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Quale Cei per l’oggi?

DI NAZZARENO MARCONI *

C on le nomine di Matteo Zuppi e Giuseppe Baturi a presidente e segretario la Cei 2022-2027 inizia a camminare, ora tutti si aspettano un serio rinnovamento. Ma nel concreto quale riforma sarebbe auspicabile per la Cei? Di fatto la Cei è nata ed è stata all’inizio una struttura di semplice coordinamento e ascolto dei territori. Poi è gradualmente cambiata: basta studiare l’evoluzione degli statuti dagli anni ’60 a oggi per avere un’idea di questo cambiamento. Infatti, rispetto al progetto originario la Cei è diventata sempre di più una struttura pastorale centralizzata, deduttiva e propositiva, e sempre meno una struttura di semplice servizio e coordinamento delle Diocesi e Conferenze episcopali regionali. Tra i motivi di questo cambiamento forse c’è stato anche il fatto che le persone che hanno guidato gli Uffici Cei, provenendo tutte dal lavoro in Curie diocesane più o meno grandi, hanno del tutto naturalmente continuato a lavorare in Cei secondo le logiche pastorali e gestionali che conoscevano. Si è così lentamente generata una prassi che ha sempre più plasmato la Cei come una “Super-Curia” dell’Italia.

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I vari Uffici Pastorali nazionali, come i normali uffici di una curia, ispirati inoltre dalla vicinanza e dalla consulenza dei professori di pastorale delle università romane, si sono sempre meglio strutturati per proporre tutta una serie di iniziative pastorali, che la facilità crescente delle comunicazioni mediatiche hanno amplificato. Così ogni Ufficio

Cei è giunto sempre più a produrre: sussidi, parti di piani pastorali e a volte interi progetti pastorali, costruiti a Roma da consulenti universitari e proposti alle diocesi come “pacchetti immediatamente applicabili”.

Sono giunte addirittura, con sempre maggiore frequenza, proposte di catechesi, liturgie ed iniziative caritative sviluppate fin nel dettaglio di fornire il foglietto da consegnare al fedele per seguire tutto il rito o la catechesi. Questo modo di fare ha l’effetto negativo di mortificare la creatività locale: come competere con l’apparente perfezione di un lavoro fatto da esperti e curato fin nella grafica da professionisti? Ha ancora peggio impigrito i livelli pastorali locali, spingendoli a farsi semplici trasmettitori delle iniziative nazionali. Ciò è stato aggravato dalla sostanziale riduzione della pastorale alla organizzazione di “eventi”, per lo più “grandi

DA SAPERE

Conferenza episcopale italiana

La Cei è nata l’8 gennaio 1952, ma la sua identità ha cominciato a consolidarsi solo una decina di anni dopo, col Concilio Vaticano II. «È l’assemblea permanente dei vescovi italiani ed esercita la propria attività nell’Assemblea Generale». Di norma si svolgono due sessioni annuali: ordinaria a maggio, straordinaria a novembre. Alla Cei compete (non al Vaticano) la gestione dei fondi dell’8xmille destinati dai contribuenti alla Chiesa cattolica. Presidente è il cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna; segretario generale l’arcivescovo Giuseppe Baturi, metropolita di Cagliari. Il suo sito è www.chiesacattolica.it eventi nazionali”, che se davano l’illusione del successo pastorale, perché assommavano grandi numeri, in realtà consumavano le poche energie locali nell’organizzazione di questi spostamenti di persone. Di fatto, riportati sull’intero territorio, i grandi numeri dei Grandi Eventi diventano inin- fluenti per la vita cristiana quotidiana della maggioranza. Per la gran parte si celebrano eventi, ma non si introduce e forma la persona alla vita di fede. Così si è creata, soprattutto a livello giovanile, una nuova tipologia di fedele: il non praticante, ma devoto alla partecipazione ai grandi

Va potenziato l’ascolto dei territori; diocesi e regioni vanno spinte a giocarsi di più nel coraggio di innovare, di provare modalità pastorali più induttive, nate sul campo e attente ai cambiamenti in atto eventi. Una modalità di vita cristiana che non influisce nelle convinzioni e nella prassi della vita di fede, sia liturgica che morale, ma consolida solo una appartenenza identitaria tutta emotiva, fatta di slogan e di legame affettivo a certe figure simboliche. Nascono così i “Papa boys” che, se sono visibili sui giornali, sono però invisibili nella vita di fede delle comunità locali. Quando non costituiscono sui loro social una nota di disturbo e di critica gratuita e disimpegnata di tutto quanto più umilmente si cerca di fare a livello locale. Ammetto che è una lettura esagerata, ma a volte provocare aiuta a pensare. E pensando sembra che almeno una direzione chiara nella auspicata riforma della Cei debba essere il potenziamento dell’ascolto dei territori e la crescita di un metodo pastorale che spinga le diocesi e le regioni a giocarsi di più nel coraggio di innovare, di provare modalità pastorali più induttive, nate sul campo e attente ai rapidi cambiamenti del mondo di oggi.

