Palazzo Ala Ponze a Cremona

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Quaderni

“LA SCUOLA CLASSICA DI CREMONA”

ƒ

ENRICO

MARIA FERRARI

NARRAZIONE E ALLEGORIA DI PALAZZO ALA PONZONE A CREMONA

CREMONA 2021

3 2 ASSOCIAZIONEEXALUNNIDELLICEO GINNASIO “DANIELEMANIN”

L’Associazione degli ex alunni del Liceo-ginnasio “Daniele Manin”, sempre attenta a una cultura ad ampio raggio e quindi a tutte le discipline, da quelle storico-umanistiche a quelle giuridico-economiche, sensibile ai problemi filosofico-pedagogici come a quelli scientifici e artistico-estetici, con la collana dei “Quaderni” de “La Scuola Classica di Cremona”, che si è concretizzata recentemente dopo un lungo periodo di gestazione, intende creare uno spazio per ricerche che richiedano un più ampio dipanarsi del testo di quello - pur considerevole - che il suo “Annuario” ogni anno offre ai numerosi (e sempre interessanti) contributi di tanti valenti studiosi. Per questo nel presente numero dei “Quaderni” ospita volentieri le ampie riflessioni su Narrazione e allegoria di Palazzo Ala Ponzone a Cremona dell’architetto Enrico Ferrari, cremonese d’origine, che, pur abitando a Parma, alla nostra città rimane strettamente legato, con una viva attenzione per la nostra storia, la nostra cultura, la nostra arte, in relazione, certo, con le discipline a cui per passione e professione è più fortemente interessato, ma con uno sguardo globale che tien conto di varie prospettive, scientifiche ed estetiche. Lo attesta l’accurata, documentata ed intelligente ‘riflessione critica’, stimolata, come egli scrive, dagli interrogativi ancora aperti sull’origine delle collezioni del marchese Giuseppe Sigismondo Ala Ponzone e sulle riforme del Palazzo Ala Ponzone in Cremona. Ne esce uno spaccato che apporta un interessante contributo sia storico che artistico alle conoscenze attuali sul tema trattato (qui illustrato anche da alcuni riferimenti iconografici che spaziano dalle fonti documentarie all’architettura, alla statuaria e ad altro ancora), restituendoci non solo un’immagine del Palazzo e delle sue destinazioni attraverso il tempo, ma riportando all’attenzione e, per così dire, alla vita presente un personaggio - il marchese Giuseppe Sigismondo degli Ala Ponzone - e insieme un periodo storico di Cremona con la sua cultura e la sua arte. Per tutto ciò, e per i suoi principi di base Enrico Ferrari sembra incarnare quanto scriveva, a proposito dell’architettura, il grande architetto romano Vitruvio, vissuto nel I secolo a. C., con un pensiero che risulta ancor oggi moderno:

L’Architettura è una scienza adornata da più dottrine e da varie erudizioni, col sentimento delle quali giudica di tutte quelle opere che sono perfezionate dalle arti rimanenti. Essa nasce dall'esperienza non meno che dal raziocinio. L'esperienza è una continua e consumata riflessione sull'uso, la quale si perfeziona coll'operare sulla materia di qualunque genere, necessaria e giusta per l'idea del disegno... Sicché sembra che debba essere nell'una e nell'altra parte esercitato chi fa professione d'Architetto.

Renata Patria (Presidente Associazione ex alunni del Liceo-ginnasio “D. Manin”)

Tutti i cremonesi osservano, magari distrattamente, la facciata di Palazzo Ala Ponzone, edificio che probabilmente considerano solamente come sede di uffici comunali e non come antica dimora gentilizia artisticamente pregevole; il fatto stesso che da molti sia conosciuto come “Palazzo della Rivoluzione” suggerisce che esso non viene immediatamente messo in relazione con la famiglia che gli ha dato il nome e che non ci si chiedono le ragioni che hanno condotto a questa diversa denominazione: ciò che conferma che la sua storia non è del tutto conosciuta, o che almeno lo è solo in parte.

In questo consiste l’errore più grande che si possa compiere. La necessità che ognuno di noi conosca il passato della città anche attraverso il suo patrimonio architettonico è fattore indispensabile perché ci si possa sentire veramente parte di una comunità; ma parte attiva, fondata sulla consapevolezza che solo l’interesse, che il sentire comune deve avvertire come primario, per ciò che i beni culturali rappresentano serve a difendere e rafforzare l’identità della città e al contempo a far sì che ognuno si senta parte di essa, anzi la faccia intimamente propria.

La storia è un racconto che poggia sul passato, dal quale non è possibile prescindere in quanto unico presupposto per comprendere il presente. Infatti, gli intenti del lavoro che si licenzia sono di duplice natura: da un lato ripercorrere, su rigorosa base documentaria, le vicende storiche del palazzo, la definizione degli spazi interni e l’inserimento nel più ampio contesto dell’urbanistica cremonese; dall’altro approfondire gli affascinanti motivi iconografici che hanno ispirato gli artisti.

Il lavoro evidenzia come la ricostruzione documentata del passato storico del palazzo si ponga come presupposto per formulare interrogativi riguardanti gli scopi della straordinaria ed eterogenea collezione artistica che il marchese Giuseppe Sigismondo Ala Ponzone vi aveva costituito e che, con disposizione testamentaria, aveva destinato a costituire un Museo e una Scuola d’Arte: il passato glorioso della famiglia si trasforma in fondamento sul quale costruire il futuro, la conservazione dei materiali artistici acquista nuova vita. Così come la proposta conclusiva, formulata dall’Autore, della costituzione nel Palazzo Ala Ponzone di un Museo delle Arti e dei Mestieri intende ideare uno spazio in grado di rigenerare l’edificio e al contempo riunire le testimonianze materiali ereditate dal passato per trasformarle in future potenzialità, suggerendo spunti utili a divenire idee nuove per arricchire in futuro il volto della città.

Con l’auspicio, naturalmente, che l’analisi dei temi proposti dall’Autore permetta di accrescere la consapevolezza del valore della storia di Cremona e di quanto è sotteso all’architettura dei suoi palazzi, patrimonio che in ogni caso vale la pena di rivalutare per giungere a valorizzarlo nella giusta dimensione.

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Emanuela Zanesi

Rivolgo un particolare ringraziamento all'Associazione ex alunni del Liceo-ginnasio “D. Manin”, alla sua Presidente prof.ssa Renata Patria e alla dott.ssa Emanuela Zanesi, per avermi incoraggiato e permesso la pubblicazione della presente ricerca.

E. M. Ferrari

Si potrebbe considerare l'architettura di Palazzo Ala Ponzone a Cremona avulsa dal contesto sociale e urbanistico della città a causa delle improprie destinazioni che si sono succedute nel tempo. Per comprendere i significati della sua composizione architettonica, dobbiamo considerare nel suo insieme la storia della famiglia nobile che lo ha costruito e abitato per quasi sei secoli e il vincolo storico del casato Ala Ponzone con Cremona. Le autorevoli analisi e le rilevanti indagini compiute dagli studiosi che mi hanno preceduto1 intorno alla figura dal marchese Giuseppe Sigismondo sono all’origine delle considerazioni e valutazioni contenute nel presente saggio. Una serie di interrogativi ancora aperti, riguardanti l’origine delle collezioni del marchese Ala Ponzone, le differenti riforme del palazzo e le volontà contenute nel Legato,2 sono stati un considerevole incoraggiamento per intraprendere nuove esplorazioni, non solo archivistiche. L’intento del presente studio non è quello di riscrivere la cronistoria dell’edificio, bensì di avvalersi della percezione di tale complessità per cogliere l’insieme delle conoscenze e degli eventi associati al Palazzo Ala Ponzone, per farne una riflessione critica e sperimentale.3

Le vicende che hanno interessato sino a oggi l’edificio, dall’anno 1842, data della morte dell’ultimo possidente della famiglia Ala di Ponzone, il marchese Giuseppe Sigismondo, delineano uno scenario di destinazioni funzionali complesse, la cui entità e durata hanno pregiudicato l’accezione del palazzo, abbozzata nel preludio della sua attribuzione in qualità di

1 Cfr. A. SQUIZZATO, Profilo di un collezionista cremonese tra Settecento e Ottocento: il marchese Giuseppe Sigismondo Ala Ponzone di Cremona, in La Pinacoteca Ala Ponzone di Cremona. Dal Duecento al Quattrocento, a cura di M. MARUBBI, Cremona, Pizzi, Cinisello Balsamo, Silvana Editoriale, 2004, pp. 17-27.

2 Archivio di Stato di Cremona (d’ora in poi ASCr), Tribunale, b. 201.

3 La prima occasione di studio del Palazzo Ala Ponzone mi è stata offerta dal professor ALBERTO GRIMOLDI in occasione della curatela, come correlatore, della tesi di laurea di P. FIAMENI, P. GUARNERI, M. MASOTTI, G. SPERNAZZATI, Il Palazzo Ala Ponzone in Cremona, Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura, a.a. 1988-1989.

