Il cielo tra le mani

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il cielo tra le mani

Volume unico

Testo per l’insegnamento della religione cattolica nella scuola secondaria di secondo grado

Sergio

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il cielo tra le mani

Testo per l’insegnamento

della religione cattolica nella scuola secondaria di secondo grado

Volume unico

A Federico Munari un grande collega e amico che ci ha lasciati troppo presto.

Nulla osta della Conferenza episcopale italiana Matteo card. Zuppi, presidente Roma, 1 febbraio 2023, prot. n. 79/2023

Imprimatur mons. Giovanni Silvagni Bologna, 1 marzo 2023, prot. n. 2079/C

Pubblicazione conforme alle nuove Indicazioni per l’IRC nelle scuole del secondo ciclo di istruzione e nei percorsi di istruzione e formazione professionale (DPR 20 agosto 2012).

Cinque copie di questo testo sono state depositate presso la Segreteria generale della CEI.

Supervisione del progetto editoriale: Pier Luigi Cabri

Progetto gra co: Tuna bites

Impaginazione: Totobake

Copertina: Tuna bites

In copertina: illustrazione di Daria Voskoboeva - iStock by Getty Images

Illustrazioni di Marta Valdonio

Immagini utilizzate nel volume: tratte dall’archivio di EDB – Principato

L’editore è a disposizione degli aventi diritto che non è stato possibile contattare.

Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere e ettuate nei limiti del 15% del presente volume, dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633.

Le fotocopie per nalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere e ettuate a seguito di speci ca autorizzazione rilasciata da CLEARedi, Corso di Porta Romana 108, 20122 Milano, e-mail autorizzazioni@clearedi.org e sito web www.clearedi.org

Per i testi biblici

© 2008 Fondazione di Religione Santi Francesco d’Assisi e Caterina da Siena

Per i documenti ponti ci

© 2023 Dicastero per la Comunicazione-Libreria Editrice Vaticana

Proprietà artistica e letteraria riservata nell’impostazione, nel testo e nell’impaginazione

© 2023 Casa Editrice G. Principato www.principato.it www.gruppoeli.it

Via G. B. Fauché 10 – 20154 Milano info@principato.it

ISBN 978-88-10-98324-9

© 2023 Il Portico SpA

Via Scipione Dal Ferro, 4 – 40138 Bologna www.edbscuoladigitale.it

edbscuola@ilporticoeditoriale.it EDB ®

Stampa: Tecnostampa – Pigini Group Printing Division

Loreto – Trevi 23.85.073.0

Cara udent sa, caro udente,

se hai aperto questo libro è perché stai frequentando una scuola superiore, hai scelto di avvalerti dell’Insegnamento della Religione Cattolica (Irc), ma soprattutto perché sei un adolescente e hai attorno a te un bel po’ di persone che credono in te e si preoccupano del tuo futuro (anche se questo può non sembrarti una grande fortuna!…).

È vero, l’adolescenza non è affatto un’età facile, ma puoi approfittare di questo periodo perché, seppure con alti e bassi, ti offre tante opportunità, come allenarti a fare scelte personali e motivate, scoprire cosa vuoi veramente fare nella vita e magari anche rendere il mondo un posto migliore di come lo hai trovato. Soprattutto, cerca di ragionare sempre con la tua testa, senza farti abbindolare da ciò che luccica o che appare in superficie, per non essere trasformato in un “consumatore inconsapevole”.

Vedrai che l’amicizia e l’amore sapranno darti tanto, se a tua volta imparerai a dare. Ma il segreto per avere delle relazioni belle e significative sta nel trovare la giusta misura tra l’IO, il TU vicino a te (la famiglia, gli amici) e il NOI, la parte più ampia e difficile, senza la quale non puoi considerarti completa/o e pienamente realizzata/o.

Sentirai anche crescere in te l’insoddisfazione per la scoperta della complessità e della fragilità, ma non pensare di essere da sola, da solo. Sono tantissime le persone che camminano accanto a te (il NOI, appunto); si tratta di aprire bene gli occhi e di guardarti attorno, magari un po’ più oltre quella “siepe” (ricordi la poesia L’infinito di Giacomo Leopardi?) che impedisce di vedere il mistero che ci circonda…

Perché l’Irc?

A scuola incontrerai tante materie che ti accompagneranno in questo cammino di scoperta e di crescita: se hai scelto di frequentare l’Irc, ti chiederai cosa ha da insegnarti questa disciplina, per tanti versi un po’ speciale. Noi pensiamo soprattutto due cose: prima di tutto, ad affinare l’intelligenza (dal latino intus-legere che significa “leggere dentro”) per aiutarti a capire meglio te, stessa/o gli altri, il mondo; e poi a metterci cuore nelle cose che vivi, quel brivido di passione che possono trasmetterti i colori della fede. Non solo la fede cattolica – parte integrante del patrimonio storico, culturale e artistico italiano – ma anche quella di tanti popoli che credono in qualcuno o qualcosa di superiore a noi, che dà senso a ciò che viviamo e cerchiamo nella vita.

L’importanza delle scelte

Come autori siamo contenti che tu abbia scelto di avvalerti dell’Irc. “Scegliere” è un verbo importante, che esprime maturità e interesse, ed è essenziale per crescere come persone e cittadini responsabili. Da parte nostra non ti chiederemo se sei credente, atea/o, incerta/o, in ricerca... Ci interessa sapere se sei curiosa/o, se hai il coraggio di porti domande anche scomode, quali cose ti stanno a cuore. Vedrai che se niente ti sarà indifferente, se imparerai a usare bene la tua capacità di pensare, come anche l’intelligenza del cuore, il tuo sguardo si farà penetrante e nuovi orizzonti si apriranno, dentro e attorno a te, senza paura né limiti. Il mondo ha bisogno di giovani dal cuore libero: lavoriamo insieme in questa direzione!

PS: Se nel testo troverai qualcosa di poco chiaro o che non ti convince, se avrai bisogno di un chiarimento o di un confronto, puoi scriverci a questo indirizzo: edbscuola@ilporticoeditoriale.it

3 PRESENTAZIONE

indice del volume

prima PARTE: CULTURA RELIGIOSA DI BASE

1. Compagni di viaggio

2. UN LEGAME TRA CIELO E TERRA

5. Gesù e il suo messaggio

6. La

7.

3. Più religioni per un mondo

seconda

e i suoi

Come utilizzare il testo p. 6
Fumetto 8
1. La forza più potente 12 2. IRC e cultura 14 3. Cos’è essenziale? 16 4. Quanto contano i sel e 18 5. Generazione on o o ? 20 6. Mettiamoci cuore! 22 Il punto - Sintesi inclusiva - Pratica#mente 23
1. A che cosa serve? 30 2. Dove nasce la religione? 32 3. Non tutto si capisce 34 4. Le prime testimonianze 36 5. Miti, riti e simboli 39 6. Una presenza costante 41 7. Non è un’illusione 42 8. Cosa non è religione 44 Dossier/Le religioni dell’antichità 46 Il punto - Sintesi inclusiva - Pratica#mente 54
1. La mappa delle fedi 60 2. Simboli delle religioni 62 3. Bussola delle religioni 64 4. Diverse ma non distanti 66 5. Tanta violenza, perché? 68 6. No al relativismo 70 Dossier/Le religioni dell’Oriente 72 Il punto - Sintesi inclusiva - Pratica#mente 78
Abramo
figli 1. All’origine dei monoteismi 84 2. Ebraismo: origini e storia 86 3. «Io sono il signore tuo Dio» 88 4. Ebraismo: caratteristiche 90 5. Ebraismo: riti e tradizioni 91 6. Cristianesimo: caratteristiche 93 7. Cristianesimo: pilastri 94 8. Islam: origini e storia 96 9. Islam: caratteristiche 98 10. Islam: riti e tradizioni 100 Dossier/Torah, Vangelo e Corano 102 Il punto - Sintesi inclusiva - Pratica#mente 104
4.
1. Un ebreo chiamato Gesù 110 2. È esistito davvero? 112 3. Testimonianze dei Vangeli 115 4. Una vera “buona notizia” 117 5. Al centro il Cristo risorto 118 6. Chi è il prossimo? 120 7. Una grande misericordia 122 8. Condannato a morte 124 9. Luce di risurrezione 126 10. Cosa conta davvero? 128 Dossier/Gesù nell’arte, nella musica, nel cinema 130 Il punto - Sintesi inclusiva - Pratica#mente 134
Chiesa alle origini 1. Testimoni del Risorto 140 2. Le prime comunità 142 3. “Agàpe”, amore cristiano 144 4. «Mai senza la Domenica» 146 5. Libertà di professare 148 6. Tra fede ed eresie 150 7. Il Credo dei cristiani 152 Dossier/Sfogliando l’album della Chiesa 154 Il punto - Sintesi inclusiva - Pratica#mente 162
I volti del cristianesimo 1. Mappa del cristianesimo 168 2. Un albero, tanti rami 170 3. Chiese ortodosse 172 4. La Riforma di Lutero 174 5. Il mondo dei cattolici 176 6. Sacramenti eventi di fede 178 7. Riti e festività 180 8. Messaggio e messaggeri 182 Dossier/Nuovi movimenti cristiani 184 Il punto - Sintesi inclusiva - Pratica#mente 186
PARTE: TEMATICHE DI APPROFONDIMENTO Fumetto 190 Tutto nasce dalla meraviglia 191
La vita secondo le religioni 1. La ricerca di senso 194 2. Vivere secondo il dharma 196 3. La via buddhista 199 4. La visione ebraica 202 5. Il senso cristiano della vita 204 6. Islam, fedeltà a Dio 206 7. In dialogo con chi non crede 208 Dossier/Religioni, cibo, e vita quotidiana 210 Il punto - Sintesi inclusiva - Pratica#mente 214
8.

9. Come vivere bene la vita?

12. I perché dei giovani

10. Conoscere la Bibbia

13. IRC e

14.

1. In modo “respons-abile” 220 2. L’etica cos’è? 222 3. Un’etica non vale l’altra 224 4. L’etica religiosa 226 5. I valori cristiani 228 6. Un’etica della vita 230 7. L’ingegneria genetica 232 8. Il rispetto della vita 234 9. La morte è un diritto? 236 10. Ri essioni in parallelo 238 11. Un’etica per l’amore 239 12. Tra sesso e a ettività 241 13. Algor-etica, cioè? 243 14. Troppa comunicazione? 245 15. Un pianeta interconnesso 247 Dossier/Dieci parole ancora valide? 249 Il punto - Sintesi inclusiva - Pratica#mente 252
1. La Bibbia cos’è? 258 2. Sguardo sulla Bibbia 260 3. L’essenziale da sapere 263 4. Alla scoperta delle radici 266 5. La struttura della Bibbia 268 6. Due racconti delle origini 269 7. Il secondo racconto 271 8. Dov’è tuo fratello? 273 9. Il libro della libertà 275 10. Giona, che storia! 277 11. Vangeli e Nuovo Testamento 279 12. Il Gesù di Marco/1 281 13. Il Gesù di Marco /2 283 14. Il Gesù di Marco /3 285 15. Il Gesù di Marco /4 287 16. Il Gesù di Marco/5 289 17. Il Gesù di Marco/6 291 Dossier/Pagine problematiche nella Bibbia 294 Il punto - Sintesi inclusiva - Pratica#mente 296 11. Visti in parallelo 1. Il confronto arricchisce 2. Scegliere tra bene e male 3. La forza del perdono 4. Oltre la morte 5. L’etica della vita 6. Fine vita e religioni 7. Giocare a fare Dio 8. Questioni di coppia 9. Omosessualità e religioni 10. Religioni e sessualità 11. Contro l’odio 12. Rispetto del creato Dossier/Il mosaico delle religioni Il punto - Sintesi inclusiva - Pratica#mente
1. Chi ha creato chi? 304 2. Perché si cerca Dio? 306 3. Cosa è credere? 308 4. Chi crede è un cretino? 310 5. Perché il male? 313 6. Il diavolo esiste? 315 7. Religione è violenza? 317 8. Outing: e i credenti? 320 9. Millennials senza Dio? 322 10. Dove abita la speranza? 324 11. Cosa c’è dopo la vita? 326 12. I miracoli esistono? 328 13. Scienza contro fede? 330 Dossier/Cristo sì, Chiesa no? 332 Il punto - Sintesi inclusiva - Pratica#mente 342
umani 1. Cittadini del mondo 348 2. Si nasce liberi e uguali 350 3. Le radici dei diritti 352 4. I Diritti violati 354 5. Fratellanza, cioè? 356 6. Libertà di credere 358 7. Non in nome di Dio 360 8. Una società più giusta 362 9. Mai più discriminazioni 364 10. Il virus dell’indi erenza 366 11. Tutti diversi e stranieri 368 Dossier/Cattolici nel sociale 370 Il punto - Sintesi inclusiva - Pratica#mente 376
Diritti
Cittadini responsabili 1. Quattro s de epocali 382 2. Frontiere nella mente 384 3. Un mondo da salvare 386 4. Scoprendoci fragili 388 5. A scuola di pace 390 6. Diversamente si può 392 7. Consumatori intelligenti 394 8. Ripensare le priorità 396 9. Dialogare è importante 398 10. Figli dello stesso Padre 400 Dossier/Il contributo delle religioni. 402 Il punto - Sintesi inclusiva - Pratica#mente 404 on line

prima parte

8
9

Compagni di via io 1

Il titolo di questo primo tema esprime lo spirito con cui vogliamo iniziare questo cammino di ricerca che sarà fruttuoso per tutti. L’idea è di camminare insieme, rispettando le quattro indicazioni suggerite nella vignetta. A di erenza di quanto accade nelle altre discipline scolastiche – che sono tutt’altro che “opzionali” –nell’ora di Religione cattolica (o IRC) siete voi a scegliere se “avvalervi” o meno di questo insegnamento. Quindi, se ora siete qui, signi ca che avete scelto di frequentare quest’ora e, quindi, possiamo impostare bene il nostro lavoro. Faremo un percorso di “cultura religiosa”, cercando di capire l’importanza che la religione ha avuto – ed ha tuttora – nella vita dei popoli e delle loro culture, così come nella dimensione spirituale e religiosa di tutti.

IL PERCORSO CHE FAREMO

I contenuti digitali speciali
PER CONCLUDERE • Il punto 23 • Sintesi inclusiva 24 • Pratica#mente 25
• La forza più potente 12 • IRC e cultura 14 • Cos’è essenziale? 16 • Quanto contano i sel e? 18 • Generazione on o o ? 20 • Mettiamoci cuore! 22

chi? Who? dove? Wh e? quando? When? cosa? What? perché? Why?

I compagni di viaggio, a cui è dedicato il primo tema, sono tutti coloro che decidono di fare insieme questo cammino di ricerca e di scoperta; un percorso che non si esaurisce in classe, ma continuerà nella vita e nel tempo.

In classe, durante l’ora di religione, si darà spazio e voce a tutti; ognuno potrà esprimere le proprie idee in modo critico e costruttivo, rispettando quelle degli altri.

Ogni volta che avremo occasione di vederci, incontrarci e discutere, in classe e fuori. Quello che stiamo per iniziare è un percorso di vita che prevede varie tappe nel tempo.

Il nostro sarà un percorso che non solo contribuirà ad arricchire la propria cultura religiosa, ma sarà anche un’occasione di crescita umana e interiore, valorizzando la dimensione umana e spirituale.

In the classroom, during the hour of religion, everyone will be given space and a voice; everyone will be able to express their ideas, but in a critical and constructive way, respecting the views and opinions of the others.

Conoscenze

• Gli interrogativi universali dell’essere umano.

• Le relazioni umane e sociali alla luce della rivelazione cristiana e delle istanze della società contemporanea.

• Le questioni di senso legate alle più rilevanti esperienze della vita umana.

Whenever we have the opportunity to see each other, meet and discuss, in class as well as outside. What we are about to begin is a life journey that involves various stages over time.

Ours will be a path that will not only contribute to enriching one’s religious culture, but will also be an opportunity for human and inner growth, enhancing the human and spiritual dimension.

C’è un grande bisogno, oggi più di ieri, di maturità umana e di una spiritualità profonda, capace di non fermarsi a ciò che appare, ma di andare “oltre” e “vedere” dentro le persone e le cose. E in questo la religione ha molto da insegnare. is rst theme is dedicated to the travel companions, to all those who decide to make this journey of research and discovery together; a path that does not end in the classroom, but will continue in life and over time.

More than ever before, today there is a great need for human maturity and a profound spirituality, capable of not stopping at what appears, but of going “beyond” and “seeing” inside people and things. And in this religion has much to teach.

ABILITÀ

• Ri ettere sulle proprie esperienze personali e sulle relazione con gli altri.

• Porsi domande di senso confrontandosi con le risposte del cristianesimo.

• Riconoscere il valore del linguaggio religioso, utilizzandolo in modo appropriato.

COMPETENZE

• Costruire un’identità libera e responsabile, ponendosi domande di senso.

• Sviluppare una capacità di senso critico maturo.

• Elaborare un personale progetto di vita.

Compagnidi via io

1. La forza più potente

«La scuola è la forza più potente per cambiare il mondo», amava ripetere un vecchio funzionario dell’Unesco, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura che, nonostante fosse già in pensione, continuava a dedicare il suo tempo alla scuola. La frase, in realtà, era di Nelson Mandela, il leader della lotta contro l’apartheid e primo presidente sudafricano, ma il funzionario l’aveva fatta sua, colpito dalla verità e profondità del messaggio.

Infatti da sempre era convinto che solo attraverso la scuola si può operare nel mondo un vero cambiamento, garantendo una vita dignitosa a molte persone, in particolare a quelle minoranze etniche di cui si era occupato durante il suo mandato internazionale.

Per questo, anche se ormai senza più incarichi ufficiali, continuava ad impegnarsi per trovare finanziamenti e aiuti per aprire nuove scuole nei posti più sperduti della Terra. Condivideva in pieno l’antica saggezza cinese: «Se dai un pesce a un uomo, lo nutrirai per un giorno, ma se gli insegni a pescare lo nutrirai per tutta la vita». E aveva perfettamente ragione. Investire nella scuola è il modo migliore per rendere le persone autonome e garantire un futuro a tutte quelle minoranze etniche sparse per il mondo che stavano a cuore al funzionario dell’Unesco. La scuola garantisce la libertà e aiuta a scoprire la ricchezza delle culture, liberando dall’ignoranza.

L’istruzione, una grande opportunità

Anche noi pensiamo che l’istruzione e la conoscenza siano capaci di rendere liberi. Ed è per questo che crediamo che lo scopo primario della scuola sia quello di iniziare al sapere “accendendo fuochi” e non limitandosi a “riempire teste”. Purtroppo la scuola non sempre è vissuta dai diretti protagonisti (alunni e docenti) con questo spirito. A volte fallisce proprio nel suo scopo principale che è quello di “invogliare al sapere”. Per questo – all’inizio del nostro cammino – ci soffermeremo su alcuni punti che consideriamo essenziali per vivere bene la scuola.

Più che un dovere, la scuola è un diritto. Se si guarda alla scuola solo come un dovere, è facile alzarsi alla mattina sospirando: «Uffa, anche oggi devo andare a scuola!». Sì, certo, come tutti i doveri costa sacrificio, ma è bene non

Apartheid

Nella lingua afrikaans di usa in Sudafrica signi ca “separazione” e indica la politica di discriminazione razziale che fu in atto in quella zona del mondo tra il 1948 e il 1991.

Studiare è evadere dall’ignoranza

Ricordo ancora la domanda che ci fece il professore di Filoso a il primo giorno di liceo: «A che serve studiare? Chi sa rispondere?». Qualcuno osò rispostine educate («A crescere bene…», «A diventare brave persone…»). Niente, scuoteva la testa. Finché disse: «Ad evadere dal carcere». Ci guardammo stupiti. «L’ignoranza è un carcere. – aggiunse – Perché là dentro non capisci e non sai che fare. In questi cinque anni dobbiamo organizzare la più grande evasione del secolo. Non sarà facile, vi vogliono stupidi ma se scavalcate il muro dell’ignoranza poi capirete senza dover chiedere aiuto. E sarà di cile ingannarvi. Chi ci sta?».

(Da Lettere al quotidiano de La Repubblica, 6 dicembre 2019)

12
« Il Maestro apre la porta, ma tu devi entrare da solo». (Proverbio cinese)

dimenticare che è la tua grande occasione per essere libero e crescere, in tutte le tue componenti fondamentali. Ci vengono in mente i tre agitos o simboli delle paraolimpiadi. Agito in latino vuol dire “io mi muovo”. Questi elementi vengono rappresentati con tre gocce (dette pa) di colore rosso, verde e blu che simboleggiano la mente, lo spirito e il corpo. Anche la scuola può essere ben rappresentata da queste tre gocce che lavorano all’unisono. Ogni tanto, nei momenti di noia o di scoraggiamento (che comunque ci sono e fanno parte del “pacchetto”), vale la pena di ricordarsi che frequentare una scuola è comunque un “privilegio” di fronte ai milioni di analfabeti che ancora esistono nel mondo.

Non si studia solo per il voto. Spesso la scuola è vissuta con angoscia da molti studenti perché essi la considerano in maniera distorta, così come era accaduto a un gruppo di ragazzi prima di frequentare la Scuola di Barbiana, fondata da don Lorenzo Milani. Osservava uno di loro in una lettera collettiva, pubblicata diversi anni fa ma per certi aspetti sempre attuale: «Dopo un mese della vostra scuola, l’infezione aveva preso anche me. A scuola durante le interrogazioni sentivo il cuore fermarsi. Auguravo agli altri quello che per me non volevo. Durante la lezione non ascoltavo più. Pensavo già all’interrogazione dell’ora seguente. Le materie più belle e diverse tutte finalizzate lì. Come se non appartenessero a un mondo più vasto che non quel metro quadro tra la lavagna e la cattedra... I vostri ragazzi giorno per giorno studiano per il registro, per la pagella, per il diploma. E intanto si distraggono dalle cose belle che studiano» (Da Lettera ad una professoressa).

Il problema degli altri è uguale al mio. Sempre nella lettera citata, i ragazzi di Barbiana scrivono: «Poi insegnando ai più piccoli (in quella scuola i ragazzi più grandi insegnavano a quelli più piccoli) ho imparato tante cose. Per esempio che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia». Con poche e sagge parole viene messo a fuoco un grande compito della scuola, quello di insegnare ad essere cittadini. I problemi non si risolvono da soli, ma insieme agli altri.

Formare degli esseri umani. Alla base di tutto c’è il grande compito della scuola di aiutare gli alunni e le alunne a diventare esseri umani e non “mostri istruiti”, come ci ricorda l’interessante testimonianza di Annick Cojean, giornalista di Le Monde, che puoi leggere qui accanto.

(Michel

SPUNTI OPERATIVI

● Adolf Eichmann, militare tedesco considerato tra i più crudeli criminali di guerra nello sterminio degli ebrei in epoca nazista, dichiarò di «avere solo eseguito gli ordini» Che ne pensate di questa sua giusti cazione? Approfondite l’argomento e discutetene in classe con i compagni e l’insegnante

Don Lorenzo Milani

Lorenzo Milani(1923-1967) è un educatore e un testimone scomodo dell’Italia degli anni Sessanta. Dedicò la sua vita alla scuola per dare dignità ai più poveri. Tra i suoi scritti Lettera ad una professoressa (1967), L’obbedienza non è più una virtù (1965) sull’obiezione di coscienza e il testo intitolato Esperienze Pastorali (1958).

«Aiutate i vostri allievi a diventare esseri umani!»

Il preside di un liceo americano aveva l’abitudine di scrivere, ad ogni inizio di anno scolastico, una lettera ai suoi insegnanti in cui riportava questa testimonianza: «Caro professore, sono un sopravvissuto di un campo di concentramento. I miei occhi hanno visto ciò che nessun essere umano dovrebbe mai vedere: camere a gas costruite da ingegneri istruiti; bambini uccisi con veleno da medici ben formati; lattanti uccisi da infermiere provette; donne e bambini uccisi e bruciati da diplomati di scuola superiore e università.

Perciò di do dell’educazione e vi chiedo: aiutate i vostri allievi a diventare esseri umani! I vostri sforzi non devono mai produrre dei mostri educati, degli psicopatici quali cati, degli Eichmann istruiti. La lettura, la scrittura, l’aritmetica non sono importanti se non servono a rendere i nostri gli più umani».

(Annick Cojean, Les mémoires de la Shoah, in Le Monde, 29 aprile 1995)

13 Tema 1 Compagni di viaggio
« Insegnare non significa riempire un vaso, ma accendere un fuoco».

2. IRC e cultura

Dopo aver dedicato i nostri primi incontri alla scuola in generale, ora vogliamo approfondire i motivi per cui abbiamo intrapreso questo cammino di cultura religiosa che ci fa incontrare – almeno nella maggioranza delle regioni italiane – una volta a settimana in classe. La motivazione del nostro ritrovo la troviamo già nella sigla riportata nel titolo di questa pagina, che crediamo sia bene spiegare brevemente. IRC sta per Insegnamento della Religione cattolica, una disciplina scolastica presente nel nostro ordinamento nazionale che prevede l’insegnamento della religione cristiano-cattolica nelle scuole di ogni ordine e grado. Senza dilungarci eccessivamente sui suoi vari e complessi aspetti giuridici, vediamo brevemente il significato e il compito di questa disciplina nel mondo della scuola.

Perché la cultura religiosa a scuola?

Quel che generalmente viene denominato “IRC” o “Ora di religione” è un insegnamento impartito nella scuola, quindi chiamato – come tutte le altre materie – a rispettare le finalità della scuola (leggi, obiettivi, orari, metodologie e quant’altro) ma con una specificità: è una materia opzionale.

Questo significa che la scuola ha l’obbligo di assicurare l’IRC nel normale orario scolastico, ma viene scelto dagli studenti nella scuola superiore (o dai genitori degli alunni nelle scuole dei livelli precedenti) che decidono liberamente se avvalersene o meno, senza – come prevede il legislatore – dare luogo ad alcuna forma di discriminazione.

Questo è quanto prevede l’accordo del 18 febbraio 1984 tra la Santa Sede del Vaticano e la Repubblica italiana, che ha modificato il Concordato – questo il nome di tale accordo – stipulato nel 1929.

La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle nalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado. Nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, è garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento.

All’atto dell’iscrizione gli studenti o i loro genitori eserciteranno tale diritto, su richiesta dell’autorità scolastica, senza che la loro scelta possa dar luogo ad alcuna forma di discriminazione.

(Accordo del 1984 tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana, art. 9.2)

Questo accordo modi ca in modo sostanziale il Concordato stipulato all’interno dei Patti lateranensi del 1929. Ricordiamo che i Patti del 1929 furono inglobati, con l’art. 7, nella Costituzione italiana del 1948. L’accordo di revisione del 1984 prevedeva delle Intese tra il Ministero dell’Istruzione e i vescovi italiani per regolamentare l’IRC e altri aspetti. Fino ad oggi ne sono state fatte tre: la prima Intesa nel 1985, la seconda nel 1990 e l’ultima nel 2012, tuttora in vigore.

Cattolicesimo e patrimonio storico

L’Accordo del 1984, riportato in parte anche in questa pagina, spiega perché l’IRC è presente nella scuola. Afferma che la Repubblica italiana riconosce «il valore della cultura religiosa» e aggiunge che «i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano». Due affermazioni che sono da considerarsi alla base di questo insegnamento scolastico.

«Sosteniamo una scuola che sappia accogliere e trasmettere preparazione e cultura, come complesso dei valori e dei principi che fondano le ragioni del nostro stare insieme; volta ad assicurare parità di condizioni e di opportunità».

(Sergio Mattarella, discorso al Parlamento dopo l’elezione per il secondo mandato come Presidente della Repubblica italiana, 3 febbraio 2022)

14

La cultura religiosa è un valore. Certo, stiamo parlando di cultura, non di catechismo o di fede. Il nostro approccio al discorso religioso sarà quello culturale; nessuno vuole convertirvi o obbligarvi a credere. Non bisogna infatti essere per forza credenti per riconoscere che anche la cultura religiosa è un “sapere” e ci può aiutare a comprendere il mondo. Basta non avere pregiudizi e conservare una mente aperta per trovarsi d’accordo con chi afferma che «nessuno può pretendere di conoscere l’umanità senza conoscere le sue fedi» (Ninian Smart).

I principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano. Anche questa seconda affermazione ci sembra coerente. Siamo in Italia e i principi del cattolicesimo fanno certamente parte del nostro patrimonio. Se fossimo in India avremmo dei principi differenti ma, vivendo in Italia e in un contesto europeo, perché non studiare e conoscere anche le nostre radici cristiano-cattoliche? È deprimente per qualsiasi docente – e non solo di religione – entrare in un museo e sentirsi chiedere da uno o più allievi: «Ma perché tutte queste babysitter, prof?», indicando delle opere artistiche raffiguranti la Madonna con il Bambino Gesù. Nessuno vi chiede di essere credenti ma di non essere ignoranti: questo sì che vi viene chiesto! È quindi vostro dovere avere una buona preparazione culturale anche in materia religiosa.

I nostri obiettivi strategici

Sintetizzando, possiamo affermare che gli obiettivi e le finalità generali che ci proponiamo di raggiungere nel nostro incontro settimanale sono le seguenti.

1. Offrire una buona conoscenza generale di cultura religiosa, in particolare di quella cristiano-cattolica.

2. Educare (dal latino e-ducere, “condurre fuori”), così da raggiungere non solo la maturità scolastica, ma anche quella umana, aiutando a formare donne e uomini responsabili di sé, degli altri e dell’ambiente.

3. Valorizzare la dimensione spirituale, presente in ogni persona. Non è importante solo l’educazione fisica e quella intellettuale, ma anche quella “spirituale”. Pensiamo quindi che non debba essere trascurata a scuola.

4. Conoscere e rispettare le varie diversità culturali e religiose presenti, per conoscerci e rispettarci meglio l’un l’altro.

5. Imparare a riconoscere e comunicare le paure, i sogni e le speranze che ci portiamo dentro e scoprire così che sono le paure, i sogni e le speranze anche degli altri.

Ninian Smart

Ninian Smart (1927-2001), scrittore scozzese, pioniere nel campo degli studi religiosi con metodi scienti ci.

IL FILO ROSSO

La religione accompagna da sempre il cammino dell’uomo.

SPUNTI OPERATIVI

● Qual è nora la vostra esperienza scolastica dell’ora di religione? Cosa vi aspettate?

● In che senso la cultura religiosa è un valore? Discutetene in classe.

La scuola si interessa di tutte le forme di conoscenza, compresa quindi anche quella religiosa.

Conoscere il fenomeno religioso è conoscere una parte importante della ricerca umana.

Per questo si può essere, volendo, anche atei ma non ignoranti.

L’IRC (Insegnamento della Religione cattolica):

• è una disciplina scolastica che aiuta a conoscere il complesso e a ascinante mondo delle religioni;

• approfondisce in particolare la religione cristiano-cattolica, che fa parte del patrimonio storico-culturale italiano.

• è un’importante occasione di confronto, di ri essione e di crescita.

15 Tema 1 Compagni di viaggio

3. COS’È senziale?

Leggiamo insieme il brano tratto dal Piccolo principe, un libro che è molto di più di una “favola”: è un grande insegnamento di vita che non ha età. Questo brano, anche se molto citato, resta bello e profondo. Il protagonista della favola è a colloquio con la volpe, trasformata in “maestra di vita”; il piccolo principe, per non dimenticarselo, non fa che ripetere il segreto appena scoperto. Ci vengono in mente le parole di due genitori, che chiedevano come introdurre alla conoscenza religiosa il loro figlio, giunto al primo anno delle superiori, pur non aderendo loro ad alcun Credo o Chiesa: come potevano offrirgli questa opportunità? Anche se non erano credenti, questi genitori comprendevano il valore dell’esperienza religiosa ed erano consapevoli che una chiusura ideologica e pregiudiziale poteva impedire al ragazzo di avere accesso ad una dimensione importante dell’esistenza. Dopo qualche colloquio, avevano capito che frequentare l’ora di religione non significava affatto aderire ad una fede, ma imparare a far tesoro del segreto del piccolo principe: «L’essenziale è invisibile agli occhi».

L’essenziale nella vita non possiamo misurarlo né quantificarlo; non lo vediamo con gli occhi né possiamo fabbricarcelo su misura o ordinarlo on-line: sperimentiamo la stessa cosa ogni giorno per ciò che riguarda la verità, la libertà, l’amicizia, l’amore… Nulla di tutto questo è acquistabile con il denaro e nemmeno è facile da conquistare. Quel che ci serve veramente nella vita è “andare oltre” ciò che appare, che spesso ci abbaglia senza essere “essenziale”.

«(Disse la volpe al piccolo principe:) «Va’ a rivedere le rose. Capirai che la tua è unica al mondo. Quando ritornerai a dirmi addio, ti regalerò un segreto». Il piccolo principe se ne andò a rivedere le rose: «Voi non siete per niente simili alla mia rosa.» (…) «Voi siete belle, ma siete vuote», disse ancora. «Addio», disse, «Non si può morire per voi. Certamente un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi, perché è lei che ho inna ato. Perché ho messo lei sotto la campana di vetro. (…) Perché è la mia rosa». E ritornò dalla volpe. «Addio», disse; «Addio», disse la volpe: «Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale invisibile agli occhi». «L’essenziale è invisibile agli occhi», ripeté il piccolo principe, per ricordarselo. «È il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante». « È il tempo che ho perduto per la mia rosa…» sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.

(Antoine de Saint-Exupéry, Il piccolo principe)

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A dirlo è Sara Cornelio, una giovane ragazza che, fin da subito, ha dovuto imparare a convivere con una brutta malattia. «Ho una famiglia, una casa, un grande gruppo di amici, tanti sogni nel cassetto, che a dire il vero non so più come farceli stare perché tra tutte le medicine che contiene, lo spazio per i sogni si fa sempre più piccolo! Ah, dimenticavo, ho anche la fibrosi cistica: non perché è ultima dell’elenco è la meno importante, anzi, lei è parte di me da quando sono nata. È una malattia genetica. Colpisce vari organi, soprattutto i polmoni, e col passare del tempo ne peggiora la funzionalità. È conosciuta per il suo amore senza limiti verso i respiri: se li cattura tutti, ma proprio tutti, tanto che a volte ha bisogno di una strigliata perché altrimenti è capace di lasciarti addirittura senza fiato!». Così si raccontava, appena diciassettenne, sul suo blog personale, senza cedere al pietismo o all’autocommiserazione. La malattia genetica di cui soffriva è grave e piuttosto diffusa (in Italia si stimano circa 6.000 malati, con 200 nuovi casi ogni anno). Poiché non danneggia in alcun modo le capacità intellettive e non si manifesta nell’aspetto fisico (né alla nascita né in seguito), è spesso definita la “malattia invisibile”, anche se tangibili sono invece i suoi effetti sulla vita quotidiana delle persone che ne sono affette, con difficoltà enormi nella regolare assimilazione dei cibi e una progressiva perdita della funzione polmonare. Ma Sara non si è lasciata scoraggiare dalla sua malattia. Ha lottato e anche imparato molto da essa: «Se sono quello che sono è anche grazie alla mia malattia. Fin da piccola mi ha abituata a dover fare i conti con il dolore e le difficoltà, ma è grazie a ciò se ho imparato che cosa significa essere coraggiosi ed affrontare tutto con la forza di un guerriero. Grazie a lei ho imparato anche ad essere paziente, poiché mi ha spesso costretta a ricoveri di 15-20 o anche più giorni, dove la pazienza è d’obbligo. Mi ha spesso costretta a numerose rinunce, ma è da quelle che ho imparato a godermi al meglio ciò che mi è possibile fare».

E di cose Sara ne ha fatte tante e belle, pur sapendo che la sua vita non poteva essere lunga. È riuscita a laurearsi al Dams (Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo), mettendo a frutto la sua vena artistica a tutto tondo, in particolare nella musica e nella scrittura. Ha poi lavorato come editor in una casa editrice ed ha scritto diversi libri, soprattutto per bambini e ragazzi.

È morta giovane Sara, aveva solo 23 anni, ma lei sapeva che la sua malattia la costringeva a puntare tutto sulla qualità, più che sulla quantità. Questa convinzione, la sua meravigliosa famiglia e una profonda fede in Gesù Cristo l’hanno certamente aiutata a superare i tanti limiti che si è trovata davanti nella sua breve vita.

Antoine de Saint-Exupéry

Antoine de Saint-Exupéry (1900-1944) è stato uno scrittore e aviatore francese, nato a Lione da una famiglia cattolica di nobili origini. La sua opera più famosa è Il piccolo principe (1943), tradotto in più di trecento lingue e dialetti.

SPUNTI OPERATIVI

● Cos’è “essenziale” nella vita? Fate questa domanda a tre adulti di cui avete stima e raccogliete le risposte da condividere in classe.

● Cercate in rete il blog di Sara Cornelio.

« Se non esistessero limiti non si andrebbe oltre.»

(Sara Cornelio)

17 Tema 1 Compagni di viaggio
«Ho imparato a godermi al meglio ogni attimo di vita»

QUANTOContano i selfie?

Rispetto alla domanda “Cos’è essenziale?” e alla significativa testimonianza di Sara presentata nella scheda precedente, quella che vi proponiamo ora sembra tutt’altra musica, ma in realtà il messaggio non è poi così diverso. Nella vita è “essenziale” anche questo: non girarsi dall’altra parte e far finta di non vedere. Ci sono persone che spesso, dinanzi a certi fatti, chiudono gli occhi per non essere coinvolte. Ma non è così che si fa! Come illustra la vignetta qui accanto, anche a scuola possono capitare episodi che non si devono sottovalutare.

No all’indi erenza

La ragazza descritta nella vignetta è vittima di bullismo, una violenza vigliacca esercitata da qualcuno – spesso insieme ad altre persone –su chi viene considerato più debole, approfittando dell’indifferenza e della superficialità di tanti. Come avrai notato, nel fumetto avviene una cosa paradossale: invece di indignarsi per la violenza subita dalla ragazza, ci si chiede cosa mai abbia combinato per “meritarsi” una punizione simile. Si rischia così di minimizzare tutto con la scusa che è stata “un’impicciona”, o la “solita sfortunata”. Invece, come spiega bene l’insegnante virtuale che ci accompagna in questo testo, «non si possono giustificare certi comportamenti pensando che in fondo “se l’è andata a cercare!”»