Giovani, una borsa di studio per animatore di comunità

Il Progetto Policoro – iniziativa della Cei che tenta una risposta concreta al problema della disoccupazione giovanile – in diocesi di Macerata cerca il nuovo animatore di comunità che avrà una borsa di studio per il 2023. Sei un giovane che risiede nel territorio della Diocesi? Hai esperienze di gruppi ecclesiali o fai parte di un’associazione di animazione giovanile? Vuoi dedicarti a un’esperienza che sia contemporaneamente formativa e lavorativa? Ti piace stare con gli altri e sei aperto a vivere nuove esperienze? Allora stiamo cercando proprio te! Se sei interessata/o al Progetto Policoro scrivi a policoro.macerata@gmail.com entro venerdì 29 Luglio. Info su https://www.instagram.com/macerataprogettopolicoro

Un’estate a pagina 4

Crisi idrica, Apm contro gli sprechi

Acqua sotto controllo nel Maceratese, ma serve non abbassare la guardia di fronte all’eventuale perdurare della siccità. Il messaggio arriva da Gianluca Micucci Cecchi, presidente di Apm, l’Azienda pluriservizi Macerata, che gestisce il servizio idrico integrato per i suoi Comuni soci. «La situazione è sotto controllo perché attenzioniamo quotidianamente le nostre fonti di approvvigionamento, le nostre sorgenti – spiega Micucci Cecchi –; è chiaro che, tuttavia, il contesto generale non lascia margini di grande fiducia: basti pensare che la stagione è appena iniziata e già si parla di emergenza idrica nazionale e, quindi, di conseguenza, considerando le settimane che ci aspettano potremmo evidenziare qualche criticità».

Nutrirsi di attenzione e rispetto per le realtà incontrate, disposti a cogliere le diversità senza farci ingabbiare dai pregiudizi

La sera del 1° luglio è stato proiettato al cinema Excelsior di Macerata il docufilm The Iron Pope, dedicato alla figura del Papa marchigiano Sisto V (1521-1590). La narrazione ha alternato episodi della vita del grande Pontefice – risoluto, creativo, pragmatico –, raccontati nello stile delle fiction e interviste a esperti. Il docufilm è stato girato interamente nelle Marche; scene sono state riprese all’Abbadia di Fiastra, nelle campagne di Urbisaglia, a Villa Buonaccorsi di Potenza Picena. IL DOCUFILM

C’è bisogno di più quotidianità, di introduzione personalizzata alla vita di fede, di un cammino fatto a livello della terra e con gli occhi ben fissi negli occhi degli uomini e delle donne concrete del nostro tempo e dei nostri territori. Senza dimenticare che, anche se la globalizzazione tende ad omogeneizzare tutto, Dio continua a fare le persone “con metodo artigianale”, ognuna unica e misteriosa e che queste persone uniche vivono in un’Italia molto lunga e larga, dove tra una regione e l’altra le diversità e le sensibilità sono tante. Anche per l’ecologia umana è saggio avere cura della biodiversità. * vescovo

Dalla recente approvazione dell’ultimo bilancio consuntivo 2021, Apm ha confermato l’impegno nel settore idrico: «La nostra azienda fa investimenti per diversi milioni di euro – aggiunge –, dal mio punto di vista la battaglia sul risparmio d’acqua non si combatte soltanto nelle abitazioni private (e colgo l’occasione per formulare l’invito a una sempre maggiore attenzione), ma si combatte anche dalla parte della società che distribuisce l’acqua, perché appunto una delle più forti difficoltà è causata dalla dispersione della rete». Un dato allarmante, certificato dal fatto che in molte città italiane ci si attesti attorno al 60-70% di spreco proprio nell’acqua che entra dentro le condutture: «Da questo punto di vista, noi siamo al primo posto per risparmio da dispersione idrica –afferma il presidente Apm –, un dato sul quale noi continuiamo a intervenire. Credo che la maggiore criticità sia proprio questa: la rete va sempre monitorata e modernizzata, un impegno che dovrebbero avere tutti i soggetti gestori». Nel Maceratese molti sindaci hanno emanato ordinanze contro lo spreco d’acqua: «Apm è stata promotrice di alcune riunioni sul fenomeno – aggiunge ancora Micucci Cecchi –, il problema è che le società come la nostra non hanno alcuna facoltà di sospendere l’erogazione idrica o decidere come razionalizzare l’acqua, per questo c’è una interazione tra l’azienda e i Comuni del proprio ambito. Per questo sollecitiamo gli Enti a promuovere comportamenti virtuosi nei propri cittadini e, se dovessero sorgere delle difficoltà importanti, interverremo in stretta sinergia con le Amministrazioni comunali coinvolte».

