


INTELLIGENTE-MENTE
Valorizziamo nell’IRC i diversi tipi di intelligenze multiple

L’INTERVISTA
Le persone e le loro storie hanno la forza di trasformare. Prospettive da più voci.
Valorizziamo nell’IRC i diversi tipi di intelligenze multiple
Le persone e le loro storie hanno la forza di trasformare. Prospettive da più voci.
Per un chiaro orientamento alla ragione profonda dell’insegnare
Settembre-Ottobre: Regole e Natura
Novembre: Comunità
Dicembre: Silenzio e Preghiera
Gennaio: Memoria e Perdono
Febbraio: Solidarietà
Marzo: Pellegrinaggio
Aprile-Maggio: Festa e Speranza
Che cosa ci insegna Gesù per prenderci cura delle persone e dell’ambiente naturale
Attività da svolgere con la metodologia dell’educazione all’aperto
Alla scoperta di ciò che significa «insegna- mento come scienza della progettazione»
IRC: un’ora di cultura e orientamento che può aiutare credenti e non credenti a capire il senso della vita
Una sinergia indispensabile per rendere efficace la collaborazio- ne scuola-famiglia
4 EDITORIALE
Non perfetti, ma in miglioramento
Valter Rossi
5 FATTI QUOTIDIANI
Voglia di autenticità
Aldo Basso
6 IL PUNTO
Autonome ma non indipendenti
Nicola Incampo
7 PRIMO PIANO
Lo sguardo dell’avventura scolastica
Ernesto Diaco
8 VIRTÙ UMANE DEGLI IDR
Le virtù per insegnare
Flavia Montagnini
10 PSICOLOGIA
La prospettiva
Mario Comoglio
12 EDUCARE LE EMOZIONI
Che bello educare le emozioni!
Elisabetta Serra
14 SCUOLA E FAMIGLIA
Insegnanti / genitori
Patrizia Cupini
16 PROGETTAZIONE DIDATTICA
Insegnamento e progettazione didattica
Guglielmo Borgia
18 CANTIERE SCUOLA
In attesa di notizie
Sergio Cicatelli
In copertina: REGOLE E NATURA
Iniziamo l’anno scolastico riflettendo sulla necessità di vivere nelle regole per raggiungere obiettivi comuni e ricordando che la natura è un dono che va custodito nel rispetto di norme.
20 UNITÀ DI APPRENDIMENTO/1
Pronti? Partenza... via!
Clio Griso
26 OSSERVO E AGISCO
Impariamo a rispettare le regole
Francesca Fabris
28 RACCONTARE PER EDUCARE
Lo stagno e le oche
Bruno Ferrero - Francesca Sgarrella
30 OUTDOOR IRC
Le preziose leggi dell’acqua
Ludovica Mazzuccato
32 UNITÀ DI APPRENDIMENTO/1
Le regole
Diego Donna e Collaboratori
38 EDUCAZIONE AMBIENTALE
Gli ecosistemi naturali/1
Massimo Da Vià - Marco Glisoni
40 A SCUOLA DI PACE E AMICIZIA
Insieme in un posto sicuro
Fraternità SERMIG
42 BIBBIA APERTA
Testamento
Monica Prandi
44 ARTE E RELIGIONE
Gesù e i bambini
Francesca Sgarrella
48 INTELLIGENTEMENTE
Una partenza in piena regola
Ludovica Mazzuccato
50 DIDATTICHE SPECIALI
Le regole per star bene
Simonetta Michelotti
52 CURRICOLO VERTICALE
Del Signore è la Terra
Giordana Cavicchi
54 NUOVE TECNICHE E STRATEGIE DIDATTICHE
Service Learning
Eleonora Farina
56 TEMI E PERSONE
Che cos’è la FIDAE?
Daniela Mesiti
58 TECNOLOGIE PER LA DIDATTICA
Un tour virtuale Pierfortunato Raimondo
60 L’ESPERTO RISPONDE Problemi giuridici e amministrativi
Sergio Cicatelli
61 SCAFFALE
Biblioteca per la scuola Redazione
62 FILMINSIEME
Loop
Ilaria Falcone
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dal sito ww.elledici.org/scuola
La perfezione non è di questo mondo, si sa, ma uno sguardo capace di vedere il miglioramento è qualità fondamentale di ogni attività educativa e formativa, ed è proprio l’ottica della nostra redazione. Migliorare è lo stimolo principale del nostro lavoro ed è per questo che vi presentiamo il primo numero dell’anno 2023-2024, non perfetto, ma di sicuro migliorato.
Abbiamo cercato di curare e alleggerire la grafica e la leggibilità, e ancora ci lavoreremo; abbiamo ripensato a una serie di contenuti sia per quanto riguarda la formazione personale degli IdR, sia per i settori specifici dell’Infanzia e della Primaria.
Ci sono nuovi collaboratori, anche di prestigio e da tempo impegnati nella formazione, e abbiamo raggruppato équipe di insegnanti per condividere esperienze ricche e significative e per fare in modo che non sia una rivista composta a tavolino, ma fatta da insegnanti per gli insegnanti, un vero crogiuolo di esperienze.
Abbiamo, in particolare, pensato a un «filo rosso mensile», che colleghi le varie proposte didattiche all’interno degli articoli e delle rubriche e che si adatti al periodo dell’anno che si sta affrontando. Una specie di chiave di lettura che aiuti a fare sintesi, ad avere uno sguardo profondo e unificante, a fare una progettazione distesa, serena e armonica.
Per il primo numero due parole caratterizzano i mesi di settembre e ottobre: regole e natura. La prima parola raccoglie, dopo il periodo estivo (quasi) senza regole stringenti, l’idea del valore della legalità, del rispetto e della condivisione su cui si fonda il processo di accoglienza all’inizio dell’anno e la convivenza scolastica. La seconda sottolinea il tema ecologico che dal 1° settembre, Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato, fino al 4 ottobre, festa di san Francesco d’Assisi, patrono dell’ecologia amato da molte confessioni cristiane e non, accende una luce di speranza per il nostro delicato pianeta.
Buon nuovo anno di scuola!
Valter RossiANNO 36° - ANNO SCOLASTICO 2023/24
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L’Ora di Religione Settembre-Ottobre 2023
a proposito della quale si possono fare due osservazioni: non c’è la certezza che il bambino si aspetti una valutazione di quel tipo; in secondo luogo, l’insegnante vuole rafforzare il suo apprezzamento e usa il superlativo, trovando però il bambino non del tutto d’accordo circa la valutazione espressa.
I bambini stanno disegnando. L’insegnante osserva un bambino che ha appena terminato il suo disegno e si stropiccia le mani soddisfatto. L’insegnante si avvicina a lui e, immaginando che il bambino sia molto contento del disegno che ha realizzato, vuole manifestargli il suo apprezzamento e si complimenta con lui con questo commento: «È bellissimo!». Il bambino (5 anni), commenta: «Beh, maestra, non esageriamo!».
L’insegnante rimane colpita dal gesto del bambino – stropicciarsi le mani – e lo interpreta come un segno di soddisfazione, quasi di autocompiacimento per essere riuscito a realizzare qualcosa di apprezzabile: un disegno “molto bello”. Immagina che al bambino faccia piacere sentire una lode da parte dell’insegnante e la esprime con un giudizio: «È bellissimo».
Sorge però una domanda: che cosa sta metacomunicando il bambino con lo stropicciarsi le mani? Possiamo fare delle ipotesi, e non indovinare neppure l’ipotesi più corretta: la soddisfazione per aver realizzato un bel disegno? La soddisfazione per essere riuscito a realizzare il lavoro che l’insegnante aveva chiesto e che forse in altre occasioni non gli era riuscito? L’essere riuscito a realizzare un disegno che poi avrebbe avuto il piacere di mostrarlo a una persona a lui cara? Nel caso citato, l’insegnante esprime una valutazione di tipo «estetico»,
Sorge ora un’altra domanda: quale sarebbe stato l’intervento verbale «migliore» da parte dell’insegnante? Se ne potrebbero immaginare tanti…; occorre allora avere un criterio per scegliere l’intervento verbale più adatto: è valido l’intervento verbale che meglio risponde al messaggio – o metamessaggio – che un bambino sta comunicando. Ad esempio: se un bambino fosse contento di aver realizzato un disegno per la mamma, l’intervento verbale potrebbe essere: «Vedo che sei proprio orgoglioso di aver fatto questo disegno per la mamma…».
