per la deposizione delle uova o nelle prime fasi dopo la schiusa di queste ultime. Compiono migrazioni per spostarsi nelle zone dove le condizioni di temperatura e alimentari sono adatte alle diverse esigenze (riproduzione, crescita, deposizione,…). Le tartarughe più comuni nei mari che circondano la Sardegna appartengono alla specie Caretta caretta. Si trovano indistintamente nel lato occidentale e orientale dell’isola e non è detto che le aree in cui vengono registrati il maggior numero di ritrovamenti siano le zone in cui il passaggio di questi animali sia più frequente, ma è comunque legato a molti fattori (p.e.: dal livello di frequentazione, da quello di collaborazione con gli Enti preposti ad intervenire, alla probabilità di impatto con gli attrezzi da pesca, dalle tipologie di strumenti da pesca utilizzati,…). I siti oggetto del Piano di Gestione e le zone limitrofe rappresentano aree che sia per caratteristiche ambientali che, come detto, geografiche sono potenzialmente interessanti per questi rettili. Più volte nel corso degli ultimi anni sono stati rinvenuti, in mare, nelle immediate vicinanze, da pescatori esemplari di Caretta caretta, successivamente segnalati o consegnati alla Rete Regionale delle AAMMPP e PPNN per il recupero della fauna marina selvatica in difficoltà.

119


4.6.

LA PESCA

La pesca è un’attività rivolta principalmente ai popolamenti ittici e ad alcune, poche per la verità, altre specie come le vongole veraci, i polpi, gli anemoni, i granchi e ricci di mare. Da sempre costituisce l’attività prevalente esercitata su di una risorsa strategica per la comunità locale alla quale sono collegati valenze ambientali e culturali di grande rilievo. Ma mentre rispetto ai valori culturali ed ambientali, in entrambi due contesti di Mistras e di Cabras, vigono di fatto i regimi di tutela specifica riferibili al decreto istitutivo dell’Area Marina Protetta (parte a mare di Mistras) ed alle Direttive UE Habitat e Direttiva Uccelli (parte stagni in senso stretto); rispetto alle attività di pesca, in mare e negli stagni, per diverse ragioni non esiste un’applicazione efficace delle regole del settore per ragioni note agli addetti ai lavori e che sarebbe lungo trattare in questa sede. In altri termini i sistemi di controllo non sono sufficientemente efficaci sia per carenza mancanza di norme specifiche (riccio di mare, anemone, vongola verace p.e.) che per carenza di un sistema di controllo (logistica ?, organizzazione ?, attribuzione ? coordinamento ? competenze ?). In buona sostanza il controllo sulla pesca, che si sottrae alle prerogative dell’Ente Gestore dell’AMP per norma istitutiva, è attribuito prioritariamente alla Capitaneria di Porto, al Corpo Forestale ed in sub ordine a corpi di polizia operanti in mare che comunque, anche se sollecitati, non rispondono in maniera adeguata e funzionale (risorse, coordinamento, tempestività, comunicazione ecc.) alle esigenze che, pur non avendone titolo, il personale dell’AMP e le diverse categorie di fruitori rilevano sistematicamente fin da quando essa è stata istituita. Premesso tutto ciò nel descrivere tale componenti riemerge la contraddizione della partizione del compendio di Cabras entro in SIC/ZPS di Mistras. Infatti, pur appartenendo al sistema Cabras, in questa sezione si descrivono attività svolte nel complesso di Pontis, nel Canale scolmatore e nel vero e proprio stagno di Mistras in quanto tra tali diversi ambiti esistono strette relazioni morfologiche e funzionali. La pesca, nello stagno e, in subordine, in mare, assume valenze e significati speciali in ragione del fatto che lo stagno è stato, e lo è tuttora, l’elemento che caratterizza sia l’economia che la cultura di Cabras. Anche se la pesca in mare si è sviluppata solo negli ultimi decenni come attività predominante, si è consapevoli che l’analisi del settore non può essere svolta con la precisione e la puntualità delle altre componenti analizzate sia per la complessità (biologia e tecnologia) che per la problematicità (socio-economia) intrinseca al settore. Inoltre, considerando che la maggior parte delle copiose informazioni esistenti sul mondo della pesca (stagno e mare) tendono ad enfatizzare il comparto in chiave prevalentemente storico-culturale e sociologica, per poter definire un quadro obiettivo lo stato del comparto, le considerazioni funzionali alla definizione del presente rapporto sono basate essenzialmente su dati forniti dalla Capitaneria di Porto (rilevamenti statistici) e su dati elaborati direttamente dall’Area Marina Protetta (in particolare pesca dei ricci) oltre a dati derivati da interviste presso il Nuovo Consorzio Pontis. E’ stata obiettiva la difficoltà di acquisire dati descrittivi e dimensionali (qualità e quantità) precisi a causa di una ancora “rudimentale” organizzazione del comparto (qualcuno vorrebbe considerarla tradizionale ?) sia nello stagno che nel mare. Cercando di descrivere lo “stato” della pesca a Cabras emerge la mancanza di “un’organizzazione” del comparto capace di fornire dati utili e funzionali a definire un modello organizzativo più “evoluto” ed adeguato all’esigenza di gestire “pesca”, non tanto e solo ai fini statistici 120


Altra annotazione importante è che la pesca viene praticata indifferentemente e dagli stessi soggetti, nello stagno e nel mare.

4.6.1. L’attività nell’area prospiciente la laguna di Mistras La pesca che viene praticata nell’area in oggetto e nelle zone limitrofe è fondamentalmente quella professionale di tipo tradizionale, operata con attrezzi da posta (reti e nasse) e palamiti, mentre quella sportiva prevede l’utilizzo della canna (sia da riva che dall’imbarcazione) e, al di fuori dell’AMP, l’utilizzo del fucile per quella in apnea. Lo sforzo della pesca tradizionale, in mancanza di dati acquisiti direttamente con un censimento degli attrezzi utilizzati o del quantitativo di pescato, viene stimato analizzando il numero di imbarcazioni presenti al Porto di Torregrande. Vista la ridotta distanza dal porticciolo e per la scarsa profondità del fondale, dell'intera flotta peschereccia presente sono da prendere in considerazione unicamente le imbarcazioni di tipo removelico, di norma dotate di motore fuoribordo di ridotta potenza (circa 15 CV), che imbarcano strumenti da posta (reti, nasse,…) Nel 2004 risultavano registrate presso la Capitaneria di Porto di Oristano 76 imbarcazioni removeliche con attrezzi da posta ormeggiate presso il Porticciolo. La pesca con le nasse, risulta essere selettiva verso alcune specie di interesse commerciale, ma una “non adeguata” pratica di tale tipologia di pesca può comportare danni per la fauna ittica e alcune specie bentoniche. Possibili impatti ed effetti negativi possono verificarsi nel caso in cui: ! ! !

gli attrezzi rimangano abbandonati sui fondali o non vengano salpati con regolarità, “lavorando” in questo modo inutilmente e continuamente; l'azione meccanica di cala e salpamento delle nasse può comportare la rottura di organismi sessili strutturalmente fragili come Pinna nobilis; il posizionamento o il mantenimento delle nasse sempre sugli stessi punti possono, a lungo termine, alterare la copertura di Posidonia oceanicae di altri popolamenti bentonici.

Anche se nel processo di degrado dei popolamenti presenti all'interno del Golfo di Oristano e nello specifico, nell'area SIC di Mistras, sono coinvolti processi e cause di varia natura, un'adeguata regolamentazione delle attività di pesca all'interno dell'area SIC, e delle zone limitrofe, può determinare un miglioramento dello stato di conservazione degli organismi di interesse comunitario e non.

Tabella 7 - Caratterizzazione flotta barche da pesca della Marineria di Oristano (Fonte: Capitaneria di Porto, 2006)

Numero

Stazza

<1

1-5

5-10

> 10

ton

tons

tons

tons

Lunghezza

Potenza (HP)

Flotta

430,00

3,38

70

274

79

7

7,30

83,10

AMP

297,00

4,24

29

186

77

5

7,83

85,98

Tabella 8 - Dati flotta compartimento di Oristano

121


1995

1996

n° unità naviglio non motorizzato

2003

2004

214

220

214

214

7

8

7

8

n° unità naviglio motorizzato motobarche

146

157

191

187

totale unità motorizzate

153

165

198

195

totale generale

367

385

412

409

229,47

235,998

244,59

245,54

217,5

276,76

324,6

421,78

T.S.L. motobarche

702,08

755,429

866,41

845,27

T.S.L. unità motorizzate

919,58

1032,189

1191,04

1267,05

1268,187

1435,63

1512,59

n°unità naviglio motorizzato motopesca

T.S.L. naviglio non motorizzato T.S.L. motopesca

T.S.L. totale generale FONTE

Locamare Oristano

Circomare Oristano

Circomare Oristano

Circomare Oristano

Tabella 9 - Distribuzione flotta di Oristano (N.D.: Non Disponibile – Fonte: Capitaneria di Porto, 2004) ORMEGGIO PORTICCIOLO DI TORREGRANDE MARCEDDI' N.D. LOC. SU SICCU STAGNO DI SANTA GIUSTA LOC. SU PALLOSU PORTO INDUSTRIALE DI ORISTANO LOC. SASSU LOC. MARE MORTO LOS. SU PALLOSU LOC. CORRU S'ITTIRI LOC. CORRU MANNU LOC. IS BENAS LOC. PORTU SUEDDA LOC. SCAIU LOC. STRADA 18 MARCEDDI' LOC.SAN GIOVANNI S'ARCHITTU STAGNO DI S'ENA ARRUBIA SU PALLOSU STAGNO DI SANT'ANTONIO DI SANTADI STAGNO MISTRAS STAGNO SI S'ENA ARRUBIA ALTRE LOCALITA' Totale imbarcazioni

NUMERO 137,0 90,0 19,0 17,0 16,0 15,0 15,0 10,0 9,0 9,0 7,0 6,0 5,0 5,0 3,0 3,0 3,0 3,0 3,0 3,0 2,0 2,0 2,0 20,0 404,0

% 33,91% 22,28% 4,70% 4,21% 3,96% 3,71% 3,71% 2,48% 2,23% 2,23% 1,73% 1,49% 1,24% 1,24% 0,74% 0,74% 0,74% 0,74% 0,74% 0,74% 0,50% 0,50% 0,50% 4,95%

Tabella 10 - Catture (tonn/anno) marineria di Oristano [Fonte: Capitaneria di Porto+ Osteitti cefali o muggini gronghi naselli rana pescatrice scorfani sogliole suri o sugarello tonni tonno rosso tonni alalonga tonni albacora tonni striati triglia triglidi zerri altri pesci

1985 84,5 42,6 1,9 10,2 1,5 43,4 25,7 -

122

1995 209,0 9,0 8,7 0,1 36,9 8,0 1,9 9,5 4,2 0,2 35,6 11,6 76,7

2004 47,1 8,9 18,3 3,3 34,6 17,5 4,7 0,4 0,5 0,3 34,8 7,8 14,6 78,7


Condroitti palombo & gattuccio razza squadro raiformi rombi rombi gialli spinaroli

5,1 0,3 -

0,0 0,1 0,3

5,3 0,4 0,0 0,5

Crostacei aragoste astici gamberelli pandalidae gamberetti crangon gambero bianco gambero rosso gambero imperiale granchi granciporri scampi altro

6,6 0,8 1,1 0,4

4,7 2,1 2,4 3,2 24,3 0,1 -

2,5 0,2 1,4 5,4 2,7 2,9 30,3 2,3 5,3

6,6 19,9 13,3 1,7 7,7 9,6 282,7

3,9 0,6 2,2 76,1 28,4 187,0 746,9

6,6 4,6 1,1 102,7 31,1 13,1 3,3 493,3

Molluschi pettini maggiori calamari loligo calamari totani rossi calamari altri polpi seppie totano vongola altri molluschi TOT

4.6.2. La Pesca a mare Richiamato il fatto che il SIC a mare è esteso per circa 350 ettari e che in prostettiva tale porzione sarà ricompresa entro il perimetro dell’AMP (si è in attesa del nuovo Decreto), nel mare prospiciente il SIC come nell’intera Penisola del Sinis lo sforzo di pesca viene esercitato entro le sei miglia, ed i pescherecci che esercitano la pesca costiera locale sono quelli fino a 10 tsl (art. 24 DM 26 luglio 1995). Lo sforzo di pesca è concentrato soprattutto entro le sei miglia, con modesta diversificazione anche degli attrezzi. La flotta peschereccia di Cabras è costituita da 176 imbarcazioni e solo 5 imbarcazioni non effettuano la pesca a costiera locale ma la pesca costiera ravvicinata e la pesca mediterranea come da decreto citato. Gli attrezzi principalmente utilizzati sono i sistema da posta che comprendono l’imbrocco il tramaglio, nasse, cestelli, cogolli, bertovelli, reti da posta fissa e a circuizione, sistema dei palangari che comprende quelli fissi e quelli derivanti.

SISTEMI DI PESCA

NUMERO

%

ATTREZZI DA POSTA

371

92%

CIRCUIZIONE

17

4%

FERRETTARA

5

1%

LENZA

130

32%

ARPIONE

6

1%

123


STRASCICO

11

3%

ALTRO

12

3%

Solo 7 imbarcazioni utilizzano il sistema strascico. Art 11 DM 26 luglio 1995. Complessivamente la marineria Oristanese è costituita da 404 imbarcazioni di cui 210 removeliche che sono per lo più utilizzate negli stagni prossimi al territorio di Cabras. Le restanti 194 gravitano a mare all’interno dell’Area Marina Protetta. Gli addetti ai lavori sono circa 600. Interessante è il numero degli addetti e quello delle imbarcazioni, in quanto il 44% dell’intera flotta dell’Oristanese è residente a Cabras e il 68% dell’intera flottiglia opera all’interno dell’Area Marina. Quello descritto è uno scenario che aldilà delle problematiche del SIC/ZPS esprime tutta la complessità di un settore che ha risentito molto di una politica d’incentivazione all’armamento delle imbarcazioni svincolata dalla stima della effettiva capacità portante sia in mare che negli stagni. Il numero degli addetti al settore è un aspetto la cui gestione si sottrarrà alla gestione dei SIC/ZPS ma che comunque abbisogna di provvedimenti di livello regionale funzionali alla diminuzione della pressione di pesca ed alla gestione dei sempre latenti conflitti sociali. Il criterio di suddivisone adottato in questa tabella lo si è scelto in base al DM 26 Luglio 1995 e precisamente nell’art.19 in cui si specifica che le unità abilitate alla piccola pesca sono le imbarcazioni con non più di 10 TSL. E’ anche chiaro che le removeliche che operano all’interno dell’Area Marina, sono removeliche che hanno come sito di ormeggio zone di immediato accesso all’Area Marina. 4.6.2.1.

Pesca dei ricci

In forza del Decreto Regionale dell’Assessore della Difesa dell’Ambiente (3 marzo 1994, n. 276 e sue successive modifiche) i pescatori professionali possono esercitare la pesca del riccio di mare dal 1 Novembre di ogni anno fino al 31 Marzo dell’anno successivo salvo proroghe. All’interno dell’Area marina, compresa una parte del SIC/ZPS, con Ordinanza sindacale i pescatori professionisti residenti a Cabras (Comune e Ente Gestore) o appartenenti a cooperative con residenza in loco, oltre alle attività di esca per la quale è stata rilasciata la licenza di pesca possono effettuare il prelievo del riccio di mare e delle attinie. La pesca è consentita solo in apnea, con, o senza, l’ausilio dell’imbarcazione per un massimo 1000 ricci per pescatore ed un massimo di 2000 per imbarcazione e di 2 kg di attinie. Esternamente all’AMP è consentito, ai pescatori subacquei professioni, il prelievo con l’utilizzo dell’autorespiratore, fino ad un numero massimo di 3000 per imbarcazione al giorno. L’autorizzazione prevede il rilascio di un “libretto di pesca” dal quale, dopo la restituzione a fine stagione, si possono acquisiscono informazioni su: quantità, tempi e località del prelievo ecc.. Ciò consente di conoscere lo sforzo di pesca in termini di quantità assoluta, di località e stagione di prelievo, ma soprattutto, ragguagliando i dati complessivi con la stima della risorsa effettivamente disponible desunta dalle attività di monitoraggio Dall’elaborazione dei dati in possesso si sintetizza quanto di cui alla tabella che segue in riferimento a tutta l’AMP. 124


Tabella 11 - Dati relativi alla stagione 2004/2005 STAGIONE 2004/2005 N° pescatori (libretti)

316

N° autorizzazioni (Più pescatori x barca)

104

N° riconsegnati

267

N° non riconsegnati

49

N° compilati

151

N° non compilati

109

Giornate

2.291

Ore lavorative

6.834

N° ricci prelevati o raccolti

4.6.2.2.

1.309.459

Considerazione sul prelievo del riccio

I dati raccolti ed elaborati consentono di avere un quadro esaustivo della disponibilità della risorsa funzionale a scelte gestionali per garantire la sostenibilità di tale tipologia di prelievo. L’analisi della dinamica della popolazione consente di affermare che la quota di prelievo consentita non deve (dovrebbe ?) superare 2 milioni di individui per stagione di pesca al fine di evitare il declino dello stock. Sulla base della regolamentazione vigente sono stati ipotizzati diversi scenari gestionali al fine di regolamentare le catture secondo tale stima. In tabella 8 sono riportati i dati teorici relativi al numero di licenze Considerando 10 giorni al mese utili per la pesca (valutando meteorologiche e assumendo 1 giorno di pesca e 2 di non pesca) si ha pesca teorico di 16.800 giorni/uomo con un numero di catture totali 16.800.000 individui.

attuali (280). le condizioni uno sforzo di equivalenti a

Moltiplicando le catture per il peso delle gonadi si hanno oltre 67 tonnellate. Questi dati superano il valore dello stock, per cui un incremento dello sforzo di pesca al massimo livello consentito porterebbe ad un depauperamento totale della risorsa in un anno. Tabella 12 - Sforzo di pesca e catture teoriche consentite dalla regolamentazione vigente.

Mesi

Giornate di pesca

Sforzo di pesca (Giorni/uomo)

CPUE (Catture per giornata)

CATTURE TOTALI

Peso medio gonadi per individuo - g

Peso totale gonadi prelevate (kg)

Novembre

10

2.800

1.000

2.800.000

3,29

9.199

Dicembre

10

2.800

1.000

2.800.000

3,37

9,435

Gennaio

10

2.800

1.000

2.800.000

2,83

7.914

Febbraio

10

2.800

1.000

2.800.000

3,23

9.056

Marzo

10

2.800

1.000

2.800.000

5,11

14.305

Aprile

10

2.800

1.000

2.800.000

6,20

17.367

TOTALE

60

16.800

1.000

16.800.000

Numero licenze

280

125

67.276


In realtà, dai dati provenienti dai tesserini di prelievo sappiamo che le catture sono notevolmente minori (Tabella 11): ciò è dovuto al fatto che lo sforzo di pesca è notevolmente inferiore (4241 giorni/uomo) e le catture per unita di sforzo (catture giornaliere per pescatore) sono circa il 60% di quelle consentite (578 contro 1000). Le catture totali effettive (2,4 milioni) superano la capacità di rinnovamento dello stock prevista dalla analisi della dinamica di popolazione. Le catture distribuite lungo tutta la stagione di pesca consentono la raccolta di 9860 kg di gonadi. Tabella 13 - Sforzo di pesca e catture risultanti dai libretti di pesca. CPUE (Catture per giornata)

Sforzo di pesca (Giorni/uomo)

Mesi

CATTURE TOTALI

Peso medio gonadi per individuo g

Peso totale gonadi prelevate (kg)

Novembre

152

596

90.293

3,29

297

Dicembre

483

675

325.969

3,37

1.098

Gennaio

791

617

487.957

2,83

1.379

Febbraio

932

566

527.516

3,23

1.706

Marzo

1516

519

786.440

5,11

4.018

Aprile

340

646

219.590

6,20

1.362

4.214

578

2.437.765

TOTALE Numero licenze

9.860

280

4.6.3. Pescaturismo Per diversificare e nel contempo diminuire lo sforzo di pesca i pescatori che effettuano la pesca per essione, con adeguamenti dell’imbarcazione possono svolgere la pescaturismo. S tratta di una nuova attività turistico ricreativa, con possibilità di imbarcare turisti, con un numero definito per norma dalla Capitaneria, e poter dare ai turisti una dimostrazione della pesca, e, eventualmente, degustare a bordo il pescato. L’AMP ha incentivato con provvedimento specifico, finanziato dal MATTM, tale attività con un intervento prioritario nel 2002 i cui risultati sono riepilogati nella tabella che segue. Tabella 14 - Caratteristiche "flotta" di pescaturismo PESCATURISMO N imbarcazioni

17

Tsl imbarcazioni

da 4,58 a 9,99

Attrezzi:

da posta, palangari e lenze

Totale turisti imbarcabili (compresi l’equipaggio)

169

4.6.4. La Peschiera di Pontis (inserita nella parte da LE PESCHIERE, vedi oltre)

126


La parte della pesca nello stagno viene tratta nel capito

4.6.5. Itticoltura presso il canale scolmatore In prossimità del canale scolmatore (fisiograficamente appartenente a Cabras) dal 1980 esiste un impianto gestito da una cooperativa a conduzione familiare composta di nove soci che praticano l’acquacoltura intensiva di specie pregiate quali le spigole e le orate. Nelle vicinanze del canale scolmatore è ubicato l’impianto dove vengono allevate in preingrasso le orate e le spigole, partendo da avannotti di diverse dimensioni (1 – 12 g) provenienti dall’Italia e/o dall’estero) Dopo esser stati preingrassati gli avannotti vengono trasferiti galleggianti ubicate a mare nel golfo di Oristano (fuori dal SIC e dall’AMP).

in

gabbie

Successivamente dopo il preingrasso tutte le orate vengono trasferite a mare, mentre il 90% delle spigole viene trasferito a mare il 10% viene mantenute a terra (nelle vasche). I pesci, sia quelli in vasca che quelli presenti nelle gabbie galleggianti, vengono alimentati con mangimi industriali. Il prodotto viene commercializzato quando gli animali raggiungono come taglia i 500 grammi ossia dopo circa 2 anni. Schematicamente l’impianto ha il seguente profilo: Tabella 15 – Caratteristiche dell’impianto di itticoltura presso il canale scolmatore N soci

9

Numero vasche preingrasso

40

a terra

Dimensioni vasche

150

mc

Numero Gabbie Galleggianti ingrasso

18

Dimensioni Gabbie Galleggianti

12 da 1200

mc

Dimensioni Gabbie Galleggianti

6 da 700

mc

Periodo:

tutto l’anno

Numero di individui prodotti annui

600.000

Specie allevate

Spigole e Orate

Produzione totale media annua

200 (di cui 120 Spigole e80 Orate)

T

4.6.6. Itticoltura alle bocche della Laguna di Mistras. Alle bocche della laguna di Mistras, è presente un impianto di pesca, dove l’attività viene eseguita con regolari autorizzazioni. Ma negli specchi acquei circostanti, in alcuni periodi dell’anno, la pesca viene spesso praticata abusivamente, attraverso strumenti non consentiti: un prelievo non selettivo e non regolamentata fuori da una benché minima ottica di gestione. Al contrario presso l’imboccatura a mare della peschiera di Mistras, la pesca viene gestita da una Cooperativa attraverso vasche di approvvigionamento e lavorieri dal 1990.

127


Le principali specie allevate e/o pescate sono spigole, orate e muggini, quelli di taglia commerciale vengono immesse nel mercato, quelli che non raggiungono la taglia commerciale vengono trasferiti nelle vasche di preingrasso. Gli avannotti vengono acquistati fuori Sardegna (solitamente in Puglia e nel Veneto). I pesci di taglia commerciale si immettono nel mercato con una pezzatura di 300 grammi dopo aver trascorso 2 anni in vasca di ingrasso. Ogni vasca è dotata di ossigenatori, ogni ora vengono monitorati i parametri fondamentali (ossigeno e temperatura). Tabella 16 – Caratteristiche degli impianti di itticoltura presso le bocche della laguna di Mistras N soci

7

Superficie peschiera gestita

2

Specie pescate:

Spigole Orate Muggini

Quantitativi pescati

150

Numero vasche a terra preingrasso

8

Dimensioni vasche a terra

ha

q

5 da 25

mc

2 da 80

mc

1 da 60

mc

N. di avannotti pescati in loco

100.000

Distribuzione per vasca

10 Kg

Numero vasche a terra ingrasso

5

Dimensioni vasche a terra

2 da 450

m cubi

1 da 900

m quadri

1 da 300

m quadri

1 da 3500

m quadri

Distribuzione per vasca Periodo: Quantità pescati nei lavorieri Specie allevate Imbarcazioni operanti potenza media Produzione media Attrezzi utilizzati

25 Kg

a m cubo

a m cubo

tutto l’anno 150

Quintali

Spigole e Orate 3 15

CV

200

Tonellate

Lavorieri, coppo e rezzaglio

128


4.7.

