In ricordo di un grande cinofilo
Antonio Morsiani vent’anni dopo L’uomo, il personaggio, l’allevatore illuminato e geniale
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Solo chi vive ha ragione” diceva Otto von Bis Bismarck. Scrivere di persone che non ci sono più mi mette sempre un po’ a disagio, specie quando si tratta di uomini come Antonio Morsiani, che detestava la retorica e i luoghi comuni. Ricordo bene il nostro primo incontro, io e mia moglie, giovani hippy con i capelli lunghi, come si usava a quei tempi e lui, distinto signore di campagna che ci studiava con divertita curiosità. Perché, come tutte le persone intelligenti, Morsiani era curioso e il nostro look lo aveva senza dubbio incuriosito. Fu questa, credo, la principale ragione per cui, quel mattino di tanti anni fa, acconsentì a riceverci e a farci da guida nel suo universo privato. L’antica residenza dei Morsiani, le cui fondamenta datano più di settecento anni, si trova a Bagnara di Romagna, circondata da un alto muraglione, ultimo baluardo eretto a difesa dalla invadente banalità del mondo contemporaneo. Mentre passeggiavamo in sua compagnia nel parco della villa, ammirando i cani più belli e imponenti che avessi mai visto, lasciava cadere di tanto in tanto qualche battuta sottilmente provocatoria e spiazzante. Mi accorsi che ci stava sottoponendo a una sorta di test e feci di tutto per mostrarmi all’altezza.
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Antonio Morsiani col grande Anton von Hofli
“Sorprendente” commentò al termine del nostro giro “non immaginavo che sotto quei capelli si nascondesse un buon cervello: si ferma a pranzo con la sua signora?”. Fu così che ebbe inizio la mia amicizia con uno dei maggiori cinofili dei nostri tempi. Ma definirlo cinofilo mi sembra alquanto riduttivo, perché lui era tante altre cose. Medico, scienziato, appassionato d’arte,
eccellente disegnatore. Ma soprattutto uomo libero, insofferente alle costrizioni e, al contempo, perfezionista fino alla maniacalità, quando si prefiggeva un obiettivo. Scelse quello più difficile: allevare San Bernardo, razza con la quale si possono realizzare grandi cose e altrettanto grandi disastri. Possedeva uno spirito d’osservazione fuori dal comune e un’altrettanta fuori dal comune capacità di sintesi, che si esprimeva anche nelle sue tavole a commento dello standard: precise, essenziali, perfette. Mi fermo qui, perché Morsiani, oltre all’imbecillità e alla mancanza di humour, odiava la piaggeria. E, soprattutto, sapeva ridere, in particolare di se stesso. Come ci spiega, nel suo scritto in memoria del grande amico e maestro Alois Schmid: “... ci unisce una maggiore affinità di idee, una maggiore confidenza e propensione all’umorismo. Le battute spiritose che ci siamo dette reciprocamente in occasioni di viaggi, esposizioni e convegni, persone incontrate e fatti accaduti, riempirebbero un intero volume. Anzi, se avessi tempo, sarebbe un’aneddotica di stampo cinofilo da scrivere e pubblicare: forse riuscirebbe un po’ a farci uscire dal grigiore plumbeo e dalla cadaverica tetraggine in cui la cinofilia di massa ci ha confinato”. Mauro De Cillis