Sezione 2
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15 Le cause della II guerra punica sotto la lente di Polibio Polibio, Storie III. 6, 9, 10 Lo storico greco Polibio ebbe una diretta conoscenza della società romana, perché soggiornò nella capitale italica per ben sette anni. Fu infatti deportato a Roma nel 168 a.C., dopo la III guerra macedonica, da Lucio Emilio Paolo, assieme ad altri mille ostaggi greci. La permanenza a Roma segnò profondamente la vita di Polibio e la sua esperienza di studioso. Egli fu autore di una vastissima opera storica, Le Storie, in ben quaranta libri, dei quali però restano solo i primi cinque (oltre a estratti di qualche libro successivo, risalenti a un’epoca successiva): abbastanza per fare di Polibio un acuto osservatore della realtà politica di Roma, nel suo tempo e nel suo mondo, che è ormai il vasto contesto ellenistico. Leggiamo un passo tratto dal III libro delle Storie.
Alcuni storici delle imprese di Annibale, volendo esporre le cause per le quali scoppiò fra romani e cartaginesi la guerra suddetta1, come prima pongono l’assedio di Sagunto da parte dei cartaginesi, come seconda il loro passaggio, contro i patti stabiliti, del fiume chiamato dagli indigeni Ebro. Quanto a me, potrei riconoscere che questi furono i principi della guerra. Ma assolutamente non ammetto che ne siano state le cause. [...] Si deve ritenere che ne sia stata la causa prima l’animosità di Amilcare, soprannominato Barca, padre di Annibale: per nulla domato dopo la guerra in Sicilia, poiché aveva conservato intatte, nelle operazioni da lui dirette, le forze militari con le quali aveva combattuto ed era venuto a patti, cedendo alle circostanze, solo in seguito alla sconfitta subita dai cartaginesi nella battaglia navale. Egli covava intero il suo risentimento contro i romani, e spiava l’occasione propizia a un attacco. Quando i romani dichiararono la loro guerra, i cartaginesi dapprima si mostrarono disposti a negoziare su ogni punto. Poiché i romani rifiutavano di trattare, vinti dalle circostanze, i cartaginesi cedettero la Sardegna e accondiscesero pure a pagare altri 1200 talenti oltre a quelli già pattuiti, pur di non essere costretti ad affrontare una guerra nelle condizioni in cui versavano. Questa dunque è la seconda importantissima causa della guerra scoppiata più tardi. Amilcare, infatti, aggiunta al suo antico risentimento l’ira concepita per questa ragione dai suoi concittadini, subito si accinse con ogni impegno alla conquista della penisola iberica, pensando di servirsene come base per la guerra contro i romani. Il successo dei cartaginesi in Spagna è da ritenere la terza delle cause della guerra annibalica, perché, fiduciosi nelle forze così ottenute, essi coraggiosamente si accinsero alla nuova impresa. Con molte prove si potrebbe dimostrare che Amilcare, benché morto dieci anni prima che essa scoppiasse, ebbe gran parte nella preparazione della seconda guerra punica. (trad. di C. Schick) 1. la guerra suddetta: la seconda guerra punica.
Analizziamo il testo • Nel paragrafo d’apertura Polibio applica alla II guerra punica una distinzione spesso operata dalla storiografia riguardo alle guerre di ogni tempo e luogo. L’autore, infatti, distingue tra cause prossime e cause remote: rifiuta, da studioso acuto qual è, di accontentarsi delle sole cause prossime, e scende ad analizzare quelle remote, le più importanti per determinare il successivo corso degli eventi. • Ricostruendo questa causa remota, Polibio fa riferimento al lungo contrasto tra Roma e Cartagine che seguì alla fine (241 a.C.) della prima guerra punica. La pace siglata tra le due città aveva imposto a Cartagine la perdita della sola Sicilia; la Sardegna, invece, venne perduta da Cartagine poco dopo, nel 238 a.C., perché Roma, con un atto di forza illeggittimo, violò i patti, approfittando di una sollevazione dei mercenari punici stanziati nell’isola. • Questo contesto spiega l’«animosità» di Amilcare Barca, comandante cartaginese. Infatti egli persuase i con-