EMOTIONS MAGAZINE - DICEMBRE 2023 - GENNAIO 2024 - ANNO 14 N 61

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SOMMARIO dicemBRe | gennaio 2024

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www.emotionsmagazine.com

LA CONOSCENZA DELLA CULTURA DI UN POPOLO PASSA ANCHE ATTRAVERSO IL CIBO CHE AIUTA A CAPIRNE L’ANIMA, LA STORIA, LE RADICI


SOMMARIO

VITTORIA COLONNA

THE CULINARY ROUTE OF TUNISIA

Donna con bombetta, Bolivia - Ph Anna Alberghina

Direttore Responsabile Teresa Carrubba tcarrubba@emotionsmagazine.com Ideazione testata Ilenia Cairo

ULTIMO EDEN: TERRA DI SAFARI PER ANTONOMASIA

Collaboratori Anna Alberghina Luisa Chiumenti Pamela McCourt Francescone Annarosa Toso

redazione@emotionsmagazine.com

IFURU ISLAND MALDIVES, IL RESORT PIÙ CURATO DELLE MALDIVE

Fotografi Anna Alberghina Haila Alkhamis Michele Campagni Teresa Carrubba Annarosa Toso

UN MESSICO INSOLITO: DA CITTÀ DEL MESSICO FINO ALLA COSTA DEL PACIFICO

Progetto grafico e impaginazione Elisabetta Alfieri e.alfieri@emotionsmagazine.com

VILLA CASTELLARE DE' SERNIGI. STORIA E LUSSO PER SOGGIORNI DA SOGNO NEL CUORE DEL CHIANTI

Responsabile Marketing e Pubblicità Enrico Micheli e.micheli@emotionsmagazine.com Pubblicazione Online Paolo Milanese grafico@idra.it Editore Teresa Carrubba

LIBRIEMOTIONS

Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Roma il 27.10.2011 – N° 310/2011 Copyright © – Tutto il materiale [testi e immagini] utilizzato è copyright dei rispettivi autori e della Casa Editrice che ne detiene i diritti.



La magia

dell’inverno in…

Polonia.

Oltre ogni aspettativa

#poloniatravel

www.polonia.travel/it


SCRIVIAMO ARTICOLI PER SUSCITARE EMOZIONI Dopo aver letto il mio reportage su un viaggio fatto con colleghi giornalisti, qualcuno mi disse: «Siamo stati per una settimana insieme nello stesso posto, abbiamo visitato gli stessi luoghi, eppure io non ho visto le cose che hai visto tu». Una perfetta sintesi di ciò che vuol dire viaggiare. I luoghi, i volti, le scene non si percepiscono solo con gli occhi, ma vengono filtrati attraverso le proprie emozioni, la propria sensibilità, la propria capacità di guardare e non semplicemente di vedere. E da guardare ce n’è a non finire, nel mondo. Basta farsi guidare dalla curiosità, che è vita. Emotions vuole infatti stimolare il desiderio di conoscere nuovi lidi, lontani o vicini che siano. E di conoscere l’anima di una cultura anche attraverso il cibo. E’ il caso di un viaggio in Tunisia realizzato seguendo le vie tracciate dai prodotti locali come il formaggio, l’olio d’oliva i datteri e l’harissa, la pasta di peperoncini Patrimonio Immateriale dell’UNESCO. Tutto diverso nell’isola Ifuru, nelle Maldive dove la vacanza diventa eccitazione, magari tuffandosi con il paracadute dall’aereo privato di un Resort esclusivo. Per chi è curioso di visitare il Messico, Emotions ne dà una chiave originale, a partire da una festa che coinvolge tutto il Paese alla fine di ottobre: “Dias de los muertos”,che, a dispetto del nome, si celebra con danze, balli propiziatori e grandi bevute. Aspri e affascinanti invece i parchi e le riserve della Tanzania, terra di safari già nel periodo coloniale, fermi in una scenografia senza tempo se non fosse per le mandrie di animali che li percorrono, a partire dai mitici Big Five. Un viaggio in Tanzania permette inoltre di penetrare la civiltà locale, magari incontrando i Datoga o gli Hazdabe, popolazioni che vivono in totale interrelazione con la natura. Per “Gli incontri di Emotions” in questo numero emerge una giovane donna, eclettica nel mondo dell’arte, discendente di una storica casata patrizia romana.

TERESA CARRUBBA

EDITORE, DIRETTORE RESPONSABILE

tcarrubba@emotionsmagazine.com

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THE CU

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ULINARY ROUTE OF TUNISIA

UN VIAGGIO ATTRAVERSO STORIA E SAPORI testo di TERESA CARRUBBA Foto di TERESA CARRUBBA e ARCHIVIO

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THE CULINARY ROUTE OF TUNISIA Un viaggio tra le tavole delle famiglie tunisine aiuta a capirne l’anima, la storia, le radici. E le tavole si ammanniscono con prodotti diversi, emblemi gastronomici di diverse fasce geografiche che ne stimolano la curiosità e la voglia di creare itinerari alla loro ricerca

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e è vero che la conoscenza della cultura di un popolo passa anche attraverso il cibo, allora un viaggio tra le tavole delle famiglie tunisine aiuta a capirne l’anima, la storia, le radici. e le tavole si ammanniscono con prodotti diversi, emblemi gastronomici di diverse fasce geografiche che ne stimolano la curiosità e la voglia di creare itinerari alla loro ricerca. i formaggi nel nord-ovest, il vino al nord, l’olio di oliva al centro e a dahar, i datteri al sud-ovest, il polpo a Kerkennah. Last but not least, il filo conduttore di tutte le cucine della tunisia: l’harissa, la celebre pasta di peperoncino, olio di oliva e aglio, iscritta nella Lista del Patrimonio culturale immateriale dell'Umanità Unesco come ricetta culinaria ancestrale

della tunisia. e nella stessa prestigiosa lista viene annoverata ancora la tunisia come uno dei 12 paesi arabi per "le conoscenze, il saper fare, le tradizioni e le pratiche legate alla palma da dattero”. L’harissa rientra tra gli ingredienti di moltissimi piatti in tutta la tunisia, ma è considerata notevole quella di Cape Bon, a nord-est. il nostro viaggio tra cibi e cultura si concentra al sud, a partire da Djerba, “l’isola dei sapori” come titola quello che è stato definito come miglior libro gastronomico del mondo e che ha ricevuto il Gourmand Award. La testimonianza preziosa di una tradizione culinaria ben definita, frutto di uno studio accurato e comparato di ricette di famiglia tramandate dagli abitanti dell’isola. EMOTIONS