Nella normale attività quotidiana non ci si può attardare e soffermarsi su tante domande; per quanto è possibile, è opportuno anzitutto che l’insegnante cerchi di capire che cosa egli vuol dire con certi gesti o con determinate espressioni verbali. Le saranno di aiuto la propria esperienza professionale, una conoscenza approfondita di ciascun bambino, porgli qualche domanda per cogliere meglio il contenuto della sua comunicazione (ad esempio: «Vedo che sei proprio contento, che cosa ti fa sentire gioia per quanto sei riuscito a fare?»).
In definitiva, è un invito a ogni insegnante a essere autentica/o con i bambini, i quali di norma comprendono abbastanza facilmente se lei crede o no a quello che dice, se li ama e li stima.
Nicola Incampo Responsabile CEI - Basilicata per IRC e Pastorale scolastica
Quando a scuola si doveva parlare di fede e ragione, mi piaceva ricordare agli alunni quanto il famoso scienziato Albert Einstein aveva detto a tal proposito. Albert Einstein, nato il 14 marzo 1879 e morto il 18 aprile 1955, è stato un fisico tedesco naturalizzato svizzero e statunitense. Generalmente considerato il più importante fisico del XX secolo, è conosciuto al grande pubblico anche per la formula dell’equivalenza massa – energia E = mc2 (ovvero l’energia = massa moltiplicata per il quadrato della velocità della luce), riconosciuta come l’«equazione più famosa al mondo». Nel 1933, mentre Einstein era in visita negli Stati Uniti, Adolf Hitler salì al potere. A causa delle sue origini ebraiche, Einstein non fece più ritorno in Germania. Si stabilì negli Stati Uniti e diventò cittadino statunitense nel 1940.
Alla vigilia della seconda guerra mondiale, inviò una lettera al presidente Roosevelt per avvisarlo del possibile sviluppo da parte della Germania di «bombe di un nuovo tipo estremamente potenti» e suggeriva agli Stati Uniti di cominciare a lavorare su ricerche di questo tipo. Ciò portò infine al progetto Manhattan.
Einstein sostenne gli alleati, ma criticò l’idea di usare la fissione nucleare come arma. Firmò,
con il filosofo britannico Bertrand Russell, il Manifesto Russell-Einstein, nel quale si evidenziava il pericolo delle armi nucleari.
La frase di Albert Einstein che ricordavo ai miei alunni è la seguente: «Non riesco a concepire un vero scienziato senza una fede profonda. La situazione può esprimersi con un’immagine: la scienza senza la religione è zoppa; la religione senza la fede è cieca». Questo significa che dobbiamo sempre ricordare che una scienza come reperto del paleolitico intellettuale dell’uomo e una religiosità che rifiuta come demoniaca ogni razionalità, sono scelte di paura e non di verità.
Tuttavia scienza e fede risiedono una accanto all’altra, spesso puntano i loro obiettivi sulla stessa verità, si ritrovano in alcuni incroci fondamentali.
La fotografia fatta da Einstein ci fa capire che è necessario ribadire che la religione ha bisogno della teologia, della comprensione della fede, e che la scienza deve lasciare spazi bianchi nella sua ricerca, aperti al mistero e a canali diversi della conoscenza.
Ecco perché sempre Albert Einstein ha scritto: «La più alta emozione che si possa trovare è quella mistica . Chi l’ha provata e non è caduto in devozione ignora uno dei lati più belli della vita». Infatti il dono dell’ intelligenza è una delle realtà più splendide che l’uomo abbia ricevuto dal Creatore.
In conclusione, scienza e fede: entrambe libere, ma non estranee; autonome, ma non indipendenti.
Nell’ora di Religione «tutto il mondo sembra buono, anche il professore», cantava Antonello Venditti quasi quarant’anni fa. Non so se abbia ragione il cantautore romano, certo è che, nello spazio proprio di questa disciplina, gli alunni sono portati a guardare alla realtà, agli altri e anche a sé stessi con occhi particolari
È lo sguardo tipico dell’avventura scolastica, e dunque ricco di curiosità, interesse, magari anche di dubbio e di incertezza. Ma in quelle ore, così uguali alle altre e allo stesso tempo così diverse, negli occhi dei ragazzi si affaccia spesso qualcosa di più. Ricordo bene il silenzio che si creava in classe quando – qualsiasi fosse l’argomento trattato – i presenti avevano la netta sensazione che in qualche modo si stesse parlando di loro. Non di fatti lontani o di informazioni da registrare, ma di un presente vivo. Magari non sempre così buono come voleva Venditti, ma capace di muovere qualcosa di bello dentro.
Stupore e desiderio sono parte essenziale della scuola, se vuole rispondere alla sua vocazione
a trasmettere e produrre cultura. Ma ciò non può avvenire se non tramite esperienze di scoperta, di libertà e di confronto, tutti ingredienti che compongono quell’occasione unica che è l’IRC.
A pensarci bene, la stessa cosa vale per gli insegnanti , che – mentre fanno il loro lavoro – continuano a imparare, grazie alle risorse e anche alle fragilità dei giovani che hanno davanti. Come potremmo continuare a fare questo mestiere se non percepissimo che abbiamo bisogno di loro come loro hanno bisogno di noi. Che la società intera necessita di simili spazi di scoperta, di libertà e di confronto nei quali inoltrarsi insieme, giovani e adulti, verso un futuro che è lo stesso per tutti. E che vogliamo fare un po’ più buono, se possibile.
Ernesto Diaco
Direttore dell’ufficio nazionale CEI per l’educazione, la scuola e l’università
Alcuni si stupiranno della scelta di parlare di virtù e di connetterle all’insegnamento. Altri si chiederanno se non sia più appropriato considerare le competenze del docente. Altri ancora, infine, si domanderanno che senso ha oggi riproporre questo tema «classico» della Teologia morale. La decisione è motivata da due considerazioni.
La prima riguarda la professionalità. Nessun dubbio sulla necessità di sviluppare le competenze organizzative, metodologiche e relazionali per essere insegnanti significativi ed efficaci. Rendere centrali le competenze, tuttavia, non evita il pericolo che la professionalità si riduca ad apprendere e applicare tecniche, senza un chiaro orientamento alla ragione profonda dell’insegnare.
La seconda è relativa alla comprensione corretta di che cosa sia la virtù e di chi sia la persona virtuosa. Parlare di virtù, infatti, sembra riportare al passato, a una cultura e a una società che non esiste più e che non ha ragione di rinascere. Virtù e insegnamento sono davvero così distanti? Ecco la sfida lanciata a chi legge: riscoprire la e le virtù come «chiave interpretativa» della professionalità docen-
te di oggi, in particolare per il docente di Religione. Che cos’è la virtù? La storia di questo termine è piuttosto complessa: è stata oggetto della riflessione filosofica e teologica. Essenzializzando, si può dire che la virtù indica l’orientamento al bene e le qualità della persona che desidera e si impegna a realizzare il bene.
Prima domanda: qual è il bene per l’uomo? È svilupparsi in pienezza, è raggiungere la sua forma migliore; vivere nell’autenticità, nella pace, nella solidarietà la relazione con gli altri; costruire il mondo umano, nel rispetto dei diritti delle persone e dell’ambiente.
Seconda domanda: quali sono le qualità della persona virtuosa? Quelle che creano il suo habitus al bene, ossia l’intenzione costante e determinata di ricercare e attuare il bene. Sempre. Quindi, virtuoso non è chi eccelle, ma chi rivela nel suo agire di ricercare, amare, realizzare il bene per il bene, senza un secondo fine. Perciò, sono considerate virtù l’onestà, l’umiltà, la mitezza, la determinazione, la pazienza, la purezza, ecc.; un elenco che può arricchirsi di tutte le qualità che descrivono la persona rivolta al bene, nel suo essere e nel suo agire.
Nel corso dei secoli la Teologia ha unito la riflessione sulle virtù al messaggio di Gesù e alla sua proposta di vita, fondata su valori umaniz -
Come sono i bambini oggi? Che cosa dice la psicologia positiva
È solo una sensazione o una realtà? È impossibile descrivere questo dinamismo nella sua estensione e in riferimento a chi e a che cosa. Tuttavia, rimane la domanda di riflettere sul come interpretare e rispondere a queste nuove sensazioni ed esigenze.
Dal momento della pandemia sembra sempre più diffondersi come un “mantra” l’idea che il mondo e le nuove generazioni siano cambiati. Lo dicono tutti: adulti, educatori, insegnanti, politici, i giovani. Lo dimostrano gli sviluppi dell’informatica, gli eventi politici, i movimenti contestativi, gli eventi internazionali. Tutti, in un modo non molto dissimile, sembrano asserire che il mondo, assumendolo nella sua generalità, sembra essere cambiato o in cambiamento. Gli adulti sono diversi, ma anche i più giovani e i più piccoli.