DESCRIZIONE DEI VALORI ARCHITETTONICI E CULTURALI

ARCHEOLOGICI,

4.7.1. Il patrimonio archeologico La storia dell’insediamento umano attorno allo Stagno di Cabras, di Mistras, nelle aree di p$ertinenza del Comune di Cabras, inizia nel Neolitico Medio (V millennio a.C.) e si sviluppa ininterrottamente fino ad età moderna. I segni di questa millenaria occupazione del territorio si colgono per lo più grazie ai resti di cultura materiale presenti in superficie, ma anche attraverso testimonianze monumentali costituite in prevalenza dai nuraghi che ancora oggi si integrano perfettamente nell’ambiente naturale di quest’area. 4.7.1.1.

Periodo nuragico (Età del Bronzo - Età del Ferro: 1800-VIII sec. a.C.) -

Nuraghe Crichidoreddu (monotorre)

-

Nuraghe (complesso) e villaggio di Crichidoris

-

Nuraghe Paegrevas (monotorre)

-

Strutture nuragiche di Santu Larenziu

Tali nuraghi appaiono in stretta relazione con il controllo e lo sfruttamento delle risorse della laguna. Il Nuraghe Crichidoris, per quanto ultimamente danneggiato e in parte distrutto da lavori agricoli, conserva ancora una certa imponenza monumentale. Il Nuraghe Paegrevas, situato attualmente in un’area paludosa ai margini di Mistras, pare di grande significato in relazione alla ricostruzione del paleoambiente ed in particolare dell’antica linea di riva della laguna. In località Santu Larenziu si ha notizia del rinvenimento di mensoloni in basalto ben rifiniti riferibili ad un nuraghe non necessariamente ubicato in situ. Immediatamente all’esterno dell’area del SIC Mistras si collocano i Nuraghi Angios Corruda, Matta Tramontis e Giovanni Nieddu, tutti di tipo complesso e ben conservati. 4.7.1.2.

Età fenicia

L’area, pur essendo prossima all’insediamento di Tharros che, come noto, fu fondato dai Fenici probabilmente alla fine dell’VIII sec. a.C., non ha al momento restituito tracce materiali di età arcaica. 4.7.1.3.

Età punica -

Preisinnis A

-

Preisinnis B

-

Matta Tramatza

-

Murru Zoppu

-

A sud di S. Agostino

-

Sa Perdera

-

A nord-ovest di Nuraghe Crichidoris 129


-

A nord di Nuraghe Crichidoris

-

Tra Nuraghi Crichidoris e Crichidoreddu

-

Paegrevas A

-

Paegrevas B

La presenza punica sul territorio, a parte sporadiche attestazioni risalenti al V sec. a.C. (ad es. nell’insediamento ubicato tra i Nuraghi Crichidoris e Crichidoreddu), si fa assai evidente nel corso dei successivi IV e III. Sono stati identificati, infatti, numerosi piccoli insediamenti, indiziati sul terreno dalla presenza di abbondanti resti ceramici, le cui strutture, se ancora conservate, si trovano completamente interrate. Tale presenza antropica si spiega agevolmente nel senso di uno sfruttamento capillare del territorio per fini agrari in un momento in cui parte della popolazione evidentemente risiedeva in piccoli villaggi ubicati presso i terreni coltivati. L’unica struttura di una certa monumentalità è stata localizzata in loc. Preisinnis (B) dove sono visibili, ai lati di un campo coltivato, dei lacerti di un pavimento in cocciopisto che tuttavia, in mancanza di dati di scavo, può attribuirsi tanto ad età punica quanto romana. Al momento non si sono individuati sicuri contesti funerari, anche se non è improbabile che questi si localizzassero sulle pendici collinari alle spalle delle aree pianeggianti; quanto ai culti, il ritrovamento presso il Nuraghe Angios Corruda di terrecotte (in particolare kernophoroi) riconducibili al culto agrario di Demetra rientra perfettamente in un quadro ben noto per il mondo rurale tardo-punico isolano. Deve segnalarsi inoltre il fatto che recenti indagini condotte in relazione all’area portuale di Tharros hanno suggerito l’ipotesi, attraverso l’interpretazione di immagini di telerilevamento, di un parziale interramento del bacino nel suo settore meridionale; la presenza di bracci murari in loc. Mare Morto, inoltre, sembra corroborare l’ipotesi che Mistras fosse sede di strutture portuali ancora da identificare. 4.7.1.4.

Età romana e tardo-antica -

Preisinnis A (rep. e imp.)

-

Preisinnis B (rep. e imp.)

-

Matta Tramatza (rep. e imp.)

-

Murru Zoppu (da rep. a tardo-ant.)

-

A sud di S. Agostino (rep.)

-

Sa Perdera (rep. e imp.)

-

A nord-ovest di Nuraghe Crichidoris (rep.)

-

A nord di Nuraghe Crichidoris (rep.)

-

Tra Nuraghi Crichidoris e Crichidoreddu (rep. e tardo-ant.)

-

Paegrevas A (rep. e imp.)

-

Paegrevas B (rep. e imp.)

-

Santu Larenziu (tardo-ant.)

Con la conquista romana della Sardegna, avvenuta nel 238 a.C., anche il territorio attorno a Mistras comincia a subire quel fenomeno di lenta romanizzazione che avrà una durata di diversi secoli. In età repubblicana si manifesta, come altrove, una fortissima continuità negli schemi insediamentali, tanto che in tutti i villaggi punici la vita prosegue senza alcuna soluzione di continuità almeno fino al I sec. d.C. In età imperiale una parte dei piccoli insediamenti scompare a favore di centri di maggiori dimensioni. In età 130


tardo-antica sussistono alcuni grandi insediamenti che si pongono in continuità con l’epoca imperiale. Anche per l’età romana e tardo-antica l’esistenza degli insediamenti è indiziata dalla sola presenza in superficie di materiali ceramici e metallici; le uniche eccezioni sono rappresentate dai lacerti pavimentali di Preisinnis B (se romani) e soprattutto da una struttura in conci litici regolari cementati con malta residua in piccola parte in prossimità del Nuraghe Angios Corruda, probabilmente riferibile ad un edificio termale di età imperiale. 4.7.1.5.

Età medievale -

S. Giorgio

Nella località omonima sorgeva una chiesa dedicata a S. Giorgio Megalomartire, nota ancora nei testi Seicenteschi ma andata interamente distrutta in seguito a lavori agricoli recenti. Attorno alla chiesa si sviluppava un vasto insediamento ed un’area cimiteriale; i numerosi i materiali ceramici e in metallo recuperati in superficie, in parte editi, sono datati per lo più tra il VI e il VII sec. d.C. Di grandissimo rilievo è un lotto di 78 sigilli in piombo, rinvenuti in superficie a più riprese: si tratta di 72 esemplari bizantini (VI-VIII sec.), pertinenti sia a personaggi di rango civile e militare che ecclesiastici, 1 o 2 del Giudicato di Arborea (XI sec.) e 4 islamici. I sigilli, provenienti in gran parte da una ristretta area a sud della chiesa, dovrebbero appartenere ad un importante archivio bizantino. 4.7.1.6.

Età moderna -

Peschiera Pontis

-

Ponti sui canali che collegano la Peschiera Pontis allo Stagno

Il complesso della Peschiera Pontis comprende diverse strutture, risalenti in parte al Settecento, fra cui Su Poazziu, Sa cresiedda di Santu Bissenti, S’omu ’eccia, Su magasiu nou, Sa coxia, S’omighedda da affumai, S’omu noa. Su Poazziu, una torre di pianta rettangolare, su due piani con terrazza, aveva la funzione di proteggere l’attività che si svolgeva nell’adiacente peschiera e di custodire gli attrezzi da lavoro; l’edificio è databile al Settecento. La chiesetta di San Vincenzo (Santu Bissenti), costruita in mattoni crudi, risale probabilmente allo stesso secolo. Le altre strutture erano funzionali alla cattura dei pesci, alla custodia dell’attrezzatura, alla vendita del pescato, alla trasformazione della bottarga e all’affumicagione dei muggini oltre che alla conservazione del sale; altre ancora erano riservate alla vita e al riposo dei pescatori. Recentemente alcune di queste sono state sottoposte a restauro conservativo. I primi due ponti costruiti sui due canali che collegano lo Stagno alla Peschiera sono probabilmente di impianto antico ma presentano strutture dovute a rifacimenti e ristrutturazioni successivi. 4.7.1.7.

Tutela e valorizzazione

Prioritaria, per l’età nuragica, è la tutela delle strutture monumentali, per quanto notevolmente degradate, in quanto le uniche a evidenziare visivamente la presenza antropica di età protostorica. Per l’età storica, la natura della maggior parte degli insediamenti, riconoscibili sul terreno per la sola presenza di materiali fittili e metallici, costituisce un ostacolo non indifferente alla loro tutela e valorizzazione. Proprio per tale motivo, in funzione di 131


eventuali futuri interventi di scavo, occorrerà prevedere forme di utilizzo agricolo del territorio che siano compatibili con la conservazione dei depositi archeologici attualmente non connotati da strutture costruite visibili in superficie. Unica eccezione è la struttura termale presso il Nuraghe Angios Corruda che, benché ubicata immediatamente all’esterno dell’area del SIC, risulta di particolare interesse e merita dunque di essere salvaguardata dalle attività agricole intensive che si svolgono nell’area circostante fino a ridosso della stessa. Ancora di rilevantissimo interesse scientifico risulta l’area di S. Giorgio da cui provengono, tra l’altro, i numerosi sigilli in piombo di età alto-medievale, ricondotti ad un archivio bizantino. Proprio per tale motivo risulta prioritario che per la tutela di tale sito sia prevista l’acquisizione dell’intera area archeologica da parte di un ente pubblico o per lo meno il divieto di attività agricole che attualmente ne stanno pregiudicando seriamente la conservazione.

132


4.8.

ASSETTO SOCIO-ECONOMICO

4.8.1. Situazione catastale (proprietà) All’interno del SIC sono presenti numerose proprietà pubbliche, Demaniali e Comunali, per le quali si potranno prevedere forme d’uso compatibili, maggiormente orientate alla salvaguardia degli habitat ed alla loro fruizione. Il compendio degli Stagni di Cabras, è proprietà della Regione per effetto dell’acquisto avvenuto nel 1982 dei beni degli eredi di Efisio Carta. Fanno parte del compendio anche le paludi di Mar’e Pauli ricadenti in parte nel Comune di Cabras ed in parte in quello di Nurachi, lo stagno e la peschiera di “Sa Mardini” con i relativi fabbricati, la Torre di Pischeredda e la casa dei pescatori nel Comune di Nurachi. Di parte della laguna di Mistras è stata recentemente riconosciuta la proprietà ad alcuni privati. 4.8.2. Territorio e popolazione 4.8.2.1.

Il quadro territoriale

Al fine di introdurre e contestualizzare l’analisi demografica e socioeconomica, è utile riprendere brevemente il quadro territoriale illustrato nella sezione dedicata alla descrizione fisica dell’area interessata, riepilogando alcuni dati salienti. Il comune di Cabras, con una superficie territoriale di 102,18 kmq, occupa la sesta posizione a livello provinciale, rappresentando il 3,4% del territorio della nuova provincia di Oristano. Tabella 17 - Superficie del comune di Cabras e raffronto con la provincia. Valori in kmq [Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT] Comune

Kmq

Cabras

102,18

Nuova Provincia OR

3.039,99

% Cabras / Provincia OR

3,4%

Esaminando i dati ANPA sull’utilizzo del suolo a livello di area complessiva, si osserva che il 73% del territorio è destinato all’agricoltura, il 13,5% è occupato da superfici d’acqua, il 10% circa da aree boschive e naturali, mentre soltanto il 2,5% è costituito da superfici artificiali, ovvero dalle aree urbanizzate. Il raffronto con il livello provinciale (considerando la vecchia provincia) evidenzia una maggiore estensione relativa delle superfici d’acqua (stagni, mare) nell’area SIC e, per contro, una minore ampiezza delle aree occupate da foreste e boschi, mentre è analoga la superficie relativa occupata dai terreni agricoli e dalle aree urbanizzate. Nel comune di Cabras, che ospita l’area marina protetta del Sinis, le superfici d’acqua e le aree naturali occupano quasi un terzo del territorio (rispettivamente il 16,5% e 13%) a scapito delle aree agricole

133


Tabella 18 - Utilizzo del suolo in kmq e composizione percentuale. Anno 2000 [Fonte: ns. elaborazioni su dati ANPA] Cabras Kmq Superfici artificiali

Provincia OR (%)

%

3,08

3,0

1,8

Terreni agricoli

68,39

66,9

70,8

Foreste ed aree semi-naturali

13,35

13,1

25,0

0,46

0,5

0,3

16,90

16,5

2,0

102,18

100,0

100,0

Terreni paludosi Superfici d'acqua Totale

Figura 8 - Composizione percentuale della superficie territoriale di Cabras per modalitĂ di utilizzo del suolo

134


Figura 9 - Composizione percentuale della superficie territoriale di Cabras per modalità di utilizzo del suolo e raffronto con i valori provinciali [Fonte: ns. elaborazioni su dati ANPA]

4.8.2.2.

La situazione demografica

La “fotografia” demografica che risulta dall’ultimo Censimento della Popolazione e delle Abitazioni del 2001 mostra una consistenza della popolazione residente (cosiddetta “legale”) di 8.804 abitanti, che costituiscono 2.905 nuclei familiari. Rispetto alla nuova provincia di Oristano, Cabras ospita il 5%, della popolazione residente, delle famiglie e delle abitazioni. Il rapporto tra popolazione e superficie determina una densità demografica di 86,2 ab/kmq, che implica un grado di antropizzazione relativamente più elevato di quello medio provinciale (55,5) e anche di quello regionale (68,0), sebbene in termini assoluti esso sia piuttosto contenuto, come per gran parte dei comuni della Sardegna. Si osserva inoltre una ampiezza media delle famiglie lievemente più elevata (3,03 componenti contro i 2,81 provinciali.). Emerge nel comune di Cabras una maggiore dotazione abitativa, con un indice pari a 137,62: ciò indica che su 100 famiglie esistono 137 abitazioni. Ciò è da ricondurre alla vocazione turistica del territorio, in cui il fenomeno delle “seconde case” o “case-vacanza” è relativamente diffuso. Tabella 19 - Dati e indicatori demografici relativi al Censimento Popolazione e Abitazioni 2001 [Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT]

COMUNI Cabras Nuova Prov. OR

Popolazione residente

Superficie

8.804

102,18

167.971

3.039,99

Famiglie

Ampiezza media famiglie

86,16

2.905

3,03

3.998

137,62

55,25

59.847

2,81

81.311

135,86

Densità

135

Abitazioni censite

Ind. dot. abitativa


% Cabras / provincia

5,2%

3,4%

4,9%

4,9%

Figura 10 - Densità demografica. Raffronto tra comune, provincia e regione. Censimento 2001 [Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT]

La situazione demografica aggiornata al 2005 evidenzia una maggiore consistenza rispetto al censimento del 2001, pari a 12.731 abitanti complessivi nell’intera area SIC, determinando una densità demografica più elevata rispetto a 4 anni fa. Tabella 20 - Dati e indicatori demografici relativi al comune di Cabras. Anno 2005 [Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT] U.M.

4.8.2.3.

Valore

Popolazione

Ab.

8.917

Superficie

Kmq

102,18

Densità

Ab/kmq

86,16

Le dinamiche demografiche

È opportuno, al fine di valutare le tendenze demografiche che interessano l’area considerata, analizzare da un lato le variazioni intercensuarie, che individuano il trend di medio-lungo periodo, dall’altro le dinamiche demografiche annuali, che delineano un quadro più aggiornato. 4.8.2.3.1.

Le variazioni inter-censuarie di medio periodo

Consideriamo in questa sede le variazioni intercorse tra gli ultimi tre Censimenti della Popolazione e delle Abitazioni, in modo da rilevare le tendenze demografiche nel ventennio 1981-2001.

136


Possiamo osservare che vi è stata una dinamica fortemente espansiva tra il 1981 e il 1991, che ha interessato il comune di Cabras in maniera piÚ evidente (+10%) rispetto al livello provinciale e a quello regionale. Tra il 1991 e il 2001 la tendenza espansiva si inverte e il comune di Cabras, analogamente alla media provinciale, subisce una flessione del 2,4%. Tabella 21 - Popolazione residente ai censimenti 1981, 1991, 2001 e variazioni intercensuarie assolute e relative. [Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT] Pop. 1981 Pop. 1991 Pop. 2001 Cabras

Var.

Var.

Var.

Var.

1981-1991

% 1981-1991

1991-2001

% 1991-2001

8.179

8.992

8.772

+813

+9,9

-220

-2,4

155.043

156.970

153.082

+1.927

+1,2

-3.888

-2,5

Sardegna 1.594.175 1.648.248 1.631.880

+54.073

+3,4

-16.368

-1,0

Provincia OR (vecchia)

Figura 11 - Popolazione residente ai censimenti 1981, 1991, 2001 nel comune di Cabras. Valori assoluti [Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT]

137


Figura 12 - Popolazione residente ai censimenti 1981, 1991, 2001 nel comune di Cabras, nella provincia di Oristano e in Sardegna. Numeri indice (1981=100) [Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT]

4.8.2.3.2.

Le dinamiche demografiche annuali

I dati sul movimento demografico rilevati annualmente dall’Istat a livello comunale ci forniscono un quadro più aggiornato delle dinamiche che hanno interessato il territorio. Consideriamo in questa sede i dati riferiti agli ultimi 15 anni, ovvero dal 1991 al 2005. Dall’analisi del movimento demografico annuo esteso fino al 2005 si osserva che il trend è stato alquanto discontinuo nel periodo considerato. Dal 1991 al 1993 la dinamica demografica è stata positiva, a cui ha fatto seguito un’inversione di tendenza negli anni successivi: dal 1993 al 2000 il declino è stato costante ma moderato, mentre dal 2000 al 2002 si registra un decremento consistente. A partire dal 2002 si osserva una nuova ripresa demografica che colma il decremento degli anni precedenti, il quale si intensifica nell’anno 2004 e prosegue, sebbene in maniera meno evidente, tra il 2004 e il 2005. E’ da considerare che, poiché il movimento naturale della popolazione (saldo natimorti) oscilla intorno allo zero, le tendenze demografiche rilevate devono essere imputate quasi esclusivamente al movimento migratorio, ovvero al saldo tra iscritti e cancellati. Ciò che è avvenuto quindi negli anni 2000 e 2001 è dovuto all’incremento dei flussi migratori in uscita a scapito di quelli in entrata, fenomeno che si è invertito negli anni successivi. Tale fenomeno meriterebbe di essere investigato ulteriormente: si tratta di capire, in particolare, se esso debba essere considerato come un fenomeno transitorio o duraturo. In questo caso, sarebbe utile comprendere se esso possa essere ricondotto all’esistenza e alla percezione di potenzialità concrete di sviluppo che interessano il territorio di Cabras, legate alla crescita di alcuni settori economici, in particolare del turismo. 138


Un'altra interpretazione plausibile che potrebbe spiegare in parte il fenomeno migratorio è quella di un’eventuale “immigrazione di ritorno”, determinata dal rientro nel territorio di ex-emigrati che si trasferiscono nuovamente nel territorio di Cabras. Tra le potenzialità di ripresa demografica che interessano il territorio di Cabras è necessario considerare anche il fenomeno del decentramento abitativo, che interessa ormai gran parte del territorio nazionale. Tale tendenza, legata soprattutto all’incremento dei prezzi degli immobili nei comuni di grandi dimensioni, consiste nello spostamento di una quota crescente della popolazione (in particolare giovani famiglie) verso i comuni limitrofi, che sono generalmente caratterizzati da fenomeni di espansione edilizia e da prezzi medi degli immobili più contenuti. Nell’area di Oristano questa tendenza ancora non si è manifestata in maniera evidente: tuttavia si registra negli ultimi anni un incremento significativo dei prezzi degli immobili nel capoluogo che potrebbe verosimilmente avere effetti sulle dinamiche migratorie, inducendo una quota della popolazione a spostarsi verso i comuni limitrofi. Tra questi, Cabras è sicuramente una delle mete privilegiate insieme a Santa Giusta, data la sua posizione costiera favorevole e la presenza di risorse naturali e turistiche di pregio.

Figura 13 - Popolazione residente nel comune di Cabras dal 1991 al 2005. Valori assoluti. [Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT]

4.8.2.4.

La struttura della popolazione

Oltre al movimento anagrafico è significativo analizzare la struttura della popolazione attraverso i principali indici demografici, con particolare attenzione per i tassi di struttura della popolazione (ovvero la composizione percentuale per grandi classi di età) e per gli indici di vecchiaia, dipendenza e ricambio. Tra gli aspetti più importanti della struttura demografica vi è l’indice di vecchiaia, calcolato quale rapporto tra il numero degli anziani (65 anni e oltre) ed il numero dei giovanissimi (0-14 anni). Espresso in percentuale esso indica quanti anziani vi sono per 100 giovani e permette quindi d’individuare la tendenza demografica della popolazione. L’indice di dipendenza strutturale permette di calcolare quale sia il peso relativo degli individui che per ragioni demografiche non sono autonomi, ovvero i giovanissimi (0-14 anni) e gli anziani (65 oltre) sulla popolazione attiva (15 - 64 anni). 139


Infine, l’indice di ricambio (che è un indicatore meno utilizzato) indica il rapporto tra la classe di età 60-65 anni rispetto a quella tra i 15 e i 19 anni. L’esame comparato degli indicatori riferiti al comune di Cabras e ai livelli territoriali sovraordinati (nuova provincia, regione) evidenzia che Cabras, con un indice di vecchiaia pari al 136,6%, si trova in una fase piuttosto avanzata del processo di transizione demografica, con un grado di invecchiamento e di dipendenza strutturale inferiori e alla nuova provincia, ma superiori alla media regionale.

Figura 14 - Indici di struttura. Confronti territoriali. Anno 2005

Tabella 22 - Indici di struttura. Dati comunali; valori provinciali. Anno 2005 Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT

Cabras

Prov. OR

Sardegna

Popolazione 0-14

12,0

12,8

13,3

Popolazione 15-64

71,5

67,8

70

Popolazione >64

16,4

19,5

16,7

136,3

152,4

125,3

39,8

47,6

42,9

140,2

131,9

126,6

Indice di vecchiaia Indice dipendenza

di

Indice di ricambio

4.8.3. Livello di scolarizzazione La condizione di Cabras sul piano del livello di istruzione della popolazione appare decisamente critica. Come si evince dall’analisi degli indicatori disaggregati per titolo di studio e calcolati sulla base dei dati dell’ultimo censimento (2001), il livello di istruzione medio 140


della popolazione è nettamente inferiore sia a quello medio provinciale che a quello regionale. Il tasso di laureati (generico) rappresenta appena il 2,4% sulla popolazione, a fronte del 4,6% provinciale, del 6,2% regionale e del 7,2% nazionale: anche i tassi relativi al conseguimento del diploma e della licenza media appaiono sensibilmente più contenuti. Il tasso di diplomati è infatti pari al 18,4% contro il 24% provinciale e il 28,7% regionale. La situazione dei singoli comune non appare particolarmente disomogenea, con una distanza massima di due punti percentuali nel tasso di diplomati. Tabella 23 - Dati relativi al livello di istruzione della popolazione di età superiore ai 6 anni. Censimento 2001 [Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT] Grado di istruzione Alfabeti privi di titoli di studio

COMUNI

Cabras OR nuova Prov.

Diplo ma di scuol a seco ndari a supe riore

Laurea

Licenza di scuola media inferior e o di avviam ento profess ionale

204

1.350

3.042

7.309

31.160

55.243

Licen za di scuol a elem entar e

2.588

Tot ale

1.064

43.146 19.916

141

Di cui: in età da 65 anni in poi

452

Analfabeti

To tal e

Total e

Di cui: in età da 65 anni in poi

183

117

8.431

9.901 3.309

2.442

160.083


Figura 15 - Indicatori relativi al livello di istruzione della popolazione di età superiore ai 6 anni. Confronti territoriali. Censimento 2001 [Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT]

4.8.4. Il mercato del lavoro Anche sul fronte del mercato del lavoro è necessario fare riferimento ai dati censuari 2001, che rappresentano la fonte statistica più recente a livello comunale. I dati relativi alla rilevazione trimestrale delle forze di lavoro sono infatti raccolti su base provinciale e non disaggregabili per comune. La situazione occupazionale dell’area appariva, al 2001, lievemente più favorevole di quella provinciale, e della media regionale, sebbene anch’essa piuttosto critica. Il tasso di disoccupazione generale rilevato al 2001 è pari al 18,8% (contro il 20,7% della nuova provincia). Il divario di genere nei livelli di occupazione appare tuttavia relativamente più marcato rispetto ai livelli sovraordinati, sia considerando il tasso di disoccupazione femminile, che è più elevato della media provinciale (28,1% rispetto al 27,6%) che il gap esistente tra tassi di disoccupazione femminile e maschile, ma anche tra gli altri indicatori (tasso di attività e di occupazione). Tabella 24 - Indicatori relativi al mercato del lavoro. Censimento 2001 [Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT]

Maschi e Femmine Tasso attivit à

Tasso occup.

