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Sezione 2

19 Cesare passa il Rubicone Plutarco, Vita di Cesare, 32 La guerra civile iniziò nel 49 a.C., nel momento in cui Cesare attraversò con l’esercito il fiume Rubicone, che segnava il confine fra la Gallia Cisalpina e l’Italia propriamente detta. Il breve corso d’acqua, che sfocia nell’Adriatico a nord di Rimini, segnava il termine, stabilito in precedenza da Silla, entro cui un generale era obbligato a lasciare il comando dell’esercito: attraversare il fiume con i soldati in armi, come fece Cesare nel gennaio del 49 a.C., costituiva una dichiarazione di guerra allo Stato romano. In questa pagina lo storico greco Plutarco rivela il movente nascosto e descrive le reazioni di Cesare nel momento in cui decise di compiere quel gesto di rottura.

Come divenne buio, si alzò ed uscì, non senza aver salutato affettuosamente tutti i presenti e averli esortati ad attenderlo, finché fosse tornato. Ma aveva già preavvertito un piccolo gruppetto di amici di seguirlo, non tutti insieme, ma ognuno per una via diversa. Montò su una vettura a due cavalli che aveva noleggiato e prese dapprima un’altra strada; a un certo punto deviò in direzione di Rimini, finché giunse al fiume che segna il confine fra la Gallia Cisalpina e il resto dell’Italia (il suo nome è Rubicone). Quanto più si avvicinava il momento fatale, tanto più si sentiva turbare dalla gravità di ciò che stava osando, e la riflessione sottentrava all’ardimento. Rallentò la corsa dei cavalli, poi ne fermò il passo; e, chiuso in un silenzio profondo, fece passare davanti alla mente le possibilità che gli rimanevano, in un senso come nell’altro. In quei momenti le sue risoluzioni mutarono più volte; fece partecipi dei suoi dubbi anche gli amici presenti, tra cui era Asinio Pollione, valutando con essi le sciagure che il transito avrebbe cagionato al genere umano, ma anche la fama che di esso avrebbe lasciato ai posteri. Alla fine, quasi abbandonando la ragione per lanciarsi con un atto d’audacia verso il futuro, mormorò la frase che dicono comunemente coloro i quali si gettano in qualche impresa disperata ed audace: «Sia tratto il dado» e iniziò il passaggio del fiume. Procedendo di corsa, ormai, per il resto della strada entrò in Rimini prima di giorno e l’occupò. (trad. di C. Carena) Analizziamo il testo • Cesare scrisse un’opera monografica, i Commentari sulla guerra civile, dedicata precisamente allo scontro con Pompeo. Egli però passò sotto rigoroso silenzio l’episodio del passaggio del Rubicone. Altri autori invece, di poco posteriori a lui, lo narrarono, sottolineando il forte valore simbolico di questo guado in armi del fiume. • In un altro testo, qui non riportato, lo storico latino Svetonio (ca 70-140 d.C.) ambienta l’episodio relativo al passaggio del Rubicone di notte, caricandolo di tinte drammatiche: Svetonio dipinge Cesare non così sicuro e determinato a scendere in armi contro Roma, anzi, lo raffigura mentre viene colto da un momento di incertezza proprio quando è ormai tutto pronto. • Nel passo citato, l’autore greco Plutarco (46/50 d.C.-dopo il 125 d.C.), vissuto una generazione dopo Svetonio, mette in luce un concetto analogo: «Quanto più si avvicinava il momento fatale, tanto più si sentiva turbare dalla gravità di ciò che stava osando, e la riflessione sottentrava all’ardimento». • Però Plutarco sottolinea maggiormente la consapevolezza di Cesare di compiere un atto gravido di conseguenze. Per questo motivo egli si sofferma a chiarire l’espressione «il dado è tratto» (in latino: Alea iacta est), che è poi passata alla storia come il momento-chiave dell’evento. Anche Cesare, dice Plutarco, sta per «gettarsi» in un’«impresa disperata ed audace», destinata a cambiare per sempre Roma e la storia del mondo antico.


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