Si dice: «Non sono quelli di qualche anno fa». A testimoniarlo sono le famiglie (separazioni, diminuzioni delle nascite), il lavoro (cambi di professionalità, disoccupazione), la scuola (la disciplina, l’impegno per l’apprendimento), oseremmo dire anche l’ordine pubblico (diffusione della trasgressione, del poco rispetto delle leggi). Le persone sembrano aver cambiato le immagini di futuro, vivono diversamente il presente, sembra aumentato il livello di ansia, le relazioni sociali sono diventate fluide, quelle educative problematiche, le esigenze aumentate, i valori o le credenze religiose diluite. Tutto sembra essere diverso da prima.
La novità interroga anche il mondo educativo. Chi sono, come sono i figli della new generation? Anche a un interrogativo più circoscritto e più limitato della rivista, «Come sono oggi i ragazzi?», non è facile trovare una risposta significativa e fondata. Qualsiasi indicazione generale può essere smentita, perché la tipologia della popolazione a cui si riferisce non è quella che un insegnante o educatore deve affrontare, perché un gruppo sembra avere presenze diverse, perché pochi anni di diversità sembrano richiedere descrizioni diverse, perché non hanno la stessa età o sono di provenienza socio-economica diversa.
Anche le indagini a volte ci lasciano incerti. Per esigenze di ricerca vengono scelte dimensioni descrittive non corrispondenti a quelle a cui si è interessati. Una descrizione potrebbe rivolgersi a identificare caratteristiche come: relazionalità, perseveranza, autonomia, sicurezza, e altre essere dirette a verificare consumi, interessi, hobbies, ecc. La diversità delle caratteristiche rilevate non aiuta un insegnante e un educatore a identificare chi sia la nuova generazione. Alcune descrizioni potrebbero rilevare novità solo perché si fa riferimento a qualcosa non notato in precedenza
Un ulteriore problema nell’identificazione di un «nuovo» identikit delle nuove generazioni na-
« Per insegnare bisogna emozionare Molti però pensano ancora che se ti diverti non impari» (Maria Montessori). Voglio cominciare il nostro percorso di quest’anno alla riscoperta delle emozioni in educazione con questa citazione di una delle più grandi pedagogiste di sempre. Questo perché conoscere le emozioni, e tutto ciò che esse implicano, è fondamentale per comprendere l’essenza più profonda dell’essere umano e quindi le fondamenta per poter educarlo.
In questi anni di percorso insieme abbiamo già toccato in diverse occasioni la tematica riguardante le emozioni. Ripartiamo, però, riprendendo una definizione che ci permetta di cogliere tutte le sfaccettature di cui esse si compongono.
L’emozione è una «esperienza che produce sentimenti o affetti («mi sento felice»), presen-
ta delle modificazioni fisiologiche in risposta a determinati stimoli (un aumento del battito cardiaco, ad esempio), è dotata di correlati cognitivi (come la valutazione degli stimoli emotigeni) ed ha, infine, risvolti sul piano del comportamento» (Balconi, 2004, 31).
Da quanto si evince da questa definizione, le emozioni coinvolgono la totalità dell’essere umano, nel suo aspetto cognitivo (pensare), comportamentale (fare) e affettivo (sentire - sperimentare). È per questo motivo che è assurdo pensare di insegnare o di educare senza attivare e coinvolgere attivamente l’aspetto emotivo in modo consapevole.
Non è possibile pensare di «fare scuola» senza considerare prioritariamente di educare l’aspetto emotivo, perché se si hanno davanti degli esseri umani non si può prescindere da questo aspetto per relazionarsi, per trasmettere qualcosa, per condividere, per insegnare. Inoltre, a scuola gli insegnanti hanno a che fare con soggetti in crescita, che hanno la necessità di essere aiutati a progredire nella consapevo -
Un compito importante nell’IRC
Patrizia Cupini
IdR e Counselor socio-educativo
Tra gli adempimenti dei docenti rientrano le attività relative ai rapporti con le famiglie (comma 2, art. 29, CCNL scuola 2006/2009) definiti e regolati del Consiglio d’Istituto che, su proposta del Collegio dei Docenti (comma 4), stabilisce le modalità organizzative e la frequenza dei colloqui secondo le disposizioni interne a ogni Istituto. Scopo dell’interazione tra insegnanti e genitori è la corresponsabilità educativa nel rispetto reciproco dei ruoli nella propria specifica funzione.
L’efficacia della sinergia scuola-famiglia dipende dalla collaborazione docenti-genitori a un comune progetto educativo per costruire le condizioni favorevoli ai processi di apprendimento e promuovere il benessere del bambino, intesa che rischia di degenerare in una relazione disfunzionale anziché diventare alleanza. Il dialogo e il confronto, infatti, possono assumere una forma inadeguata che ali-
menta il livello di conflittualità dovuto ad ansie e paure che generano incomprensioni.
Scuola e famiglia sono ambiti diversi che interferiscono tra loro da cui possono scaturire relazioni asimmetriche e conflitti di competenze tra docente specialista della sua disciplina e genitore esperto conoscitore di suo figlio. I genitori, nell’affidare all’insegnante il compito di supportarlo nell’educazione del proprio figlio, nutrono speranze e timori legati alle loro aspettative sull’andamento scolastico, sulle capacità didattiche e relazionali dei docenti e non ultimo sull’efficacia del proprio ruolo genitoriale. D’altra parte l’insegnante, investito della responsabilità della sua funzione e consapevole del mandato importante che gli è stato affidato, desidera che sia riconosciuto il valore del suo ruolo professionale e che venga considerato dai genitori un punto di riferimento per la condivisione del percorso formativo dei figli.
Considerare i presupposti emozionali e psicologici che entrano in gioco nella relazione tra docenti e genitori può essere determinante alla riuscita di una sana alleanza. Comprendere i sentimenti che provano rispetto alle difficoltà o ai comportamenti manchevoli dei figli può fare la differenza nella costruzione di un rapporto. A questo scopo esercitare un’attitudine accogliente verso l’altro equivale a
Pedagogista, formatore e insegnante
L’insegnante significativo è colui che mette in essere un processo educativo emancipativo, attento ai ritmi evolutivi e ai relativi stili di apprendimento degli studenti, affinché si attivi in essi un apprendimento che li metta nelle condizioni più idonee per oltrepassare il loro “Rubicone”.
L’azione didattica è sempre un’azione intenzionale, tesa a generare un possibile cambiamento in positivo negli studenti. L’agire didattico dell’insegnante, però, non può essere affidato solamente alle buone intenzioni e non può essere mai improvvisato; necessita di una professionalità che si sostanzia di scientificità e competenza progettuale, per gestire la complessità del momento educativo.
La nostra rubrica ha lo scopo di accompagnarci in un percorso di scoperta e di presa di consapevolezza di ciò che significa «insegnamento come scienza della progettazione» (D. Laurillard 2014). In questo spazio verrà proposto un percorso formativo teso a evidenziare l’importanza della progettazione didattica come prassi
ordinaria per gestire il come dell’agire didattico, finalizzato alla crescita culturale e formativa degli alunni, affinché ognuno di loro sia in grado di raggiungere i traguardi per lo sviluppo delle competenze, così come definite dalle Indicazioni Nazionali. In altre parole, cercheremo di evidenziare ciò che sostanzia la professionalità degli IdR nell’azione progettuale, i quali, inseriti a pieno titolo nella scuola italiana, devono dare a questa un «di più», anche in termini di professionalità e capacità progettuale. In questo primo argomento presenterò le basi epistemiche della professionalità docente, come professionista della progettazione dell’agire didattico, e il concetto di insegnamento come «scienza della progettazione».
L’insegnamento, secondo la Laurillard, è scienza della progettazione e i docenti ne sono gli specialisti, ma non è scienza teorica, essa è piuttosto definita scienza pratica, scienza che si interessa del come trasporre agli alunni un sapere sapiente. Questo cercheremo di fare nel percorso di quest’anno, dove proporrò un possibile paradigma progettuale che si avvicina di molto a quanto ci chiede la scuola italiana nei
Inizia un nuovo anno scolastico e ancora una volta ci troviamo a registrare le attese (finora deluse) degli IdR. L’unica notizia sembra essere che non ci sono notizie. O almeno che non ci sono le notizie che si vorrebbero avere.