Si tratta di una persona – il più delle volte debole o, meglio, più sensibile –che viene fatta oggetto di violenza psicologica e fisica da parte di un gruppo di prepotenti (non importa se maschi o femmine) che si accaniscono su di lei. Chi fa del bullismo e, aggiungiamo, del cyberbullismo, pensa di essere più simpatico e più forte degli altri e, per questo, se la prende con quelli che considera più deboli. In realtà bulli sono solo dei vigliacchi che si fanno forza nascondendosi nel gruppo.

Bullismo

Forma di violenza che viene perpetrata nel tempo in vari modi, con lo scopo speci co di denigrare, umiliare e far so rire una persona.

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4.

Non è vero che non puoi farci niente!

Per combattere il bullismo e tutte le diverse situazioni in cui è facile essere vittime o carnefici, bisognerebbe fare un buon lavoro su se stessi, come ha insegnato una volta un ragazzo che ha tenuto a tutti una lezione un po’ speciale. Tempo fa, alcune classi erano andate a visitare un centro di recupero per ragazzi e ragazze che avevano alle spalle problemi di dipendenza e alcuni guai con la giustizia. Uno di loro ha raccontato ai visitatori: «Anch’ io ero un bullo, ma prima o poi arrivasempre il tempo in cui bisogna fare i conti con se stessi… E nel carcere, dietro le sbarre si capiscono tante cose. I bulli non sono affatto più furbi o più forti! Anzi, certi fatti avvengono, in classe come nella vita, solo perché c’è troppa gente che fa finta di niente, rimanendo indifferente...».

La ragazza di cui si parlava nella vignetta, ad esempio, è stata picchiata al punto da finire in ospedale perché tanti, iniziando dai suoi stessi compagni di scuola, hanno fatto finta di non vedere… Nella vita non ci si può nascondere dietro il dito, con la scusa che “così fanno tutti” o perché “io non posso farci niente…”. Non è vero. Ognuno di noi può fare qualcosa!

È sempre sbagliato sottovalutare certi comportamenti, più o meno trasgressivi, facendoli passare per “normali”, o pensare che tocchi ad altri fare qualcosa.

«Dietro le sbarre – concludeva il ragazzo incontrato in comunità – ho capito che la solitudine è molto brutta, ma ti fa pensare; soprattutto ti fa incontrare tante altre solitudini e comprendi che la vita non è un insieme di selfie momentanei o di passaggi saltuari su un palcoscenico improvvisato. La vita te la devi costruire giorno per giorno,usando anche le pietre che ti sono state lanciate contro, come anche i vari momenti di sfortuna che ti capitano, perché anche queste cose fanno parte di te. Ma devi avere il coraggio di farti accompagnare da gente fidata, che ti vuole bene sul serio e non si limita a fare con te solo i selfie di un momento. È il video completo della vita che conta!»

«La scon tta fa parte dello sport, del calcio, della vita. Bisogna imparare a gestirla. E devi essere di esempio per i bambini piccoli: quando perdi non devi piangere, ma rialzarti». Così Luis Enrique, l’allenatore della nazionale spagnola, ai suoi giocatori in lacrime per aver perso ai rigori contro l’Italia (Europei 2021).

SPUNTI OPERATIVI

● Perché nella scheda si chiede se davvero conta poi così tanto un sel e? Cosa si vuole far capire?

● Da 1 a 10, quanto vi sentite accompagnati da “gente data” che non si limita a fare con voi dei sel e momentanei?

19 Tema 1 Compagni di viaggio

5. generazione on o o ?

Il titolo ad effetto vuole attrarre la vostra attenzione su una conseguenza del Covid-19, la pandemia mondiale che dal 2019 al 2022 ha fatto esplodere molti problemi, anche a livello giovanile. Infatti non sono pochi i giovani e i giovanissimi che, dopo il susseguirsi di quarantene e chiusure forzate (lockdown), hanno manifestato vari disagi interiori, alcuni probabilmente antecedenti alla pandemia, ma che il periodo pandemico ha fatto esplodere, lasciando vistose tracce di “mal-essere”. Anche se gli adolescenti sembrano tutti interconnessi e sempre “on-line” – soprattutto agli occhi degli adulti – in realtà tra loro c’è anche chi è “off”, spento, chiuso in se stesso, alle prese con problemi più grandi di quelli solitamente legati all’adolescenza.

L’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma ha richiamato per primo l’attenzione su questo fenomeno, rendendo noto che nel reparto di neuropsichiatria c’è stato un aumento dei ricoveri del 30% dopo la prima ondata pandemica. Dai 12 ricoveri per gravi forme di autolesionismo registrati nel 2011, si è passati ad oltre 300, quasi uno al giorno, nel 2021. «Mai come in questi mesi, da novembre a oggi, abbiamo avuto il reparto occupato al 100% dei posti disponibili, negli altri anni le percentuali erano molto più basse», ha dichiarato ai mass-media il responsabile di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, Stefano Vicari, nell’aprile 2021.1 Ma anche nel 2022, quando finalmente le scuole sono tornate alla quasi normalità, grazie soprattutto alle campagne di vaccinazione, la pressione nelle strutture di neuropsichiatria italiane non è affatto calata. Insieme agli aumenti dei casi più gravi, si sono moltiplicate problematiche quali insonnia, irritabilità, crisi d’ansia, attacchi di panico, depressione, oltre ai casi di ritiro sociale. Un quadro di sofferenza psicologica ad ampio raggio.

Ansia da sovra-informazione

L’Amico Charly ONLUS è un’associazione milanese sorta agli inizi del 2000 che si occupa di prevenzione del disagio giovanile. Accoglie giovani che manifestano l’insorgere di sintomi di sofferenza, prima che degenerino. A questa associazione non arrivano i casi più gravi (perché vengono curati negli ospedali), ma

1 Si fa riferimento al dossier pubblicato sulla rivista Scarp de’ tenis, aprile 2021, pp. 22-29.

2 Ci si riferisce all’aggressione armata della Russia che il 24 febbraio 2022 ha invaso l’Ucraina, uno Stato indipendente limitrofo, causando molte migliaia di morti tra i soldati e i civili, la distruzione di intere città e costringendo milioni di persone a fuggire dal loro paese.

Appiattiti sul presente?

Tra i ragazzi sono aumentati i casi di ansia, depressione e dipendenze comportamentali, come da videogiochi e da pornogra a. Molti i giovani ammalati, e non per le solite crisi esistenziali tipiche della giovinezza, ma perché vittime di ospiti inquietanti che si aggirano tra loro, come l’indi erenza e il nulla, che penetrano nei loro sentimenti, cancellano prospettive e orizzonti, indebolendo la loro anima…

Le famiglie si allarmano, la scuola non sa più cosa fare, solo il mercato si interessa di loro… ma per sfruttarli, senza o rire prospettive. Il presente diventa un assoluto da vivere con la massima intensità… ma è ne a se stesso, senza futuro.

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durante e dopo la pandemia (come anche allo scoppio della guerra in Ucraina2) c’è stato un aumento considerevole di forme di insonnia, difficoltà di attenzione e concentrazione, disturbi alimentari, frustrazione, stress e nervosismo, tutte forme legate all’ansia e dovute a un eccesso di informazione.

Molti di questi ragazzi e ragazze, infatti, sono perennemente connessi, ma fanno fatica a gestire i vari flussi dell’informazione. Spiegano all’associazione: «È proprio un aspetto dell’adolescenza di oggi quello di essere iperconnessi e sovraesposti a quello che circola in rete. Ma se un adulto, arrivato a un certo punto, è in grado di spegnere la tv e smettere di ascoltare i telegiornali perché si rende conto che l’incessante comunicazione sulla pandemia o sulla guerra è ansiogena, un ragazzo non sa né può semplicemente spegnere il telefono. Anche perché questo è l’unico strumento che gli resta per rimanere in contatto con il suo mondo, i suoi amici. Paradossalmente, quindi, è proprio questo essere sempre connessi che ha determinato la loro disconnessione dentro».

Se la scuola chiude…

La DAD, la cosiddetta “Didattica A Distanza” (poi trasformata in DDI, “Didattica Digitale Integrata”) ha purtroppo contribuito a questo disagio, anche se gli strumenti tecnologici non sono del tutto negativi, anzi! Grazie alla DAD la didattica è stata portata avanti anche quando le scuole erano state chiuse, ma sacrificando gran parte dell’aspetto relazionale. Sono mancati i legami fisici con i compagni, generando sentimenti di grande solitudine e disorientamento. La scuola per gli adolescenti non è solo istruzione e cultura, ma anche un luogo di incontro, di crescita, di confronto, di sperimentazione... Il lungo periodo di chiusura per molti è stato un vero dramma. Ma l’importante è comunque aver potuto ricominciare a vivere.

La tecnologia non basta, servono relazioni

Il lungo periodo della pandemia, seguito dall’aggressione militare all’Ucraina, ha insegnato a tutti noi che la tecnologia non basta per farci sentire vivi. Abbiamo bisogno di dare importanza e coordinare bene tutte le componenti del nostro io, senza sottovalutare il corpo, ma nemmeno il cuore e lo spirito Sono proprio queste due ultime componenti che ci consentono di sopravvivere a prove dolorose, che toccano le nostre paure più profonde e possono bloccarci interiormente. Il confronto genuino con il nostro animo, con la ricerca delle attese e speranze più intime, l’incontro con le persone che ci sono più vicine è ciò che ci aiuta a rialzarci. Nella vita bisogna accettare i rischi, le sfide, come ci invita a fare questo vecchio manifesto che abbiamo ripescato nei nostri archivi, che ci sembra però tuttora valido e attuale.

SPUNTI OPERATIVI

● Secondo alcuni psicoterapeuti, il disagio che si è manifestato in molti giovani non è colpa della pandemia, ma di uno stile educativo caratterizzato da iperprotezione che impedisce la crescita di gli maturi e autonomi. Che cosa ne pensate? un giudizio pesante ed eccessivo, oppure contiene un fondo di verità?

Quanto mi mancava fare sport!

«La pallavolo durante il lockdown mi è mancata terribilmente. Mi sentivo aggressivo, continuavo a litigare con mia madre e con i miei fratelli. Non mi piacevo e non riuscivo a capire da dove mi arrivava tutta questa rabbia».

(Carlo)

Vivere è rischiare «Ridere è rischiare di sembrare idioti. Piangere è rischiare di sembrare sentimentali. Soccorrere qualcuno è rischiare d’impegnarsi. Manifestare i propri sentimenti è rischiare di essere incompresi. Amare è rischiare di non essere corrisposti. Sperare è rischiare d’illudersi. Provare è rischiare di fallire. Chi non rischia niente, non fa niente, non ha niente».

(manifesto dell’Azione Cattolica, 2003)

21 Tema 1 Compagni di viaggio

6. “Me iamoci cuore!”

Così scrive una studentessa stanca di vivere gli anni di scuola superiore senza passione. Il professore a cui scrive è Alessandro D’Avenia, appassionato docente di lettere alle superiori e scrittore di successo. Anche D’Avenia è convinto che l’unica strategia didattica veramente necessaria sia la passione. Leggi nel riquadro cosa scrive.

Cuori pensanti

Formare dei “cuori pensanti” è la vera finalità della scuola: cuori capaci non solo di apprendere, ma anche di sognare, di scoprire la bellezza nascosta ovunque, anche in tanti testi della letteratura, compresi i Salmi e altre pagine della Bibbia. Perché no?

Ma per formare “cuori pensanti”, come giustamente sottolinea D’Avenia, c’è bisogno di testimoni: di insegnanti capaci di appassionarsi e meravigliarsi per trasmettere passione e meraviglia.

In tutto questo, anche le tradizioni religiose dell’umanità e la ricerca del “mistero di Dio” nelle profondità del cuore umano sono assolutamente capaci di “fascino”.

Ciò che conta è amare

Riguardo queste considerazioni sull’intelligenza del cuore, a cui è chiamata anche la scuola, proponiamo un pensiero di Annalena Tonelli, una testimone del nostro tempo che ha dedicato trent’anni della sua vita a fondare ospedali e centri di istruzione sanitaria in Africa, prima di essere uccisa in Somalia nel 2003. Scriveva nel dicembre del 2001: «La vita ha senso solo se si ama. Nulla ha senso al di fuori dell’amore. Nella vita ho conosciuto tanti pericoli: ho rischiato la morte tante tante volte e sono stata per anni nel mezzo della guerra. Ho sperimentato nella carne dei miei, di quelli che amavo, e dunque nella mia carne, la cattiveria dell’uomo, la sua perversità, la sua crudeltà, la sua iniquità. E ne sono uscita con una convinzione incrollabile: ciò che conta è solo amare. Se anche Dio non ci fosse, solo l’amore ha un senso, solo l’amore libera l’uomo da tutto ciò che lo rende schiavo, in particolare solo l’amore fa respirare, crescere, fiorire, solo l’amore fa sì che noi non abbiamo più paura di nulla».

SPUNTI OPERATIVI

● Provate anche voi a scrivere una lettera ai vostri docenti degli anni passati. C’era qualcosa che vi mancava?

● A scuola vi capita di “metterci cuore”? In quali occasioni, in particolare?

«Solo la passione incanta, perché solo la vita incanta. Lo provano gli occhi. Due sono le occasioni in cui si dilatano le pupille di un mio studente: quando è toccato dalla bellezza o dopo aver fumato una canna. Mi ha sempre a ascinato questo impeto del corpo che chiede agli occhi di lasciare entrare più realtà. La bellezza è l’innesco dell’esplosione che dilata le pupille: riscalda il cuore che spinge gli occhi ad aprirsi di più, per bere di più. Se la bellezza si nasconde, il cuore si gela. (…) Dante, nella sua Divina Commedia, avvicinandosi al centro dell’inferno non trova il fuoco, ma lande di ghiaccio e occhi cuciti dal gelo. Certi ragazzi cercano di ammorbidire il ghiaccio del cuore surriscaldandolo con arti ci virtuali o alcolici, “stupefacendosi” invece di stupirsi. Diventano incapaci di sperimentare il calore buono della vita quotidiana, gravida di estasi appaganti in una pagina, in un volto, in un panorama, in una s da, in un’amicizia. I professori – si chiamano così perché “professano”, come una fede, la loro materia – possono invertire i poli, riportando il calore nel cuore dei ragazzi e la freddezza nelle loro teste. Come? Con la passione per la loro materia, per la vita propria e dei ragazzi. (…) La nostra è un’epoca iper-sentimentale, ma senza passione; è fredda ed ha bisogno di sovreccitarsi arti cialmente. Solo una cultura dal cuore caldo può restituire ai ragazzi lo stupore del quotidiano. Prima viene la meraviglia, poi la conoscenza: lo dicevano già i greci e nulla è cambiato».

(Alessandro D’Avenia, Lettera di un genitore, in Avvenire, 25 aprile 2010)

Annalena Tone i

Annalena Tonelli (1943-2003), laureata in Legge e con vari diplomi medici, è stata missionaria laica in Kenya e in Somalia, dove è stata uccisa nel 2003. Ha ricevuto la medaglia d’oro al valore civile della Repubblica italiana.

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IL PUNTO

LE NOSTRE PAROLE DI RIFERIMENTO

Ecco una serie di parole-chiave che ci faranno da guida in questo nostro incontro settimanale e che – soprattutto – dovremo cercare di mettere in pratica:

● Scuola del sapere, ma soprattutto scuola di vita: puntiamo non solo sull’essere istruiti, ma sull’essere umani per crescere come persone e cittadini responsabili.

● Essere se stessi: senza indossare maschere e ricorrere a sotterfugi; ascoltando gli altri senza farsi condizionare da mode e pregiudizi.

● Intelligenti: come indica l’etimologia (intus-legere, «leggere dentro»), non è intelligente chi si ferma alla superficie delle persone e delle cose, ma chi sa andare in profondità e vede oltre.

● Sapienti: sapiente è chi sa conciliare mente e cuore: un sapere tutt’altro che facile da acquisire nella vita.

● Empatici: capacità di mettersi nei panni degli altri; di gioire e soffrire insieme a quanti ci sono più vicini (“prossimi”, secondo il linguaggio evangelico).

● Respons-abili: “abili” nel dare risposte, capaci di crescere in modo maturo, nel rispetto di se stessi, degli altri e dell’ambiente.

SPUNTI OPERATIVI

● Indicate con un punteggio da 1 (molto poco) a 10 (moltissimo) se le espressioni elencate in rosso fanno parte di voi; poi confrontatevi con gli altri.

● Siete d’accordo con quanto a erma il cardinale Zuppi che a scuola è carente l’educazione spirituale?

(Victor Sklovskij, letterato russo)

C’è bisogno di un’educazione spirituale

«C’è bisogno dell’insegnamento della religione per capire il mondo dove siamo, le nostre radici. Continuo spesso a dire: come si può capire veramente Manzoni, o Dante, o la storia dell’arte, o buona parte della loso a, senza avere una formazione culturale (non catechetica) religiosa di base?».

(Card. Matteo Zuppi, in L’Osservatore Romano, 3 settembre 2022)

Alcuni buoni motivi per scegliere l’IRC

• Un’ora in cui si fa cultura e ci si interroga sul valore e l’importanza che ha avuto, e continua ad avere, la religione nel mondo.

• Un’opportunità per conoscere e approfondire le religioni, in modo speci co quella cristiano-cattolica, parte integrante della nostra storia, arte e letteratura.

• Un’occasione di confronto, di incontro e di crescita, ri ettendo insieme sui grandi interrogativi dell’essere umano.

• Un’opportunità di dialogo e di insegnamento di vita per crescere come cittadini maturi e responsabili.

23 Tema 1 Compagni di viaggio
« Vi auguro felicità, vi auguro inquietudine, sonni agitati e sete di futuro…»

P ché l’ora di religione? SINTESI INCLUSIVA

2.

È un’occasione per confrontarsi con gli altri.

È un’occasione per riflettere sulle grandi domande esistenziali.

Forse anche tu ti chiedi Perché fare religione? ”. Le risposte possono essere tante…

La scuola s’interessa di tutte le forme di conoscenza, e quindi anche di quella religiosa.

DIBATTITO

La religione fa parte del nostro patrimonio culturale, in particolare quella cristianocattolica.

Ci fa conoscere tutte le religioni, non solo quella cristiano-cattolica.

È un’occasione per scoprire un ambito fondamentale della ricerca umana..

Dopo aver formato due gruppi, uno a favore e l’altro contro, discutete tra voi la seguente affermazione: «Frequentare l’ora di religione a scuola è importante per tutti, non importa se credenti o meno». Ogni gruppo porterà le proprie argomentazioni per la discussione in classe.

RICORDA

«A che serve? Se non ci fermiamo solo a quello che ci sembra utile a prima vista, scopriremo che sono proprio le cose che “non servono” quelle che danno senso e valore alla vita».

DOMANDE

Individua quali affermazioni sono vere (V) e quali false (F).

1. Non è possibile comprendere la società contemporanea senza tener conto della religione.

2. Conoscere la religione è una competenza che spetta solo ai credenti.

3. L’IRC non è una disciplina scolastica.

4. La religione fa parte della storia dell’umanità.

5 La religione cattolica non fa parte del nostro patrimonio culturale

6. Anche l’intelligenza del cuore è importante.

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□ V □ F
□ V □ F
□ V □ F
□ V □ F
□ V □ F
□ V □ F
1. 3. 6. 4. 5.

PRATICA#MENTE 1

1 Con l’espressione “Figli di Abramo” si intendono: Isacco e Ismaele Le tre religioni monoteiste Gli ebrei I musulmani

2 A quale religione appartengono questi simboli?

METTI ALLA PROVA LA TUA CULTURA RELIGIOSA!

7 Cosa sono le “Dieci Parole”?

8 Indica se le seguenti espressioni sono vere o false per un cristiano:

• Gesù è uomo e Dio.

• La Pasqua è una festa solo cristiana.

• San Paolo è stato uno dei 12 apostoli n dall’inizio.

• Giovanni il Battista ha scritto il 4° Vangelo.

• Gesù ha predicato per circa 3 anni.

• La Pentecoste è la festa che ricorda l’ascensione di Gesù al cielo.

• La Pasqua si celebra sempre a ne marzo.

3 Indica con una crocetta se le seguenti espressioni sono vere o false:

• Il libro sacro degli ebrei è il Corano. □ V □ F

• La Trinità è un concetto tipico dell’ebraismo. □ V □ F

• I musulmani sono politeisti. □ V □ F

4 Abbina le seguenti parole ai rispettivi protagonisti: Dieci Parole, Patriarca, Vangelo di, Ottuplice sentiero, Islam, Discorso delle beatitudini - ai rispettivi

protagonisti:

• Buddha

• Luca .................................................................................

• Abramo ...........................................................................

• Maometto .......................................................................

• Gesù ................................................................................

• Mosè ................................................................................

5 A chi si riferisce l’espressione “fulminato sulla via di Damasco”?

• ad un personaggio dell’Iliade □

• ad un protagonista del Risorgimento □

• a San Paolo □

• a San Pietro □

6 Nel brano che segue vi sono quattro gravi errori: individuali e poi scrivi la correzione.

Gesù predicò in Palestina la venuta del Regno di Dio, mettendosi a capo di un gruppo di ribelli contro la dominazione romana. Molta gente lo seguiva. Per questo Barabba, rappresentante di Roma, lo condannò alla morte in croce. Ma dopo sette giorni Gesù risuscitò, dimostrando che non era un semplice uomo, ma il Figlio di Dio. I suoi 13 apostoli annunciarono la sua “Buona Notizia” (o Vangelo) al mondo.

• Gesù apparteneva al popolo ebraico.

• I Vangeli sono cinque.

• La croce è un supplizio ebraico.

9 I sacramenti cristiano-cattolici sono sette. Ne ricordi almeno tre?

1. .........................................................................................

2. .........................................................................................

3. .........................................................................................

10 Dei 73 libri che compongono la Bibbia cristiana (suddivisa in Antico e Nuovo Testamento) sei in grado di elencarne almeno quattro (due dell’Antico Testamento e due del Nuovo Testamento)?

1 ..........................................................................................

2

3

4

11 Cos’è la Trinità per i cristiani? ............................................................................................

12 Nell’elenco riportato vi sono due parole estranee al cristianesimo. Quali sono?

Chiesa riformata, anglicana, valdese, metodista, sikh, ortodossa, parsi, quaccheri.

1 ..........................................................................................

2 ..........................................................................................

AUTOCORREZIONE

Chiedi al docente di farti controllare le risposte esatte nella Guida per l’insegnante e poi conteggia i punti realizzati con questo criterio:

2 punti: risposta esatta - 1 punto: risposta non completa

0,5 punti: risposta esatta solo in parte - 0 punti: risposta errata.

Risultati: 20-24: conoscenza approfondita del cristianesimo.

15-19: buona conoscenza generale. 9-14: conoscenza su ciente.

8-3: conoscenza scarsa. 0-2: questa è un’ottima occasione per imparare!

25 Tema 1 Compagni di viaggio
....................................................................................
1 2 3 4
□ V □ F
□ V □ F
□ V □ F
□ V □ F
□ V □ F
□ V □ F
□ V □ F
□ V □ F
□ V □ F
□ V □ F
..........................................................................................
..........................................................................................
..........................................................................................

(Robert Andrews Millikan, premio Nobel per la sica 1923)

Dibattito

Che ne pensate di questa a ermazione? Condividete le parole dello scienziato che parla di «forze sorelle»? Motivazioni PRO ......................................................................

Prendendo spunto dalla realtà:

Dario Viale, classe 1961, piemontese, è un campione della corsa in alta montagna. Certo, adesso non è più giovanissimo e non gareggia più a livello internazionale, ma in montagna ancora corre! La sua è una passione che ha coltivato n da ragazzo e che gli ha permesso di distinguersi nelle più prestigiose e di coltose competizioni del mondo, come la Himalaya Marathon, che ha vinto nel 1987. Nello stesso anno ha raggiunto un record, per lui ancora più importante: la corsa no alla vetta del Monviso, la “sua” montagna, in 1 ora,48 minuti e 54 secondi, record che ha detenuto per oltre trent’anni. A chi ancora oggi, vedendolo a aticato e stanco dopo l’ennesima corsa in montagna, gli chiede: «Ma chi te lo fa fare?», rispondesereno: «Non lo so, ma so che la vita senza le passioni sarebbe ben poca cosa, una sterile e noiosa attesa

del trapasso». E per voi quali sono le cose per cui vale la pena faticare nella vita? Pensateci su e poi scrivete il vostro podio:

1. ...............................................................................................

2. ...............................................................................................

3 ................................................................................................

Attività interdisciplinare

Il Tema 1 parla di scuola, un argomento trasversale a tutte le discipline. Scrivi liberamente:

• Per me la scuola è .................................................................

• In questo nuovo anno scolastico mi aspetto .....................

• Una cosa che detesto è .......................................................

Dal mondo dei social

Ecco una voce laica che vede nella religione un importante contributo per realizzare una società più solidale e umana. Siete d’accordo con quello che a erma la cantante Noa? In ogni caso, motivate brevemente per iscritto la vostra opinione. ...................................................................................................

Non sono religiosa...

«Io non sono religiosa, però la religione è nella vita di tanti. Quindi ben vengano leader che diano valore all’umanità e alla generosità, alla compassione e all’inclusività: valori che dovrebbero essere il centro di qualsivoglia credo. Ecco, papa Francesco lo fa: è umano, umile, aperto, giusto.»

(Noa, cantante di origine israeliana, inScarp de’ tenis, aprile 2021)

26 FRAMMENTI PER RIFLETTERE PRATICA#MENTE 2
................................................................................................... Motivazioni CONTRO .............................................................. ................................................................................................... ................................................................................................... Altro .......................................................................................... ...................................................................................................
................................................................................................... ...................................................................................................
« La religione e la scienza nelle mie analisi sono due grandi forze sorelle che hanno tirato, e stanno tirando, l’umanità verso l’alto.»

(Bibbia, Proverbi 4,5)

Frammenti di spiritualità

Di quale “sapienza” e “intelligenza” si parla nel brano della Bibbia citato?

Buone notizie

BOKO HALAL contro BOKO ARAM

I ragazzi del nord del Camerun si sono inventati un contro-slogan: «La scuola (boko, letteralmente “il libro”) è cosa buona (halal) e non è peccato (haram)»; così resistono alla distruzione e all’ignoranza rappresentato da Boko Haram (letteralmente: «La scuola – occidentale – è peccato, quindi “proibita”». Boko Haram è un’organizzazione integralista islamica, nata in Nigeria nel 2002, ma di usa in molti paesi africani. I giovani cristiani del Camerun settentrionale, gridando che la scuola è buona, rispondono alla violenza e all’oscurantismo degli integralisti con le “armi” dell’istruzione e della solidarietà.E per voi la scuola che cos’è?

Un Film

Les Choristes. I ragazzi del coro, di Christophe Barratier, Francia 2004, 97’: meno conosciuto rispetto al più famoso L’attimo fuggente (1989), questo lm mette bene in risalto l’importanza di materie considerate “marginali” nella scuola, ma che possono suscitare passione ed entusiasmo tra i giovani, anche tra quelli più di cili. Il lm narra di un direttore d’orchestra, famoso in tutto il mondo, che ricorda la sua infanzia trascorsa in un collegio retto da un direttore estremamente severo, e del suo assistente che accetta di lottare contro il suo superiore in nome di metodi di insegnamento basati sul dialogo e sulla comprensione.

27 Tema 1 Compagni di viaggio
...................................................................................................
.............................................................................................. .............................................................................................. Autovalutazione Ho trovato questo Tema: Ho imparato: ..................................................................................................................................................................................... Molto interessante Interessante Poco interessante Noioso Di cile
«Acquista la sapienza, acquista l’intelligenza; non dimenticare le parole della mia bocca e non allontanartene mai»

Un legame tra cielo e t ra 2

Con il 2° Tema entriamo nella nell’argomento della cultura religiosa a scuola, partendo da una provocazione: a che cosa serve la religione?

La risposta ci aiuterà a capire quali sono le basi conoscitive dell’esperienza religiosa e perché è importante conoscerla.

Come indica la stessa etimologia di “religione”, si tratta di un legame (in latino religio) tra la terra e il cielo, e questa sorta di ponte accompagna la storia dell’umanità n dalle sue più remote origini, come ci insegnano le scienze che studiano le origini dell’uomo.

IL PERCORSO CHE FAREMO

I contenuti digitali speciali
PER CONCLUDERE • Il punto 54 • Sintesi inclusiva 55 • Pratica#mente 56
• A che cosa serve? 30 • Dove nasce la religione? 32 • Non tutto si capisce 34 • Le prime testimonianze 36 • Miti, riti e simboli 39 • Una presenza costante 41 • Non è un’illusione 42 • Cosa non è “religione” 44 • D/Le religioni dell’antichità 46

chi? Who? dove? Wh e? quando? When? cosa? What? perché? Why?

Il tema vuole far conoscere agli studenti il legame che unisce la terra e il cielo e approfondire questa speciale relazione, il “bisogno” spirituale che attraversa tutta la storia dell’umanità.

is eme aims to introduce students to the tie connecting the earth and the sky and to explore with them this unique relationship, the spiritual “need” which goes through the entire history of mankind.

Il percorso sarà fatto in classe, ma oltrepasserà le limitate e sottili pareti delle nostre aule per aprirsi alla realtà della vita e del mondo stesso.

Nel nostro incontro settimanale avremo modo di ampliare gli orizzonti, interrogandoci sull’origine della religione e sulla sua importanza come “testimonianza dell’invisibile”.

is path is going to take place in class, but it will go beyond the limited and thin walls of our classrooms, in order to open to the reality of life and the world itself.

During our weekly meeting, we’ll have the opportunity to widen our horizons, wondering about the origin of religion and about its importance as a “testimony of the invisible”.

Parleremo di legami profondi, di ponti tra l’umano e il divino, anche se non è facile comprenderlo razionalmente. Infatti, occorre “sapienza” per intuire che “ci vuole tutta una vita per capire che non si può capire tutto”.

We’re going to talk about deep ties, bridges between human and divine, even if it’s not easy to understand it rationally. Indeed, we need “wisdom” to know that it takes a lifetime to understand that you cannot understand everything.

Conoscenze

• Gli interrogativi universali dell’essere umano: origine e futuro del mondo e dell’uomo, il senso della vita e della morte, le speranze e le paure…

• Le risposte che dà il cristianesimo, anche a confronto con le altre religioni.

ABILITÀ

• Riconoscere il valore culturale del linguaggio religioso, in particolare quello cristianocattolico nell’interpretazione della realtà.

• Ri ettere sulle proprie esperienze personali e di relazione con gli altri; porsi domande di senso nel confronto con l’esperienza religiosa.

La ricerca religiosa dell’essere umano a onda le sue radici lontano nel tempo, n dall’antichità più remota. Ma quella religiosa è una presenza a ascinante e costante che pensiamo valga la pena conoscere.

e human being’s religious research is rooted far away in time, in the earliest antiquity. However, the religious presence is a fascinating and constant presence that we think is worth knowing about.

COMPETENZE

• Costruire un’identità libera e responsabile, ponendosi domande di senso.

• Sviluppare un maturo senso critico e un personale progetto di vita.

• Valutare la dimensione religiosa della vita umana.

Un legame tra cielo e t ra

1. A che cosa s ve?

Lo sappiamo. Quando parliamo di cose che non hanno una loro immediata materialità, ci poniamo la stessa domanda di Giada, l’alunna della vignetta: «Ma a che cosa serve?».

La religione non c’entra tanto, ad esempio, con l’ultimo modello di cellulare o con un abito firmato, ma sappiamo molto bene che nella vita ci sono cose che, anche se non appaiono in modo eclatante o che sembrano non servire, sono comunque importanti.

Giada non è la prima a porre questo genere di domande. Già nell’antichità un grande filosofo e scienziato greco, Aristotele (vissuto tra il 384 e il 322 a.C.), ritenuto una delle menti più universali e innovative, a chi lo interrogava sull’utilità della filosofia rispondeva dicendo: «Non serve a nulla!», ma aggiungeva: «Proprio perché non ha interessi immediati, è il sapere più nobile». Non soltanto per la filosofia ma anche per la poesia, la musica, l’arte, la religione, ci si può chiedere a che cosa servano. Se ci fermiamo un attimo a riflettere, potremo scoprire che proprio le cose che apparentemente “non servono” sono quelle che danno valore e senso alla vita

Il filosofo e scrittore Umberto Galimberti scrive: «Il linguaggio della religione fa parte di quella “stupenda storia emotiva dell’uomo”, che nessuna tecnica potrà sopprimere. Come la poesia, la musica, l’arte, fa parte del linguaggio intuitivo/simbolico, quello che parla soprattutto al cuore».

L’osservazione di Galimberti (che si dichiara non credente) ci permette di sottolineare che il nostro modo di conoscere non si basa soltanto sulla ragione, sulla scienza e sulla tecnica, ma anche sull’intuizione.

Questi due sistemi di conoscenza – ragione e intuizione – (pur nelle loro differenze) dovrebbero richiamarsi reciprocamente ed essere in costante equilibrio tra loro, come suggerisce il disegno accanto.

30

Ci ricorda che la vita ha un senso

Come più volte avremo modo disottolineare in questo libro, la religione – attraverso le sue molteplici espressioni (ovvero le diverse religioni presenti nel mondo) – ci ricorda che la vita umana è qualcosa di unico e di prezioso, e va affrontata e vissuta pienamente.

Ricordate il riferimento a Matteo Gamerro nel Tema 1?

Con la sua speciale sedia a rotelle, trainata dai suoi “angeli custodi”, Matteo cammina per ricordarci che la nostra vita è una continua scoperta che dobbiamo utilizzare al meglio, conservando dentro di noi la capacità di sognare, nonostante tutto.

Serve a uscire dalla botte

In una famosa raccoltadi poesie, Antologia diSpoon River, l’autore prende spunto da ciò che è scritto sulle lapidi di un piccolo cimitero di un paesino immaginario (Spoon River, appunto) per raccontare la vita delle persone che vi sono sepolte, smascherando debolezze e ipocrisie. In una di queste, dedicata ad un bottaio, ironizza sulla vita di chi, chiuso in se stesso, è incapace di vedere oltre la propria botte. Leggiamo insieme la poesia.

Effettivamente è facile confondere la botte di se stessi, fatta spesso di tante regole fittizie e di apparenze, con la vita stessa. La religione “serve” proprio per uscire fuori da un orizzonte limitato e vedere oltre, trovando un senso e una speranza, senza limiti.

Le ragioni che ci offre sono soprattutto quelle “del cuore”, quelle che nella nostra bilancia abbiamo chiamato la “conoscenza per intuizione attraverso i simboli”.

Come ricorda lo scrittore Alessandro Baricco: «A volte le parole non bastano. E allora servono i colori, le forme, le note. E le emozioni».

SPUNTI OPERATIVI

● Che ne pensate del sistema di conoscenza che mette in risalto la nostra bilancia? Vi convince?

● Provate anche voi a dare, in modo sintetico, la risposta alla domanda: a che cosa serve la religione?

Gri y il bottaio

Il bottaio deve intendersi di botti. Ma io conoscevo anche la vita, e voi che gironzolate fra queste tombe credete di conoscere la vita. Credete che il vostro occhio abbracci un vasto orizzonte, forse, in realtà vedete solo l’interno della botte. Non riuscite a innalzarvi no all’orlo e vedere il mondo di cose al di là, e a un tempo vedere voi stessi. Siete sommersi nella botte di voi stessi – tabù e regole e apparenze sono le doghe della botte. Spezzatele e rompete la magia di credere che la botte sia la vita, e che voi conosciate la vita!

(E.L. Masters, Antologia di Spoon River)

31 Tema 2 Un legame tra cielo e terra
Edgar L Ma s Edgar Lee Masters (1868-1950) è stato un avvocato e poeta statunitense, noto soprattutto per aver scritto l’Antologia di Spoon River (1915).
« Una mente tutta logica è come un coltello tutto lama. Fa sanguinare la mano che lo usa».
(Rabindranath Tagore, poeta bengalese)

2. DOVE NASCE la religione?

Il poeta Ovidio, vissuto tra il 43 a.C. e il 18 d.C., scriveva: «Ha dato all’uomo un viso sublime e volle che guardasse il cielo e che sollevasse lo sguardo in alto, verso le stelle (...os homini sublime dedit caelumque videre iussit et erectos ad sidera tollere vultus)» La citazione, tratta dalle Metamorfosi, sta ad indicare che l’essere umano, a differenza degli animali, non è fatto per guardare in basso, ma per sollevare lo sguardo verso il cielo.

In questo senso si parla di “viso sublime”, perché ogni individuo è chiamato a non fermarsi alla terra preoccupandosi solo delle cose terrene, ma a sollevare lo sguardo verso l’alto, superando se stesso. La religione quindi è una delle attività più elevate e importanti nella storia dell’uomo. Infatti, tra le varie etimologie di “religione”, quella che ha prevalso parla di “legame” (re-ligio): una sorta di ponte o di filo che collega la terra al cielo, e il cielo alla terra. Per questo, fin dai tempi più remoti, sono molte le testimonianze che ci richiamano ad una forma, più o meno rudimentale, di religiosità.

Oggi, come nel più lontano passato, c’è qualcosa dentro l’essere umano che lo spinge a non fermarsi a ciò che vede o percepisce con i sensi e che lo invita a «guardare lontano», «oltre» se stesso. Questa spinta interiore non riguarda ovviamente solo la ricerca religiosa, interessa vari campi (tra cui la filosofia, la poesia, la musica, l’arte…), ma è indubbio che ha trovato nella religione (e nelle sue varie manifestazioni storiche, che sono le religioni) una delle espressioni più complete.

In principio lo stupore

«In principio Dio creò il cielo e la terra»: con queste parole inizia la Bibbia, il libro sacro della tradizione ebraico-cristiana, descrivendo l’azione creatrice di Dio. Sono parole semplici ma dense di poesia e di suggestione, che soltanto l’arte riesce in qualche modo ad uguagliare. Ci vengono in mente le immagini iniziali del film Genesi. La creazione e il diluvio, del regista Ermanno Olmi (1994). Immagini poetiche e toccanti, che conservano ancora oggi il fascino e la forza di stupirci.