Tasso disoccup.

Maschi Tasso attività

Femmine

Tasso

Tasso

occup.

disocc.

Tasso attività

Tasso

Tasso

occup.

disoccup.

Cabras

45,9

81,0

19,0

60,1

85,3

14,7

31,5

72,7

27,3

Nuova Provi. OR

44,3

79,3

20,7

57,0

83,4

16,6

32,2

72,4

27,6

142


Tabella 25 - Popolazione per condizione professionale e genere nel comune di Cabras. Censimento 2001 [Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT]

Condizione Forze di lavoro COMUNI Occup ati

Maschi Femmine Totale

In cerca di occup azion e

Total e

Non forze di lavoro

Stude nti

Ritira ti

Casaling he

dal lavor o

In altr a con dizi one

Total e

Totale

1.971

339

2.310

319

8

727

477

1.531

3.841

874

329

1.203

381

1.406

390

439

2.616

3.819

2.845

668

3.513

700

1.414

1.117

916

4.147

7.660

Figura 16 - Tassi di disoccupazione per genere. Confronti territoriali. Censimento 2001 [Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT]

143


4.8.5. La struttura economica

4.8.5.1.

Il sistema delle imprese

Gli ultimi dati disponibili sulle imprese a livello comunale sono quelli rilevati dal sistema camerale (Registro delle Imprese) relativamente all’anno 2004. Nel 2004 sono presenti nell’area considerata 760 imprese attive. Nel sistema delle imprese emerge un peso preponderante del settore primario (43%), superiore sia rispetto al dato provinciale (39%) che a quello regionale (27%), a scapito soprattutto del terziario (37% contro il 41% provinciale e il 47% regionale), mentre le imprese attive nel settore industriale rappresentano una quota del 21% (analoga alla media provinciale) rispetto al totale.

Figura 17 - Composizione percentuale delle imprese per settore di attività. Anno 2004 [Fonte: ns. elaborazioni su dati Infocamere]

Per quanto riguarda la struttura delle imprese per sezioni di attività, il comparto agricolo rappresenta il 36% delle imprese totali, mentre le imprese attive nel ramo della pesca rappresentano il 3,6%. Nel settore industriale il comparto energetico e quello estrattivo non contano imprese nell’area, per cui i due comparti rappresentati sono le attività manifatturiere e l’edilizia. L’industria manifatturiera rappresenta il 7,5% del totale delle imprese, mentre quello delle costruzioni costituisce il 12%. In entrambi i comparti si ricorda, sono incluse anche le attività artigiane. Per quanto riguarda il settore terziario, si rileva un peso relativo del commercio analogo a quello provinciale (45% circa). La quota residua di imprese è rappresentata dagli altri comparti: quello turistico (attività alberghiere e della ristorazione) costituisce il 7% circa, quota più elevata della media provinciale, che denota la vocazione turistica 144


del comune rispetto agli altri due comuni. Gli altri comparti del settore servizi rappresentano una quota residuale e proporzionalmente inferiori rispetto al dato provinciale. Imprese attive per sezione di attività nel comune di Cabras e confronti territoriali. Tabella 26 - Valori assoluti e composizione percentuale. Anno 2004 [Fonte: ns. elaborazioni su dati Infocamere] Cabras Valori assoluti Cabras A

Agricoltura, caccia e silvicoltura

B

Pesca e piscicoltura

C

Ind. Estrattiva

D

Ind. Manifatturiera

DA

Alimentare e bevande

DB

Valori % N. Prov. OR

Sardegna

Italia

271

35,8

38,7

27,0

19,1

27

3,6

0,4

0,4

0,2

0

-

0,1

0,2

0,1

57

7,5

8,6

10,2

12,8

22

2,9

2,5

2,6

1,9

Tessile

1

0,1

0,6

0,6

1,6

DC

Cuoio e pelle

1

0,1

0,0

0,1

0,5

DD

Legno

1

0,1

1,4

1,5

1,0

DE

Carta ed editoria

1

0,1

0,3

0,5

0,7

Petrolchimica

0

-

0,1

0,1

0,2

DH

Plastica

1

0,1

0,1

0,1

0,3

DI

Lapidea

7

0,9

0,8

0,9

0,6

DJ

Metallurgica

8

1,1

1,2

1,5

2,3

DK

Meccanica

3

0,4

0,3

0,4

1,0

DL

Elettronica

2

0,3

0,5

0,8

1,2

DM

Mezzi di trasporto

2

0,3

0,1

0,2

0,1

DN

Mobili e riciclaggio

0

-

0,6

0,9

1,4

DF-DG

E

Energia e acqua

0

-

0,0

0,0

0,1

F

Costruzioni

89

11,8

11,1

13,0

13,8

G

Commercio

186

24,6

24,8

28,3

28,1

H

Alberghi e ristoranti

51

6,7

4,7

5,2

4,9

I

Trasporti, logistica e comun.

17

2,2

3,0

3,8

3,8

J

Intermediazione mon. e fin.

5

0,7

0,9

1,2

1,9

K

Servizi per le imprese

27

3,6

3,9

6,2

9,9

M

Istruzione

3

0,4

0,0

0,0

0,0

23

3,0

3,8

4,5

5,1

756

100,0

100,0

100,0

100,0

N, O, P Sanita, servizi sociali e personali TOT

TOTALE CLASSIFICATE Non classificate Totale complessivo

4 760

E’ interessante esaminare la specializzazione produttiva del comune attraverso l’analisi degli Indici di Specializzazione Produttiva (ISP). Per specializzazione produttiva si intende il grado di concentrazione di un determinato settore, comparto, divisione o gruppo di attività nell’area geografica 145


oggetto di indagine rispetto ad un livello territoriale superiore che può essere la provincia, la regione o l’intero paese. La specializzazione viene misurata da indicatori specifici che sono gli ISP (Indici di Specializzazione Produttiva), che possono essere costruiti alternativamente su tre variabili: le imprese o le unità locali, gli addetti o il valore aggiunto. L’ISP Imprese esprime il rapporto tra: (a) il rapporto tra le imprese (attive) in un determinato comparto produttivo nell’area geografica considerata e le imprese totali della stessa area e (b) lo stesso rapporto relativo ad un’area geografica di riferimento (es. provincia, regione, ripartizione geografica, Paese). Se l’indice viene espresso su base 1, l’area è relativamente specializzata in un determinato comparto di attività rispetto all’aggregazione territoriale di riferimento se l’ISP è superiore ad 1. Il comparto di attività (sezioni e sottosezioni) in cui Cabras mostra la maggior specializzazione relativa rispetto alla regione (ISP Imprese) è ovviamente la pesca, con un indice che tocca quasi i 9 punti, seguono, con ISP significativi ma decisamente contenuti l’agricoltura, alcuni rami del manifatturiero come l’industria del cuoio e della pelle, l’industria della plastica, il comparto lapideo e l’industria di trasformazione alimentare. Vi è una specializzazione relativa anche rispetto alle attività ricettive e della ristorazione. Tabella 27 - Sezioni e sottosezioni di attività in cui il comune di Cabras presenta ISP imprese significativi (>1) rispetto alla regione. Anno 2004 [Fonte: ns. elaborazioni su dati Infocamere] Sezione o sottosezione di attività

ISP

B

Pesca e piscicoltura

8,93

A

Agricoltura, caccia e silvicoltura

1,33

DC

Ind. Cuoio e pelle

1,32

DH

Ind. Plastica

1,32

H

Alberghi e ristoranti

1,30

DA

Ind. Alimentare e bevande

1,12

DI

Ind. Lapidea

1,03

146


Tabella 28 - ISP significativi relativi all’area e relative sezioni di attività. Anno 2004 [Fonte: ns. elaborazioni su dati Infocamere]

4.8.5.2.

La dinamica delle imprese

Per quanto riguarda la dinamica delle imprese, in questo caso si considera il dato sulle imprese registrate invece di quelle attive (finora considerate), in quanto le prime rappresentano più efficacemente la dinamica demografica (iscrizioni-cancellazioni) delle imprese. Si osserva che dal 1998 la dinamica è stata costantemente positiva, come evidenziato dalla tabella seguente. Tale dinamica viene misurata attraverso il tasso di crescita delle imprese, dato dal valore delle imprese create al netto di quelle cessate con riferimento all’anno “n” e rapportate in percentuale con il numero di imprese registrate relative all’anno “n-1”. Il tasso di crescita delle imprese relativo al territorio di Cabras è stato costantemente positivo nell’arco temporale considerato, sebbene con una intensità variabile.

147


Figura 18 - Sedi di impresa registrate nel comune di Cabras dal 1998 al 2004 [Fonte: ns. elaborazioni su dati Infocamere]

E’ opportuno a questo proposito raffrontare la dinamica delle imprese di Cabras con quella dei livelli territoriali sovra-ordinati (provincia, regione, paese). Si osserva che tra il 1998 e il 2002 la dinamica di Cabras ha seguito sostanzialmente quella della regione, con tassi di crescita oscillanti tra l’1,9% e il 2,7% ed un andamento decisamente più favorevole rispetto a quello medio provinciale. Tra il 2002 e il 2004 vi è stato tuttavia un rallentamento nella dinamica delle imprese rispetto ai livelli sovra-ordinati, con tassi di crescita che si sono ridimensionati su valori intorno all’1%.

Tabella 29 - Tassi di crescita % delle imprese 1998-2004. Confronti territoriali. [Fonte: ns. elaborazioni su dati Infocamere]

Anni

Cabras

Nuova Prov. OR

Sardegna

Italia

1998-1999

2,4

0,0

2,7

1,6

1999-2000

2,6

0,7

2,7

1,8

2000-2001

1,9

0,4

2,1

1,9

2001-2002

2,7

1,8

3,1

1,4

2002-2003

1,0

2,4

3,1

2,0

2003-2004

0,8

1,3

2,8

2,2

148


Figura 19 - Tassi di crescita % delle imprese 1998-2004. Confronti territoriali. [Fonte: ns. elaborazioni su dati Infocamere]

4.8.5.3.

La struttura dell’occupazione per settori e comparti di attività

Sarebbe utile considerare il peso dell’occupazione dei diversi comparti con riferimento alle stesse imprese rilevate dalla CCIAA. Purtroppo però, a partire dal 1999 le Camere di Commercio non rilevano più i dati relativi agli addetti, in quanto considerati inattendibili, per cui non siamo in grado di associare al dato delle imprese quello sulla relativa occupazione. Le uniche due categorie di dati relative alla composizione degli occupati per settore e sezione di attività sono quelle che rileviamo dai Censimenti della Popolazione e Abitazioni (2001) e del Censimento Industria e Servizi (2001), riferiti ad un periodo differente e, in ogni caso, non incrociabili con quelli relativi al numero di imprese di fonte camerale, in quanto rilevati con una metodologia differente. La composizione dell’occupazione per attività produttive, rilevata attraverso il Censimento della Popolazione 2001, evidenzia, che il settore primario occupa una quota particolarmente consistente di lavoratori nell’area considerata, superiore alla media provinciale, confermando una supremazia del settore già emersa a proposito della struttura delle imprese. Il 23% degli occupati è infatti assorbito dal settore agricolo (che comprende l’agricoltura, la silvicoltura, la caccia, la pesca e i servizi connessi), a fronte di un 14% provinciale. La quota di occupati del settore industria (che include anche le attività artigiane) è analogo al dato provinciale (20,2%), mentre il settore terziario assorbe una quota relativamente inferiore di occupati: il 56% contro il 64% provinciale.

149


Figura 20 - Occupati per settore di attività nel Comune di Cabras e nella provincia di Oristano [Composizione percentuale. Censimento 2001]

Tabella 30 - Occupati per settore di attività nel comune di Cabras. Valori assoluti e percentuali. Censimento 2001 [Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT] COMUNI

Attività economica Agricoltura

Industria

Altre attività

Totale

Valori ass.

667

574

1.604

2.845

Composizione %

23,4

20,2

56,4

100,0

Un’analisi più dettagliata per comparti di attività mostra che la maggior quota di occupati nel primario è da imputare alla pesca in cui lavora ben l’11,2% degli occupati. Il comparto agricolo assume dimensioni analoghe alla media provinciale. Per quanto riguarda il settore industriale, i comparti che assorbono più manodopera sono l’industria manifatturiera e l’edilizia, con quote complessive di occupati vicini al dato provinciale (intorno al 10% per entrambe) sebbene con lievi differenze tre comuni. Nel terziario, spicca una maggior vocazione dell’area nelle attività turistiche (ricettività e ristorazione) mentre negli altri comparti la quota di occupati si mantiene a livelli analoghi o inferiori alla media provinciale. Il comparto che occupa la quota relativamente più elevata di lavoratori è il commercio (16,3%, dato leggermente superiore alla media provinciale).

150


Tabella 31 - Occupati per sezione di attività. Valori assoluti e percentuali. Censimento 2001 [Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT] Sezioni di attività economica

COMUNI

Agrico ltura, caccia e silvico ltura

Pesca e piscic oltura

Atti vità

Estra zione di mine rali

man ifatt .

Ene rgia elet tric a, gas e acq ua

Costr uzioni

Com merci oe ripara zioni

Alb erg hi e rist ora nti

Tras porti ,e com unic .

Inter m. mon etari ae finan ziaria

Ser vizi all e im pre se

P.A ., dif esa , ass .so c.

Istru zion e

S a ni tà e s er vi zi s o ci al i

Altri serv izi pub blici , soci ali e pers onal i

Serv izi dom estic i

Orga nizz.

Tot ale

extra territ.

Val. ass.

349

318

9

293

19

253

465

189

79

31

84

262

163

141

101

89

0

2.845

Comp. %

12,3

11,2

0,3

10,3

0,7

8,9

16,3

6,6

2,8

1,1

3,0

9,2

5,7

5,0

3,6

3,1

0,0

100,0

Prov. OR

12,7

1,4

0,4

10,4

0,8

9,9

15,5

5,1

4,2

1,8

4,0

12,9

8,6

6,7

3,7

1,9

0,0 100,0

15 1


Figura 21 - Occupati per sezione di attivitĂ . Composizione percentuale: confronto con la provincia. Censimento 2001 [Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT]

15 2


Per quanto riguarda la seconda fonte, ovvero il Censimento Industria e Servizi, come noto questo non rappresenta in maniera esaustiva l’universo delle imprese, in quanto non rileva le imprese del settore primario in senso stretto, ma solo quelle che svolgono anche attività di trasformazione. Al Censimento Industria e Servizi del 2001 sono stati censiti 1.765 addetti relativi a 535 unità locali. Si noti che nel comparto della pesca il numero di addetti rilevato è di ben 469 addetti per 19 UL, determinando un numero medio di circa 25 addetti per impresa contro i 3 medi complessivi. Il comparto della pesca è perciò quello che ha il maggior peso relativo in termini di occupazione, pari al 27% del totale degli addetti. Tabella 32 - Unità locali e addetti censiti nel comune di Cabras per sezione di attività. Addetti / U.L e composizione percentuale. Censimento Industria e Servizi 2001 [Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT] Sezioni di attività A. Agricoltura, caccia e silvicoltura

Addetti

U.L.

Add/UL

% add.

% U.L.

4

2

2,0

0,2

0,4

469

19

24,7

26,6

3,6

0

0

0,0

0,0

0,0

151

56

2,7

8,6

10,5

0

0

0,0

0,0

0,0

F. Costruzioni

141

76

1,9

8,0

14,2

G. Commercio ingrosso e dettaglio; riparazioni

338

159

2,1

19,2

29,7

H. Alberghi e ristoranti

124

53

2,3

7,0

9,9

I. Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni

54

14

3,9

3,1

2,6

J. Intermediazione monetaria e finanziaria

19

11

1,7

1,1

2,1

123

46

2,7

7,0

8,6

69

2

34,5

3,9

0,4

117

8

14,6

6,6

1,5

N. Sanità e altri servizi sociali

92

26

3,5

5,2

4,9

O. Altri servizi pubblici, sociali e personali

64

63

1,0

3,6

11,8

1.765

535

3,3

100,0

100,0

B. Pesca, piscicoltura e servizi connessi C. Estrazione di minerali D. Attività manifatturiere E. Prod. e distr. di en. elettrica, gas e acqua

K. Servizi alle imprese L. P.A. e difesa; assicurazione sociale obbl. M. Istruzione

TOTALE

4.8.6. L’agricoltura Un focus particolare è dedicato al comparto agricolo. Oltre ai dati già illustrati sulle imprese e sull’occupazione, la più importante fonte di riferimento per l’agricoltura è il Censimento Agricoltura dell’ISTAT, l’ultimo dei quali risale al 2000 ed è quindi già piuttosto datato. Il Censimento rileva le aziende agricole, le loro caratteristiche strutturali, le produzioni agricole e zootecniche. Al 2000 risultavano essere presenti 599 aziende nell’intero territorio (su circa 18.000 della vecchia provincia). La superficie media totale e utilizzata delle aziende è più ampia di quella provinciale: circa 10 ha di SAU per azienda.

15 3158


Quasi la metà delle aziende (45%) è di dimensioni molto piccole, avendo una SAU inferiore a un ettaro, dato leggermente inferiore alla media provinciale. Poco più di un quarto (26%) delle aziende ha una superficie compresa tra 1 e 10 ettari, mentre circa il 20% delle aziende ha una superficie superiore ai 10 ettari. Tabella 33 - Aziende agricole e relativa superficie. Censimento Agricoltura 2000 [Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT]

COMUNI

Cabras Vecchia prov. OR

Aziende

Superficie totale (ha)

Superficie agricola utilizzata (SAU)

Superficie totale media per azienda (ha)

SAU media per azienda (ha)

599

6.642,67

5.918,71

11,09

9,88

17.959

196.044,24

137.880,13

10,92

7,68

Tabella 34 - Aziende per classe di superficie agricola utilizzata (SAU). Censimento Agricoltura 2000 [Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT]

CLASSI DI SUPERFICIE AGRICOLA UTILIZZATA (in ettari)

COMUNI Cabras val. ass.

Se nza sup erfi cie

<1

12

25

510

10 20

20 50

50 10 0

Totale

10 0e +

2

267

66

56

42

50

94

19

3

599

Cabras val %

0,3

44,6

11,0

9,3

7,0

8,3

15,7

3,2

0,5

100,0

Prov. OR val %

1,5

46,9

12,3

12,1

7,6

8,2

8,5

2,3

0,6

100,0

15 4158


Figura 22 - Aziende per classe di superficie agricola utilizzata (SAU). Composizione percentuale: raffronto con la provincia Censimento Agricoltura 2000 [Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT]

Relativamente alla forma di conduzione, oltre il 98% delle aziende è a conduzione diretta: tale dato non si discosta da quello provinciale. Risultano essere impiegati nelle aziende 2.166 persone, di cui circa la metà sono familiari e parenti del conduttore, con un numero medio di addetti pari a 3,6 per azienda. Tabella 35 - Aziende per forma di conduzione. Censimento Agricoltura 2000. [Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT] Conduzione diretta

Altre forme

Cabras

595

4

599

%

98,5

1,5

100,0

17.662

297

17.959

98,3

1,7

100,0

COMUNI

Vecchia prov. OR %

Totale

Tabella 36 - Manodopera impiegata nelle aziende agricole censite. Censimento Agricoltura 2000 [Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT] FAMILIARI E PARENTI DEL CONDUTTORE

Condu ttore

Coniu ge

Altri famili ari

Pare nti

Total e

ALTRA MANODOPERA DIRIGENT IE IMPIEGAT I

OPERAI ED ASSIMILAT I

COMUNI Cabras Vecchia prov. OR

Totale generale

595

370

556

153

1.079

3

25

23

441

2.166

17.824

11.395

21.388

1.758

34.541

186

596

563

4.938

58.648

15 5158


Tabella 37 - Rapporto aziende/addetti. Censimento Agricoltura 2000 [Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT] COMUNI

Aziende

Cabras Vecchia prov. OR

Addetti

Addetti/Azienda

599

2.166

3,6

17.959

58.648

3,3

Riguardo al titolo di possesso dei terreni, la maggioranza di questi è di proprietà del conduttore (76%), sebbene in misura proporzionalmente inferiore alla provincia, una quota pari al 21% circa è parte in proprietà e parte in affitto, mentre la quota residua di terreni esclusivamente in affitto o concessa in altre forme è marginale. Tabella 38 - Superficie per titolo di possesso dei terreni. Dati assoluti (ha) e percentuali. Censimento Agricoltura 2000 [Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT] TITOLO DI POSSESSO DEI TERRENI

Uso Proprietà

Cabras % Vecchia prov. OR %

Affitto

gratuit o

Parte in proprie tà e parte in affitto

Parte in propri età e parte in uso gratui to

Parte in affitto e parte in uso gratui to

Parte in propriet à, parte in affitto e parte in uso gratuito Totale

455

14

3

123

1

1

597

76,2

2,3

0,5

20,6

0,2

0,2

100,0

14.606

391

313

2.061

393

56

127

17.947

81,4

2,2

1,7

11,5

2,2

0,3

0,7

100,0

Circa le modalità di utilizzo dei terreni (colture e produzioni), la SAU viene utilizzata in larghissima misura (82% circa) per la coltura di seminativi, in misura molto più rilevante rispetto alla media provinciale, in cui tali produzioni occupano circa la metà dei terreni. Il 18% (9% e 9%) è destinato a coltivazioni legnose e a prati e pascoli: spicca in particolare un’anomalia, poiché i prati e pascoli occupano una quota marginale rispetto alla media provinciale (43%). Relativamente alle specifiche colture, circa il 63% della superficie è adibita a colture di cereali (in particolare frumento), contro il 34% a livello provinciale. Il 18% circa è utilizzato per coltivazioni ortive e appena il 7% (contro il 46% a livello provinciale) a coltivazioni foraggere avvicendate. Una quota residuale di terreno è utilizzato per la coltura dell’olivo (9%), della vite (3%) e di fruttiferi.

15 6158


Tabella 39 - Superficie aziendale secondo l'utilizzazione dei terreni. Dati assoluti (ha) e percentuali. Censimento Agricoltura 2000 [Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT] SUPERFICIE AGRICOLA UTILIZZATA

COMUNI

Seminativi

Cabras

Prati permanenti e pascoli

Arboricolt ura

Totale

Boschi

Destin ata ad attivitĂ ricreati ve

Totale

da legno

4.857,00

524,27

537,44

5.918,71

72,67

217,89

294,34

5,44

82,1

8,9

9,1

100,0

24,7

74,0

100,0

0,1

68.048,86

10.650,77

59.180,50

137.880,13

4.268,93

38.982,90

43.251,83

105,23

49,4

7,7

42,9

100,0

9,9

90,1

100,0

2,7

% V. prov. OR

Coltivazioni legnose agrarie

SUPERFICIE AGRARIA NON UTILIZZATA

%

Altra superficie

Totale

139,06

6.642,67

11.004,30

196.044,24

Tabella 40 - Dati sulle coltivazioni. Valori assoluti. Censimento Agricoltura 2000 Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT CEREALI

COMUNI Az. Cabras V. prov. OR

208

Sup. 2.797,89

di cui

COLTIVAZIONI

FRUMENTO

ORTIVE

Az. 176

Sup. 1.978,78

Az. 174

Sup.

COLTIVAZIONI FORAGGERE AVVICENDATE Az.

Sup.