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Museo e Scuola di Belle Arti. La percezione visiva e sensoriale a cui rimanda oggi l’esterno fuori strada e la parte interna del palazzo, già nobile residenza Ala Ponzone a far corso dal XIV secolo, è quella di un relitto di ‘archeologia umanistica’. Potrei meglio tradurre l'intralcio lessicale con questi termini: reperto e testimonianza, di grandi dimensioni, dell’attività di un collezionista appassionato d’arte e di scienza. Come spiegare l’esistenza di uno spazio museale privato riposto nella residenza nobiliare Ala Ponzone? Quale valore, significato e funzione voleva avere? A quale fine il marchese Ala Ponzone immaginò il lascito della sua collezione? Perché invocò l’istituzione di una Scuola di Scultura e d’Arte a completamento del palazzo? A ogni possibile risposta che abbiamo cercato di attribuire alle questioni che ci siamo poste, altre ne sono scaturite di altrettanto credibili.

L’istituzione del museo privato è la quintessenza della storia della famiglia Ala Ponzone, le cui collezioni sono state accresciute generazione dopo generazione, capitalizzate con oggetti d’arte, quadri, libri, medaglie, monete, e con un gabinetto naturalistico.4 Il museo della famiglia Ala Ponzone è un invito quasi paternalista a condividere la cultura comune della città, nei suoi aspetti migliori, per contribuire a una visione consensuale e positiva della comunità. La sua istituzione aspira a far risaltare la capacità di creazione, invenzione e immaginazione degli artisti cremonesi: in questo senso vuole essere anche una risorsa per erudire e far progredire la cittadinanza. Al museo si attribuisce un ruolo sociale, quello di fondare la comunità nel ricordo dei momenti migliori della sua esistenza storica. Il marchese auspica che le sue testimonianze possano essere di incentivo e di esortazione per il tempo presente attraverso una riconquistata fiducia in se stessi: il passato è la prova del futuro, ex nihilo nihil fit, nulla viene dal nulla, secondo il precetto cartesiano. Sigismondo Ala Ponzone, predisponendo l’idea del lascito del suo palazzo e della sua raccolta d’arte per costituirne un museo e una scuola a favore della città, pensa al futuro in termini di razionalità strategica e il passato della famiglia Ponzone è ri-progettato e adattato al suo programma generale. Accanto alla memoria indotta dagli oggetti museali di famiglia, troviamo la memoria familiare evocata nell’architettura del palazzo, che assimila la famiglia Ala Ponzone nell’intemporalità mitica della città di Cremona. L’apparato iconografico del palazzo contribuisce alla creazione di questa ‘storia di successo’. Nella differenziazione tra passato e presente,

4 Vedi Inventario Giudiziale della Sostanza Ereditaria Ala Ponzoni (IGAP), composto da 28 vol. manoscritti, Archivio del Museo Civico di Cremona (d’ora in poi ASSCCr), Inventario Giudiziale della Sostanza Ereditaria Ala Ponzoni (IGAP), 28 volumi manoscritti.

tra l’interno e l’esterno del palazzo, si gioca il ruolo del museo, della scuola, e quello della famiglia Ala Ponzone: al museo si assegna la missione di conservare, di preservare e di presentare gli elementi storici costitutivi la cultura della città e del territorio, mentre alla scuola il compito di attualizzarli e renderli duraturi. Per gli storici e i ricercatori il museo sarà il luogo della memoria, che ricorda a ogni famiglia di cosa è erede, mentre la scuola sarà rivolta verso la modernità, in comunicazione, in congiunzione con il mondo presente, attenta a trasformarsi e ad adattarsi per rimanere in linea con il progresso artistico, tecnico e scientifico.

Vorrei ora sollevare alcuni interrogativi e indagare su quell’ultima riforma voluta dal marchese Giuseppe Sigismondo Ala Ponzone, senza addentrarmi con precisione nelle vicende storiche attinenti le trasformazioni che si sono succedute in Palazzo Ala Ponzone, già ampiamente descritte in altre pubblicazioni precedenti a questa.5 Quali sono stati gli accorgimenti stilistici, gli stratagemmi tecnici utilizzati dai progettisti incaricati? Quali le risorse, le fonti storiche, alle quali hanno attinto gli artisti? Il nobile casato dei Ponzoni è uno tra i più antichi di Cremona e le sue vicende familiari, come noto, sono state strettamente legate agli avvenimenti della città, in particolare durante il Medioevo. Il lotto dell’edificio si trova all’interno della città bizantina e fa parte della città denominata Vetera, quella più antica di Cremona. Il progetto della facciata principale su corso Vittorio Emanuele II si articola attorno a un edificio di antica fondazione, essendo la famiglia Ponzone testimoniata in questo sito già dal XIV secolo, come confermano alcune recenti ricerche.6 Giuseppe Sigismondo all’età di 39 anni ereditò, tra i vari beni, il palazzo di Cremona dal padre conte Carlo Alberico,7 mentre questi era ancora in vita, con atto notarile del 13 agosto 1800.8 Nei successivi anni poi egli acquistò diverse porzioni di fabbricati posti sul retro del palazzo, al fine di estende-

5 M. MASOTTI, La ‘casa museo’ Ala Ponzone di Cremona, in “Cremona. Rassegna della Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Cremona”, XXXV, 2005, pp. 48-71.

6 G. JEAN, La “casa da nobile” a Cremona. Caratteri delle dimore aristocratiche in età moderna, Milano, Electa, 2000, p. 176.

7 Vedi V. LEONI, E. ZANESI, A. BELLARDI, Un archivio familiare. Gli Ala Ponzone nella storia della città, Archivio di Stato di Cremona, 2012, pp. 27-38. Importante ricerca sulla figura del conte Carlo Alberico, della moglie Olimpa Valari e delle vicende dinastiche degli Ala Ponzone.

8 ASCr, Notarile, Notaio Mercori Carlo Giuseppe, filza 8010, repertorio b. 74. Con il decesso del padre Carlo Alberico Ala Ponzone, avvenuto il 9 maggio 1809, si dovette eseguire nuovamente l’inventario della sostanza (vedi ASCr, Fondo Ala Ponzone, “Liquidazione del Patrimonio Ponzoni Ali”, b. 64).

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re la superficie del lotto per realizzarne spazi complementari e accessori alla residenza (fig. 1).

Gli eterogenei effetti della facciata dell’edificio, su progetto di Carlo Visioli, che siano primari o secondari nella concezione dell’insieme, hanno in comune quello di essere stati diligentemente coordinati tra i differenti artisti. Tuttavia sono difficili da identificare concretamente, per la ragione semplice che è problematico trovare traccia di accordi precisi tra committente e artista. La posizione urbanistica dell’edificio è in misura significativa determinante nella scelta dell’apparato decorativo e nell’euritmia degli elementi di facciata, essendo la strada ampia in prossimità del palazzo e la contrada uno dei principali accessi viabilistici alla città per chi proviene dalla Porta del Po. Queste prime valutazioni fanno intervenire alcuni elementi probabilmente presi in considerazione dal progettista come primari: lo spazio all’intorno dell’edificio, la struttura dell’immobile, il suo orientamento, la viabilità, l’altezza della facciata e la profondità del lotto. Un documento grafico particolarmente interessante e abbastanza raro nei progetti di riforma degli edifici nel corso del XIX secolo a Cremona è lo studio urbanistico del quartiere ove sorge Palazzo Ala Ponzone. Il disegno, redatto da Carlo Visioli, si trova all’interno di una tavola di rilievo geometrico dei tre piani in cui è composto l’edificio,9 che è posizionato nella parte destra dell’iconografia, in un riquadro verso il margine basso del foglio. Il disegno è accompagnato dalla seguente dicitura: Porzione di pianta topografica di Cremona per conoscere l’ubicazione ed adiacenze del sud.o Palazzo. La figurazione riguarda l’ambito urbano che si estende dalla Porta Po alla piazza della Cattedrale (fig. 2).

Nel disegno sono messi in evidenza gli edifici della Contrada del Teatro, più precisamente da ovest verso est: Porta Po, Teatro, Palazzo Eredità Ponzoni, Intendenza e Dogana. Questi edifici, considerati nella fase progettuale, ci inducono a credere che la concezione della facciata del palazzo possa essere stata fondata sul concetto di scenografia. Per tale argomentazione intendiamo che nella rappresentazione prospettica è apparso il modo di visualizzazione privilegiato dall’architetto Carlo Visioli, procedimento grafico complementare alla visione frontale dell’edificio. La scenografia, per riprendere quanto esposto da Vitruvio nel suo trattato d’architettura, è l’ultimo elemento della triade, composta da iconografia e ortografia, necessaria al raggiungimento di una visione sintetica dell’oggetto architettonico.

realizzato a china e acquerello su carta, purtroppo non datato e non firmato, particolarmente interessante per le nostre indagini (fig. 3).

Il disegno delinea con estrema cura la prospettiva dei principali edifici della Contrada del Teatro.10 Il punto di vista si colloca al centro della carreggiata della contrada, così da includere le cortine edilizie a sinistra e a destra della via. All’orizzonte scorgiamo il sole nella fase del tramonto e alcune nuvole sparse velano il cielo con un chiaroscuro grigio. Dal fondo della scena, al centro, possiamo osservare la Porta del Po (progetto di Luigi Voghera del 1825); proseguendo oltre la cortina di case alla nostra sinistra appare il prònao del Teatro Concordia (progettato da Luigi Canonica nel 1808); dopo il Teatro una serie di abitazioni civili caratterizza la quinta stradale, mentre subito dopo emerge la sagoma del Palazzo Ala Ponzone

Fig. 1. Cremona, porzione del quartiere da Porta Po fino alla chiesa di San Bartolomeo (particolare), (ASCr, Catasto Teresiano, Mappa di seconda stazione, f. III, 1836).