Si parla di un anziano pastore nomade che racconta la creazione al proprio nipotino. Questi, accoccolato sulle ginocchia del nonno, partecipa meravigliato e stupefatto al suo racconto. Davanti agli occhi del bambino scorrono le immagini di una natura incontaminata, dai colori forti e contrastanti, indimenticabili per simbologia e bellezza. Quelle immagini, a commento del racconto del vecchio, esprimono lo stupore e il fascino di chi, con occhi semplici e meravigliati, sta di fronte alla grandezza e alla maestosità del creato. Un sentimento che non ha età, e che ancora oggi è capace di emozionare chiunque si fermi a osservare con attenzione (cioè a “contemplare”) ad

Vincent van Gogh

Vincent van Gogh (1853-1890), pittore olandese, è considerato uno dei più grandi artisti di sempre. Fu autore di quasi 900 dipinti e di altrettanti disegni, ma la sua vita è stata segnata da di coltà e povertà. Si racconta che, pur avendo realizzato tante opere, ne abbia venduta in vita soltanto una. La grande fama artistica di van Gogh arrivò soltanto dopo la sua morte.

32
Van Gogh, Notte stellata, 1889, New York, Museum of Modern Art.

esempio la bellezza di un tramonto o le variopinte sfumature dei colori della natura.

Per capire ciò che chiamiamo “religione” bisogna partire dal senso di stupore e di ammirazione che scaturisce in noi ogni volta che, liberi da pregiudizi, ci interroghiamo sull’origine delle cose o contempliamo la bellezza che ci circonda. Già gli antichi greci dicevano che dalla meraviglia nascono le esperienze più profonde e più vere dell’uomo. Ciò riguarda la religione, ma anche l’arte, la musica, la filosofia.

Il bisogno di eterno

Come esprime bene il pittore Vincent Van Gogh, commentando il suo celebre dipinto Notte stellata, l’esperienza religiosa nasce da quel bisogno di uscire di notte per dipingere le stelle.

L’artista scriveva ad Arles, in Francia, nel 1883: «Con un quadro vorrei poter esprimere qualcosa di commovente come una musica. Vorrei dipingere uomini e donne con un non so che di eterno, di cui un tempo era simbolo l’aureola, e che noi cerchiamo di rendere con lo stesso raggiare, con la vibrazione dei colori». La religione esprime il bisogno di infinito che interroga e trasforma la vita. Nel dipinto, Van Gogh non si limita a riprodurre semplicemente la realtà così com’è, ma va “oltre”, interiorizzando e trasformando ogni cosa. Si tratta del suo «viaggio dell’anima»: ecco perché il grande cipresso, in primo piano nel dipinto – come ci suggerisce lo stesso pittore – è un «obelisco egiziano che si staglia contro il cielo notturno», una specie di intermediario tra la terra e il cielo, tra la vita e la morte. Più che a un albero, infatti, assomiglia a una fiamma scura che si si erge al cielo alla ricerca dell’infinito.

La religione è la capacità di meravigliarci per quello che accade dentro e attorno a noi. È un invito a riflettere sulla presenza di una forza superiore che è all’origine di tutto. Chi ha una fede religiosa chiama questa forza Dio, o comunque Qualcosa o Qualcuno che è superiore all’essere umano e alla natura. Chi, invece, pensa che non esista nessun Dio (e non si preoccupa più di tanto di interrogarsi sulle origini della vita e del mondo) si affida alla ragione (al destino o al caso), ritenendo che queste siano spiegazioni più che sufficienti. Noi crediamo che la religione ci sarà sempre perché la ragione, da sola, non riuscirà mai a dare risposte soddisfacenti alla sete di assoluto presente nell’uomo e alle domande più intime che lo accompagnano in tutto l’arco della sua vita.

alla bellezza

SPUNTI OPERATIVI

● Cercate on-line (su RaiPlay) il lm di Olmi Genesi. La creazione e il diluvio e guardate le scene iniziali.

● Raccontate in quali occasioni provate «meraviglia».

Fede dal latino des, « ducia». Atteggiamento interiore di chi ripone la sua ducia in Dio o in qualcosa di superiore all’uomo; indica anche l’adesione, personale e libera, ad una religione.

Etimologia di religione

La parola “religione” deriva dal latino religio, ma non c’è accordo tra gli antichi sul suo signi cato. Per Macrobio, vissuto tra il IV e il V secolo d.C., il termine ha origine da relinquere («abbandonare»), in quanto la religione privilegia il «sacro» sul «profano». Per Cicerone (106-43 a.C.) la parola deriva da relegere («rileggere»), con il signi cato di «considerare diligentemente le cose che concernono il culto degli dèi»: sottolinea l’importanza che hanno i riti e i doveri religiosi.

Per Lattanzio (260-330 d.C.), scrittore cristiano, ha origine da re-ligare («legare insieme» o «unire»), indicando «il vincolo di pietà che unisce a Dio».

Quest’ultima de nizione fu quella che ebbe più successo, arrivando no ai nostri giorni.

33 Tema 2 Un legame tra cielo e terra
«
È da ammirare chi sa commuoversi di fronte a un sole che tramonta, alla fragilità di un bambino,
di un fiore che sboccia, alla sincerità di un sorriso».
(Anonimo)

NON TUTTO si capisce

i sono tante persone che non credono in Dio e non aderiscono a nessuna religione. La libertà è uno dei più importanti valori dell’essere umano, da salvaguardare e difendere sempre, anche da questo punto di vista. Ma quando si parla di “bisogno di eterno” non s’intende una scelta “pro o contro” Dio; in ogni persona c’è una ricchezza interiore, che chiamiamo “dimensione spirituale”, indipendentemente dall’adesione a una visione religiosa della vita. Solo in quest’ultimo caso si parla di “dimensione religiosa”. Cerchiamo di capire bene questa distinzione.

La spiritualità è una dimensione essenziale dell’esistenza umana. Tutti hanno la possibilità di coltivare una propria spiritualità e fare esperienza di eterno, di assoluto. In questo senso dichiararsi “ateo” non significa affatto negare una propria ricerca interiore, porsi degli interrogativi e mettere alla base della propria vita validi principi etici. In questo senso la “dimensione spirituale” è un grande valore umano che deve essere coltivato e custodito da tutti, indipendentemente dalle scelte strettamente religiose.

La religione, invece,più che una domanda è una risposta. Alla domanda di senso – che è universale – la religione dà una propria risposta che, dal punto di vista storico e culturale, si trova nelle varie tradizioni religiose. Quindi la dimensione religiosa è un insieme di credenze organizzate, di pratiche cultuali e comportamenti etici, finalizzati ad instaurare un rapporto con il Trascendente, vissuto dal credente come un legame (re-ligio).

Quando noi parliamo – come nella scheda precedente – di stupore e timore di fronte al mistero, siamo ancora nella sfera della dimensione spirituale. Infatti, di fronte alla bellezza o a qualcosa che ci colpisce nel profondo, ci chiediamo se tutto è frutto del caso o se è opera di un progetto intelligente. Ci sono momenti della vita in cui alcuni interrogativi esistenziali (Chi sono? Qual è il senso della vita? Con la morte termina tutto?) si fanno più acuti ed esigono delle risposte: queste possono essere molteplici, ma può capitare che ci si sottragga – più o meno volontariamente –ad esse, banalizzando un po’ tutto. Però non si può sfuggire per sempre davanti a certi interrogativi. Le risposte alle grandi domande, in ultima analisi, si riducono comunque a due, anche se con sfumature e articolazioni differenti:

(André Comte-Sponville, Lo spirito dell’ateismo)

Trascendente

proprio dell’essere divino, la cui realtà ed esistenza vanno oltre il mondo, l’esperienza e la conoscenza umana. Si oppone a immanente (dal latino in-maneo, “rimango in”), che indica una realtà interna a ciò che è umano.

34 3.
Non essere credenti non significa rinunciare alla spiritualità».

1. All’origine di tutto c’è Dio, o comunque una forza superiore all’uomo e alla natura (scelta religiosa);

2. Non c’è alcun Dio o forza superiore, ovvero è sufficiente il ragionamento umano per dare una spiegazione alle cose (scelta non religiosa o laica). Quest’ultima risposta, che nega l’esistenza di Dio o di una realtà superiore, conferma che la dimensione religiosa – a differenza di quella spirituale – non è scelta da tutti; ci sono molte persone che non credono in nessun “legame” tra la terra e il cielo. Anche la scelta “non religiosa”, come tutte le scelte importanti fatte con responsabilità, esige rispetto e comprensione da parte del credente. Le persone che non credono hanno spesso, alla base della loro vita, valori importanti quali la giustizia, la solidarietà, la ricerca della verità.

Per il credente la ragione non basta

Le due scelte, quella religiosa e quella laica, portano ovviamente a posizioni opposte. Secondo un antico detto, attribuito a Confucio, «ci vuole tutta una vita per capire che non si può capire tutto». Chi crede in Dio, o comunque in una forza superiore, ha la convinzione che la ragione umana non può comprendere tutto: è il punto di partenza per aprirsi al discorso religioso. Infatti, tutti coloro che si riconoscono nella dimensione religiosa – anche se appartenenti a fedi differenti – hanno in comune queste convinzioni:

«L’ultimo passo della ragione è riconoscere che vi è un’in nità di cose che la superano» (Blaise Pascal). Questa ammissione è alla base della dimensione religiosa, per la quale nulla è frutto del caso. Se una persona è convinta che la ragione umana possa comprendere ogni cosa, difficilmente si aprirà alla dimensione religiosa.

«La scienza non riesce a dare una risposta totale. Quindi il mistero c’è certamente.» (Margherita Hack). Per chi crede, la vita dell’uomo trova il suo pieno significato solo aprendosi alla trascendenza, cioè andando al di là di tutto quello che è umano. Infatti – come sostiene l’astrofisica – la scienza, da sola, non può spiegare tutto. La ragione non riuscirà mai a dare risposte soddisfacenti alla sete di assoluto presente nell’uomo.

«Si diventa credenti come si diventa innamorati. La fede coglie dei segni che non si toccano, ma è certa di essi» (Graham Greene). Come non si chiede all’innamorato la dimostrazione razionale del suo amore, così non si può chiedere al credente le prove scientifiche della sua fede; «il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce», diceva ancora Pascal. La religione sostiene che non si conosce solo tramite il metodo logico-matematico, a torto considerato troppo spesso come l’unico valido, ma anche con il sistema intuitivo-simbolico, quello della conoscenza attraverso il cuore.

SPUNTI OPERATIVI

E per voi cosa signi ca credere? Dopo averci ri ettuto, provate a rispondere con una frase, un’immagine o una parola. Poi discutetene in classe.

Laica/o

dal greco laikós, «uno del popolo». Il termine ha assunto molteplici signi cati, tra cui “chi non fa parte del clero”. In genere sta ad indicare qualcosa o qualcuno non legato ad un riferimento religioso, col signi cato equivalente di agnostico o ateo.

Margh ita Hack

Margherita Hack (1922-2013) è stata un’astronoma italiana di fama mondiale. Costantemente impegnata nella divulgazione scienti ca, ha studiato in particolare l’evoluzione stellare. È stata la prima donna a dirigere l’Osservatorio astronomico di Trieste dal 1964 al 1987.

35 Tema 2 Un legame tra cielo e terra
« Il cuore è una finestra aperta sull’infinito».
(Benedetto XVI)

4. LE PRIME t timonianze

Paleolitico

dal greco palaios («antico») e lithos («pietra»), indica l’età della «pietra antica», lo stadio più antico della presenza umana sulla terra.

La nascita dei riti funerari

Gli uomini di Neanderthal (omìnidi originari dell’Europa centrale e meridionale, considerati una sottospecie dell’Homo sapiens) costituirono delle società complesse, con forti legami tra i loro membri: per esempio, è stato provato che curavano i feriti. D’altra parte, furono i primi esseri umani che seppellirono i propri defunti. Le sepolture venivano eseguite in fosse protette da lastre di pietra, scavate quasi sempre nelle stesse caverne o anfratti che servivano da abitazione. Queste ancestrali sepolture sono venute alla luce sia in Europa, soprattutto in Francia, sia in Medio Oriente. Per esempio, a Shanidar (Iraq) è stata scoperta una fossa circondata da pietre che conteneva nove scheletri di uomini di Neanderthal, due adulti e sette bambini; questi corpi, a quanto pare, sarebbero stati deposti su un letto di ori. (Da Storia universale, vol. 1: Preistoria e prima civiltà, Torino 2013).

Come esplicita la vignetta, non sappiamo con precisione quando la religione è comparsa sulla terra, ma sappiamo che la religiosità accompagna i pensieri e le azioni dell’uomo fin dai tempi più remoti. La paleoantropologia, scienza che studia l’evoluzione dell’uomo attraverso lo studio dei resti fossili degli ominidi, ci dimostra la presenza di tracce che si ricollegano a forme di religiosità, fin dai periodi più arcaici.

La religiosità nel Paleolitico

Non abbiamo testimonianze certe sulla religiosità nella preistoria, ma già nel Paleolitico inferiore è possibile riscontrare delle rudimentali attenzioni nei confronti del defunto: per esempio, il corpo viene sepolto con accanto armi e cibo, il che fa ipotizzare una primitiva credenza nella vita dopo la morte.

Ma le testimonianze più evidenti di tipo religioso, anche se piuttosto confuse con le pratiche magiche, risalgono al Paleolitico medio (inizia tra i 300.000 e i 120.000 anni fa e termina circa 40.000-35.000 anni fa). Molti ritrovamenti confermano che l’uomo primitivo credeva in

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Arte rupestre risalente al Paleolitico superiore, Altamira, Spagna.

forze misteriose, capaci di modificare la realtà a proprio favore. In questa fase preistorica è però praticamente impossibile distinguere le pratiche magiche da quelle religiose, perché lamagia, pur essendo diversa dalla religione, spesso si confonde con essa. Comunque, almeno a livello teorico, la distinzione è chiara: la religione è sottomissione dell’uomo al divino, la magia pretende di impadronirsi del divino e adoperarlo a suo favore. Ecco perché la maggior parte dei reperti che ci vengono dalla preistoria sono più magici che religiosi; rappresentano per lo più battute di caccia che si concludono sempre in modo positivo o riti legati alla fertilità: si trattava di veri e propri riti propiziatori, cioè finalizzati a ottenere l’aiuto di potenze soprannaturali per la buona riuscita delle imprese raffigurate. Il Paleolitico superiore (dal 40.000-35.000 a.C. al 10.000 circa a.C.) è dominato dalla fi gura dell’ homo sapiens: i defunti venivano accompagnati da una sorta di corredo funebre (lame di selce, pendagli, collane di conchiglie, denti di cervo). Il corpo del defunto era inoltre ricoperto di ocra rossa, un colore che aveva probabilmente un signifi cato simbolico, essendo il rosso segno della vita e della salute. Queste pratiche fanno pensare alla credenza dell’uomo preistorico in un’ anima che sopravviva alla morte. Sono più di 120 le caverne in tutto il mondo che conservano sulle pareti delle raffi gurazioni di animali risalenti al Paleolitico superiore. Questi siti sono stati rinvenuti per lo più in Francia e nella Spagna del Nord. Testimonianze di arte rupestre sono state scoperte anche in Italia, in Valcamonica, un’area alpina della Lombardia orientale che si estende per circa 70 chilometri. Le sue grotte, ricche di incisioni, sono state dichiarate Patrimonio mondiale dell’Unesco nel 1979.

La religione nel Neolitico

Il periodo del Neolitico (8000-5000 a.C. circa) dal punto di vista religioso si caratterizza per l’adorazione degli animali (uccelli, serpenti e coccodrilli), l’edificazione di rudimentali luoghi di culto e la presenza delle prime figure di sacerdoti a servizio della comunità. Ma anche in questo periodo il fenomeno religioso principale sono i riti funerari. Il defunto viene sepolto con le gambe piegate nella posizione del sonno. Spesso i teschi umani sono rimodellati in argilla, talvolta dipinti di rosso, come se fossero oggetto di culto. Anche queste usanze fanno supporre una qualche forma di culto degli antenati. Con l’invenzione dell’agricoltura, si passa dal culto della Dea Madre, simbolo di fecondità e procreazione, a quello della Madre Terra che rappresenta la fertilità. La natura è sempre al centro di tutto, ma l’attenzione si sposta sulla terra che diventa oggetto di venerazione. C’è una somiglianza sim-

Anima

Termine di origine latina che indica la componente non materiale della vita, all’origine delle attività spirituali e della coscienza umana: per molte religioni è separabile dal corpo e immortale.

Neolitico

signi ca età della «pietra nuova», il periodo più recente, a partire dal IX millennio a.C.

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La Dea Madre, detta anche Venere di Willendorf, ritrovata in Austria. Stele antropomorfa utilizzata nelle sepolture e rinvenuta in Lunigiana (IV - I millennio a.C.)

bolica tra la fecondità femminile e quella della terra, anch’essa considerata “madre” perché tutto nasce dalla terra e ogni vivente trae da essa il sostentamento. Anche i sacrifici e le offerte – seppure in parte già conosciuti nel Paleolitico – assumono nel Neolitico grande importanza. Le vittime dei sacrifici sono animali, spesso caprette e agnelli, le offerte consistono nelle primizie, cioè i frutti della terra appena maturati. Offerte e sacrifici sono il contraccambio per ingraziarsi la Dea Terra e garantirsi la sopravvivenza.

I primi edi ci sacri

Con il formarsi delle prime comunità e città vengono costruiti degli edifici con funzioni di culto. Nella pianura mesopotamica, a Tell es-Sawwan, tra gli anni Sessanta e Settanta, in uno di questi edifici sono state rinvenute numerose statuette femminili che ricordano le dee madri del Paleolitico. Ma il ritrovamento più famoso è avvenuto in Anatolia, a Catal Huyuk. All’interno dei resti di quello che era il centro abitato, sono stati riportati alla luce alcuni locali usati per funzioni rituali, con le pareti decorate da bassorilievi raffiguranti corpi femminili e bovini.

I monumenti megalitici

I dolmen (letteralmente «tavole di pietra») sono tra le testimonianze più note dell’età neolitica. Si tratta di monumenti megalitici, cioè costituiti da “grandi pietre”, in cui una lastra di enormi dimensioni veniva appoggiata orizzontalmente su pilastri infitti nella terra. Veniva a formarsi così una sorta di camera che serviva come tomba e forse anche per celebrare il culto. Altri monumenti della civiltà megalitica, probabilmente con funzione astronomica, sono il cromlech (come a Stonehenge in Gran Bretagna) e il menhir («pietra lunga»), gli antenati degli obelischi egizi. I più antichi dolmen sono stati edificati in Portogallo e in Bretagna verso la metà del V millennio a.C.

SPUNTI OPERATIVI

Si suggeriscono degli approfondimenti sulla Dea Madre o sui primi edi ci sacri della storia dell’umanità

Ipotesi sull’origine del sentimento religioso

Gli studiosi hanno elaborato varie ipotesi sulle prime manifestazioni religiose. Queste le principali:

• Il totemismo: viene considerato la prima forma di religione primitiva. Il totem è un oggetto materiale che rappresenta elementi del regno vegetale o animale adorati come divinità in cui certi gruppi umani si identi cano.

• Il feticismo: è il culto reso direttamente a degli oggetti (feticci) considerati di natura magica. Di varia forma e materia ( gurine di legno, cordicelle, capelli...) si credeva fossero dotati di una forza speciale o uno spirito. Per alcuni studiosi è la religione delle origini, trasformatasi poi in politeismo e in ne monoteismo.

• La divinizzazione della natura: le divinità primitive non sono altro che la personi cazione di elementi naturali quali il sole, la luna, il fulmine... L’uomo preistorico li divinizzò perché misteriosi e inspiegabili. Secondo questa teoria, la religione nasce dal timore nei confronti della natura.

• L’idea dell’in nito: secondo altri studiosi, le cose che non è possibile toccare, come il sole e il cielo, hanno fatto nascere nell’uomo l’idea dell’in nito, base della credenza in un Essere supremo.

• L’animismo: è la credenza che tutte le cose abbiano un principio vitale, o anima. Da qui nasce l’idea di una grande anima, o essere superiore, e la credenza in una vita dopo la morte.

• Il manismo: è la teoria che spiega le origini della religione partendo dal culto delle anime dei morti. Gli dèi sono gli antenati o gli eroi che continuano ad in uire sull’esistenza dei vivi; devono essere onorati con o erte e sacri ci.

38 Tema 2 Un legame tra cielo e terra
Il sito archeologico di Stonehenge, in Gran Bretagna.

5. MITI, riti e simboli

Le incisioni rupestri della Valcamonica, in provincia di Brescia, costituiscono una delle maggiori collezioni del mondo di “segni” scavati nella roccia con strumenti appuntiti di vario genere. Esse risalgono al periodo neolitico (4.000 a.C.) e appartengono all’antica popolazione dei camuni. Le incisioni raffigurano varie situazioni di vita (scene di caccia o di lotta, ad esempio), ma ciò che attira l’attenzione del visitatore sono soprattutto le figure umane stilizzate, che vengono raffigurate in posizione eretta e con le mani alzate verso il cielo, nell’atteggiamento dell’orante. È difficile conoscere con certezza – come spiegano gli studiosi – il loro significato o utilizzo, ma è credibile che la loro funzione possa essere ricondotta a riti celebrativi, iniziatici o propiziatori, e quindi a un significato religioso. Anche se in modo approssimativo, possiamo affermare che quelle mani alzate testimoniano che l’essere umano – fin dai tempi più antichi – ha sentito il bisogno di trovare una relazione tra la terra e il cielo. Certamente queste incisioni sono molto suggestive per chi vive una fede religiosa ma occorre attenzione – come ricordano gli studiosi dei camuni e la saggezza della gente del posto (che chiama queste incisioni pitoti, “pupazzi”) – a non inoltrarsi troppo nella loro interpretazione.

Tante mani verso l’alto

Le mani alzate verso il cielo costituiscono una simbologia molto antica, che si ritrova in tutta la storia dell’umanità. Le immagini che illustrano questa scheda ne sono un esempio.

L’iconografia dell’orante, in genere raffigurata frontalmente, con le braccia e le palme delle mani protese verso il cielo è molto antica e in questo caso proviene dall’arte precristiana; poi ripresa e reinterpretata dalla comunità cristiana. Il gesto

Segni e simboli

Tra i due termini, anche se molti simili tra loro, c’è di erenza.

Il segno è un disegno, una scritta, un oggetto, che indica direttamente ciò che vuole signi care. Ad esempio, un cartello stradale con un albero circondato da amme ci trasmette chiaramente il messaggio di pericolo incendi, anche se in modo gurato. Il simbolo, invece, esprime anch’esso un messaggio, ma il suo signi cato non è così immediato e preciso, e si presta a varie interpretazioni. Per esempio, il simbolo del pesce rimandava a Cristo per i primi cristiani, ma non per i pagani.

In sintesi: il segno ha un signi cato sso, riconosciuto convenzionalmente; il simbolo ha più signi cati e numerose varianti. Il simbolismo ha trovato ampia di usione nelle religioni per le sue caratteristiche di adattabilità e per la facilità con cui riesce a spiegare concetti di cili.

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Incisioni rupestri in Valcamonica che rappresentano gure umane in atteggiamento orante. Orante in un’incisione di epoca paleocristiana, Roma.

Tema 2 Un legame tra cielo e terra del pregare con le mani rivolte verso l’alto è trasversale a molte tradizioni e culture.

L’essere umano fin dalle origini, osservando l’immensità del cielo e scrutando la profondità del proprio cuore, ha intuito che esiste qualcosa che sta al di là del proprio sguardo e dell’esperienza limitata dei sensi. Le varie religioni hanno chiamato il frutto di questa ricerca in modi diversi ma sempre con un riferimento a qualcosa di grande e di misterioso, del quale l’uomo non poteva fare a meno. Sant’Agostino nella sua opera più importante, le Confessioni, ha scritto: «Ci hai fatti per te e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te» (1,1).

È per questo che troviamo tracce del sacro sparse un po’ ovunque nel mondo. La religione, con i suoi miti, riti e simboli, accompagna da sempre la vita dell’essere umano sulla terra ed è credibile pensare che la sua presenza continuerà a esserci finché esisterà l’umanità.

SPUNTI OPERATIVI

Quali sono i segni e simboli a carattere religioso che notate intorno a voi?

Aurelio Ago ino d’Ippona

Sant’Agostino (354-430 d.C.), losofo, teologo e vescovo cristiano, originario dell’Africa. È considerato il massimo pensatore cristiano del primo millennio.

Miti

(dal termine greco mýthos) indicano delle storie sacre, che nascono e si sviluppano all’interno di una comunità. Alcuni miti delle origini spiegano fenomeni sici, istituzioni, tradizioni e usi del gruppo e della comunità, ma soprattutto rispondono a quei grandi interrogativi che altrimenti non troverebbero risposte esistenziali adeguate, come per esempio l’origine del mondo, l’enigma del male e della morte, il perché della so erenza. Il mito va distinto dalla favola, dalla aba e anche dalla leggenda.

Riti cerimonie religiose eseguite secondo parole, movimenti e azioni simboliche prestabilite. I riti possono comportare la rappresentazione drammatica di antichi miti relativi a eroi e divinità, allo scopo di garantire il benessere della comunità.

Simboli (dal greco sýmbolon, che signi ca “mettere insieme”). Nell’antica Grecia designava i mezzi di riconoscimento o di controllo che si ottenevano spezzando un oggetto in due parti. Nella storia dell’umanità i simboli hanno avuto (e hanno tuttora) un posto centrale. Nella religione i simboli sono “segni di riconoscimento” che rimandano ad una realtà superiore, collegando la terra con il cielo. Tra di essi: l’acqua, il fuoco, il vento, l’arcobaleno, la colomba, l’ulivo, il pane e il vino… e molti altri.

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Figure di oranti su un a resco in una villa di epoca romana nel Kent, Inghilterra, risalenti al IV secolo, Londra, British Museum. Sandro Botticelli, Sant’Agostino, a resco, 1480, Firenze.

6. UNA PRESENZA co ante

Oltre che cacciatore, agricoltore, fabbro, artista, poeta, l’homo sapiens si proietta anche – seppure in forme ancora piuttosto rudimentali e confuse – verso Qualcosa o Qualcuno che oltrepassa la sua natura, ed è alla ricerca continua di un modo per mettersi in contatto con ciò che percepisce superiore o trascendente

Questa capacità dell’essere umano, fin dalle fasi più antiche delle sua presenza sulla terra, di sollevare lo sguardo e scrutare il cielo, come ci ricordavano le Metamorfosi di Ovidio, rende la religione una delle attività più sublimi della storia dell’uomo. «Non c’è cultura nella storia, sistema sociale o tradizione d’arte – scriveva Piero Rossano1, biblista e convinto assertore di un dialogo continuo tra le religioni – che non rechi visibile o addirittura macroscopica l’impronta di un’ispirazione religiosa. Dalle piramidi dei faraoni e dalla Ziqqurat della Mesopotamia al Partenone, dal Taj Mahal alle basiliche di Roma, dalla cupola di San Pietro a quella di Santa Sofia di Costantinopoli e della moschea di Omar; e poi il tempio-montagna di Borobudur, gli stupa di Pagan nella Birmania, il tempio del Sole a Cuzco e sul Machu Pichu, i templi di Madurai e di Cidambaram nell’India del Sud, i santuari di Nicco e di Ise nel Giappone, le pagode di Lhasa e di Bangkok, il tempio della Porta del cielo a Pechino, come i monasteri di Zagorsk e di Kyoto sono creazioni dell’anima religiosa dei loro popoli e ne hanno costituito l’ispirazione per intere generazioni». Questo elenco di monumenti religiosi del mondo, di epoche e culture differenti nel tempo, basta a dimostrare l’importanza che la dimensione spirituale e religiosa ha avuto nella storia dell’umanità. Conoscere questo mondo, passato e presente, è conoscere le nostre radici e la nostra storia.

Oltre la morte

Tra i vari segni e reperti archeologici che ci documentano la presenza di forme di religiosità nella preistoria, quelli riguardanti le sepolture sono ancora più interessanti perché mostrano come l’essere umano avesse ipotizzato, dopo la morte, la possibilità di un aldilà. Fin dalla preistoria le tombe e i riti ci testimoniamo di un rapporto dell’uomo con il divino, quasi un bisogno inscindibile che continua fino ai nostri giorni.

Riconoscere con umiltà questo “bisogno” di Qualcuno o Qualcosa più grande di tutto ciò che è umano si chiama fede religiosa. Milioni e milioni di persone in tutto il mondo intuiscono che la religione aiuta a dare un senso alla propria vita.

SPUNTI OPERATIVI

Attività: qual è il monumento religioso più importante della vostra zona? Raccogliete informazioni.

« Percorrendo la terra, potrete trovare città prive di mura, di palazzi, di scuole, di teatri, di leggi, di arti e di monete, ma nessuno ha veduto mai una città priva di templi, una nazione senza dèi, un popolo che non preghi». (Plutarco,

Quante sono le religioni?

Le religioni, come rappresentazione storica del rapporto col divino, sono tante, così come sono tante le culture umane. Anche il modo di classi carle cambia in base ai criteri usati dagli studiosi. Sempli cando, si possono suddividere le religioni in due gruppi: quelle che appartengono alla tradizione occidentale profetica e quelle che si rifanno alla tradizione orientale salvi ca o mistica.

• La tradizione occidentale ha origini semitiche e comprende: Ebraismo, Cristianesimo, Islam e i movimenti da loro derivati. Pone l’accento sulla rivelazione, si basa sul profetismo, non ri uta ciò che è materiale e persegue la redenzione o la trasformazione di questo mondo.

• La tradizione orientale ha origini indiane e comprende: Induismo, Buddismo e i movimenti da loro derivati; è mistica e pone l’accento sull’essere umano che raggiunge la salvezza grazie alle proprie forze spirituali. Non dà alcun valore a ciò che è mondano e persegue la liberazione dell’anima dal ciclo delle rinascite o reincarnazioni di cui è vittima.

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1 P. ROSSANO, I perché dell’uomo e le risposte delle grandi religioni, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (MI) 1988, p. 100. storico greco, I secolo d.C.)

7. NON è un’i usione

La domanda di Filippo è certamente piuttosto diretta, ma coerente con il tema che stiamo trattando. E poi questo interrogativo non riguarda probabilmente solo Filippo, ma anche altri. Vediamo dunque di rispondere in modo schietto.

Un profondo bisogno di relazione

Il punto centrale della domanda è l’uomo, con i suoi bisogni, il suo modo di pensare, di comunicare, di sentirsi contemporaneamente libero e bisognoso di entrare in relazione con un “altro”. Pensate al bisogno di affetto, di amicizia, di amare e di essere amati... La religione – nelle sue molteplici forme e modalità – afferma da sempre che questo bisogno di “relazionarsi” è insito in ognuno di noi perché nessuno può bastare a se stesso. Per chi crede c’è nel profondo di ciascuno una scintilla divina che richiama a una realtà più grande, per la quale in qualche modo si prova una forte attrazione. Certo, qualcuno ha pensato di chiamare tutto questo “droga”, un modo illusorio per non assumersi le proprie responsabilità, oppure l’incosciente scelta di un eterno Peter Pan che ha paura di crescere. Difficile per un credente non fare i conti con queste domande. Sono interrogativi forti che mettono alla prova la coerenza della propria fede.

Scusi prof?

Prof, le chiedo scusa in anticipo per questa domanda che potrebbe sembrare provocatoria o fatta per mettere in imbarazzo… ma le assicuro che non è così. Da quando un mio amico mi ha detto che «le religioni sono la droga dei popoli, servono solo a far guadagnare gli “spacciatori”, cioè i preti!», confesso che mi capita spesso di ripensare a questa frase.

La religione non può essere un modo per “drogare” l’essere umano, cioè lasciarlo sempre un po’ bambino e sottomesso? A volte, leggendo i giornali o guardando la televisione, mi viene da pensare che sia proprio così. Quante schifezze, violenze e abusi si compiono nel mondo in nome di Dio o della religione! Mi perdoni la schiettezza, ma so che in classe si può discutere con libertà.

(Filippo, 17 anni)

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Un “bisogno umano”

Noi pensiamo che anche per un non credente sia importante confrontarsi con chi crede che l’uomo non sia solo, sotto un cielo vuoto. Basta girare lo sguardo per accorgersi di quante “droghe” illusorie circondano l’uomo che crede di bastare a se stesso: ricerca spasmodica del potere, bisogno di apparire, attaccamento alle cose, paura di invecchiare…

Come già aveva intuito lo scrittore russo Fëdor Dostoevskij (1821-1881): «L’uomo non può vivere senza inginocchiarsi davanti a qualcosa. Se l’uomo rifiuta Dio, si inginocchierà davanti a un idolo. Noi siamo idolatri, non atei».

Tutto questo suggerisce che il desiderio di credere è così forte che Dio è sostituito con degli “idoli”: il proprio “io”, il denaro, il potere, la fama, il bisogno ossessivo di “like”.

Le religioni – ecco il punto – ci dicono che l’essere umano non può trovare né in se stesso né nelle cose di cui si circonda il senso della propria esistenza.

Tutto questo vuol dire che il bisogno di credere è tutt’altro che estraneo all’essere umano. Come afferma il noto psichiatra Vittorino Andreoli: «Dev’essere chiaro che il credere, prima che un’esigenza indotta da una religione, è un bisogno dell’uomo. Il bisogno di credere è umano, è di questa terra».

Per questo, fin dai tempi più remoti, l’essere umano ha creduto in una realtà superiore, percepita come misteriosa, differente e “oltre” tutto ciò che è umano. Ed è per questo che noi pensiamo che la religione accompagni da sempre il cammino dell’uomo sulla terra, e che continuerà a farlo.

« NESSUNO PUÒ CAPIRE L’UMANITÀ

SENZA CAPIRE LE SUE FEDI E I SUOI MITI».

Dio non è morto

«Dio non è morto. Ci crediate o no, il mondo è più religioso che mai!», sostiene Rodney Stark, sociologo statunitense. Approfondisci il risultato delle sue ricerche nell’espansione online.

SPUNTI OPERATIVI

● Quali sono le “droghe” o illusioni che – a vostro avviso – caratterizzano l’uomo contemporaneo? Provate a farne un breve elenco.

● Parlando di “idoli”, la prima “Parola” del Decalogo ebraico, «Non avrai altro Dio all’infuori di me» svela oggi un’attualità insospettata? Quale?

«Dio va vissuto, non spiegato»

Non ti dà nessun vantaggio cercare spiegazioni su Dio. Puoi sentire dei bellissimi discorsi, ma sono sostanzialmente vuoti. Proprio come puoi leggere un’intera enciclopedia sull’amore senza conoscere come amare. Nessuno proverà che Dio esiste. Certe cose nella vita devono semplicemente essere vissute e mai spiegate. L’amore è una di queste.

Dio – che è Amore è inspiegabile. La fede è un’esperienza infantile, nel magico senso che Gesù ci ha insegnato: «I bambini sono il regno di Dio». Dio non entrerà mai nella tua testa. La porta che egli usa è il tuo cuore.

(Paulo Coelho, Maktub, 2004, Editions Anne Carrière.)

43 Tema 2 Un legame tra cielo e terra
(Claude Lévi Strauss) Vasilij Perov, Ritratto di Fëdor Dostoevskij, 1872, Galleria Tret’jakov, Mosca.

Spesso sotto il nome di “religione” si fanno rientrare alcune realtà che con essa non c’entrano molto. Ci sono in giro numerose sette e santoni, talora imbroglioni o mitomani, che spacciano per religione solo della paccottiglia assurda, che sfrutta quel bisogno di religiosità e di sacro che fa parte della natura più profonda dell’uomo.

Accade spesso che il dolore e le sofferenze della vita portino le persone a credere a venditori di miracoli pronti a sfruttare la loro buona fede e il loro bisogno di soluzioni.

Sull’argomento magia e religione, fede e superstizione può esserci grande confusione. Eppure con un minimo di buonsenso e volontà di approfondimento è facile intuire che la religiosità autentica non ha niente a che fare con la magia, né con atteggiamenti superstiziosi o irrazionali. Una fede adulta, infatti, non è mai “irrazionale”, cioè opposta alla ragione. Il credente afferma che la ragione non può dare una spiegazione a tutto, ma non è “contro” la ragione.

“Religione” e “Ragione”

Lo scrittore cattolico inglese Gilbert K. Chesterton, inventore del personaggio di padre Brown, il famoso prete detective, in uno dei suoi vari racconti fa smascherare al suo protagonista un ladro che si era travestito da sacerdote, e questo perché lo sente dire stupidaggini contro la ragione. Capisce proprio per questo che non può essere un vero prete.

Il vero “mistero” religioso, spiega Chesterton, è formulato con chiarezza, pur nella sua complessità; mette in luce i limiti della ragione, ma non va contro di essa, indagando con semplicità e schiettezza tutto ciò che fa parte della realtà umana. Ecco perché la religione non deve essere confusa con la superstizione, né con la magia e nemmeno con la creduloneria, ovvero la facilità a prendere tutto per vero.

Superstizione

Da “super stare”, ciò che “sta sopra, oltre” la ragione: credenze basate quindi su irrazionalità e ignoranza.

Magia

Insieme di parole e pratiche che pretendono di padroneggiare forze divine o presunti poteri occulti, per determinare automaticamente un e etto (buono = magia bianca o male co = magia nera) sulla natura o sulle persone.

Quando la religione non usa la ragione…

La religione senza l’uso della ragione diventa facilmente magia o fanatismo. Come ha detto Benedetto XVI, «l’Illuminismo è stato un grande dono perché, dando il primato alla ragione, ha liberato la religione dal fanatismo e dalla magia».

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8. COSA NON È “religione”
Tra maghi, cartomanti, astrologi e veggenti si contano in Italia oltre 155.000 operatori dell’occulto.