820,06

30

3.216 23.478,20 2.398 14.888,66 2.009 3.024,53

2.951

322,82

Az. 229

OLIVO

Sup. 129,3

Az. 456

Sup. 380,37

AGRUMI Az. 22

Sup. 5,56

FRUTTIFERI Az. 23

Sup. 9,04

31.116,48 8.118 3.450,42 9.620 5.722,68 1.582 797,34 2.032 615,67

15 7159

VITE


Figura 23 - Composizione % della SAU per tipologie di coltivazioni. Censimento Agricoltura 2000 [Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT]

Per quanto riguarda il patrimonio zootecnico, questo è piuttosto scarso, pari a 9.140 capi (solo l’1,4% della provincia), di cui il 97% circa è rappresentato da ovini. Questa quota appare ben al di sopra della media provinciale, in cui gli ovini costituiscono il 64% ed è piuttosto contraddittoria rispetto al basso utilizzo di terreni a prati e pascoli. Decisamente sottorappresentate rispetto al dato provinciale appaiono le altre specie (bovini, suini, caprini, equini ed avicoli). Tabella 41 - Patrimonio zootecnico: capi di allevamento censiti. Censimento Agricoltura 2000 [Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT] BOVINI Cabras % TOTALE vecchia prov. OR % Vecchia provincia OR

SUINI

OVINI

CAPRINI

EQUINI

AVICOLI

TOTALE

6

52

8.889

170

23

-

9.140

0,1

0,6

97,3

1,9

0,3

-

100,0

17.733 425.021

9.510

2.481

151.540

663.800

1,4

0,4

22,8

100,0

57.515 8,7

2,7

64,0

Figura 24 - Composizione percentuale del patrimonio zootecnico per specie animali. Censimento Agricoltura 2000 [Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT]

158


Relativamente alle aziende e alle produzioni biologiche, il comune di Cabras appare ancora poco “incline” al biologico, rispetto alla provincia nel suo complesso: al 2000 erano presenti appena 4 aziende, pari all’1% circa del totale delle aziende (contro il 5% della provincia) mentre la SAU utilizzata per colture biologiche era pari al 5% circa (contro il 16% provinciale). Tabella 42 - Aziende e superfici biologiche. Valori assoluti e percentuali. Censimento Agricoltura 2000 Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT Aziende biologiche Superficie Totale in ettari

N. Aziende Cabras Vecchia prov. OR

% Biologiche / Totali SAU in ettari

N. Aziende

Superficie Totale in ettari

SAU in ettari

4

338,52

335,44

0,7

5,1

5,7

881

29.336,56

22.723,95

4,9

15,0

16,5

La SAU biologica viene utilizzata per quasi due terzi della sua estensione (63%) a prati permanenti e pascoli, per poco più di un quarto alla coltivazione di seminativi (26%), per l’11% a coltivazioni legnose. Le produzioni biologiche principali sono l’olivo (sia per la produzione di olio che di olive ), il frumento, l’orzo. Tabella 43 - Colture biologiche e relative superfici utilizzate. Censimento Agricoltura 2000 [Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT] Cabras Aziende

Superficie

Seminativi

1

86,00

Coltivazioni legnose agrarie

4

36,44

Arboricoltura da legno

-

-

Prati permanenti e pascoli

2

213,00

Totale

335,44

159


Figura 25 - Composizione percentuale delle superfici biologiche per tipologie di coltivazioni. Censimento Agricoltura 2000 [Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT]

Tabella 44 - Principali produzioni biologiche. Aziende e superfici utilizzate. Censimento Agricoltura 2000 [Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT] Cabras Aziende

Superficie

Olivo

4

34,51

Frumento duro

1

21,5

Orzo

1

3,5

4.8.7. Il turismo Un’attenzione particolare deve essere dedicata, nell’analisi socio-economica di Cabras, al comparto del turismo, nel quale si rileva una vocazione specifica e che rappresenta una delle attività che ha forti potenzialità di sviluppo. Sul fronte dell’offerta turistica, nel territorio di Cabras sono presenti 5 strutture ricettive (alberghiere e complementari) con una dotazione complessiva di 764 posti letto, che rappresentano all’incirca il 10% delle strutture e dei posti letto della provincia. La ricettività qualificata (con riferimento agli esercizi alberghieri) appare nettamente sottodimensionata, se si considerano le potenzialità turistiche del territorio. Al 2005 risultavano attivi soltanto 4 alberghi con una dotazione di circa 100 posti i quali coprono appena il 4% dei posti letto della provincia. Tabella 45 - Esercizi turistici nel comune di Cabras e nella nuova provincia di Oristano. Anno 2005 [Fonte: ns. elaborazioni su dati EPT-ISTAT] Esercizi

Esercizi ricettivi

alberghieri

complementari

N. Cabras Provincia Oristano

Letti

N.

Totale esercizi

Letti

N.

Letti

4

104

1

660

5

764

40

2.526

17

4.818

57

7.344

160


Tabella 46 - Consistenza e capacità dei Bed & Breakfast nel comune di Cabras e nella vecchia provincia di Oristano. Anno 2005 [Fonte: ns. elaborazioni su dati ISTAT] B&B Cabras Provincia Oristano

Letti

55

296

180

933

Tabella 47 - Strutture agrituristiche nei nel comune di Cabras e nella vecchia provincia di Oristano per comune. Anno 2004 [Fonte: ns. elaborazioni su dati R.A.S.]

Numero Letti

Piazzuole

Posti letto

% strutture

% posti letto

Cabras

13

86

42

125

14,9

24,8

Provincia Oristano

87

663

61

187

100,0

100,0

Un fenomeno interessante e significativo riguarda l’espansione della ricettività non alberghiera. Alle 60 strutture ricettive “tradizionali” si sommano infatti altre 68 strutture, di cui 13 agriturismo e 55 Bed & Breakfast. In particolare, si evidenzia una rapida crescita di Bed & Breakfast nel territorio. A partire dal 2001 vi è stato un forte incremento sia nel numero di strutture che nella dotazione di posti letto. Attualmente i B&B presenti nel territorio sono 55 ed offrono una dotazione di 296 posti letto, con una copertura del 30% circa rispetto al territorio provinciale. Anche la presenza di numerose strutture agrituristiche è un elemento di interesse, in quanto copre una quota consistente della ricettività del territorio creando anche una importante sinergia con il settore agricolo e con le attività di ristorazione. Al 2004 risultano essere presenti nel territorio 13 strutture, con una dotazione di 86 letti (il 13% della provincia). E’ importante considerare, sull’altro fronte, la domanda turistica, con riferimento ai flussi turistici e alla loro tendenza in un arco pluriennale. Gli ultimi dati disponibili, rilevati dall’EPT, si riferiscono al 2005. Questi sono tuttavia sottodimensionati, in quanto si riferiscono solo alle strutture ricettive alberghiere e complementari, ma non considerano gli agriturismo e i B&B. Nel 2005 gli arrivi turistici registrati nel territorio di Cabras sono stati 6.599 con un numero di presenze di circa 23.000, determinando un numero di giorni di permanenza media pari a 3,5. La composizione dei turisti per nazionalità evidenzia una prevalenza di turisti italiani (73% degli arrivi e 80% delle presenze) sulla componente straniera. La quota di flussi turistici diretti a Cabras rappresenta appena il 10% degli arrivi e l’8% delle presenze relative alla vecchia provincia. Ovviamente, considerando l’ingresso di Bosa nella nuova provincia, tale percentuale cala ulteriormente se riferito al nuovo assetto. Si tratta di una quota ancora limitata, se si considera la potenziale attrattività turistica dell’area di Cabras dovuta alla elevatissima qualità delle risorse naturali e paesaggistiche esistenti, racchiuse in gran parte nell’Area Marina Protetta del Sinis. Tuttavia, un dato di tendenza da osservare con attenzione è il forte incremento nei flussi turistici avvenuto negli ultimi anni, in particolare tra il 2003 e il 2004 sono raddoppiati gli arrivi e le presenze, mentre nel 2005 sono diminuiti leggermente gli arrivi ma sono aumentate le presenze totale, con il risultato di innalzare la permanenza media.. Su tale incremento potrebbe aver inciso da un lato una maggior visibilità e attrattiva del territorio dovuta a strategie promozionali più efficaci, dall’altro la maggior disponibilità di strutture ricettive, in particolare quelle non convenzionali quali i B&B e gli agriturismo. 161


Tabella 48 - Flussi turistici nel comune di Cabras. Anni 2001- 2005. Dati assoluti [Fonte: ns. elaborazioni su dati EPT] CLIENTI ITALIANI Arrivi

STRANIERI

Presenze

Arrivi

Presenze

TOTALE Arrivi

Permanenza

Presenze

media

2001

2.108

5.937

853

1.640

2.961

7.577

2,6

2002

3.622

10.298

1.185

2.400

4.807

12.698

2,6

2003

3.110

7.850

1.042

2.121

4.152

9.971

2,4

2004

5.785

17.727

2.117

4.367

7.902

22.094

2,8

2005

4.432

17.411

2.167

5.636

6.599

23.047

3,5

Figura 26 - Flussi turistici nel comune di Cabras. Anni 2001- 2005. Dati assoluti [Fonte: ns. elaborazioni su dati EPT]

Come si è visto, i dati sui flussi turistici sono incoraggianti ed indicano delle prospettive di crescita della domanda che aprono delle interessanti opportunità di sviluppo del settore. Se è vero che ancora i flussi turistici che interessano il territorio sono limitati rispetto alle potenzialità del territorio, su tale condizione incide da un lato il fatto che la ricettività qualificata e l’offerta di servizi complementari debbano essere ancora pienamente sviluppati, dall’altro il fatto che le strategie di marketing turistico del territorio sono ancora relativamente “giovani” rispetto a quelle più “mature” riferite ad altre località turistiche della Sardegna. E’ necessario quindi ragionare in una logica di investimento che è destinato a produrre dei risultati apprezzabili nel prossimo futuro. La presenza di risorse naturali e turistiche di elevatissimo valore, associata alla vocazione produttiva nel comparto dell’agricoltura, della pesca e della produzione agroalimentare individuano, quale principale direttrice di sviluppo per questo territorio la filiera turistico-ambientale-enogastronomica. 162


Il Sinis appare quindi sede privilegiata per lo sviluppo di forme di turismo sostenibile incentrate sulla promozione e fruizione integrata delle risorse ambientali, che valorizzino nel contempo la specializzazione agricola, enogastronomica e ittica, l’artigianato tipico e i saperi locali.

4.8.8. Il diporto 4.8.8.1.

Il Porto di Torregrande.

Il porto turistico di Torregrande ricade nel Comune di Oristano in Località Sa Mardini, nella parte terminale dell’omonima borgata. Situato in prossimità della sponda sinistra (orientale) del canale scolmatore dello Stagno di Cabras, all’interno del Golfo di Oristano è interamente compreso all'interno del perimetro del SIC di Mistras. Il progetto originario è del 1981, e prevedeva un molo foraneo di sopraflutto di protezione dai quadranti sud-occidentali (con maggiore fetch geografico, dal mare di Alboran), un molo di sottoflutto in direzione ortogonale, a protezione dai quadranti sudorientali, un molo di riva, coincidente con l’imboccatura del canale scolmatore (Bucca de sa mardini) dello stagno di Cabras, a protezione dai quadranti nord-orientali. Il progetto era distinto in due fasi realizzative: la prima, quella attualmente completata, consistente nella realizzazione del molo foraneo, del molo di riva e di due bacini interni, uno per uso esclusivo del diporto ed uno per uso misto diporto e pesca, capaci di oltre 400 posti barca, oltre che dei piazzali di colmata a spiaggia con i relativi fabbricati di servizio; la seconda, in previsione futura non ancora programmata economicamente, consistente nella realizzazione del molo di sottoflutto e di un ulteriore bacino destinato ad ospitare circa 350 imbarcazioni ulteriori. La struttura portuale è attualmente l’unica della costa centro-occidentale sarda, in grado di ospitare con adeguati servizi di banchina imbarcazioni da diporto tra i 6 e i 24 mft; le strutture analoghe più prossime a Torregrande sono situate ad oltre 30 miglia marine (Bosa e Alghero a N, Portoscuso e Carloforte a S). La gestione è affidata dalla Regione Sardegna alle Marine Oristanesi S.r.l. società di cui fa parte il Comune di Oristano stesso. Dispone di oltre 400 posti barca per il diporto, dai 7 ai 24 metri. Ospita abitualmente circa 150 barche da pesca di diversa stazza e nel 2005 ha accolto 390 imbarcazioni da diporto, concentrate principalmente nella stagione estiva. I servizi e le dotazioni offerte da tale struttura sono: antincendio, rifornimento acqua, combustibili e energia elettrica, recupero olii esausti, prelievo rifiuti (è di prossima l’attivazione del recupero delle acque di sentina) e attività di rimessaggio. La struttura attualmente ha in concessione ed occupa una superficie complessiva di 91.370 mq, di cui: -

-

20.330 mq per aree destinate ad impianti e servizi per rimessaggio (piazzale) 894 mq per pertinenze demaniali insistenti sulle suddette aree (centro servizi con uffici, bagni e spogliatoi, locale impianti tecnologici, capannone per il rimessaggio di circa 750 mq e locali vari); 5.106 mq per banchine, scali di alaggio e moli; 1.384 mq di aree scoperte 1.261 mq per pontili galleggianti ad uso diporto 41.030 mq per specchi acquei ad uso diporto 163


-

3.552 mq per banchine ad uso pesca 17.813 mq per specchi acquei ad uso pesca

Il “porticciolo” turistico costituisce di fatto il principale nodo sia per il traffico delle imbarcazioni da pesca (148 delle 430 che compongono la marineria oristanese, e potenzialmente afferente all’AMP per decreto) che per quello diportistico (Tabella 1). Per la posizione strategica, situato nel Golfo di Oristano e baricentrico per il traffico di tutto l'Est della costa sarda, ricopre un ruolo importante. Ancor più nell'ottica un suo possibile sviluppo per il quale è prevedibile l’attuazione di quanto previsto ma non ancora realizzato oltre che ad una sua strutturazione sempre orientata alla gestione ambientale compatibile e sostenibile. Il tratto di costa compreso tra il canale scolmatore e la bocca della laguna di Mistras, Su Siccu, è tradizionalmente utilizzato come zona di ormeggio per alcune piccole imbarcazioni di tipo removelico. Lungo questa zona, sorgevano fino agli anni ottanta alcune delle tipiche baracche dei pescatori come base d’appoggio classica e tradizionale per la loro attività nel Golfo. Inoltre, dalla sua realizzazione, anche il canale scolmatore accoglie numero imbarcazioni da pesca di piccole dimensioni che pratica principalmente la pesca all’interno del Golfi.

4.8.8.2.

Altre strutture per il diporto nautico: lo scivolo a Mare Morto

Posto al limite sud del SIC di Mistras, all'interno dell'AMP, si trova lo scivolo di alaggio di “Mare Morto”. Tale struttura è costituita da una rampa in cemento per la discesa delle imbarcazioni e da due bracci in legno non più alti di un metro che facilitano le operazioni di alaggio e le manovre di avvicinamento/ormeggio. La gestione di tale struttura è affidata, in concessione, all'A.DI.NA., l'associazione dei diportisti nautici di Oristano, che ne concede l'utilizzo principalmente ai propri soci (circa 200 soci).

VOCE

INDICATORE Presenze all’Isola di Mal di Ventre al giorno, 2004/05

Presen ze

Presenze a Seu al giorno, 2004/05 Presenze alla Caletta al giorno, 2004/05 Presenze a Tharros, 2004/05

DATI

DATI RILEVATI

Numero di imbarcazioni presenti

957

Numero giorni di osservazione (giugno – settembre)

48

Numero di imbarcazioni presenti Numero giorni di osservazione (giugno – settembre) Numero di imbarcazioni presenti Numero giorni di osservazione (giugno – settembre) Numero di imbarcazioni presenti Numero giorni di osservazione (giugno – settembre)

90 21 846 51 504 27

DATI

VALORE (Barche/giorno)

AMP, 2004 e 2005

19,9

AMP, 2004 e 2005

4,3

AMP, 2004 e 2005

16,6

AMP, 2004 e 2005

18,7

Tabella 49 - Presenze di imbarcazioni nei ridossi "tradizionali" nell'AMP

164


4.8.8.3.

Gavitelli e campi boe per l’ormeggio

Nei pressi dello scivolo di Mar Morto (la cui gestione è concessa dal Demanio Regionale all’Associazione Diportisti Nautici - ADINA), sono presenti corpi morti “classici”. Tra questi, alcuni sono funzionanti con gavitelli di ormeggio, altri abbandonati giacciono sul fondale. Negli interventi previsti nella gestione del SIC “Stagno di Cabras” e nei piani di gestione dell’AMP, si prevede di bonificare i fondali dal materiale estraneo accumulatosi negli anni, incluse le nasse abbandonate, così come previsto negli interventi presentati nel febbraio 2006. Si prevede inoltre, a cura dell’AMP, la bonifica e verifica del posidonieto allo scopo di razionalizzare/ammodernare l’uso di un tradizionale approdo stagionale sia per la pesca che per il diporto. Non molto distante dal SIC di Mistras, nelle aree prospicienti Tharros e la Caletta, si trovano due campi boe, predisposti dal Comune di Cabras/AMP, che hanno funzione di ospitare all’ormeggio circa 40 imbarcazioni (in futuro 50/60). La realizzazione di questo tipo di intervento è stato necessario al fine di proteggere la prateria di Posidonia oceanica dall’impatto causato dall’utilizzo delle ancore sul fondale e contestualmente creare le connessioni per una fruizione controllata e sostenibile.

4.8.9. Stagni di Cabras e di Mistras Il PPR con le norme di attuazione e la relativa cartografia prevede una tutela dello stagno di Cabras, di quello di Mistras e della peschiera di Pontis con due provvedimenti: • riconoscimento del valore ambientale con l’art. 25; • riconoscimento quale bene storico culturale con l’art. 57 in particolare il complesso dello stagno con la peschiera di Pontis sarebbe da inquadrare come bene identitario. Si vuole sottolineare, anche in questa occasione, che pur non facendo parte del SIC / ZPS “Stagno di Cabras”, l’area di Mar’e Pontis e il complesso della Peschiera, formalmente ricomprese nel SIC di Mistras, non possono essere intese come sistema separato dallo stagno di Cabras, in questa parte, principalmente per ragioni culturali, sociali ed economiche. Per meglio inquadrare la questione si riportano i relativi articoli delle norme di attuazione del piano paesaggistico regionale e di seguito si sviluppano le considerazioni che portano a dimostrare il valore ambientale e culturale dei due SIC con la Peschiera Pontis.

4.8.9.1.

L.R. n. 8 del 25.11.2004, art. 2, comma 1. Adozione del Piano Paesaggistico Regionale. Primo ambito omogeneo – Area Costiera. Norme di Attuazione

Si riportano di seguito l'elenco degli articoli di interesse per il presente PdG contenuti all'interno delle Norme tecniche di attuazione del PPR, pubblicata sul Buras n. 30 del 08.09.2006: !

Art. 25 - Aree seminaturali. Definizione !

!

Art. 26 - Aree seminaturali. Prescrizioni

Art. 27 - Aree seminaturali. Indirizzi 165


! !

Art. 47 - Assetto storico culturale. Generalità ed individuazione dei beni paesaggistici e dei beni identitari.

Art. 48 - Aree, edifici e manufatti di valenza storico culturale. Definizione !

Art. 49 - Aree, edifici e manufatti di valenza storico culturale. Prescrizioni

!

Art. 50 - Aree, edifici e manufatti di valenza storico culturale. Indirizzi

!

Art. 51 – Aree caratterizzate da insediamenti storici. Definizione

!

Art. 57 - Aree d’insediamento produttivo di interesse storico culturale. Definizione

!

Art. 58 - Aree d’insediamento produttivo di interesse storico culturale. Prescrizioni

4.8.9.2.

RICONOSCIMENTO DEL BENE AMBIENTALE

La normativa sopraccitata del PPR indica delle proprietà che occorre assumere come riferimento per individuare i beni ambientali e quelli identitari. Di seguito viene riportata una trattazione dei principali elementi. 4.8.9.2.1.

Mantenimento delle attività della pesca stagnale tradizionale

Le zone umide costiere nell’ambito delle politiche ambientali tendenti alla salvaguardia stanno assumendo una crescente importanza. Emerge costantemente l’importanza della pesca e delle varie forme di acquacoltura, motivata dal fatto che queste attività hanno giocato un ruolo fondamentale nella conservazione di questi ambienti. Infatti l’uso per attività economiche come la pesca, strettamente dipendenti dalla naturalità del sito, ne hanno garantito la sopravvivenza ed hanno poi favorito le politiche di conservazione ambientale. In ogni caso, la conservazione ed, a volte, l’attuale conformazione delle più importanti zone umide costiere deriva anche dalla gestione che l’uomo ancora ne fa in funzione della produzione alieutica, attività che ha contribuito, ad esempio, a preservarle dalle opere di bonifica. Infatti, in Italia, a partire dal XVIII secolo soprattutto, le attività umane hanno profondamente modificato il contesto delle zone umide, sia per ragioni epidemiologiche che per scopi agricoli. Del resto, in passato queste aree incutevano un certo timore, in quanto sinonimo di ambienti malsani. Tra le ragioni di questo atavico timore vi era la diffusione della malaria, malattia endemica e caratteristica delle aree paludose, per sconfiggere la quale si pensava fosse possibile solamente effettuare la bonifica di queste zone, fatto che le avrebbe oltretutto rese disponibili all’agricoltura. In effetti, interventi idraulici per il prosciugamento delle aree paludose in Italia, vennero effettuati fin dall’antichità. Si stima che verso la metà del 1800, degli originari 3 milioni di ettari di aree paludose presenti in Italia, ne erano rimasti circa 1 milione. Altre bonifiche vennero eseguite tra la fine dell’800 ed i primi del ’900, per continuare nell’opera di debellare la malaria. In Sardegna si deve ricordare la bonifica della grande zona umida costituita dallo stagno di Sassu per fondare Arborea e la bonifica di Fertilia. Gli ultimi interventi di bonifica furono quelli degli anni ‘50 – ‘60, che, suscitarono, tra l’altro vivaci polemiche, facendo sorgere un movimento di opinione a favore delle zone umide. Oggi si concorda sui mutamenti del quadro economico ed epidemiologico rispetto al passato. La malaria in Italia è stata debellata e l’agricoltura si caratterizza, nel nostro Paese, per eccedenze produttive di difficile gestione. Al tempo stesso, importiamo, notevoli quantità di orate, spigole e gamberi, che possono essere prodotte dalla gestione lagunare, la quale fornisce anche prodotti meno pregiati ma che hanno comunque mercato, come anguille e mugilidi. Una diversa valutazione delle zone umide, 166


quindi, ne evidenzia, attualmente, il valore sociale ed economico, oltre che quello ecologico. Le caratteristiche ecologiche di tali aree, infatti, costituiscono motivo di richiamo non solo per studiosi e per ricercatori ma, anche, per coloro che impiegano il tempo libero per accrescere le loro conoscenze sulla natura e goderne in modo istruttivo il patrimonio. Prova ne è il fatto che le riserve naturali istituite all’interno delle più importanti zone umide sono meta di un crescente numero di visitatori. Questo tipo di turismo “non aggressivo” può essere incentivato, con iniziative che contemplino escursioni didattiche per l’osservazione della fauna e della flora, pesca sportiva e gestione venatoria regolate e programmate, altri sport come atletica, canottaggio, vela, equitazione; tutte attività capaci di creare circuiti economici non trascurabili. Del resto, diverse esperienze di gestione di aree protette hanno dimostrato i limiti di una politica esclusivamente protezionista, evidenziando la necessità di favorire la crescita di una economia direttamente collegata alla tutela dei beni ambientali. Anche le Organizzazioni internazionali che si occupano di ambiente e sviluppo, come la FAO ad esempio, prediligono un approccio al problema della tutela-gestionevalorizzazione del territorio che tenga conto delle diverse attività effettuabili. In Italia, molte zone umide salmastre si prestano ad essere valorizzate con interventi in grado di coniugare le esigenze di tutela e/o risanamento ambientale con la gestione alieutica, le attività scientifiche e didattiche e le altre forme di fruizione del patrimonio ambientale (sport, agriturismo), prevedendo anche la realizzazione di aree attrezzate e strutture di servizio e supporto, purchè realizzate con opportuni criteri. Le attività gestionali dell’attività di pesca in laguna comportano tutta una serie di operazioni (circolazione interna delle acque, regolazione degli scambi con il mare, manutenzione dei canali) che concorrono alla tutela ambientale. Nelle lagune della Sardegna i cicli stagionali della monta del novellame sono regolati dai ritmi biologici e naturali mentre nella maggior parte delle lagune dell’alto adriatico si è dovuto ricorrere all’intervento artificiale con immissione degli avannotti nelle valli di pesca. Tanto più la gestione è improntata a condizioni di naturalità quanto più anche la produttività della pesca è elevata. Nell’area mediterranea la gestione lagunare tradizionale permette, generalmente, di ottenere produzioni unitarie di circa 100/kg/ha, con punte anche di oltre 300/kg/ha in ambienti particolarmente produttivi. Il compendio di Cabras costituisce un presidio delle caratteristiche della pesca stagnale tradizionale secondo tutti gli studi che si riportano: 1)

SVIMEZ: Il primo quadro organico, dal punto di vista ambientale e produttivo, degli stagni sardi è quello presentato dallo SVIMEZ nel 1957 che censì 114 laghi salsi per una superficie complessiva di 13.197 ettari. La Ricerca dello Svimez ha stimato per le lagune sarde una produttività media annua di 224 Kg per ettaro. Per lo stagno di Cabras è stata riportata una valutazione di 600 kg per ettaro.

