FONTI RINNOVABILI Dal 2006 a Faenza opera una centrale a biomasse di proprietà del movimento cooperativo
Globale e Solidale
DISTER ENERGIA, 10 ANNI DI BUONE PRATICHE
Il Cambiamento Parte Dal Basso
Parlano il responsabile amministrativo Marco Tura e il direttore tecnico Carlo Cesaretti
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ister Energ i a ge s t i s c e a Fa enza una centra le a biom a s s e: nata nel 2006 dalla riconversione di Distercoop con un investimento di circa 50 milioni di euro, dal punto di vista societario è una S.p.A. posseduta all’84,82 per cento dalla Federazione delle Cooperative della Provincia di Ravenna. Gli altri azionisti sono: S.T.C. S.p.A. (5,84 per cento), Copura Soc. coop. (2,49 per cento), Cefla Capital Service S.p.A. (1,79 per cento), Promosagri Soc. Coop. Agr. (1,36 per cento), Recywood S.r.l. (1,21 per cento); CAB Ter.Ra. Soc. Coop. Agr. (1,13 per cento), Gruppo Cevico Soc. Coop. agr. (1per cento) e C.T.F. (0,36 per cento). Nel 2015 ha prodotto un fatturato di 34 milioni di euro. La centrale ha una potenza di 34 megawatt elettrici, di cui 27 forniti dai 3 motori e 7 dalla caldaia. A pieno regime garantisce 200.000 megawatt/ora all’anno: nel 2012 ottenuto il certificato ISO14000 per l’ambiente. Con il responsabile amministrativo e finanziario Marco Tura e il direttore tecnico Carlo Cesaretti approfondiamo gli aspetti legati all’operatività e alle potenzialità della centrale. Tura, ci spieghi cos’è oggi Dister Energia. Un’impresa che gestisce una centrale a biomasse di 34 megawatt elettrici di potenza, in grado di produrre 200mila megawatt/ora all’anno di energia elettrica da fonti rinnovabili. Per capirci, sarebbero sufficienti a coprire il fabbisogno di circa 70 mila famiglie e, quindi, un numero ampiamente superiore a quello di tutte le utenze civili di Faenza.
Ottobre-Novembre
Quest’anno la società compie 10 anni, essendo nata nel 2006: il modulo motori della centrale è stato collaudato nel luglio 2009 mentre quello caldaia/turbina nel maggio 2010. L’azienda inoltre ha costruito e gestisce un impianto di depurazione collegato alla centrale ( in caldaia si recupera anche il biogas prodotto) con una capacita depurativa annua complessiva di 500.000 mc. L’anno scorso, dopo un paio di anni di difficoltà, l’azienda ha realizzato un fatturato di 34 milioni di euro. Dister Energia ha 33 dipendenti diretti: principalmente impegnati in turni per mantenere l’attività 24 ore su 24, vi è poi un indotto di circa 15 unità lavorative impegnate nella preparazione delle biomasse, nella manutenzione e logistica. La produzione di energia è l’unica attività di Dister Energia?
No, anche se ovviamente costituisce la parte predominante. A differenza di altri impianti simili, riutilizziamo l’acqua calda risultante dal pro c e s so d i pro du z ione energetica come energia termica (teleriscaldamento) per alimentare il Centro Commerciale “Le Maioliche”, garantendo la climatizzazione estiva e invernale. Inoltre, parte del vapore prodotto dalla centrale viene acquistato dalla Sueco, l’azienda agroalimentare, che nel 2009 acquisì il ramo d’azienda dei mosti di Distercoop. Cesaretti, lei è il direttore tecnico. Ci illustra come funziona la produzione di energia di Dister? La nostra centrale è costituita da due moduli: una sezione costituita da 3 motori che producono energia elettrica utilizzando le biomasse
liquide come combustibile, l’altra da una caldaia che funziona a biomasse solide. I due moduli non lavorano in modo indipendente, ma integrato così da aumentare l’efficienza complessiva. Questa è una caratteristica originale della nostra centrale, perché in genere quelli esistenti non combinano le due tipologie di impianto. Il ciclo termico così concepito permette l’utilizzo della maggior parte di cascami di energia termica in modo da avere un rendimento elevato. Di fatto si realizza la “trigenerazione” di energia (elettrica, riscaldamento, raffreddamento). Alla fine del ciclo, inoltre, è attivo un depuratore che produce biogas, da noi riutilizzato per produrre ulteriore energia. Per qua nto r ig ua rda i combustibili, la biomassa solida proviene quasi tutta da ‘filiera corta’, cioè è pro-
dotta localmente, nel raggio di 70 chilometri. Quella liquida è costituita da olio di palma che proviene dall’Indonesia e dalla Malesia. Cesaretti, possiamo dire che Dister Energia è sicura dal punto di vista dell’impatto ambientale? Certamente. Proprio la tecnologia innovativa dei nostri impianti ci ha permesso di ottenere le autor i z z a z ion i per produ r re energia. I valori di ossido di azoto e di polveri sono notevolmente inferiori a quelli dei piccoli impianti sparsi sul territorio. Basti dire che l’impatto ambientale è molto più basso di quello prodotto in precedenza da Distercoop, sia per quanto riguarda le emissioni in atmosfera che lo scarico dei ref lui di depurazione. L’azienda dal 2012 è certificata ISO 14001». Paolo Pingani
Si moltiplicano i progetti e le esperienze per rendere il pianeta più vivibile. Una grande panoramica di quello che bolle in pentola, dagli Stati Uniti all’Africa, è visibile sul sito goodanthopocenes. net. Un gruppo di attivisti ha messo in rete circa cinquecento iniziative, che costituiscono ormai un di Fabio Gavelli patrimonio molto interessante. Qualche esempio: a Lüneburg, in Germania, 1700 studenti sono all’opera da anni per immaginare come rendere nel 2030 la città più equa e sostenibile: una sorta di riprogettazione degli spazi e dei sistemi urbani. Rimanendo in Europa, c’è l’ecovillaggio di Tamera, in Portogallo, dove 250 coworkers hanno costruito un ‘free lab’ per immaginare una moderna comunità utopica, coi fili conduttori della pace e del massimo rispetto per la natura. Se ci spostiamo in Indonesia, ecco ‘Health in armony’, un’iniziativa che mira a fornire cure sanitarie gratuite alla popolazione in cambio della protezione di aree boscose. Il ragionamento in fondo è semplice: il cambiamento non può che partire dal basso, da piccoli gruppi che ne contagiano positivamente altri. È illusorio e spesso frustrante aspettare che un pianeta più equo e “verde” sia il frutto dei grandi accordi fra governi, pressati da fortissimi interessi economici e finanziari che vanno in tutt’altra direzione. Viviamo nel periodo storico che gli studiosi chiamano Antropocene, perché identificato dal peso che l’uomo ha nel modificare l’ambiente. Per costruire un Antropocene (da qui il nome dell’iniziativa e del sito web) più giusto e sano non resta che rimboccarsi le maniche. C’è moltissimo da fare e sono soprattutto i giovani a prendere l’iniziativa, come dimostrano tante delle buone pratiche in atto un po’ in tutti i continenti. Anche un solo sguardo al sito è una boccata d’ossigeno per tutti quelli che si abbattono dopo aver visto un qualunque telegiornale.
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