Leggende, simboli e racconti fantastici nella tradizione religiosa

Con onestà si deve però ammettere che – pur operando una netta distinzione tra magia, superstizione e religione come abbiamo fatto – i confini tra queste varie realtà non sempre sono chiari e definiti. Tradizioni popolari antichissime, racconti leggendari, e folclore sono a volte legati ad alcune realtà religiose che arrivano fino a noi. Si pensi, per esempio, alla vita di molti santi, dove è oggettivamente difficile distinguere tra i vari passaggi reali o leggendari. Ci viene in mente l’immagine di San Giorgio e il drago, le cui gesta sono molto conosciute e tramandate anche fuori dal contesto cristiano. Il santo, che si festeggia il 23 aprile, data della sua morte avvenuta nel 303 d.C. nell’attuale Turchia, è noto per essere raffigurato sempre insieme ad un drago.

Ecco perciò che leggende, miti e racconti fantastici trovano spesso nella storia dei santi strane mescolanze. Queste storie leggendarie – che, per l’appunto, sono tali – offrono una modalità letteraria “narrativa” finalizzata alla semplificazione di messaggi più difficili, una strategia di cui il credente è a conoscenza, sa infatti distinguere bene tra dato della fede e modalità comunicativa.

Nel loro messaggio non si tratta solo di storie del passato: queste “leggende” hanno anche un importante collegamento con l’attualità. Esse proiettano un fascio di luce che illumina il presente in cui viviamo, allontanando paure e angosce che sappiamo possono essere sconfitte, proprio come fa San Giorgio con il drago. Giustamente il poeta Khalil Gibran (1883-1931) ha affermato che «ogni drago genera un San Giorgio che lo uccide».

Come più volte abbiamo avuto modo di mettere in risalto nel testo, il simbolismo è molto importante nella vita dell’essere umano. È anche una caratteristica fondamentale della dimensione spirituale e religiosa, ma non si devono confondere i segni e i simboli con la realtà che indicano. Si cadrebbe nell’irrazionalità che, come abbiamo qui sottolineato, non fa parte della religiosità autentica. Il credente supera la ragione, non la rinnega.

L’arte di saper vedere

SPUNTI OPERATIVI

● Conoscete atteggiamenti superstiziosi o magici presenti tra i vostri coetanei?Se sì, come si manifestano?

● Vi capita mai di leggere l’oroscopo? Che ne pensate?

● Qual è, in sintesi, la di erenza tra magia e fede? Discutetene in classe.

La cosa più nobile che lo spirito umano possa fare a questo mondo è vedere qualcosa, e dire in modo diretto quello che ha visto. Ci sono centinaia di persone che sanno parlare per una sola che sa pensare; ma migliaia sanno pensare per una che sa vedere. Vedere chiaramente è al contempo poesia, profezia, religione.

(John Ruskin, pittore inglese)

45 Tema 2 Un legame tra cielo e terra
San Giorgio e il drago in un’illustrazione inglese del 1765. A Cocullo, in Abruzzo, sussiste l’antico rito religioso dei “serpari”.

Le religioni de ’antichità

Dalla religiosità preistorica, ancora confusa e con molti aspetti magici, emerge gradualmente nelle prime civiltà una religiosità più chiara e strutturata. Nei popoli dell’antichità la religione ha un ruolo importante, come testimoniano le numerose scoperte archeologiche e i documenti storici, letterari e artistici che sono giunti no a noi. In questo Dossier ti o riamo una visione generale delle religioni dell’antichità, mettendone in risalto alcuni aspetti speci ci.

Le religioni della mezzaluna fertile

Le prime religioni dell’antichità si sono sviluppate nella regione conosciuta come mezzaluna fertile e intorno al mar Mediterraneo. Tra di esse vi sono le religioni della Mesopotamia, quella dell’antico Egitto, la religione greca e quella romana.

Il Medio-Oriente è considerato la “culla della civiltà” proprio perché in questa zona del mondo si sono sviluppate le prime grandi civiltà e le prime religioni dell’antichità. In questa area geogra ca, che va dalla sponda meridionale del mar Mediterraneo no al Golfo Persico, sorsero imperi potenti che si susseguirono nel controllo del territorio: i Sumeri, gli Assiri, i Babilonesi, gli Accadi e i Persiani. Tra questi popoli nacquero le prime grandi religioni politeiste.

L’epopea di Gilgamesh

Un antico mito babilonese racconta che le divinità inferiori, costrette a servire quelle maggiori, un giorno si ribellarono, costringendo il capo degli dèi a creare un essere vivente che servisse tutte le divinità: l’uomo. A di erenza di esse, però, l’uomo era destinato a morire. Da qui la ricerca continua di raggiungere l’immortalità dopo la morte, come racconta l’epopea di Gilgamesh, testo che ne narra le grandi gesta. Approfondite nell’espansione online.

Pur essendo civiltà tra loro di erenti, circa l’aspetto religioso hanno in comune diversi aspetti, che possiamo sintetizzare come segue.

● DIVINITÀ: gli dèi di queste zone erano numerosi, anche perché ogni città aveva i propri, a cui si aggiungevano quelli dei vincitori. A capo di tutti vi erano spesso delle triadi divine, come quella cosmica composta da Anu (dio del cielo), Enlil (signore del vento e dell’aria) ed Ea (dio delle acque del profondo); o quella astrale, composta da Samash (dio del sole e della giustizia), Sin (dio della luna) e Ishtar (dea dell’amore e della guerra).

Do ier 46
Gilgamesh mentre uccide Tiamat tagliandola in due, dando origine a Cielo e Terra.

● LIBRI SACRI: le prime scritture nacquero intorno al 3300 a.C. ad Uruk, una delle città-stato dei Sumeri, quando i sacerdoti iniziarono ad avvertire la necessità di contare le grandi quantità di merci che venivano immagazzinate nei templi. Scrivevano con uno stilo appuntito su tavolette di argilla fresca, che poi venivano cotte o fatte essiccare al sole. Gradualmente, questa invenzione fu utilizzata anche per ssare tutto ciò che riguardava la fede e il culto e grazie a questo molta letteratura religiosa mesopotamica è giunta no a noi con miti, epopee inni, preghiere, formule magiche e altri scritti legati all’arte della divinazione.

Divinazione

Insieme di riti, perlopiù religiosi e antichi, per ottenere da fonti soprannaturali informazioni considerate inaccessibili.

● LUOGHI E PERSONAGGI DEL CULTO: gli dèi venivano adorati in grandi templi che erano al centro della vita pubblica e commerciale. Come abbiamo detto, parte del tempio erano anche i magazzini, nei quali venivano stivati i raccolti che i sacerdoti-funzionari ridistribuivano alla popolazione. Un esempio caratteristico di architettura religiosa è la ziggurat – trascritta anche come ziqqurath o ziggurath – fatta come una piramide

SPUNTI OPERATIVI

Mettete a confronto le ziggurat con le piramidi dell’antico Egitto, elencando in due diverse colonne gli elementi in comune e le di erenze.

a gradoni, quasi a signi care la volontà dell’uomo di avvicinarsi sempre più al cielo. Composta da cinque o sette piani, corrispondenti ai cinque pianeti o alle sette luci del cielo allora conosciute, era dotata di rampe laterali mediante le quali si raggiungeva la sommità. Lì sopra c’era la stanza sacra riservata alla divinità, nella quale i sacerdoti o ciavano le cerimonie e scrutavano i corpi celesti, interpretandone messaggi. Pur avendo forti analogie con le piramidi egizie e quelle mesoamericane, le ziggurat furono destinate solo al culto e non a scopi funerari, come invece avveniva per queste altre realtà simili.

● RITI E TRADIZIONI: le numerose divinità dei popoli della mezzaluna fertile, suddivise in dèi maggiori e minori, erano in genere ra gurate con aspetto umano e a loro venivano attribuiti pregi e vizi propri degli uomini. Oltre agli dèi, vi erano poi numerosi spiriti buoni e cattivi. Il culto, riservato alle varie divinità, consisteva nella recita di inni e preghiere e nell’o erta di sacri ci animali e delle primizie della natura. Le principali festività erano legate al ciclo delle stagioni. Presso questi popoli anche la credenza in una vita dopo la morte era molto presente, con un premio che spettava ai buoni e un castigo ai malvagi.

Sono molti i miti dei popoli antichi in cui si narra che la morte non è a atto qualcosa di naturale per l’uomo: essa è entrata nella storia umana in seguito a un errore o trasgressione degli esseri umani o per opera di altri personaggi malvagi.

Do ier 47 Tema 2 Un legame tra cielo e terra
La celebre ziggurat di Ur, in bassa Mesopotamia, nei pressi dell’odierna Nassiriya.

La religione de ’antico Egi o

Con l’insediamento di gruppi di agricoltori nella vallata in cui scorre il ume Nilo ha inizio la storia dell’Egitto. La presenza umana in questo territorio si riscontra già nell’ultima fase del Neolitico, nel periodo che va dal 5000 e il 3800 a.C., ma è solo a partire dal 3100 a.C. che la primitiva società si trasforma in uno Stato organizzato, con l’uni cazione dei regni del Basso e dell’Alto Egitto. Una delle caratteristiche essenziali della società e religiosità egizia è proprio la natura divina del faraone. Considerato l’autorità suprema, egli aveva il compito di mantenere l’ordine del mondo promulgando leggi e assicurando che il culto divino venisse svolto regolarmente.

● DIVINITÀ: n dall’età più antica, la religione egizia si caratterizza per la presenza di molte divinità, rappresentate non solo in forma umana, ma anche come animali (zoomor smo). I culti più antichi sono proprio rivolti agli animali, ritenuti di natura divina, fenomeno che gli studiosi chiamano zoolatria. Particolarmente di uso il culto della vacca Hator e del coccodrillo, anche se l’animale più adorato era il bue Api. Tra le divinità principali il dio solare Ra, considerato il padre del faraone, spesso ra gurato con la testa di falco, oppure accostato al disco solare. Anche Osiride era molto popolare in Egitto perché era il dio dell’aldilà, a cui spettava il giudizio nale sulla vita del defunto. Già a partire dall’inizio del II millennio a.C. questa idea di un giudizio

nale si trova espressa nell’arte mediante la “bilancia della giustizia”, sulla quale viene pesato il cuore del defunto (psicostasìa).

Zoomor smo

Dal greco zoe (vita) e morfé (forma), indica la rappresentazione di un essere divino o umano sotto forma di animale.

● LIBRI SACRI: i testi religiosi egiziani più antichi risalgono al III millennio a.C. Tra i più noti vi è il Libro dei Morti, una raccolta di testi funerari, formule magiche, inni e preghiere con lo scopo di proteggere e guidare il defunto nel suo viaggio verso l’aldilà. Queste formule funerarie erano scritte sulle bende utilizzate per avvolgere il corpo del defunto o incise direttamente sul legno del sarcofago o delle maschere posate sul volto. Nella maggior parte dei casi, però, si tratta di papiri con gerogli ci e immagini, che venivano arrotolati accanto al defunto per accompagnarlo nel suo viaggio, assieme a gioielli e suppellettili varie. Ognuno di questi libri è unico, perché creato su misura per la persona di alto rango che lo richiedeva. Spesso il defunto è rappresentato con teste di animali perché i morti potevano proseguire il viaggio sotto qualsiasi forma, trasformandosi in uccello, serpente o anche ore di loto. Sono diversi i Libri dei Morti che sono arrivati a noi in buono stato, come quelli conservati nel Museo Egizio di Torino, il secondo più importante al mondo, dopo quello del Cairo, in Egitto.

La pesatura del cuore o psicostasia

Nella Sala del Giudizio, sotto lo sguardo di Osiride, il cuore del defunto viene pesato da Anubi, la divinità sciacallo protettore del mondo dei morti. Scopri di più nell’espansione online.

Do ier 48 Tema 2 Un legame tra cielo e terra
Le antiche rovine del tempio di Karnak, in Egitto.

● LUOGHI E PERSONAGGI DEL CULTO: il tempio era la “casa del dio” e doveva garantire alla divinità, ma anche a tutti quelli che si occupavano del suo culto, il necessario per vivere. Perciò ogni santuario possedeva terre che venivano coltivate per fornire gli alimenti necessari ai sacerdoti e alle o erte per il dio. Solitamente il tempio era diviso in tre sezioni: un cortile aperto al pubblico; una sala con numerose colonne, cui potevano entrare solo i sacerdoti e il santuario, cioè il luogo prettamente riservato al dio. I sacerdoti erano delegati dal faraone – l’unico che aveva l’autorità di celebrare il culto – a servire il dio. È in quest’ultimo spazio che egli era solitamente rappresentato per mezzo di una statua. I ministri del culto, al sorgere del sole, aprivano la cella del dio e cantavano l’inno del mattino. Tra i loro compiti vi era poi quello di mantenere la statua in ottima forma, perché il dio era considerato un essere vivente con gli stessi bisogni degli uomini.

● RITI E TRADIZIONI: gli antichi egizi davano molta importanza all’aldilà, ma non si deve pensare che fossero ossessionati o attratti dalla morte; anzi, si può piuttosto dire che erano così interessati alla vita che volevano

SPUNTI OPERATIVI

● Quali aspetti della antica religiosità egizia vi hanno più colpiti? Perché?

● Per approfondire il discorso sulla mummi cazione si veda il video nell’espansione online.

che continuasse anche dopo la morte. Pensavano che tre fossero le cose necessarie per garantirsi la sopravvivenza nell’altro mondo:

1. il nome del morto, che doveva essere tramandato: per questo veniva scritto ovunque, su tombe e statue;

2. il corpo, che doveva essere integro: per questo la tecnica della mummi cazione aveva assunto grande importanza;

3. i cibi e le bevande, che dovevano essere lasciate nella tomba: solo così il ka del defunto, cioè la sua forza vitale, poteva sostenersi.

Questo spiega perché i rituali che riguardano la morte erano particolarmente ricchi e molto curati presso gli antichi egizi. L’aldilà era visto come un vero e proprio “trasloco” e al defunto non doveva mancare nulla. Per questo nelle tombe si mettevano gioielli, cibarie, profumi e unguenti. Con lo stesso scopo sono state costruite le piramidi, maestose tombe per i faraoni e gli alti dignitari di corte. In origine, il privilegio di continuare a vivere dopo la morte spettava solo al faraone che, per questo, veniva sepolto nella piramide; in seguito il privilegio venne esteso a tutti coloro che erano in grado di farsi costruire una tomba.

Scrittura gerogli ca, ieratica e demotica Verso il 3500 a.C. gli egizi inventarono la scrittura gerogli ca, per permettere ai funzionari del sovrano di registrare la riscossione delle tasse e le spese dello Stato. Ma questa scrittura era di cile e più adatta ad essere incisa sulla pietra, così si sviluppò una seconda scrittura, chiamata scrittura ieratica (“dei sacerdoti”), molto più semplice e veloce da mettere su fogli di papiro. In ne si ideò un terzo tipo di scrittura, detta demotica, cioè “del popolo”, utilizzata soprattutto dai funzionari dello Stato e dai notai.

Do ier 49 Tema 2 Un legame tra cielo e terra
Le splendide piramidi della necropoli di Giza, in Egitto.

La religione dei greci

Igreci, a di erenza di altri popoli antichi, non hanno un termine speci co per designare la religione e nemmeno dei sacerdoti o altre persone incaricate u cialmente del culto. Nonostante questo, però, l’antica Grecia ha sempre dato sempre molta importanza alla religione, in relazione soprattutto alla polis, la “città”. Questi gli aspetti principali della religiosità greca.

uomini. Non mancano comunque le eccezioni, perché alcuni eroi della mitologia greca sono frutto dell’unione tra un essere divino e un essere umano.

Due correnti religiose

Nel mondo greco emergevano due correnti religiose, con culti contrapposti: quello di Apollo e quello di Dioniso.

Apollo era il dio della saggezza, della prudenza, della misura e il suo santuario principale era quello di Del . I seguaci di Apollo praticavano una religiosità in cui dominava l’equilibrio e il controllo delle passioni, contrariamente a quelli di Dioniso,ildio del vino e della fecondità, dell’esaltazione dell’istinto e della natura. I seguaci di Dioniso celebravano l’entusiasmo per la vita, senza imporre limiti al piacere ed esaltando l’istinto. Questi riti vengono chiamati misteri, perché avevano un carattere di segretezza e destinati ai solo iniziati, che avevano l’obbligo di non parlarne. Si conoscono i misteridionisiaci equelli eleusini, questi ultimi da Eleusi, l’antica città greca dove si celebrano i riti in onore di Demetra e Persefone, dee della fecondità.

Misteri

Dal greco mystérion (cosa da tacere), indica eventi o riti di cui non si deve parlare in pubblico perché riservati agli iniziati.

Iniziati

Coloro che sono ammessi ai culti segreti e alla loro prima conoscenza.

● DIVINITÀ: la religione greca era politeista, con almeno dodici divinità che facevano capo a Zeus, padre degli dèi e sovrano su di essi. Gli dèi risiedevano tutti insieme sul monte Olimpo, formando una sorta di grande famiglia, legata da saldi vincoli di parentela. Fanno parte del pantheon olimpico: Era (dea del matrimonio), Afrodite (dea dell’amore), Apollo (dio delle arti e della scienza), Atena (dea della guerra), Ermes (il dio messaggero degli dèi), Artemide (dea della caccia), Ares (il dio legato agli aspetti più violenti della guerra, assetato di sangue) e altri. Agli dèi olimpici furono aggiunte in seguito altre divinità locali, appartenenti ad altri popoli.

● Tutti gli dèi dell’Olimpo erano immortali ma, pur presentando tratti decisamente umani con amori, gelosie e vendette (erano infatti concepiti in modo antropomor co), la loro vita era indipendente da quella degli

● LIBRI SACRI: non ci sono pervenuti speci ci testi sacri dal mondo greco, ma sappiamo che nella letteratura greca il pensiero religioso è fortemente presente. Un punto di riferimento importante sono le opere attribuite a Omero, identi cato come autore dell’Iliade e dell’Odissea, ed anche gli scritti di Esiodo, dell’VIII e VII secolo circa a.C.

● LUOGHI E PERSONAGGI DEL CULTO: il culto veniva celebrato nei templi, celebri per le loro colonne slanciate e ricchi fregi, come ancora oggi ci testimoniano i numerosi reperti archeologi (si pensi al Partenone di Atene e ad alcune località in cui venivano venerate divinità particolari, come Del e Delo, dedicate entrambe al dio Apollo). In Grecia i sacerdoti e le sacerdotesse non facevano parte di una classe a sé stante e anche funzionari pubblici provvedevano ai riti sacri. Nella religiosità

Do ier 50 Tema 2 Un legame tra cielo e terra
Gli dèi della guerra Ares e Atena.

greca un ruolo importante era quello dell’oracolo, inteso sia come responso della volontà degli dèi, che come luogo sacro in cui venivano formulati i responsi. Sono numerosi i luoghi dedicati agli oracoli, nei quali la divinità si o riva alla consultazione dei mortali per mezzo di intermediari che entravano in trance e comunicavano con lui fornendo risposte ai vari quesiti. Il più famoso era l’oracolo di Del che richiamava gente da tutta la Grecia.

Oracolo

Forma di responso divino per mezzo di un intermediario che entrava in trance. Il termine indica anche il luogo del responso e l’intermediario stesso.

Trance

Stato di semicoscienza nel quale l’intermediario entrava per mettersi in contatto con il dio.

● RITI E TRADIZIONI: gli dèi venivano onorati con preghiere, canti e danze. Inoltre, si o rivano loro dei sacri ci. I doni o gli animali o erti alle divinità venivano in genere posti su altari collocati fuori del tempio. L’animale sacri cale per eccellenza era il bue, ma anche capre e maiali erano graditi.

SPUNTI OPERATIVI

Guardate i video proposti nell’espansione online e discutetene in classe con i compagni e l’insegnante.

● FESTIVITÀ: nei templi e nei santuari si celebravano feste annuali o ricorrenti in onore della divinità. In queste occasioni si svolgevano solenni processioni e si celebravano giochi e gare, che richiamavano gente dalle città vicine e, in alcuni casi, da ogni parte della Grecia.

L’origine dei giochi olimpici

Secondo la tradizione, i primi giochi olimpici si svolsero nel 776 a.C. ad Olimpia, in Grecia. Si trattava di giochi che si celebravano ogni quattro anni in onore di Zeus che, in questa città, aveva il suo santuario. Durante lo svolgimento dei giochi ogni eventuale guerra o ostilità tra le città greche veniva sospesa e si bene ciava di una tregua sacra. I giochi si e ettuavano un mese prima del solstizio estivo e duravano cinque giorni. Il primo giorno era dedicato ai riti religiosi in onore degli dèi. Nel secondo giorno si svolgevano le gare dei fanciulli (corsa, lotta, pugilato). Nel terzo giorno gareggiavano gli adulti nella corsa, suddivisa in tre prove (due di velocità e una di fondo); nella lotta, dove vinceva chi atterrava tre volte l’avversario; nel pugilato e nel pancrazio (vedi espansione online). Nel quarto giorno le gare erano dedicate alle corse dei cavalli e dei carri. Il quinto giorno si chiudevano i giochi con la proclamazione dei vincitori, ai quali veniva assegnata come premio una corona di foglie di ulivo selvatico.

Do ier 51 Tema 2 Un legame tra cielo e terra
Vista panoramica dell’Acropoli di Atene, la più rappresentativa delle acropoli greche.

La religione de ’antica Roma

L’antica religione romana, basata su atti di culto, festività e sacri ci rituali, si presenta come una religiosità che possiamo de nire attenta all’organizzazione pubblica, più esteriore che spirituale. La nalità principale era, infatti, quella di ottenere il favore degli dèi con connotazione perlopiù pragmatica. L’anno era diviso in giorni fasti (in cui era permesso trattare gli a ari) e nefasti (neiquali era proibita l’attività pubblica), come anche erano previsti dei periodi da dedicare alla guerra e quelli per l’agricoltura. Ecco alcuni tratti distintivi della religione romana.

● DIVINITÀ: le divinità primitive dei romani erano i Numina che, più che divinità speci che, indicavano in modo generico la potenza divina di usa negli elementi naturali. A questo sistema di divinità “inde nite” appartenevano i Penati e i Lari, particolarmente presenti nelle famiglie: i Penati proteggevano le provviste, i Lari i con ni della casa. Questi ultimi venivano invocati nelle varie occasioni della vita familiare e nelle feste in onore dei defunti (parentàlia). Riguardo alle vere e proprie divinità, invece, i romani inglobarono la maggior parte degli dèi greci. Giove è così il corrispondente del greco Zeus; Venere viene identi cata con Afrodite, la dea gre-

ca dell’amore, e allo stesso modo molti altri. Tra le poche divinità di origine locale vi è Fauno, lo spirito delle foreste e alcuni spiriti protettori della famiglia.

● LIBRI SACRI: nella religione romana, come in quella greca, non esistevano testi sacri speci ci. La tradizione ci parla soltanto dei Libri Sibillini, un insieme diprofezie che venivano consultate da un collegio di quindici membri per stabilire il comportamento da tenere insituazioni di cili o pericolose.

● LUOGHI E PERSONAGGI DEL CULTO: compito fondamentale dei sacerdoti nell’antica Roma era quello di compiere fedelmente i riti prescritti, così da propiziarsi gli dèi e preservare la comunità dalla loro collera. Vi erano vari gruppi, o collegi, di sacerdoti, alcuni incaricati per il servizio nei templi, altri per singole cerimonie o anche per prevedere il futuro. Particolarmente importante il collegio dei amini ( amines), sacerdoti preposti al culto delle singole divinità locali. A capo dei sacerdoti c’era il ponte cemassimo che presiedeva alle cerimonie sacre, organizzava il calendario delle festività e annotava i principali fatti storici della città negli Annali. Un ruolo particolare nella religiosità romana era quello ricoperto dalle Vestali, le sacerdotesse consacrate alla dea del focolare domestico Vesta, con l’incarico di mantenere sempre acceso il fuoco sacro. Altre gure di rilievo sono gli àuguri, con il compito di trarre auspici (auspicia) osservando il volo degli uccelli. Già conosciuti dagli etruschi, gli àuguri dovevano garantire che le azioni compiute dagli uomini fossero approvate dalle divinità, ed è per questo che ebbero una grande rilevanza sociale e politica. Infatti, in base al loro responso, venivano prese sia decisioni private delle singole famiglie che decisioni pubbliche, come ad esempio quella di iniziare o meno una guerra.

Do ier 52 Tema 2 Un legame tra cielo e terra
A resco di Pompei ra gurante Lari protettori delle case.

● RITI E TRADIZIONI: i sacerdoti presiedevano alla religiosità pubblica, ma molti riti venivano svolti anche nelle case e chi li presiedeva era il capofamiglia (pater familias). Accanto però alla religiosità più tradizionale e a quella u ciale, a Roma erano molto di usi, in particolare dal I secolo a.C. al IV d.C., alcuni culti misterici, legati in particolare alla salvezza del singolo individuo. Uno dei più di usi era il culto del dioMitra. Mitra è spesso ra gurato nell’atto di sgozzare il toro sacro. Un serpente e un cane sembrano bere dalla ferita del toro, mentre un scorpione lo attacca da sotto. Il culto di Mitra, piuttosto di uso a Roma, in particolare tra i militari, coincide con l’a ermazione del cristianesimo e, spesso, le due religioni vengono confuse per via di alcuni aspetti comuni. Per esempio, il 25 dicembre, che solo dal IV secolo è la data della nascita di Gesù, era agli inizi proprio la data della festa della nascita del dio Mitra, legata al solstizio d’inverno.

● FESTIVITÀ: tra le varie festività vi erano i Saturnalia in onore del dio Saturnio, che si celebravano dal 17 al 23 dicembre e precedevano il giorno del Sol Invictus (il “Sole invincibile”) divenuta poi la festa del Natale cristiano. In questa occasione si scambiavano piccoli doni, dette strenne (“regali di buon augurio”). C’erano poi i Consualia in onore del dio Conso, protettore dei granai e degli approvvigionamenti, i Lupercalia in onore del dio Fauno, protettore del bestiame ovino e caprino dall’attacco dei lupi. Queste festività romane vennero abolite dall’imperatore Teodosio (Editto di Tessalonica del 380), ma alcune di esse furono trasformate in feste cristiane.

Una dea per la febbre

Nella mitologia romana Febbre (Febris) era la dea della Febbre, associata alla guarigione dalla malaria. Questa gura, associata al dio etrusco Februus, era particolarmente ricordata nei riti Lupercalia, nel mese di febbraio, che toccavano il loro culmine il giorno 14. Con l’avvento del cristianesimo tale data sarà dedicata dapprima a santa Febronia e poi, dopo il suo spostamento al 25 giugno, a san Valentino, festa degli innamorati. Anche se “d’amore”, sempre di febbre infatti si tratta.

SPUNTI OPERATIVI

Guardate i video proposti nell’espansione online sulla religiosità di Roma, sui Lari e Penati e discutetene in classe con i compagni e l’insegnante.

Do ier 53 Tema 2 Un legame tra cielo e terra
A resco ra gurante il dio Mitra nel mitreo di Marino, presso Roma.

LE NOSTRE PAROLE DI RIFERIMENTO IL PUNTO

Come Punto conclusivo del tema proponiamo due brani, tra loro piuttosto diversi. Il primo è un invito ad avvicinarsi alle religioni con molto rispetto, “camminando in punta di piedi”, perché abbiamo a che fare con gli aspetti più delicati di tanti esseri umani. Il secondo testo è una poesia del grande mistico e martire dell’islam Al-Hallaj. Ad una prima lettura, il brano potrebbe sembrare “relativistico”, cioè che un “ramo” è uguale all’altro. Ma non è così. La poesia sottintende che abbandonare il proprio ramo significherebbe inaridire l’unico canale che permette di collegarsi alla linfa del tronco. I rami non sono intercambiabili. Ogni ramo è unico e indispensabile, ma ciò che conta è la linfa (Dio), che è più grande delle religioni.

Tanti rami diversi di un unico tronco

«Ho ri ettuto sulle religioni, cercando di comprenderle. Ho trovato che sono rami diversi di un solo tronco. Non chiedere a nessuno di abbracciare una certa religione. Lo allontaneresti così dal suo Principio. Lui, il Principio, è alla sua ricerca, in Lui si rendono chiari tutti i simboli o sensi. Egli allora comprenderà».

(Al-Hallaj, mistico islamico)

John V non Taylor

(1914-2001) è stato un vescovo e teologo inglese che si è interessato di missioni e religioni dei popoli.

Al-Ha aj

Al-H.allaj (858 -922 d.C.) è stato una grandegura di mistico persiano, tra le più controverse e discusse del mondo islamico e del su smo. Fu giudicato eretico e per questo condannato a morte.

SPUNTI OPERATIVI

● Qual è il vostro approccio alla religione? Confrontatevi in classe su questo tema.

● Quali sono, secondo voi, i modi sbagliati di avvicinarsi alla religione o alle religioni?

Cammina con rispetto

«II primo sentimento quando si avviciniamo ad un altro popolo, ad un’altra cultura, ad un’altra religione si deve manifestare nel fatto che ci leviamo le scarpe; perché il luogo a cui ci avviciniamo è santo.

Altrimenti potrebbe accadere che noi disturbiamo i sogni delicati di altri uomini, o – peggio ancora –che noi dimentichiamo, che Dio lì ci ha preceduti».

(John

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Quando è nata la religione?

Non possiamo rispondere alla domanda “quando è nata la religione?” con una data precisa, ma sappiamo che la religione si è evoluta con l’uomo stesso.

• testimonianze funerarie;

• incisioni rupestri.

Fin dai tempi più remoti troviamo

• simboli di divinità;

• resti di luoghi di culto.

Uomini e donne si aprono allo stupore e alla meraviglia.

RICORDA

che l’essere umano non smette di interrogarsi sull’origine delle cose.

Uomini e donne scoprono la ricchezza della dimensione spirituale e religiosa.

«L’ultimo passo della ragione sta nel riconoscere che c’è un’infinità di cose che la superano. Essa, la ragione, è debole se non arriva a capire questo» (Pascal, Pensiero 267).

DIBATTITO

Discutete tra voi sulla seguente affermazione: «La religione è solo un’invenzione dell’essere umano: è frutto della paura e della debolezza».Ognuno porti argomenti pro o contro.

DOMANDE

1. La religione è nata solo recentemente.

2. La religione può dare un senso all’esistenza di ogni essere umano.

Individua le due affermazioni errate, barrandone la frase.

1. Non vi sono testimonianze religiose nell’antichità.

2. I simboli non sono importanti per la religione.

3. È dalla meraviglia e dallo stupore che nascono le esperienze più profonde.

4. L’ebraismo, il cristianesimo e l’islam sono religioni rivelate.

55 Tema 2 Un legame tra cielo e terra
□ V □ F
□ V □ F
SINTESI INCLUSIVA

Dibattito

« L’ULTIMO PASSO DELLA RAGIONE STA NEL RICONOSCERE CHE C’È UN’INFINITÀ DI COSE CHE LA SUPERANO. ESSA (LA RAGIONE) È DEBOLE SE NON ARRIVA A CAPIRE QUESTO»

(Blaise Pascal, Pensiero 267)

E invece, come registi, quale potrebbe essere il titolo di un vostro lm dedicato allo stupore e alla meraviglia?

Attività interdisciplinare

Questo tema è dedicato all’origine della religione. Si consiglia un lavoro, a gruppi, sulle più antiche testimonianze religiose presenti nella propria zona, magari coinvolgendo anche altre materie interessate a questo lavoro. Un gruppo potrà realizzare una ricerca cartacea, un altro un breve video, un altro potrà realizzare una documentazione fotogra ca con dettagliate didascalie di riferimento.

Dal mondo dei social

Condividete questo “Pensiero” del losofo e matematico francese?

Motivazioni PRO ...................................................................... ...................................................................................................

Motivazioni CONTRO ..............................................................

Prendendo spunto dalla realtà:

Nella scheda intitolata Dove nasce la religione? l’esperienza religiosa viene paragonata alla spinta che il pittore Van Gogh sente dentro di sé e lo porta ad uscire di notte per dipingere un meraviglioso cielo stellato. Immaginate di essere artisti: quale “meraviglia” vorreste ra gurare e perché? ...................................................................................................

Osservate di

più le stelle

«Osservate più spesso le stelle. La vostra anima troverà quiete. Ho trovato questo pensiero di Pavel Florenskij, scrittore e teologo russo, scritto nel gulag in cui era prigioniero. Ho provato a metterlo in pratica; mi ha fatto bene all’anima».

(Dal post in un social di un giovane)

E a voi cosa ha fatto bene all’anima? Provate a condividere con altri una vostra esperienza. ...................................................................................................

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PRATICA#MENTE
FRAMMENTI PER RIFLETTERE
................................................................................................... ................................................................................................... Altro .......................................................................................... ...................................................................................................
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Un Film

Basta guardare il cielo, di Peter Chelsom, Stati Uniti 1998, 100’: una storia di amicizia, e di aiuto reciproco tra ragazzi. Kevin – superdotato ma con un grave handicap sico – fa amicizia con Maxwell, un po’ tonto ma fortissimo. Tra i due nasce una simbiosi, in cui l’uno è complementare all’altro. Tra i due ragazzi si instaura un rapporto di aiuto reciproco, per superare le proprie paure e non sentirsi più soli. Non è un lm “religioso”, ma aiuta a capire l’importanza di saper conciliare nella vita testa e cuore.

Frammenti di SAGGEZZA

Nonostante la sua grave malattia, il noto scienziato inglese Stephen Hawking (1942-2018) ha sempre portato avanti i suoi studi sull’universo con curiosità e competenza, chiedendo ai giovani di non aver paura di farsi domande Pur non essendo credente, ma per la sua onestà intellettuale, nel 1986 era stato chiamato a far parte della Ponti cia Accademia delle Scienze. Su di lui è stato fatto anche un bel lm (La teoria del tutto, 2015). Si consiglia di approfondire la sua gura.

Buone notizie

Una ragazza italiana, Giovanna Iorio, ha dato vita a Londra ad una mappa sonoramondiale della poesia. Il sogno di Giovanna era quello di «ascoltare tutte le voci poetiche del mondo del presente e del passato, togliere il fruscio della carta dalle parole, restituire ai versi la purezza della voce». E così, ha cominciato a costruire la mappa della poesia. Se si cerca in internet “mappa mondiale della poesia” si possono trovare le informazioni sui vari autori presenti e anche ascoltare la lettura dei versi nella lingua madre, e una breve biogra a. Ci sono poeti immortali, come Alda Merini, Eugenio Montale, ma anche autori semisconosciuti, di terre lontane.

« Guardate le stelle e non i vostri piedi. Provate a dare un senso a ciò che vedete, e a chiedervi perché l’universo esiste. Siate curiosi!».

57 Tema 2 Un legame tra cielo e terra
Autovalutazione Ho trovato questo Tema: Ho imparato: ..................................................................................................................................................................................... Molto interessante Interessante Poco interessante Noioso Di cile

+ religioni x 1 mondo

In questo terzo tema presenteremo le varie religioni del mondo, iniziando dalla mappa geogra ca delle fedi. Il “colpo d’occhio” ci fornirà una prima informazione generale sulla complessa e variegata realtà delle religioni, che distingueremo grazie ai di erenti colori e ai vari simboli. Una breve guida orientativa ci o rirà alcune linee generali sul mondo delle religioni, so ermandoci poi su ciò che le tradizioni religiose hanno in comune e anche su alcuni punti problematici. L’invito è comunque quello di non fermarsi alla super cie delle cose e di andare oltre i luoghi comuni e i pregiudizi.

IL PERCORSO CHE FAREMO

I contenuti digitali speciali
3 PER CONCLUDERE • Il punto 78 • Sintesi inclusiva 79 • Pratica#mente 80
• La mappa delle fedi 60 • Simboli delle religioni 62 • Bussola delle religioni 64 • Diverse ma non distanti 66 • Tanta violenza, perché? 68 • No al relativismo 70 • D/Le religioni dell’Oriente 72

chi? Who? dove? Wh e? quando? When? cosa? What? perché? Why?

Il tema vuole o rire una panoramica generale del mondo delle religioni ed è indirizzato a tutti gli studenti che vogliono conoscere questa realtà e sono curiosi di approfondirne alcuni aspetti.

In questa panoramica sulle religioni, fatta in classe durante l’ora di religione, spazieremo ben oltre i con ni di un’aula scolastica, aprendoci ad un mondo variegato e ricco dal punto di vista umano e spirituale.

is eme aims to give a general overview of the world of religions and it’s addressed to those students who wants to know this reality and who are curious about this world.

In this overview about religions during the religion class, we’ll go beyond the limits of a classroom because we’re going to open to a varied and very rich world both from a human and from a spiritual point of view.

Conoscenze

• Rendersi conto, alla luce della rivelazione cristiana, del valore della religiosità, nel contesto delle istanze della società contemporanea.

• Conoscere le domande universali dell’uomo e le risposte che dà il cristianesimo, anche a confronto con le altre religioni.

Nel nostro incontro settimanale di IRC avremo modo di conoscere, ri ettere e confrontarci sulle religioni, ma l’argomento non può essere certo limitato alla sola ora di scuola; la religione appartiene alla vita di molti.

During our weekly meeting, we’ll have the opportunity to know, think about and discuss about religions but this topic can’t be limited to the schooltime because the religion belongs to the life of many people.

ABILITÀ

• Ri ettere sulle proprie esperienze personali e di relazione con gli altri; riconoscere il valore del linguaggio religioso.

• Dialogare con posizioni religiose e culturali diverse dalla propria in un clima di rispetto, confronto e arricchimento reciproco.

Il tema farà conoscere le varie religioni del mondo e arricchirà la nostra cultura religiosa, ma farà discutere anche sugli aspetti più problematici, come quello della violenza nelle religioni.

is eme will introduce to you the religions of the world and will enrich your religious culture but you’ll also have the opportunity to discuss about the most problematic issues such as violence in religions.

Ieri come oggi le religioni toccano gli aspetti più profondi dell’esistenza umana e danno un senso alla vita di molti, ma mettono in risalto anche le debolezze dell’animo umano. Ecco perché conoscerle signi ca conoscere anche l’umanità.

Yesterday as today, religions touch the deepest aspects of the human existence and they give a sense to the life of many people but they also underline the weakness of the human soul. at’s why, if you know religions, you also know the mankind.

COMPETENZE

• Costruire un’identità libera e responsabile, ponendosi domande di senso.

• Sviluppare un maturo senso critico e un personale progetto di vita.

• Valutare la dimensione religiosa della vita umana.