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All’odore salmastro del pesce si mescola il profumo penetrante delle spezie ovviamente piatti a base di pesce, sfruttando le risorse dell’isola. nel mercato Houmt souk fish si svolge una vera e propria asta del pesce con un imbonitore che, dall’alto di una grossa sedia, dirige le offerte per garantirsi l’acquisto del pesce. nello stesso souk, un paio di locali portano un’insegna singolare: “Voi portate il pesce e noi ve lo cuciniamo”. all’odore salmastro del pesce, in questo mercato si mescola il profumo penetrante delle spezie che, coloratissime, spuntano a cumuli da grossi vasi o semplici sacchi, magari accanto a ceste colme di pesciolini secchi. spesso le ceste sono intrecciate con foglie di palma essiccate. se ne vedono molte a djerba, cesti e cestini di tutte le dimensioni, cappellini con visiera sfrangiata e una sorta di nassa per pescare. non solo pesce, djerba offre molto altro. La Bsissa, per esempio, è un piatto antico, nutriente, consumato in tutta la tunisia ma soprattutto a djerba, terra delle spezie che vengono mescolate a chicchi di grano abbrustolito e macinato, a nobile olio di oliva, a legumi come le lenticchie coltivate nell’isola. Più che un semplice alimento è considerato patrimonio culinario di djerba. L’isola è famosa anche per l’olio e per i suoi frantoi. del resto la tunisia è il secondo produttore mondiale di olio dopo la spagna ed è stata il principale esportatore mondiale di olio d'oliva, al di fuori dei Paesi dell'Unione europea, per la campagna 2019/2020. Un quartiere decisamente suggestivo di djerba è Djerbahood, l’apoteosi della street art, un’iniziativa nata nel 2014 con l'evento al quale hanno partecipato 150 artisti di 30 nazionalità che hanno realizzato oltre 250 opere, impreziosendo quasi tutte le facciate. Lasciando djerba ci s’inoltra nella regione di Dahar, attraverso un 14

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Un quartiere suggestivo di Djerba è Djerbahood, l’apoteosi della street art aspro territorio desertico roccioso, particolarmente nel Jebel Dahar dove resistono al tempo suggestive abitazioni rupestri trogloditiche che caratterizzano fortemente il territorio con una personalità quasi fiabesca. e’ anche la zona dei villaggi berberi, spesso sulle ripide pendici dei monti, ormai poco abitati perché troppo spartani, specie per i giovani L'antico insediamento di matmata, per esempio, viene sempre più abbandonato a favore di nouvelle matmata, a 15 chilometri di distanza. nonostante ciò la natura preserva importanti risorse come gli alberi di olivo che, a dispetto dell’aridità del terreno roccioso della montagna, vengono curati con metodi antichissimi. come in tutto il sud della tunisia, una tipologia edilizia antica è lo ksar, un insieme di depositi di derrate alimentari, granaglie, olio e mangime per animali per proteggerli dal brigantaggio. Vicino a Tataouine, uno di questi complessi trogloditici è stato trasformato in un pittoresco albergo diffuso. Un esempio suggestivo di simili agglomerati è Ksar Hadada, considerato uno degli ksours più significativi nella regione di tataouine. sempre nella regione, un altro villaggio rupestre berbero degno di nota è Chenini. come gli altri ksours creati dalle comunità berbere, chenini è costruita tra due picchi montuosi, per ripararla dalle incursioni.

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ma, come detto, la storia di un popolo porta con sé le tradizioni culinarie. Prima tra tutte il cous cous. ogni famiglia lo prepara, ogni famiglia ha il suo ingrediente segreto. tuttavia il cous cous berbero è fatto con una semola a grana più o meno sottile che richiede una lunga preparazione manuale e una lunga cottura nell’apposita couscousiera, una sorta di doppia pentola una delle quali è forata per far uscire il vapore che cuocerà la semola. L’intingolo è ricco. in genere fatto di cipolle, patate, peperoni, pomodori e uno stracotto di carne, che al sud è di agnello. neanche a dirlo, spezie in abbondanza, ogni famiglia ha una sua miscela, ma comunque cumino, coriandolo, curcuma, pepe, chiodi di garofano e persino scorza d’arancia. il brik è un fagottino di pasta fillo croccante e fritto, con all’interno un tuorlo d’uovo. il ripieno contiene generalmente anche coriandolo e prezzemolo e a volte formaggio, patate o tonno. Viene servito ben caldo con una spruzzata di limone. Fricassée è un delizioso panino oblungo fritto e farcito al momento con tonno, cubetti di patata lessa, olive, uovo sodo, prezzemolo e harissa. il nome tajine indica un tortino che viene cotto all’interno di una particolare pentola in terracotta di origine berbera: un piatto basso e un alto coperchio di forma conica. c’è il tajine di verdure, di uova e patate, di pesce e di carne uniti a spezie, in particolare cumino e coriandolo, con l’aggiunta di olio d’oliva. discorso a parte per la chorba, una zuppa calda che introduce quasi sempre i pasti. gli ingredienti variano molto: agnello, pollo, pesce, legumi, verdure e chi più ne ha più ne metta. in genere non è molto piccante. non mancano i dolci, i più popolari sono i beignets, grosse frittelle cotte al momento in olio bollente e cosparse di miele. anche i makroudh sono tra i dolcetti più tipici della tradizione dolciaria della tunisia. sono degli involtini fatti con un impasto di farina di semola e olio. Ripieni di pasta di datteri, vengono fritti nell’olio per poi essere immersi nel miele. i datteri sono l’emblema indiscusso del sud-ovest della tunisia. non è un semplice frutto ma un ingrediente estremamente duttile. Lo sanno bene le dodici donne della Val d’Oasis 20

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I datteri sono l’emblema indiscusso del sudovest della Tunisia. Non è un semplice frutto ma un ingrediente estremamente duttile


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a Telmine che si sono associate per la ricerca delle varie possibilità d’impiego del dattero, dal cibo alla cosmesi. così come più ad ovest, a Tozeur, dove esiste addirittura un museo del dattero in cui vengono illustrati tutti i dati scientifici, botanici e storici della palma e del prezioso frutto. Eden Palm, così si chiama il complesso, è gestito sapientemente dai coniugi nabil e Pierangela che, oltre al tour guidato del museo, propongono cosmetici e prodotti del dattero come sciroppi, melasse, creme spalmabili e persino un “caffè” derivato dalla macinazione del seme essiccato del dattero. La location è l’ideale visto che l'oasi di tozeur ha oltre 400.000 palme da dattero. Una parte del raccolto dei datteri locali dell’oasi viene venduto nel grande souk della città di tozeur dove ovviamente c’è un po’ di tutto. La città di tozeur ha un’architettura particolare. Le facciate delle case sono un mosaico di mattoncini a rilievo sbalzato che formano bellissimi motivi geometrici esaltati dal chiaroscuro dell’ocra, specie al tramonto. Questo elemento caratteristico è molto diffuso soprattutto nei vicoli della medina, nel quartiere Ouled El Hadef. i portoni, ancor più che nel resto della tunisia, sono istoriati, ricchi di borchie, di decori e di batacchi originali. i colori sono vivaci, spesso simbolici: il verde, ad indicare l'islam e quindi il Paradiso, il giallo che ricorda la sabbia del sahara e il blu come il cielo. larouteculinairedetunisie.info #culinaryrouteoftunisia #routeculinairedetunisie EMOTIONS