Il Museo Civico di Cremona è custode di un altro documento grafico, 10

9 AMCCr, Collezione disegni, Rubrica B477, Disegno su carta a china e acquerello, 610x760 mm.

10 AMCCr, Collezione disegni, Rubrica B923, cartella 73, disegno su cartoncino a china e acquerello, an., s. d., 344x490 mm. Nello stesso archivio (catalogo V5) esiste un’incisione acquerellata a diversi colori, nella quale è rappresentata la Contrada del Teatro, con un’impostazione prospettica simile, ma non della stessa qualità di disegno. F. Citterio incisore, G. Giulio Rimoldi dipinse, Cremona, Contrada del Teatro, Cremona, presso Luigi De Micheli calcografo, s. d., 455x365 mm.

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Chiesa di San Bartolomeo Palazzo Ala Ponzone

illuminato da luce radente. Gli edifici speculari posti alla destra del disegno sono disegnati con una velatura scura trovandosi in ombra. Sulla destra della tavola, in primo piano, si intravvede la sede della Intendenza e Dogana progettata da Luigi Voghera, edificio che sorgeva sul sito della demolita chiesa di San Bartolomeo. La prospettiva mette in valore e in risalto unicamente il Palazzo Ala Ponzone, di cui sono leggibili gli elementi decorativi di facciata, quelli scultorei, la serie di aperture e la balconata centrale. Per l’autore della scena sembra importante lo studio della luce, il modo nel quale il sole illumina la facciata del Palazzo Ala Ponzone, la maniera nella quale la luce penetra dalla finestre all’interno dei saloni. Risultando il prospetto del palazzo orientato a nord, è ragionevole immaginare che si sia reso necessario, da parte del Visioli, uno studio adeguato delle aperture, per una corretta illuminazione degli ambienti interni. Nel progetto furono previste cinque aperture, delle nove che conta il piano nobile, di dimensioni maggiori, per ovviare all’inconveniente dello scarso soleggiamento. Il palazzo è rappresentato con le ante delle finestre e delle porte-finestre chiuse o parzialmente aperte per motivi grafici; la prospettiva centrale inclina di molto l’edificio, per cui, se le ante fossero state disegnate interamente aperte, non si sarebbe più potuto osservare il paramento murario ai lati delle finestre. Le lesene corinzie scanalate scandiscono la facciata con regolarità e rendono imponente l’edificio: elemento compositivo questo probabilmente ripreso dal trattato del Vitruvio o dai trattatisti che hanno elaborato la sua teoria. Vitruvio, nel descrivere come dovevano essere

composte le residenze dei potentati, che non erano solo residenze ma anche luogo di incontro dei cittadini chiamati ‘elettori’, sottolinea la necessità di costruire, nella parte pubblica dell’abitazione, un prothyron con alte colonne in marmo, che dovevano essere previste anche nella prima sala ove il potentato accoglieva gli invitati, al fine di emozionare e impressionare gli interlocutori. Nell’antichità il simbolismo della foglia d’acanto presente nei sei capitelli corinzi, in gran parte utilizzato nell’architettura funeraria, indicava che le prove della vita e della morte, simboleggiate dalle spine della pianta, erano state vittoriosamente superate: l’evento sormontato si è trasformato in gloria. La struttura di elevazione del palazzo è accentuata dalla presenza di un attico ove sono collocate sei statue che idealmente sono il prolungamento delle lesene sottostanti.

La progettazione dell’edificio, se osservata sotto quest’angolo, non sembra estranea a una concezione ove gli effetti sono tutti orientati verso l’esterno. Il Palazzo Ala Ponzone è messo in relazione con altri edifici circostanti, in modo tale da sottolineare come prevalga su di loro grazie alla sua mole e all’apparato decorativo. Al suo interno l’edificio permetteva ugualmente la percezione del territorio circostante per mezzo di una serra vetrata posta all’ultimo piano, un punto di vista esclusivo, inconsueto e privilegiato. Il vivaio è descritto in termini particolarmente celebrativi in una testimonianza manoscritta conservata nell’archivio Ala Ponzone:

Lungo poi i lati Nord-Sud si è formata una grande Serra chiusa da cristalli destinata alla conservazione d’una eletta Fiorita, non meno che alla pro-

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Fig. 2. Carlo Visioli, Porzione di pianta topografica di Cremona per conoscere l’ubicazione ed adiacenze del sud.o Palazzo, s. d. (Cremona, Museo Civico “Ala Ponzone”, Archivio dei disegni, Rubrica B477). Fig. 3. La Contrada del Teatro, china e acquerello su carta, mm. 344x490, s. d. (Cremona, Museo Civico “Ala Ponzone”, Archivio dei disegni, Rubrica B923, cartella 73).

duzione degli Ananassi. Da questo punto si gode l’aspetto del Maestoso Eridano e di tutta la sua Magnifica Vallata, non meno che degli ameni Colli Parmensi e del più lontano Appennino dividente il bel Paese che il Mar circonda e l’Alpe. In siffatta posizione si trova spazio addattalo (sic) a ben stare in ogni ora del giorno ed in ogni stagione come nel mal tempo si hanno viste ed argomenti di ricreazione e di sollievo.11

La realizzazione del progetto di Palazzo Ala Ponzone, così come voluto dal marchese Giuseppe Sigismondo, si sviluppa su un arco temporale abbastanza importante, più precisamente dal 1829 al 1842, coinvolgendo e impegnando differenti artigiani e artisti coordinati dall’architetto Visioli. Il progetto venne approvato dalla Commissione d’Ornato il 20 aprile 1831 e dalla lettura del rapporto dei commissari si evince che il palazzo in origine aveva un portale di ingresso centrale. La nuova disposizione delle sale rese necessario creare l’ingresso lateralmente e per euritmia disporre simmetricamente un secondo finto portale. La nuova disposizione degli ingressi fu criticata dalla Commissione, come si evince da una nota a margine dell’autorizzazione amministrativa: “É spiaciuto però alla Deputazione che la disposizione interna obblighi a situare una finestra nella seconda porta, giacché questo ripiego altera in parte l’euritmia di così sontuoso edifizio”.12 L’edificio verrà trasformato esternamente e interiormente, nelle sue strutture e nel suo apparato decorativo: questo lungo periodo esecutivo permetterà al committente e agli artisti di strutturare un preciso programma illustrativo.

teggiamento genera frequentemente, come scrive il Milizia, “lusso sregolato” e “ineguaglianza delle fortune”. Il discorso e le riflessioni sull'arte di costruire si trasformano in manifesto politico ed è interessante, ai fini del nostro studio, far presente le raccomandazioni che il Milizia rivolge ai committenti nel capitolo Studio dell'architettura necessario anche a chi non è architetto. Al fine di conseguire insieme all’architetto un’opera che sia considerata utile e bella per l’insieme della comunità, Milizia invita i committenti a conoscere l'arte di costruire:

E come può scegliere buoni architetti e buoni disegni chi dell’architettura è all’oscuro? Sarà un caso l’urtare in bene. Quante deformità di meno si vedrebbero nelle fabbriche se chi le ordina fosse intendente di architettura? E quante lagnanze si risparmierebbero agli architetti, i quali spesso debbono porre da canto i buoni principi per secondare le bizzarrie de’ padroni ignoranti! Laddove l’intelligenza di questi darebbe più freno e acume a quelli 14

Il lettore a cui il Milizia rivolge questo invito è indicato nel testo in modo esplicito:

Ma per buona sorte si vede ora questo studio raccomandato alla nobile gioventù. E desiderabile che venga con più fervore promosso ed esteso anche al ceto più mezzano.

Il programma politico e il procedimento critico con il quale immaginare la nuova architettura si perfezionano nei capoversi finali del trattato:

Le ricchezze non sono valutabili che in ragione del bene pubblico che debbon produrre. Se i ricchi imparassero una volta a farne il giusto uso, la povertà, l’ozio, il vizio sparirebbero, e campeggerebbe l’industria in compagnia d’ogni utilità e d’ogni vero diletto. E come mai si danno, e se ne danno tanti, che spendono i lor quaranta e cinquantamila scudi l’anno in cose effimere, in niente? Amano anch’essi la gloria ma la gloria si acquista col’ imitare non i Luculli e gli Apicii, ma bensì i Mecenati: e per divenir mecenate basta ricercare qualche migliaio di quei tanti profusi in voluttà inutili, e impiegarlo intelligentemente al progresso delle scienze e delle arti in beneficenza pubblica.15

Il legittimo impiego dell’intelligenza e del denaro da parte dei committenti dovrebbe tradursi, secondo il Milizia, nella creazione di accademie ove possa essere insegnata e studiata l’arte e la scienza. A titolo di esem-

11 ASCr, Archivio Ala Ponzone, b. 483.

12 ASCr, Archivio Ala Ponzone, b. 69, fasc. 4.

13 F. MILIZIA, Principi di architettura civile, Finale, nella Stamperia di Jacopo De’ Rossi, Finale, 1781.

Per poter trovare traccia di qualche elemento ordinatore che ha probabilmente accompagnato l'architetto Visioli e il marchese Giuseppe Sigismondo nelle loro scelte compositive, abbiamo prescelto, tra i trattati di architettura tra Sette-Ottocento, quello redatto da Francesco Milizia.13 La sua critica estetica ottenne particolare successo tra gli architetti, e non solo, formatisi nei primi anni dell'Ottocento in quanto divenne, come noto, il trattato che orientò l’architettura italiana verso il neoclassicismo. Nei Princìpi di architettura civile il Milizia sottopone lo studio dell'architettura a una disamina che si articola nell’analisi e nella rivalutazione dell'Antico mediante un’ispirazione illuminista, criticando inoltre gli abusi stilistici del secolo XVIII e auspicando un ritorno alla cultura greco-romana. Per poter conseguire in architettura la metamorfosi auspicata, l’autore crede doveroso anche un cambiamento delle consuetudini dei committenti, il cui at14

14 F. MILIZIA, Principi di architettura civile.Prima edizione milanese illustrata da Giovanni Antolini, Milano, co’ tipi di Vincenzo Ferrario, 1832, pp. 658-659.