RELIGIONI x 1 mondo

+

1. LA MAPPA de e fedi

Come illustra la mappa, sono molte le tradizioni religiose presenti oggi nel mondo: ognuna con un proprio simbolo, un credo specifico, una propria storia, dei riti caratterizzanti e una serie di festività peculiari. Lo scopo principale della mappa è di offrire un primo colpo d’occhio sul vasto e complesso mondo delle religioni, rimandando alla scheda 3 l’approfondimento sulle caratteristiche che contraddistinguono le diverse tradizioni religiose.

Alcune considerazioni generali

Dopo un primo esame della mappa, con i colori e i simboli che contraddistinguono le varie religioni, e dopo averne osservato la distribuzione geografica, forse siete curiosi di conoscere quali sono le religioni più diffuse nelmondo e qual è il numero degli aderenti. Occorre però premettere che in realtà non è così facile avere in mano numeri certi e statistiche attendibili, per vari motivi: ● in molte zone del mondo i censimenti non vengono fatti o sono svolti

Quante sono le religioni?

Le religioni, in quanto rappresentazioni storiche del rapporto degli esseri umani col divino, così come mette chiaramente in evidenza la mappa, sono tante, come sono tante le culture umane. Anche il modo di classi carle cambia in base ai criteri usati dagli studiosi.

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senza dei criteri affidabili dal punto di vista scientifico. Quindi non si hanno a disposizione dati certi.

● Spesso i dati vengono gonfiati per motivi propagandistici o, al contrario, diminuiti per screditare o minimizzare l’importanza di una religione o di un movimento.

● Inoltre ci sono delle difficoltà oggettive, facilmente spiegabili. Per esempio, osservando la mappa si scopre che il colore adoperato per identificare il cristianesimo copre tutta l’Europa e anche le Americhe. Ma non è affatto vero che in questi vasti continenti tutti siano “cristiani”; anzi, spesso il numero degli agnostici, degli atei o di chi si dichiara “indifferente” ad ogni discorso religioso è piuttosto elevato. Eppure nelle statistiche (o nelle mappe tipo la nostra) quando si parla di “cristiani” si tende a inglobare tutti, senza distinzioni. Lo stesso vale anche per le altre zone geografiche colorate come induiste, buddhiste, shintoiste ecc. È chiaro che si tratta di un’approssimazione che non è formalmente corretta, ma è praticamente inevitabile se si vuole offrire una panoramica della diffusione delle religioni nel mondo.

Chiariti questi vari aspetti, possiamo abbozzare una classifica* delle prime 10 religioni al mondo, realizzata tenendo presenti varie fonti:

LE PRIME 10 RELIGIONI AL MONDO

Secondo varie statistiche, gli atei (coloro che ri utano espressamente Dio e la religione) sono stimati dal 2% al 13% della popolazione mondiale; mentre la percentuale delle persone prive di una qualsiasi fede religiosa (agnostici e indi erenti) va da un ulteriore 10% al 23% della popolazione del mondo.

I numeri e le statistiche sulle religioni sono però di cili da veri care. Per esempio, molti di quelli che si dichiarano “religiosi” non sono praticanti, mentre alcuni di quelli che si de niscono “atei”, oppure “agnostici”, coltivano in realtà una profonda spiritualità e credono in forme di religiosità.

* Le cifre riportate si basano su varie fonti, in particolare sul centro statunitense (Pew research/topic/Religion) che è il punto di riferimento per molte altre fonti; ma i numeri e le statistiche sulle religioni sono oggettivamente difficili da verificare. Per esempio, spesso molti di quelli che si dichiarano “religiosi” non sono praticanti, mentre alcuni di quelli che si definiscono atei, oppure agnostici, coltivano in realtà una profonda spiritualità e credono in forme di religiosità. Tra gli europei e gli occidentali in generale, ci sono molti che si dichiarano “cristiani” perché battezzati, ma che non frequentano o mettono piede in un edificio di culto solo raramente. Anche tra i musulmani, indù e altre religioni, c’è chi si dichiara “credente”, ma poi non entra mai in una moschea o tempio. Al contrario, dichiararsi “non praticanti” non equivale a “non essere religiosi” e tanto meno atei.

SPUNTI OPERATIVI

● Osservando la Mappa delle Religioni, cosa colpisce di più la vostra attenzione?

● In base a quanto è scritto nella scheda, per quale motivo è così di cile avere numeri certi e attendibili sulle religioni?

Tema 3 + religioni x 1 mondo 61
Religione Numero fedeliQuota % 1CRISTIANESIMO 2,2 miliardi 33% 2ISLAM 1,6 miliardi 22% 3INDUISMO 1 miliardo 13% 4 RELIGIONE CINESE 394 milioni 5,5% 5BUDDHISMO 376 milioni 5,2% 6 RELIGIONI ETNICHE 300 milioni 4,1% 7RELIGIONI AFRICANE 100 milioni 1,40% 8SIKHISMO 30 milioni 0,32% 9SPIRITISMO 15 milioni 0,21% 10EBRAISMO 14 milioni 0,20%

2. SIMBOLI de e religioni

Vediamo insieme il significato dei più importanti simboli delle religioni, che avete già osservato nella mappa.

La CROCE è il simbolo principale del cristianesimo: ricorda il sacrificio di Gesù e sintetizza bene il suo messaggio. Il braccio verticale indica l’amore del cristiano nei confronti di Dio, mentre quello orizzontale richiama l’abbraccio a tutti gli esseri umani, considerati fratelli. La croce, comune a tutte le Chiese cristiane, è qui raffigurata senza il Crocifisso per far risaltare la risurrezione.

La MENORAH, candelabro a sette bracci, insieme alla Stella di David, è il simbolo dell’ebraismo. Ricorda i grandi candelabri che erano nel Tempio di Gerusalemme e i sette giorni della creazione. Al centro il sabato, il giorno del riposo.

La MEZZALUNA, o HILAL, è diventata il simbolo universalmente accettato dell’islam, ma la sua origine è incerta. Ricorda il calendario lunare (che regola la vita religiosa dei credenti), il deserto e l’orientamento (la stella).

L’OM, monosillabo mistico, è il simbolo sacro dell’antica religione dell’India e il principale mantra (formula rituale o preghiera). Il suo suono, semplice e solenne (composto dalle tre lettere: a, u, m) simboleggia la triplice manifestazione del divino: come Brahma (creatore), come Visnu (conservatore) e come Shiva (distruttore).

La RUOTA DELLA LEGGE rappresenta il buddhismo nelle sue varie espressioni e forme.Formata daotto raggi, la ruota ricorda l’insegnamento del Buddha, che ha indicato nell’ottuplice sentiero la via per superare la sofferenza e raggiungere il nirvana («non-sofferenza», stato di felicità suprema).

Un CERCHIO, diviso in due parti uguali e contrapposte (yang e yin), indica la tradizione religiosa cinese (confuciana e taoista). Lo yang è associato alla luce, all’azione, al principio maschile; lo yin al buio, alla non-azione, al principio femminile.

Il TORII, simbolo della religionetradizionale giapponese, è il portale di ingresso ai santuari shintoisti. È formato da due pilastri sormontati da due travi orizzontali: separa l’area sacra del santuario dal mondo esterno.

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« Il mondo è una interminabile sfilata di simboli»
(John Gardner)

Il simbolo tradizionale del Jainismo, una delle antiche religioni dell’India, era la svastica. A causa però del travisamento nazista, nel 1975 d.C., in occasione dei 2500 anni dall’entrata nel nirvāna del fondatore, la comunità jainista lo ha sostituito con una MANO APERTA, segno di pace e di non-violenza.

Il FARAVAHAR fa parte dello zoroastrismo, l’antica religione dell’impero persiano, oggi rappresentata dal parsismo. Raffigura un angelo guardiano, che ricorda la presenza di Dio tra la gente e anche il «sé spirituale» o Ahura Mazda.

La KHANDA è il simbolo del sikhismo, un’altra delle religioni dell’India, nata nel XV secolo d.C. La spada centrale, a doppio taglio, simbolizza la fede nell’unico Dio, come anche la protezione della comunità. Le due lance esterne rappresentano il potere spirituale e quello temporale.

La fede baha’i è nata solo nel XIX secolo, ha come simbolo una STELLA A NOVE PUNTE, o anche il fior di loto a nove petali. Infatti ogni tempio baha’i (famoso quello di New Delhi) ha nove lati, con nove ingressi: un numero che indica la perfezione e l’apertura verso tutti.

Le religioni etniche o primarie, dette anche arcaiche o animiste, traggono ispirazione dal mondo naturale. Per questo il SOLE, riconosciuto da sempre come fonte di vita, è il loro simbolo.

Le religioni tradizionali dell’Africa a sud del Sahara sono tradizioni religiose autoctone di tipo naturistico, con una forte caratterizzazione magica per padroneggiare le forze della natura. In queste religioni l’aspetto trascendente e immanente è di fatto inscindibile.

Il termine spiritismo è apparso in Francia nel 1857 e sta ad indicare tutte quelle intelligenze incorporee (spiriti), evocate da un mediatore (medium) in una seduta spiritica. Ammettendo quindi l’esistenza di realtà non umane e di un aldilà, anche lo spiritismo viene annoverato tra le religioni. È diffuso in vari paesi del mondo, soprattutto in Brasile.

SPUNTI OPERATIVI

● I simboli che abbiamo presentato vi erano già tutti noti?

● Scegliete un simbolo da approfondire in classe o con delle ricerche personali.

Tema 3 + religioni x 1 mondo 63

3. BUSSOLA de e religioni

Non è facile, come abbiamo accennato, orientarsi nell’ampio e articolato mondo delle religioni. Ma alcune indicazioni ci aiuteranno a comprendere meglio la complessa realtà delle tradizioni religiose, che suddividiamo in quattro grandi gruppi – per conoscerle in modo più approfondito e dettagliato rispetto alla Mappa delle fedi già presentata:

LE RELIGIONI MONOTEISTE DEL MEDITERRANEO

● Hanno origini semitiche.

● Comprendono l’ebraismo, il cristianesimo, l’islam,insieme ai movimenti da loro derivati.

● Si caratterizzano come religioni rivelate e profetiche, in cuiDio si manifesta (o “si rivela”) agli uomini attraverso i profeti (uomini che parlano in suo nome). Infatti, tutte e tre si richiamano ad una realtà “trascendente” osuperiore.

● Viene dato più valore all’aspetto comunitario che a quello individuale, attribuendo grande importanza all’etica, alle norme sia individuali che sociali.

● A differenza di altre tradizioni religiose, la realtà terrena non è affatto considerata negativa; è importante impegnarsi per la trasformazione positiva delle persone e del mondo.

LE RELIGIONI ORIENTALI

● La maggior parte di queste tradizioni religiose sono originarie dell’India.

● Ne fanno parte l’induismo, il buddhismo, le religioni della Cina e del Giappone e imovimenti derivati.

● Si caratterizzano per essere movimenti filosofico-religiosi, in cui viene data

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grande importanza al misticismo: la scoperta dell’assoluto, presente nell’interiorità di ogni essere umano, attraverso tecniche e pratiche di meditazione.

● Viene valorizzato più l’aspetto individuale che quello comunitario e sociale.

● Più che degli aspetti materiali e mondani, ci si preoccupa maggiormente delle realtà spirituali, come la liberazione dal ciclo delle rinascite o reincarnazioni.

LE RELIGIONI PRIMARIE O ARCAICHE

● Vengono chiamate “primarie” perché “arrivate per prime”; sono infatti religioni arcaiche (o etniche) che, in passato, venivano anche dette “primitive” (con significato per lo più negativo). Si tratta di tradizioni religiose, praticate da vari popoli del mondo, che sono alla base dello sviluppo delle religioni moderne.

● Si caratterizzano per l’importanza data all’anima. Infatti queste antiche tradizioni sostengono che “tutto ha un’anima”, testimoniando che il mondo naturale è collegato con quello soprannaturale. Gli animali, le piante, gli oggetti, come tutte le forze della natura, possiedono uno spirito vitale, proprio come l’essere umano (animismo).

● La presenza delle forze invisibili è ovunque: «L’uccello Tempesta soffia vento nel petto di uomini e animali e senza tale vento non potremmo respirare», racconta una favola africana… Ma queste forze invisibili incutono timore agli uomini e quindi devono essere propiziate (atteggiamento magico).

NUOVI MOVIMENTI RELIGIOSI

● Vengono raggruppati sotto la sigla NMR (Nuovi Movimenti Religiosi) tutti quei gruppi religiosi (per lo più nati in epoche relativamente recenti, in genere gli ultimi tre secoli dell’era moderna) che convivono accanto – più spesso in contrapposizione – alle religioni tradizionali o storiche.

● Questi movimenti – conosciuti anche come “sette” – si caratterizzano per la grande varietà di forme in cui si presentano, ma anche per un atteggiamento di “segretezza” che rende difficile avere dati certi e trasparenti sul numero dei loro adepti, conoscere i contenuti delle loro dottrine, le regole di vita e i comportamenti interni... e altro ancora.

● In maggioranza questi movimenti provengono da chiese o confessioni cristiane, come anche da religioni orientali e movimenti politico-sociali.

Caratteristiche comuni ai Nuovi movimenti religiosi

1. La maggior parte di questi gruppi o movimenti si sono formati per distacco dalle religioni tradizionali (come forme di eresia), in particolare dal mondo cristiano-protestante o da nuove forme di spiritualità, come la New Age

2. Gran parte di questi gruppi si caratterizzano per forme di sincretismo (mescolanza di aspetti religiosi di diversa origine) o, al contrario, per l’esclusivismo (atteggiamento di chi è convinto che solo il proprio gruppo o religione siano gli unici “veri”).

3. Un’importanza tutta particolare viene data alla gura del fondatore o del leader carismatico, nei confronti del quale si manifesta molto spesso una forma di obbedienza cieca e acritica, se non di sottomissione.

4. Anche l’assoluta segretezza che si esige dai membri è spesso una caratteristica dominante di questi gruppi. Sono vietati i rapporti con il mondo esterno, eccetto che per fare proselitismo.

SPUNTI OPERATIVI

● Dei quattro gruppi in cui abbiamo suddiviso le religioni, qual è quello che attira maggiormente la vostra curiosità?

● Conoscete qualche movimento religioso presente nella vostra zona?

Tema 3 + religioni x 1 mondo 65

4. DIVERSE ma non di anti

Claudio Magris

È uno scrittore e accademico italiano, nato a Trieste nel 1939. Tra le sue numerose opere: Danubio (2015), L’in nito viaggiare (2018).

Pur essendo molte e diverse tra loro, tutte le religioni del mondo hanno in comune questi punti:

1. Esiste «Qualcuno» (come nel caso delle religioni monoteiste) o «Qualcosa» (come nella maggioranza delle religioni orientali) che dà senso e significato alla vita.

2. È possibile – attraverso i riti, i simboli, i miti – entrare in relazione con questa realtà superiore e raggiungere una forma di felicità suprema.

3. Tutte le tradizioni religiose, pur nella diversità delle formulazioni e delle dottrine, testimoniano che è possibile una via di salvezza, intesa come liberazione definitiva dalla sofferenza, dal male e dalla morte stessa.

4. Ogni via o esperienza religiosa richiede un atteggiamento di fedeltà ai propri principi dottrinali, come anche l’osservanza dei precetti e delle norme etiche prescritte, sempre in vista del raggiungimento della salvezza.

Testimoni del mistero e della libertà

Come emerge in modo evidente da questi quattro punti, pur con modalità e formulazioni differenti, tutte le religioni testimoniamo che c’è “qualcuno” o “qualcosa” di più grande e misterioso dell’essere umano stesso, di cui non si può dire nulla: non si può pretendere di definirlo, rappresentarlo, spiegarlo, possederlo, adoperarlo.

A partire da questa consapevolezza del “mistero” è possibile un confronto, una comunicazione, un dialogo tra le varie esperienze religiose differenti, purché ci si apra alla ricerca della verità con gli altri. Scrive Claudio Magris: «Spesso,

Popoli e religioni

«Tutti i popoli costituiscono una sola comunità, hanno una sola origine, poiché Dio ha fatto abitare l’intero genere umano su tutta la faccia della terra, hanno anche un solo ne ultimo, Dio, la cui Provvidenza, testimonianza di bontà e il disegno di salvezza si estendono a tutti, nché gli eletti saranno riuniti nella città santa, che la gloria di Dio illuminerà e dove i popoli cammineranno nella sua luce. Gli uomini attendono dalle varie religioni la risposta circa gli oscuri enigmi della condizione umana che, anche oggi come una volta, turbano profondamente i cuori degli uomini».

(Dichiarazione del Concilio Vaticano II Nostra aetate n.1 , 28 ottobre 1965)

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come testimonia la Bibbia, si è più idolatri che credenti. Se si è succubi di falsi e oscuri idoli, di ordini, divieti, poteri, convenzioni e fantasmi che si proclamano assoluti, e si è incapaci di amare, perché non liberi. L’idolatria nasce quando valori o realtà finiti – anche apprezzabili, come la nazione o un’idea politica, ma sempre limitati e relativi – vengono ciecamente adorati e assolutizzati come se fossero l’infinito (…). Si può dire che “quando l’appuntamento è col mistero, il dialogo diventa possibile, quando l’appuntamento è con un idolo, il dialogo muore”. Nella Bibbia e nella storia, la comunicazione tra le religioni è stata possibile quando la ricerca religiosa si è posta come ricerca del mistero». E continuando nella sua riflessione, lo scrittore triestino conclude: «L’attuale situazione multiculturale stimola ciascuno di noi a non temere l’incontro con l’altro – con ogni altro – e a cercare, proprio a partire da una tale sempre rinnovata apertura, nuovi linguaggi e nuove parole per dire ancora oggi l’identità cristiana. È infatti proprio nell’esodo, nell’uscire da sé per incontrare l’altro, che diventa possibile riappropriarsi delle proprie radici, «perché senza uscire da se stessi, dalle proprie origini, da ciò che si è ricevuto come un dato di partenza, non c’è crescita né maturazione né libertà e non c’è possibilità di ritornare liberamente, creativamente, alle proprie origini e alla propria casa natale, non più passivamente subite con forzati legami viscerali, bensì riconosciute come proprie e amate con quell’amore che è vivificante solo se è libero di ogni idolatria, pure nei confronti di se stessi».

Se fossi nato in Marocco sarei musulmano?

«La necessità di ogni epoca storica e regione geogra ca di dare delle risposte ad interrogativi fondamentali è una prerogativa del genere umano. Le risposte però sono state diverse, come diverse sono le culture e le tradizioni dei popoli che abitano il mondo. In quanto glio della civiltà occidentale, possiedo idee e un immaginario tipici di questa cultura: il mio modo di pensare, i miei valori e il mio immaginario sono imbevuti di una storia millenaria, che a onda le proprie radici nella classicità greco-romana e nel successivo inserirsi della religione cristiana in questo tessuto. Se appartenessi ad un altro contesto storico-geogra co, sarei probabilmente musulmano, o buddhista, o induista, perché glio di un’altra storia pervasa da una cultura diversa. È vero però che come credenti condividiamo tutti l’esistenza di un principio superiore, che ci rende fratelli».

(Elio, studente di liceo scienti co)

SPUNTI OPERATIVI

● «Se fossi nato in Marocco sarei musulmano» dice Elio, un ragazzo della vostra età. Che ne pensate della sua ri essione?

● Magris a erma che «senza uscire da noi stessi, dalle proprie origini, non c’è crescita né maturazione né libertà». Spiegate i motivi.

Tema 3 + religioni x 1 mondo 67

5. TANTA VIOLENZA, p ché?

La scuola, come ci capita di dire sovente, è una “palestra per allenare il cervello e valorizzare la dimensione spirituale”. Ognuno ha diritto di pensarla come vuole sulle religioni, anche di ritenere che sia meglio abolirle (come dice un personaggio della vignetta), ma prima è bene ragionarci, senza trarre conclusioni affrettate e usando tutta la nostra capacità critica.

Il nuovo millennio e il terrorismo

Certo, il fatto a cui si accenna nella vignetta è grave e le cronache di questo terzo millennio ci hanno abituato a notizie sempre più terribili, coinvolgendo in pieno –ahimè! – proprio le religioni. Voi siete molto giovani, ma se parlate con i vostri genitori o fate una veloce ricerca scoprirete che il Duemila era iniziato all’insegna di una grande speranza. In molti erano convinti di trovarsi davanti a “un’era nuova”, completamente diversa da quella precedente, che poteva assicurare a tutto il mondo pace, prosperità e progresso. Ma proprio all’inizio del nuovo millennio, l’11 settembre 2001, i due grattacieli simbolo di New York, le Torri Gemelle, divennero bersaglio di due aerei dirottati da terroristi e crollarono, provocando la morte di circa 3000 persone. Purtroppo questo fu solo l’inizio di una serie di

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Le colonne di luci di Ground Zero, a New York, sul luogo dove sorgevano le Torri Gemelle.

attentati che hanno terrorizzato il mondo occidentale. L’elenco è lungo, ma tra quelli più vicini a noi ricordiamo la strage durante un concerto al teatro Bataclan di Parigi (13 novembre 2015) e quella sul lungomare di Nizza mentre una folla di persone attendeva i fuochi d’artificio in occasione della festa nazionale (14 luglio 2016).

Riprendendo la nostra vignetta iniziale, è vero che tutti questi attentati sono stati fatti tirando in ballo il nome di Dio; ma siamo sicuri che sia proprio colpa delle religioni o è solo quello che vogliono farci credere?

Il Grande Imam di Al-Azhar, la più antica università islamica, alla presenza di papa Francesco ha affermato: «Dietro il terrorismo ci sono grandi interessi di parte, ma non c’è la religione islamica in quanto tale, perché i musulmani moderati sono le prime vittime del terrorismo». Ahmed al-Tayeb ha poi concluso: «Le guerre combattute in nome della religione hanno una sola cosa in comune: la strumentalizzazione della religione a fini politici» (Conferenza internazionale per la pace, 28 aprile 2017, Il Cairo).

Fede, religione e patologie del religioso

Per approfondire ulteriormente questo discorso sulla strumentalizzazione della religione e fare maggiore chiarezza, vi proponiamo di analizzare insieme tre concetti:

1. Fede: è il rapporto personale fra il credente e una realtà considerata superiore o trascendente.

2. Religione: è la modalità con cui gli esseri umani strutturano i loro rapporti con il trascendente, attraverso miti, riti, simboli… Storicamente si esteriorizza e prende forma nelle varie religioni del mondo

3. Patologie del religioso: sono gli aspetti deformati, come dei virus che affliggono – oggi come ieri – la religione. Più le religioni si irrigidiscono in chiusure ideologiche, tanto più le patologie religiose si manifestano con maggiore evidenza, trasformando Dio in un idolo, in un “manufatto” creato dagli uomini per legittimare i loro istinti peggiori, prima di tutto quello della violenza e del dominio. Purtroppo la religione si presta a molte strumentalizzazioni, sia individuali che di massa: può diventare un mantello usato per coprire nevrosi, psicosi, isterie, istrionismi, idolatrie, pregiudizi. A livello geopolitico non di rado è stata utilizzata come strumento per l’accaparramento di risorse petrolifere, o per legittimare i più atroci crimini. Il terrorismo di matrice religiosa rientra esattamente in questa terza categoria: quella delle patologie, ovvero forme pseudo-religiose che sono – quelle sì – da abolire.

SPUNTI OPERATIVI

● Portate degli esempi che, a vostro giudizio, non hanno niente a che fare con la religione ma sono soltanto “patologie del religioso”.

● Ricercate il signi cato di queste gravi deformazioni della religione: il fondamentalismo, l’integralismo e il terrorismo.

Dal latino deus, deriva dalla parola indoeuropea div, deiv, che signi ca «luminoso», «celeste». Indica la divinità, un essere trascendente o superiore all’essere umano.

Spirituale/Spiritualità

Ricchezza interiore, capacità di ogni essere umano di dare importanza allo spirito. Non necessariamente si identi ca con la religione.

Tema 3 + religioni x 1 mondo 69
Dio

Non sono pochi quelli che pensano che “non importa in chi o in che cosa si crede perché in fondo tutte le religioni sono uguali”.

Pensiamo che questo modo di affrontare il discorso non sia corretto. Prima di tutto, quando si parla di questi argomenti è importante evitare due estremismi:

● il relativismo, che afferma la sostanziale equivalenza di tutte le religioni, banalizzandole e minimizzando la portata e le peculiarità di ognuna;

● l’etnocentrismo secondo cui “solo la propria idea, etnia o religione è l’unica vera e valida”.

Questi atteggiamenti sono estremistici e da evitare. In secondoluogo, non è affatto vero che tutte le religioni siano uguali, si tratta di una banalità dettata dall’ignoranza, nel senso letterale di “non conoscenza”. Non bisogna essere degli specialisti di storia delle religioni per rendersi conto che tra un musulmano, un buddhista o un cristiano sono molte le differenze sostanziali: sarebbe come dire a un tifoso di calcio che tutte le squadre di serie A sono uguali, a chi segue la moda che una influencer vale l’altra, a un appassionato di motori che non c’è differenza tra due moto o auto di scuderie diverse, e così via.

70 6.
NO al relativismo

Non sono tutte uguali!

Le diversità tra le religioni sono importanti perché mettono in risalto le loro specificità, rivelandoci le peculiari ricchezze di ciascuna.

Le religioni possono essere diverse da molti punti di vista:

● culturale, ci sono religioni monoteiste e politeiste, quelle che si richiamano alle tradizioni primarie o arcaiche e quelle orientali;

● dottrinale, per esempio il concetto di Dio è molto differente tra le fedi: alcune religioni contemplano la possibilità di conoscerlo, di entrare in relazione con Lui, altre no;

● morale, i principi religiosi sono assai diversi gli uni dagli altri: predicare la non-violenza o prevedere l’uso della violenza per imporre il proprio credo – anche solo in determinate occasioni – non sono la stessa cosa; come non è affatto lo stesso sostenere l’uguaglianza e il rispetto per ogni essere vivente, un principio alla base di alcune tradizioni religiose, o teorizzare la divisione in caste e la non uguaglianza tra gli esseri umani, come sostengono altre.

Per questi motivi non è vero che una religione vale l’altra. Ognuna ha le proprie caratteristiche e deve essere rispettata, ma affermare che tutte le religioni siano equivalenti e sostenere che ciò che conta sia soltanto credere, questo non possiamo sottoscriverlo. “Credere” dipende anche dalla fiducia che viene accordata a qualcuno o a qualcosa che si rende “credibile”. Non si crede a tutto e a tutti, indifferentemente. Si dà fiducia a qualcosa o a qualcuno che la merita. Lo stesso accade per la fede religiosa. Se si considera la fede solo un sentimento interiore, indipendentemente dal suo contenuto, allora in chi e in che cosa credere è un fatto secondario. Ma questo modo di pensare porta ad una forma di relativismo, in cui tutto è messo sullo stesso piano, fino a teorizzare l’incapacità di scegliere.

Nella vita ognuno di noi, prima di fidarsi di una persona, cerca di conoscerla. Lo stesso avviene anche per la fede religiosa. In genere si è portati a seguire la religione che la nostra famiglia ci ha trasmesso, ma si può anche decidere di aderire a una fede diversa da quella ricevuta. In ogni caso, per arrivare a credere davvero, non è sbagliato interrogarsi e porsi domande: solo così è possibile una fede autentica e consapevole.

SPUNTI OPERATIVI

● Condividete ciò che è scritto nella scheda o avete dei dubbi? Sottolineate ciò che non vi convince o su cui siete in disaccordo e discutetene con il docente.

● Quando si parla di religioni capita di sentire frasi del tipo: “Le religioni, alla n ne, sono tutte uguali. Predicano le stesse cose...”. Indipendentemente dal fatto di essere credenti o meno, qual è la vostra opinione in proposito?

Tema 3 + religioni x 1 mondo 71

Le religioni de ’Oriente

In questo dossier presenteremo, in modo sintetico e a grandi linee, le principali religioni orientali, invitando ad approfondire questi argomenti individualmente o

insieme alla classe attraverso la ricca parte multimediale del testo.

Il termine induismo che viene normalmente utilizzato per identi care l’antica religione dell’India, non è in realtà del tutto appropriato. È preferibile usare l’espressione Sanathana Dharma, la “Legge primordiale o eterna”, come si usa in India. Infatti quel che chiamiamo “induismo” è in realtà un intreccio di culture e tradizioni di erenti che hanno dato vita alla complessa religiosità del paese. Spesso si crede che questa religiosità sia una forma di politeismo, data la presenza di un numero elevato di divinità. Ma non è così perché alla base c’è l’idea di una forza primordiale e assoluta che si manifesta in un’innità di modi e di forme.

Scopo ultimo della vita – che è tradizionalmente divisa in quattro fasi: 1. studio; 2. vita in famiglia; 3. vita nella selva; 4. perfetta rinuncia - è raggiungerelasalvezza nale (moksha), uno stadio che può liberare dal faticoso ciclo delle rinascite e da cui si può raggiungere la felicità nel Brahman (la realtà assoluta, all’origine di tutto).

LE QUATTRO PAROLE-CHIAVE DEL SANATHANA DHARMA

● Dharma: ciò che sorregge e mantiene l’uomo e la società. Sta ad indicare la scelta fondamentale di vita, i principi etici basilari che conducono l’individuo e la società alla prosperità in tutti campi: quello sico, psichico, economico, sociale e spirituale.

● Artha: i beni materiali necessari alla vita umana. La miseria è vista come una maledizione, anche se il ne ultimo della vita non è l’ottenimento di beni materiali, ma il rispetto del Dharma.

● Kàma: il piacere o godimento. I saggi indù lo de niscono come il godimento attraverso i cinque sensi, guidati

L’induismo in sintesi

• Nome: da hindu, termine introdotto dagli invasori arabi per indicare gli abitanti della regione del ume Indo.

• Fondatore: non c’è un fondatore, né una struttura gerarchica o un credo u ciale.

• Origine: di cile da stabilire ma, avendo più di quattro millenni di vita, si tratta di una delle più antiche tradizioni religiose del mondo.

• Libri sacri: i Veda che in sanscrito - l’antica lingua sacra dell’India – signi ca “conoscenza”; i Bràhmana, le Upanishad, i Vedanta, i Purana. L’opera più nota è la Bhagavadgita.

• Dio: non si crede a un dio personale, ma in una forza o sorgente primordiale (Brahman) che si manifesta in milioni di modi, in particolare in una triplice forma (Trimurti): Brahma (creatore), Vishnu (conservatore) e Shiva (distruttore).

• Principi morali: tutta la vita personale e sociale è regolata dal Dharma (la legge morale), da cui dipende anche il sistema di divisione in caste (abolite per legge, ma che permangono nella mentalità della gente).

• Città sante: Varanasi (o Benares) città bagnata dal ume Gange, importante luogo di pellegrinaggio da tutta l’India..

• Riti e festività: determinati riti (puja) sono alla base della pratica religiosa sia in casa che nei templi. Tra le feste più importanti Diwali o “Festa delle luci”.

• Rami o suddivisioni: si usa dividere la tradizione indù in varie fasi: vedismo, brahamanesimo, vedantismo (o Upanishad) sono le più antiche, ma si parla anche “induismo religioso” e “neo-induismo”.

Do ier 72
INDUISMO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Ra gurazione della triplice forma della Trimurti

dalla mente e dall’anima. La coscienza del piacere che ne deriva si chiama kàma. Il piacere è quindi tutto ciò che concerne l’emotività, la sensibilità, il sentimento, il desiderio. La vita emotiva, compresa quella sessuale, non è considerata come qualcosa di cattivo o da reprimere; anzi è una realtà buona e desiderabile (è questo il vero signi cato del famoso manuale d’amore, il Kamasutra). Un uomo e una donna per essere felici nel

mondo devono coordinare armoniosamente i tre scopi: Dharma, Artha e Kàma.

● Moksha: la liberazione de nitiva dell’anima, non più soggetta alla ferrea legge della rinascita e quindi capace di raggiungere la salvezza. È il sommo bene dell’uomo, la felicità assoluta

Induismo e cristianesimo

Sono molte le di erenze tra le due religioni, partendo dall’idea stessa di Dio che nel cristianesimo è una persona e nell’induismo è invece una forza primordiale. Anche il concetto di rinascita (si nasce più volte nché non si raggiunge la liberazione de nitiva) è estraneo al cristianesimo, così come la divisione della società in caste (pur abolite nell’India moderna), fatto contrario al concetto di fratellanza cristiana. Nonostante queste e altre profonde di erenze, l’induismo – come riconosce anche il Concilio Vaticano II in Nostra aetate al numero 2 – rimane uno dei tentativi più profondi di penetrare il mistero divino, in cui si parla di rivelazione, di legge o di valori increati ed eterni, di incarnazioni (avatāra) delle varie divinità, di vita ascetica e meditazione.

Le mucche, in India, sono oggetto di particolare rispetto perché danno il latte, simbolo della vita. Per questo possono vagare ovunque e nessuno le infastidisce. Chi ferisce o uccide una mucca può anche essere messo in prigione.

BUDDHISMO

Nel VI secolo a.C., in polemica con il brahmanesimo (una delle fasi della religione dell’India), di cui ri uta il formalismo e il ritualismo, il Buddha propose una via di liberazione dal dolore, senza ricorrere a forme estreme, ma praticando la via del Dharma (“Legge” o “Dottrina”), della meditazione e proponendo soprattutto una corretta vita etica. La nalità del suo insegnamento è di aiutare le persone ad uscire dal ciclo delle rinascite e quindi dalla sofferenza Il Buddha (che è un maestro e non un dio) ha sintetizzato il suo insegnamento nelle quattro nobili verità:

● Tutto è dolore.

● Il dolore ha una causa.

● Il dolore ha un termine: il nirvana.

● C’è un cammino che conduce al nirvana.

Il “cammino” indicato dal Buddha si articola in otto gradi, detto anche ottuplice sentiero. Chi segue questa via raggiunge pienamente il senso della propria esistenza, liberandosi dalla causa stessa del dolore, cioè dal desiderio o “sete” che produce l’attaccamento all’esistenza e quindi causa nuove rinascite. Questo cerchio di dolore può essere spezzato raggiungendo il nirvana, uno stato inde -

nibile in cui si è per sempre liberi dai limiti dell’esistenza, condizione che tuttavia non signi ca l’annientamento dell’individuo.

L’OTTUPLICE SENTIERO PER RAGGIUNGERE IL NIRVANA

1. Retta fede o retta conoscenza delle “quattro nobili verità”.

2. Retta decisione o retto proposito.

3. Retta parola: astenersi da falsità, calunnie e frivolezze.

4. Retta azione: l’agire (karma) è alla base della so erenza umana (rinascita) o della salvezza(nirvana). Agire bene comporta rispettare i cinque precettibase per tutti:

1. non fare violenza ad esseri viventi; 2. non rubare; 3. non avere condotta sessuale scorretta; 4. non mentire; 5. non assumere sostanze che alterino la mente.

5. Retta vita: comportarsi bene nella vita quotidiana, ma anche fare un “retto mestiere”. Alcuni lavori, infatti, sono contrari alla via etica indicata dal Buddha.

6. Retto sforzo: il retto esercizio; indica l’applicazione costante, lo sforzo di eliminare le tendenze cattive e sviluppare le qualità positive.

Do ier Tema 3 + religioni x 1 mondo 73
Fedeli indù in pellegrinaggio sulle rive del Gange a Benares.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

7. Retto ricordo: avere piena consapevolezza, essere capaci di a rontare nel giusto modo le situazioni più diverse e conservare il dominio di se stessi.

8. Retta concentrazione: prendere coscienza delle varie attività del corpo, delle sensazioni, dei pensieri e dei loro limiti. Questo costante esercizio mentale conduce alla “cessazione della coscienza e della sensibilità”, attraverso vari stadi di meditazione (dhyana). Equivale al raggiungimento del nirvana visibile, cioè realizzabile in questo mondo.

Il buddhismo in sintesi

• Nome: dal titolo dato al Buddha, “l’Illuminato”, dalla radice sanscrita budh , “risvegliato” o, appunto, “illuminato”.

• Fondatore: Siddhartha Gautama, detto il Buddha che, staccandosi dalla religione tradizionale dell’India del suo tempo, insegnò una via di liberazione dalla so erenza.

• Origine: Il Buddha è nato e vissuto nel Nord dell’India probabilmente tra il 563 e il 483 a.C.

• Libri sacri: i Tripitaka (“tre canestri”), tre collezioni di libri che racchiudono l’insegnamento del fondatore.

• Dio: non ci si pone il problema dell’esistenza o meno di un Dio e nemmeno di una creazione. Ci si preoccupa piuttosto di o rire all’uomo una via di liberazione dal dolore e dalla so erenza. Non si può parlare di ateismo, in quanto non si nega Dio, ma non si risponde a domande che trascendono l’uomo.

• Principi morali: la morale buddhista, tra le più alte di quelle elaborate dall’uomo, si basa su un amore profondo, sincero e compassionevole verso ogni essere vivente.

• Città sante: non esiste una vera e propria città santa, ma ci sono alcune mete di pellegrinaggio come Bodh Gaya, luogo dell’illuminazione del Buddha, e il Parco delle Gazzelle a Benares, dove egli tenne la prima predica.

• Riti e festività:nel buddhismo popolare grande importanza viene attribuita all’elemosina fatta ai monaci, a forme di preghiera e di devozione che si svolgono nei templi, alla venerazione e al culto delle statue del Buddha.

• Rami o suddivisioni: sono due quelle principali, il mahayana (“Grande Veicolo”), presente in Tibet, Cina, Corea e Giappone, che ha reinterpretato più ampiamente il pensiero del fondatore; e quello hinayana o eravada (“Piccolo Veicolo”), la forma più antica e classica del Buddhismo, presente nel Sud-Est asiatico.

I monaci buddhisti

I monaci buddhisti non sono tali per sempre, ma per il tempo che essi stessi stabiliscono. Hanno l’obbligo di osservare 227 precetti: oltre ai 5 obbligatori per tutti (quelli della “Retta azione”) ai monaci si chiede ad esempio di digiunare nel pomeriggio, astenersi da danze e divertimenti, evitare ornamenti e profumi, rifuggire gli onori e non toccare denaro.