2)

“Le lagune in Sardegna” L’importante indagine effettuata dal Consiglio Regionale nel 1981 registra la prima fase di cambiamenti. Infatti la relazione generale mette in evidenza comunque la potenzialità intrinseca nelle zone umide.

Si riporta il capitolo relativo alla Laguna di Cabras, di cui l'area di Mar'e Pontis fa parte integranete: “La laguna (stagno) di Cabras è il più esteso tra tutti i bacini ad acqua salmastra esistenti in Sardegna: la sua superficie è infatti di 2228 ettari. Ad ovest, rispetto ad essa, si trova la penisola del Sinis, con formazioni dunari che creano vaste depressioni, nelle quali le pioggie danno luogo a ristagni temporanei durante la stagione invernale (Pauli Trottas, Pauli Civas, Stagno Istai, Cuccuru Isperrau, Pischeredda); a nord si trova una zona paludosa (Pauli Ludosu); a nord-est una vasta zona

167


bonificata, laddove si trovava lo stagno di Mar’e Foghe, nella quale scorre il relativo canale (Rio di Mar’e Foghe o Rio Sa Praja); sempre in questa zona si trovano i centri abitati di Riola Sardo e Baratili S.Pietro; ad est continua la zona di bonifica, attraversata da numerosi canali, nella quale si trovano i due piccoli stagni di Mar’e Pauli e Pauli e’ Sali; vi si trovano, inoltre, i centri abitati di Nurachi e di Cabras, quest’ultimo confinante con le sponde dello “stagno”. A sud la morfologia è più complessa: vi sono infatti due diversi cordoni litorali, il più antico dei quali rappresenta l’attuale bordo meridionale dello “stagno” di Cabras; esso era attraversato da quattro stretti canali che si riunivano poi in uno per confluire nello “stagno” di Sa Mardini. Quest’ultimo, insieme allo “stagno” di Mistras, è delimitato dall’attuale cordone litorale, attraverso il quale entrambi comunicano con il mare. Lo “stagno” di Cabras ha una forma allungata, in direzione nord-sud, perpendicolarmente alla costa; si può considerare quasi diviso in due parti principali: la prima, va dai canali emmisari fino al restringimento all’altezza di Capo Nurachi; l’altra da qui all’estremità settentrionale, dove si immette Il Rio Sa Praja. La prima parte è quella che risente maggiormente della comunicazione con il mare e le cui acque hanno il grado di salinità maggiore; la seconda parte, lungo oltre 5km e larga, al massimo, 2km all’altezza di Capo Nurachi, subisce maggiormente l’influenza degli apporti d’acqua dolce; qui il grado di salinità è molto basso, fino a diventare quasi nullo nei pressi della foce del Rio Sa Praja. La profondità dello “stagno” varia da 40 cm a 3 metri circa; essa è maggiore verso il centro e degrada progressivamente verso le coste. I fondali sono prevalentemente fangosi. Il Rio Sa Praja è l’unico emmissario; esso è un canale creato per raccogliere e convogliare le acque del Rio Mannu e del Rio Cispiri, provenienti dal Monte Ferru, le quali, giunte in corrispondenza di Mar’e Foghe, provocano vasti allagamenti nei territori di tramatza, Riola Sardo e Nurachi. La portata delle acque fluviali che alimentano lo stagno, raggiunge i 615 mc al secondo; altri apporti minori provengono dai canali della Bonifica Destra Tirso del Campidano di Oristano e dagli scarichi fognari di Cabras. La comunicazione con il mare avviene attualmente attraverso un canale scolmatore, lungo circa 4km, di larghezza e profondità variabili lungo il percorso, recentemente costruito per ovviare ai danni provocati dallo straripamento delle acque nei periodi di piena. Lo “stagno” Sa Mardini, che era separato da quello di Mistras da una diga in muratura e costituiva un vivaio naturale per l’accrescimento dei pesci che poi entravano nello “stagno” di Cabras, è stato colmato. Opere di bonifica sono in corso anche nella zona ad ovest dello “stagno” di Cabras, per colmare le depressioni nelle quali si formano gli stagni temporanei. Lo “stagno” di Cabras ha sempre rappresentato per la sua pescosità una fonte di ingente ricchezza e come tale, è stato, per secoli, al centro di complesse vicende patrimoniali e di lotte sociali per il suo sfruttamento. Le prime notizie su di esso risalgono ad un diploma del 1493, con il quale il re Ferdinando di Castiglia ne vietava l’alienazione, la cessione ed il pegno; nel 1652, invece, il re Filippo IV di Spagna lo cedette in pegno a Gerolimo Vivaldo e nel 1838 il re Carlo Alberto rinunciò al diritto di rivendicare tali peschiere, in favore di Pietro Vivaldi Pasqua. La famiglia Vivaldi, nel 1853, le cedette a Salvatore Carta; fin dal 1858 lo Stato ha tentato, inutilmente, di rivendicare la demanialità dello stagno: è risultata anche impossibile l’applicazione della legge regionale 2 marzo 1956, n. 39, abolitiva dei diritti perpetui esclusivi di pesca. La lunga controversia è giunta solo recentemente a soluzione con l’approvazione della legge regionale 30 maggio 1980, n. 7, che prevede la stipula di una transazione per l’aquisizione degni stagni di Cabras al demanio marittimo. Le condizioni attuali dello stagno sono, però, notevolmente deteriorate a causa dell’incerta situazione giuridica protrattasi per tanto tempo: da un lato, infatti, i privati detentori non si sono curati di effettuarvi adeguate opere di manutenzione, dall’altro, la mancanza di una precisa regolamentazione della pesca a consentito ai due o trecento pescatori della zona di depauperarne gravemente il patrimonio ittico. Nell’ultimo anno la produzione totale è stata valutata intorno ai 4500 ql, costituiti da cefali, anguille e carpe; la presenza di qualità di scarso pregio, ma di grande adattabilità a condizioni ambientali difficili, è conseguenza dell’inquinamento prodotto da scarichi fognari ed agricoli (fertilizzanti, pesticidi), e dell’eccessiva dolcificazione delle acque; di quest’ultimo fenomeno sarebbe responsabile, secondo alcuni, il canale scolmatore, poiché consente lo scarico in mare delle acque interne in eccesso, ma impedisce praticamente l’afflusso delle acque marine. Si resero, perciò, indispensabili interventi urgenti per la bonifica ittica dello “stagno” la cui produzione può raggiungere, in condizioni ottimali, i 20000 ql/anno(2.000.000 kg/anno) consentendo di dare occupazione ad oltre 600 unità lavorative. Se lo “stagno” di Cabras è il più importante dal punto di vista produttivo, quando si considera il valore ecologico vengono in rilievo i piccoli bacini che si trovano ad est e ad ovest di esso. La vegetazione è, infatti, particolarmente abbondante e varia negli stagni di Mari’e Pauli e di Pauli’e Sali e nelle depressioni del lato occidentale; qui sono presenti numerose specie di uccelli considerati di importanza internazionale. Perciò l’intera area, per una superficie complessiva di 3575 ettari, è stata inserita, nel marzo 1979, nella lista delle zone umide di importanza internazionale prevista dalla Convenzione di Ramsar. Nella parte settentrionale dello stagno di Mari’e Pauli (circa 30 ettari), è stata istituita, nel settembre 1980, un’oasi di protezione faunistica e di cattura ai sensi della legge regionale sulla caccia, n. 32 del 28 aprile 1978.“

168


3)

C.I.R.S.PE: Il Centro Italiano Ricerche e Studi per La Pesca ha pubblicato nel 1998 il volume “Gli stagni della Sardegna”, curato da Alessandra Cannas, Stefano Cataudella e Remigio Rossi, con il contributo dell’Assessorato della Difesa dell’Ambiente della Regione Autonoma della Sardegna. Si riportano di seguito le considerazioni generali. L’Utilizzo multiplo per una gestione compatibile delle risorse Quadro di riferimento: Gli stagni della Sardegna sono zone umide di tipo mediterraneo da tempo utilizzate per la pesca, particolarmente interessanti sotto il profilo ambientale per la ricchezza della fauna e della flora che li caratterizza. La superficie totale dei 59 stagni presi in esame, riportati nella Tabella 1, considerati al massimo livello di riempimento, ammonta a 14.370, 5 ettari. Tabella 1

Stagno

Sup. ettari

Sup. utile (%)

Tipo di fondale prevalent e (%)

Classe di salinità (2)

Classe di trofia (2)

Produzione ittica resa (Kg/Ha)

CALICH

92

100

1

2

3

217

CASARACCIO

85

90

2

4

2

29

SALINE STINTINO 20

20

0

3

5

120

80

1

3

2

8

PLATAMONA

95

42

1

1

3

0

PORTO POZZO

82

100

3

3

2

20

CANNIGIONE

60

70

3

3

3

0

150

100

4

3

2

0

SOS TRAMESOS

90

91

1

3

1

111

CABRILE

25

100

3

2

3

0

TARTANELLE

75

80

3

3

2

20

PORTO TAVERNA

16

2

3

2

0

P. BRANDINCHI

14

2

3

2

0

PILO

CUGNANA

S. TEODORO

0

219

100

3

3

3

0

STAGNO LONGU (POSADA)

73

75

1

3

2

8

SU GRANERI

12

90

1

2

3

0

SALINA MANNA

12

0

3

5

2

0

SA CURCURICA

38

80

3

3

2

0

SU PETROSU

40

90

1

2

2

153

250,5

100

1

3

3

291

FLUMINI DURCI

40

90

4

1

3

146

SA PRAIA

86

100

1

3

2

0

S. GIOVANNI

86

100

1

2

3

209

SALINE

30

0

1

5

2

0

110

80

1

3

2

110

FERAXI

70

100

3

3

1

156

PISCINA REI

10

0

2

5

1

0

TORTOLI’

COLOSTRAI

169


S. GIUSTA

14

0

3

5

1

0

NOTTERI

34

0

3

5

1

0

1.300

0

1

5

1

0

90

0

1

1

4

0

S. GILLA

1.500

100

1

3

3

60

SALINE MACCHIAREDDU

2.300

92

3

5

2

0

CAPOTERRA

70

50

1

2

2

30

S. EFISIO

54

55, 5

1

3

2

16

CHIA

15

0

1

5

1

0

MALFATANO

10

70

1

3

2

16

FOXI

65

0

1

5

2

0

440

100

3

4

1

12

172

0

1

4

1

0

55

0

1

4

1

0

660

0

1

4

1

0

22

100

2

3

1

126

220

100

3

3

2

0

70

57

1

2

1

0

65

0

3

4

1

0

800

100

3

2

3

240

18

100

3

3

2

0

150

100

1

3

2

299

CORRU MANNU

13

100

1

3

2

106

S’ENA ARRUBIA

120

90

1

1

4

60

S. GIUSTAP. MAIORE, P. FIGU

802

100

1

1

4

90

2.228

100

1

1

4

200

475

100

3

4

1

37

15

0

2

5

1

0

SALE PORCUS

380

0

1

5

2

0

IS BENAS

123

90

3

3

1

29

SALINA MANNA

65

0

1

5

1

0

PAULI MARIGOSA

25

0

1

5

1

0

MOLENTARGIUS - QUARTU BELLAROSA MINORE

PORTO PINO Porto BOTTE BAIOCCA

-

MULARGIA S. CATERINA CIRDU BAU CERBUS PUNTA S’ALIGA

DE

SALINE CARLOF. S. GIOVANNI MARCEDDI’ PAULI TURRI

-

BIANCU

CORRU S’ITTIRI

CABRAS MISTRAS MARI ERMI

Totale

14.370, 5

(1) Fondale prevalente: 1= fangoso, 2 = sabbioso, 3 = misto sabbia-fango, 4 = altro (roccia...) (2) Classe di salinità: 1= salinità fino a 15â, 2 = da 15 al 30â, 3 = da 30 al 38â, 4 = superiore al 38â, 5 = astatico (3) Classe di trofia: 1= oligotrofico, 2 = mesotrofico, 3 = eutrofico, 4 = ipertrofico

170


Solo 21 (6.163, 5 ettari, pari a circa il 43% della superficie totale) sono gestiti da Cooperative di pescatori o da privati, con l’impiego di 716 addetti (soci o dipendenti). Gli stagni non utilizzati, o solo parzialmente utilizzati in assenza di un progetto di gestione sono 38 (8.207 ettari, 57% della superficie). Pochi di essi hanno una superficie superiore a 100 ettari (cfr. fig. 1); per cui nella maggioranza dei casi (stagni con superficie <100 ettari), è comunque opportuno integrare l’eventuale attività di pesca con altre attività. I 21 stagni oggetto di gestione nel periodo 90-93 hanno mediamente prodotto poco meno di 1.000 t/anno (il dato rilevato è stato 964 t), con una media di 156 Kg/Ha/anno. Come valore percentuale, il pesce di prima categoria rappresenta circa il 7, 7% del totale, i mugilidi il 61, 3%, le anguille il 14, 2%; ed inoltre 6, 6% di granchi, 9, 9% di pesce di altre categorie, 0, 2% di arselle e solo 0, 1% di pesci d’acqua dolce (carpe). Questo ultimo dato, più degli altri, è sicuramente una sottostima, dato che in molti stagni il pesce d’acqua dolce non viene tenuto in considerazione (cfr. Fig. 2). Conservazione e gestione: note conclusive È già stato sottolineato che le zone umide costiere, nell’ambito di politiche ambientali tendenti alla salvaguardia, stanno assumendo una crescente importanza. Il fatto che trattando di lagune costiere, soprattutto nel Mediterraneo, emerga costantemente l’importanza della pesca e delle varie forme di acquacoltura, è motivato dal fatto che queste attività hanno giocato un ruolo fondamentale nella conservazione di questi ambienti (Ardizzone et al., 1988). Infatti, prima dell’affermarsi di politiche per la conservazione, l’uso per attività economiche strettamente dipendenti dalla “naturalità” del sito, come la pesca, ne hanno garantito la sopravvivenza. Viene qui sottolineato che l’abbandono delle zone umide a dinamiche di tipo naturale dopo la bonifica fondiaria porta inevitabilmente all’interrimento o alla eccessiva erosione della duna da parte del mare, con conseguente scomparsa della zona umida stessa. La regimazione degli apporti continentali (acque e sedimenti), la manutenzione delle foci e della circolazione interna per regolare gli scambi col mare sono attività che rientrano nell’ambito di un tipo di “gestione” che risulta essenziale non solo per garantire lo svolgimento delle migrazioni ittiche fra mare e stagno su cui si basano le attività produttive, soprattutto per la stessa conservazione dell’ambiente nel suo complesso. Il discorso generale sulle lagune e sugli stagni costieri, nell’ambito delle zone umide mediterranee in generale, è stato più volte affrontato, ma per rendere operativi dei concreti programmi di intervento è necessario calarsi nelle realtà che presentano comunque delle specificità ambientali, socioculturali e economiche. Da questo ne deriva la esigenza di aggiornare le conoscenze sui vari stagni sardi con approccio sintetico. Nel capitolo introduttivo dello studio di cui in premessa, è stata fatta una panoramica generale, utilizzando una serie di descrittori produttivi e ambientali che, se pur inadatti a una dettagliata analisi ecologica, comunque aiutano a comprendere l’enorme potenziale di cui la regione Sardegna dispone. Tale potenziale, per essere espresso, domanda interventi che vadano ben oltre il riassetto idraulico e che coinvolgano una serie di competenze adatte a valorizzare tutte le risorse che caratterizzano uno stagno con approcci nuovi che considerino il valore dell’ecosistema nel suo insieme. Le comunità vegetali e animali vanno conservate nel loro insieme con un approccio di “conservazione della biodiversità” che contenga tutta una serie di fattori culturali, sociali e economici. La gestione degli stagni ai fini della produzione ittica, come produzione estensiva, che necessita di conservare gran parte delle caratteristiche ecologiche su cui si basano i cicli biologici delle specie di interesse produttivo, ha dimostrato una elevata compatibilità con la conservazione. Salvare un ambiente nel suo insieme significa conservare sia ciò che è direttamente valorizzabile sul mercato, sia tutte quelle specie che concorrono direttamente o indirettamente alla produzione vendibile. La pesca in tal senso rappresenta un’attività che consuma le risorse rinnovabili se il prelievo non è correttamente attuato, al contrario può consentire di conservare una serie di beni attraverso un uso responsabile che non consuma e che può creare opportunità economiche a lunga scadenza. Le attività ricreative, il turismo ecologico, la stessa ricerca traggono beneficio del fatto che esistono ancora stagni che l’uso per la pesca e l’acquacoltura hanno conservato. Non mancano esempi di conflittualità tra pesca e altri usi, o esempi di eccessivo prelievo o di interventi aggressivi sul piano ambientale per trasformare stagni in vasche tecnologiche da acquacoltura, ma il moderno mondo della pesca, arricchito di competenze e di educazione ambientale, può offrire una vasta gamma di elementi positivi per una gestione basata su modelli ecologicamente ed economicamente sostenibili. I problemi di carattere generale sono riconducibili, in sintesi, ad alcuni punti che, in questa conclusione, vengono sintetizzati proprio a supporto di chi è preposto a prendere decisioni in materia ambientale. Gli stagni sono il risultato di una interazione dinamica tra apporti continentali e trasporto litoraneo; a queste dinamiche di tipo naturale si sono sommati i continui interventi dell’uomo che hanno inciso fortemente su questi ecosistemi. La bonifica fondiaria, la riduzione degli apporti continentali intrappolati a monte, la costruzione di opere marittime che hanno, in alcuni casi,

171


modificato il trasporto litoraneo, le opere per la gestione ittica, la trasformazione in saline, in bacini di colmata, di lagunaggio per reflui di varia origine, opere per ridurre gli effetti del cuneo salino, hanno modificato il regime naturale, obbligando, come già espresso, a una continua opera di manutenzione e gestione. Di qui l’affermazione che le produzioni ittiche e tutto ciò che riguarda attività economiche collegate alla natura, hanno avuto il merito di conservare gli stagni quando il loro valore era ritenuto nullo da chi considerava soltanto lo sviluppo industriale o le infrastrutture collegate alla urbanizzazione avessero valore. La pesca ha anticipato l’esigenza di conservazione ancor prima che nascesse un interesse diffuso sulla esigenza di conservare tali ambienti. Il fatto che gli stagni siano ubicati in fascia costiera ne aumenta l’importanza poiché la loro presenza conserva livelli di “naturalità” nel tratto del territorio maggiormente soggetto ad impatti antropici, sia per la forte localizzazione di insediamenti umani, sia perché comunque attraverso il trasporto dal continente si sommano in fascia costiera tutti gli impatti, anche se in qualche modo mitigati, ad esempio, attraverso l’autodepurazione o la depurazione, lungo il corso di un fiume. Il valore della diversità biologica espressa da un sistema a stagno interessa tutta la collettività ed è misura di un uso che non ha privilegiato l’intensificazione spinta o la monocoltura. Le parti interessate debbono essere messe in condizione di dialogare, senza emarginare gli operatori e le relative attività che fortemente hanno concorso alla conservazione stessa, il caso citato delle produzioni ittiche. Ciò comporta la necessità di intervenire sugli stagni, ove necessario, con un nuovo approccio progettuale che, pur ponendo le produzioni ittiche in posizione baricentrica, tengano conto di tutte le nuove esigenze di solidarietà tra le parti per attivare una vera gestione integrata. Ciò anche in rispetto della esigenza di consentire alle prossime generazioni di avere un contatto attivo con la natura che sia anche un contatto con le culture che in quelle aree si sono evolute. Questa non è soltanto una analisi di principi generali sostenuti da intere collettività e da convenzioni firmate da molti governi, è anche un modo di “inventare” nuove possibilità di occupazione attivando servizi tesi a soddisfare modelli differenti da quelli basati sull’uso intensivo delle risorse stesse. Lo studio degli stagni e la loro descrizione con una dettagliata lista di problemi da affrontare, nello spirito delle associazioni di categoria, vuole essere un duplice contributo, verso il mondo della pesca che deve sopravvivere e verso la collettività tutta che in un armonico rapporto con una pesca responsabile può trovare validi strumenti di conservazione.

4.8.9.3.

RICONOSCIMENTO DEL VALORE IDENTITARIO

“Sono definiti beni identitari del paesaggio culturale sardo quegli elementi del patrimonio la cui riconoscibilità è data dall’essere parte di un insieme più complesso (storico-culturale-economico-geografico), attinenti alle seguenti categorie: -architetture e aree produttive storiche; -i centri specializzati del lavoro La sopraccitata definizione si esplica pienamente per quanto riguarda la peschiera di Pontis inserita nel contesto morfologico della zona umida. Al fine di meglio inquadrare il contesto storico e geografico in cui si situa la peschiera con gli stagni di Cabras e di Mistras si riporta il capitolo tratto dal libro “I pescatori di Cabras” curato da Mena Cossu. OGGETTI E STRUMENTI DELLA PRODUZIONE LE STRUTTURE PRODUTTIVE LO STAGNO

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1. Notizie geografiche Lo stagno di Cabras è ubicato a nord-est del golfo di Oristano e ad ovest dell’abitato di Cabras. E’ orientato con l’asse maggiore da SSO a NNE, verso cui esso va restringendosi. Costituisce cosi due grandi bacini: Il primo, lungo km. 9 circa, largo km. 3; l’altro più interno, di forma ellissoidale, misura km 8 in lunghezza e km 3 in larghezza. Le acque del primo di questi due bacini, hanno la salinità piuttosto elevata comunicando col mare attraverso la foce dello stagno; le acque del secondo sono meno salse, quasi dolci, ricevendo il “Riu su Praia” emissario dallo stagno di mare Foghe nel comune di Riola. La profondità delle acque varia da m 1 a m 1,7 con un massimo di m. 2,7 di fronte all’abitato di Cabras, nel centro del vasto specchio d’acqua. In questo punto l’acqua ha offerto i seguenti dati: Temperatura 12,5° ad una profondità di m 1,5; densità 1,0103. L’estensione, secondo i dati catastali, è la seguente: Tabella 50