Una storia di rinvii
È inutile girare intorno al problema: le attese riguardano soprattutto il concorso per IdR, che da anni viene rinviato senza che si riesca a intravedere una scadenza credibile. Noi stessi, su queste pagine, siamo stati più volte smentiti dai fatti quando ci siamo lasciati andare a previsioni rivelatesi poi infondate.
Proviamo allora a fare il punto della situazione ripercorrendo le tappe degli ultimi anni, con la speranza – non ancora abbandonata – che il traguardo possa essere abbastanza vicino.
L’unico concorso per IdR fu bandito nel febbraio 2004 , a pochi mesi di distanza dalla legge 186/03, che istituiva i ruoli per l’IRC. I
concorsi avrebbero dovuto avere cadenza triennale, ma quel primo concorso è rimasto unico e, se tutto va bene, il secondo si potrebbe svolgere a venti anni di distanza, con un poco invidiabile primato nel pur lentissimo mondo dei concorsi scolastici italiani.
Quando sembrava che un bando fosse alle porte, all’incirca sei anni fa, si mobilitarono i cosiddetti «precari storici» dell’IRC, che a causa del ritardo – già allora ingiustificabile – rivendicavano un percorso agevolato di assunzione, come è stato sempre fatto in altre circostanze. Se pensiamo che il primo concorso era riservato a chi insegnava da almeno quattro anni, chi non vi ha potuto partecipare per poco ha oggi cumulato 23-24 anni di servizio (e qualcuno ha fatto in tempo anche ad andare in pensione).
Una mediazione importante sembrò essere la legge 159/19 , che all’art. 1-bis aveva previsto di riservare il 50% dei posti a chi aveva almeno tre anni di servizio. Venivano inoltre riaperte le graduatorie del primo concorso per cominciare a coprire un po’ di posti (riducendo di conseguenza le disponibilità per il reclutamento ordinario). Il concorso doveva essere bandito entro il 2020, ma la scadenza fu fatta slittare prima al 2021, poi al 2022 e poi (per ora) al 2023.
La progettazione 2023-2024 è a disposizione nei
Clio Griso InsegnanteRieccoci a scuola. L’estate è lunga e riposante, ma a settembre tutti, insegnanti e alunni, fremiamo per rientrare nelle nostre aule. Tra i nostri piccoli alunni qualcuno varcherà la soglia della scuola per la prima volta, qualcun’altro invece si sentirà un veterano (con uno o due anni di esperienza addirittura!) e tutti troveranno noi insegnanti ad accoglierli a braccia aperte, desiderosi di scoprire insieme quali doni matureranno nel cammino che ci accingiamo a percorrere.
La scuola racchiude, o dovrebbe racchiudere, in sé questo desiderio, che diventa, direi, un bisogno: la voglia di far fiorire le donne e gli uomini del domani. Gli insegnanti a scuola, a contatto giornalmente con gli alunni, cercano di scoprire i doni racchiusi in ognuno e vorrebbero dare a ciascuno gli strumenti per poter affrontare i propri limiti; questo viaggio di scoperta meraviglioso inizia nella scuola dell’infanzia (o anche al nido per chi ha la fortuna di poter frequentarlo).
Riporto una parte della bellissima lettera che il Cardinale Matteo Maria Zuppi, vescovo di Bologna e presidente della Conferenza Episcopale italiana, ha scritto alla scuola nel 2020:
« Con te si prepara il futuro , e il futuro inizia oggi! (...) Tu ci insegni a conoscere il mondo e a renderlo migliore. Tutti possiamo fare qualcosa. Voglio che sia un futuro bello: per navigare, i marinai guardano la stella polare e così trovano il porto dove devono arrivare. Io sono sicuro che tutti troveranno nelle tue aule la stella che li aiuterà a navigare. Il mondo ha bisogno di uomini che si preparano per aiutare gli altri nel mestiere che faranno, che cercheranno di farlo bene, qualunque esso sia. E tutti, tutti, i mestieri sono importanti e belli quando servono a vivere meglio insieme. (...) Chiedo a Dio di benedirti. Sì, sei benedetta, perché cerchi sempre il bene di ognuno e sai che ce ne è un pezzo in ognuno. Dio ti benedice perché Lui vuole che l’Uomo sia davvero uomo e ha mandato Gesù per insegnarci la materia più importante di tutte e che ci fa grandi per davvero: amare. Sei benedetta, scuola. Grazie! » (Lettera del Cardinale Zuppi alla scuola, 11/09/2020).
Allora… forza marinai, iniziamo a navigare!
Vorrei che il tema guida di quest’anno fosse proprio il viaggio, in fondo è ciò che effettivamente facciamo nelle nostre aule: noi viaggiamo. Viaggiamo nel tempo alla scoperta del bambino e
dell’uomo Gesù, della sua terra, delle persone che lo hanno conosciuto, che lo hanno cresciuto, che gli sono state accanto in ogni momento della sua vita. Viaggiamo nello spazio alla scoperta di terre lontane (la Palestina) e vicine (le nostre chiese, la nostra città). Viaggiamo verso nuove conoscenze: noi stessi, gli altri, le nostre emozioni, i timori e le speranze, il mondo che ci circonda con le meraviglie che lo costituiscono. Viaggiamo in compagnia con amici, compagni, maestri che propongono saperi, che ascoltano bisogni, che stringono mani, che abbracciano con tenerezza. Viaggiamo alla scoperta di un Padre che ama l’uomo e non lo lascia mai solo.
«Un passo dopo l’altro si va lontano», nella canzone Goccia dopo goccia cantata dal Piccolo Coro dell’Antoniano di Bologna, ed è proprio così, e alla scuola dell’Infanzia lo sappiamo bene: piccole conquiste mettono le basi per crescere in pienezza.
Proprio perché siamo all’inizio di un nuovo viaggio, di un nuovo anno scolastico dobbiamo prepararci per la partenza. Dove ci porterà questo viaggio? Forse ancora non lo sappiamo con certezza, una cosa è sicura: viaggiando cresceremo.
no già delle mattonelle predisposte per questo genere di attività.
• Se così non fosse, po tete prepararne uno utilizzando delle baci nelle o mettendo i di versi materiali su delle buste della spazzatu ra aperte (non per l’acqua su cui si potrebbe scivolare), potete trovare materiali vari: fogli di carta, carta appallottolata, erba, terra, ovatta, foglie, carta d’alluminio, acqua, farina, sabbia, sassolini, spugne, spugne inzuppate d’acqua (magari colorata). Tutto ciò che vi viene in mente.
Mettiamoci in viaggio, aperti a nuove avventure, arricchiti da compagni diversi e rafforzati da regole condivise.
Vi suggerisco la lettura dell’albo Passo davanti (ed. Coccolebooks). Il libro narra il viaggio di tre amici: il grandissimo Leon, il piccolo Max e il piccolissimo Remi. Sempre insieme, uno dietro all’altro e poi all’improvviso scoprono che le cose possono cambiare, è tempo di crescere. E allora chi è sempre stato dietro nella fila può passare avanti e poi ancora si può scoprire che è possibile camminare uno accanto all’altro sostenendosi quando necessario.
Per crescere e per viaggiare ci si deve mettere in cammino. Quale attività proporre allora?
• Iniziamo con il proporre un’attività che può essere apprezzata dai bambini di 3 anni come da quelli di 5: prepariamo un percorso di barefooting, cammino sensoriale. A volte le scuole han-
• I bambini a piedi nudi, accompagnati da noi insegnanti, affronteranno il percorso.
• Domandiamo ai bambini che cosa provano passando di terreno in terreno, che cosa è loro piaciuto e che cosa no, e per quale motivo.
• Nelle sezioni eterogenee i più piccoli possono dare la mano ai più grandi per avventurarsi in questo cammino ricco di sorprese.
• L’insegnante sarà sempre accanto per sostenere se necessario.
• L’esperienza tattile permetterà ai bambini non solo di riconoscere i diversi materiali e le loro caratteristiche (questo può suggerire lo svilupparsi di percorsi interdisciplinari coinvolgendo anche le insegnanti di sezione), ma soprattutto darà la possibilità a noi insegnanti di riflettere insieme a loro sull’esperienza del cammino: nel cammino sensoriale abbiamo incontrato parti piacevoli (l’ovatta o la sabbia, per esempio), terreni invece più difficili da superare (i sassolini o le spugne ruvide), ma con l’aiuto dell’insegnante e dei compagni siamo arrivati alla fine. Così sarà durante l’anno tutti insieme, vivremo momenti di gioia e distensione, altre
Parlare di legalità in termini astratti è complicato, soprattutto con i bambini della scuola dell’infanzia, ma attraverso esempi concreti il concetto verrà assimilato in modo più naturale. Si parte da ciò che i bambini già conoscono in merito a tale concetto, cioè dalle loro esperienze quotidiane, per passare poi alla spiegazione della parola legalità.