Buddhismo e cristianesimo

Non sono pochi i punti che il buddhismo e il cristianesimo hanno in comune: l’amore e la compassione verso tutte le creature, l’importanza data alla meditazione, alla disciplina interiore e alla vita monacale. Ma anche le diversità sono notevoli e profonde. La di erenza più importante è che nel buddhismo non si parla di Dio, e la “salvezza” (la liberazione dalla so erenza) è soprattutto opera dell’uomo. Come a erma il Concilio Vaticano II: «Nel buddismo, secondo le sue varie forme, viene riconosciuta la radicale insu cienza di questo mondo mutevole e si insegna una via per la quale gli uomini, con cuore devoto e con dente siano capaci di acquistare lo stato di liberazione perfetta o di pervenire allo stato di illuminazione suprema sia per mezzo dei propri sforzi sia con l’aiuto venuto dall’alto». (Nostra aetate, n. 2c)

Do ier Tema 3 + religioni x 1 mondo 74
Statua di Buddha, l’Illuminato. Un monaco buddhista in meditazione.

L’antica religione cinese, incentrata sull’armonia che pervade l’universo, verso il VI secolo a.C. si diversi cò in due

CONFUCIANESIMO

Il leggendario fondatore del confucianesimo è

Kung Fuzi o Kung Fu-tzu (Confucio, 551-479 a.C.). La via loso co-religiosa indicata dal maestro Confucio si basa sulla fedeltà alle tradizioni antiche, in particolare sul culto degli antenati, insegnando a rispettare i valori del passato e i princìpi etici. Pur non ponendosi il problema di un Dio personale, Confucio crede nel Cielo come principio e causa del bene, e tutta la sua etica si fonda sulla rettitudine (li) e sull’umanità (ren).

Insieme a Confucio sono riconosciuti come maestri importanti: Mencio o Mengzi (ca. 372-289 a.C.)

e Xunzi (ca. 313-238 a.C.) che approfondirono il suo pensiero.

Confucio non si interessò a questioni soprannaturali che oltrepassano l’esperienza umana, quanto all’aspetto morale dell’esistenza. Egli riteneva che in un mondo in continua trasformazione per l’interazione tra yang e yin, che sono la forza stessa della vita, dovesse essere concepito un sistema etico fondato su valori stabili. Sviluppò così un

sistemi loso ci, morali e mistici: il confucianesimo e taoismo (o daoismo).

concetto di “bene” pratico, attento a salvaguardare i principi dell’ordine sociale, la cui trasgressione rappresenta il male.

Non c’è nella dottrina confuciana un messaggio di salvezza in un’altra vita, ma l’uomo è chiamato a realizzare se stesso nella società mediante una sua certa posizione sociale

Il confucianesimo in sintesi

Nome: il termine “confucianesimo” deriva dalla latinizzazione del nome del fondatore, fatta dai gesuiti nel XVII secolo d.C.

Fondatore: Kung Fuzi, un personaggio storico, la cui vita è avvolta nella leggenda.

Libri sacri: gli insegnamenti sono racchiusi nei Libri confuciani o Classici Dio: Confucio parlò di morale e di politica, più che di religione, ma era convinto che la sua dottrina provenisse dal Cielo: «Il Cielo generò il bene che c’è in me», era uno dei suoi detti preferiti.

Principi morali: sonocinque le virtùprincipali: 1. Ren (umanità o benevolenza); 2. Yi (rettitudine o giustizia); 3. Li (correttezza o rito appropriato, in particolare verso le relazioni familiari); 4. Zhi (conoscenza); 5. Xin (integrità).

Città sante: non ci sono particolari località, il centro del culto è nei numerosi templi, alcuni dei quali molto conosciuti.

Riti e festività: vivere le virtù e praticare i riti in modo corretto è l’essenza del confucianesimo; la festa principale ricorre nel compleanno di Confucio ogni 28 settembre.

Di usione: soprattutto in Cina, ma anche in Corea, Giappone e Viet-nam.

Il taoismo, chiamato anche la Via (Dao o Tao), indica come scopo fondamentale della vita quello di tendere alla felicità, seguendo la «via della natura, la via del cielo e la via della terra». Questa via loso co-religiosa, secondo la tradizione, è stata fondata da Laozi, nel 604 a.C., un personaggio forse leggendario, ma la cui dottrina è comunque la più antica e ra nata della Cina.

Si usa distinguere tra taoismo loso co, de nito Daojia (“scuola del Dao”), e religione taoista, chiamata Daojiao (“insegnamento del Dao”) ma, in ogni caso, si tratta di una via spirituale che insegna a vivere in armonia con l’universo, pur nella diversità e nella condizione di “opposizione” tra yin (inerzia) e yang (forza). È il Dao (o Tao), principio

armonico di vita e legge eterna, a scindersi in questi due elementi opposti, dando origine ad ogni cosa. Il saggio taoista è colui che sa entrare in questa armonia, distaccandosi dall’ambizione personale e dai legami terreni e sociali, per immergersi totalmente nel Tao e sciogliersi in esso. Scopo del taoista è raggiungere il Tao, attraverso il wu-wei (il “non operare”), che non signi ca passività, bensì non opporsi al corso delle cose, come l’acqua dei grandi umi che scorrono (solo in apparenza immobili) verso il grande mare.

«

QUATTRO COSE INSEGNÒ IL MAESTRO: COMPRENDERE

LE ANTICHE SCRITTURE, AGIRE RETTAMENTE, ESSERE FEDELI E RISOLUTI, ESSERE SINCERI E LEALI».

(Testi confuciani)

Do ier Tema 3 + religioni x 1 mondo 75 LE RELIGIONI CINESI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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TAOISMO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

« SE TI PIEGHI, TI CONSERVI.

SE TI CURVI, TI RADDRIZZI.

SE TI INCAVI, TI RIEMPI.

SE TI LOGORI, TI RINNOVI.

SE MIRI AL POCO, OTTIENI.

SE MIRI AL MOLTO, RESTI DELUSO».

(Daodejing, n. 22)

Religioni cinesi e cristianesimo

Pur non citando espressamente le religioni cinesi, nei documenti del Concilio Vaticano II si a erma che «le religioni che si trovano nel mondo intero si sforzano di superare, in vari modi, l’inquietudine del cuore umano proponendo delle vie, cioè dottrine, precetti di vita e riti sacri» (Nostra aetate, n. 2).

Il taoismo in sintesi

• Nome: dal Tao (o Dao), “via” “principio” che fonda e permea ogni cosa.

• Fondatore: Laozi (o Lao-Tzu e Lao-Tse), il “vecchio maestro”, gura forse leggendaria.

• Libri sacri: il Daodejing (o Tao-te king), diviso in due parti. La prima parte tratta del Tao (o Dao), la seconda del De (la virtù).

• Dio: il Tao è la realtà più alta, inde nibile e supremo mistero; non si tratta di un essere personale e onnipotente, ma rappresenta l’unione armonica di tutti gli opposti (Yin e Yang).

• Principi morali: seguire il Tao è seguire la via della natura, imparando dal “percorso dell’acqua” che scorre lenta e senza fatica verso luoghi umili, eppure è la più potente delle sostanze. Questo principio implica vivere con naturalità e spontaneità, basandosi sul wu-wei o inattività creativa.

• Città sante: non ci sono particolari località, ma cinque montagne considerate sacre dal taoismo in Cina.

• Riti e festività: i riti si svolgono perlopiù nelle case e nei templi. Nella pratica più popolare è presente anche la lotta a fantasmi e spiriti malvagi. Tra le feste più note vi è quella del Capodanno e quella di metà autunno, celebrata con tante lanterne.

• Di usione: non è facile tradurre in numeri i seguaci del taoismo, che ha sempre esercitato un grande fascino anche su mistici, loso e poeti di diverse zone del mondo.

Non potendo dedicare a tutte le religioni orientali lo spazio che meritano ci limitiamo in quest’ultima parte solo a

degli accenni, invitando ad approfondire il discorso nelle risorse multimediali.

Lo Shinto o “Via degli dei” è la religiosità tradizionale giapponese; una forma di politeismonaturalistico edetnico, con una forte componente rituale. Il Kojiki e il Nihongi sono i due maggiori testi religiosi, risalenti all’VIII secolo d.C. Questi libri menzionano numerose divinità primordiali, tra le quali emerge una coppia divina: Izanagi e Izanami. Da questa prima coppia, attraverso complesse vicende, ricevono vita numerose altre divinità, le isole stesse del Giappone e il fondatore della dinastia ancor

Do ier Tema 3 + religioni x 1 mondo 76
LE ALTRE RELIGIONI ORIENTALI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
SHINTOISMO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Veduta delle montagne sacre al taoismo. Un torii, suggestiva porta presso i santuari shintoisti.

oggi regnante nel Sol Levante. La religiosità shintoista è basata sui Kami, che sono delle divinità, ma anche forze o aspetti della natura. Sovente in Giappone lo shintoismo è praticato assieme al buddhismo.

I parsi sono i seguaci dell’antica religione di Zarathustra (o Zoroastro), che in gran parte emigrarono in India dopo l’invasione araba della Persia nel 651 d.C. Qui mantennero viva la loro originaria tradizione, pur adattandola alle nuove esigenze.

Il fuoco sacro è il loro simbolo più importante, insieme alle scritture sacre raccolte nell’Avesta. Tra i riti di iniziazione e di puri cazione, il più noto è quello funerario, in

JAINISMO

Il jainismo (o giainismo) è una delle religioni dell’India fondata verso la ne del VI secolo a.C. dall’asceta Vardhamana Mahavira, contemporaneo del Buddha e chiamato Jina, ossia “il Vincitore”, considerato l’ultimo dei ventiquattro “maestri spirituali” (tithankara).

Scopo del cammino giainista è liberare l’anima (jiva) dai legami della materia per raggiungere lo stato di siddha, il nirvana jain. Secondo questa via religiosa l’azione più

cui i cadaveri vengono esposti sulle “torri del silenzio” (dakhma). La religione di Zarathustra, sopravvissuta nel parsismo, è certamente tra i più antichi credo monoteisti del mondo. Proclama la fede in un unico dio (Ahura Mazda, e per questo è chiamata anche mazdaismo), crede nella venuta di un messia o salvatore, nella risurrezione dei morti e nel giudizio nale.

crudele è uccidere, perché tutti gli esseri viventi hanno un’anima, comprese le piante; per questo i jain indossano talora delle mascherine per non uccidere nemmeno gli esseri più piccoli. La comunità jain è poco numerosa, conta in tutto nel mondo circa 6 milioni di persone, per la maggior parte in India. SIKHISMO

I sikh costituiscono un’importante minoranza religiosa indiana, localizzata prevalentemente nella regione nord occidentale del Punjab. Non è rara la loro presenza anche in Italia, soprattutto al Nord.

Si considerano discepoli del guru Nanak e dei suoi nove successori vissuti tra il 1469 e il 1708. L’intenzione di Nanak (1469-1538 d.C.) fu quella di unire indù e musulmani in un’unica fede monoteista, proclamando l’abolizione delle caste e una non eccessiva importanza dei riti.

SPUNTI OPERATIVI

● In poche pagine abbiamo attraversato lunghi secoli di storia e abbiamo incontrato molte tradizioni religiose che caratterizzano l’Oriente. Cosa ha maggiormente attratto la vostra attenzione?

● Ci sono degli aspetti che vorreste approfondire? Quali?

Ispirata a principi di austerità, tolleranza e “democrazia religiosa”, la comunità dei puri (khalsa) ha sempre rivendicato l’autonomia e l’indipendenza del Punjab. La comunità sikh, nell’ambito della quale gli uomini portano un caratteristico turbante, conta oggi circa 30 milioni di fedeli. Il loro principale centro religioso e sociale è il Tempio d’oro di Amritsar, in India.

Un gruppo di giovani sikh in abiti rituali.

Do ier Tema 3 + religioni x 1 mondo 77 PARSISMO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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« SII CARITATEVOLE CON TUTTI GLI ESSERI: L’AMORE È LA PRIMA CARATTERISTICA DEL DIVINO». (Massima shintoista)

PUNTO

UNA BUSSOLA PER LA VITA IL

Ecco la frase di un noto storico delle religioni italiano che può fare il punto della situazione sui temi trattati e, al contempo, fungere da “bussola” per la nostra riflessione e atteggiamento dinanzi alle diverse religioni.

« Nella straordinaria varietà di miti, simboli, forme... in cui trova espressione il sentimento religioso, il nucleo fondamentale comune è sempre lo stesso: il rapporto dell’uomo con il cosmo e con le sue forze potenti, misteriose e ingovernabili (...). La visione religiosa del mondo garantisce ai credenti un punto di vista unitario e complessivo sulla realtà, una bussola che consente di orientarsi nel grande mare della vita».

(Giovanni Filoramo, Il Grande racconto delle religioni, Il Mulino, 2018)

Giovanni Filoramo

Docente di Storia delle religioni e del cristianesimo all’università di Torino e in altre università italiane, è autore di importanti pubblicazioni del settore.

« L’ATTUALE PLURALITÀ DI FEDI RELIGIOSE, DI CREDENZE E DI VISIONI SPIRITUALI PUÒ APPARIRE AI CREDENTI LA VITTORIA DELLA CONFUSIONE. INVECE ESSA È UNA BENEDIZIONE CHE RISPONDE A UN MISTERIOSO E SAPIENTE DISEGNO DI DIO».

(Claude Ge ré, teologo cattolico francese)

SPUNTI OPERATIVI

● La citazione parla di religione come “bussola per i credenti che consente di “orientarsi nel mare della vita”. E per i non credenti qual è secondo voi la bussola?

● Perché la pluralità delle fedi è “una benedizione”, secondo l’esperto citato?

78

Religioni primarie o arcaiche.

Il mondo de e religioni

Le religioni del mondo sono tante, ognuna con proprie caratteristiche.

Religioni monoteiste del Mediterraneo.

Religioni orientali. Nuovi movimenti religiosi.

Ogni religione ha in comune

delle norme etiche e dei precetti.

l’esistenza di Qualcuno o Qualcosa di superiore.

una realtà “altra” con cui è possibile entrare in contratto.

la possibilità di una salvezza o liberazione.

DIBATTITO

Discutete tra voi e con l’insegnante sula seguente affermazione: «Le religioni alla fine portano solo odio e violenza. Meglio abolirle tutte!».Ognuno porti argomenti pro o contro.

DOMANDE

1. La religione e la magia sono la stessa cosa.

2. I musulmani sono tutti terroristi.

Individua le due affermazioni errate, barrandone la frase.

1. Il cristianesimo è una religione monoteista.

2. Gli agnostici sono dei gruppi religiosi orientali.

3. Il buddhismo storicamente nasce dopo il cristianesimo.

4. La fede autentica non fa a pugni con la ragione, rinnegandola.

79 Tema 3 + religioni x 1 mondo
□ V □ F
□ V □ F
SINTESI INCLUSIVA

Dibattito

« LA RELIGIONE È UN UNICO ALBERO CON MOLTI RAMI. IN QUANTO RAMI, SI PUÒ DIRE CHE LE RELIGIONI SONO MOLTE, MA IN QUANTO ALBERO, LA RELIGIONE È UNA SOLA».

(Gandhi, leader indiano della non-violenza)

Prendendo spunto dalla realtà:

Organizzate un’inchiesta all’interno della vostra scuola sui valoridei giovani. Potete coinvolgere tutte le classi parallele alla vostra (ad esempio tutte le prime o tutte le terze della vostra scuola). Preparate un questionario con una serie di domande, chiedendo di rispondere in base all’importanza attribuita. Chiedete di mettere in ordine di importanza, i seguenti valori: avere una cultura; curare la salute; frequentare la chiesa o l’oratorio; avere del tempo libero; studiare; dare importanza alla famiglia; impegnarsi in politica; dedicare tempo agli amici; impegnarsi in attività di volontariato; fare sport; avere momenti di ri essione… Dopo aver deciso in gruppo le domande da inserire nel questionario, somministratelo alle classi scelte e in ne elaborate le risposte ottenute. A lavoro ultimato ri ettete in classe sulle risposte ottenute.

Attività interdisciplinare

Il lavoro accennato sopra – soprattutto se fatto ad un certo livello – richiede varie competenze (informatiche, matematiche, ecc.). Per questo si può proporre ad altri docenti di coinvolgere le loro classi nella preparazione ed elaborazione dell’inchiesta.

UNA CANZONE

Ti potranno dire…

«Un unico albero, con tanti rami di erenti»: ti piace questa immagine della religione che ci o re Gandhi o trovi che si può prestare a delle ambiguità?

«Ti potranno dire che non può esistere niente che non si tocca o si conta o si compra perché chi è deserto non vuol che qualcosa orisca in te…».

(Max Pezzali, Ci sono anch’io)

Che ne pensate? Condividete quanto viene a ermato? ................................................................................................... ...................................................................................................

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PRATICA#MENTE
FRAMMENTI PER RIFLETTERE
Motivazioni PRO ...................................................................... ................................................................................................... ................................................................................................... Motivazioni CONTRO .............................................................. ................................................................................................... Altro .......................................................................................... ...................................................................................................

#AnneFrank. Vite parallele, di Fedeli-Migotto, Italia 2019, 92’: la storia di Anne Frank, ebrea costretta a nascondersi dalla furia nazista, s’intreccia nella ricostruzione con quella di altre cinque bambine e adolescenti sopravvissute alla Shoah, anch’esse cariche di voglia di vivere e di coraggio. Scrive Anne nel suo Diario: «È un grande miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze… Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo che può sempre emergere...» . Il Diario di Anne ha fatto diventare adulti milioni di adolescenti.

Frammenti di SPIRITUALITÀ

Secondo il credente Dio aiuta in tanti modi, ma lasciando sempre libera la persona, a cui spetta cogliere il “vento” e alzare le “vele”. Vi ritrovate in questa concezione della religione?

Buone notizie

Spesso capita di vedere in televisione atleti che prima di un momento importante si fanno il segno della croce. Altri invece che si inginocchiano o che alzano le braccia e gli occhi al cielo chiedendo aiuto. Di cile dire se siano gesti di vera fede o gesti scaramantici per avere fortuna, ma provengono dal profondo e non spetta a noi giudicare. In ogni caso ogni atleta ci testimonia quanto impegno e costanza, rinunce e sacri ci ci sono dietro ognuno di loro e quanto è importante guardare in alto per raggiungere il traguardo. Questo è ancora più evidente negli atleti paralimpici che ammiriamo per il loro impegno e coraggio. Nella foto le tre atlete italiane: Ambra Sabatini (oro), Martina Caironi (argento) e Monica Graziana Contrafatto (bronzo) nella eccezionale tripletta nei 100 metri femminili a Tokyo 2021.

Autovalutazione

81 Tema 3 + religioni x 1 mondo Un Film
...................................................................................................
imparato: ........................................................................... Molto interessante Interessante Poco interessante Noioso Di cile
Ho trovato questo Tema: Ho
«Dio fornisce il vento, ma l’uomo deve alzare le vele». (Sant’Agostino)

ABRAMO e i suoi figli

I tre monoteismi del Mediterraneo – ebraismo, cristianesimo e islam – si riconoscono in Abramo come padre comune della loro fede. In questo tema presenteremo – seppur in modo sintetico ed essenziale – tutti e tre i monoteismi, dando un po’ più di spazio all’ebraismo e all’islam, perché al cristianesimocattolicesimo, parte integrante della nostra storia e cultura, sarà dato ampio spazio negli altri temi che seguiranno.

IL PERCORSO CHE FAREMO

I contenuti digitali speciali
4 • Islam: riti e tradizioni 100 • D/ Torah, Vangelo e Corano 102 PER CONCLUDERE • Il punto 104 • Sintesi inclusiva 105 • Pratica#mente 106
• All’origine dei monoteismi 84 • Ebraismo: origini e storia 86 • «Io sono il Signore tuo Dio» 88 • Ebraismo: caratteristiche 90 • Ebraismo: riti e tradizioni 91 • Cristianesimo: caratteristiche 93 • Cristianesimo: pilastri 94 • Islam: origini e storia 96 • Islam: caratteristiche 98

chi? Who? dove? Wh e? quando? When? cosa? What? perché? Why?

Conoscere e approfondire le tre tradizioni monoteiste che si richiamano ad Abramo vuol dire conoscere le nostre origini e anche interrogarci sulle incomprensioni e pregiudizi che sono alla base di molti con itti di ieri e di oggi.

Knowing and studying the 3 monotheist traditions which refer to Abraham, means getting to know our origins and wondering about misunderstandings and prejudices which are behind con icts both in the past and nowadays.

Approfondiremo le tre tradizioni religiose monoteiste in classe, ma il tema è ampio e tocca vari aspetti legati non solo alle radici culturali dell’Occidente, ma anche all’attualità.

In classe avremo modo di ri ettere sull’importanza delle tradizioni religiose dei tre monoteismi del Mediterraneo, e di veri care quanto sia utile conoscere meglio l’altro, per abbattere pregiudizi e paure.

In class, we’ll examine in depth the 3 monotheist religious traditions. However, this topic is wide and it concerns many elements which are linked not only to our cultural roots but also to the present ones.

During our lesson we’ll have the opportunity to think about the importance of religious traditions of the 3 Mediterranean’s monotheisms and to nd out how knowing the other can be useful in order to cancel prejudices and fears.

Conoscere le tradizioni religiose degli altri vuol dire interrogarsi anche sulle proprie radici e scoprire quanto è importante imparare a rispettare l’altro nelle sue realtà più profonde, pur non condividendo il credo e le tradizioni religiose dell’altro.

Knowing the other’s religious traditions means also wondering about our own roots and discovering how important it is to respect the other people in their deepest reality, even if we don’t share the same creed and religious traditions.

Conoscenze

• Gli aspetti comuni che legano tra loro le religioni che si riconoscono in Abramo come padre della loro fede, cogliendo l’intreccio tra la dimensione religiosa e quella culturale.

ABILITÀ

• Riconoscere il valore del linguaggio religioso nell’interpretare il contesto storico-culturale in cui vivono e operano le tre religioni monoteiste del Mediterraneo.

Per imparare a rispettare l’altro, in particolare le sue tradizioni religiose, richiede prima di tutto una buona conoscenza della religione dell’altro e poi avere un atteggiamento empatico, cercando di comprenderlo.

If we want to learn to respect the other, in particular his religious traditions, rst of all we have to know his religion very well and then having a sympathetic behaviour, trying to understand.

COMPETENZE

• Costruire un’identità libera e responsabile, ponendosi domande di senso.

• Sviluppare un maturo senso critico.

• La radice ebraica del cristianesimo e la speci cità della proposta cristianocattolica, nella singolarità della rivelazione di Dio Uno e Trino, distinta da quella di altre religioni e sistemi di signi cato.

• Dialogare con posizioni religiose e culturali diverse dalla propria in un clima di rispetto, confronto e arricchimento reciproco.

• Valutare la dimensione religiosa nella vita umana a partire dalla conoscenza della Bibbia.

abramo e i suoi figli

1. ALL’ORIGINE dei monoteismi

Anche se dalla storia non appare così evidente e nemmeno dall’attualità, i tre monoteismi del Mediterraneo (ebraismo, cristianesimo e islam) hanno in Abramo un’importante radice comune Infatti, nonostante le divisioni storiche, le guerre e le varie incomprensioni reciproche, tutte e tre le tradizioni religiose riconoscono Abramo come il padre della loro fede.

Siamo convinti che questa radice comune dovrebbe essere oggi sottolineata con più forza, proprio per ritrovare una forte unità fra le tre religioni. Spesso, infatti, un fondamentalismo frutto soprattutto di paura e di ignoranza nei confronti dell’altro provoca chiusure e violenze che sembrano prevalere sulle radici comuni. È sufficiente osservare l’immagine riportata accanto per comprendere che una maggiore collaborazione e rispetto tra i monoteismi è sempre possibile. Rappresenta Abramo mentre protegge amorevolmente tutte e tre le religioni monoteiste nel suo grembo.

In questo tema daremo spazio alla presentazione dei figli di Abramo privilegiando la conoscenza dell’ebraismo e dell’islam, dato che dedicheremo ampio spazio al cristianesimo più avanti.

In questa parte iniziale metteremo in risalto gli aspetti comuni ai tre monoteismi, pur non trascurando le profonde differenze che esistono di fatto tra loro. In particolare, il diverso modo di interpretare Gesù: riconosciuto dall’ebraismo come un grande maestro, ma non come il Messia atteso; dal mondo islamico visto come un grande profeta, ma meno importante di Muhammad (Maometto), il solo che porta a compimento la rivelazione di Dio.

Il grembo di Abramo, illustrazione medievale tratta dall’Hortus Deliciarum di Landsberg.

Fondamentalismo

Modalità conservatrice e intransigente di concepire e vivere la religione, talora con forme violente di azione.

Cosa hanno in comune i tre monoteismi?

Pur essendo molte e importanti le di erenze tra loro, i tre monoteismi condividono:

• la fede in un unico Dio: come creatore, misericordioso e giusto, che si è manifestato (rivelato) agli uomini;

• la fedeltà e l’importanza attribuita al libro sacro, anch’esso rivelato;

• la gura di Abramo e dei profeti;

• la concezione di una vita ispirata all’osservanza di norme etiche indicate da Dio;

• la fede e l’attesa in un aldilà.

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I FIGLI DI ABRAMO Musulmani Abramo
Cri iani
Isacco Ismaele
Ebrei

Perché tanto odio e violenza fra le tre tradizioni?

La domanda è più che giustificata perché non solo nel passato, ma anche nel presente, la storia e la cronaca ci confermano che guerre, violenze e incomprensioni fra i tre monoteismi si sono a volte manifestate, anche se spesso con motivazioni più politiche che religiose.

Si pensi, ad esempio, all’ancora non risolta questione palestinese. Per quanto riguarda le incomprensioni storiche tra le tre fedi forse sono proprio le affinità e gli aspetti comuni a determinare i contrasti. Come capita anche nella nostra vita di tutti i giorni, le incomprensioni più grandi sono spesso tra persone vicine, in particolare quando ognuno pretende di avere ragione sugli altri o crede di possedere la verità assoluta.

In questo senso è urgente un cambiamento di rotta, come auspicato da papa Francesco, nell’appello lanciato da Gerusalemme, nel 2014, di fronte ai rappresentanti delle tre religioni: «Musulmani, cristiani ed ebrei riconoscono che Abramo si fece pellegrino per intraprendere quell’avventura spirituale che lo portava verso il mistero di Dio. (...) Da questo luogo santo lancio un accorato appello a tutte le persone e le comunità che si riconoscono in Abramo: rispettiamoci e amiamoci gli uni gli altri come fratelli e sorelle! Impariamo a comprendere il dolore dell’altro!

Nessuno strumentalizzi per la violenza il nome di Dio! Lavoriamo insieme per la giustizia e per la pace!».

SPUNTI OPERATIVI

Eravate già a conoscenza di Abramo come padre comune dei tre monoteismi? Perché è importante riscoprire oggi questo legame?

Rispetto all’obiezione “perché tanto odio e violenza fra le tre tradizioni?” qual è invece la vostra opinione?

Uniti in Abramo

Durante il viaggio in Iraq di papa Francesco (5-8 marzo 2021), al termine dell’incontro interreligioso che si è tenuto il 6 marzo nella Piana di Ur, dove Abramo ricevette la chiamata a lasciare la propria patria, è stata fatta una preghiera comune ispirata alla gura del Patriarca, padre nella fede per cristiani, ebrei e musulmani. Eccola.

«Dio Onnipotente, creatore nostro che ami la famiglia umana e tutto ciò che le tue mani hanno compiuto, noi, gli e glie di Abramo appartenenti all’ebraismo, al cristianesimo e all’islam, insieme agli altri credenti e a tutte le persone di buona volontà, ti ringraziamo per averci donato come padre comune nella fede Abramo, glio insigne di questa nobile e cara terra.

Ti ringraziamo per il suo esempio di uomo di fede che ti ha obbedito no in fondo, lasciando la sua famiglia, la sua tribù e la sua patria per andare verso una terra che non conosceva.

Ti ringraziamo perché, benedicendo nostro padre Abramo, hai fatto di lui una benedizione per tutti i popoli».

85 Tema 4 abramo e i suoi figli
Papa Francesco a Gerusalemme davanti al Muro Occidentale del tempio.

origini e oria

Dopo aver introdotto a grandi linee il tema dedicato ai “figli di Abramo” in relazione ai tre monoteismi del Mediterraneo, passiamo ora a presentare gli aspetti più importanti della tradizione ebraica. Dal punto di vista cronologico e rilevanza culturale l’ebraismo è infatti la prima delle tre grandi religioni.

Il più antico dei monoteismi viventi

L’ebraismo è considerato come la più antica fede monoteista tutt’ora esistente, cioè la prima a essere storicamente documentata. Probabilmente all’inizio si trattava di una forma di enoteismo, con cioè una divinità preminente sulle altre, sviluppatosi poi in un monoteismo assoluto.

Comunque, a differenza di altre forme religiose presenti nella zona della Palestina, la religione ebraica si caratterizza per la forte fede in Dio, il Signore, il cui nome santo nessun ebreo può pronunciare. Oltre alla credenza nel Dio unico, l’ebraismo si caratterizza per un patto speciale o alleanza che lega il popolo ebraico al suo Signore, e viceversa.

Il capostipite del popolo ebraico è dunque Abramo, che secondo il racconto della Bibbia,è stato invitato direttamente da Dio a lasciare la zona in cui viveva, Ur dei Caldei (nel nord della Mesopotamia), per andare verso la terra di Canaan, promessagli da Dio. Dal libro biblico della Genesi sappiamo che il Signore suggellò un patto con Abramo, cambiandogli il nome da Abram, “padre eccelso” in Abrahmam, “padre di una moltitudine” (Genesi 17,5).

La terra che gli è stata promessa, Canaan, è piuttosto ambita; è infatti considerata fertile e strategicamente importante, in quanto zona di passaggio tra l’Egitto e la Mesopotamia.

Proprio per questo è stata oggetto di contese e di guerre ed è finita di vol-

La Menorah

Insieme alla Stella di David, la Menorah, il candelabro a sette bracci, è uno dei principali simboli dell’ebraismo. Ricorda i 6 giorni della creazione più il sabato, al centro.

Il nome di dio

Quando Mosè chiese il nome a Dio, la risposta fu una frase ebraica: «Io sono colui che sono» (cf. Es 3,13-14). In Esodo 6,2-3 troviamo l’espressione «Io sono YHWH». Il nome di Dio è composto da quattro consonanti attinenti al verbo essere, che per rispetto era (ed è) considerato impronunciabile dagli Ebrei e perciò nella lettura viene sostituito con il generico Adonày, “Signore”.

Il viaggio di Abramo da Ur verso Canaan.

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2. EBRAISMO:

ta in volta sotto il dominio dei diversi imperi presenti nella zona. Questo determinò varie influenze culturali e religiose sull’ebraismo originario, senza però alterare gli elementi distintivi della forte fede monoteistica. Da questo contesto religioso e culturale ebraico nascerà, dopo circa 2000 anni, il cristianesimo e, ancora più tardi, l’islam (622 d.C.), religioni che, come abbiamo visto, si riconoscono in Abramo come padre comune. La storia e la cultura dell’Occidente saranno infatti significativamente influenzate dalla vicenda religiosa ebraica.

L’origine del monoteismo biblico

Il tema delle origini del monoteismo ha sempre appassionato gli studiosi. Sulla scia di Freud, il fondatore della psicanalisi che agli inizi del ‘900 aveva pubblicato il saggio Mosè e il monoteismo, diversi autori hanno collegato l’origine del monoteismo biblico con il culto di Aton, il dio del Sole, imposto in Egitto dal faraone Amenofi (1372-1354 ca. a.C.). Questo sovrano, che si faceva chiamare Akhenaton (dal nome del dio unico Aton), aveva operato una rivoluzione culturale e religiosa in senso monoteista, distruggendo tutte le altre divinità.

Alla morte di Akhenaton – secondo la tesi di Freud – l’ebreo Mosè (educato alla corte egiziana), dopo il periodo di servitù trascorso in Egitto portò con sé anche l’idea egizia del monoteismo.

Secondo questa ipotesi, il monoteismo ebraico risalirebbe all’epoca di Mosè (e non di Abramo) e proverrebbe dal mondo egizio, ma altri prospettano invece che il monoteismo ebraico sia una derivazione della religione di Zoroastro (VI secolo a.C.).

L’opinione che oggi sembrerebbe però più accreditata tra gli studiosi è che la fede monoteista sia l’esito di un lungo e complesso processo storico all’interno dell’ebraismo, con influssi delle altre culture del Medio Oriente. Il periodo storico più interessato a questo processo sarebbe quello del periodo post-esilio babilonese. Fu allora che Giosia (regnante dal 640 al 609 a.C.) “riscoprì” la Legge (Torah), fece una nuova alleanza con il Signore, il Dio di Israele, e fu in questo periodo che venne fatta la prima redazione scritta del libro del Deuteronomio.

Un’alleanza mai revocata

«La comunità cristiana si a erma nel contesto culturale ebraico, ma non lo sostituisce. L’alleanza con il popolo ebraico non è stata mai revocata; rappresenta una speci ca testimonianza di Dio, in una storia che non nisce con la distruzione romana di Gerusalemme nel 70 d.C., ma continua no ai giorni nostri».

(Comunità monastiche cristiane di Gerusalemme)

SPUNTI OPERATIVI

● Si suggeriscono ricerche interdisciplinari sull’origine dell’ebraismo nel contesto delle altre religioni dell’area mesopotamica.

● Si vedano nella parte multimediale e nella Guida per il docente le varie proposte di approfondimento.

87 Tema 4 abramo e i suoi figli
Il faraone Akhenaton e la sua famiglia mentre o rono doni votivi ad Aton.

3. «IO SONO il Signore tuo Dio»

Contrariamente a quanto spesso si pensa, il Dio del Primo o Antico Testamento non è affatto burbero e autoritario, e tanto meno geloso della libertà dei suoi figli. Anzi è il fondamento e l’origine stessa della continua ricerca di libertà che caratterizza il popolo ebraico: una ricerca che inizia con la partenza di Abramo verso una terra a lui ignota e solo promessa; che continua con la faticosa uscita (esodo) dalla servitù dell’Egitto, sotto la guida di Mosè, fidandosi sempre e solo della promessa fatta da Dio ai loro padri: Abramo, Isacco e Giacobbe.

Un’alleanza speciale

Il senso e il fondamento della ricerca di libertà che guida il popolo ebraico si trova nel patto o alleanza speciale che Dio ha stipulato con esso. Mosè, nella sua funzione di mediatore, spiega così a Israele l’alleanza fatta: «Prendo oggi a testimoni contro di voi il cielo e la terra (ossia tutto l’universo è chiamato ad essere testimone n.d.r.) : io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza, amando il Signore tuo Dio, obbedendo alla sua voce e tenendoti unito a lui, poiché è lui la tua vita e la tua longevità, per poter abitare sulla terra che il Signore ha giurato di dare ai tuoi padri, Abramo, Isacco e Giacobbe» (Dt 30, 19-20).

I grandi patriarchi

Tra i grandi patriarchi citati da Mosè (a cui dobbiamo aggiungere lui stesso) Abramo è il primo tra tutti, riconosciuto come capostipite non solo dal popolo ebraico, ma anche da quello islamico (per via di Ismaele, il figlio della schiava). Ad Abramo Dio aveva promesso una discendenza numerosa come le stelle del cielo, anche se sia lui che la moglie Sara erano avanti negli anni e non avevano figli. Per questo Abramo, secondo l’uso del tempo e su invito della stessa Sara, pensò di avere un figlio da una loro schiava di nome Agar. Questa rimase incinta, ma da allora – come osserva il libro della Genesi – «la sua padrona non contò più nulla per lei» (16,4). La convivenza tra le due donne è sempre più conflittuale, tanto che Abramo concede a Sara di «trattare la schiava come crede». Agar, maltrattata, scappa nel deserto con il bimbo in grembo. «La trovò l’angelo del Signore presso una sorgente», invitandola «a ritornare dalla sua padrona e di restare sottomessa», promettendole che avrebbe avuto una discendenza «così numerosa da non potersi contare. Partorirai un figlio e si chiamerà Ismaele, perché il Signore ha udito il tuo lamento» (16, 7-11). Ismaele diventerà il capostipite di un grande e fiero popolo del deserto: quello islamico, anch’esso proveniente da Abramo. Racconta il libro della Genesi che Agar ritornò da Abramo e partorì Ismaele. Ma anche Sara,pur essendo ormai avanti negli anni, secondo la promessa partorirà un figlio ad Abramo: Isacco, “il figlio del riso” (perché Sara aveva sorriso incredula quando il Signore aveva promesso loro un figlio). Sarà quindi Isacco, il figlio tanto atteso e amato, il diretto discendente di Abramo. Agar e Ismaele

«Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra di Egitto, dalla condizione servile»

(Es 20,2; Dt 5,6).

Perché Dio chiede ad Abramo di sacri care Isacco?

È scritto nel libro della Genesi: «Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo!». Rispose: «Eccomi!».  2Riprese: «Prendi tuo glio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va’ nel territorio di Mòria e o rilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò» (Gen 22,1-2) Ma come è possibile – ci si chiederà - che il Signore domandi ad Abramo una cosa così terribile?

In realtà nella Bibbia non sono ammessi i sacri ci umani; anzi vengono condannati esplicitamente, pur essendo di usi tra i vari popoli con cui gli ebrei, all’epoca, venivamo in contatto. Infatti nel momento in cui Abramo si accinge a posare il coltello sul collo di Isacco, l’angelo inviato da Dio lo chiama e gli ordina: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente!» (22, 12). È quindi la Bibbia stessa a dirci che il messaggio del racconto è che non si devono fare sacri ci umani e che tutto l’episodio è da interpretare come una prova a cui Dio sottopone Abramo, la cui fede risulterà incondizionata e fedele, senza limiti.

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saranno costretti ad allontanarsi definitivamente dalla casa di Abramo, ma con la promessa divina che avrebbero dato origine ad un grande popolo (Gen 21,8-21).

