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Sezione 2

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4 La società dorica: il potere del re e il lavoro dei campi Omero: Iliade, IX, 94-101; Odissea, XXIV, 203-217 Leggiamo queste due brevi sequenze poetiche, tratte dai poemi omerici (la prima dall’Iliade, la seconda dall’Odissea), utili per documentare le condizioni politiche, sociali ed economiche vigenti al tempo della società dorica. Va infatti ricordato che la società degli achei, a cui Omero si riferisce, non è la società micenea: in realtà riflette una fase successiva, ovvero il lungo periodo della Grecia arcaica conosciuto come «età buia» e dominato dai dori. Di questa fase proprio l’Iliade e l’Odissea costituiscono, per noi, i migliori testimoni.

A. IL POTERE DEL RE (Iliade IX, vv. 94-101) Il vecchio Nestore [...] parlò con saggezza e disse: «Gloriosissimo Agamennone1, signore degli uomini, tu sei signore di molti popoli. Zeus ti ha dato lo scettro, ti ha dato le norme del diritto divino, affinché tu decida. Tocca a te parlare, a te ascoltare e anche seguire il consiglio di un altro, quando il suo cuore l’abbia spinto a parlare per il bene. A te spetta decidere quello che è meglio; farai tuo ciò che un altro ha iniziato». B. LA PROPRIETÀ DELLA TERRA E IL LAVORO DEI CAMPI (Odissea XXIV, vv. 203-217) Usciti dalla città, rapidamente giunsero al campo di Laerte2, bello e ben coltivato, che un tempo egli stesso aveva acquistato e lavorato con grande fatica. Qui era la sua dimora e tutt’intorno correva una tettoia dove mangiavano e dormivano i pochi servi necessari al lavoro. Vi era anche una vecchia donna della Sicilia che di lui si prendeva cura in campagna, lontano dalla città. Disse allora Odisseo3 ai servi e a suo figlio: «Voi ora entrate nella dimora ben costruita e per il pranzo uccidete il maiale più grasso; io intanto andrò a vedere se mio padre mi riconosce, guardandomi». 1. Agamennone: re di Micene, è il capo della spedizione militare a Troia, cui partecipano altri re e principi greci. 2. Laerte: padre di Ulisse ed ex sovrano dell’isola d’Itaca; aveva poi abdicato a favore del figlio Ulisse. 3. Odisseo: Ulisse.

Analizziamo il testo • La figura del re greco, diversamente da quelle del faraone e dei sovrani dei regni mesopotamici, non è ammantata da un’aura divina, né possiede le prerogative di un’autorità assoluta e indiscutibile. Il re, è vero, è legittimato dal volere di Zeus, come leggiamo nel primo passo, e anche le «norme del diritto», come afferma il vecchio Nestore, possiedono un’origine «divina». Tuttavia il basiléus, il sovrano, appare di solito agire nel contesto più vasto dell’assemblea di nobili; gli appartengono il potere e la responsabilità del governo, come sempre Nestore sottolinea («A te spetta decidere quello che è meglio»); ma egli non fa che «proseguire» ciò che altri hanno «iniziato»: il re, insomma, dà compimento dunque a iniziative che sono comuni. • Dal secondo passo ricaviamo invece uno squarcio interessante sulle caratteristiche anche economiche della società dorica. Essa è fondata sulla coltivazione dei campi e sull’allevamento (come si evince dal riferimento al maiale più grasso). Il re non è un signore assoluto di tutte le terre e gli uomini che le abitano (come accadeva nell’antico Egitto); infatti qui si dice che Laerte, l’ex sovrano di Itaca, «aveva acquistato» la sua casa e che coltivava «con grande fatica» il suo podere, con l’ausilio di pochi servitori e una sola schiava domestica. Va ricordato che i «servi», a quell’epoca, erano di solito prigionieri di guerra oppure contadini indebitatisi e ridotti, quindi, in schiavitù dal creditore.


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