Ha 1.696,87

appartenenti al Comune di Cabras

ha 505,80

appartenenti al Comune di Riola

ha 12,58

appartenenti al Comune di Nurachi

Ha 2.215,25

TOTALE

Nei pressi del centro abitato di Cabras lo stagno presenta spiaggie basse ed arenose, prive di vegetazione palustre che diventa abbondante lungo le rive occidentali e meridionali. Lo sviluppo della sponda è poco accidentato; si notano le articolazioni maggiori a sud nella tozza penisola del Capiais e a nord nella penisola di Isca Maiori. Qualche zona rocciosa si eleva fino ai tre metri (zona Is Arrocchittas, Mittrottas e Su Pottu). Il fondo è scarso di vegetazione nei luoghi arenosi, mentre ne è ricco nei luoghi fangosi che prevalgono lungo la costa nord e ovest. Il “Riu sa Praia”, immissario dello stagno, è caratterizzato da una notevole profondità, m. 2,5 presso il ponte di Riola e m. 4,5 nei pressi dello sbocco nello stagno. Nella sponda meridionale, nella località presso” Sa turr’e su Pottu”, lo stagno presenta quattro bocche, tre delle quali confluiscono in un canale unico e la quarta fa canale a sé: questi due ultimi canali confluiscono in un altro che conduce al mare. Essi sono larghi al loro principio da 5 a 6 metri e si allargano fino a 10/12 verso il mare fino a raggiungere in qualche punto la larghezza di m. 50 formando poi lo stagno di “Sa Madrini”. La foce è costituita da un varco che taglia lo sbarramento dunoso della spiaggia nel golfo di Oristano; essa tende progressivamente a chiudersi per cui si rendono necessario periodici lavori di dragaggio, sbancamento e approfondimento. Probabilmente questo canale è di natura artificiale in quanto lo sfocio al mare avveniva attraverso il contiguo stagno di Mistras ove le acque defluenti da Cabras si riversavano attraverso una zona attualmente prosciugata e arginata. In quest’area è stato realizzato un canale scolmatore che ha provocato un mutamento dell’habitat della zona, attraverso il prosciugamento di paludi e la scomparsa dello stagno “Sa Madrini”. Lo stagno di “Mar’e Pontis” forma tre Peschiere; quella più importante denominata di Pontis, che resta fissa tutto l’anno, quella di Pischeredda a nord, presso la foce del “Riu sa Praia” e quella denominata “Sa Madrini”, ora scomparsa, alla foce dello stagno verso il mare, che più per la pesca serve di protezione alla Peschiera Pontis e resta fissa solo per una parte dell’anno. La peschiera di “Pischeredda” risente delle piene del “Riu sa Praia” per cui capita talvolta che gli stessi lavorieri vengono travolti. Le piene dello stagno si 173


verificano nel tardo autunno-inverno, inizio primavera; le magre in estate e all’inizio dell’autunno. In seguito alle opere di bonifica eseguite dal Consorzio della destra Tirso, le magre estive sono notevolmente diminuite poiché d’estate, attraverso canali e impianti di sollevamento, affluiscono le acque residue dell’irrigazione. Tutte le zone costiere dello stagno sono conosciute con toponimi particolari che è opportuno riportare e che hanno importanza nell’impostazione del lavoro dei pescatori. Tali toponimi sono i seguenti: 1) Iscaiu Approdo 2) Puntigliosa 3) S’aneargiu Particolare tipo di terreno costituito da sabbia, ghiaino e argilla 4) Su pottu Il porto 5) Mitrotta 6) Sa canna manna La canna grossa 7) Sa punta ‘e sa fragighedda 8) Punt’e Pirastu Punta Pirastu 9) Pasturas noas Nuove vigne 10) Su masoi L’ovile 11) Su paueddu’e Capiais La piccola palude di Capiais 12) Is aneas Le sabbie 13) Sa matt’e sa pramma La palma 14) S’ ungroi e Commidedda La rientranza di Commidedda 15) S’arrokibi La roccia 16) Sa coster’e levanti La riva di levante 17) Sa conk’e foras 18) Sa kea ‘e s’anea La buca di sabbia 19) S’ungroi’e Coambus La rientranza di Caombus 20) Sa ukk’e su meriagu La foce del riparo 21) Sa kea’e su fangu La buca di fango 22) Sa ukk’e oru Simbua La foce presso Simbula 23) Sa matta niedda L’albero nero 24) Sa punt’e Paboi La punta Paboi 25) S’ungroi ‘e cann’e anadis La rientranza del canneto delle anatre 26) Sa punt’e corr’e mibis 27) Sa costera onga La lunga costa 28) Sa canna rara‘e Giglianu Il rado canneto di Giglianu 29) Gregorida 30) S’ungroi e su trumentu La rientranza della fatica 31) Sa coster’e is paras La costa dei frati 32) S’ ungroi’e acqua urchi La rientranza dell’acqua dolce 33) Corre’e crabittu Corno di capriolo 34) Sa coster’s s’argioa La costa dell’aia 35) Sa punt’e Giglianu Punta Giglianu 36) Sa coster’e su suergiu La costa del sughero

174


37) Sa pischeredda Piccola peschiera 38) Sa punt’e su moenti Punta asino 39) S’omini mottu L’uomo morto 40) Su pedrosu La pietraia 41) Sa ukk’e Collettu Punta Collettu 42) Sa strada La strada 43) Su pezz’e Madeddu Terreno Madeddu 44) Sa cor’e mesu Il canale centrale 45) S’anea ‘e oru Sanna La foce presso Sanna 46) Sa coster’e matt’e fruccoi 47) I fruccoeddusu 48) Punt’e Urachi Punta Nurachi 49) Is pasturas de traai 50) Sa ukk’e s’unferru La foce dell’inferno 51) Sa crabioa La capretta 52) Cu ’i ois Culo di buoi 53) Su paueddu sassu La piccola palude salata 54) Sa ukk’e Loadru La foce di Loadru 55) I mraghinis de sa mestia I confini di Sa Mestia 56) Piscin’arrubia Piccola palude rossa 57) Is pedras de su attori Le pietre del dottore 58) Su fotti’e Ziccu Cau Il bastione di Ziccu Canu 59) Is pedras nieddas Le pietre nere 60) Pab’e Casteddu Il retro del castello 61) Cann’e cammiu Canneto lungo la strada

Numerose sono le vie per accedere allo stagno: a) la strada provinciale da Cabras a San Giovanni di Sinis; b) la strada di bonifica da Cabras a Nurachi-Riola; c) La strada di penetrazione agraria da Cabras a Is Aruttas; d) la strada di penetrazione agraria da Riola alla zona di Camminu mannu; e) la strada di penetrazione agraria dal villaggio di San Salvatore di Sinis a Riola; f) la strada provinciale da Oristano a Torre Grande ( per la foce di Sa Madrini).

2. Notizie storiche Come rivelato dal Codex Diplomaticus Sardiniae del Tola (vol. I, pag. 164), Torbeno, giudice d’Arborea, intorno al 1100, concede alla madre Donna Nibata di disporre a suo talento delle due case di Nuraghe Niellu e di Masones de Capras da essa edificate; costei, poi, dispone che restino in perpetuo in potere di chi reggerà la provincia. In questo documento non si fa ancora cenno allo stagno, mentre in un altro documento raccolto nello stesso Codex (vol. I, pag. 349 - LXII; anno 1237) si parla chiaramente dello stagno di Mare Pontis. Pietro II, giudice di Arborea, nel 1237 conferma le ampie donazioni fatte da suo padre Ugone II, visconte di Basso, e da sua madre Preziosa di Laconi, alla chiesa e monastero di Santa Maria di Bonarcado ed inoltre accorda ai monaci libertà di pesca nello stagno di Mare Pontis, fiancandoli da ogni dazio:” a su Monisteriu de Santa 175


Maria de Bonacatu pro piscare in Mare Ponte cum Duas barcas set in mare vivu et siant liberus, qui no li leven paga et no li leven pisque per unu tempus… qui no lis leven paga, et lis portant pisque ne anguilla et bogolios et omnia serbis cum de curadores”. Più tardi lo stagno passò alla corona di Spagna e re Ferdinando d’Aragona con un diploma del 1493 vietava la cessione, l’alienazione e il pegno sia dello stagno che della Pescheria di Mare Pontis (V. H55 Cach Archivio antico). Il 6 luglio 1652 re Filippo IV di Pastiglia cede in anticresi a Gerolimo Vivaldi, banchiere genovese, in cambio di un grosso prestito, 140.905 reali da otto sborsati per soccorso del regio esercito di Catalogna, la Peschiera di MarePontis, lo stagno di Cabras e annessi oltre lo allo stagno di Santa Giusta. Il 26 giugno 1838 Carlo Alberto rinunciò al riscatto dell’anticresi concesso da Filippo IV. Il 28 marzo 1844 gli eredi di Geronimo Vivaldi Don Pietro e i figli Marchesi Vittorio, Paolo e Pietro Vivaldi-Pasqua, contraggono un mutuo con l’ospedale di Pammattone di Genova ed ipotecano lo stagno di Cabras. Il 23 luglio 1853 i Vivaldi Pasqua vendono per un milione venticinque mila lire lo stagno di Cabras al Cav. Salvatore Carta di Oristano. Pare che prima della vendita lo stagno sia sempre stato dato in appalto a cittadini di Oristano per l’annuale sborso di 30 mila scudi a favore del principale proprietario, il Marchese Pasqua. Dopo la scomparsa del Cav. Salvatore Carta, lo stagno e le Pescherie diventano di proprietà degli eredi: le famiglie CartaPabis, Corrias, Boi, Campus. LE PESCHIERE Fino agli anni ’70 i punti principali dello stagno di Cabras, come si è già visto, erano quattro: Peschiera Pontis, Su Pottu, Pischeredda, Sa Madrini. Ognuno di essi, oltre ai lavorieri, presentava un complesso di costruzioni legate al lavoro e ai dipendenti. La peschiera di Pontis era quella più importante sia per la produzione ittica che per l’organizzazione di tutta l’azienda. Il personale della Peschiera, costituita da “pasrargius” e “zaraccus”, risiedeva negli edifici che furono costruiti in massima parte prima della grande guerra. Il complesso delle costruzioni esistenti nella Peschiera di Pontis era il seguente: 1)

Su Poazziu (= il palazzo), cosi chiamato perché aveva un piano sopraelevato, è una delle costruzioni più antiche. Il pianterreno era adibito a magazzino per gli attrezzi necessari alla pesca; il piano superiore accoglieva i comproprietari quando stipulavano i contratti con i commercianti e quando ricevevano da questi le somme dovute per l’acquisto di pesci.

2)

S’omu eccia (=la casa vecchia), cosi detta perché costruita sulle fondamenta che risalgono allo stesso periodo di costruzione di “Su Poazziu”, era occupato dai pescatori vagativi dello stagno quando venivano chiamati a collaborare nel lavoro della peschiera.

3)

Su magasiu ‘e su’iu (=il magazzino del vino), un magazzino per le provviste del vino e dell’olio necessari al personale.

4)

Su magasieddu (=il piccolo magazzino), piccola stanza dove si riponevano le cordicelle utili per la preparazione degli sbarramenti in canne.

5)

Su magasiu nou (=il magazzino nuovo), dove erano conservati gli attrezzi più delicati per la pesca; ad esempio “s’obigheddu”(il coppo); e le bottarghe, uova di muggine salate ( perciò era anche chiamata 176


“s’om’e sa buttariga”) e il pesce affumicato. Vi si vendevano anche pesci al minuto nei giorni stabiliti per la pesca. 6)

S’omu noa (=la casa nuova), composta da una grande sala col cammino dove si pranzava e si discuteva; e da due stanze, una per i “zaraccus” (=servi) e una per i “pasrasgius” (=capi peschiera), “s’om’e i zaraccus” e “s’apposentu’e is pasrasgius”.

7)

Sa coxia (=la cucina), composta da due plessi: la cucina vera e propria e “sa baracca ’e ierru” (= la capanna d’inverno) dove si accendeva il fuoco in un grande camino, si riscaldavano i pescatori e si arrostivano i pesci. In essa vi era anche un’inboccatura comunicante, tramite un breve cunicolo, con una stanzetta sopraelevata.

8)

S’omighedda ‘ e affumai (=la casetta per affumicare) dalle dimensioni di circa m. 3,5 e 2,5 nella quale venivano affumicati, con il fumo proveniente dalla cucina, i pesci appesi a stecche in ferro.

9)

Su stai de gruppisi (=il loggiato di “gruppesi”) per la pesatura dei pesci.

10)

Su saiu o su saigu, anch’esso un loggiato per la pesatura dei pesci.

11)

Sa costa’eccia (=la costa vecchia), sempre per la pesatura dei pesci.

12)

S’omu ‘e su fiau (=la casa del “fiau” = rete per la pesca delle anguille), uno stabile per sorvegliare la pesca delle anguille filatrote.

13)

S’omighedda ‘e su sai (=la casetta del sale), magazzino per la conservazione del sale.

14)

Sa cresiedda ‘e Santu Bissenti (=la chiesetta di San Vincenzo) che si trovava fuori dal cancello che immetteva nella Peschiera e che era delle costruzioni più antiche (sembra che sia contemporanea a “su poazziu” ). Secondo il Costa sarebbe stata dedicata a Sant’Andrea.

15)

S’om ‘e Ciapacciu (=la casa di Ciapacciu) un magazzino che ha preso il nome di un aiuto guardie; anch’esso fuori dal cancello.

Oltre a questi locali in muratura, erano presenti una serie di sei capanne “barraccheddas de castiu” piccole e basse, che permettevano soltanto ad una persona sdraiata, in posizione bocconi, di effettuare un costante controllo dei lavorieri. Esse avevano le dimensioni di m. 2,50*1,50, sorgevano sulle passerelle in legno sostenute da un insieme di pali, paragonabili a palafitte. La copertura di queste “barraccheddas” era di “cruccuri” una sorta di cyperus che cresce lungo le rive dello stagno; lo strato di “cruccuri” era tenuto fermo da canne e da giunchi. All’interno di esse si trovavano un materasso, un cuscino e alcune coperte. La parte principale delle Peschiere era costituita dai lavorieri sistemati negli specchi d’acqua. Questi comprendevano varie chiuse: sette nella Peschiera Pontis, ottenute con cannicciati. Tali chiuse dette impropriamente “camere della morte” e fornite di uno spiraglio che poteva essere aperto o chiuso. In un angolo, all’interno, erano sistemate piccole chiuse dalle dimensioni di m. 1 x 0,80, detti localmente “caighi ” (=calice), in grado di contenere anche 200 quintali di pesci e dalle quali venivano effettuati piccoli prelievi. Nel periodo invernale, poiché all’interno de “su caighi” non affluivano molti pesci, procedendo la corrente dallo stagno verso il mare, in posizione controcorrente, verso cui i pesci tendono a salire, si costruivano piccoli serragli detti “oiostra”. I canniccati che chiudevano i lavorieri erano formati da diverse “prantas”, tessuto di canne che raggiungeva m 6 di lunghezza; l’insieme di diverse “prantas”, che formavano il lato di una chiusa, prendeva il nome di “pinnadas” e raggiungeva anche i m 60 di lunghezza. Fra le “pinnadas” correvano delle passerelle, che fino agli anni ’40 erano di canne e prendevano 177


il nome di “lettus”, poi sostituite da tavoloni e chiamate “piais”. Alcuni punti de “is piais”, in cui le canne venivano recise all’altezza del tavolato, o in altri punti dove c’era la terra ferma e che costituivano il punto di approdo delle reti a conclusione della pesca, erano chiamati “straccadroxius”. Gli altri complessi (Su pottu, Sa Madrini, Pischeredda) in cui risiedevano una-due persone erano molto limitati. Presso la zona di riserva vi è una torre, detta “turr’e su pottu”, dove risiedeva “ su pottaiu” e il personale di Peschiera che lo coadiuvava.. A “Sa Madrini” vi era un edificio con due ambienti; dove alloggiava “su pasrasgiu”. L’altro punto che riguardava non i diretti dipendenti delle Peschiere, ma i pescatori vagantivi dello stagno era “Scaiu”, una zona adiacente al canale, sede di un villaggio di pescatori. Era costituito da una serie di edifici comprendente tante stanzette in cui spesso dormivano “bogheris” e “poiggeris”: infatti in ogni stanza vi erano qualche branda ed attrezzi da lavoro( remi, reti, impermeabili). Questo complesso fu costruito nel ’60. Nel piazzale antistante la costruzione erano conficcati tanti pali dove venivano stese le reti perché asciugassero. Prima del ’60 la zona “Scaiu“ era adiacente alla chiesa parrocchiale presso la quale si trovavano anche i magazzini per i diversi pescatori (“S’omu de i bogheresi”, “s’omu de is poggieris” e s’omu ‘e is contus” in cui ogni sabato si riuniva il “pasrasgiu” per fare i conti della settimana). Questi locali, pur essendo in muratura come i precedenti, avevano il tetto a cannicciato giacchè avevano al centro “sa forredda”, un cammino, e il fumo poteva salire attraverso le canne del soffitto. In direzione de “sa forredda”, che non aveva cappa, pendeva un gancio (“su cancanoi”) cui si pendeva un catino in cui venivano cotti i pesci per la cena. Il piazzale adiacente alla chiesa parrocchiale era occupato dagli stessi pescatori i quali stendevano le reti ad asciugare e vi si intrattenevano a riparare i danni subiti durante la pesca o a predisporne delle nuove (“armai arrezza”). In questi ultimi decenni, in conseguenza delle vicende legate alla proprietà e alla costruzione del canale scolmatore, l’assetto della Peschiera ha subito un notevole sconvolgimento: mentre le altre due (Pischeredda e Sa Mardini) sono state abbandonate. Il complesso delle costruzioni ha raggiunto un tale degrado che solo un tempestivo e oculato intervento delle Autorità pubbliche può far sperare in un loro recupero. SPECIE ITTICHE L’economia degli stagni sardi è basata prevalentemente sui Mugilidi, a differenza di alcune valli da anguille, detto “pesce nero”, determinato dalla bassa salinità delle acque. Essendo invece nei nostri stagni la salinità piuttosto elevata, in essi prevale il “pesce bianco”. Sono presenti tutti i cinque tipi di Mugilidi: il Mugil capito, detto “conchedda”, il mugil chelo detto “ pisci mascu”, il Mugil sapiens, detto “bidimbua”, il Mugil auratus, detto “conchedda de bischera”, il Mugil Cephalus, detto forse “loi” oppure “limosa” o “birrottalla”, nomi attribuiti dai pescatori ai muggini di varia grandezza. Il calendario indicativo della montata e smontata delle varie specie è il seguente: Montata:

-

Mugil auratus: febbraio Mugil capito: febbraio-marzo Mugil chelo: aprile 178


-

Mugil sapiens: luglio-agosto ed ottobre Mugil Cephhalus: da ottobre a dicembre

Smontata: Dalla metà di maggio ai primi di giugno, mese in cui la produzione cade completamente per riprendere ai primi di luglio e raggiungere il suo massimo nella seconda metà di agosto, dopo di che si ha un nuovo arresto. Dalla fine di settembre a circa il 20 ottobre si ha la grande discesa verso il mare del Mugil saliens. Dai primi di novembre ai primi di febbraio si ha la pesca invernale specialmente di Mugil cephalus. Il Mugil cephalus non cresce molto, raggiunge al massimo i kg 2 ed allora i pescatori sono soliti chiamarlo “Bidinbua carrocci groga”, cosiddetta per una striscia dorata formatisi intorno alla bocca. Il mugilide più minuscolo che può raggiungere i cm. 10-12 e che è molto abbondante in certi periodi, autunnoinverno, è il zatterino (Atharina Mochon), detta localmente “oisci”. I latterini allungati e dal bel colore argenteo vengono chiamati volgarmente “mangiatutto” perché ad eccezione della testa si può mangiare tutto. Oltre ai Mugilidi, che sono la specie prevalente, penetrano nello stagno anche le anguille nella loro varietà (capitoni, anguille filatrotte, anguille cosiddette d’erba). Esse sono presenti in tutto lo stagno e lo erano in quantità abbondante nella Peschiera di Mare Pontis, particolarmente durante l’inverno e nelle notti tempestose: le cosiddette “nottis de cheadrosgiu”, durante le quali si verificavano le pescate più abbondanti. I pesci fini o di prima scelta, quali la spigola, (Dicertrarchus labrax), detta localmente “Arangioa”; l’Orata (Sparus auratus), localmente “cania”; la Sogliola (Solea vulgaris), “pallaia” ; la Triglia (Mullus barbatus), localmente “trilla” erano presenti in quantità limitata nello stagno e nella peschiera Pontis, rilevante nella Peschiera di “Sa Madrini”. Nel canale si trovavano diverse varietà di arselle, dette “cocciua lada“ (=arsella larga, appunto per la forma appiattita), “cocciua pintada”, ( Tapes edulis = arsella dipinta, per le striature e chiazze presenti nelle valve), la cui pesca avviene particolarmente durante l’estate da parte di pescatori solitari. Fra i crostacei sono presenti i granchi Carcinus moena (cavuru), che durante l’inverno abbondavano nella Peschiera di Pontis, ritenuti i più pregiati della zona e anteposti a quelli pescati nello stagno di Santa Giusta. In quantità notevole potevano essere pescati pesci ritenuti poco pregiati, quali le sparlotte “ sparedda “, i ghiozzi “mbuscioi”, le trigliette “trillotta”. I pesci ritenuti più scadenti erano le carpe (“grappa”) e le trinche (“trinca”) vendute a prezzi irrisori. Secondo una leggenda questi ultimi pesci sarebbero stati immessi nello stagno alla fine del secolo scorso da un frate che le avrebbe gettate nello specchio d’acqua dal ponte di Riola (Riu sa Praia). Queste specie ittiche erano presenti particolarmente nella zona della Peschiera di “Pischeredda”. La pesca dei gamberetti (“cadireddas”), infine, oltre a fornire un alimento, costituiva anche l’esca per un tipo di pesca col palamito. L’attrezzatura necessaria alla pesca nello stagno e nelle Peschiere veniva fornita quasi interamente dai comproprietari; solo i palamitai, e gli abusivi, provvedevano ai loro mezzi.

4.8.9.4.

CONSIDERAZIONI DI SINTESI 179


4.8.9.4.1.

VALORE AMBIENTALE

I due Sic di Cabras e di Mistras si inquadrano perfettamente nelle disposizioni normative del PPR relativamente ai valori Ambientali.

4.8.9.4.2.

BENE IDENTITARIO

Le peschiere Peschiera Pontis, Su Pottu, Pischeredda, Sa Madrini costituiscono un complesso di costruzioni con attrezzature, funzionale alla pesca, molto antico, e integrato nel territorio circostante. Esiste una assoluta complementarietà tra le costruzioni in muratura che hanno resistito per secoli ed ora sono state restaurate e le attrezzature per la pesca che usano materiali deperibili provenienti dall’area lagunare (tavole, canne, giunchi, fieno palustre). Si riassumono i principali edifici: 1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) 8) 9) 10) 11) 12) 13) 14) 15) 16) 17)

Su Poazziu (= il palazzo), S’omu eccia (=la casa vecchia), Su magasiu ‘e su’iu (=il magazzino del vino), Su magasieddu (=il piccolo magazzino), Su magasiu nou (=il magazzino nuovo), S’omu noa (=la casa nuova), Sa coxia (=la cucina), S’omighedda ‘ e affumai (=la casetta per affumicare) Su stai de gruppisi (=il loggiato di “gruppesi”) per la pesatura dei pesci. Su saiu o su saigu, anch’esso un loggiato per la pesatura dei pesci. Sa costa’eccia (=la costa vecchia), sempre per la pesatura dei pesci. S’omu ‘e su fiau (=la casa del “fiau” = rete per la pesca delle anguille), S’omighedda ‘e su sai (=la casetta del sale), Sa cresiedda ‘e Santu Bissenti (=la chiesetta di San Vincenzo) S’om ‘e Ciapacciu(=la casa di Ciapacciu) Oltre a questi locali in muratura, erano presenti una serie di sei capanne “barraccheddas de castiu” piccole e basse. La parte principale delle Peschiere era costituita dai lavorieri (realizzati con “prantas”, “pinnadas”, “lettus”, “piais” ) sistemati negli specchi d’acqua.

4.8.10. Soggetti amministrativi e gestionali competenti Nelle more della determinazione dell’Assessorato Difesa Ambiente della Regione Autonoma della Sardegna sui regimi e strutture da implementare per la gestione del SIC si riepilogano i soggetti che a parere del gruppo di lavoro dovrebbero assumere un ruolo amministrativo ed un ruolo gestionale 4.8.10.1. • • • • • •

Amministrativi:

Comunde di Cabras; Comune di Oristano Regione Autonoma della Sardegna e Corpo Forestale e Vigilanza Ambientale; Provincia di Oristano; Guardia Costiera; Sovrintendenza (archeologica e BB. AA.) 180


Tutti i soggetti operano nell’ambiente dei loro poteri e dei loro ruoli avvalendosi anche dei servizi che normalmente erogano istituzionalmente. 4.8.10.2. • • • • • •

Ruolo Gestionale:

Comunde di Cabras – Area Marina Protetta “Penisola del Sinis – Isola di MaL di Ventre; Comune di Oristano Regione Autonoma della Sardegna e Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale; Provincia di Oristano; Consorzio di Bonifica dell’Oristanese; “Nuovo” Consorzio Pescatori “Pontis”.

4.8.11. Altri soggetti e agenti di sviluppo operanti nei sic Nell’area oggetto del PdG opera il “Programma LEADER III” incluso nel Gruppo di Azione Locale “Montiferru – Barigadu-Sinis” (GAL MBS) per lo sviluppo rurale. Il progetto, tra le misure di sviluppo territoriale prevede diverse iniziative e proposte per la tutela delle risorse ambientali tra cui si evidenziano, per le specifiche ricadute nel sito, il progetto “Camargue sarda” e “Terracquae”. Questi ed altri progetti si articolano in ambito rurale per favorire lo sviluppo di attività compatibili ed innovative (promozione del turismo sostenibile, creazione di fattorie didattiche, forme di agricoltura sostenibile, incentivazione all’utilizzo di energie alternative, ecc.); Il laboratorio Territoriale della Provincia di Oristano è direttamente coinvolto nella programmazione degli interventi di Progettazione Integrata per la costituzione dei partenariati di progetto attivati con le manifestazioni di interesse del Giugno scorso. 4.8.12. Tipologie di risorse finanziarie utilizzabili per la gestione del sito Le risorse che verranno utilizzate per la gestione del Sito saranno individuate nel più ampio spettro di fonti possibili, nel rispetto delle normative campo di finanziamento e della pianificazione amministrativa degli Enti a cui viene affidata la Gestione del Sito. 4.8.12.1.

Fondi Regionali

Sono fondi che la Regione mette a disposizione, attraverso bandi o gare, per la realizzazione di interventi specifici. 4.8.12.2.

