Sezione 2
79
13 L’INVASIONE DEI LONGOBARDI NEL RACCONTO DI PAOLO DIACONO Paolo Diacono, Storia dei Longobardi, libro II passim Il brano è tratto dalla Historia Langobardorum (“Storia dei Longobardi”) di Paolo Varnefrido, detto Paolo il Diacono, scritta nel 774, nell’epoca, cioè, in cui i franchi avevano abbattuto il regno longobardo. Si tratta in ogni caso di un documento storico di grande importanza, trattandosi dell’unica fonte storica diretta in nostro possesso che ci parli dell’invasione dei longobardi nella penisola italica e del primo periodo del loro dominio. I longobardi, sotto la guida di Alboino, entrarono in Italia nel 568.
I longobardi, pertanto, abbandonata la Pannonia, con le mogli e con i figli e ogni masserizia avanzano verso l’Italia per impadronirsene. Avevano abitato la Pannonia per 42 anni; ne uscirono in aprile [...], due giorni dopo la Pasqua, [...] quando già erano trascorsi 568 anni dall’Incarnazione di Nostro Signore. Re Alboino dunque con tutto il suo esercito e con una moltitudine di popolo, uomini e donne, giunse ai confini dell’Italia [...]. Di qui Alboino, entrato nei territori della Venezia, che è la prima provincia dell’Italia, senza alcun ostacolo s’impadronì di Cividale del Friuli [...]. Alboino conquista intanto Vicenza, Verona e altre città della Venezia [...]. Penetrato in Liguria, [...] il 9 novembre [569], al tempo dell’arcivescovo Onorato, Alboino entrò in Milano. Quindi conquistò tutte le città della Liguria, eccezione fatta per quelle che sono poste sulle rive del mare [...]. Frattanto Alboino, spintosi avanti, dilagò ovunque, fino alla Toscana, esclusa Roma e Ravenna e alcuni castelli che erano posti sulle rive del mare. Non c’era allora valore che i Romani1 potessero mostrare per resistergli, poiché la pestilenza scoppiata sotto Narsete2 [561] aveva fatto strage in Liguria e nella Venezia, e un’eccezionale carestia aveva mietuto gran vittime per tutta l’Italia. Inoltre Alboino aveva condotto con sé una moltitudine di gente presa da popoli diversi, che o gli era stata offerta da altri re o egli stesso aveva sottomesso, onde ancora oggi molti villaggi dai loro abitatori si chiamano gepidi, bulgari, sarmati, pannonici, svevi, norici o con nomi di questo genere [...]. [Dopo la morte di Alboino] i longobardi d’Italia con decisione unanime si diedero a Pavia3 come re Clefi, uomo di nobilissima stirpe. Questi mandò a morte con la spada molti potenti romani, altri li cacciò dall’Italia [...]. In questo periodo molti nobili romani furono uccisi per cupidigia delle loro ricchezze. Gli altri, spartiti fra i conquistatori, furono fatti tributari4 e dovettero pagare ai longobardi la terza parte dei loro raccolti. Per opera di questi duchi, sei anni dopo la venuta di Alboino e della sua gente, spogliate le chiese, uccisi i sacerdoti, rase al suolo le città, sterminate le popolazioni, gran parte dell’Italia [....] fu occupata e posta sotto il giogo dei longobardi. 1. i Romani: intende genericamente gli abitanti dell’Italia. 2. pestilenza... Narsete: nel 561. Narsete era il generale di Giustiniano, che aveva concluso la guerra contro gli Ostrogoti. 3. a Pavia: siamo nel 572. 4. furono fatti tributari: dovevano cioè pagare un tributo, una tassa annua ai dominatori.
Analizziamo il testo • All’inizio del documento Paolo Diacono presenta i longobardi in marcia «con le mogli e con i figli e ogni masserizia»: dunque non si tratta di una invasione ostile, ma del trasferimento di un intero popolo con la finalità di un insediamento duraturo in Italia. • L’autore prende poi in esame la reazione dei bizantini (romani), che, presi di sorpresa, non oppongono resistenza. Questa mancata reazione è il frutto dei vent’anni di guerra greco-gotica (535-553), che avevano completamente dissanguato l’Italia. Le uniche sacche di resistenza («aveva fatto strage in Liguria e nella Venezia»)