Nella Bibbia è sempre così, solo uno tra i due (Ismaele e Isacco, Giacobbe e Esaù e tanti altri) sarà il prescelto, con dei criteri umanamente forse poco comprensibili, ma coerenti con il piano (o mistero) della salvezza. Ad Abramo stesso verrà richiesta da Dio una prova per noi assurda: il sacrificio del figlio Isacco (Gen 22, 1-19). Superata la prova, sarà Isacco il secondo patriarca del popolo ebraico, che sposerà

Rebecca e dalla loro unione nasceranno due gemelli: Esaù e Giacobbe. Tra i due sarà Giacobbe, con vari sotterfugi e imbrogli, che diventerà il terzo patriarca

Giacobbe e Esaù

La storia di Giacobbe non è proprio esemplare, anche se poi Dio trasformerà la sua smania di protagonismo e i suoi vari abusi in una storia di salvezza. Giacobbe, figlio di Isacco e Rebecca, fratello gemello del rossiccio Esaù (il nome sta ad indicare che è “rosso e folto di pelo”) riuscirà ad ingannare il vecchio padre ormai cieco, facendosi passare per Esaù e ricevendo – grazie anche alla complicità della mamma – la benedizione della primogenitura al posto del fratello. Giacobbe poi si spostò nella Siria Mesopotamica, presso lo zio Labano in cerca di una moglie, ma vivendo tutta l’amarezza del suo comportamento sleale nei confronti del padre e del Signore. Dopo aver fatto soffrire gli altri, Giacobbe dovrà sperimentare sulla propria pelle il dolore dell’inganno: prima da parte dello zio; poi con la guerra e l’odio scoppiato tra i suoi stessi 12 figli, con il dramma dell’esilio e la fatica della riconciliazione con il fratello Esaù. Giacobbe morirà in Egitto, in terra straniera, dove si era recato per raggiungere il suo amato figlio Giuseppe che, venduto schiavo dai suoi stessi fratelli, aveva fatto fortuna presso il faraone. Questa, in estrema sintesi, la storia di Giacobbe, fatta di miserie e di grandezza, ma da cui sono nate le 12 tribù di Israele.

Il profeta Mosè

Tra i grandi personaggi dell’ebraismo non si può dimenticare Mosè, l’uomo che liberò il popolo dalla schiavitù dell’Egitto e che ricevette da Dio le tavole della Legge. La sua figura è di fondamentale importanza non solo per la religione ebraica, ma anche per quella cristiana e islamica. Nella Bibbia ebraica è citato migliaia di volte, ma compare anche 80 volte nel Nuovo Testamento e in 36 delle 114 Sure del Corano. Egli rappresenta un punto di incontro per le tre grandi religioni monoteiste e il Decalogo, ricevuto sul monte Sinai, sarà alla base della morale civile di tutto l’Occidente.

SPUNTI OPERATIVI

Attività: Leggete nella Bibbia la storia di Esaù e Giacobbe: Genesi 25,19-34.

I gli delle schiave Nell’antichità era previsto che in caso di sterilità della moglie u ciale, il capo-clan potesse ricorrere ad altre mogli del suo harem per avere un glio. Infatti nel Codice babilonese di Hammurabi, del XIII secolo a.C., si trovano due articoli - il 144 e il 146 - che legiferano sui gli avuti in questo modo, prevedendo anche che se la schiava, mettendo al mondo un glio, si fosse eguagliata alla sua padrona, quest’ultima poteva rivalersi su di lei e punirla. Proprio come fa Sara nei confronti di Agar.

89 Tema 4 abramo e i suoi figli
Giorgio Vasari, Il sacri cio di Isacco, XVI sec., Napoli, Museo di Capodimonte.

4. EBRAISMO: cara i iche

Approfondiamo ora alcuni punti caratterizzanti la tradizione ebraica che ogni buon ebreo praticante si sforza di osservare e di vivere ogni giorno. I capisaldi, ovvero le colonne su cui poggia l’ebraismo sono tre: 1. la fedeltà a Dio; 2. la fedeltà alla Torah; 3. la fedeltà al popolo e alla terra.

1. La fedeltà a Dio

Dio, consideratounico e il cui nome santo non viene mai pronunciato, richiede una fedeltà testimoniata con l’osservanza di precetti, che non sono pochi. Infatti la tradizione ebraica elenca ben 613 precetti (o mitzvòt): 248 positivi e 365 negativi). I precetti “positivi” obbligano l’ebreo a compiere una determinata azione, mentre quelli “negativi” la vietano. I numeri hanno un significato simbolico: 248 sono, secondo la tradizione, le ossa del corpo umano e 365 i giorni dell’anno, ma anche i legamenti delle ossa. Un invito quindi a vivere i precetti con tutto il corpo, il cuore e la mente.

2. La fedeltà alla Torah

La fedeltà ai testi sacri della tradizione ebraica e ai commenti su di essi è essenziale. La parola toràh ha un duplice significato: a) insegnamento: esposizione della concezione ebraica del mondo, dell’uomo e della storia; b) direzione da seguire: esposizione dettagliata dei principi che devono guidare l’uomo nei suoi rapporti con Dio e il prossimo.

3. La fedeltà al popolo e alla terra

Essere fedelial popolo e alla terra implica rispetto del patto o alleanza che Dio ha fatto con il popolo ebraico, nonché fedeltà alle sue tradizioni e attaccamento alla propria terra. Questo spiega la grande importanza data alle tradizioni, gelosamente tramandate di padre in figlio.

SPUNTI OPERATIVI

● Per l’approfondimento, si vedano alcuni siti internet speci ci, come quello dell’UCEI (Unione Comunità Ebraiche in Italia).

Shemà Israel

Il brano biblico che segue descrive bene l’importanza che viene data alla ritualità nella vita quotidiana ebraica. Si tratta di una preghiera che è molto sentita e recitata spesso.

«Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano ssi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi gli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte».

(Deuteronomio 6,4-9)

Cibi kasher

La tradizione ebraica considera kasher (o kosher) i cibi permessi. Le regole che riguardano il cibo formano la kasherut e sono piuttosto dettagliate. Anche se agli occhi di un non ebreo tutte queste norme possono sembrare eccessive, è bene non dimenticare che è proprio l’osservanza delle regole che ha permesso all’ebraismo di sopravvivere.

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5. EBRAISMO: riti e tradizioni

Dopo la distruzione del secondo tempio di Gerusalemme (raso al suolo dal generale romano Tito nel 70 d.C.) e la conseguente dispersione del popolo (diaspora) in varie zone geografiche, il culto ebraico si è svolto nella sinagoga, il luogo di culto destinato a diventare il punto di riferimento e aggregazione per le varie comunità ebraiche. Per questo ogni comunità, anche la più piccola, cerca in ogni modo di avere sempre la propria sinagoga.

I riti di passaggio

Tra i riti che sottolineano le tappe importanti della vita ebraica segnaliamo i quattro seguenti.

NASCITA. Al momento della nascita tutti i bambini ricevono, oltre al proprio nome, anche un nome ebraico. Otto giorni dopo la nascita si effettua la circoncisione ( brith milah ), in ricordo dell’alleanza tra Dio e Abramo.

BAR MITZVAH. Il Bar Mitzvah (letteralmente “figlio del precetto”) è una cerimonia importante nella vita di un ragazzo ebreo perché segna l’ingresso nella maggiore età, almeno da un punto di vista religioso, con l’obbligo dell’osservanza dei precetti della Toràh. Il rito si celebra al compimento del tredicesimo anno di età per i maschi e, nell’ebraismo non tradizionale, al dodicesimo anno per le femmine (Bat Mitzvah).

Shabbàt

Il Sabato (Shabbàt) è il giorno sacro, la festa settimanale ebraica. In questa celebrazione si ricorda la creazione di Dio e l’alleanza da Lui stretta con il popolo. La festa inizia mezz’ora prima del tramonto del sole di venerdì – con l’accensione e la benedizione delle candele da parte della madre – e termina un’ora dopo il tramonto del giorno di sabato. La cena dello Shabbàt comincia con la benedizione del pane e del vino.

Un’importanza tutta particolare viene riservata dall’ebraismo allo studio, in particolare della Torah, tanto che Maimonide (1138-1204), uno dei più importanti maestri ebraici, sentenziò: «Una comunità dove non c’è una scuola sarà scomunicata».

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La sinagoga di Roma, detta Tempio Maggiore.

MATRIMONIO. I due futuri sposi vengono posti sotto un baldacchino ( chuppah ) e sotto il telo del tallit , simbolo del loro focolare, dove viene fatto il contratto matrimoniale ( ketubbah ), in cui si formalizzano i diritti e doveri del matrimonio. Lo sposo rompe un bicchiere dal quale ha bevuto con la sposa, in ricordo della distruzione del Tempio.

MORTE. L’ebraismo ha sempre mostrato grande rispetto per il riposo dei morti. Secondo la tradizione, il funerale ha luogo il giorno stesso della morte o in quello immediatamente successivo e si preferisce la sepoltura nella terra (inumazione), ricordando il fatto che l’essere umano proviene dalla polvere (cfr. Gen 3,19). All’atto della sepoltura i presenti, in segno di dolore, si strappano un pezzo dell’abito – oggi un nastro simbolico – e recitano il kaddish , una preghiera molto importante nella tradizione ebraica. Sulla lapide è vietato inserire fotografie e deporre fiori, perché i defunti sono tutti uguali davanti a Dio.

La preghiera rituale

La preghiera scandisce la vita ebraica. Particolarmente importante è quella pubblica, fatta in sinagoga nel giorno di Sabato, ma anche quella in famiglia ha un ruolo centrale.

La vita religiosa dell’ebreo osservante è ritmata dalla preghiera tre volte al giorno (mattina, pomeriggio e sera). Le berachot o “benedezioni”, così chiamate perché iniziano con la formula «Benedetto tu o Signore...», accompagnano gli atti della vita quotidiana, anche quelli più umili e modesti come il mangiare un pezzo di pane o bere un bicchiere di vino.

SPUNTI OPERATIVI

● A che cosa possiamo paragonare la cerimonia del Bar Mitzvah?

● Trovate alcune somiglianze tra le tradizioni ebraiche e quelle cristiane? Se sì, quali?

Le principali feste ebraiche

Oltre al Sabato (Shabbàt), il giorno sacro settimanale, tra le feste più importanti vi sono le seguenti.

1. I giorni solenni (Yamìn Noraìm) che comprendono:

• Rosh Hashanah (Capodanno), che segna l’inizio dell’anno e cade il primo di Tishrì (settembre-ottobre);

• Yom Kippùr (Espiazione), celebrato dieci giorni dopo il Capodanno, giorno di perdono e di digiuno.

2. Pellegrinaggi (Shalòsh Regalìm) in ricordo degli antichi pellegrinaggi al tempio di Gerusalemme:

• Pesach (Pasqua): festa della liberazione dalla schiavitù, con la cena pasquale (seder);

• Shavu’òth (Festa delle settimane o Pentecoste): sette settimane dopo la Pasqua; commemora l’alleanza con Dio;

• Sukkòth (Festa delle Capanne): dura sette giorni e ricorda le capanne costruite nel deserto; momento di gioia e di preghiera.

3. Le feste minori (Yamìn Noraìm), tra cui:

• Hanukkah (Festa delle Luci): commemora la puri cazione del tempio, dopo la vittoria dei maccabei sui greci (II secolo d.C.); in un apposito candelabro a 9 bracci si accendono 8 candele, una al giorno;

• Purìm (Festa delle Sorti): ricorda lo scampato massacro degli ebrei di Persia, nel V secolo a.C.; è una festa allegra e gioiosa, in cui ci si scambiano i doni e ci si può mascherare.

http://ucei.it/festivita-ebraiche/

Il Giorno della Memoria

Il 27 gennaio è una ricorrenza internazionale nella quale si ricordano ogni anno le vittime del genocidio della Shoah. Si è scelta questa data perché in questo giorno le truppe dell’Armata Rossa liberarono il capo di concentramento di Auschwitz.

92 Tema 4 abramo e i suoi figli
Un matrimonio ebraico con gli sposi sotto una chuppah, il tipico baldacchino nuziale ebraico.

6. CRISTIANESIMO: caratteristiche

Dopo l’ebraismo presentiamo anche il cristianesimo e l’islam, così da dare una visione unitaria dei tre monoteismi del Mediterraneo. Del cristianesimo però – che fa parte integrante del patrimonio storico-culturale dell’Italia – avremo occasione di parlare in modo ampio più avanti.

La tradizione cristiana che affonda le proprie radici nell’ebraismo, si differenzia da esso fin dai primi decenni, assumendo una propria autonomia. Ma è indubbio che la radice ebraica rimarrà sempre nel DNA del cristianesimo, legame questo sempre più riconosciuto e rivalutato.

Il cristianesimo è storicamente il secondo monoteismo del Mediterraneo, anche se è la prima religione al mondo per numero di fedeli. Si fonda sul messaggio dell’ebreo Gesù di Nazaret, riconosciuto dai suoi seguaci come il Cristo, cioè il Messia atteso e come il Signore, il Figlio di Dio, secondo la dottrina cristiana della Trinità (un Dio unico in tre Persone uguali e distinte), così come proclamato nel credo o simbolo cristiano.

Il centro del messaggio cristiano non consiste in una serie di verità astratte, né in una forma di morale o di filosofia di vita. Il centro è una persona: Gesù Cristo, crocifisso e risorto. È questo il cuore del messaggio, come insegnano i Vangeli, le comunità ecclesiali e i tanti testimoni cristiani di ieri e di oggi.

Secondo la fede cristiana, Gesù in quanto “Cristo” ha fatto conoscere (ha “rivelato” o “tolto il velo”, nel linguaggio teologico) il mistero di Dio, mostrandolo come “comunità d’amore” (Trinità) e invitando a lavorare insieme per realizzare un mondo di giustizia e di pace.

È difficile pensare alla storia del pensiero umano e alla nostra civiltà occidentale senza il cristianesimo. Parole fondanti come “fratellanza”, “solidarietà”, “impegno”, “futuro”, “speranza” e “risurrezione” sarebbero incomprensibili senza il riferimento al Cristo e al suo messaggio.

Questione di un... incontro

«L’incontro con Gesù risorto e il suo messaggio è il cuore della fede; per questo il cristianesimo non può essere considerato soltanto un’istituzione, un’etica e nemmeno un’organizzazione bene ca o assistenziale. Al centro di tutto c’è la fede in Gesù Cristo: colui che ha fatto conoscere (rivelato) agli uomini il vero volto di Dio che – secondo i Vangeli – si identi ca con il volto dei fratelli più disagiati e messi ai margini».

(Piero Ottaviano, I fondamenti del cristianesimo, Leumann (TO), 2005)

SPUNTI OPERATIVI

● Un importante autore cristiano, Arturo Paoli, scriveva: «Cristo non ci ha lasciato una religione, ma la sua persona». Cosa intendeva dire?

● Perché il pensiero umano, loso co e letterario in generale, e lo stesso Occidente non possono ignorare l’insegnamento cristiano?

nella solidarietà e

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La croce, simbolo del cristianesimo, ricorda la morte e la risurrezione di Gesù e il suo comandamento principale: l’amore verso Dio e il prossimo. I cristiani sonio da sempre impegnati amore verso il prossimo, sull’esempio di Cristo.

7. CRISTIANESIMO: pila ri

Il cristianesimo, nelle sue varie manifestazioni storiche (Cattolicesimo, Chiese ortodosse, mondo protestante), si caratterizza per tre punti basilari che lo differenziano da tutte le altre religioni: Vediamoli brevemente.

1. La Trinità è un concetto difficile da spiegare e comprendere razionalmente, per questo considerato un mistero Il «Credo» professa che Dio è uno, ma in tre Persone, uguali e distinte: Padre, Figlio e Spirito Santo, che insieme danno vita ad un’unica «comunità d’amore». Per la teologia cristiana, Dio non solo è un grande mistero di fede, ma anche l’immagine stessa dell’amore: le tre Persone divine sono infatti legate da un amore che circola ininterrottamente – per l’eternità – tra il Padre, il Figlio e lo Spirito, donandosi e accogliendosi a vicenda. Nella prospettiva del credente, l’amore è una qualità divina che deve essere accolta e vissuta, pur con tutti i limiti umani.

2. L’incarnazione è il secondo pilastro del cristianesimo, non meno importante. Scrive Giovanni all’inizio del suo Vangelo che «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (GV 1,14). Il “Verbo”(cioè la “Parola” eterna e infinita; logos in greco e Verbum in latino) è Gesù Cristo, il Figlio di Dio, che si è «incarnato» nel grembo della Vergine Maria. Il mistero dell’«incarnazione» spiega anche perché il cristianesimo è molto attento a tutto ciò che è umano, in particolare alle persone più povere e deboli.

3. La risurrezione: se entrate in una qualsiasi chiesa cristiana dove si sta celebrando l’eucaristia, subito dopo la consacrazione del pane e del vino sentirete proclamare: «Annunciamo la tua morte, Signore; proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta». Questa formula sintetizza il messaggio cristiano che pone al centro la fede nella risurrezione del Cristo. La morte di Gesù, un fatto storicamente avvenuto («patì sotto Ponzio Pilato»), non ha posto fine alla sua vita e alla sua predicazione: infatti, «è risorto il terzo giorno», come anticipato dai profeti e come Gesù stesso aveva promesso ai suoi discepoli. La risurrezione è talmente centrale nel cristianesimo che san Paolo, il grande “missionario” del Vangelo, scrive ai Corinzi: «Se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede. Invece, Cristo è risorto dai morti. In lui tutti riceveranno la vita» (Prima lettera ai Corinzi 15,17.20.22).

Il cristianesimo ha introdotto un grande cambiamento non solo nella storia delle religioni, ma anche in quella dell’umanità, tanto da divi-

Trinità

La formulazione del dogma (o verità di fede) della Trinità divina (Dio unico in tre persone) è avvenuta in modo graduale nei primi secoli della cristianità, de nita dai concili di Nicea (325) e Costantinopoli (381). Insieme alla fede in Gesù Cristo fatto uomo, morto e risorto, il concetto trinitario fa parte del “Credo” cristiano, condizione essenziale per essere parte delle Chiese cristiane (ecumenismo).

Una preghiera laica per Natale

«Oggi siamo seduti, alla vigilia di Natale, noi, gente misera, in una gelida stanzetta, il vento corre fuori, il vento entra. Vieni, buon Signore Gesù, da noi, volgi lo sguardo: perché tu ci sei davvero necessario».

(Bertolt Brecht)

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Domenico Ghirlandaio, Natività, 1492 circa, Cambridge, Fitzwilliam Museum. La famosa icona della Trinità di Andrej Rublëv

dere le epoche storiche in due parti: prima e dopo Cristo. Non solo per i cristiani, ma per la stessa società civile il messaggio di Gesù ha inciso in profondità, nonostante i limiti e le contraddizioni di coloro che lo testimoniavano. Infatti, l’annuncio che Dio si è fatto uomo inGesù Cristo, che la Trinità divina è “comunità d’amore”, che tutti gli esseri umani sono fratelli e sorelle tra loro perché figli e figlie dello stesso Padre (concetto di fratellanza universale) e che persino la morte – grazie alla risurrezione di Cristo – non avrà l’ultima parola, tutto questo ha rivoluzionato non solo la vita dei credenti, ma anche la la cultura e la civiltà degli ambienti in cui si è diffuso. Gran parte dell’arte, dell’architettura, della musica e delle espressioni culturali dell’Occidente sono state ispirate da questo messaggio. Non c’è città o zona dell’Italia, ma anche dell’Europa e non solo, che non ricordi questa presenza, con i tanti monumenti artistici e le numerose testimonianze storiche e culturali, di ieri e di oggi. La carità cristiana ha dato forma e spessore alla nostra vita civile, costruendo ospedali per gli ammalati e ospizi per i pellegrini e i poveri, e ancora oggi, attraverso le varie organizzazioni caritative e di volontariato, ci testimonia questo impegno e attenzione costante nei confronti di chi fa più fatica a vivere.

Simbologia cristiana

Il monogramma di Cristo è tra i più antichi simboli cristiani. È formato dalle iniziali greche di Cristo: X (chi) e P (rho). È frequente trovarlo circondato da una ghirlanda e, al posto delle colombe, la prima ( ) e l’ultima lettera ( ) dell’alfabeto greco.

Il pesce è un acronimo usato dai primi cristiani per indicare Gesù Cristo. Nella gra a greca del tempo ichthùs è la traslitterazione in caratteri latini della parola greca («pesce») che sta per: I (Jesus, Gesù), Ch (Christòs, Cristo), ( eoù, di Dio), U (Uiòs, Figlio), S (Sotér, Salvatore), ovvero Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore

Il più antico annuncio cristiano

Il brano riportato accanto è forse il più antico annuncio cristiano (in greco kerygma) che troviamo nella Bibbia, nella Prima lettera ai Corinzi, scritta da san Paolo nel 56 o 57 d.C. utilizzando probabilmente un’antica formula catechistica preesistente.

SPUNTI OPERATIVI

● Conoscete monumenti che testimoniamo la presenza cristiana nella zona in cui vivete? Sceglietene uno e raccogliete informazioni.

● San Paolo scrive che “senza la risurrezione sarebbe vana la fede cristiana”: che cosa intende dire?

«A voi ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa (Pietro) e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto».

(1Cor 15,3-8)

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El Greco, La risurrezione, Madrid, Museo del Prado.

8. ISLAM: origini e oria

Dopo l’ebraismo e il cristianesimo, presentiamo brevemente l’islam, l’ultimo in ordine cronologico dei grandi monoteismi del Mediterraneo, la cui importanza tra le religioni come numero di aderenti nel mondo è in crescita. L’espressione araba Allāh akbar («Allah è grande!») sintetizza bene l’islam perché sottolinea la fede assoluta nell’unico Dio (Allah). Il termine che indica «Dio» in arabo, è composto dalla parola Ilah («Dio») e dall’articolo al («il»): quindi «il Dio», che corrisponderebbe al nostro «Iddio». Si tratta della traduzione di un termine che comunemente viene utilizzato per indicare l’Assoluto, il Trascendente o il «Totalmente altro», non diverso dalla traduzione inglese God o francese Dieu.

Purtroppo l’uso distorto che il terrorismo islamista ha fatto di questa bella espressione di fede(Allāh akbar), l’ha resa odiosa soprattutto in Occidente, dove viene assimilata troppo spesso all’idea di terrore e di morte. Le numerose stragi rivendicate dai terroristi «in nome di Allah» comportano a molti la difficoltà ad abbinare l’espressione al nome santo di Dio. È però bene ricordare che si tratta di un abuso, come rivendica il grande imam del Cairo: «Non si può tirare in ballo Dio a sproposito! Il nome di Dio è pace e non morte e terrore».

islamista

L’aggettivo “islamico” è neutro e non ha connotati violenti: indica chi aderisce all’islam come fede religiosa.

“Islamista”, invece, si riferisce a chi fa un uso politico dell’islam, compresi quei gruppi che si appellano alla religione per compiere azioni terroristiche.

L’Hilal, simbolo dell’islam

La mezzaluna (o Hilal) è il simbolo dell’islam. Ricorda il calendario lunare (che regola la vita religiosa dei credenti), il deserto e le stelle (per orientarsi).

L’origine dell’islam e i cinque pilastri

L’islam nasce nel VI sec. d.C. quando il profeta Muhammad (Maometto) riceve da Allah, per mezzo dell’angelo Gabriele, la rivelazione divina, contenuta nel Corano, il libro sacro dell’islam. Il termine islam significa «abbandono, sottomissione a Dio» e caratterizza l’esperienza religiosa predicata da Maometto, dal

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forte accento comunitario (umma) e in cui l’osservanza delle regole è fondamentale. La legge rituale (shari’a), rappresenta infatti la volontà di Dio, in quanto basate sul Corano e la Sunna («la tradizione»), le parole e i detti del Profeta.

La sintesi dell’insegnamento e dei doveri previsti per il fedele islamico è racchiusa in quelli che tradizionalmente vengono chiamati i cinque pilastri dell’islam:

1. La professione di fede (shahada): «Non c’è Dio all’infuori di Allah, e Muhammad è il suo Profeta». Questa professione è il tawhid, il punto di osservazione islamico sulla vita e l’universo.

2. La preghiera rituale (salah): viene fatta cinque volte al giorno e indica, anche visivamente, che la fede significa «sottomettersi» (islam) e prostrarsi davanti a Dio.

3. Il digiuno (sawm): quello rituale, più noto e praticato, è nel mese di Ramadan. Consiste nell’astenersi da ogni cibo e bevanda e anche dai piaceri (tabacco, profumi, sesso ecc.), dall’alba fino al tramonto; vi è obbligato ogni musulmano che abbia raggiunto la pubertà. Sono previste eccezioni in caso di malattia, maternità e altro. Si interrompe il digiuno con un pasto abbondante alla sera, vissuto come momento di gioia. Il Ramadan è il mese in cui ogni musulmano è particolarmente invitato a praticare la preghiera, a sopportare le avversità, a recitare il Corano, a impegnarsi per i più bisognosi. Per tutti i musulmani che si trovano in un paese straniero è anche un’occasione per valorizzare e ritrovare le proprie tradizioni e identità.

4. L’elemosina legale (zakat): non deve essere confusa con l’elemosina, fatta volontariamente e per generosità. In realtà è un sistema di tassazione rituale, considerato un dovere e un obbligo sociale. Infatti per ogni buon musulmano tutto ciò che si possiede appartiene a Dio, e i poveri partecipano della proprietà e dei guadagni degli altri, avendo il diritto di esigerne una parte. L’elemosina è il segno esteriore, concreto, della benevolenza, della misericordia e della compassione che ogni credente dell’islam deve dimostrare verso i propri fratelli.

5. Il pellegrinaggio (hajj): per chi ne ha la possibilità, è prescritto un pellegrinaggio alla città santa de La Mecca, almeno una volta nella vita. Questo è un grande momento di unità per l’islam e si svolge nell’ultimo mese lunare. I pellegrini si rivestono di un lungo abito bianco, senza cuciture (che simboleggia l’abolizione delle differenze di razza e di condizione sociale), e poi compiono i vari riti previsti nel pellegrinaggio.

Perché il Ramadan è importante?

Nella tradizione islamica il Ramadan è il mese della rivelazione, della sapienza, della formazione spirituale e anche del digiuno. Attraverso l’astinenza il credente è chiamato a puricare il corpo e l’anima e a dare più importanza agli aspetti spirituali. In questo mese – il nono del calendario lunare – è stato rivelato il Corano e quindi tutti i musulmani del mondo sono invitati a ricordarsi di Dio e dei fratelli più bisognosi.

SPUNTI OPERATIVI

● Dei Cinque Pilastri quale colpisce di più la vostra attenzione? Secondo voi qual è quello più di cile da mettere in pratica?

● Confrontate le vostre risposte con persone di religione islamica (coetanei, ma anche adulti).

Una visione distorta

«All’islam si attribuiscono una moltitudine di caratteristiche negative, con l’utilizzo di concetti spesso deviati, se non del tutto falsi. È il caso del termine Jihad, collegato alla guerra santa, ma che invece indica lo sforzo dell’individuo contro se stesso, contro la negatività, per tendere verso il rispetto delle regole. Emblematico anche l’esempio della violenza sulle donne, con cui l’islam viene stigmatizzato, ma che non rappresenta a atto la visione del credente. L’islam ritiene che le donne siano nate dalla stessa anima dell’uomo e ha favorito una visione decisamente più paritaria, prevedendo per loro l’uguaglianza di fronte agli obblighi religiosi e una lunga serie di diritti non previsti in altre religioni, fra i quali quelli sull’indipendenza economica, l’istruzione, la libertà di scegliere il marito, l’eredità ecc.».

(Mohammad Khalil, cittadino italiano di origine palestinese)

97 Tema 4 abramo e i suoi figli

9. ISLAM: cara i iche

Dopo aver presentato i cinque pilastri, vediamo ora i sei articoli del Credo islamico che caratterizzano l’islam:

1. Credere in Dio (in arabo Allah). Dio è unico, creatore e giudice, guida e sostegno, conservatore e distruttore, «clemente e misericordioso», come indica il Corano all’inizio delle sure (o capitoli). Allah è invocato con i 99 «bei nomi divini» sgranando il rosario islamico (subha). Muhammad (Maometto) è il suo grande Profeta.

2. Credere nell’esistenza degli angeli, dei demoni e dei ginn. Gli angeli sono i messaggeri di Dio, esseri soprannaturali fatti di luce, intermediari tra Dio e gli uomini. Tra i loro compiti c’è quello di registrare tutte le azioni buone e cattive, che saranno svelate al momento della morte. I demoni sono esseri che tentano i malvagi e tormentano chi non crede: il loro capo è al-Shaytan (Satana) o Iblis, un angelo decaduto che inganna l’uomo. I ginn sono spiriti sottili, delle forze – buone o cattive – che l’essere umano non può controllare e che influenzano la sua vita.

3. Credere nei libriindicati nelCorano come provenienti da Allah (la Toràh, i Salmi, il Vangelo): ma solo il Corano contiene in forma integrale la parola di Dio.

La Moschea Blu a Istanbul, Turchia.

4. Credere nella missione profeticaaffidata a Maometto e ai messaggeri di Allah inviati prima di lui, tra i quali sono riconosciuti: Adamo, Noè, Abramo, Ismaele, Isacco, Giacobbe, Mosè, Salomone, David, Gesù. Maometto è però ritenuto il sigillo definitivo e universale, l’ultimo dei profeti

5. Credere nell’esistenza di unavita dopo la morte: ogni essere umano sarà giudicato e premiato con il paradiso o condannato all’inferno. Già al momento della morte, ogni defunto subirà il giudizio degli angeli Nakir e Munkar, che gli manifesteranno tutte le azioni buone o malvagie compiute in vita. Dopo la risurrezione finale e il giudizio universale, ciascuno sarà definitivamente condannato o salvato.

6. Credere nella predestinazione: tutto ciò che avviene di bene e di male è conosciuto e voluto da Dio (Allah), senza che ciò escluda la responsabilità dell’uomo.

7. Tra gli aspetti principali dell’islam ricordiamo la grande rilevanza data da sempre al sapere e quindi anchealla scuola. Un Detto del Profeta afferma: «La ricerca della conoscenza è un dovere sacro imposto ad ogni musulmano. Va’ alla ricerca della conoscenza, fosse anche in Cina!». Non dimentichiamoche grazie alle traduzioni in arabo sono arrivate fino a noi le opere dei grandi filosofi greci e dei massimi sapienti dell’antichità; inoltre sappiamo che provengono dal mondo islamico tante scoperte scientifiche, astronomiche, matematiche, mediche, ingegneristiche di fondamentale importanza per l’umanità.

SPUNTI OPERATIVI

● Nei sei punti del Credo islamico illustrati vi sono aspetti che vi sembrano comuni ai cristiani? Quali di erenze invece notate?

Il velo e la donna

Il Corano raccomanda alle donne di vestire in modo adeguato e di indossare il velo (hijab) per distinguersi (v. 33,59), ma non prevede l’obbligo di coprirsi totalmente il volto e il corpo.

Tuttavia questa usanza, piuttosto di usa nel mondo islamico, che presenta varie forme di velo, si deve ad antiche abitudini locali che sono state codi cate dalla sunna («tradizione») e u cializzate in alcune scuole islamiche. Soprattutto l’uso del velo integrale (burqa e niqab) è «un’abitudine che non ha nulla a che fare con la religione», come dichiara il grande imam dell’università del Cairo.

È comunque vero che, in alcune zone geogra che del mondo islamico, la donna è vittima di una società maschilista, che tende a renderla invisibile anche da un punto di vista sociale, politico ed economico.

99 Tema 4 abramo e i suoi figli

riti e tradizioni

I riti dell’infanzia

Quando nasce un bambino si svolge una cerimonia che consiste nel sussurrare, prima nell’orecchio destro e poi in quello sinistro, l’invito alla preghiera. Dopo questo rito viene deposta sulla lingua del neonato qualche goccia di succo di dattero e poi gli viene dato il nome. A sette giorni dalla nascita, vengono tagliati i capelli del neonato e l’equivalente in argento del peso viene distribuito ai poveri.

Seppure non richiesta dal Corano, la circoncisione è molto diffusa nel mondo islamico come pratica di purificazione. Può essere fatta nella prima settimana, ma spesso viene rimandata a quando il bambino è più grande, assumendo così il carattere di una pratica di iniziazione o di passaggio alla maturità.

In alcuni paesi musulmani alle bambine viene ancora oggi praticata l’infibulazione (o cliterectomia), un intervento mutilante molto doloroso e a rischio (anche di morte) che ha origini pre-musulmane (il Corano non ne parla); è diffusa soprattutto in Africa e Asia, ma si trova anche nelle comunità di immigrati nei paesi occidentali. Cresce in tutto il mondo la mobilitazione per eliminare questa pratica arcaica, così pericolosa per la salute e che compromette gravemente la vita sessuale delle donne.

Il matrimonio

Sia il Corano che la tradizione considerano il matrimonio come un fatto positivo. Si ammette la poligamia, ma il Corano fissa a quattro il numero delle mogli (a differenza della società pre-islamica che non poneva limiti). Il Corano dispone anche che il marito poligamo sia giusto verso le proprie mogli, senza favorirne alcuna a danno delle altre. È proibito sposare più donne se non si è in grado di mantenere questo impegno (sura 4,3). La poligamia non è quindi un obbligo, ma una possibilità.

Per l’islam il matrimonio non è un sacramento, ma un contratto che può essere stipulato in casa, davanti a un giudice o anche a un imam da lui delegato. È previsto il divorzio. La legge islamica ammette il matrimonio di un musulmano con donne di altre religioni (appartenenti alla «gente del Libro»), ma non viceversa (a meno che l’uomo non si converta all’islam). Questo perché nell’islam l’uomo ha autorità sulla moglie e, dal punto di vista giuridico, i figli appartengono al padre.

La morte

Come avviene alla nascita, anche nel momento della morte è necessario che qualcuno reciti al morente dei versetti del Corano e la shahada, la «professione di fede». Secondo la tradizione, alla morte il corpo viene lavato e avvolto in drappi.

Principali feste islamiche

• La Festa piccola (Eid al-saghir’) o «dell’interruzione del digiuno» (Eid al- tr) viene celebrata al termine del mese di Ramadan

• La Grande festa (Eid al-adha) o «Festa del sacri cio» si celebra nel mese in cui ha luogo il pellegrinaggio alla Mecca; è la festa più importante e si caratterizza per il sacri cio del montone, in ricordo del sacri cio fatto da Abramo.

• Una terza festa importante è il Capodanno, il primo giorno del mese Muharram, durante il quale i musulmani si raccolgono in preghiera per iniziare un nuovo anno nella gioia e nella pace, facendo un gesto di fraternità con i vicini.

100 10.
ISLAM:

Dopo le preghiere, il cadavere viene sepolto nella terra, avvolto da un lenzuolo, senza bara, adagiato sul fianco destro e con il viso rivolto verso La Mecca. Se un musulmano muore fuori del proprio Paese, si rispettano le leggi del posto, ma un seguace dell’islam non può essere sepolto con gli altri: per questo nei cimiteri delle grandi città europee, anche in Italia, è presente un’area destinata ai musulmani. Altrimenti si cerca di rimpatriare la salma in terra islamica.

I rami dell’Islam

I musulmani sono circa 1,6 miliardi nel mondo, circa il 22% della popolazione mondiale. Un miliardo di essi vive in Asia, in particolare in Indonesia che è il paese islamico più popoloso, 240 milioni nell’Africa sub-sahariana e “soltanto” 320 milioni in Medio Oriente. In Europa sono circa 44 milioni (il 6% della popolazione totale), di cui 1 milione e 733 mila in Italia (il 2,5% della popolazione italiana e il 33% della popolazione migrante regolare presente in Italia), contro i quasi 5 milioni in Francia e 4 milioni in Germania. All’interno del mondo islamico due sono i rami principali: sunniti (83% circa) e sciiti,con numerose sette e divisioni all’interno.

SPUNTI OPERATIVI

● Dopo una rilettura attenta, trovate che vi siano degli aspetti comuni con i riti cristiano-cattolici? Se sì, quali?

● Fate una ricerca sugli Uiguri, un gruppo etnico islamico del Nord della Cina, oggi fortemente contrastato, e sullo Yazidismo, una fede religiosa monoteistica preislamica.

Cibo halal

L’islam distingue tra cibo halal, “lecito”, e haràm, “proibito”. Il Corano (sura 5,3) elenca tutta una serie di cibi “proibiti”, tra cui il maiale, come nella tradizione ebraica, a cui l’islam si ispira per queste norme.

101 Tema 4 abramo e i suoi figli
La Ka‘ba, l’edi cio più sacro dell’islam, situato al centro della Sacra Moschea a La Mecca.

Torah, Vangelo e Corano

In ordine cronologico il titolo riporta i libri sacri che sono considerati alla base religioni monoteiste che riconoscono Abramo come padre comune della loro fede. Anche se questa formulazione è parziale (quella corretta sarebbe: “Bibbia ebraica, Bibbia cristiana e Corano”), citarli nel modo in cui vengono formulati nel Corano ci aiuta a caratterizzare più facilmente i tre libri sacri, considerati rivelati “direttamente” da Dio. Scrive lo studioso delle religioni Alfonso M. Di Nola: «La comune visione re-

Il Talmud ebraico

L’ebraismo considera il Talmud (letteralmente “studio”, “discussione”) come il più importante testo sacro ebraico dopo la Bibbia. È detto anche Torah orale e consiste nella raccolta completa della sapienza e tradizione ebraica. Esso comprende la Mishnah (“ripetizione”), un testo del III secolo d.C. con gli insegnamenti relativi all’applicazione della Torah, e la Ghemarah (“supplemento” o “completamento”), che riassume gli ulteriori studi e commenti fatti sulla Mishnah. Esistono due versioni del Talmud: babilonese e palestinese

ligiosa che è alla base di questi libri appartiene a popolazioni che ebbero nel deserto il loro habitat originario e che, nonostante con ittualità reciproche, esasperate no all’odio e alla guerra, conservano tratti fondamentalmente identici: principalmente la sperimentazione, vissuta ed esistenzialmente intensa, di una “Presenza divina”».

