Dimenticare l'architettura

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ammissione, provenienti da tutto il mondo, furono oltre duemila. Anche Loos invia da Parigi la propria proposta progettuale, una tra le più enigmatiche e controverse dell’intera sua opera: una gigantesca colonna dorica di granito nero levigato, che aveva evidentemente recepito alla lettera l’invito del bando ad “erigere il più bello e distinto palazzo di uffici del mondo”. Per Loos, dunque, la priorità era quella di costruire un edificio che riuscisse a legarsi profondamente con l'immagine della città di Chicago, così come la cupola di San Pietro è legata all'immagine di Roma e la Torre pendente a quella di Pisa. L’attenzione dei numerosi architetti europei che prendono parte alla competizione – solo per citarne alcuni, i tedeschi Walter Gropius (1883-1969), Adolf Meyer (1881-1929), Ludwig Hilberseimer (1885-1967), Bruno Taut (1880-1938) e Max Taut (1884-1967), Hans (1890-1954) e Wassili Luckhardt (1889-1972), il finlandese Eero Saarinen (1910-1961) – si focalizza proprio sulla definizione tipologico-formale di un oggetto urbano capace di imporsi sulla percezione distratta della metropoli. Il 3 dicembre 1922 vengono annunciati i primi tre progetti classificati, rispettivamente il primo premio va a Hood & Howels, il secondo a Eero Saarinen ed il terzo, infine, a Holabird & Roche. Il progetto vincitore rappresentava l’espressione gotica del grattacielo americano dove scompariva la suddivisione orizzontale per lasciare spazio alla percezione di un oggetto unitario e monolitico, sorretto da otto enormi contrafforti che diventavano il simbolo sia del Tribune che della città di Chicago. La proposta di Loos rappresenta una sorta di lezione di storia unita ad una buona dose di ironia. Se negli studi preliminari fu sviluppata una torre con base quadrilatera, Fig. 46.

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Adolf Loos, progetto per il Chicago Tribune, 1922.


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