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A p e r t u r A d e l l’ I f u r u I s l A n d M A l d I v e s

http://www.ifuruisland.com/

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, I l r e s o r t p I ù c u r At o d e l l e M A l d I v e

UN’ESPERIENZA FANTASTICA PER UN NATALE FUORI DALLE RIGHE EMOTIONS

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E’ curioso, è stato Will Penny, il paracadutista campione del mondo di 21 km, a creare la prima zona di lancio permanente per il paracadutismo delle Maldive. Un modo certamente insolito per godere dall’alto della visione paradisiaca di una delle isole maldiviane più affascinanti, Ifuru. Un’opportunità singolare offerta dall’aeroporto privato del Resort Ifuru Island Maldives agli esperti paracadutisti e agli ospiti audaci in cerca di adrenalina che potranno provare l'emozione di saltare dall’aereo privato e tuffarsi liberamente nelle splendide acque turchesi. Istruttori esperti impartiranno la formazione necessaria per il lancio, forniranno le attrezzature all'avanguardia e la guida durante l'intero processo per un'esperienza sicura e indimenticabile. Ifuru Island Maldives offre dunque un'opportunità irripetibile di fare paracadutismo, una sorta di Sky-diving, in uno dei luoghi più belli del mondo.

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Questo aspetto emozionante dell’ifuru island maldives è una nuova sorprendente aggiunta al panorama dei resort maldiviani che già di per sé offrono vacanze romantiche e rilassanti ma al tempo stesso eccitanti e dinamiche. audace nella sua offerta variegata, il concetto di ifuru island si basa su quattro finalità principali: Social, Fun, Lifestyle, Grande valore. il focus dell'isola di ifuru è infatti creare un'atmosfera unica ed esperienze coinvolgenti per gli ospiti che cercano connessioni sociali e tutto ciò che offrono le maldive in un unico posto. situato nello splendido atollo di Raa, questo lussuoso resort all-inclusive premium offre 147 eleganti suite e ville, comprese quelle con accesso diretto alla spiaggia e piscine personali, tutte esposte in modo tale da poter godere il magnifico spettacolo del tramonto maldiviano. EMOTIONS

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dotate di interni spaziosi, arredi moderni ed eleganti e servizi esclusivi, le ville sono progettate come una sorta di rifugio discreto, organizzate in una serie di piccoli complessi che bilanciano perfettamente socialità e isolamento, rendendo l'isola di ifuru una destinazione ideale per fughe romantiche, vacanze multigenera-

zionali ed eventi celebrativi, come i matrimoni organizzati di tutto punto da esperti wedding planner. La lussureggiante isola naturale di ifuru che vanta un tratto di spiaggia di sabbia bianchissima lunga 1 km con spettacolare vista del tramonto offre infatti una vasta gamma di esperienze e attività adatte a ogni ospite.


dalle immersioni con gli squali, all'osservazione dei delfini, al surf sulle onde, al tour delle isole, alle escursioni culturali, alle ampie strutture sportive aperte 24 ore su 24, ai trattamenti Xanadu Spa, un centro di relax per eccellenza. anche gli ospiti più piccoli si divertiranno mentre lasciano volare la loro immaginazione e si immergono nelle meraviglie delle maldive al Coconut Kids Club e al Little Explorers Club. sei opzioni per la ristorazione, due ristoranti esclusivi e quat-

tro bar di cui uno a bordo piscina, creano un viaggio culinario in cui gli ospiti possono indulgere nell'esperienza dine-around del resort, all-inclusive 24 ore su 24, e assaporarla con la calma e l’attenzione che merita. sorprendente la cucina fusion che prevede preparazioni a base di ingredienti locali maldiviani e sapori internazionali sapientemente realizzate per creare una sinfonia di gusto e preparate meticolosamente con passione e creatività.

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da città deL mes s ic o aLL a c o sta d e L Pac i Fi c o

UN MESSICO INSOLITO testo di ANNAROSA TOSO Foto di ANNAROSA TOSO e ARCHIVIO

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BIBLIOTECA PALAFOXIANA, PUEBLA DE LOS ANGELES

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UN MESSICO INSOLITO

La cosa che ha caratterizzato tutto il viaggio in queste precise destinazioni è stato il senso di tranquillità percepito, aldilà dei preconcetti che raccontano il Messico, soprattutto la sua capitale, come destinazione pericolosa.

PLAZA DE LA REPÚBLICA, CITTÀ DEL MESSICO

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a città del messico fino alla costa del Pacifico, passando per Puebla e oaxaca. Un viaggio ben articolato e lungo, che ha consentito di vivere aspetti diversi del paese, dalla vivacità e vitalità di città del messico - circa 23 milioni di persone - al fascino coloniale di Puebla e di oaxaca fino al brio di Puerto escondido e alla natura integra di Huatulco. diversi aspetti, ma la cosa che ha caratterizzato tutto il viaggio in queste precise destinazioni è stato il senso di tranquillità percepito, aldilà dei preconcetti che raccontano il messico, soprattutto la sua capitale, come destinazione pericolosa.

a Città del Messico è d'obbligo la visita di un museo straordinario non solo per le numerose opere che conserva, come le sculture di Rodin, ma per la sua stessa costruzione. il museo Soumaya, ideato dall'architetto Fernando Romero, è stato voluto dal miliardario carlos slim Helù, messicano di origini libanesi, uno degli uomini più ricchi del mondo, in onore e in ricordo della moglie soumaya. e' gratuito, non solo per i messicani, ma anche per tutti i turisti. nella capitale è stato interessante l'assaggio dei cibi di strada, gustati nel mercato, nelle taverne e soprattutto nei baracchini delle vie del centro, che offrono le tipicità locali EMOTIONS

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MESSSICO CITTÀ DEL MESSICO

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MESSICO

MUSEO SOUMAYA, CITTÀ DEL MESSICO

Il museo Soumaya, ideato dall'architetto Fernando Romero, voluto dal miliardario Carlos Slim Helù, in ricordo della moglie Soumaya Un pranzo itinerante con tante particolarità gustose compresi gli insetti, dove il peperoncino la fa da padrone, tanto da non fare scoprire se si sta mangiando una patatina fritta o un inerme grillo. La capitale svela anche quartieri nascosti come quello di Coyoacan, dove l'atmosfera non è quella di una città strapopolata, ma di un piccolo borgo messicano dove si può prendere un espresso, un dolce tipico o una bevanda, fare compere nei mercatini e passeggiare. interessante anche la gita sui canali, sulle Trajineras, dove tra cibo, mezcal e musica dei mariachi si trascorre in allegria una mezza giornata, pur sapendo che trattasi di una attrazione molto turistica, ma non per questo, poco godibile. da non perdere, a città del messico, la visita al museo di Frida Kahlo che racconta attraverso le opere, la vita della grande pittrice. da città del messico abbiamo raggiunto Puebla de Los Angeles con un viaggio di un paio di ore su gomma su una buona strada. La città, fondata nel 1531 dagli spagnoli per loro stessi è più che splendida, soprattutto nella veste in cui l'abbiamo scoperta noi, quella del “Dias 38