15 MILIZIA, op. cit., p. 664.

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pio, nel trattato si annoverano alcune iniziative private che hanno avuto come scopo la creazione di luoghi di studio delle scienze e dell’arte:

Il conte Carlo Gyllemborg, senatore e cavaliere svedese, fece costruire a spese sue in Upsal l’ippodromo, l’osservatorio astronomico fornito de’ necessari strumenti, l’orto botanico, il museo di storia naturale, la biblioteca. Il più bell’ ornamento d’Italia è l’Istituto di Bologna, opera del conte Luigi Marsigli.16

Il rapporto tra architettura e decorazione (pittura e scultura) occupa una parte importante nel progetto del Visioli. Viene strutturato un rapporto tra gli elementi decorativi interni e quelli esterni con un proposito artistico che tenta di essere preciso e coerente. L’iconografia che riscontriamo all’interno dell’edificio è da ricercarsi nei ricordi fantastici dell’eredità greco-latina, lettura romantica indotta che trova significato solo nella volontà programmatica degli artisti e nelle loro intenzioni dichiarative.17 All’esterno il palazzo è caratterizzato da due tipologie decorative che nell’insieme risultano poco coerenti: la prima, prettamente neoclassica, composta da elementi quali lesene, capitelli, cariatidi e sculture; la seconda, che potremmo definire neo-rinascimentale, si caratterizza nei quattro busti collocati nei tondi posti negli intercolumni, nello stemma araldico retto da due grifoni posto al centro della facciata, sopra lo stipe della porta finestra che si apre sulla balconata. È lecito presupporre che le ragioni di tale ordine compositivo risiedano nell’esigenza di adempiere alle aspirazioni estetiche del committente e alle esigenze compositive del progetto (fig. 4).

clipei con celebri personaggi posti sopra alle finestre del piano nobile. Il gruppo delle sei statue poste sull’attico di Palazzo Ala Ponzone è un elemento essenziale da evidenziare, non solo come apparato decorativo complementare. La scelta è da interpretarsi con valenza evocativa delle vestigia greco-romane, necessaria a celebrare la passione per la scultura antica di Giuseppe Sigismondo Ala Ponzone. L’approfondita esplorazione delle effettive conoscenze e letture antiquarie del committente ha permesso di ipotizzare le ragioni di questa preferenza estetico-compositiva ideata per l’attico del palazzo. Il marchese Sigismondo Ala Ponzone è uomo di scienza non solo quando indaga il mondo animale e vegetale, è autentico ricercatore con un approccio scientifico moderno anche quando esplora l’arte antica. La sua passione per gli studi antiquari è mediata, presumibilmente, dalle ricerche condotte da Ennio Quirino Visconti, il principale interprete dell'archeologia come scienza moderna. Il Visconti è autore insieme al padre Giambattista dello studio della collezione dei marmi antichi, di origine greca e romana, dell’attuale Museo Pio-Clementino in Vaticano, importante ricerca che diede origine al primo catalogo, in sette volumi, pubblicato a Milano tra il 1818 e il 1822.18 Il marchese Ala Ponzone è tra coloro che sostennero finanziariamente la pubblicazione dell’opera del Visconti e il suo nome compare nell’elenco dei sottoscrittori.19

Nell’archivio Ala Ponzone abbiamo censito l’acquisto di alcune pubblicazioni dell’archeologo Quirino Visconti,20 il quale durante i suoi studi sull’arte antica si convinse della necessità di approfondire l’origine mineralogica dei marmi, in virtù delle intuizioni del geologo francese Dolomieu, risvegliando nei ricercatori antiquari l’interesse per la scienza ed esortando a non confidare esclusivamente nelle analisi stilistiche per ricercare l’origine e la provenienza delle sculture. Nel primo volume dell’opera Il Museo Pio-Clementino il Visconti descrive in che modo riuscì a confermare l’origine romana della famosa statua dell’Apollo del Belvedere, ritrovata in uno scavo ad Anzio verso la fine del XV secolo, creduta di origine greca. La statua risultò essere una copia romana realizzata nella seconda metà del II secolo a. C. e scolpita in un marmo proveniente dalla cava denominata del Polvaccio nelle Alpi Apuane.

18 E. Q. VISCONTI, Il Museo Pio Clementino, I-VII, Milano, tipografia Destefanis, 1818-1822.

19 E.Q.VISCONTI, Il Museo Pio Clementino, III, Milano, tipografia Destefanis 1819, p. 260.

16 MILIZIA, op. cit., p. 663.

17 Vedi L. FERRAZZI, La pittura neoclassica di Gallo Gallina artista cremonese del XIX secolo, Cremona, Banca Popolare di Cremona, 1997.

Quali le possibili fonti di ispirazione? Una prima ricognizione è stata operata osservando le principali fabbriche realizzate a Milano in quegli stessi anni. Abbiamo ritenuto le opere del periodo post-napoleonico dell’architetto Luigi Canonica le più appropriate per condurre le nostre osservazioni. Le sei lesene corinzie che scandiscono la facciata di Palazzo Ala Ponzone fanno pensare a quelle delineate dal Canonica nel 1829 per la porzione anteriore di Palazzo Anguissola a Milano, prospiciente la via Manzoni. L’architetto Visioli si orienta nuovamente su un progetto del Canonica quando dispone in facciata i quattro clipei con le teste ad altorilievo: è una citazione del progetto per il Palazzo Brentani-Greppi a Milano in via Manzoni realizzato nel 1829. In Palazzo Brentani, a differenza di Palazzo Ala Ponzone, gli unici elementi decorativi risultano essere gli undici 16

20 ASCr, Archivio Ala Ponzone, b. 374, fasc. 15. Nel documento è riportata un’indicazione abbreviata di acquisto di due opere a stampa il cui autore è Ennio Quirino Visconti, e che oggi si trovano presso la Biblioteca Statale di Cremona (BSCr): Iconografia Greca, I-III,Milano, tipografo Destefanis, 1823; Iconografia Romana, Milano, tipografo Bettoni, 1818.

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Fig. 4. F. CITTERIO, G. G. RIMOLDI, Contrada del Teatro a Cremona, incisione acquerellata, mm. 365x455 (Cremona, Museo Civico “Ala Ponzone”, Catalogo V 5).

[...] il marmo dell’Apollo è di una qualità diversa da quelli della maggior parte delle statue greche: non è certamente né pentelio (Cipolla statuario), né pario (greco a specchioni degli scalpellini), né coralitico (pario degli scalpellini); né grechetto, né greco duro. L’opinione di quelli che lo han creduto marmo di Carrara non può essere abbastanza confutata da un attestato di proprietari di cave, di mercanti di marmi, e di scalpellini di quella contrada. Le ricerche dei mineralogisti sono su tal questione da considerarsi più che le notizie de’ commercianti; perché i primi cercano l’istruzione, i secondi il guadagno; e i mineralogisti sostengono che nelle cave abbandonate di Carrara si trovan vene di marmo perfettamente simile a quello dell’Apollo.21

sarebbero più bastate per poter catalogare la scultura antica. Dolomieu condusse le sue investigazioni mineralogiche in Francia insieme al naturalista francese Picot de Lapeyruse con il quale studiò, tra l’altro, la fauna, la flora e i minerali dei Pirenei. Ricordo questa collaborazione tra i due scienziati solo per ipotizzare di come gli interessi naturalistici di Ala Ponzone probabilmente lo portarono più facilmente ad avvicinarsi alla disciplina della mineralogia applicata ai marmi antichi. La passione per gli studi condotti da Quirino Visconti, le novità introdotte nel campo antiquario, attraverso la ricerca dell’origine dei marmi, potrebbero aver convinto il marchese Ala Ponzone a intraprendere gli studi dell’arte classica non solo attraverso i testi antichi, di cui era già fervente lettore, ma direttamente sulle opere di scultura antica. Ne è testimonianza la sua collezione di marmi antichi oggi confluita nel Museo Archeologico di Cremona. In occasione della stesura delle sue disposizioni testamentarie redatte il 30 luglio 1836, Giuseppe Sigismondo Ala Ponzone volle che si istituisse una Scuola di Scultura all’interno del suo palazzo in Cremona come complemento degli studi sull’arte classica. La significativa presenza di un apparato scultoreo nell’architettura del Palazzo Ala Ponzone ambisce a dare rilievo non solo al palazzo, ma anche al progetto teorico-estetico di studio dell’antichità anche attraverso la consistenza delle testimonianze archeologiche raccolte e confluite nel Legato.23