Andrea Mozzoni

Essere turisti «contemplanti», non superficiali

DI GIANCARLO CARTECHINI

Devo avere sbagliato giorno. Ma sì, deve essere proprio così. La strada che da Frontale conduce a Pian dell’Elmo è deserta. Ero rassegnato all’ingorgo, invece niente. Controllo il biglietto: la data è esatta. Continuo a salire in perfetta solitudine. Mi tiene compagnia solo un grillo entrato dal finestrino. Si è posato sopra il sedile, da bravo passeggero. L’estate rappresenta il tempo adatto per nuove relazioni. Ma qui non si vede nessuno. O forse no. Forse mi trovo al centro di un convenire discreto. I primi segni di vita li incontro nel prato adibito a parcheggio. Un volontario invita a mettere l’auto in fondo alla fila: «Con il cofano verso l’esterno, in caso di emergenza si esce più facilmente». Un cartello indica l’inizio del sentiero: monte Moscosi, tempo di percorrenza 30 minuti. Mi incammino insieme ad altre persone. Nello zaino solo una bottiglia d’acqua e una stuoia. Ci sono bambini e nonni, molti adulti, pochi giovani. I discorsi quelli soliti che si fanno tra amici: piccole miserie quotidiane, progetti di vacanze. Una donna parla con accento tedesco. Fare un tratto di cammino a piedi, raggiungere un’altura, seder- si ad ascoltare. È questa l’idea che caratterizza Risorgimarche. Oggi è previsto uno spettacolo di Paolo Rumiz, scrittore triestino, autore del saggio “Il filo infinito”: un viaggio tra le abbazie benedettine che hanno salvato l’Europa nei periodi più bui della sua storia. Proprio una delle chiese citate nel libro, l’abbazia di Val di Castro, si scorge in lontananza, più in basso rispetto al prato che sto per raggiungere. Rumiz proporrà una lettura a più voci, con accompagnamento musicale, di “Canto per Europa”, il suo ultimo libro: il mito di Europa, la principessa fenicia rapita da Zeus, trasposto nella storia attuale del Mediterraneo, con il suo carico doloroso di guerre e migrazioni. Quando arrivo molte persone sono già sedute, in attesa dello spettacolo. Scarpe da trekking, sandali, canottiere: nell’accampamento improvvisato si vede di tutto.

Chi viaggia può essere un uomo d’affari, o un migrante, o un turista, dice Roberto Calasso nel suo saggio “L’innominabile attuale”. Il turista è caratterizzato da rilassamento estetico e superficialità. I luoghi che invade perdono la loro identità. Mi guardo intorno, e mi chiedo se anche la gente che mi circonda faccia parte di questa poco invidiabile compagnia. Ma c’è speranza. Dice Calasso che a volte è possibile imbattersi in voci differenti, provenienti da una “costellazione clandestina”. Sono le voci di quelli che chiama i “contemplanti”, apolidi ed extraterritoriali per vocazione, che si nutrono di attenzione e rispetto. Vorremmo essere tutti contemplanti, e magari ci troviamo addosso panni da turisti trasandati. Deve essere proprio così. Nel libro di Calasso c’è anche un riferimento al mito di Europa, alla sua morbidezza sensuale, contrapposta alla rigidità solenne dell’arte egizia e assira.Si dice spesso che la parte più bella di una musica sia il silenzio che ne deriva. Al termine dello spettacolo alcune persone se ne vanno, altre si disperdono nell’altopiano, alla luce del sole che comincia ad abbassarsi, e tinge tutto di un colore dorato: l’erba secca, i cardi ancora verdi, i pochi fiori che resistono, le piccole foglie di timo che profumano di resina, limone, e di mare. Quel mare che si scorge all’orizzonte, e che ci vorrebbe tutti naviganti, disposti a naufragare.

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