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Interessante la gita sui canali, sulle Trajineras, tra cibo, mezcal e musica dei mariachi si trascorre in allegria una mezza giornata de los muertos”, un'atmosfera molto festosa e partecipata, aldilà del nome. La festività dei morti inizia alla fine di ottobre e dura per una settimana e coinvolge tutto il messico. nessuna città o paese si esclude da questa ricorrenza e anche nei cimiteri sono organizzati ricordi in onore dei defunti con danze, balli propiziatori e grandi bevute. Puebla vanta un numero incredibile di musei, di chiese e una chicca, la Biblioteca Palafoxiana. Fondata nel 1646 conserva 45.000 libri dal 15° secolo fino al 20°. dal 2005 la biblioteca è entrata a far parte del Patrimonio dell'Umanità Unesco. Oaxaca non è da meno. coloniale, ricca di edifici d'epoca e chiese barocche vanta a pochi km il sito archeologico precolombiano di monte alban, una delle attrazioni più famose dello stato e Patrimonio Unesco dal 1987. il sito abitato dal 500 a.c. fino al 750 d.c. è definito il più importante centro culturale e politico della civiltà zapoteca. diverse, ma unite nella particolarità di una natura straordinaria, sono Puerto Escondido e Huatulco: quest'ultima è una località balneare nata quasi per caso. difatti, la nascita di Huatulco come destinazione turistica risale alla fine degli anni '90, per volontà dei politici dell'epoca, che vista la bellezza del mare e del luogo, decisero di dare vita a una città balneare, con l'obiettivo di farne comunque una località protetta, pulita, non inquinata e non di massa.

SITO ARCHEOLOGICO DI MONTE ALBAN


MESSICO HUATULCO

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MESSICO

Sulle spiagge di Puerto Escondido e di Huatulco sono molto attive le associazioni per la salvaguardia delle tartarughe che qui arrivano a depositare le loro uova. Le mettono in salvo da uccelli e rettili il progetto è stato portato avanti con rigore, anche se gli anziani ricordano con nostalgia i vecchi insediamenti dei pescatori che hanno lasciato il passo al nuovo centro turistico. Puerto Escondido vive ancora di fama, regalata dal film di Gabriele Salvatores – per la cronaca la maggior parte delle scene sono state girate altrove - con un fascino che si avverte sempre, regalato dalla vita frizzante che si percepisce non solo nelle strade, nei bar, nei ristorantini ma anche nelle spiagge, dove molti giovani si dedicano al surf e i meno giovani se la spassano comunque, godendo di momenti di relax e di svago. Huatulco, nove splendide baie, nella più incontaminata costa sud del Pacifico messicano, è considerata la prima comunità turistica sostenibile di tutto il continente americano e la terza a livello mondiale. Questo primato appartiene alla cittadina dal 2015. in effetti ci si può stupire dell'ordine e della pulizia. non una foglia, non un filo d'erba fuori posto, non una cicca di sigaretta per terra. soprattutto una destinazione sicura dove camminare giorno e notte in tranquillità. sia sulle spiagge di Puerto escondido che su quelle di Huatulco sono molto attive associazioni che si occupano della salvaguardia delle tartarughe che qui arrivano a depositare le loro uova. i volontari di queste organizzazioni cercano di intercettare le tartarughe durante la posa che avviene sia di giorno che di notte e le mettono in salvo dai predatori che sono uccelli e rettili. cercano di salvarle anche dagli uomini, perché malgrado le uova di tartaruga siano protette ed è reato asportarle, sono considerate di gran pregio, ottime al palato e il mercato clandestino è molto fertile. i volontari, quando vedono le tartarughe che depositano le uova, le trasferiscono subito nelle “nursery” dove sono riprodotte le situazioni naturali del nido, la quantità di sabbia necessaria e il calore ideale. Qui le uova una volta catalogate, trascorso il tempo necessario, si schiuderanno poi in maniera naturale. entro un paio di ore dalla nascita, le piccole e tenere tartarughe verranno indirizzate verso il mare. abbiamo assistito alla loro rincorsa verso le acque. Quasi affaticate nella loro camminata sicura verso il mare, protette almeno dagli uccelli fino all'arrivo in mare, poi, una volta dentro, sarà la natura a decidere chi sopravviverà e chi non ce la farà. Quel pomeriggio al tramonto, su una spiaggia di Puerto escondido, 67 piccole tartarughine hanno raggiunto correndo e annaspando le acque del mare. Le statistiche ci dicono che due su cento avranno la fortuna di crescere e sopravvivere. chissà chi di loro ce la farà. abbiamo lasciato il messico con queste belle immagini di vita e di speranza, auspicando che una volta le statistiche siano sbagliate e che siano in tante le tartarughe che sopravviveranno. https://visitmexico.com/ 42

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BAIA DI HUATULCO

PUERTO ESCONDIDO


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MESSICO OAXACA

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METAMORFOSI DI UN’EREDITÀ ARTISTICA E SPIRITUALE

HaiLa aLKHamis

testo di PAMELA McCOURT FRANCESCONE

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Gli incontri di Emotions

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HaiLa aLKHamis

Gli incontri di Emotions

micHeLe camPagni

Pittrice, screenwriter, attrice e regista, Vittoria Colonna di Stigliano accudisce con passione la memoria storica della sua antenata e omonima, la nobildonna romana rinascimentale, musa di Michelangelo Buonarroti.

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ittoria nasce a dublino, e trascorre i primi anni immersa nella splendida campagna della contea di Wicklow, dove frequenta la scuola pubblica nel piccolo paese di ashford. «sono nata da genitori straordinari che sono stati tra i primi agricoltori biologici d'irlanda. Frances, mia madre, una donna autodidatta nata a galway sulla costa dell’atlantico, ha seguito i suoi sogni nel settore immobiliare di lusso, come giardiniera paesaggista e addestrando cavalli da corsa. mio padre Prospero fu tenente della Folgore, insegnante, avventuriero, scrittore e filosofo.

oggi vive, come me, a Firenze e sta scrivendo un nuovo libro. entrambi hanno incoraggiato i miei talenti artistici, e ho imparato prestissimo i valori del duro lavoro, della disciplina e dell'immaginazione. non c'erano scuse per essere annoiati». Vittoria studia pittura all'accademia delle Belle arti di Roma, per poi formarsi come attrice alla Gaiety School of Acting di dublino, diventando nel frattempo un’appassionata filmmaker autodidatta. «inizialmente Firenze era una soluzione temporanea durante la pandemia, ma poi mi sono lasciata incantare dalla città. EMOTIONS