Nel decifrare le parti componenti il prospetto principale del Palazzo Ala Ponzone, è stato più agevole ricercare un riscontro alle nostre ipotesi offrendo una dimensione politica dell’ornamento, per la sua capacità di stilizzare un simbolo che aveva la funzione di rimandare alla realtà di un potere, di una funzione sociale. Le differenti decorazioni della facciata sono state concepite per comunicare e svolgono contemporaneamente un ruolo costruttivo ed espressivo: occorre ricercare l’intenzione nell’ornamento, cosa si è voluto dire o raccontare e come lo si è fatto. Se conveniamo che l’apparato esornativo, che interviene per distinguere lo stile di Palazzo Ala Ponzone, è stato concepito da una classe sociale ispirata da un’ambizione personale e nello stesso tempo collettiva, saremo in grado di coglierne il significato, a condizione di riflettere unicamente su quella società e nella congiuntura della sua storia (fig. 5). La discrepanza delle parti costituenti l’impianto decorativo della partizione della facciata esterna del palazzo, come abbiamo già detto, la si potrebbe spiegare come un innesto tra elementi della tradizione e quelli d’invenzione necessari per attuare le aspirazioni del committente e quelle dell’architetto. L’edificio,

21 E. Q. VISCONTI, Il Museo Pio Clementino, I, Milano, tipografia Destefanis, 1818, p. 100.

22 Presso l’Archivio dell’Accademia delle Scienze di Parigi è conservato un Fondo Déodat de Dolomieu, nel quale sono raccolti i suoi carnet e la corrispondenza scientifica riguardanti i suoi differenti viaggi in Italia.

Il ‘caso studio’ dell’Apollo del Belvedere conferma l’autorevolezza delle ricerche condotte a Roma sui marmi antichi, tra il 1784 e il 1791, dal ricercatore Déodat de Dolomieu.22 Le conoscenze estetiche degli eruditi e quelle degli scultori, successivamente a questa esperienza, non 18

23 Vedi, M. VOLONTÈ, Il Museo archeologico di Cremona. Storia delle collezioni e degli allestimenti, in Museo Archeologico di Cremona. Le collezioni. Grecia, Italia Meridionale e Sicilia, Milano, Edizioni ET, 2002, pp. 19-32.

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anteriormente all’intervento del Visioli, si presentava esternamente con una facciata composta da una aggregazione di abitazioni e vi sussistevano ancora due torri di epoca medioevale, che vennero demolite nel 1813.24 Da un manoscritto, il cui autore è ignoto ma contemporaneo agli eventi narrati, abbiamo potuto desumere alcune preziose indicazioni sulla effettiva struttura architettonica della facciata anteriormente al progetto di Carlo Visioli. È l’unica descrizione che abbiamo del fronte principale, quello rivolto verso la Contrada del Teatro:

Era questo per l’addietro un Fabbricato di vecchia costruzione, o piuttosto una mala combinata aggregazione di tante piccole Case, cui gli Antenati dell’attuale Proprietario vollero dare una forma d’unità senza raggiungere l’intento, talchè oltre la mancanza di solidità presentava moltissimi incomodi, quantunque il sullodato Cavaliere andasse da più anni operando nell’interno delle parziali riforme per scemare il disagio e per dare alli pregiati oggetti da lui posseduti in genere di belle arti una migliore collocazione.25

La disposizione degli spazi all’interno del palazzo era differente da quella attuale, l’edificio era in misura minore esteso verso il lato sud e in elevazione comportava un piano in meno. La demolizione della torre medioevale di Palazzo Ala Ponzone, la ristrutturazione completa dell’edificio e il nuovo apparato decorativo si resero necessari, oltre che per le esigenze funzionali, anche in un’ottica di revisione storica. È significativo ricordare che il più rinomato antenato del marchese Giuseppe Sigismondo, il nobile Ponzino Ponzone, fu reggente di Cremona durante il XIV secolo, periodo durante il quale la città fu attraversata da continue lotte civiche fratricide per la supremazia sul territorio. Fu un secolo difficile nel quale si prolungarono le lotte medioevali tra Guelfi e Ghibellini, epoca descritta da Antonio Campi nel libro Cremona Fedelissima, come una delle più dolorose per la storia della città:

MCCXXXXII. Quinzano terra grossa sul Bresciano fu espugnata da’ Cremonesi, essendo lor Podestà Marchese Lanza. Afferma Tristano Calco, che in questi tempi cominciarono à prender forza in queste parti, quelle abominevoli, & perniciose fazzioni de’ Guelfi, & Ghibellini, le quali infettarono di modo l’Italia, & in particolari la Città di Cremona, che è pervenuta questa peste fino à tempi de’ nostri Padri, con infinito spargimento di sangue de’ Cittadini, perdita inestimabile delle facoltà, ruina indicibile delle famiglie, & con gravissimo, & miserabile eccidio della propria Patria.26

24 ASCr, Catalogo relativo alle vecchie licenze edilizie del centro storico, Contrada del Teatro 169.

25 ASCr, Archivio Ala Ponzone, b. 483.

26 A. CAMPI, Cremona, fedelissima città et nobilissima colonia de’ Romani …, in Milano, in casa di Gio. Battista Bidelli, 1645, libro II, p. 53.

Si strutturò, con il progetto del Visioli, un palazzo che potesse essere identificato dai cittadini come luogo dedicato alla cultura, tempio sacro della bellezza e patrimonio di tutti. Il progetto decorativo dell’architetto Visioli permise di dare visibilità concreta al progetto politico e culturale del marchese Ala Ponzone, poiché gli ornamenti e le figure non erano solo aderenti alla struttura ma inerenti a un pensiero.

Il complesso dispositivo ornamentale di Palazzo Ala Ponzone prevedeva un copioso utilizzo di marmo, sia per la statuaria che per la decorazione secondaria: per questa ragione rappresentò uno sforzo realizzativo considerevole sul piano finanziario, esecutivo e di coordinamento. Il perfezionamento del progetto del Visioli, dopo l’avvenuta autorizzazione amministrativa, si attuò con l’incarico al commerciante di marmi in Milano Paolo Scaccabarozzi avvenuto il 2 aprile 1831.27 Il capitolato delle opere prevedeva, tra i differenti oneri per l'appaltatore, oltre alla fornitura dei materiali, la scelta dello scultore che doveva realizzare le opere. Paolo

27 Capitolato Generale per chi assicurerà l’impresa di eseguire le opere in marmo da impiegarsi nella nuova facciata che intende S. E. Il Sig. Conte Ponzoni di rinnovare il suo Palazzo di Cremona (ASCr, Archivio Ala Ponzone, b. 69, fasc. 4).

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Fig. 5. Palazzo Ala Ponzone, sede del Museo Civico e dell’Istituto “Ala Ponzone”, timbro Studio Fotografico Novaresi, s. d. (ASCr, Ente Provinciale Turismo, n. 26).

Scaccabarozzi incaricò nel giugno 1831 lo scultore Claudio Monti28 di Milano di realizzare i quattro busti che dovevano essere posti nei clipei e le sei statue dell’attico. Claudio Monti modellò e scolpì per primi i quattro busti, utilizzando un tipo di pietra, di colore grigio, proveniente dalle cave di Viggiù, nella località di Brenno. Il Monti, quando iniziò a delineare e scolpire le prime statue delle Muse, essendosi accorto che la pietra fornita dal marmista Scaccabarozzi non era della stessa qualità, non volle tradurre nella pietra i modelli in gesso che aveva realizzato, deplorando il fatto che le caratteristiche della pietra che gli era stata fornita la rendevano difficile da scolpire 29 Osservando le statue dell’attico rileviamo che le caratteristiche della pietra impiegata, ossia colore, granulometria e tessitura, non sono le stesse di quelle dei busti: esse sono realizzate con una pietra di colore paglierino e con grana più accentuata, che seppur proveniente dalla zona di Viggiù, non ha le stesse qualità di quella impiegata per i busti. Dopo il rifiuto del Monti l’imprenditore Scaccabarozzi fu costretto a incaricare un altro scultore per la realizzazione delle statue rappresentanti le Muse e scelse un giovane scultore, Giuseppe Argenti,30 nativo di Viggiù, in quegli anni non ancora affermato. A causa di questo imprevisto, come si desume dalla corrispondenza tra il Monti e l’Ala Ponzone, venne ritardata la consegna in cantiere delle sei statue. Dal resoconto redatto dall’architetto Visioli, nel quale si descrivono le caratteristiche dei marmi scolpiti e consegnati in cantiere, veniamo a conoscenza che tre statue, non meglio indicate, non erano state scolpite dal Monti.31

28 Claudio Monti figlio dello scultore romano Giovanni Battista e cugino di Gaetano Monti, quest’ultimo il più noto della famiglia. C. Monti lavorò principalmente a Roma, Napoli, Casera e Milano. Nel 1806 partecipò al cantiere dell’Arco della Pace dell’architetto Luigi Cagnola, ove realizzò 12 bassorilievi. Nel 1822 venne nominato professore onorario all’Accademia delle Belle Arti di Napoli. 29 “Ricevo con sorpresa la di lei pregiatissima e alla quale rilevo tante e tante bugie, riferite al Sig. Conte mentre è falsissimo, che il ritardo delle statue sia cagionato dalla mancanza dei modelli, poiché il ritardo deriva dalla scelta fatta della pietra, che per la sua qualità e durezza non si trova nessuno che vuole travagliarla, per qual cosa stette il lavoro per qualche tempo sospeso e che se mi fosse stata data la pietra di Breno le statue a quest’ora sarebbero finite come lo sono i busti ”. Lettera di Claudio Monti all’amministratore di casa Ala Ponzone, sig. Rota, del giorno 11 giugno 1832. (ASCr, Archivio Ala Ponzone, b. 69, fasc. 4).