Proponiamo all’inizio un gioco: l’insegnante chiede agli alunni di cantare, senza dare nessuna indicazione precisa. Ci sarà un gran caos: ognuno canterà la prima canzone che gli viene in mente, con una tonalità e un ritmo a caso, perciò non si potrà individuare nessuna melodia, bensì solo confusione e tanti rumori discordanti.
A questo punto l’insegnante domanda: «Che cosa abbiamo sbagliato? Di che cosa abbiamo bisogno?». Attraverso il dialogo con i bambini, si giungerà al concetto che occorre rispettare le regole, perché dove non ci sono regole c’è solo una gran confusione.
Vivere la legalità è un percorso da fare insieme, perché la legalità cresce anche sui banchi di scuola.
La legalità, per esistere, ha bisogno di tutte quelle persone, compresi i bambini, che si impegnano a rispettare i valori propri dell’essere umano, quali la libertà, l’amicizia, la pace, la fratellanza, l’amore, la solidarietà, ecc.; in breve tutte quelle regole che servono per stare bene insieme e vivere in un mondo migliore.
Purtroppo non tutti vivono nella legalità, anche nel nostro Paese, per questo ci sono tante persone che agiscono perché venga assicurato il rispetto delle regole. Ma tutti possiamo fare qualcosa, perché il nostro atteggiamento e l’impegno di ciascuno possono fare la differenza.
Che cosa dice Gesù a proposito di legalità? Qual è la regola fondamentale che ci ha insegnato? Le regole che ci ha rivelato Gesù sono chiamate Comandamenti, cioè dei comportamenti necessari per vivere felici. Solo rispettando i Comandamenti l’umanità godrà della migliore felicità che si possa immaginare. E quali sono questi Comandamenti? Gesù ne ha insegnati in particolare due: amare Dio e amare il prossimo.
Troviamo le sue parole in questi brani evangelici:
«“Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?”. Gli rispose: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo coman-
Raccontare è un magnifico modo di comunicare . Tutte le civiltà e le religioni, all’origine, hanno espresso i loro contenuti in forma narrativa, utilizzando soprattutto il mito, in quanto il racconto riesce a comunicare in profondità l’ esperienza umana .
I racconti aprono la mente e suscitano nel cuore la spinta a immaginare un mondo più umano e per questo migliore. I racconti creano rapporti nuovi, aiutano a superare le divisioni e rompono il guscio dell’isolamento.
Nella cornice di un racconto, i bambini scoprono quello spazio nuovo, libero, verde, dove hanno diritto di cittadinanza la fantasia e il meraviglioso, dove l’impossibile diventa possibile.
I racconti sono il modo più utile per fornire ai bambini basi di speranza e di etica .
C’era una volta , in un angolo di campagna verde e incontaminato, un laghetto di acqua limpidissima. Era un laghetto minuscolo, quasi uno stagno, ma il cielo si specchiava dentro la sua acqua pura e lo trasformava in un gioiello incastonato nel morbido tappeto dei prati.
Il sole di giorno , la luna e le stelle di notte si davano appuntamento nel limpido specchio d’acqua. I salici della riva, le margherite e l’erba delle colline tremavano di gioia per quel riflesso di cielo caduto in terra, che trasformava quel remoto angolo di mondo in un piccolo paradiso.
Ma un giorno, schiamazzando e starnazzando, arrivò sulle sponde dello stagno uno stormo di grasse e prepotenti oche. I loro imperiosi «qua, qua!» e i loro robusti becchi sconvolsero il silenzio e la pace dello specchio del cielo.
Le oche erano creature pratiche , non badavano certo al sussurro del vento e ai riflessi dell’acqua limpida. Si tuffarono a decine nello stagno e cominciarono ad arare il fondo alla caccia di cibo. «Mangiare e ingrassare» era il loro motto. Sguazzavano, sporcavano, strepitavano.
Piume e spruzzi volavano da tutte le parti. Granchiolini, pesciolini e tutti gli animaletti che vivevano nel laghetto in un battibaleno spari -
«La sorgente può forse far sgorgare dallo stesso getto acqua dolce e amara?» (Gc 3,11).
Cercherò di proporre attività riguardanti l’IRC che si possono svolgere attraverso la metodologia dell’educazione all’aperto. Per Outdoor Education (OE) si intende un approccio formativo e di ricerca caratterizzato da un’attenzione particolare verso l’ambiente esterno, inteso come ambiente di apprendimento, e la sostenibilità delle pratiche educative (continua nei ).
«Nulla è più duro di una pietra e nulla più molle dell’acqua; eppure, la molle acqua scava la dura pietra», ci ricorda Ovidio. L’acqua ha dunque qualcosa da insegnarci? La storia dell’acqua precede quella dell’uomo poiché senza di essa egli non può
nemmeno sperare di vivere. Pertanto nella semplice formula H2O è racchiuso un archetipo che può essere utilizzato per ricordare, anche ai più piccoli, l’importanza del rispetto delle regole.
Sorella acqua, umile, utile, preziosa e casta –come la definiva san Francesco d’Assisi – è anche un esempio di perfetta democrazia: essa si dona a tutti senza nessun tipo di distinzione e non esiste persona a cui provochi allergia. Inoltre rende ogni uomo responsabile secondo una regola ben precisa: se tu sprechi l’acqua o la inquini sarai anche tu a pagarne le conseguenze.
Si pensi quanto possa essere educativo per i bambini osservare un fiume che scorre, emblema della resilienza, della costanza e della coerenza delle leggi della natura.
Ricordo con piacere che durante i miei studi biblici, un professore disse che la Bibbia poteva essere raccontata anche come una storia d’acqua. L’acqua, infatti, è uno dei principali simboli biblici e la Bibbia stessa si apre con le acque della Genesi e si chiude, nell’ultimo capitolo dell’Apocalisse, con un fiume nella città. L’acqua che purifica, con il diluvio universale o con il Battesimo, e permette la vita.
Fin dalla Creazione «lo Spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque» (Gn 1,2): il Creatore separa le acque, poi le raccoglie nei mari per creare l’asciutto e ordina che le acque siano brulicanti di pe-
La progettazione 2023-2024 è a disposizione nei
Dio e l’uomo
Vivere nelle regole è necessario per raggiungere obiettivi comuni ed è per questo che nel processo di crescita interiorizzare le regole sociali è fondamentale per garantire la libertà di agire di ciascuno, ma sempre senza dimenticare che tutto ciò che ci circonda non ci appartiene di diritto, ma è un dono che va custodito, alimentato e coccolato nel rispetto di norme, regole e idee altrui (natura), anche attraverso l’uso delle parole gentili.
Indichiamo qui di seguito gli obiettivi di apprendimento e i traguardi delle competenze per il primo triennio (1-2-3 primaria) e il biennio (4-5 primaria). Abbiamo pensato di tracciare un percorso suggerendo delle idee per le attività didattiche dalle quali attingere pensando ai diversi percorsi di apprendimento dei nostri alunni e ai molti contesti culturali e sociali ai quali appartengono.
• Interagire con i compagni di classe rispettando le regole basilari di convivenza civile.
• Scoprire la bellezza dello stare insieme rispettandosi a vicenda e sviluppare sentimenti di rispetto e fiducia verso gli altri utilizzando parole e gesti gentili.
• Comprendere che, rispettando gli altri e la natura, si vive in un mondo migliore.
• Sviluppare atteggiamenti di rispetto verso la natura e gli altri.
L’alunno:
• riconosce e rispetta le regole del gruppo sociale in cui si trova;
• manifesta riflessioni sui principi di legalità (capacità di accogliere l’altro senza pregiudizi);
• sa riconoscere e mettere in pratica atteggiamenti rispettosi di sé, dell’ambiente e degli altri;
• rispetta ogni tipo di ambiente mettendo in atto delle regole.
Una nuova avventura: cresciamo insieme
L’orco e le cinque paroline
A Camporotondo, un posto non lontano ma neppure vicino, viveva un terribile orco. Era gigantesco, sporco, puzzolente e si metteva sempre le dita nel naso. Naturalmente non aveva amici e tutti quelli che lo vedevano scappavano gridando per lo spavento. Come tutti gli orchi divorava tutto quello che trovava, sbrodolandosi tutto. Si era già mangiato tutte le bestie della foresta: tutti i cervi, i bufali, i cinghiali e le lepri. Aveva abbattuto gli alberi per farsi degli stuzzicadenti e come dessert si era pappato 27 piantagioni di pesche, mele e albicocche. La gente del paese era disperata (la storia completa è a disposizione in una scheda nei ).