Fondi Nazionali

Fonti di finanziamento provenienti da diversi Ministeri finalizzati alla realizzazione di azioni volte alla salvaguardia e al ripristino degli habitat (MATTM) o atti a supportare interventi a carattere economico produttivo nel rispetto delle norme di attuazione della Direttiva Habitat e della direttiva Uccelli. Anche se da verificarne la percorribilità sembra opportuno e necessario sviluppare un dialogo con il MIPAF allo scopo di individuare azioni specifiche sul comparto della pesca che facilitino l’adozione di programmi di pesca responsabile. Azioni simili dovranno essere sviluppate con il medesimo Ministero o per lo sviluppo di politiche agricole sostenibili

181


4.8.12.3.

Fondi Europei

Si ha l’intenzione di pianificare le azioni per raggiungere e realizzare gli obiettivi del presente Piano avvalendosi dove possibile di risorse provenienti dalla Comunità Europea. Le “nuove” linee di finanziamento che si stanno profilando per il periodo 2007 – 2013 sono decisamente orientate alla sostenibilità in termini di: •

conservazione della natura (Natura 2000)

conservazione delle acque dolci (Water Framework Directive)

riduzione della CO2 (efficienza energetica e energie rinnovabili)

trasporto sostenibile

Ciò potrà quindi avvenire attraverso la partecipazione a progetti LIFE+ o simili (Strumenti finanziari per l’ambiente), allo scopo di partecipare e mettere in atto lo sviluppo e l’implementazione delle politiche ambientali comunitarie e della legislazione ambientale, come contributo specifico alla promozione dello sviluppo sostenibile. Visto la stretta relazione tra mantenimento della biodiversità e uso del suolo in senso lato delle risorse, si cercherà di accedere a finanziamenti destinati allo sviluppo rurale (Sostenibile) per esempio identificando forme compensative, modelli di gestione del territorio. In ambito della produttività ittica sarà possibile sottoporre progetti alla UE per il raggiungimento dello sviluppo sostenibile di settori e gestione di pesca sostenibile.

182


4.9.

USO DEL SUOLO

Per definire le caratteristiche dell’uso del suolo dell’area circostante lo Stagno di Cabras e Mistras è stata utilizzata, in prima approssimazione, la mappatura da fotointerpretazione prodotta dalla R.A.S. attraverso le immagini aerofotografiche dell’AIMA del 1998, georeferenziate sulla base della cartografia CTR, e integrate dalle immagini LANDSAT 7 del 2000, ulteriormente verificate attraverso il rilievo a terra. Ulteriormente sono state utilizzate le immagini Ikonos 2004 e 2005 e le ortofoto Ferretti 1999 a colori e AGEA 2003 in bianco e nero. Come riferimento per l’identificazione delle unità cartografiche è stata utilizzata una legenda derivata dalla legenda CORINE - Land Cover della Comunità Europea, livello 4. 4.9.1. AREE URBANIZZATE 4.9.1.1. 4.9.1.1.1.

Aree urbane Cabras

Il sistema urbano di Cabras, il più prossimo allo stagno ed il più grande tra quelli presenti nell’area, è caratterizzato da un centro storico a forma emiradiale, originatosi dall’aggregazione di vari nuclei rurali. Il tessuto urbano continuo passa alle aree agricole in modo differente da come ciò accade nelle aree costituite da un nucleo storico espanso caoticamente nel dopoguerra e poi seguito da aree organizzate di espansione. Oltre il nucleo di Cabras è presente un secondo borgo storico, Solanas, accorpato amministrativamente a Cabras alla fine dell’800 e originariamente comune a se, ma fisicamente ancora separato da esso. 4.9.1.1.2.

San Salvatore

Nelle campagne del Sinis è inoltre presente il borgo religioso di San Salvatore, costituito dal novenario insediato attorno alla storica chiesa paleocristiana di San Salvatore. Una parte del territorio, il settore rurale della attorno all’abitato ed attorno a San Salvatore di Sinis, è poi interessato da una diffusa edificazione in area agricola distribuita lungo la viabilità o a breve distanza da essa. Una parte di tale edificazione è recentissima e mima una virtuale destinazione agrituristica che svolge in effetti il ruolo di attività turistica dissimulata, quasi sempre sganciata da attività aziendali agricole o itticole, e supportata da una edificazione assolutamente avulsa da tipologie e contesti tradizionali. 4.9.1.1.3.

San Giovanni di Sinis

Adiacente alle aree identificate come SIC e ZPS oggetto del presente Piano di Gestione è presente la borgata marina di San Giovanni di Sinis. Il piccolo borgo, sorto ai piedi delle rovine di Tharros e attorno alla chiesa paleocristiana del VI secolo, è interessato recentemente da un modesto sviluppo turistico. Sono in previsione nuove opere di riqualificazione urbana (primaria e secondaria) e paesaggistica. 183


4.9.1.1.4.

Funtana Meiga

Borgata marina e residenziale, sorge a pochi metri dal mare, alla fine degli anni ottanta, tra il promontorio di Seu e la borgata di San Giovanni di Sinis. Ricade completamente al di fuori del SIC e della ZPS oggetto del PdG. 4.9.1.2.

Discariche ed aree di depositi di materiali di scavo

Non lontano dalla riva dello stagno di Cabras e dalla perimetrazione del Sic/Zps oggetto del presente Piano è presente la discarica abbandonata di Nas’e Canna. In alcuni punti del territorio sono presenti aree di discarica di materiali di scavo. Tra le più importanti e negative va segnalata la discarica operata con i materiali di risulta di una parte degli scavi per la costruzione di Funtana Meiga, in corrispondenza del margine della strada per San Giovanni in corrispondenza della curva in fronte al Bivio per San Salvatore, dove i materiali accumulati hanno “degradato” il paesaggio mascherando il sito del sedime della chiesa di Santu Jorghi e costituendo accumuli caotici in un tratto caratterizzato da una visibilità elevatissima. Una problematica a se stante è costituita dalla presenza degli accumuli di crostone carbonatico prodotti dall’eliminazione del caliche presente sotto il primo esile strato di suolo nel settore di San Salvatore ed in gran parte del Sinis, che viene accumulato a formare dei valli informi con grande nocumento qualitativo del paesaggio. 4.9.2. TERRITORI AGRARI 4.9.2.1.

Strutture aziendali e serre

Si tratta di aree correntemente destinate ad uso agricolo intensivo che ricomprendono strutture specializzate o frammentate anche di tipo marginale (strutture aziendali agrarie, serre e aziende vivaistiche, aree frammentate e edificate comprese entro il territorio agricolo). 4.9.2.2.

Seminativi e colture erbacee

Descrive le aree utilizzate per la coltivazione di cereali ed altre colture erbacee, in asciutto per la gran parte del Sinis in questione ed irrigue per l’area circostante Mistras. 4.9.2.3.

Oliveti e frutteti

Non presenti nell’area di studio, ma in alcune aree attigue. 4.9.2.4.

Vigneti

I vigneti occupano una parte limitata del territorio agricolo circostante la laguna di Mistras. 4.9.2.5.

Aree a pascolo

Le aree a pascolo naturale sono caratterizzate da una componente vegetale prevalente erbacea e sono distribuite in modo casuale nel territorio. Sovente fruiscono di aree abbandonate da altri usi agricoli per motivi differenti. 184


4.9.2.6.

Risaie

Alcuni lembi dei territori di Cabras, in prossimità della zona di Pontis, sono interessati da colture risicole, in particolare tra Cabras e Torregrande in aree prossime a specchi d’acqua palustri o in zone comunque molto depresse topograficamente. 4.9.3. AREE FORESTALI E AMBIENTI NATURALI E’ stato possibile individuare differenti livelli di copertura del suolo, in funzione dell'evoluzione della vegetazione, del tipo di associazione vegetale e della degradazione per opera della pressione antropica. 4.9.3.1.

Roccia nuda

Aree con roccia affiorante sono presenti in alcuni punti, a Capo San Marco, sulla giara del Sinis (Su Pranu) ed in alcuni tratti subpianeggianti tra il Sinis e lo scolmatore. 4.9.3.2.

Macchie e boscaglie

Non presenti. 4.9.3.3.

Macchia degradata

Presenza limitata. Il sistema delle spiagge che circonda il Sinis interessa sia il SIC/ZPS dello Stagno di Mistras, costituito dallo stretto cordone litoraneo che separa la laguna di Mistras dal Golfo di Oristano, sia marginalemente quello di San Giovanni di Sinis, verso ovest, con il mare aperto. 4.9.3.4.

Vegetazione dunale e aree di retrospiaggia

Nel settore di San Giovanni, in alcuni tratti di Mare Morto al sistema dunare è associata vegetazione psammofila consolidata, erbacea, quasi mai arbustiva o arborea. 4.9.4. AREE UMIDE, FLUVIALI E RIPARIALI 4.9.4.1.

Acque

Mare ed acque interne, escluse le aree di cui ai punti successivi. 4.9.4.2.

Lagune e stagni

185


Figura 27 - Ortofoto – Il tratto meridionale di Mistras con la sebkha di su Pitzinnu Mortu e la tessitura del sistema vegetazionale improntato alla variazione delle linee di riva stagnale e costiera.

Come è visibile nell’immagine, sono presenti interessanti tracce del sistema di formazione della freccia che chiude lo stagno di Mistras nel settore dello stagno di su Pitzinnu Mortu che costituisce, a causa delle trasformazioni avutesi nel tempo, l’unico esempio di bacino areico in territorio di Cabras, assieme all’estremità settentrionale dello stagno di Mistras che purtroppo risente della vicinanza del sistema agricolo. 4.9.4.3.

Aree fluviali e ripariali

I canali di collegamento tra lo stagno ed il mare, pur all’interno di un’area agricola estensiva, ospita una vegetazione ripariale a tratti sviluppata che costituisce rifugio per numerose specie di volatili. 4.9.4.4.

Acquacoltura

In tre casi, a fini produttivi, delle superfici d’acqua di dimensione e profondità insignificante, sono state trasformate in veri e propri bacini.

186


Figura 28 - Ortofoto – A Nord la Paule Fangarazzu trasformata in peschiera ed a SO un’area di terraferma trasformata in bacini per acquacoltura nel 1999 (sa Cocciola ‘a Ogai).

4.10.

INFORMAZIONE E COINVOLGIMENTO DELLE AMMINISTRAZIONI LOCALI E DEGLI ATTORI SOCIALI NELLA DEFINIZIONE DEL PIANO DI GESTIONE

La redazione del Piano di Gestione per i SIC/ZPS “Stagno di Mistras di Oristano” e SIC “San Giovanni di Sinis” è stato dato in affidamento, come previsto dalla Normativa e dal Bando Regionale del POR misura 1.5 al Gruppo di Gestione costituito dal Comune di Cabras, Comune di Oristano, Consorzio dei Pescatori e Legambiente Sardegna. Particolare importanza nella redazione dei Piani di Gestione dei SIC/ZPS lo hanno avuto alcuni gruppi di interesse locale e non, tra cui in primis, affiancando il Comune di Cabras, il Nuovo Consorzio “PONTIS” delle cooperative dei pescatori delle Stagno di Cabras. Nella zona di Pontis sono situate le strutture storiche della peschiera omonima: anche se fisiograficamente è unito allo stagno di Cabras, dal punto di vista della gestione ambientale Natura 2000 ricade all’interno del SIC della laguna di Mistras. I canali su cui lavora la peschiera costituiscono la “naturale” congiunzione tra Stagno di Cabras e il mare (Golfo di Oristano) passando attraverso il canale scolmatore. Lo stagno di Mistras, in precedenza collegato allo Stagno di Sa Mardini, e quindi allo stagno di Cabras, dopo la costruzione del canale scolmatore risulta essere isolato, dipendendo dal punto di vista idrico unicamente dagli apporti del mare e dalla acque di meteoriche o di irrigazione. 4.10.1. I pescatori Quella produttiva dello stagno di Cabras, costituisce sia a livello locale che regionale una delle maggiori realtà coinvolte per molti fattori, non ultimo il fatto che il Consorzio è costituito da circa 230 pescatori. Il coinvolgimento è avvenuto organizzando dei focus group di discussione sugli aspetti gestionali legati al mondo della pesca nello stagno. Ciò ha permesso di catalogare e descrivere le necessità che il gruppo direttivo del Consorzio Pontis riconosce come prioritarie, e ha permesso inoltre di iniziare un processo di informazione e, col tempo di 187


partecipazione, sugli scenari di intervento e sviluppo, nell’ottica del rispetto degli equilibri ambientali. Gli incontri si sono dimostrati un utilissimo strumento per informare la categoria delle finalità e dell’utilità dei Piani di Gestione dei SIC e ZPS che, pur in ambito e finalità differenti dalle loro linee di gestione, ha mostrato multi punti di contatto, primo fra tutti che l’integrità dell’ecosistema stagno, e degli habitat che lo compongono, è la condizione fondamentale che sta alla base del funzionamento del sistema produttivo di tipo estensivo, come quello dello Stagno di Cabras e della zona della peschiera Pontis Negli incontri sono emerse indicazioni e necessità del Consorzio dei Pescatori, che ha portato alla definizione di un particolare atlante delle necessità:

Figura 29 - Carta di distribuzione delle indicazioni dei pescatori NOTE:

1. PISCHEREDDA: Smantellare il vecchio sbarramento e ripristinare; 2. CANALE LUDOSU: il canneto è in buono stato, ma è regredito dal 1980; 3 MAR ‘E PAULI E PAULI E SALI: Ripristinare i canali. Quello Nord dovrebbe essere OK, gli altri 2 sono da

188


aprire: importanti per il novellame in inverno; 4 CANALE AL BECCO D’ANATRA: C’è un nuovo canale temporaneo per evitare le morie. (ossigenazione); 5. SCOLMATORE – BECCO ANATRA: Togliere i fanghi dal becco d’anatra; 6. CANALI DI PONTIS: Lavorieri per le anguille – sono stati ricostruiti male; 7. GROGA: Problema diffuso della Mercerella; 8. EX DISCARICA: Bonificare un po’ alla volta;9. PESCHIERA: Bisogna dragare periodicamente per sfruttare le fasi di marea; 10. CORMARANI: Decreto di Agosto 2006 " Abbattimento vietato in ZPS. Allora cosa fare?.

4.10.2. La Società Sinis – San Vincenzo La Società “Sinis – San Vincenzo” è stata promossa dall’Amministrazione di Cabras con l’intento di sviluppare una cultura d’impresa orientata al mercato ma internalizzando i concetti e o principi di una gestione ambientale. Entro tale scenario dovrà assumere importanza la diversificazione dei “segmenti” produttivi riferibili alla produzioni ittiche, alla trasformazione dei prodotti, ittiturismo, prodotti tipici d’area, turismo naturalistico e culturale. Premesse essenziale a quanto di cui prima è la gestione razionale delle risorse umane coinvolte, rispetto alle quali sarebbe opportuno prevedere progetti di recupero e manutenzione a forte intensità di manodopera. In tale ottica la Società sta pianificando alcuni interventi a basso impatto ambientale ma destinati a stabilire alcune linee produttive fondanti sul germoplasma locale. 4.10.3. Il Consorzio di Bonifica Dopo la distrofia del 1999 sia a livello locale che Regionale sono emerse due necessità: - conoscere le cause che hanno portato al verificarsi del fenomeno; - individuare gli interventi e le azioni da realizzare per far fronte ad altri eventuali

situazioni catastrofiche ed eliminarne le cause. A seguito di tali fenomeni l’Assessorato delle Difesa dell’Ambiente della Regione Autonoma della Sardegna ha dato incarico ad un gruppo tecnico-scientifico costituito dal Consorzio di Bonifica dell’Orsitanese, dal Dipartimento di Botanica ed Ecologia vegetale dell’Università di Sassari, il Dipartimento di Biologia Animale ed Ecologia dell’Università di Cagliari, il Presidio Multizonale di Prevenzione dell’USL di Oristano affinché predisponessero, con il Piano di Recupero ambientale e di rilancio produttivo dello Stagno di Cabras, definendo alcune opere urgenti per il primo intervento. Il Piano di Recupero ha portato alla definizioni di alcuni interventi atti a rispondere al ripetersi di eventuali fenomeni di distrofia analoghi a quello del 1999. Alcuni interventi previsti dal Piano sono in fase di appalto o realizzazione, consistenti in: ! ! ! !

Fornitura di motopompe Fornitura, installazione e gestione di un sistema di monitoraggio dello Compendio di Cabras Fornitura e installazione di un sistema di aerazione delle acque dello Compendio di Cabras Realizzazione di opere idrauliche e civili nello Compendio di Cabras

Questi interventi intendono configurarsi come soluzioni ad eventuali situazioni critiche di eventi catastrofici.

189


4.10.4. Porto turistico di torregrande Sorge in località Sa Mardini, nell’estremità nordoccidentale del territorio comunale costiero di Oristano. Coordinate geografiche: 35°54’N, 8°30’E Il progetto originario è del 1981, e prevedeva un molo foraneo di sopraflutto di protezione dai quadranti sudoccidentali (con maggiore fetch geografico, dal mare di Alboran), un molo di sottoflutto in direzione ortogonale, a protezione dai quadranti sudorientali, un molo di riva, coincidente con l’imboccatura del canale scolmatore (Bucca de sa mardini) dello stagno di Cabras, a protezione dai quadranti nordorientali. Il progetto era distinto in due fasi realizzative: -la prima, quella attualmente completata, consistente nella realizzazione del molo foraneo, del molo di riva e di due bacini interni, uno per uso esclusivo del diporto ed uno per uso misto diporto e pesca, capaci di oltre 400 posti barca, oltre che dei piazzali di colmata a spiaggia con i relativi fabbricati di servizio; - la seconda, in previsione futura non ancora programmata economicamente, consistente nella realizzazione del molo di sottoflutto e di un ulteriore bacino destinato ad ospitare circa 350 imbarcazioni. Questa struttura è attualmente l’unica della costa centro-occidentale sarda, in grado di ospitare con adeguati servizi di banchina imbarcazioni da diporto tra i 6 e i 24 mft; le strutture analoghe più prossime sono situate ad oltre 30 miglia marine (Bosa e Alghero a N, Portoscuso e Carloforte a S). La struttura attualmente è in concessione demaniale alla società Marine Oristanesi s.r.l., con una superficie concessa complessiva di 91.370 mq, di cui: -

20.330 mq per aree destinate ad impianti (piazzale)

-

894 mq per pertinenze demaniali insistenti sulle suddette aree (centro servizi

con

uffici,

bagni

e

spogliatoi,

locale

impianti

tecnologici,

capannone per il rimessaggio di circa 750 mq e locali vari); -

5.106 mq per banchine, scali di alaggio e moli;

-

1.384 mq di aree scoperte

-

1.261 mq per pontili galleggianti ad uso diporto

-

41.030 mq per specchi acquei ad uso diporto

-

3.552 mq per banchine ad uso pesca

-

17.813 mq per specchi acquei ad uso pesca

I servizi forniti sono i seguenti: Rifornimenti di Acqua - Carburanti - energia elettrica – Cantieri nautici in piazzale Rimessaggio al coperto e all'aperto - Scalo di alaggio con Travel lift da 65T e Gru da 5 a 60T - Ormeggiatori - Guardianaggio - Parcheggio auto - Prelievo rifiuti - Raccolta olii esausti – servizi igienici e docce - Servizio VHF - Meteo sat - Diffusione bollettini meteo Servizio fax - Servizio e-mail.

4.10.4.1.

Progetti in corso di esecuzione

Tra le opere programmate ed in esecuzione, si possono citare: 190


1.

la recinzione dell’area portuale lungo la scogliera sudorientale, che separa la stessa dalla spiaggia di Torregrande-le Baracche;

2.

il rifacimento della copertura del capannone di rimessaggio;

3.

la dotazione, nelle banchine in cemento, di “fingers� di accosto per facilitare gli ormeggi delle imbarcazioni;

4.

la revisione dei pontili galleggianti intestati sul molo di sopraflutto, con inserimento di un nuovo pennello e conseguente accrescimento della capacitĂ del porto di 44 posti barca di dimensione massima 7 mft.

191


5. OBIETTIVI DEL PIANO DI GESTIONE Premesso che gli obiettivi individuati come funzionali alla strategia di gestione sono perseguibili nel tempo (breve, medio e lungo termine) attraverso interventi, azioni, programmi e attività specifiche, di seguito ciascuno degli obiettivi, risultanti dagli apporti singoli e condivisi dal gruppo di lavoro, viene posto in relazione con interventi, azioni, programmi e attività ad essi funzionali. Gli interventi, le azioni, i programmi le attività sono ricompresi entro “schede operative” la maggior parte delle quali sono state elaborate in occasione del bando dell’ADA della RAS nell’ambito del bando POR misura 1.5b. Altre schede sono state presentate nell’Accordo Programma Quadro (APQ) e costituiscono integrazioni di interventi presentati dal Consorzio di Bonifica in attuazione del Piano di conseguente alla distrofia del manifestatasi nel 1999. Infine alcuni progetti vengono ipotizzati dalla Società Sinis – San Vincenzo ed altri progetti vengono proposti ex-novo dal gruppo di lavoro (Bonifica ex sito di discarica “Nas’e Canna”). La correlazione “progetto/azione” con gli obiettivi da perseguire esprimono in forma sintetica il rapporto causa-effetti degli interventi. Maggior dettaglio nei progetti e negli effetti previsti sono inseriti nelle schede progetto (allegate) di cui prima. Maggiori dettagli sulla funzionalità degli interventi rispetto agli obiettivi sono desumibili dalle schede-progetto la cui struttura è riportata di seguito.

5.1.

CRITICITÀ

Si riportano di seguito alcuni elementi che nel corso dell’implementazione del presente piano di gestione relativo ai SIC/ZPS dello Stagno di Mistras e del SIC di di San Giovanni sono emersi come criticità. Ciò ha portato ad individuare successivamente le strategie e i possibili interventi da attuare. Calpestio Tale azione determina stress e danneggiamento della copertura vegetale. Nell’immediato danneggia parte della pianta o, talvolta, tutto l’organismo. Determina, nel medio-lungo periodo la formazione di percorsi tra la vegetazione e di conseguenza la frammentazione degli habitat. Il “calpestio” dovuto al passaggio di veicoli porta nel breve periodo alla compattazione del terreno, diminuendo quindi la capacità di recupero della copertura vegetale. Nel caso di zone sabbiose, tale azione, porta al seppellimento degli organismi. Le aree di duna del Sic di San Giovanni di Sinis, risentono particolarmente l'azione del calpestio durante il periodo estivo: il flusso di turisti, dalle zone di sosta dei veicoli a alla spiaggia, crea e mantiene aperte piste di sabbia tra la vegetazione della duna, favorendo lo spostamento della sabbia e inibendone la stabilizzazione. Incendio Nell’ambito delle criticità per la componente vegetale l’incendio rappresenta probabilmente il “male peggiore” per i suoi effetti immediati sugli habitat. Determina la perdita o il danneggiamento di molte specie vegetali: in poco tempo altera gli equilibri dell'ecosistema, a volte, determinando l’impossibilità di ristabilire le stesse condizioni. Gli stadi successivi all’incendio possono portare quindi ad equilibri differenti sia in termini di quantitativi che specifici. 192


La pratica tradizionale dell’abbruciamento, può costituire una causa di incendio. Utilizzata in agricoltura, può sfuggire al controllo dell’uomo e raggiungere i sistemi naturali. Prelievo Il prelievo di specie vegetali spontanee costituisce una danno per l’habitat e per la specie. A seconda dell’abbondanza, della distribuzione e della specie, il prelievo può costituire un grave danno anche se effettuato su pochi esemplari. Introduzione di specie aliene invasive L’introduzione, volontaria o accidentale, naturale o antropica, di specie non alloctone può essere un problema per il mantenimento degli equilibri tra le specie vegetali presenti. Alcune specie aliene invasive possono occupare spazi e utilizzare risorse destinati solitamente ad altre specie meno competitive, determinandone in tempi più o meno brevi la scomparsa. Pascolo Oltre ad essere una fonte di calpestio, il pascolo produce sia una selezione di alcune specie vegetali, sia l’apporto di sostanze nutritive (dovute agli escrementi) che alterano il livello “normale”. Ciò favorisce le piante che maggiormente sopportano il calpestio, quelle che non vengono mangiate e quelle che sfruttano meglio le condizioni di nutrimento dovuto all’apporto animale. Pesca L’attività di pesca costituisce una forma di prelievo che insiste solitamente su alcune specie ittiche o su altri organismi marini. La laguna di Mistras e la zona di Pontis sono interessate da questa attività da secoli, tanto da aver più volte portato a modificare il orso dei canali per meglio adattarli alle tecniche di pesca utilizzate. L’aumento dello sforzo di pesca, assieme ad altri cambiamenti del territorio circostante hanno determinato un cambiamento nella composizione specifica dei popolamenti ittici. Ciò è dovuto in parte anche ad attività non legali: la pesca da parte di pescatori non autorizzati (p.e. non facenti parte del Consorzio di gestione del compendio ittico di Cabras) sia per l'utilizzo di strumenti nei periodi no consentiti dalla normativa regionale (bertavelli). La zona a mare del SIC di Mistras, è interessata in particolare dalla pesca del Paracentrotus lividus. Per il prelievo di tale organismo possono essere fatte alcune considerazioni di carattere gestionale legate alle modalità con cui viene effettuato il prelievo e nei momenti in cui tale pesca è autorizzata. L'utilizzo dell'autorespiratore consente di prelevare quasi tutti gli esemplari della taglia superiore ai 50mm, facendo diminuire la capacità riproduttiva complessiva della popolazione. Introduzione di nuove specie ai fini produttivi Una potenziale minaccia per l'equilibrio delle specie all'interno del SIC di Mistras, è la possibile introduzione a fini produttivi di organismi non autoctoni che, se non correttamente gestite, potrebbero competere che le specie locali e portare ad una sostituzione della nicchia ecologica. Ormeggio e ancoraggio 193


L'ancoraggio di natanti da diporto e barche da pesca determina un danno alle praterie di fanerogame marine che popolano i fondali antistanti la laguna di Mistras (Posidonia oceanica e Cymodocea nodosa) L'utilizzo improprio delle ancore e l'uso di corpi morti, a volte abusivo, impatta sui popolamenti vegetali dell'area compromettendo lentamente l'integrità della copertura e formando del tempo delle zone sabbiose prive di vegetazione. Tali attività riguardano in particolare due zone: quella di fronte allo scivolo di alaggio di Mar Morto a San Giovanni di Sinis e, l'altra, nella zona detta di Is Barraccasa, compresa tra lo sbocco del Canale Scolmatore e la bocca della laguna di Mistras. Abbandono di rifiuti e altro materiale Anche se il fenomeno risulta in diminuzione, l'area dei SIC è interessata, in forma circoscritta solo ad alcune zone, dall'abbandono di rifiuti domestici e di altro materiale, per lo più legato all'attività edile (inerti, materiale ferroso, Eternit,...). Lungo il tratto di costa si trova materiale probabilmente portato dalla mare durante le mareggiate: solitamente materiale plastico, a volte legato all'attività di pesca (bidoni utilizzati come segnalamenti, resti di reti, nasse non più utilizzate).