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VITTORIA COLONNA

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micHeLe camPagni

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Può essere una sfida per chi cerca la solitudine, con le sue così tante eleganti distrazioni, ma per me è una posizione logistica eccellente per spostarsi in europa e oltre, e tutti passano per queste strade rinascimentali. davvero, prima o poi tutti arrivano a Firenze! come città ha sicuramente contribuito e ampliato il mio lavoro professionale, e trovo una sorta di risoluzione karmica nel fatto di essere tornata in italia, alle mie radici ancestrali». Radici che riportano indietro nei secoli a un’altra Vittoria colonna. artista, poetessa e mecenate rinascimentale, nata a marino vicino a Roma nel 1492, e nota soprattutto per la sua associazione con michelangelo Buonarroti. «Portare il nome di Vittoria colonna non è cosa da poco. oggi in italia ci sono strade, piazze, scuole e persino università a lei intitolate. È stata una delle poche donne del Rinascimento ad essere entrata nei libri della storia dell'arte, principalmente per la sua associazione con michelangelo. La loro era un’amicizia basata sulla comune passione per l’arte, la letteratura e la spiritualità. La corrispondenza tra di loro rivela un rapporto intenso e profondo, in cui condividevano pensieri, emozioni e riflessioni sulla fede e sull’arte». La Vittoria rinascimentale deve la sua fama anche alle sue poesie che sono considerate alcune delle composizioni più belle e toccanti di tutti i tempi. «inizialmente mi sono ribellata contro la mia omonima, ma ora ne vado fiera. Quante donne del Rinascimento potevano vantare un'eredità così raffinata? Per quanto riguarda la sua inclusione nella mia arte, è un dialogo continuo. credo fermamente che ognuno di noi porti con sé gli affari incompiuti dei propri antenati, e anche per questo Vittoria per me è una fonte invisibile di ispirazione. Porto il suo spirito nei miei sforzi creativi come un promemoria di resilienza, di giustizia e del potere della voce femminile». Passando dall’arte dell’antenata settecentesca alla contemporaneità, Vittoria spiega che spesso è lei che prende l'iniziativa nella generazione concettuale delle sue opere, mentre altre volte viene avvicinata per col-

laborazioni o progetti specifici. «mi definisco una sognatrice professionista perché, che si tratti di scrittura, regia, recitazione, pittura o la creazione di tessuti, vedo il mio ruolo come quello di trasmettere agli altri il lusso dell'immagine, della narrazione e dell'arte di sognare». «come ispirazione mi ritrovo costantemente attratta dall'espressionismo astratto, dai romantici tedeschi e dal cinema degli anni '80 e '90. adoro le opere e le vite di artisti come Tamara de Lempicka, Niki de Saint Phalle, Joana Vasconcelos eJulian Schnabel. Le loro costanti esplorazioni multiple mi ispirano e influenzano il mio percorso artistico». attualmente immersa in un film biografico che ha scritto e che dirigerà, Vittoria ci sottopone un enigma da decifrare. «il personaggio che ho scelto per questa grande realizzazione cinematografica, che catturerà l’attenzione dei cinefili e della critica, è una delle artiste femminili più iconiche di tutti i tempi. ancora non posso rivelarne il nome, ma è conosciuta come La Regina dell'Art Déco». JULes JosePH LeFeBVRe

Ognuno di noi porta con sé gli affari incompiuti dei propri antenati, e anche per questo Vittoria per me è una fonte invisibile di ispirazione

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TANZANIA U

testo e Foto di A

DONNA MASAI CHE RIENTRA AL VILLAGGIO

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ULTIMO EDEN NNA ALBERGHINA

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CACCIATORE HADZABE

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Ciò che più mi ha affascinata è stato l’incontro con i numerosi gruppi etnici che ancora conservano le tradizioni ancestrali. Un viaggio in un luogo incontaminato e selvaggio ma, soprattutto un viaggio a ritroso nel tempo

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a varietà di paesaggi e la straordinaria ricchezza della fauna rendono la tanzania un paese unico e di grande richiamo per il turismo internazionale. terra di safari per antonomasia già in epoca coloniale, il territorio della tanzania è un tripudio di specie animali, sparse quasi ovunque. oggi più che mai, l’obiettivo è quello di preservare questa straordinaria biodiversità attraverso una tutela attenta, peraltro già iniziata subito dopo la seconda guerra mondiale con l’istituzione di aree protette. nei numerosissimi parchi e riserve è possibile avvistare molto

facilmente tantissime specie animali, a cominciare dai “big five” (leone, bufalo, elefante, rinoceronte, leopardo). anche la flora, selvaggia e primordiale, racconta un paese incredibile che lascia senza fiato in ogni suo angolo e, infine, non si può certo ignorare il ruolo della tanzania nella comprensione delle origini e dello sviluppo della specie umana. nel 1959 mary Leakey, la moglie del paleoantropologo Louis Leakey, rinvenne nella gola di olduvai, collegata alla grande Rift Valley, lo scheletro di un nostro antenato, il cosiddetto “australopitecus boisei” vissuto 2 milioni di anni fa. EMOTIONS

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DONNA BARABAIG CHE CONFEZIONA UNA GONNA

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CONTENITORI DECORATI CON ACULEI DI ISTRICE

ciò che più mi ha affascinata nell’esplorare questa terra è stato l’incontro con i numerosi gruppi etnici che ancora conservano le tradizioni ancestrali. Un viaggio, dunque, in un luogo incontaminato e selvaggio ma, soprattutto un viaggio a ritroso nel tempo. gli Hadzabe sono la testimonianza vivente degli antichi cacciatoriraccoglitori, i discendenti di un’umanità che non conosceva la metallurgia, la ceramica, l’allevamento e l’agricoltura. Questo popolo non riconosce alcuna forma di autorità né di divieto ma, soprattutto, è estraneo alla violenza. gli Hadzabe sono l’ultimo esempio di società acefale, anarchiche. Piccoli gruppi di uomini erranti, in totale simbiosi con la natura. Vivono nel XXi secolo come ha vissuto l’umanità ai tempi della sua comparsa sul pianeta. non sono rimaste più di 200 famiglie che si spostano di continuo alla ricerca di prede e di acqua tra il versante meridionale del cratere di ngorongoro e il lago eyasi. si nutrono degli animali che cacciano con arco e frecce, aiutati da piccoli cani biondi e, in assenza di prede, dei frutti del baobab, di bacche, radici e miele selvatico. non conoscono i concetti di accumulazione e di proprietà, non fanno scorte alimentari e i pochi beni sono a disposizione di tutti. Fino a non molti anni fa non praticavano la sepoltura. ma da dove vengono i piccoli uomini del bush 60