Questa è una storia realmente accaduta. Ascoltate bene che cosa succede in questa famiglia senza regole. Un giorno papà Lorenzo, mentre si recava al lavoro, incontrò un suo vecchio amico di scuola e, dopo essersi salutati e aver ricordato qualche aneddoto accaduto ai loro tempi sui banchi di scuola, Giovanni, l’amico, chiese a Lorenzo della sua famiglia. Lorenzo ebbe quasi un momento di smarrimento perché ricordava a malapena i nomi dei suoi figli. Che figura pensò tra sé!
È importante stare insieme condividendo e interiorizzando percorsi e traguardi basati su regole di convivenza civili adeguate al percorso di apprendimento di ogni alunno.
Ascoltate la storia «L’orco e le cinque paroline». Questo racconto ci insegna che le regole non sono limitazioni. Questo termine deriva da règere ovvero «guidare». Le regole sono quindi una guida per il comportamento di ciascuno.
Ogni bambino scrive su dei cartoncini due o tre parole gentili, le mostra alla classe e le mette in un sacchetto colorato con la scritta «Parole gentili». Quando la classe vivrà dei momenti di litigio il sacco potrà essere ripreso, così si potrà riflettere sul linguaggio utilizzato nel momento di crisi e cercare di far usare nella discussione proprio le parole gentili estratte.
Dopo una lunga giornata tornò a casa e, quando rientrò, sentì un rimbombo provenire dalla camera della figlia Viola. Bussò alla porta, ma non ci fu risposta. Allora provò a bussare alla camera del figlio e anche qui nessuna risposta. Infine entrò in cucina dove c’era mamma Martina, che fumava seduta sul tavolo sorseggiando un’aranciata fresca... Ad un certo punto Lorenzo stanco e deluso dal comportamento dei suoi familiari urlò: «Basta, da oggi in questa casa cambierà tutto!». L’urlo di Lorenzo fu talmente forte che i figli uscirono dalle loro “tane”, e lui pretese che tutti lo ascoltassero. Cominciò a dettare delle regole semplici, ma che li avrebbero resi più uniti e felici. Fino a quel giorno, infatti, ogni componente di questa famiglia si sentiva libero di agire come desiderava senza prendersi cura dell’altro. Si mangiava in orari differenti per scelta, si usciva di casa quando si voleva e si rientrava senza mai avvisarsi vicendevolmente. Insomma, una famiglia senza regole.
Immaginatevi una situazione così. Che cosa ne pensate? Vi è mai capitato di fare ciò che volete senza rispettare alcuna regola? (di Antonella Mancuso)
• Che cosa ci vuole far capire questa storia?
• Se a casa tua non ci fossero regole:,che cosa faresti?
• Secondo te, come si vive senza regole?
L’articolo continua...
la superficie, e un piccolo strappo nella fragile struttura può rendere tutto il sistema inefficiente.
Questo è il primo articolo di una serie sull’ambiente che hanno come fine illustrare alcune nozioni di ecologia individuando nel gioco lo strumento ideale perché le nozioni possano essere non solo ascoltate e apprese, ma anche vissute e applicate, seppure in modo simulato. Si vuole invitare il giocatore a vincere la più facile tendenza a essere spettatori invece che attori, e l’«educatore-insegnante» a mettersi in gioco nel confronto di alcuni argomenti che paiono semplici, ma che racchiudono profonde e attuali complessità.
Vi consigliamo di far seguire a ogni gioco-attività un momento di discussione in cui il gruppo è chiamato a esprimere impressioni, commenti e giudizi sull’attività svolta e sulle provocazioni offerte dal momento ludico.
L’ecologia applica il concetto di sistema: esso è caratterizzato dallo studio delle singole componenti di un insieme e delle mutue relazione tra queste. Per semplicità possiamo discriminare tra ambiente naturale e umano, ma nella realtà non è così, in quanto ambedue fanno parte di un unico grande complesso sistema e obbediscono alle stesse leggi ecologiche. Al pari di una ragnatela, basta un piccolo impatto in una sua parte perché questo venga avvertito su tutta
Per illustrare un ecosistema non possiamo limitarci a descrivere i suoi componenti, prendendoli separatamente. Potremmo infatti correttamente descrivere un «bosco», ad esempio, come una collina coperta di alberi, sui cui piove molto, con un certo numero di cervi e lepri, e dove si raccolgono parecchi funghi e more. A un cacciatore tale descrizione sarebbe sufficiente, ma abbiamo in questo modo descritto una località e non un ecosistema.
La conoscenza di un ecosistema naturale parte senza dubbio dall’analisi dei suoi costituenti fisici (l’acqua, il terreno, il clima) e viventi (animali, vegetali), ma non può prescindere dal considerare le relazioni che tra questi intercorrono.
Uno stagno si differenzia da una boccia con i pesci rossi principalmente perché nella pozza d’acqua naturale i diversi componenti – viventi e non –sono in stretto contatto e instaurano tra loro una fitta rete di scambio di energia e di materia che influenza non solo i soggetti interessati, ma l’ecosistema nel suo complesso. Mentre, per quanto possiamo nutrire i nostri poveri pesciolini rossi, non potremmo mai definire il risultato come ecosistema naturale. Il cibo che diamo ai pesciolini, infatti, non fa parte dell’ecosistema, ma arriva dall’esterno.
La differente combinazione dei fattori climatici e minerali (luce, calore, umidità, suolo, aria) dà origine a un grande numero di ambienti (pensia-
A«Penso che dobbiamo prendere la Madonna con noi e insieme a Lei andare alla ricerca dei bambini, dei giovani, per portarli a casa» (Madre Teresa di Calcutta).
Il nuovo percorso di educazione alla Pace e all’Amicizia proposto dal Sermig-Arsenale della Pace trae ispirazione da una lettera ricevuta personalmente da Ernesto Olivero e scritta da Madre Teresa di Calcutta, una donna proclamata Santa pochi anni fa da Papa Francesco, che ha segnato la storia recente del mondo con il suo esempio di amore e di carità. Le tante iniziative promosse direttamente o indirettamente dalla Fraternità della Speranza in Italia e nel mondo, per i bambini e per i giovani, vogliono mantenere fede al mandato ricevuto da Madre Teresa e da altre importanti personalità che il Sermig ha incontrato nel corso della sua storia, nella volontà di continuare a essere un segno concreto di speranza per la vita di tante persone. Il percorso, che si ritiene maggiormente adatto alla scuola primaria, vuole portare i bambini in una dimensione intima e personale, con l’obietti-
vo primario di stimolare pensieri e riflessioni sul sé e sull’altro, aiutando i piccoli partecipanti a sviluppare un forte senso di appartenenza comunitaria a partire dal processo identitario che gli permette di percepirsi come singoli individui, unici e speciali. Per tutta la vita saranno sospesi nella necessità di una mediazione continua tra il bisogno di individuazione della persona e il bisogno sociale di coesione, il necessario riconoscimento di una dimensione individuale ed esclusiva e l’esigenza vitale di essere insieme ad altre persone.
Il concetto di « casa », evocato da Madre Teresa, diventa «centrale» in questo percorso, perché è s olo dopo aver sperimentato una sensazione emotiva profonda di protezione , sicurezza e fiducia, che diventa possibile aprirsi agli altri e ai loro bisogni, in un’ottica di restituzione dell’amore che si è ricevuto. Nell’esperienza di dare ospitalità a centinaia di migliaia di persone presso gli Arsenali nel mondo, l’ accoglienza emerge prima della dimensione materiale, c’è una componente primaria e fondamentale della persona a livello affettivo: essere soli è la forma più grave di povertà; tante forme di disagio e di esclusione derivano dall’ isolamento e dalla distanza che si crea tra un individuo e la rete dove dovrebbe trovare protezione, a partire dal disfacimento del sistema familiare nella società attuale.
Sfogliando il libro della Bibbia ci si accorge subito che la parte più corposa è indicata col nome di «Antico Testamento». Ad esso segue un «Nuovo Testamento». Così è chiamata quella parte della Bibbia che parla di Gesù. Prima di addentraci nel rapporto tra queste due parti della Sacra Scrittura, è utile domandarsi: a che cosa fa riferimento la parola «testamento»?