30 Giuseppe Argenti (1810-1876), originario di Viggiù, appartiene a una famiglia di scalpellini di cui il più noto è Giosuè. Nel 1824 collaborò con lo scultore Pompeo Marchesi, con l’architetto Alessandro Antonelli. Vedi G. BARBÈ, Neoclassicismo a Novara: pittura e scultura, in “Corriere di Novara: Supplemento”, n. 9 (4 marzo 1982).

31 “Osservazioni e nota di tutti quei pezzi di marmi e sculture che si sono ritrovati difettosi e non corrispondenti alle condizioni del contratto col loro prezzo diminuito in proporzione del primo valore espresso nella scrittura”. ASCr, Archivio Ala Ponzone, b. 69, fasc. 4.

Esaminiamo ora l’organizzazione compositiva dell’ornamentazione della facciata principale di Palazzo Ala Ponzone per mezzo della tecnica del linguaggio e dei suoi sistemi di comunicazione e interpretiamo l’apparato scenico-decorativo indagando il significato e la forza di comunicazione che possono esercitare le sculture sull’osservatore. La sequenza di indagine è organizzata secondo tre fasi: disposizione delle parti decorative che compongono il prospetto; priorità nella lettura degli elementi; assetto regolatore che armonizza i temi tra di loro (fig. 6). Si osservi l’edificio dall'alto verso il basso e da sinistra verso destra, come in un testo scritto. Nel progetto di Carlo Visioli l’ornamento è strutturato in modo da potersi alternare alla rappresentazione figurativa. La porzione più alta dell'edificio, oltre il cornicione di gronda, è contraddistinta da un basamento in pietra che si articola lungo la porzione centrale della facciata e sulla sommità sono disposte sei statue in marmo rappresentanti le ‘Belle Arti’, come asserisce lo storico Angelo Grandi.32 Il gruppo di sculture simboleggia le Muse ispiratrici delle arti ed è posto sulla sommità del palazzo per rievocare il racconto mitologico che colloca le Muse, nella gerarchia divina, nel punto più alto del cielo. Dobbiamo immaginare le sculture come appartenenti a un medesimo spazio, il mitico monte Parnaso, e non considerarle isolate sul loro piedistallo. Uno sforzo immaginativo può aiutarci a renderle dinamiche e osservarle come intente nell’elaborare la loro arte: divine ispiratrici della creatività, custodi della vita intellettuale, presiedono all’armonia del cosmo. Le statue poste sull’attico di Palazzo Ala Ponzone danno rilievo all’esistenza del museo all’interno dell’edificio, tanto è vero che l’espressione latina musaeum in origine significava il tempio sacro alle Muse. I quattro busti posti a una quota inferiore rispetto alle statue rappresentano uomini della storia, della politica, dell’arte e della scienza di Cremona: Ponzino Ponzone, Marco Gerolamo Vida, Gaspare Aselli, Enrico Sanclementi, collocati in alternanza rispetto alle statue delle Muse. Essi inducono lo spettatore a riflettere sul passato glorioso della città. La loro posizione in facciata è facile da associare a quella delle altre statue e sembrano suggerire che la loro ispirazione è stata il frutto delle muse divine che hanno instillato loro l’impulso inventivo, il genio creativo. Il museo collocato all’interno dell’edificio e aperto ai visitatori perfeziona la proposta didascalica di Giuseppe Sigismondo Ala Ponzone. L’articolato apparato ornamentale mette in risalto le gerarchie del programma generale. Osservando la facciata principale, in secondo piano a sinistra si scorgono anche altre tre statue che svettano sopra una balconata posta sull’attuale via Ala Ponzone (all’origine ne erano presenti quattro). Lo scultore

32 A. GRANDI, Descrizione dello stato fisico, politico, statistico, storico, biografico della Provincia e Diocesi di Cremona, I-II, Cremona, Luigi Copelotti, 1856-1858, p. 284.

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Fig. 6. Palazzo Ala Ponzone trasformato in sede delle organizzazioni fasciste e rinominato Palazzo della Rivoluzione. È stato rimosso il monumento ad Amilcare Ponchielli che era antistante il palazzo (ASCr, Foto Fazioli).

33 ASCr, Archivio fotografico, foto Ernesto Fazioli.

Giudici, artefice anche dell’importante lavoro in marmo della balaustra della scalinata monumentale di Palazzo Ala Ponzone, venne incaricato della realizzazione delle statue e dei due vasi in marmo posti alle due estremità del loggiato. L’analisi iconografica, seppur non esaustiva, è servita a individuare alcuni dei soggetti rappresentati nelle statue dell’attico. Non è stato possibile precisare il significato allegorico di tutte le statue, mancanti spesso degli elementi simbolici staccatisi nel corso del tempo. Alcune statue portano una tonaca con maniche lunghe, altre una tonaca con mezze maniche, tutte sono coperte da un manto appoggiato all’omero. Osservando l’attico del palazzo, a iniziare da sinistra, abbiamo riscontrato nella prima statua l’esistenza di una tavolozza ovale da pittore posta nella mano destra (fig. 7). In virtù di una fotografia risalente agli anni Trenta, ci siamo accorti che nella mano sinistra la statua impugnava una coppia di pennelli:33 la facile deduzione delle componenti emblematiche 24

ci induce a identificarla nella Pittura. Contigua a questa prima statua si erge ieratica un’altra musa, dai lineamenti simili alla precedente, con la mano destra posta sul petto a stringere una pergamena arrotolata: la tradizione iconografica ci suggerisce di ipotizzare la musa della Storia. Analizziamo ora la terza statua e osserviamo una certa similitudine con la precedente: essa impugna un rotolo nella mano destra, ma il braccio in questo caso è disteso lungo il corpo; la mano sinistra sembra impugnare un oggetto, che purtroppo è rimasto nel palmo solo per metà, ciò che impedisce di identificarlo con precisione, ma che potrebbe essere uno stilo per la scrittura: se lo associamo alla presenza del rotolo che la statua impugna con l’altra mano, potremmo ipotizzare trattarsi dell’allegoria della Poesia. Riguardo alla quarta statua, sulla base della fotografia di Fazioli abbiamo individuato nella mano sinistra un oboe in stile antico (aulos) sicché credibilmente si tratta dell’allegoria della Musica (fig. 8).

La penultima scultura è la più problematica: il braccio destro è mancante e il sinistro, pur presente, non ci consente di osservare la presenza di oggetti. La fotografia di Fazioli ci ha aiutato solo parzialmente: dalla statua si rileva solo che la mano destra era ancora in loco e che forse reggeva un rotolo, ma non ne siamo certi perché potrebbe anche trattarsi di una piccola tavoletta. Questa statua è l’unica a non essere stata scolpita con la medesima capigliatura delle altre statue (fig. 9), che portano tutte il capo cinto da una corona intrecciata e costituita da foglie d’alloro, mentre i lineamenti del viso e la conformazione del disegno dei capelli ricordano la scultura antica: particolarità che ci hanno incuriosito. Attraverso una ricognizione nella collezione di statue antiche acquisite da Giuseppe Sigismondo Ala Ponzone abbiamo individuato un busto di donna particolarmente interessante ai fini delle nostre ricerche perché assai somigliante alla statua. Gli archeologi che hanno studiato il busto lo fanno risalire al IV secolo d. C. e così lo descrivono:

[...] il volto, non troppo pieno e carnoso e anzi leggermente assottigliato verso il mento, non ha la forma tipica dei visi femminili prassitelici; sembra piuttosto partecipe degli orientamenti stilistici del gruppo delle Muse, noto soprattutto dai sette esemplari del Museo Vaticano [...] 34

Il confronto tra il busto femminile del Museo Civico e la statua posta sull’attico ci permette di confermare una certa somiglianza tra le due figure, soprattutto nei lineamenti del volto e nella tipica capigliatura con il nodo occipitale. Non possiamo invece confermare, con documenti

34 C. COMPOSTELLA, Un gruppo di sculture marmoree di età romana nel Museo Civico di Cremona, Firenze, La Nuova Italiana, 1985, p. 66.

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scritti, che il busto femminile del Museo Civico possa essere stato, per il committente, uno dei suoi modelli di riferimento quando commissionò la realizzazione delle statue. Situata sull’estremità destra dell’attico, la sesta scultura è del tutto mancante degli oggetti allegorici necessari alla sua identificazione. Il documento fotografico del Fazioli ci ha permesso di riconoscere nella statua l’allegoria dell’Architettura. Esaminando nel dettaglio la fotografia si è potuto osservare due oggetti: la mano destra impugnava una squadra e la sinistra un compasso.

Fig. 7. Atelier dello scultore

Claudio Monti, Prima statua da sinistra, rappresentante la Pittura, 1834, Cremona, Palazzo Ala Ponzone, Attico, Facciata su corso Vittorio Emanuele II (fotografia Filippo Pellegrini).