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Questo popolo non riconosce alcuna forma di autorità né di divieto ma, soprattutto, è estraneo alla violenza che hanno gelosamente conservato la loro cultura millenaria? sono innegabili le analogie con le popolazioni san, i bushmen del Kalahari. entrambi i gruppi presentano, infatti, inconfondibili caratteristiche quali i capelli a grano di pepe, la corporatura minuta, il colorito olivastro e l’accentuata rugosità. come i san, anche gli Hazdabe parlano una lingua a click fatta di suoni schioccanti prodotti mettendo la lingua contro il palato. secondo gli studiosi, queste popolazioni avrebbero abitato tutta l’africa australe fino all’arrivo, in successive ondate migratorie, di gruppi di origine nilotica e cuscitica. sono riusciti a conservare le proprie caratteristiche morfologiche e culturali spingendosi in aree sempre più remote e marginali. oggi vivono un’esistenza precaria, fortemente condizionata dall’espansione dei terreni agricoli e dei parchi nazionali all’interno dei quali non è loro permesso cacciare. i vecchi ricordano con nostalgia i tempi in cui il loro popolo disponeva di immensi territori di caccia, quando le prede erano abbondanti e la fame sconosciuta.


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Animisti e dediti alla stregoneria, i Datoga comunicano con gli antenati attraverso la mediazione di un indovino i Datoga, sono una popolazione di pastori semi nomadi di ceppo nilotico che vive in una zona molto ristretta nei pressi del lago eyasi. Quello che li distingue dai vicini Hadzabe è la loro reputazione di feroci guerrieri, legata alla crudeltà degli antichi riti di passaggio, ma ciò che li rende unici e immediatamente riconoscibili è il particolare tatuaggio circolare attorno agli occhi, soprattutto delle donne. Praticano un’agricoltura di sussistenza e sono fabbri. sempre alla ricerca dei pascoli migliori per i loro animali, compiono un percorso definito che si ripete ogni anno e che dipende dall’alternanza delle stagioni. il loro abbigliamento richiama i colori della terra. Le donne indossano il tradizionale mantello in pelle o in stoffa e lo utilizzano per proteggersi dalle fredde notti della savana. sotto al mantello vestono indumenti ornati di perline, casacche di pelle di capretto ben conciate e morbidissime gonne realizzate con sottili strisce di cuoio. L’organizzazione sociale è piuttosto semplice e ruota attorno alla famiglia poligamica e patriarcale che vive in una fattoria e che costituisce l’unità sociale ed economica principale. spesso, all’interno della fattoria, vengono ospitati i parenti poveri in cambio della loro manodopera. il capofamiglia è colui che ha il comando all’interno del villaggio, si occupa di decidere come gestire il bestiame e come spostarlo alla ricerca dei pascoli migliori. Le case hanno una forma rettangolare, con il tetto piatto realizzato in fango come i muri perimetrali. tutti gli insediamenti sono circondati da una recinzione di rami di acacia spinosa per proteggere sia gli uomini che il bestiame. in prossimità delle case si trovano i campi di arachidi e di mais. DONNA DATOGA CON SCARIFICAZIONE VILLAGGIO BARABAIG

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da quest’ultimo ottengono la farina che costituisce l’ingrediente principale dell’ugali, la polenta bianca che è la base della loro alimentazione. animisti e dediti alla stregoneria, i datoga comunicano con gli antenati attraverso la mediazione di un indovino. Hanno un notevole rispetto per la morte e credono che i defunti diventino spiriti guardiani ma, nonostante l’importanza rivestita dagli antenati, temono i cadaveri. coloro che vengono a contatto con un morto o con un aborto spontaneo sono sottoposti a una sorta di quarantena, che prende il nome di “metida”. i Barabaig sono uno dei popoli nilotici che migrò a sud dalla valle del nilo più di mille anni fa e si insediò sugli altopiani vulcanici nella regione del lago manyara e nelle pianure che circondano il monte Hanang. si tratta di una società acefala, organizzata in clan composti dai discendenti un unico antenato. L'ordine sociale è mantenuto attraverso una serie di consigli o dibattiti giudiziari fra i vari capiclan. Vivono di caccia, agricoltura e allevamento di animali. i bovini sono fondamentali, dominano le loro vite e influenzano la loro cultura, sono la valuta della vita e vincolano la società attraverso eredità, doni e prestiti, pagamenti, multe e sacrifici. Un uomo senza bestiame non può godere né della posizione sociale né del rispetto. gli animali forniscono latte, carne e, occasionalmente, sangue per il sostentamento, pelli per i vestiti, corna come recipienti per bere, sterco per costruire le case e urina come detergente. coltivano piccoli appezzamenti di terra con mais, sorgo, fagioli e verdure. La loro religione è un insieme di credenze e pratiche animiste tradizionali. si distinguono dagli altri pastori dell'africa orientale perché seppelliscono gli anziani più stimati in un rituale che chiamano “bung'ed”. se ritenuto degno, il defunto verrà sepolto nudo, seduto, rivolto a est e un tumulo verrà accumulato sul suo cadavere. successivamente, il luogo della sepoltura diventerà sacro. i Masai, famosi per le loro danze, sono un popolo nilotico, diviso in dodici clan, che vive sugli altopiani al confine tra Kenya e tanzania. sono allevatori per lo più transumanti, talvolta stanziali, dediti ad una agricoltura di sussistenza. iniziarono la loro migrazione verso sud dalla valle del nilo intorno al XVi secolo dando vita a diversi gruppi etnici che ora vivono in sudan, Uganda, Kenya e tanzania. Hanno una struttura sociale patriarcale che si fonda sulla famiglia poligamica e sul sistema delle classi di età. gli anziani detengono un potere decisivo, quasi assoluto per quanto riguarda gli affari comunitari. essi stabiliscono quando fondare un nuovo gruppo di iniziazione e quali saranno i ruoli degli iniziati. ogni 15-20 anni viene dato l’avvio ad un nuovo ciclo. i vari passaggi: guerriero (moran), giovane anziano, anziano, sono scanditi da specifici rituali che hanno luogo in un recinto particolare. il rito più importante è la circoncisione (emorata) che deve essere sopportata in silenzio. dopo la circoncisione, il giovane è considerato un “moran” , giovane guerriero e, per circa 6 mesi, vivrà insieme agli altri nella “manyatta”, dovrà vestirsi di nero e coprirà il suo viso con dei simboli usando l’argilla bianca. il passaggio successivo, segnato dalla cerimonia dell’”eunoto”, stigmatizzerà la transizione alla condizione di anziano. in passato, i giovani dovevano partecipare ad una caccia al leone prima di essere iniziati ma, oggi, questo rituale è stato sospeso. in ogni caso, se un moran uccidesse un leone acquisterebbe il rispetto del clan. il rito di 64

