sciò un esemplare di canson vinoira originale ed efficace: egli suppose un bevitore senza paura e senza scrupoli, di colui che beve non per vizio, ma per elezione, con gusto e con criterio. Creò il personaggio di Giacomo Tross, simbolo di perenne giovinezza che giunto alla fine dei suoi giorni, detta il suo testamento viticolo, una vera e propria canzone che così inizia: “Se muoio mi raccomando mi seppelliscano in una cantina dove siano raccolte molte botti colme di vino” e termina: “mi scrivano con il vino sul marmo questo epitaffio: “È qui disteso nella fossa quel povero Giacomo Tross, perché una sola volta, invece d’andare giù in cantina, è andato a bere al pozzo. Prendete tutti da me l’esempio a non bere mai l’acqua, perché cosa pesante, che infracida l’intestino”. Giacomo Casalegno nel Festegioma la vendemmia si figurava Bacco che cercando un bel sito per piantarvi viti, avesse scelto i colli del Piemonte: “Fra gente sincera voglio piantar la mia barbera, le più belle ragazze da marito voglio che diventino vendemmiatrici”. Nino Costa nel suo poemetto dedicato al Monferrato tributò un canto al mosto: “Cantiamo la gioia del barbere: barbere nere, vino senza confronto, che portano nei paesi stranieri la forza delle colline del Piemonte; una forza rude ma sincera, come la nostra gioventù paesana. Il mosto nella cantina gorgoglia e borbotta, racconta una storia e canta una gloria”. Sempre Costa nel finale di una canzone: “Coraggio vendemmiatrici moscatelle, tempo di vendemmia, tempo d’allegria. Tra i filari c’è sempre il posto di
107