Delle statue poste sull’attico di via Ala Ponzone siamo riusciti, attraverso gli oggetti rituali, a identificarne solo due. La prima, partendo da destra, regge con la mano destra una lira e con la sinistra sembra eseguire degli accordi: nella tradizione illustrativa questa musa è l’ispiratrice della Lirica corale. La seconda statua, che impugna nella mano destra uno scalpello, mentre nella mano sinistra probabilmente teneva un martello da scultore, rappresenta la Scultura ed è stata collocata sopra l’ingresso ove era previsto l’Istituto di scultura. Della terza statua non abbiamo sufficienti indizi per l’identificazione, essendo mancanti gli oggetti rituali.

Fig. 8. Atelier dello scultore Claudio Monti, Quarta statua da sinistra, rappresentante la Musica, 1834, Cremona, Palazzo Ala Ponzone, Attico, Facciata su corso Vittorio Emanuele II, ASCr, Foto Fazioli, Particolare.

La nostra indagine prosegue analizzando l'origine iconografica dei modelli dei personaggi posti nei tondi, ai quali si è ispirato lo scultore Claudio Monti. Le immagini di Ponzino Ponzone e Marco Gerolamo Vida verosimilmente sono state desunte dal libro di Giulio Campi. Nella galleria delle incisioni annessa al libro possiamo osservare l’incisione che ritrae Ponzino Ponzone (p. 203) così come ripro-

Fig. 9. Atelier dello scultore

Claudio Monti, Quinta statua da sinistra, posta sull’attico, soggetto non identificato, 1834, Cremona, Palazzo Ala Ponzone, Facciata su corso Vittorio Emanuele II.

dotto nella scultura posta in facciata (fig. 10). Esaminando la postura e lo sguardo frontale del busto di Ponzino Ponzone ci è sembrato scorgere che stia osservando l’edificio posto in fronte al palazzo (fig. 11). Può essere una coincidenza, ma su quell’area sorgeva fino al secolo XVIII la chiesa parrocchiale di San Bartolomeo, luogo di sepoltura della famiglia Ponzone, quindi anche di Ponzino Ponzone.35 Dall’incisione posta nel libro di Antonio Campi (p. 155) probabilmente fu tratto anche il modello per il ritratto di Marco Gerolamo Vida (fig. 12). Esiste una versione precedente del busto del Vida realizzata nel 1825 dallo scultore cremonese Giuseppe Giudici e collocata presso il Seminario di Cremona, dove si trova tutt’oggi. La scultura del Giudici rappresenta il poeta senza il caratteristico cappello a tricorno, a differenza di quello disegnato da Giulio Campi. Per il ritratto di Gaspare Aselli, l’incisione realizzata dall’artista Cesare Bassani, pubblicata a Milano nel 1627 nel celebre libro De lactibus sive lacteis venis, quarto vasorum mesaraicorum genere. Novo invento... dissertatio dal tipografo Giovanni Battista Bidelli, è stata il più probabile riferimento. Il quarto clipeo rappresenta l'unico personaggio storico che il marchese Ala Ponzone ebbe modo di conoscere: si tratta di Enrico Sanclemente, monaco Camandolese, poi Generale dell'Ordine, nato a Cremona nel 1732. L'abate Sanclemente, durante la sua permanenza a Roma presso il convento di San Abate, ebbe modo di approfondire gli studi sulla numismatica antica e di pubblicare i suoi studi. La sua collezione numismatica confluì nel Gabinetto Numismatico di Brera a Milano per l'interessamento di Cesare Cattaneo ed è composta da più di 2000 monete antiche, che egli aveva radunato in quarant'anni di ricerche. L'Ala Ponzone era a sua volta appassionato collezionista di monete antiche e pertanto ritenne meritevole ricordare nel suo museo la figura di Sanclemente.

35 T. VAIRANI, Inscriptiones Cremonenses universae. Pars I: Inscriptiones urbis, Cremonae, excudebat Laurentius Manini, 1796. Il Vairani riporta la trascrizione della lapide tombale esistente presso la chiesa di San Bartolomeo, catalogata nel testo al numero 726.

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L’avvicendamento figurativo è strutturato dunque su due livelli: il primo attraverso un’immagine rituale delle sei statue poste sull’attico, il secondo mediante l’immagine evocativa dei quattro personaggi cremonesi che formano i clipei. Le decorazioni e la statuaria sono allo stesso tempo semplice ornamento e apologia, elogio di un passato che si confonde con la leggenda, uso dell'Antichità da suggerimento a metafora. Il discorso pragmatico del committente si avvale del potere immaginativo e allusivo di questi due fattori per offrire visibilità al suo programma. Giuseppe Sigismondo Ala Ponzone considerava la sua collezione e il suo palazzo come una proposta d’educazione e un fattore di integrazione per la città di Cremona: la collezione d’arte rappresentava la sua esperienza nel mondo, il risultato della sua attività di ricercatore, storico e intellettuale, e nel momento in cui egli decise di aprire il palazzo alla città, realizzò questa volontà attraverso un preciso mandato che conferì agli Asburgo.

Al fine di comprenderne le molteplici ragioni è necessario riferire brevemente delle vicende politiche e amministrative accadute a Cremona in

Fig. 11. Claudio Monti, Clipeo con il busto rappresentante Ponzino Ponzone, 1832, Cremona, Palazzo Ala Ponzone, Facciata su corso Vittorio Emanuele II (fotografia Filippo Pellegrini).

Fig. 10. Agostino Carracci, Ritratto di Ponzino Ponzone, in A. Campi, Cremona fedelissima …, Milano, Gio. Battista Bidelli, 1645, libro III, p. 203.

quegli stessi anni nei quali si realizzava il progetto di rinnovo del palazzo. Una data significativa è l’anno 1831, quando il Podestà di Cremona, il conte Lodovico Schizzi, che aveva retto l’incarico a far corso dal 1816, diede le dimissioni per accedere ad altra responsabilità presso il Governo di Vienna. Il lungo periodo amministrativo durante il quale la città fu retta da un nobile è il risultato della reazione della nobiltà cremonese al periodo napoleonico. Il rinnovo della carica di Podestà non fu facile e immediato, la trattativa fu lunga e difficile, e le ragioni sono legate all’emergere di nuove figure non provenienti dall’antica nobiltà. Il fenomeno dell’asce-

Fig. 12. Claudio Monti, Clipeo con il busto rappresentante Marco Gerolamo Vida, 1832, Cremona, Palazzo Ala Ponzone, Facciata su corso Vittorio Emanuele II (fotografia Filippo Pellegrini).

sa di una nuova classe sociale, quella degli imprenditori agricoli, commercianti e professionisti, legittimò in alcuni di loro la volontà a candidarsi come Podestà. Si rese disponibile per la carica l’imprenditore Gaetano Bolzesi, all’epoca non gradito ai nobili di Cremona. Solo nel 1833 si riuscì a nominare Podestà il conte Folchino Schizzi, figlio di Lodovico, che resse l’incarico fino al 1837. Nuovi equilibri venivano a mutare la consueta trasmissione del potere in città e annunciavano la fine di certi privilegi.36 Gaetano Bolzesi ottenne la nomina a Podestà il 6 maggio 1838 e successivamente altri componenti della sua famiglia giunsero alla medesima carica. Il marchese Ala Ponzone era consapevole dell’evoluzione sociale e politica che Cremona stava attraversando in quegli anni, animata com’era da una pluralità di poteri costruiti nella tensione tra pubblico e privato, tra nobiltà e borghesia. In qualsiasi pratica di riproduzione del potere un problema si imponeva sempre, quello della relazione con il sovrano. Può sembrare un'osservazione banale, ma così non era nel contesto italiano,

36 Vedi, S. LEVATI, Cremona dalla Restaurazione all’Unità: una città in lento mutamento, in Storia di Cremona. L‘Ottocento, a cura di M. L. BETRI, Cremona, Bolis, 2005, pp. 30-56.

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caratterizzato da un policentrismo istituzionale accentuato da pratiche di riproduzione del potere familiare. È necessario, dunque, avere presenti le opportunità e le forme attraverso le quali le reti dei poteri erano tessute: i contatti potevano essere stabiliti mediante dinamiche private, attraverso matrimoni, patrocini, conoscenze fatte nel corso degli studi, ma anche stabiliti in occasione di cerimonie pubbliche ufficiali.

Un caso interessante, in questa prospettiva, è certamente la visita di Ferdinando I d’Austria nel Lombardo-Veneto nell’anno 1838. Giuseppe Sigismondo Ala Ponzone ottenne la possibilità di ospitare nel suo palazzo, recentemente rinnovato, l’Imperatore e l’imperatrice Marianna di Savoia, in occasione del loro soggiorno in città il 23-24 settembre 1838.37 Gli apparati di festa e i doni sono naturalmente un’espressione dei codici sociali e del protocollo dell’epoca, ma avevano anche uno scopo molto concreto: gettare le basi per un rapporto di fiducia e di protezione che potesse continuare nel tempo a beneficio della comunità, ma anche, e soprattutto, significativo per i nobili riguardo ai loro privilegi particolari.38 In questo quadro complesso, nel quale si stavano strutturando in quegli anni le relazioni di potere a Cremona, il marchese Ala Ponzone volle reagire efficacemente all’ascesa in città di nuove figure provenienti dalla borghesia imprenditoriale, con l’intento politico di salvaguardare l'identità dell’aristocrazia. Storicamente l’aspetto patrimoniale è sempre stato un punto essenziale per la nobiltà, in quanto il possesso di un importante patrimonio era la condizione richiesta per definire lo statuto giuridico dell’aristocrazia. Il rilevante progetto di rinnovo generale del palazzo e il conseguente

37 “Allorché fu definitivamente stabilito a fronte delle tergiversazioni messe in campo da alcuni invidiosi che le L.L. M.M.I.I. e R.R. col proprio seguito avrebbero preso alloggiamento in questo Palazzo le dicerie vennero meno e l’Augustissima Coppia Sovrana vi giunse il 22 da Brescia, trattenendovisi il 23 e ripartendo il 24 settembre 1838 alla volta di Mantova dopo aver contestate nel modo più ecclatante le dimostrazioni della grazia Sovrana al Proprietario, il quale devotissimo al pari de suoi Maggiori all’Impero ricevette nell’età sua innoltrata quei massimi onori e conforti, cui non avrebbe mai non che preteso, sperato” (ASCr, Archivio Ala Ponzone, b. 483).