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DANZA MASAI, ENGARESERO

I Masai sono monoteisti e credono in Enkai, un dio che si manifesta con colori diversi a seconda dell’umore passaggio femminile prevede, invece, la mutilazione genitale che varia dalla clitoridectomia all’escissione delle grandi labbra. Queste pratiche sono sotto accusa. Vietate dalla legge, sono rifiutate da molte ragazze che desiderano invece un tipo incruento di iniziazione. i masai sono monoteisti e credono in Enkai, un dio che si manifesta con colori diversi a seconda dell’umore. La persona incaricata del sacro, l’Oloibon, funge da mediatore tra dio e gli uomini. Le capanne, protette da recinti spinosi, sono fatte con sterco mescolato a fango, posto su di una struttura di rami flessibili. La forma è ovale con l'entrata bassa nel punto di minor larghezza. all'interno, la casa è divisa in sezioni: al centro un focolare dove cucinare, ai lati un letto per gli adulti, uno per i bambini e un ripostiglio. i figli vivono con la madre fino all’età di 5 anni, dopo dormono da soli. L'uomo dorme da solo e fa visita alla moglie quando necessario. in passato si insisteva sull'informazione che una donna masai fosse sem-


pre disponibile per l’attività sessuale con il marito e con tutti i suoi compagni di iniziazione. si tratta di una notizia parzialmente falsa. mentre l'uomo può sposare più di una donna, alla donna, invece, si richiede la fedeltà coniugale. il divorzio è previsto ma è regolato da leggi molto restrittive. La modificazione corporea più evidente tra i masai è quella della perforazione del lobo delle orecchie con il conseguente allungamento della parte pendente. nel foro vengono inseriti spine e altri oggetti via via più grandi per aumentarne progressivamente la lunghezza. il lobo può poi essere ornato con perline, pezzi di avorio, orecchini. L’abbigliamento caratteristico, copiato dai soldati inglesi, è la “shuka”, una coperta di cotone a quadri rossa e nera. ai piedi, sandali ottenuti da vecchi copertoni di automobile. Benché sia ben radicata nell’immaginario collettivo la visione romantica dei guerrieri alti e snelli che vivono nelle savane africane, diventa sempre più difficile incontrare gruppi autentici. immiseriti, strappati brutalmente all’isolamento che li ha protetti per secoli, tutti questi popoli rischiano l’estinzione culturale eppure, come indifferenti al loro destino, mantengono testardamente i costumi ancestrali. Vestiti di colori, sorridono al futuro incerto. EMOTIONS

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MADRE BARABAIG

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DONNA MASAI

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IL RIENTRO DELLE MANDRIE, ENGARESERO

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KALEIDOSCOPE

VILLA CASTELLARE DE' SERNIGI STORIA E LUSSO PER SOGGIORNI DA SOGNO NEL CUORE DEL CHIANTI Pamela McCourt Francescone

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Nel cuore della tranquilla bellezza del Chianti, incastonata di Firenze e Siena, sorge la sontuosa Villa Castellare de' S riportata all'antico splendore con la massima attenzione ai soggiorni rilassanti che a permanenze in smart working. L’accogliente dimora signorile che rievoca il fascino del p comfort e servizi, offre un servizio di concierge ed è dota persone, sette bagni, due ampi e luminosi saloni, una grand Castellare de' Sernigi è abbracciata da un vasto giardino co vigneti e maestosi cipressi. Acquistata alla fine degli anni '50 Puccetti Corti ed Enzo Corti accolgono personalmente gli os


tra le dolci colline della campagna toscana, tra le province Sernigi. Questa elegante dimora del XV secolo, che è stata dettagli e alla storicità secolare dell’edificio, si presta sia a

passato e allo stesso tempo fornisce un ambiente ricco di ta di sette camere da letto che possono ospitare fino a 13 e sala da pranzo e una spaziosa cucina "di campagna". Villa on una piscina e una vasca idromassaggio immersi tra ulivi, 0, la Villa è tuttora gestita dalla stessa famiglia, e Annagloria spiti per soggiorni autentici e personalizzati.

Nel giardino, un teatro all'aperto in legno è il palcoscenico per eventi musicali e cene a buffet. Le attività spaziano da matrimoni, convivi e cerimonie a corsi di cucina, pittura e yoga. Gli ospiti possono partecipare alla raccolta dell'uva, alla ricerca di funghi e tartufi, alle degustazioni di prelibatezze culinarie e vini locali. E per gli amanti dello sport ci sono il ciclismo, le passeggiate, il trekking, lo sci, il nuoto, la vela, l’equitazione, gite in mongolfiera, tennis, golf e pesca. Oltre ad accogliere gli ospiti nel loro rifugio lussuoso, Annagloria ed Enzo amano accompagnarli alla scoperta di artisti locali, come soffiatori di cristallo (l'85% del cristallo in Italia è prodotto nelle vicinanze, a Colle di Val d'Elsa), argentieri, ceramisti, pittori e stampatori di tessuti a mano. Inoltre, organizzano visite ai vigneti, alla raccolta delle olive, ai frantoi e alle cantine locali. A completare il ventaglio di attività ci sono visite guidate nei dintorni, massaggi, wine tastings, corsi di pizza e gelato, di carta fiorentina e non solo. C’è anche la possibilità di un servizio di elicottero per i trasferimenti da e per gli aeroporti nelle vicinanze, e per esplorare le località più affascinanti della Toscana.

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VILLA CASTELLARE DE' SERNIGI

VISITE GUIDATE NEI DINTORNI, MASSAGGI, WINE TASTINGS, CORSI DI PIZZA E GELATO, DI CARTA FIORENTINA E ANCHE LA POSSIBILITÀ DI UN SERVIZIO DI ELICOTTERO PER I TRASFERIMENTI DA E PER GLI AEROPORTI WWW.CASTELLAREDESERNIGI.COM/IT/

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LIBRI EMOTIONS Ornella d’Alessio

LA GUIDA GASTRONOMICA DELLA SARDEGNA VIAGGIO TRA I PRODOTTI E LE RICETTE TRADIZIONALI. 34 ITINERARI. 4 STAGIONI.

