PrimoPiano_Vol2

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SEZIONE 1: Da Augusto a Marco Aurelio

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CHI ERA, DAVVERO, AUGUSTO? Ottaviano Augusto rimase sempre un uomo modesto, che accettava con umiltà critiche e consigli. Non riusciva a gustare la gioia del comando, ma aveva un carattere deciso e una formidabile capacità di ragionamento. Nei 44 anni del suo governo lavorò instancabilmente; si sobbarcò un numero enorme di cariche e adempì ai suoi doveri con il massimo scrupolo. Giudicò centinaia di cause, progettò piani di campagne in lontani paesi, comandò legioni e governò province, le visitò quasi tutte (lui che amava una vita tranquilla), occupandosi fin nei particolari dell’amministrazione dello Stato. Non godeva di buona salute: i reumatismi, fin da giovane, lo facevano lievemente zoppicare; un irrigidimento artritico gli rendeva difficile l’uso della mano destra. Soffriva d’insonnia e pativa il freddo: d’inverno si aggirava coperto da un copricapo di lana, con

panni per ripararsi le gambe e una toga pesante. Aveva i capelli color della sabbia, sopracciglia scolorite, occhi chiari e penetranti. L’espressione del viso era calma; parlava con voce tranquilla, un po’ stridula. Mangiava poco, cosa non comune fra i romani, e cibi semplicissimi: pane, formaggi, pesce e frutta. Non spezzava questa dieta per nessuna ragione: quando nel suo palazzo (la casa della moglie Livia, sul Palatino) si allestiva un banchetto, il principe cenava da solo, o prima o dopo tutti gli altri. Quando Augusto giunse al potere, tra i romani, stanchi di guerre civili, il desiderio di pace era enorme. Il principe ebbe dunque buon gioco nel proporsi come colui che aveva riportato a Roma la tranquillità e la sicurezza. Egli istituì anche il culto di una nuova divinità, la dea Pace, innalzandole un monumento, l’Ara Pacis, che celebrava soprattutto il suo ruolo di pacificatore.

la sua persona diveniva sacra e inviolabile (sacrosanctitas). Augusto si fece infine attribuire la carica religiosa di pontefice massimo, molto importante agli occhi dei romani. LE PAROLE DELLA STORIA IMPERATORE La parola deriva da imperium, “potere”, che implicava anche la possibilità, per chi lo esercitava, di costringere a obbedire con la forza. Al tempo della repubblica romana imperator era un titolo onorifico concesso ai generali dopo una grande vittoria, di solito per acclamazione dell’esercito; la stessa persona poteva quindi riceverlo più volte (Pompeo lo ebbe tre volte). Invece Cesare assunse stabilmente il titolo di imperator, aggiungendolo al proprio nome (Caius Iulius Caesar imperator), indicando così la sua prerogativa principale: detenere il comando supremo e permanente dell’esercito. Da Augusto in poi, tutti i principi assunsero stabilmente il titolo di imperator, perché tutti erano capi supremi dell’esercito. Alla lunga “imperatore” soppiantò il titolo di “principe” e venne a indicare il capo sia politico sia militare dello Stato romano. Nell’età medievale e moderna l’imperatore è il sovrano di uno Stato (un impero) che comprende più Paesi e più popoli, come l’impero di Carlo V d’Asburgo (XVI secolo), o di Francesco Giuseppe (1848-1916), che fu l’ultimo imperatore dell’Austria-Ungheria.

Statua di Augusto nelle vesti di pontefice massimo.

Dalla repubblica al principato Nel suo operato, Ottaviano ebbe sempre cura di mostrarsi fedele alla repubblica; in pubblico affermò sempre di volerla restaurare o rifondare, dopo che era stata messa in pericolo dalle guerre civili. In effetti, egli acquisì tutti i poteri facendoseli sempre assegnare nel rispetto delle leggi e delle tradizioni. Inoltre, malgrado il grande potere che aveva, si sforzò di ottenere a ogni passo il consenso del senato. C’era però una differenza sostanziale rispetto al passato: i poteri consegnati ad Augusto venivano, adesso, a concentrarsi su un unico individuo. Tale confluenza di prerogative faceva di lui una sorta di principe, o, come più tardi si chiameranno i suoi successori, di imperatore (imperator), termine che fino ad allora aveva definito il magistrato (normalmente il console) che deteneva il comando supremo dell’esercito. Dunque, benché restaurata in teoria, in pratica la repubblica era scomparsa, dato che


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