38 “Dopo avere il prestato Sig. Marchese ricevuta in Milano, come l’ottennero tutti gli altri Gran Dignitari del Regno che assistettero alle solenni cerimonie dell’Incoronazione, una ricchissima tabacchiera d’oro colla cifre S.M.I.R. e col contorno di grossi Brillanti, di altra non meno grandiosa, e veramente meritevole della qualifica di Donativo Imperiale ebbe in Cremona il presente; tanto più pregiato, in qauntocchè contiene assai fina miniatura il Ritratto assomigliantissimo dell’adorato nostro Monarca fregiato di Brillante d’un merito considerevole” (ASCr, Archivio Ala Ponzone, b. 483).

lascito all’Imperatore d’Austria sembra essere un preciso progetto politico se letto sotto quest’ottica. Nel palazzo tutto sembrava organizzato per trasmettere un messaggio preciso da parte del suo proprietario: i nobili erano i “potenti il cui pensiero governa lo Stato”, come scritto nel Libro I del De architectura di Vitruvio. Prendendo atto dell’importanza consacrata a questo progetto di riforma del palazzo da parte del marchese Ala Ponzone, il progettista mise in atto una serie di accorgimenti stilistici in grado di trasmettere con l’opera il concetto. Al centro della facciata, al medesimo livello dei tondi, è collocato lo stemma araldico della famiglia Ala Ponzone, che si pone quale testimone e promotrice del progetto celebrativo (fig. 13). Il modello utilizzato dallo scultore Ernesto Rusconi per realizzare l’emblema araldico è stato tratto dal volume Sfragistica cremonese, 39 nel quale la rappresentazione è collocata sul frontespizio, ma a differenza della scultura nell’incisione non appaiono i due grifoni. Il simbolo del grifo appartiene stilisticamente a un’epoca anteriore e simboleggia, secondo la mitologia classica, la capacità di custodire e vigilare. Il completamento dello stemma araldico collocato tra due fiere dominanti rafforza la determinazione di Ala Ponzone nel ‘proteggere’ lo statuto della nobiltà.40 Il destino politico della famiglia Ala Ponzone, e più in generale quello della nobiltà, non potendo essere rafforzato attraverso un’alleanza matrimoniale con il casato degli Asburgo, si disegna nella trasmissione, tramite il Legato, del patrimonio immobiliare, culturale e storico dell’Ala Ponzone.

Le circostanze riguardanti la destinazione del Palazzo Ala Ponzone successive alla morte del Marchese, avvenuta il 2 maggio 1842, si caratterizzano principalmente nella difficoltà di poter realizzare le volontà così come prescritte nel Legato. Lo scarso interesse delle differenti amministrazioni che si erano succedute nella gestione del patrimonio Ala Ponzone (prima durante il periodo Austriaco e successivamente durante il periodo Unitario) e le difficoltà finanziarie impedirono la piena realizzazione delle volontà di Giuseppe Sigismondo Ala Ponzone (fig. 14). L’importanza del lascito Ala Ponzone nei primi decenni della sua esistenza non venne va-

39 G. S. ALA PONZONE, Sfragistica cremonese con Appendice Numismatica, Cremona, 1822.

40 Nel testamento redatto dall’Ala Ponzone il 30 luglio 1836 tra le differenti disposizioni si prevede di aggiungere allo stemma già presente in facciata anche quello della casa d’Austria: “E dappoichè andrà la mia casa per effetto della sua espressa destinazione, ad ottenere l’alto onore d’essere fregiata dallo Stemma Imperiale mi permetto di invocare dalla Sovrana Clemenza voglia degnarsi concedere che vi siano unite le armi della Famiglia Ala Ponzone a perenne ricordo dell’illuminata mia devozione per l’Augustissima Dinastia Regnante, nella lusinga che sia ciò stesso acconsentito graziosamente pei suggelli dell’Istituto” (GRANDI, op. cit., p. 285).

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lorizzato in modo appropriato perché mancarono le competenze adeguate dei curatori. Un’attenta politica amministrativa avrebbe dovuto trasformare il museo privato in Collezione nazionale e convertire la Scuola d’arte in Accademia. Durante il Fascismo il Palazzo Ala Ponzone continuò, suo malgrado, a essere utilizzato in maniera impropria. Roberto Farinacci e la segreteria del partito, a iniziare dal 1926, dopo che il Museo era stato trasferito nei nuovi locali di Palazzo Affaitati e la Scuola d’arte in quelli di Palazzo Franganeschi, decisero di destinare l’edificio a sede delle organizzazioni fasciste. Ebbero collocazione, fino alla caduta del regime, il Dopolavoro, l’Accademia d’Armi, la Federazione Provinciale Fascista, l’Istituto di Cultura Fascista e la Milizia. La nuova destinazione del palazzo fu interpretata, da coloro che l’avevano istigata, anche come un riscatto della città e della nazione sulla storia.41 L’apparato iconico del palazzo fu

41 “Tale destinazione devesi forse al fatto che nel palazzo albergò il 23 settembre 1838 il monarca Ferdinando I d’Austria, il capo dispotico di quell’impero austroungarico al quale soltanto dopo la vittoriosa guerra del 1915-18 potremmo strappare gli ultimi lembi di sacrosanta terra italica ancora calpestati dalla grifagna aquila bicipite”, in Le opere del fascismo cremonese Il Palazzo della Rivoluzione, in “Il Regime Fascista”, 16 settembre 1928, p. 4.

conservato e utilizzato dal regime per legittimarsi, stabilendosi come continuatore di una illustre storia civica. In occasione delle più importanti visite istituzionali che si svolsero in città il palazzo fu sede di importanti celebrazioni di regime. L’apparato decorativo ottocentesco della facciata del palazzo fu mantenuto; vennero solo aggiunti in balconata centrale due fasci romani che reggevano due lunghe alabarde in stile medioevale e la scritta, lungo il cornicione di sottogronda, ‘Palazzo della Rivoluzione’.

Se consideriamo le vicissitudini storiche del palazzo e l’attuale destinazione degli spazi interni, in parte abbandonati, non possiamo non tener conto della contingenza storica che ci esorta a un cambiamento di prospettiva. Il ruolo del Museo Civico “Ala Ponzone” diventa sempre più importante in quanto l'identità di Cremona, come ogni identità locale, è in fase di indebolimento e l’integrazione della città all’interno di un sistema di consumi globalizzato sta accelerando questo processo. Il museo deve partecipare alla difesa dell’identità della città di Cremona e la sua missio-

Fig. 14. La stampa raffigura l'arrivo di Vittorio Emanuele II nel Reale Palazzo Ala Ponzone. Il corteo proveniente da piazza Cavour in mezzo allo sventolio di bandiere entra nel palazzo tra due ali di folla festante. La visita del Re a Cremona era avvenuta in data 21 giugno 1866.

“The war: Arrival of the King of Italy at the Royal Palace, Cremona - From sketch by our special artist”, silografia, 240x340 mm.,“The Illustrated London News”, 7 luglio 1866, Cremona, Collezione privata G. Fasani.

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Fig. 13. Ernesto Rusconi, Stemma della famiglia Ala Ponzone, 1832, Cremona, Palazzo Ala Ponzone, Facciata su corso Vittorio Emanuele II (fotografia Filippo Pellegrini).

ne consiste nel mantenere traccia del passato e metterlo in scena per dare senso e prospettiva al presente. Per completare questa prospettiva credo fortemente alla necessità di costituire il museo della Scuola “Ala Ponzone Cimino”, Museo delle Arti e dei Mestieri. Il museo avrà la competenza di recensire e presentare quegli elementi considerati da tutti come significativi per la storia dell’artigianato e dell’industria a Cremona: una certa macchina testimonierà una determinata innovazione, un oggetto d’artigianato il successo di un artista, o la qualità delle realizzazioni artigiane di un’epoca. Gli oggetti sono importanti perché conservano la traccia delle generazioni passate, ci informano sui valori e i principi che le hanno ispirate, lasciano immaginare quali fossero le loro conoscenze e il loro modo di lavorare. La comunità cremonese potrebbe, in questo nuovo museo, vedere e ristabilire quella parte della sua cultura che deve anche alle generazioni precedenti.

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Fig. 15. Giovanni Moriggia, Ritratto di Giuseppe Sigismondo Ala Ponzone, matita e acquerello su carta, mm. 560x650, Cremona, Museo Civico “Ala Ponzone”.

Collaboratori:

Collaboratore tecnico:Amedeo Viciguerra

Distribuzione: Libreria del Convegno corso Campi, 72 - Cremona

ISSN xxxxxxxxx

FANTIGRAFICA - Cremona Finito di stampare nel mese di giugno 2021

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