CINQUESENSI EDITORE

Ornella d’Alessio

La gUida gastRonomica deLLa saRdegna Viaggio attRaVeRso i PRodotti e Le Ricette tRadizionaLi. 34 itineRaRi. 4 stagioni CINQUESENSI EDITORE

Una guida lungo 34 rotte, tra luoghi conosciuti e nascosti della sardegna, che prende il lettore per mano e lo accompagna attraverso le quattro stagioni in un’esplorazione enogastronomica alla scoperta dei frutti della terra sarda e dei segreti secolari della sua cucina nelle sue mille sfaccettature. terra d’adozione dell’autore ornella d’Alessio, grande viaggiatrice, giornalista e scrittrice di guide turistiche e di cucina, nonché di reportage dal mondo, la sardegna che scopriamo vanta una cucina con caratteristiche uniche, avendo saputo preservare nei secoli una propria identità, pur adottando molte delle contaminazioni dei popoli che l’hanno dominata. Gli itinerari mettono in luce come il territorio abbia saputo fare tesoro della generosità (e dei rigori) della natura, per mantenere inalterata quella peculiarità che la rende così straordinaria: una stagionalità che nei secoli è stata tramandata oralmente, e solo nei tempi moderni resa disponibile attraverso saggi di gastronomia e di costume. le rotte proposte dall’autore comprendono tanti piccoli borghi – sono ben 170 i comuni citati – dove fioriscono tradizioni gastronomiche che racchiudono in sé segreti culinari tramandati da generazione a generazione, e ancora oggi parte integrante dei piatti che la sardegna mette così magistralmente in tavola. Belle e tante le foto, e in fondo a ogni capitolo – ognuno un viaggio che porta alla scoperta di luoghi d’incanto e specialità locali altrettanto incantevoli - una ricetta da provare a casa. oltre all’edizione in italiano il libro è disponibile in inglese, francese, tedesco e spagnolo. a cura di Pamela McCourt Francescone

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Andrea Pamparana

Dino Aloi

tiFFany

contRostoRia deLLa BeLLe ePoQUe

BiogRaFia Romanzata di Una FamigLia geniaLe TAB EDIZIONI

L’assiette aU BeURRe e Le aLtRe RiViste EDIZIONI IL PENNINO

tiffany: un nome che suscita al tempo stesso un’aura di eleganza e di romanticismo, sia per il grande successo avuto a suo tempo, dal film “colazione da tiffany”, ma soprattutto per il famosissimo anello di diamanti simbolo del vero Amore e forse anche emblema del “sogno americano”. tiffany infatti è divenuto non soltanto un marchio di gioielli ma da più di un secolo e mezzo si distingue nell’immaginario collettivo per un ideale di bellezza, semplicità, vigore e fantasia. Fu charles lewis tiffany (1812-1902), proclamato dal “new York times ” “re dei diamanti” dopo solo dieci anni dall’inizio della sua attività, iniziò a lavorare in un piccolo negozietto di Brooklyn aperto a soli venticinque anni, grazie all’aiuto economico del padre. ma oggi, chi valica le porte del “Palazzo tiffany” sulla Fifth Avenue a new York, sede dell’azienda dopo il negozio sulla Broadway, trova sempre la medesima accoglienza che era stata avviata dal capostipite: una gentilezza misurata, che fa sentire il cliente come un ospite che visita il salotto di famiglia. interessante è la descrizione, fatta dal nostro autore: un edificio di cinque piani, con immense vetrate appese al soffitto e grandi mosaici sulle pareti del salone al piano terra, cui si accedeva dalla porta di vetro molato cha dava sull’ampio marciapiede antistante. ma ecco, al terzo piano, quale cuore pulsante, la culla della creatività con i modelli, i disegni e i bozzetti “che sarebbero diventati preziosi servizi da tè, vasi, portasigari”, pronti “per andare a far parte di lussuosi e ricercati arredamenti di ricche famiglie della borghesia newyorkese, per soddisfare la clientela parigina, londinese, spagnola, italiana”. ma la vita del capostipite, inventore dell'iconica Blue Box e dell'anello di diamanti come simbolo d'amore si intreccia a quella di suo figlio louis comfort (1848-1933), acclamato come il miglior designer americano tra la fine dell'ottocento e i primi del novecento per i suoi vetri, le lampade e l'inconfondibile stile delle sue creazioni Art nouveau. E a mano a mano ecco che l’autore ci avvicina a tutte quelle creazioni che, nell’ambito della famiglia tiffany si svilupparono in varie forme artistiche, realizzate con i materiali più diversi. E così possiamo seguire quanto ha portato avanti, in tutte le eccellenze di una grande, intrinseca attitudine creativa, il figlio louis comfort. i suoi vetri, le sue lampade e tutta la sua produzione in stile “Art nouveau” entrarono a far parte dello status symbol, quale icona di una produzione che sarebbe divenuta emblema della fervida operosità, appunto, di una “famiglia geniale”. l’afflato speciale con cui l’autore coinvolge il lettore, fa ripercorrere le fasi di un vero e proprio “sogno americano”.

Questo volume di dino Aloi, validissimo scrittore di numerosi testi, propone una sorta di viaggio attraverso le varie fasi con cui ha avuto modo di svilupparsi nel tempo quell’impulso particolare verso l’ironia e la satira, che deve essere valutato anche nelle sue caratteristiche sociali e psicologiche. dino Aloi riesce così a trasmettere a tutti i suoi numerosi lettori e in particolare anche a quelli che non sono molto attratti e seguono con una certa distanza o indifferenza tutto il settore, una viva curiosità e un attento interesse. ne nasce pertanto un vero e proprio percorso storico, a cominciare dalla “nascita dei giornali satirici in Francia e in italia”. siamo nel 1830, quando in Francia nasce il giornale “le caricature” di charles Philipon, come “primo giornale caricaturale “nel mondo, preceduto soltanto dalle settecentesche acqueforti che erano apparse in inghilterra nel secolo precedente. Ed è molto interessante venire a sapere come fosse elevato il livello artistico di quel giornale, se con esso collaboravano i più grandi artisti dell’epoca; basti pensare a daumier o a courbet o all’italiano Pellizza da Volpedo. E quando dal successo ottenuto giunge l’esigenza di aumentare la tiratura, ecco giungere in aiuto la “cromolitografica” e siamo ancora nella prima metà dell’800. Ed ecco il messaggio sociale della satira che, soprattutto in italia, voleva essere accolta anche dal popolino e non solo, come era agli inizi, da un mondo elitario di gente colta e borghese e tale “svolta, ci spiega l’autore, si ebbe, dalla fine dell’ottocento, con la nascita del primo giornale socialista “l’Asino”. ma accanto a questo legame un po’ politico, l’autore ci fa presente come si stesse affacciando una satira “più morbida” ad esempio con “Pasquino”. l’interesse del volume, che offre una ricca messe di illustrazioni legate ai vari momenti di sviluppo della tematica proposta, consiste soprattutto nel valorizzare le particolari suggestioni politiche e sociali che la satira ha attivato nel tempo. così ad esempio, dino Aloi mette il punto, riferendo anche il pensiero di ottimi critici, sui continui parallelismi e “le commistioni dei generi, oltre ad una “commistione dei fatti”, con un influsso reciproco. E fa notare, nelle conclusioni che pone al termine del volume, quanto segue: ” difficile immaginare gli artisti che operano nella Parigi di inizio secolo se non vi fosse stata la lezione impressionista ma neppure se non fosse stata creata l’elettricità che ha avuto come conseguenza anche l’invenzione del cinematografo”. come pure, egli sottolinea, come i progressi tecnici abbiano permesso la realizzazione dei manifesti di grande formato e la tiratura sempre più importante dei giornali di settore.

a cura di Luisa Chiumenti

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