Nella lingua italiana di oggi il termine rimanda inequivocabilmente al documento con cui una persona stabilisce le sue ultime volontà o la disposizione dei propri beni dopo la sua morte. L’uso nella Bibbia non sembra rientrare in questa accezione specifica. Il campo semantico più appropriato nel contesto biblico va indagato a partire dalle traduzioni antiche. L’italiano che indica oggi le due parti della Bibbia deriva dalla parola latina testamentum. È facile osservarne la somiglianza nel suono e nella grafia. In qualche modo anche il significato in latino include il rimando alle questioni ereditarie. Più che altro, è la traduzione
della parola greca diatheke, a sua volta traduzione dall’ebraico berit. In greco il termine indica, in primo luogo, una disposizione, cioè un ordine, un atto legale. Poi, naturalmente, anche la disposizione testamentaria. Ecco che dal greco comincia ad affiorare l’area propria della parola: è l’accordo legale! In ebraico la parola fa riferimento a un particolare accordo, legalmente stabilito, che prende il nome di alleanza! Risalendo dunque di lingua in lingua fino all’uso nel testo in ebraico si arriva al cuore del nome. La traduzione in italiano che meglio rispecchierebbe il senso originale del termine dovrebbe dunque essere «antica» e «nuova» alleanza. Il termine «testamento», però, ha ormai assunto un senso tecnico, un uso specifico per indicare proprio le due parti in cui si divide la Bibbia cristiana. Quindi, nel rispetto della tradizione, possiamo continuare a leggere «testamento», consapevoli dell’importanza di pensare ad «alleanza».
Il concetto di alleanza è fondamentale nel suo legame con la Bibbia come Parola di Dio. I libri sacri narrano della relazione che Dio inizia a instaurare e tenacemente mantiene con il popolo di Israele. Il racconto biblico mostra chiaramente l’iniziativa di Dio che, fin dalla Creazione, va alla ricerca dell’uomo, avvia il dialogo, invita gli uomini e le donne a vivere nella sua amicizia, anzi sotto
Che cosa significa e a che cosa fa riferimento
scuno evidenzierà un aspetto di Gesù; forse più di uno metterà in luce la sua bontà: «Gesù era molto buono». Da qui possiamo partire per il nostro percorso. Domandiamo:
• Che cosa significa che Gesù era «molto buono»?
Iniziamo con questo numero una serie di contributi che si collocano all’interno dei Laboratori di classe o di interclasse, cioè di quelle situazioni educative in cui convivono la partecipazione diretta dell’alunno, per sperimentare e produrre risultati, con il lavoro socializzato e in cui l’insegnante riveste il ruolo di guida, ricerca e individuazione di adeguati materiali di supporto. È una metodologia di apprendimento attivo in cui l’alunno diviene protagonista del proprio apprendere e una proposta che si pone sul versante dell’operatività didattica propria dell’insegnante. Da un lato vi è la convinzione che l’arte sia una delle vie privilegiate per comunicare i contenuti fondamentali della Religione Cattolica, dall’altro la persuasione che essa possa contribuire a far maturare e manifestare competenze richiamate dal PECUP.
L’esperienza dimostra che molti bambini giungono a scuola senza aver quasi mai sentito nominare Gesù. Sarà opportuno lasciare loro la possibilità di parlare a lungo, così l’insegnante si renderà conto di che cosa essi già sanno e, soprattutto, di «come» lo sanno. Probabilmente cia-
• Quand’è che diciamo che una persona è molto buona? (quando è disponibile, gentile, generosa, accogliente, sa ascoltare, aiuta tutti, ecc.).
• Quando ti dicono che sei buono? Chi te lo dice?
• Gesù era davvero molto buono. Come facciamo a saperlo? Chi ce lo ha raccontato? A voi, chi lo ha raccontato? (i genitori, i nonni, la suora, il sacerdote, il catechista, ecc.).
• Sapete che c’è un libro che racconta la vita e le opere di Gesù? Qualcuno ha sentito parlare del Vangelo?
Per ora non è necessario soffermarsi sul testo biblico, su come è nato, sulla sua storicità: è preferibile rimandare il discorso a momenti o anni successivi, limitandosi a dire che è stato scritto tanto tempo fa da amici di Gesù che hanno voluto raccogliere i fatti della sua vita affinché tutti potessero conoscerlo, anche coloro che sarebbero nati tanti anni dopo di Lui, proprio come noi. Per dare l’idea di quanto tempo sia passato sarà sufficiente scrivere la data di oggi alla lavagna: quanti anni sono trascorsi? Proprio tanti!
Poiché il rischio di far scivolare Gesù nel mondo delle fiabe è sempre dietro l’angolo, sarà opportuno contestualizzare la sua figura, presentando il Paese in cui è nato con le sue usanze e le sue tradi-
Il rientro a scuola dopo le vacanze estive nella Primaria spesso è un po’ traumatico. Capita che gli alunni, dopo quasi tre mesi lontano dai banchi di scuola, abbiano dimenticato alcune regole di comportamento. Si può, dunque, rispolverare queste norme promuovendo lo sviluppo delle intelligenze emotive che sono assopite tra i nostri alunni.
Lo psicologo statunitense Daniel Goleman iniziò già negli anni Novanta a occuparsi dell’intelligenza emotiva individuando cinque pilastri sui quali essa si basa: consapevolezza di se stessi; motivazione; empatia; abilità sociali (quali competenze comunicative, leadership , soluzione dei conflitti e dei problemi, capacità di prendere decisioni); autocontrollo.
Indubbiamente si tratta di elementi che contribuiscono alla formulazione e al rispetto delle regole – nello specifico – a scuola.
Durante l’ora di IRC è possibile agire in modo che i nostri alunni mettano in campo le loro intelligenze emotive e inventino un regolamento di classe. L’esempio di Gesù, campione di intelligenza emotiva, corre in nostro aiuto.
Al capitolo 22 del Vangelo di Matteo troviamo un brano che ci offre, a tal proposito, parecchio materiale su cui riflettere. Dare a Cesare ciò che è di Cesare, come dice Gesù, significa riconoscerne l’autorità, restarvi sottomessi e tenere conto di essa con lealtà.
Sull’altro piatto della bilancia, però, c’è il riconoscere «ciò che è di Dio». Ed è di Dio la persona umana, perché l’uomo, non Cesare, è l’immagine di Dio (cf Gn 1,26-27). Gesù, dunque, riconosce il potere della polis, ma ponendo un limite: le leggi dell’uomo vanno rispettate se essere rispettano la libertà e la dignità di ogni uomo. La posizione di Gesù è sicuramente rivoluzionaria rispetto al mondo antico, che concepiva il potere politico in modo teocratico.
A Cesare, dunque, va pagato il tributo, ciò che deriva dal suo potere; ma ciò che appartiene a Dio, la vita umana, va data a Dio. E quando le due autorità entrano in conflitto, occorre ricordare le parole degli Apostoli: «Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini» (At 5,29).
L’esempio di Gesù aiuta gli alunni a comprendere che la legge è necessaria per regolare la convivenza tra gli uomini, ma esiste un modo per comprendere se essa sia giusta e meriti rispetto: nessuna legge, infatti, ha il diritto di togliere umanità all’uomo, in quanto «effige» di Dio.
ri, trasversali, professionali e volti alla partecipazione attiva degli studenti. (Fiorin, 2016)
Il Service Learning (SL) potrebbe definirsi « una proposta pedagogica che permette a bambini, adolescenti e giovani di sviluppare le proprie conoscenze e competenze grazie a una pratica di servizio solidale nei confronti della comunità. È una pedagogia che può essere utilizzata sia nell’ambito dell’educazione formale che nei diversi spazi dell’educazione informale che possono offrire le organizzazioni giovanili e la società civile . (…) Un’attività educativa che prospetta l’acquisizione di conoscimenti congiuntamente all’applicazione delle materie di studio e alla messa in gioco di attitudini e valori per mezzo della realizzazione di un servizio pensato per soddisfare le necessità della cittadinanza» (cf Tapia, María Nieves , Educazione e solidarietà. La pedagogia dell’apprendimento-servizio , ed. Citta Nuova ).