5.2.

OBIETTIVO GENERALE

1. Mantenere un livello soddisfacente dello stato di conservazione degli habitat e delle specie di interesse comunitario, garantendo la conservazione degli habitat e delle specie di interesse comunitario, assicurando il mantenimento e/o il ripristino dei loro equilibri ecologici). 2. Mantenimento attività tradizionali e sostenibili 3. Promozione e sostegno per nuove attività a) valorizzazione pesca come patrimonio culturale e etnografico b) valorizzazione colture tipiche c) valorizzazione pesca come valore economico 4. Mantenimento identità paesaggistica 5. Miglioramento e /o ripristino delle componenti di cui prima 6. Coinvolgere la popolazione in ogni suo componente. a) Attività di disseminazione / forum / condivisione

5.3.

OBIETTIVI SPECIFICI

• contenere e prevenire la perdita di habitat stabilizzando le forme d’uso a quelle attuali

e/o orientando al ripristino delle condizioni originali;

• recuperare superfici attualmente coltivate riportandole alla funzione naturale originaria

in prossimità dello stagno e delle paludi temporanee dove necessario;

• mantenere e/o ripristinare il reticolo idrografico superficiale in quelle situazioni dove

necessario favorendo il mantenimento delle condizioni degli habitat acquatici e par acquatici; 194


• caratterizzare il sedimento delle rive e dei fondali dei corpi idrici (principali e secondari)

al fine di sviluppare un’azione di gestione del benthos;

• gestione corretta dello schema idraulico [consorzio di Bonifica] • mantenimento

e/o miglioramento di ambiti paesaggistici significativi e tipici dell’ambiente lagunare (Paesaggio vegetale, manufatti di interesse architettonico e/o archeologico e/o culturale in genere, delle essenze singole e/o associate – cenosi monospecifiche, siepi, alberi o arbusti isolati)

• adottare misure per il mantenimento dei siti si nidificazione/ riproduzione; • rispetto alla gestione delle attività di pesca: o

definire procedure di gestione competitori dei flussi economici;

o

definire procedure di gestione produttive degli stock ittici con particolare attenzione al mantenimento della diversità specifica e al suo equilibrio;

o

mantenimento e valorizzazione dei metodi tradizionali e delle tecniche di prelievo;

o

valutare la capacità portante della produzione ittica;

o

implementazione e supporto di tecniche di produzione, lavorazione e vendita;

• favorire/definire

nuovi

servizi

rispetto

al

di

turismo

specie

ornitiche

sostenibile

ittiologhe,

(naturalistico

e

enogastronomico)

• implementare l'attività di monitoraggio ambientale (piano di monitoraggio in situ per

taxa minacciati) o rari e socio economico;

• consolidare l’attività di ricerca orientata di base (flora, vegetazione, biologia della

conservazione,…);

• costituzione di un GIS / atlante dei SIC / Database anche esteso al bacino imbrifero

(450 km2 di territorio);

• attivare

momenti partecipativi e di condivisione tra gli stakeholder e favorire l’interazione tra enti (comuni) e soggetti aventi titoli

• Implementazione di piani d’azione per situazioni di emergenza (incendi, inquinamento,

sversamento, distrofie e anossie)

• Conservazione ex situ del germoplasma con priorità per i taxa endemici, rari e/o

minacciati e d’interesse fitogeografico e allo stesso tempo per entità di possibile impiego nei ripristini ambientali e nelle rinaturalizzazioni.

• Piano di monitoraggio in situ per taxa minacciati o rari • Piano pluriennale di eradicazione delle specie alloctone (invasive e non) presenti

principalmente nei sic di San Giovanni e Mistras e interventi per una loro sostituzione con specie tipiche prodotte a partire da germoplasma autoctono.

• Conservazione in situ delle associazioni vegetali minacciate (efedreti, limonieti a

Limonium oristanum e limonieti a Limonium pseudolaetum).

• Tenere sotto controllo, ridurre od eliminare od eventualmente limitare le attività che

incidono sull'integrità della specie e dell'ecosistema causandone la perdita o la frammentazione degli habitat.

In particolare per la parte relativa all'agricoltura, in linea con le Misure della Politica Agricola Comune, si prevede di favorire: !

i ritiri dei seminativi per scopi ambientali; 195


ripristino e/o conservazione di spazi naturali e seminaturali e del paesaggio agrario (siepi, filari di alberi, boschetti, stagni, e); !

mantenimento di pascoli, trasformazione dei seminativi in prati e mantenimento del pascolo estensivo; ! !

agricoltura integrata;

!

agricoltura biologica.

E di promuovere e di sostenere la promozione, attraverso gli strumenti messi a disposizione dalla stessa ComunitĂ Europea: ! forme di conduzione dei terreni agricoli compatibili con la tutela e con il

miglioramento dell'ambiente, del paesaggio e delle sue caratteristiche, delle risorse naturali, del suolo e della diversitĂ genetica, ! l'estensivizzazione

(dove possibile) favorevole all'ambiente, della produzione agricola (riduzione della resa per ettaro) e la gestione dei sistemi di pascolo a scarsa intensitĂ (basso numero di capi di bestiame per ettaro),

! la salvaguardia del paesaggio e delle caratteristiche tradizionali dei terreni agricoli, ! il ricorso alla pianificazione ambientale nell'ambito della produzione agricola.

196


Scheda percorso logico


6. STRATEGIA DI GESTIONE E SCHEDE DELLE AZIONI DI GESTIONE 6.1.

Strategia di gestione (Sintesi)

Per comprendere il senso della politica di gestione ambientale che le Amministrazioni stanno perseguendo oltre a quanto di cui prima e che valorizza alcune scelte strategiche giova sottoporre una breve ricognizione sugli interventi già realizzati, da realizzare e programmati coerenti con le tipologie d’ intervento ammissibili previste dal bando P.O.R. – mis. 1.5.b (punto 5 – tipologie d’intervento ammissibili): Si tratta di iniziative sia a scala ridotta che a vasta scala che, seppur con diversa intensità, sono sia riconducibili alle tipologie d’intervento previste dal bando per i SICZPS che riconducibili a di un “disegno” complessivo di gestione ambientale che danno la misura della missione delle Amministrazioni Comunali. Ciò premesso, alcune delle importanti motivazioni per gli interventi nel SIC-ZPS in questione, che per la loro importanza dovranno trovare corrispondenza nell’articolazione del PdG nelle sue diverse articolazioni territoriali (Cabras ed Oristano), sono le seguenti: a) Interventi per la tutela delle diversità biologiche, degli habitat naturali e seminaturali e delle specie previste nelle direttive comunitarie; b) Interventi di conservazione, manutenzione, recupero e restauro del paesaggio, del territorio e delle risorse immobili a livello locale; c) Recupero e ripristino di ambiti degradati e vulnerabili (risanamento, ricostruzione ambientale e rinaturalizzazione); d) Valorizzazione delle aree anche mediante l’organizzazione dell’accessibilità e della fruibilità; e) Dotazione di adeguati servizi collegati ed integrati ad interventi di conservazione e valorizzazione delle risorse naturalistiche.

6.2.

Modifica alla perimetrazione Conseguentemente a quanto proposto/ipotizzato per il SIC/ZPS “Stagno di

Cabras”, la perimetrazione del SIC “Stagno di Mistras” oggetto del Piano di Gestione alla luce delle conoscenze attuali, risulta non essere adeguata/potrebbe essere migliorata al fine di una corretta gestione. In linea generale si suggerisce/propone di poter rivederne la configurazione. Sarebbe opportuno che la zona di “Pontis” e del Canale scolmatore, attualmente ricompresa nel SIC di Mistras, venisse “ceduta” al SIC “Stagno di Cabras”. Pur non disconoscendo, in termini di macroescosistema, il legame tra gli ambienti dello stagno di Cabras, della zona di Pontis e della laguna di Mistras, quest’ultima presenta caratteristiche particolari sia ambientali che gestionali. 1. bacino scolante indipendente da quello dello Stagno di Cabras; 2. condizioni fisiche dell’acqua caratteristiche:


a. non riceve apporti da canali; b. scambio idrico costante unicamente con il mare; c. condizioni di ipersalinità nel periodo estivo; d. funzioni ecologiche specifiche (nursery per alcune specie ittiche).

Anche nell’ipotesi di inclusione delle aree di Mar’e Pontis al SIC di Cabras, si chiede di valutare la possibilità di escludere/considerare la necessità di lasciare all’interno del perimetro del SIC la struttura del Porto Turistico di Torregrande. La riflessione risulta essere funzionale a due questioni:

-

la presenza del “porticciolo” all’interno del SIC può essere funzionale allo sviluppo, in esso, di attività (tradizionali e non) attuate con procedure sostenibili ed a basso impatto ambientale. Questo nella logica della gestione integrata della fascia costiera, secondo cui, i modelli di sviluppo devono essere fortemente indirizzati al mantenimento delle risorse naturali.

-

l’esclusione del “porticciolo”, non sottrarrebbe l’Ente di Gestione di tale struttura a rispettare l’obbligo di sottoporre ai procedimenti amministrativi dovuti per accertare la “compatibilità” delle attività/interventi con la presenza del SIC/ZPS, e permetterebbe comunque di accedere alle risorse rese disponibili nell’ambito della valorizzazione della attività legate ai SIC/ZPS. Permetterebbe comunque di non considerare naturali e di non assimilare ad habitat superfici ormai alterate rispetto alla condizione di naturalità.

Alla luce delle attività per l’acquisizione di informazioni e alle ricognizioni in campo nel SIC di San Giovanni di Sinis sono emerse alcune considerazioni che possono portare a formulare nuove ipotesi di riperimetrazione dell’area. Gli attuali confini non tengono conto della distribuzione di unità vegetazionali presenti e dell’importanza che potrebbe avere ricomprendere nel SIC particolari formazioni, allo scopo di costituire una sorta di continuum nelle serie “vegetazionali”. Si propone quindi di allargare l’attuale configurazione, comprendendo la parte litorale sia verso mare aperto che in direzione del Golfo di Oristano. In questo modo:

-

ricomprendere tutti gli ambienti dunali presenti, compresa la spiaggia e le zone dell’avanduna, dove si sviluppa la vegetazione pioniera di fondamentale importanza per la conservazione delle dune.

-

tutelare in maniera più efficace porzioni di habitat analoghi a quelli attualmente ricompresi e che presentano problematiche di conservazione simile (presenza di specie aliene infestanti, presenza di resti di costruzioni di periodi precedenti, attraversamenti a percorsi multipli,…)


-

costituirebbe un transetto che “raccordi” due ambienti differenti, il mare ed il golfo.

6.3.

INDICAZIONI GESTIONALI

6.3.1. Provvedimenti in corso per la gestione del mare ricompreso nel SIC/ZPS 6.3.1.1.

Ampliamento dell’AMP

Ad integrazione e potenziamento degli strumenti di gestione che saranno assicurati nell’ambito dalla Rete Ecologica Regionale previsti dalla rete Natura 2000, al fine di sviluppare un maggior livello di controllo e gestione sulla parte di mare prospiciente la laguna di Mistras (SIC Stagno di Mistras di Oristano), il Comune di Cabras, in qualità di Ente Gestore dell’Area Marina Protetta “Penisola del Sinis – Isola di Mal di Ventre” nell’agosto del 2005 ha inoltrato al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e per conoscenza all’ADA della RAS, la richiesta di modifica della perimetrazione dell’AMP, proponendone l’ampliamento dall’attuale punto posto nelle vicinanze dello scivolo di alaggio di Mare morto alla zona vicino al canale scolmatore. Contestualmente all’approvazione del nuovo decreto sarà adottato il regolamento di gestione dell’AMP ed a seguito del quale dovranno essere adottati i disciplinari delle attività esercitabili nell’AMP e quindi nelle porzioni di SIC e ZPS in essa ricadenti. Le attività disciplinate sono le seguenti: -

la pesca professionale; la pesca sportiva; il monitoraggio e la ricerca; i servizi turistici; il trasporto; il diving; le attività ricreative e sportive: il diporto e le attività connesse;

In tale occasione molto prossima, particolare significato rispetto al governo del SIC/ZPS assumono i documenti tecnici relativi al diporto e all’attività di immersione che il MATTM ha elaborato. 6.3.2. Potenzialità e ipotesi di sviluppo per la pesca Per poter migliorare la situazione della pesca bisognerebbe principalmente ridurre lo sforzo di pesca e una maggior diversificazione della tipologia di pesca. Adottare nuove tecniche di gestione per quanto riguarda lo stagno, opere di bonifica e razionalizzazione della risorse, maggior comunicazione tra enti proponenti e operatori. Integrare con attività alternative come la pesca turismo in maniera tale che I pescatori possano essere soddisfatti economicamente e nel contempo non gravino eccessivamente sulla fascia costiera. Maggior integrazione e adeguamento degli operatori alle tendenze del turismo un tipo di pesca, sempre più selettivo e mirato alla pesca di alcune specie bersaglio, tutelandone altre.


Interessante potrebbe essere anche creare delle zone tutela biologica di riposo pesca ed inoltre poter dare ai pescatori delle zone marine da gestire e tutelare. Una nuova prospettiva se gestita bene potrebbe essere la gestione del nuovo mercato ittico, alcune figure professionali quali i pescatori potrebbero svolgere nuove attività e sarebbe sempre un modo per far diminuire lo sforzo di pesca sul mare antistante e sullo stagno. Una grossa mano ai pescatori la da, la ricerca finalizzata alla conoscenza e alla salvaguardia degli stock ittici, per una gestione compatibile delle risorse e dell’ecosistema. Maggiore valorizzazione dei prodotti locali, diversificazione delle attività, quali maricoltura, pescaturismo, ittiturismo, mirato a ridurre lo sforzo di pesca. Se l’area fosse ricompresa all’interno dell’Area Marina Protetta potrebbero essere attuate azioni per una più efficace regolamentazione (tempo di utilizzo, numero, modalità di segnalamento), in accordo e nel rispetto della normativa vigente in materia. 6.3.2.1.

La pesca dei ricci

La crescente richiesta di mercato potrebbe portare ad un aumento dello sforzo di pesca (numero di giornate/uomo) e delle CPUE tale da far aumentare nell’ambito della regolamentazione vigente le catture verso quote non sostenibili. Si possono ipotizzare diversi scenari per impedire una crescita delle catture oltre i limiti di rendimento sostenibile. Nello Scenario 1 (Tabella 51) si aumentano le giornate di pesca (i pescatori vanno a raccogliere ricci più frequentemente) e quindi lo sforzo di pesca: devono diminuire le licenze per mantenere le catture al livello sostenibile dallo stock. La resa in peso di gonadi è di circa 8 tonnellate. Tabella 51 - Scenario 1 Mesi

Giornate di pesca

Sforzo di pesca CPUE (Catture (Giorni/uomo) giorno

CATTURE TOTALI

Peso medio gonadi per individuo (g)

Peso totale gonadi prelevate (kg)

Novembre

10

580

578

335.240

3,29

1.101

Dicembre

10

580

578

335.240

3,37

1.130

Gennaio

10

580

578

335.240

2,83

948

Febbraio

10

580

578

335.240

3,23

1.084

Marzo

10

580

578

335.240

5,11

1.713

Aprile

10

580

578

335.240

6,20

2.079

TOTALE

60

3.480

578

2.011.440

Numero licenze

58

8.055

Nello Scenario 2a (Tabella 52) è stata effettuata una simulazione in cui si dimezzano le licenze (da 280 a 140) e si concentra la stagione di pesca nei due mesi maggiormente produttivi per lo sviluppo delle gonadi (Marzo e Aprile), mantenendo le catture al livello sostenibile dallo stock. Si avrebbe in tal modo un incremento del 40% in peso della quantità di gonadi prelevate (da 8000 a 11200 kg) rispetto allo scenario 1 (Tabella 51) e un incremento del 14% rispetto alla situazione attuale (da 9800 a 11200 kg) nonostante la diminuzione delle catture del 19% (da 2.437.765 a 1.994.100). La CPUE è stata tenuta uguale all’attuale.


Tabella 52 - Scenario 2a.

Mesi

Giornate di pesca

CPUE (Catture per giornata)

Sforzo di pesca (Giorni/uomo)

Peso medio gonadi per individuo - g

CATTURE TOTALI

Peso totale gonadi prelevate (kg)

Novembre

0

0

0

0

3,29

0

Dicembre

0

0

0

0

3,37

0

Gennaio

0

0

0

0

2,83

0

Febbraio

0

0

0

0

3,23

0

Marzo

15

1.725

578

997,050

5,11

5.094

Aprile

15

1.725

578

997,050

6,20

6.184

30

3.450

578

1.994.100

TOTALE Numero licenze

11.278

115

Nel caso di caso di un aumento della CPUE fino al massimo consentito (1000) si deve necessariamente provvedere a una diminuzione del numero delle licenze (Scenario 2b, Tabella 53). Tabella 53 - Scenario 2b.

Mesi

Giornate di pesca

Sforzo di CPUE (Catture pesca per giornata) (Giorni/uomo)

CATTURE TOTALI

Peso medio gonadi per individuo - g

Peso totale gonadi prelevate (kg)

Novembre

0

0

0

0

3,29

0

Dicembre

0

0

0

0

3,37

0

Gennaio

0

0

0

0

2,83

0

Febbraio

0

0

0

0

3,23

0

Marzo

15

990

1.000

990.000

5,11

5.058

Aprile

15

990

1.000

990.000

6,20

6.141

TOTALE

30

1.980

1.000

1.980.000

Numero licenze

66

11.198

Se si intende mantenere un numero elevato di licenze (es. 200) si deve limitare lo sforzo di pesca a 18 giorni (Scenario 3, Tabella 54). Tabella 54 - Scenario 3.

Mesi

Giornate di pesca

Sforzo di pesca (Giorni/uomo)

CPUE (Catture per giornata)

Peso medio gonadi per individuo g

CATTURE TOTALI

Peso totale gonadi prelevate (kg)

Novembre

0

0

0

0

3,29

0

Dicembre

0

0

0

0

3,37

0

Gennaio

0

0

578

0

2,83

0

Febbraio

5

1.000

578

578.000

3,23

1.869

Marzo

7

1.400

578

809.200

5,11

4.134

6

1.200

578

693.600

6,20

18

3.600

578

2.080.800

Aprile TOTALE

4.302 10.306


Numero licenze

200

Le caratteristiche degli scenari sono riassunte nella Tabella 55. In particolare si sottolinea che gli scenari 2a e 2b, concentrando la pesca nel periodo di maggior sviluppo delle gonadi consentirebbero una resa superiore a parità di catture. Tabella 55 - Caratteristiche degli scenari di gestione simulati. Scenario

Caratteristiche

Scenario 1

Aumentano le giornate di pesca (i pescatori vanno a raccogliere ricci più frequentemente): devono diminuire le licenze per mantenere le catture al livello attuale. La resa in peso di gonadi è simile all’attuale.

Scenario 2a

Si riduce la stagione di pesca a due mesi. Si riducono anche le giornate di pesca e si dimezzano le licenze. I pescatori, nell’arco di due mesi sono impegnati a tempo pieno nella raccolta dei ricci. Aumenta, a parità di catture la resa in peso delle gonadi (+40%)

Scenario 2b

Oltre al precedente aumentano le catture giornaliere fino al massimo consentito (1000): le licenze devono essere ridotte a 81.

Scenario 3

Si mantengono 200 licenze: la stagione di pesca deve essere limitata a 21 giorni (preferibilmente tra Febbraio e Aprile).

Indicazioni per il monitoraggio I dati raccolti consentono di avere indicazioni per la gestione della pesca del riccio di mare nella AMP. Al fine di verificare le previsioni tenendo conto della variabilità dei reclutamenti annuali e monitorare lo stato della risorsa si suggerisce di: 1. effettuare periodicamente (ogni 2/3 anni) una stima dell’abbondanza della popolazione secondo il disegno di campionamento sopra illustrato; 2. continuare la raccolta annuale dei dati di cattura e sforzo di pesca; 3. creare una banca dati digitale in cui inserire le serie temporali e spaziali dei dati rilevati (GIS area marina); 4. confrontare l’abbondanza e struttura della popolazione tra aree di pesca e aree di non pesca; 5. effettuare un’analisi comparata dell’abbondanza di P. lividus, dei suoi predatori (effetto cascata) e competitori (Arbacia lixula) che potrebbe comportare una variazione nel tempo della struttura della popolazione.

6.4.

SCHEDE AZIONI DI GESTIONE

In allegato schede di cui al Bando POR Misura 1.5b (Febbraio 2006) inoltrate all’Assessorato della Difesa dell’Ambiente – Regione Autonoma della Sardegna.


7. CONCLUSIONI Nel definire il Piano di Gestione del SIC e ZPS si è cercato di mettere a sistema le conoscenze formali, e non, prodotte in anni di studi e ricerche, consapevoli dei limiti temporali e di altra natura che ha comportato tale tipo di impegno. Dal lavoro condotto emergono alcuni spunti di fondamentale importanza: !

!

!

!

considerare la possibilità di rivedere, nel tempo, la definizione della perimetrazione di tali siti. Le considerazioni scaturite dalla definizione del Piano di Gestione, sottolineano come ci siano forti connessioni sia dal punti di vista ambientale che gestionale tra il SIC di si Mistras e quello si San Giovanni di Sinis. la necessità che si costituisca un tavolo tecnico di lavoro permanente per affrontare le problematiche gestionali e degli stagni di Cabras, al cui interno siano rappresentate le differenti realtà coinvolte nel territorio ma che allo stesso tempo non perda di vista le finalità “imposte” dalla Direttiva Habitat e dalla Direttiva Uccelli: la tutela ambientale e la conservazione degli habitat. Tale organo, senza confliggere con i differenti livelli amministrativi già esistenti e la cui collocazione rimane da definirsi, potrebbe costituirsi come gruppo tecnico a supporto delle gestione ambientale e socio-economica dei tali siti. la necessità che la conoscenza dello stato ambientale e delle risorse venga periodicamente aggiornato (ogni due/tre anni), al fine di rivedere e riconsiderare il Piano di Gestione e renderlo così uno strumento dinamico e affidabile, funzionale alla gestione adattativa dei siti. la necessità di sviluppare specifici disciplinari delle attività che vengono svolte all’interno dei siti Natura 2000, aggiornandoli periodicamente a seconda dello stato della risorsa e delle politiche ambientali ed economiche (attività turistiche, attività legate la diporto, attività di pesca,…)


8. BIBLIOGRAFIA CONSULTATA E CITATA -

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