Non si tratta di una semplice collaborazione scuola/territorio, ma di una vera e propria interazione con i destinatari del progetto, creando così un circolo virtuoso tra apprendimento (learning) e servizio solidale (service). Si tratta di un approccio pedagogico che permette di realizzare percorsi di apprendimento in contesti di vita reale, finalizzati allo sviluppo di competenze disciplina-
Il Service Learning non è né una materia d’insegnamento, né un’attività di volontariato, ma, per l’insegnante, è un modo di fare scuola utilizzando il curricolo come strumento di educazione alla cittadinanza e, per l’alunno, è un modo di apprendere attraverso e grazie all’ azione solidale messa in campo (cf Italo Fiorin, Oltre l’aula, Mondadori, Milano, 2016) (inquadra il QR code oppure, nei , «Pagina dei link», clicca sul link per intervista sul Service Learning , secondo Italo Fiorin).
Volendo riassumere i tratti distintivi, ricavandone una sorta di «carta di identità» didattica, i tratti caratterizzanti del SL lo presentano come: curricolare, orientato alla ricerca, focalizzato sulle competenze, interdisciplinare, orientato all’apprendimento significativo, collaborativo, partecipato, responsabilizzante, trasformativo (nei sono a disposizione i dettagli).
La proposta del SL si rivolge alla persona nella sua integralità, promuovendo lo sviluppo della mente (la testa ben fatta), della mano (la competenza nell’azione) e del cuore (la disponibilità verso gli altri, la solidarietà). La responsabilizza-
Carissimi lettori, come mamma, insegnante, dirigente scolastico e presidente regionale Fidae (Piemonte e della Valle d’Aosta) ho sempre messo passione in ciò che faccio. Intensa. Negli impegni presi e incarichi ricoperti a fare la differenza sono sempre stati gli incontri . Le persone e le loro storie hanno la forza di trasformare. Aprire orizzonti di pensiero. Visioni e immaginazioni. Creare prospettive. Con questa nuova rubrica intendo presentarvi prospettive da più voci All’immaginazione ci penserete voi!
Virginia Kaldich, Presidente Fidae Nazionale, puoi raccontarci che cos’è la Fidae?
La FIDAE nasce nel primo dopoguerra, nel 1945, con l’idea di rappresentare le Scuole Cattoliche primarie e secondarie dipendenti o riconosciute dal Vaticano e dalla CEI. Proprio dalla FIDAE sono nate, nel corso degli anni, altre associazioni e federazioni che si sono via via specializza -
te in alcuni settori, come la FISM per le scuole materne, l’AGIDAE per le questioni contrattuali e finanziarie e l’ AGESC legata alla componente genitoriale. La FIDAE, pur avendo modificato lo Statuto nel 1971, non ha mai perso di vista la sua azione principale, volta a promuovere e aiutare la scuola cattolica in Italia e, soprattutto negli ultimi decenni, a promuovere la libertà di scelta educativa nel nostro Paese.
Libera scelta educativa: una battaglia ancora aperta? Perché?
L’Italia purtroppo gode di un triste primato che la relega in fondo a una classifica europea, superata solo dalla Grecia, per la mancata libertà di scelta educativa che le famiglie hanno. Pochi mesi fa abbiamo assistito allibiti a un dibattito surreale da parte di alcuni parlamentari che hanno protestato in aula per il ripristino di un fondo di 70 milioni destinato agli studenti con disabilità delle scuole paritarie. È solo uno degli ultimi fatti di cronaca per descrivere la disinformazione costante che viene alimentata nei nostri confronti, una disinformazione figlia di tanta disinformazione, di prese di posizione che non tengono conto dei fatti, ma di luoghi comuni difficili da eliminare, quelli che dipingono le paritarie cattoliche, ad esempio, come degli istituti riservati solo ai ricchi quando molto spesso, soprattutto in zone difficili, si tratta degli unici presidi educativi esistenti. Ecco perché
Insegnante
L’estate è per molti «tempo di viaggio», ma non per tutti. E poi è impossibile recarsi di persona ad ammirare ogni meraviglia del mondo! Oggi però la tecnologia ci consente di avvicinare virtualmente qualsiasi luogo, di osservarlo a 360 gradi, girandolo quasi come se fossimo realmente lì. Usando i supporti presenti in aule fornite di LIM o proiettore, tablet o pc, diventa curioso e piacevole realizzare un tour con i ragazzi, non solo spettatori, ma protagonisti delle scelte.
I siti sono raggiungibili tramite i link presenti nella «Pagina dei link» nei o inquadrando il QR code a lato.
Un volo in Terrasanta
Nel nostro viaggio ci sembra doveroso iniziare dai luoghi d’origine della nostra religione. Ci colleghiamo al sito. Per qualche secondo compare un’immagine con le istruzioni di movimento, a seconda che si usi il mouse di un PC o il tablet. E subito dopo ci troviamo a contemplare, come Mosè, la Terra promessa dal monte Nebo. L’immagine è in movimento, ma noi possiamo spostare e fissare il punto di osservazione. In basso al centro abbiamo alcuni comandi, tra cui l’apertura della mappa geografica (icona «mondo») per vedere in tempo reale la collocazione nella regione.
Il sito contiene 84 immagini, selezionabili aprendo il menù a tendina presente al centro in alto. Sono scritte in inglese, ma facilmente intuibili. Alcune ci riportano alle atmosfere vissute da Gesù: il Battesimo nel fiume Giordano (Jordan River), la traversata del lago di Tiberiade (Sea of Galilee), un sicomoro simile a quello su cui salì Zaccheo (Sycamore Trees), il cenacolo (Last Supper Room), l’orto degli Ulivi (Garden of Gethsemane). Altre ritraggono i luoghi fondamentali della sua vita, luoghi di culto nella storia fino a oggi: la nascita (The Star of Bathlehem), la crocifissione (Calvary), la Risurrezione (Resurrection Tomb of Jesus) e molti altri episodi narrati dai Vangeli. Notiamo la varietà di elementi architettonici e artistici dovuta alla gestione delle varie confessioni cristiane.
Eg. prof. Cicatelli, da tre anni nella mia scuola viene trattato, nell’ora per l’Alternativa, il tema delle tradizioni popolari; i docenti preposti chiedono rinnovamento. Possono essere sviluppati temi come i valori, l’affettività, il bene comune? La ringrazio e la saluto.
La scelta dei contenuti dell’Alternativa è un problema su cui non si è mai riflettuto abbastanza e le varie soluzioni adottate corrispondono più al sentire di qualche gruppo di docenti che alle esigenze poste dal sistema. La situazione descritta, in cui la domanda di cambiamento viene proprio dai docenti e non – come dovrebbe essere – dagli alunni, mostra quale sia la realtà. Vige sempre la prescrizione (CM 368/85) di non trattare argomenti curricolari, per l’ovvia discriminazione a carico degli avvalentisi che perderebbero occasioni interessanti di apprendimento. La proposta più equilibrata sarebbe una tematica religiosa (storia delle religioni o della libertà religiosa o del dialogo interreligioso) per rimanere nella stessa area tematica e dare concretezza al fatto che la Repubblica riconosce il valore della cultura religiosa (l’affermazione ricorre nel Concordato, ma impegna in generale lo Stato nei confronti di qualsiasi espressione di cultura religiosa). Spesso prevale invece il desiderio di offrire proprio qualcosa di completamente non religioso per essere veramente «alternativi». In realtà, l’attuale vastità di contenuti previsti per l’Educazione civica rende pressoché impossibile trovare un argomento
che non vi rientri. L’importante è prestare la dovuta attenzione alla programmazione del lavoro didattico, cercando di evitare accuratamente sovrapposizioni con altre tematiche curricolari e ricordando sempre l’attrazione che tali contenuti potrebbero esercitare sugli avvalentisi e dunque condizionare la loro scelta sull’IRC, come la Corte costituzionale ha raccomandato fin dal 1989.
Gentile dott. Cicatelli, vorrei sapere come devo comportarmi per la partecipazione ai Consigli di Classe straordinari per motivi disciplinari di alunni non avvalentisi. Devo partecipare? Se sì, posso votare? Grazie infinite.
A norma dell’Intesa vigente (Dpr 175/12, 2.8) «gli insegnanti incaricati di Religione cattolica fanno parte della componente docente negli organi scolastici con gli stessi diritti e doveri degli altri insegnanti, ma partecipano alle valutazioni periodiche e finali solo per gli alunni che si sono avvalsi dell’insegnamento della Religione cattolica». Pertanto, dal momento che un provvedimento disciplinare è una particolare forma di valutazione (relativa al comportamento), l’IdR non è tenuto a partecipare alle decisioni su provvedimenti disciplinari che si applicano ad alunni non avvalentisi. Se anche dovesse partecipare alla riunione dell’organo collegiale, convocata anche per discutere altri argomenti, non deve votare sul provvedimento che interessa un alunno che non si avvale dell’IRC.
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