● La TORAH è la prima parte della Bibbia ebraica che comprende complessivamente 24 libri, tutti scritti in ebraico con alcune piccole parti in aramaico, che formano l’insieme delle Scritture ispirate o canone. È suddivisa in tre grandi parti:

1. La Legge (in ebraico Torah), che raggruppa i primi cinque libri, chiamati in greco Pentateuco.

2. I Profeti (in ebraico Nebi’im).

3. Gli Scritti (in ebraico Ketubi’im, oppure Agiogra ).

Gli ebrei usano vari nomi per indicare la Bibbia, più spesso il termine TaNak, un acronimo formato con le iniziali di Torah, Nebi’im e Ketubi’im. Nella seconda parte del testo avremo modo di approfondire più dettagliatamente tutto questo perché dedicheremo il Tema 10 alla Bibbia.

● Il VANGELO, come annuncio del messaggio di Gesù, è stato tramandato dalla Chiesa in quattro racconti sostanzialmente simili tra loro, pur con peculiarità e differenze. I quattro Vangeli sono: Marco, Matteo, Luca, Giovanni, tutti scritti nel I secolo dell’era cristiana. Insieme a questi vangeli riconosciuti u cialmente dalla chiesa cristiana, detti canonici, ce ne sono altri ritenuti apocri (dal greco: “scritti nascosti”), perché non letti pubblicamente e quindi non riconosciuti. I quattro

Do ier 102

vangeli canonici fanno parte della Bibbia cristiana, suddivisa in due parti: 1. Antico Testamento (AT), o anche Primo Testamento, composto da 46 libri (ne fanno parte anche i libri detti Deuterocanonici); 2. Nuovo Testamento (NT), o Secondo Testamento, composto di 27 libri, tra cui i quattro vangeli e altri scritti degli apostoli e o dei discepoli di Gesù. Il numero totale dei libri della Bibbia cristiana è 73, ma alcune chiese non considerano nell’elenco i Libri Deuterocanonici. Anche per la Bibbia cristiana avremo modo di approfondire meglio i vari aspetti nella seconda parte del testo.

● Il Corano – in arabo qur’an, “recitazione” ad alta voce –è per i musulmani la Parola di Allah, rivelata al suo Profeta Muhammad (Maometto), per mezzo dell’arcangelo Gabriele, nella “notte del destino”, durante il mese di Ramadan. Scritto in «lingua araba chiara», in una prosa rimata, radicalmente diversa da quella usata da Maometto nel suo linguaggio quotidiano, il Corano contiene 114 capitoli o sure, per complessivi 6236 versetti.

SPUNTI OPERATIVI

Si consiglia di avvicinarsi direttamente ai tre testi sacri delle religioni monoteiste. Con ricerche mirate on-line è facile trovare versioni audio, anche in lingua italiana, dei tre libri sacri e ascoltare direttamente vari brani.

Agli inizi il libro sacro dell’islam non era così suddiviso e veniva trasmesso solo oralmente. In seguito però il messaggio ricevuto dal Profeta è stato trascritto su scapole di cammello, pelli di animali e pietre piatte e, poi durante il cali ato di Uthman (644-656 d.C.), i testi furono de nitivamente ordinati in capitoli (sure) per ordine decrescente (dalla più lunga alla più corta, eccetto la prima e l’ultima) e trascritti a mano su pergamena. Il terzo cali o ne diede pubblica lettura e ordinò la distruzione di tutte le altre copie che circolavano e inviò quelle dell’edizione “autentica” ai vari centri del mondo islamico. Il testo coranico oggi utilizzato è in tutto e per tutto conforme a quello dell’edizione di Uthman. Punto di riferimento per più di un miliardo e mezzo di fedeli nel mondo, il Corano è anche uno strumento indispensabile per tutti coloro che vogliono sapere cosa a erma veramente l’islam su temi spesso controversi: come la condizione della donna o la cosiddetta “guerra santa”.

L’Islam e la Bibbia

Il mondo islamico guarda alla Bibbia come un libro importante, ma il modo di considerarla e interpretarla è diverso da quello cristiano. Il Corano, per esempio, non cita alla lettera nessun versetto della Bibbia, benché vi sia spesso a ermato che il Libro dei musulmani «conferma le Scritture precedenti», la Toràh e il Vangelo. Sin dalle origini, i musulmani hanno sempre a ermato che “la vera Toràh non è il Pentateuco degli Ebrei e il vero Injil (Vangelo) non è l’insieme dei quattro vangeli cristiani”. All’inizio del VII secolo, Maometto deve aver ascoltato fedelmente ciò che la tradizione orale riferiva della «Bibbia scritta» e dei commenti rabbinici; ma su che cosa si è basato per conservare alcuni avvenimenti e personaggi della Bibbia e tralasciarne altri? «Nel Corano – scrive Borrmans, studioso di islamistica – ci sono signi cativi silenzi: non vengono citati i profeti di Israele (Isaia e gli altri), è omessa l’ultima piaga d’Egitto, così importante per l’Esodo, come anche la Pasqua degli Ebrei. Per il Corano, gli ebrei e i cristiani sono considerati “credenti devianti” e le loro scritture “alterate” perché esso è l’unico documento che permette di aver accesso alla Bibbia autentica, quella voluta dal Dio dell’Islam» (da M. Borrmans, “Il Corano e la Bibbia”, in Il mondo della Bibbia n.5/1999).

Do ier Tema 4 abramo e i suoi figli 103

EBREI, CRISTIANI E MUSULMANI: INSIEME IN UN’UNICA CASA IL

PUNTO

«La Casa della famiglia abramitica vuole essere un faro di comprensione e coesistenza pacifica tra le tre religioni monoteiste. È un progetto che prevede una sinagoga, una chiesa e una moschea riunite in un unico complesso: un ponte tra le civiltà umane e i messaggi divini»

(dal Progetto originario del 2020 rmato dell’architetto David Adjaye)

«Tutta la famiglia umana deve radunarsi attorno al bene comune, e a maggior ragione le tre religioni rivelate devono testimoniare la solidarietà e la fratellanza universale».

(Shahrzad Houshmand, teologa musulmana, in L’Osservatore Romano, 8 aprile 2020)

La “Casa della Famiglia Abramitica” è un progetto, rmato dall’architetto David Adjaye, realizzato a Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi Uniti. Si ispira al Documento sulla Fraternità umana, rmato nel 2019 da papa Francesco e dal Grande Imam di al-Azhar, Ahmed al-Tayeb. Oltre ai tre luoghi di culto, il sito include un centro culturale che mira a incoraggiare la fraternità umana e la solidarietà, nel rispetto di ogni singola fede.

SPUNTI OPERATIVI

● Che ne pensate del progetto della Casa della famiglia abramitica?

● Perché è importante che le religioni testimonino la solidarietà e la fratellanza universale?

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Illustrazione della Casa della famiglia abramitica ad Abu Dhabi.

Nel nome di Abramo

Abramo, padre della fede per i tre monoteismi del Mediterraneo

EBRAISMO Il più antico dei tre monoteismi; speciale alleanza tra Dio e popolo Fedeltà a Dio, alla Torah, al Popolo.

DIBATTITO

CRISTIANESIMO ISLAM

Gesù di Nazaret riconosciuto come il Cristo (Messia) e il Signore, (figlio di Dio)

Trinità, incarnazione, risurrezione

HANNO IN COMUNE

La fede nell’unico Dio; la rivelazione; Abramo e i profeti; l’importanza data all’etica; la credenza nell’aldilà

Fede nell’unico Dio (Allah) e nella missione del Profeta (Maometto). Cinque pilastri

Discutete tra voi la seguente affermazione: «Le tre religioni monoteiste sono destinate a combattersi tra di loro proprio perché parenti. Le incomprensioni più grandi sono spesso tra familiari!».Ognuno porti affermazioni pro o contro.

QUESITI

Solo l’ebraismo e l’islam credono in un unico Dio.

Il termine arabo “Allah” significa “Il Dio”.

Individua le due affermazioni errate:

1. L’ebraismo è la più antica delle tre religioni monoteiste del Mediterraneo.

2. L’islam non ha un libro sacro.

3. “Kasher” è il cibo permesso nell’ebraismo.

4. “Islamico” e “islamista” sono sinonimi.

105 Tema 4 abramo e i suoi figli
□ V □ F
□ V □ F
SINTESI INCLUSIVA

Dibattito

« Le religioni hanno oggi un grande compito: possono promuovere, animare ed entusiasmare il dialogo tra gli uomini e le donne, credenti e non credenti, di ogni paese, età e cultura».

Prendendo spunto dalla realtà:

Scriveva Antonio Polito, editorialista del Corriere della Sera: «Nelle nostre scuole, del Dio del Corano non si sa nulla, e del Signore dei Vangeli sempre meno. Per questo molti preferiscono tacere. Invece, la condizione indispensabile per ogni dialogo è conoscere l’altro, ma soprattutto se stessi. Non possiamo intimare quotidianamente alle comunità musulmane di parlare con noi se non siamo in grado di farlo noi stessi, se non abbiamo le certezze necessarie a de nire i valori sui quali non siamo disposti a tacere. È questa la “guerra culturale” che dobbiamo combattere. E la prima trincea è la scuola, l’unico luogo nel quale si può combatterla disarmati». Condividete questo pensiero? Quali sono i “valori” sui quali non siete disposti a tacere? Scrivete una sorta di articolo di giornale in cui descrivete questi valori.

Attività interdisciplinare

Che ne pensate dell’a ermazione riportata sopra? La condividete?

Motivazioni PRO ...................................................................... ................................................................................................... Motivazioni CONTRO ..............................................................

1 Il Tema si presta bene per un discorso interdisciplinare sul ruolo e la responsabilità che le tre religioni monoteiste hanno nel favorire o meno la pace e la convivenza tra i popoli. Si consiglia di approfondire, con ricerche mirate, evitando soprattutto prese di posizioni ideologiche e pregiudizi, il ruolo che le religioni hanno (o potrebbero avere) nel risolvere il con itto tra lo stato di Israele e il popolo palestinese (o altri con itti in atto), oppure nell’arginare l’estremismo di matrice terroristica islamico.

2 Un’altra interessante ricerca riguarda il ruolo e il valore simbolico di Gerusalemme, ieri e oggi.

Dal mondo dei social

« Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani».

(dal Documento sulla Fratellanza umana, 2019)

Sul blog a rma di Marco è scritto: «Pluralismo e di erenze sono comunque un dono da rispettare». Quali ostacoli –secondo voi – si oppongono a questa visione? ................................................................................................... ...................................................................................................

106 SPUNTI PER RIFLETTERE E DISCUTERE PRATICA#MENTE
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Altro
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Buone notizie

Wahat as-Salam - Nevé Shalom (“Oasi di Pace” in ebraico e arabo) è un villaggio creato nel 1972 da padre Bruno Hussar per o rire un esempio di convivenza tra ebrei e palestinesi. I membri del villaggio si impegnano per l’educazione alla pace, l’uguaglianza e la comprensione fra le due popolazioni. Situato su una collina a circa 30 km da Gerusalemme, il villaggio comprende circa 70 famiglie. Fiore all’occhiello di questa esperienza è la scuola frequentata anche da ragazzi di villaggi vicini. La loso a di fondo è che una condivisione della terra e delle responsabilità è sempre possibile. Le di coltà non mancano, ma da oltre 50 anni il villaggio continua a portare avanti la sua testimonianza.

Un Film

-Non sposate le mie glie, di Philippe de Chauveron, Francia 2014, 97’:si tratta di una commedia che mette in risalto con ironia le di coltà anche interreligiose di una coppia cattolica benestante con quattro glie, tutte sposate con persone molto diverse tra loro (un musulmano, un ebreo, un cinese, un cattolico della Costa d’Avorio). Il messaggio del lm è che sul dialogo è possibile costruire una sana convivenza. Sul tema dei tre monoteismi si consigliano anche due lm di genere drammatico, dallo spessore più profondo: Il glio dell’altra, di Lorraine Lévy, Francia 2012, 110’; Viaggio alla Mecca, di Ismaël Ferroukhi,Marocco-Francia 2004, 93’.

dei sapienti vale più del sangue dei martiri».

(Detto o hadith del profeta Maometto)

Autovalutazione

Ho trovato questo Tema:

Molto interessante Interessante Poco interessante Noioso Di cile

Ho imparato: .....................................................................................................................................................................................

107 Tema 4 abramo e i suoi figli
« L’inchiostro

GESÙ e il suo m sa io 5

Il centro del cristianesimo è la gura e il messaggio di Gesù risorto, riconosciuto dai suoi seguaci (i cristiani) come il Cristo e il Signore. Una sintesi del suo messaggio la troviamo nel simbolo stesso della croce, nel quale il braccio verticale sta ad indicare l’amore verso Dio e quello orizzontale l’amore verso i fratelli, formando un unico grande “comandamento”, quello dell’Amore, appunto. Nonostante gli errori e le contraddizioni della comunità cristiana (come capita per tutto ciò che è umano), la “buona notizia” (o vangelo) di Gesù continua ad essere testimoniata in tutto il mondo: lievito di speranza e forza di cambiamento per tante persone.

IL PERCORSO CHE FAREMO

I contenuti digitali speciali
• Cosa conta davvero? 128 • D/Gesù nell'arte, nella musica, nel cinema 130 PER
• Il punto 134 • Sintesi inclusiva 135 • Pratica#mente 136
CONCLUDERE
• Un ebreo chiamato Gesù 110 • È esistito davvero? 112 • Testimonianze dei vangeli 115 • Una vera “buona notizia” 117 • Al centro il Cristo risorto 118 • Chi è il prossimo? 120 • Una grande misericordia 122 • Condannato a morte 124 • Luce di risurrezione 126

chi? Who? dove? Wh e? quando? When? cosa? What? perché? Why?

Il messaggio del vangelo, così come viene testimoniati dagli evangelisti e dalla comunità cristiana (Chiesa), sarà l’oggetto di questo tema, tutto dedicato alla gura di Gesù di Nazaret, riconosciuto dai cristiani come Cristo e Signore.

e subject of this eme is the message of Jesus, as witnessed by the Gospels and by the Christian community (Church).

e eme is going to focus in particular on the gure of Jesus of Nazareth, who is identi ed by the Christians as the Christ and the Lord.

Presentando la gura di Gesù daremo spazio agli aspetti caratterizzanti del suo messaggio e alla novità che la sua predicazione ha rappresentato per la cultura ccidentale, ma soprattutto per la comunità ecclesiale e in particolare per la vita di tante persone, credenti e non.

By introducing the gure of Jesus, we’re going to focus on the distinguishing aspects of his message and the originality that his preaching represented most of all for the ecclesial community and in particular for many people’s life, both believers and non-believers.

Durante il nostro incontro settimanale, avremo modo di approfondire la gura di Gesù, dando spazio anche alle vostre domande e curiosità su di lui e toccando i punti fondamentali del suo messaggio che crediamo siano ancora molto attuali.

During our weekly meeting, we’ll have the opportunity to delve into his gure, making room not only for your questions but also for your curiosities about Jesus and we’ll touch the key points of his message because, in our opinion, they are still very relevant.

Ci so ermeremo in particolare sulla “buona notizia” (o vangelo) di Gesù, cercando di cogliere il centro del suo annuncio, chiedendoci anche perché il suo messaggio è ancora vivo e presente nel cuore di tante persone.

We’re going to linger in particular on the “Good news” (or Gospel) of Jesus, trying to nd the core of his proclamation and also asking why his message still remains so present in many people’s heart.

Conoscenze

• La conoscenza della persona e del messaggio di salvezza di Gesù Cristo, il suo stile di vita, la sua relazione con Dio e con le persone, l’opzione preferenziale per i piccoli e i poveri, così come documentato nei Vangeli e in altre fonti storiche.

• I contenuti dei testi biblici (i vangeli, in particolar modo) che presentano gli insegnamenti di Gesù.

ABILITÀ

• Ri ettere sulle proprie esperienze personali e di relazioni con gli altri, confrontandosi con le risposte o erte dalla tradizione cristiana.

La gura di Gesù oltrepassa i secoli e il suo messaggio continua ad essere una “buona notizia” per tanti. Questo è un buon motivo per chiederci perché il suo messaggio è ancora vivo e presente in milioni di persone in tutto il mondo, nonostante i limiti e i “peccati” dei suoi messaggeri.

e gure of Jesus goes beyond the centuries and his message is still a “Good news” for many.

is is a good reason for us to wonder why his message is still so present in many people’s heart, in spite of all weaknesses and “sins” of his messengers.

COMPETENZE

• Valutare la dimensione religiosa della vita umana a partire dalla persona di Gesù.

• Riconoscere il senso e il signi cato del linguaggio religioso cristiano.

• Riconosce il valore del linguaggio religioso, in particolare quello cristianocattolico, nell’interpretazione della realtà e utilizzarlo correttamente nella spiegazione dei contenuti speci ci del cristianesimo.

• Ri ettere sulla propria identità nel confronto con il messaggio cristiano.

gesù e il suo m sa io

Il cristianesimo, come già abbiamo accennato presentando i tre monoteismi del Mediterraneo, si differenzia dalle altre fedi religiose per vari aspetti, ma in particolare per il concetto di “incarnazione”: Dio si è fatto uomo in Gesù “facendosi carne” (divenendo uomo) nel grembo della vergine Maria, come recita il “Credo” cristiano. Gesù di Nazaret – chiamato così perché ha trascorso gran parte della sua vita in questo piccolo centro della Galilea – non è considerato dai suoi seguaci solo un grande uomo o maestro, ma il “Cristo”, cioè il Messia salvatore atteso dal popolo ebraico e il “Signore” (il Figlio di Dio), due importanti titoli specifici dati dai credenti a Gesù. Chi crede in lui è detto “cristiano”, cioè “di Cristo”.

Chi è Gesù?

Già in questa breve presentazione appare evidente che ci si può avvicinare alla figura di Gesù in vari modi: lo si può considerare un uomo straordinario, ma sempre e solo un uomo, oppure un eccezionale maestro spirituale, un grande profeta, un leader carismatico e molto altro ancora... È chiaro che questi vari modi di approcciarsi a lui sono piuttosto differenti tra loro e non tutti richiedono una vera e propria fede religiosa. Ma per i credenti Gesù è prima di tutto il Figlio di Dio, la seconda persona della Trinità divina, così come viene esplicitamente riconosciuto nel Credo o Simbolo cristiano.

Detto questo, il nostro primo approccio alla figura di Gesù sarà comunque storico

Gesù di Nazaret è un ebreo, nato nella Palestina di 21 secoli fa, che ha dedicato circa gli ultimi tre anni della sua esistenza alla predicazione di una certa “buona notizia” o vangelo. Esprimendosi in aramaico, la lingua del suo tempo, egli invitò tutti a «convertirsi e a credere nel vangelo» (Marco 1,15). Il nucleo centrale della sua predicazione consiste proprio in questo annuncio: l’invito a cambiare radicalmente il proprio cuore, aprendolo a gesti d’amore concreti non solo nei confronti di Dio, ma anche verso tutti gli esseri umani, considerandoli fratelli e sorelle. Nonostante questo suo messaggio fosse tutt’altro che bellicoso, Gesù di Nazaret finì per essere giudicato come pericoloso e messo a morte. Sulle motivazioni della sua condanna avremo modo di approfondire in seguito, ma la tragica morte di Gesù non porrà fine alla forza del suo messaggio e alla fede di coloro che hanno creduto in lui.

Dati anagra ci di Gesù

• Nome: Gesù, in ebraico Jeshù’, abbreviazione di Jehoshua («Il Signore salva»). Il suo nome completo è: Jehoshua ben-Josef Nazarani (Gesù di Nazaret glio di Giuseppe).

• Paternità legale: Giuseppe, in ebraico Josef

• Maternità: Maria, in ebraico Myriam.

• Luogo di nascita: Betlemme di Giudea.

• Data di nascita: «ai tempi del re Erode» (Matteo 2,1); durante «il primo censimento» di Quirinio, governatore della Siria (Luca 2,1-2). Probabilmente attorno al 6 a.C.

• Residenza: Nazaret in Galilea; negli ultimi tre anni senza ssa dimora.

• Stato civile: celibe.

• Professione: carpentiere; poi Maestro (rabbi) itinerante e guaritore.

110
1. UN EBREO chiamato G ù
MAR MEDITERRANEO Gaza 9 Bersabea ITUREA GALILEA Tolemaide Samaria Cafarnao Tabgha • _ Magdala • LAGO Dl Cana 9 GALl�EA MonteTaoor 0 - r DECAPOLI 9 Gerasa SAMARIA 9 Emmaus Giordano {;:/ Gerico • � PEREA Betania • Q Qu�ran GIUDEA 9 Ebron Gerusalemme 9 Betlemme 9 AR i Macheronte TRACONITIDE NABATEA

La tomba vuota

L’esperienza terrena di Gesù finì dunque tragicamente su una croce, un supplizio terribile e infamante, riservato dai romani ai ribelli e ai malfattori. Ma la pietra posta a chiusura del suo sepolcro non segnerà la fine di tutto. Infatti, alcune donne che, dopo la festa del Sabato si erano recate, di buon mattino alla sua tomba per completare i riti di sepoltura, la trovarono vuota Gesù era risorto, come lui stesso aveva preannunciato ai suoi discepoli, diventando per sempre il Cristo e il Signore per tutti quelli che crederanno in lui (i cristiani).

Certamente un sepolcro vuoto, come “prova” è piuttosto debole, dato che nessuno – come asseriscono gli stessi Vangeli – ha assistito direttamente alla sua risurrezione, ma la forza del messaggio cristiano si fonda proprio sulla “debolezza”: come scrive san Paolo «Quel che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti» (1 Corinti 1,27). Su queste premesse si fonda la speranza cristiana.

Gesù, ebreo per sempre

Per troppi secoli si è taciuto, con conseguenze a volte terribili per la storia dell’umanità, che «Gesù è ebreo e lo è per sempre» Solo da alcuni decenni si sta recuperando, senza timori, il vissuto di Jehoshua ben-Josef, «nato dalla stirpe di Davide secondo la carne» (Rom 1,3), «nato sotto la Legge» (Gal 4,4), mentre lungo la storia i cristiani l’hanno sradicato dal terreno d’Israele, e di volta in volta l’hanno «degiudaizzato, estraniato, grecizzato, europipizzato, tedeschizzato». (…) Ciò non signi ca che Gesù non possieda una propria originalità: però questa si comprende perfettamente solo all’interno dell’ebraismo.

(Brunetto Salvarani, Gesù)

SPUNTI OPERATIVI

● Cercate altre immagini su Gesù e spiegate il motivo delle vostre scelte.

● Realizzate con le immagini di tutti un pannello (anche digitale) dal titolo I volti di Gesù nella storia

111 Tema 5 GESÙ e il suo messaggio
1. Il Cristo delle catacombe di san Gennaro a Napoli; 2. il Cristo Pantokrator della cattedrale di Cefalù a Palermo; 3. il Cristo Salvator Mundi di El Greco; 4. l’immagine di Cristo generata al computer da Richard Neave elaborando il cranio di un uomo ebreo del I secolo.
1 2 3 4

2. È ESISTITO davv o?

Fare un viaggio alla ricerca delle fonti storiche su Gesù, come suggerisce la vignetta, è certamente una buona idea ma prima è bene sapere alcune cose. Come si fa a stabilire se Confucio, Socrate o Gesù sono dei personaggi leggendari oppure realmente esistiti? Non c’è che una possibilità: mettersi alla ricerca di tutte quelle tracce storiche (documenti, statue, iscrizioni, oggetti...) che ci potranno confermare – direttamente o indirettamente – della loro esistenza. L’insieme delle tracce o indizi sono le fonti su cui ci basiamo per stabilire la storicità o meno di un personaggio. Ma ancora una precisazione: essere semplicemente in possesso di una o più fonti non è ancora sufficiente per avere la certezza che una persona sia realmente esistita. Occorre esaminare bene tutti gli indizi raccolti e per fare questo sono necessarie varie competenze, da quella archeologica, a quella antropologica, paleografica, storica e molte altre ancora.

A caccia di indizi

Su Gesù abbiamo a disposizione molte tracce o indizi (più di tanti altri personaggi del passato conosciuti) che ci confermano la sua esistenza storica. Le principali testimonianze sono cristiane, ma non mancano quelle provenienti dal mondo giudaico e romano. Approfondiamo ciascuna di queste informazioni.

1. FONTI CRISTIANE

Nella foto accanto si può vedere il Papiro Rylands, un frammento scritto in greco su ambedue i lati, con dei testi del Vangelo di Giovanni. È stato datato intorno al 125 d.C. ed è considerato il frammento più antico degli scritti cristiani. Testimonia, infatti, che già nei primi anni del II secolo d.C. esistevano vari documenti sulla vita di Gesù, come i Vangeli e altri scritti

Gesù è un personaggio storico?

Se si esclude qualche voce fuori dal coro che ripropone sistematicamente vecchie tesi (in genere del XVIII secolo d.C.) in cui Gesù viene presentato come un personaggio ttizio, mitico o mitologico, nel mondo accademico si è ormai aperto un importante dibattito sull’esistenza storica di Gesù, che ad esempio distingue il Gesù storico dal Gesù della fede, professato nel Credo (o Simbolo) cristiano e testimoniato nelle varie comunità ecclesiali. Dal punto di vista storico non sono infatti poche le fonti, sia pagane che giudaiche (oltre ovviamente quelle cristiane) che ci parlano della sua esistenza.

112

del Nuovo Testamento Si tratta di un’importante testimonianza storica, perché dei quattro vangeli ufficiali (o canonici) non abbiamo più nessun originale, ma solo dei frammenti.

Per avere delle copie complete dei Vangeli e degli altri libri del Nuovo Testamento dobbiamo arrivare verso il IV secolo d.C. Tra il 1844 e il 1859 d.C., nel monastero di Santa Caterina ai piedi del Monte Sinai, è stato ritrovato un antico manoscritto contenente la maggior parte dei libri della Bibbia. Si tratta del Codice Sinaitico, scritto in greco onciale (maiuscolo) e datato tra il 330-350 d.C. Questo codice, conservato alla British Library di Londra, è molto importante perché testimonia – insieme al Codice Vaticano (del IV secolo d.C.) e quello Alessandrino (del V secolo d.C.) – che fin dai primi secoli esistevano dei racconti dettagliati sulla vita e le opere di Gesù, sostanzialmente fedeli tra loro nel riportare i fatti. Infatti sono poche e trascurabili le variazioni importanti tra i vari codici.

Tra le scoperte archeologiche più recenti un’importanza speciale spetta a Qumran, una località nella zona del Mar Morto. Qui dal 1948 in poi sono stati ritrovati importantissimi rotoli e frammenti della Bibbia ebraica (o Antico Testamento), conservati in giare di coccio. Nessun testo di Qumran sembra appartenere al Nuovo Testamento, ma questa grande scoperta ha soprattutto valore per la ricostruzione storica e culturale di un ambiente religioso minoritario contemporaneo a Gesù che probabilmente l’ha in qualche modo riguardato.

2. FONTI GIUDAICHE

Il noto storico Giuseppe Flavio (31-100 d.C.), di origine ebraica che scriveva però per i romani, nelle sue Antichità giudaiche parla ampiamente di Gesù, attribuendogli il titolo di “Cristo” e cita Ponzio Pilato come colui che lo condannò alla croce. Riferisce anche che Gesù apparve risorto il terzo giorno. Secondo alcuni studiosi, questi riferimenti a Gesù potrebbero essere stati aggiunti da una successiva mano cristiana. In ogni caso, Giuseppe Flavio cita Gesù definendolo “uomo molto saggio”, espressione questa che non viene messa in dubbio dai critici.

Anche un’altra fonte giudaica, il Talmud Babilonese (II secolo d.C.) nomina Gesù e, pur non parlandone positivamente, dice che è «stato crocifisso la vigilia di Pasqua».

3. FONTI ROMANE

Anche alcuni autori della Roma antica testimoniano la storicità di Gesù e la diffusione del suo messaggio nell’impero romano.

• Plinio il Giovane rappresenta l’imperatore Traiano in Bitinia e gli scrive intorno al 112 d.C. mostrandosi attento alle ragioni dei seguaci di Gesù: «I Cristiani (...] affermavano inoltre che tutta la loro colpa o errore consisteva nell’esser soliti riunirsi un giorno prefissato prima dell’alba e intonare

113 Tema 5 GESÙ e il suo messaggio
Un frammento del Papiro Rylands. Il Codice Sinaitico. Una delle grotte di Qumran, presso il Mar Morto.

a cori alterni un inno a Cristo come se fosse un dio, e obbligarsi con giuramento a non perpetrare qualche delitto, a non commettere né furti, né frodi, né adulteri (...); compiuti questi riti, avevano l’usanza di separarsi e di riunirsi di nuovo per condividere il pasto, cosa che, checché se ne dica, è ordinaria e innocente (...)».

• Tacito negli Annales (circa 116-117) riporta una testimonianza sui cristiani di Roma al tempo di Nerone: «Questo nome [cristiani] viene loro da Cristo, che, sotto il principato di Tiberio, era stato condannato al supplizio dal procuratore Ponzio Pilato; ma, repressa per il momento, l’esiziale superstizione erompeva di nuovo, non solo in Giudea, origine di quel male, ma anche per l’Urbe, ove da ogni parte confluiscono tutte le cose atroci e vergognose».

• Luciano di Samosata,ne La morte di Peregrino (169-170 d.C.), fornisce informazioni su Gesù e i suoi discepoli:«Essi [i cristiani] lo riverivano come un dio, facevano di lui il loro legislatore, lo riconoscevano come loro patrono, certo, subito dopo colui che essi ancora venerano, l’uomo che fu crocifisso in Palestina per aver portato nel mondo questi nuovi misteri».

Segui il lo

Testimonianze storiche su Gesù

FONTI CRISTIANE

FONTI GIUDAICHE

FONTI ROMANE

I materiali di scrittura dell’antichità

Tra i vari materiali di trasmissione scritta dell’epoca vi era il rotolo di papiro, la pergamena e, più tardi, i cosiddetti codici. Approfondire nell’espansione online.

• Papiro di Rylands (125 d.C.), frammento del vangelo di Giovanni.

• Codici Sinaitico, Vaticano e Alessandrino (IV-V secolo d.C.).

• Giuseppe Flavio, Antichità giudaiche (31-100 d.C.).

• Talmud Babilonese (II secolo d.C.).

SPUNTI OPERATIVI

• Plinio il Giovane, Lettera a Traiano (112 d.C.).

• Tacito, Annales (116-117 d.C.).

• Luciano di Samosata, La morte di Peregrino (169-170 d.C.).

● Tra le varie testimonianze su Gesù che abbiamo riportato cosa ha colpito di più la vostra attenzione?

● Approfondite l’argomento consultando la parte multimediale del testo o con ricerche speci che, in particolare su Qumran

114 Tema 5 GESÙ e il suo messaggio
Plinio il Giovane e Tacito in una litogra a di Henry Marriott.

3. TESTIMONIANZE dei Vangeli

Dopo aver documentato che Gesù è un personaggio storico, facciamo adesso ancora un passo avanti: Gesù di Nazaret non solo è un predicatore, vissuto in Palestina nel I secolo dell’era cristiana, ma è anche il Cristo (Messia) e il Signore (Figlio di Dio). Questa fede in Gesù viene documentata prima di tutto dai quattro Vangeli e dagli altri scritti cristiani del Nuovo Testamento, ma non mancano riferimenti anche in alcuni autori non cristiani, come ricordato nella scheda precedente. Sul riconoscimento della divinità di Gesù, una delle testimonianze più interessanti la troviamo in un frammento di papiro denominato P53 Si tratta di uno dei reperti più antichi del Nuovo Testamento, scritto in greco e risalente al III secolo d.C. Il manoscritto contiene parti del Vangelo di Matteo (26,29-40) e degli Atti degli Apostoli (9,33-10,1) e in esso si fa espresso riferimento a Gesù, appellandolo con un titolo divino.

I quattro racconti su Gesù

Testimoniare che Gesù è il Cristo e il Signore è certamente lo scopo principale dei quattro Vangeli, come intendiamo sottolineare in questa breve presentazione generale.

Il primo Vangelo in ordine cronologico è quello di Marco, il primo ad essere stato scritto. Gli altri sono quelli di Matteo, Luca e Giovanni I tre testi di Marco, Luca e Matteo sono detti sinottici, in quanto i loro contenuti presentano numerose analogie, al punto da poter essere disposti quasi parallelamente allineandoli su colonne affiancate.

Quando Gesù agiva e parlava alle folle, come tanti altri personaggi storici dell’antichità, lo faceva senza preoccuparsi di scrivere. Tutto questo fu inizialmente tramandato oralmente ma, quando le comunità cristiane divennero più numerose, sorse la necessità di avere dei resoconti dettagliati sulla sua vita e sul suo insegnamento. Ecco dunque l’intuizione di scrivere un “vangelo”, un “genere letterario” non ancora conosciuto in quell’epoca. Vangelo, in greco, significa letteralmente “lieto annuncio”, nello specifico la “buona notizia” che Gesù di Nazaret è il Messia atteso (il Cristo) e il Signore (il Figlio di Dio)

La finalità dei vangeli, più che “storica” (almeno nel senso con cui oggi utilizziamo questo termine, cioè quello di una ricostruzione ordinata e documentata di eventi, collegati cronologicamente tra loro) è teologica, perché la preoccupazione degli evangelisti è di mettere per iscritto i fatti, i gesti e le parole di Gesù, così che ne rimanesse memoria per sempre, rinsaldando la fede dei credenti. Sottolinea-

115
Pieter Aertsen, I quattro evangelisti, 1560-1565, Museo di Storia dell’Arte, Vienna. Nel frammento P53 si vedono chiaramente una K e una N sormontate da una linea che le unisce: è l’abbreviazione della parola KYRION, un termine greco che signi ca SIGNORE, un titolo divino.

re questo non significa affatto affermare che i vangeli non siano veriteri o che raccontino cose mai avvenute. La finalità ultima degli evangelisti non è quella di redigere delle biografie storiche su Gesù, bensì quello di narrare la “storia della salvezza” che si è compiuta con l’incarnazione, la passione, la morte e la risurrezione di Cristo.

Gli evangelisti e i loro simboli

Marco ha come simbolo il leone perché il suo racconto comincia con la predicazione di Giovanni Battista, la cui voce grida nel deserto. L’evangelista Marco non era uno dei dodici apostoli di Gesù, ma un discepolo di Pietro che seguì l’apostolo nella sua predicazione in Italia, soprattutto a Roma. Il suo stile è semplice e immediato, finalizzato al riconoscimento di Gesù come il Cristo (Messia).

Matteo è simboleggiato da un uomo alato: infatti il suo Vangelo inizia con l’elenco degli antenati di Gesù e, in seguito, narra l’infanzia del “Figlio dell’uomo”, sottolineandone il lato umano. Matteo scrive ai cristiani provenienti dall’ebraismo, mettendo in risalto le parole e i discorsi di Gesù, tra i quali il noto Discorso della Montagna o delle Beatitudini.

Luca è associato al bue perché il suo Vangelo comincia parlando di fatti accaduti nel tempio, dove si sacrificavano animali come buoi e pecore. La sua idea originale è di ambientare la narrazione intorno a un lungo viaggio di Gesù verso Gerusalemme, cioè verso la sua passione, morte e risurrezione. Lungo questo viaggio l’evangelista colloca tutti i temi che gli sono più cari, come la misericordia, la gioia, la povertà e il distacco dai beni terreni.

Giovanni ha come simbolo l’aquila, uccello che “vola alto”, il cui occhio fissa il sole, capace cioè di contemplare Dio. Egli scrive il suo racconto verso la fine del I secolo e, quindi, non solo tiene presente la predicazione fatta dalla Chiesa, ma anche ciò che è già stato scritto dagli altri evangelisti su Gesù. Il suo racconto – teologicamente e stilisticamente piuttosto elevato – si apre con un solenne inno a Cristo, esaltato come “Parola (logos) divina” che si fa “carne”, cioè uomo. Come appare evidente anche da questa breve sintesi, ognuno dei quattro evangelisti ha scelto un approccio diverso alla figura di Gesù, ma tutti convergono sulla risurrezione, il centro dell’annuncio cristiano. In modo differente, tutti e quattro i racconti testimoniano il mistero di Cristo, Figlio di Dio, invitando i lettori a aderire a lui nella fede: «Questi [segni] – scrive Giovanni a conclusione del suo Vangelo – sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome» (Gv 20,31).

SPUNTI OPERATIVI

● Quale dei quattro Vangeli vi sembra di conoscere di più?

● Per comprendere meglio l’a ermazione che «la nalità ultima degli evangelisti non è tanto di redigere delle biogra e storiche su Gesù, bensì di narrare la storia della salvezza», vi invitiamo a leggere il brano di Atti 2,22–24.

Perché quattro e non un solo Vangelo?

Ciascuno dei quattro Vangeli ha una propria ricchezza. La pluralità, come spesso accade, è indice di fecondità e garanzia di autenticità. Approfondire nell’espansione online.

116 Tema 5 GESÙ e
il suo messaggio

4. UNA VERA “buona notizia”

Come abbiamo visto in precedenza, i racconti evangelici parlano di Gesù non solo come grande uomo o maestro, ma come il Cristo e il Signore, cioè come Messia e Figlio di Dio. Certo, come si legge nella vignetta qui accanto, ci si può chiedere se non sia tutto un “mito”, un’invenzione dei suoi discepoli, ma va detto che oggi la maggior parte degli studiosi – anche non credenti – sostiene che il Gesù dei Vangeli è reale e storico. Comunque, per non creare confusione d’ora in poi useremo l’espressione “il Gesù dei Vangeli” per riferirci al Gesù della fede cristiana.

“Vangelo” o “buona notizia”

Dalla lettura attenta dei documenti del Nuovo Testamento appare con chiarezza che Gesù annuncia prima di tutto “il vangelo di Dio”: la sua missione è quella di far conoscere Dio al mondo. Il Vangelo di Marco, il più antico dei quattro,scrive infatti fin dal principio che «Gesù si recò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel vangelo”» (Mc 1,14-15).

La missione del Cristo, come sottolinea Marco, è quella di annunciare il vangelo di Dio, invitando tutti alla conversione interiore. È questa la forza rivoluzionaria dell’annuncio cristiano: non basta cambiare le strutture, si deve cambiare il cuore

Il pensiero di base è che se il cuore dell’uomo non è buono, nessun’altra cosa può diventare buona. Per la fede cristiana Gesù è venuto nel mondo per svelare agli uomini il senso della loro vita, ricordando che il significato più profondo del vivere sta nell’amore (verso Dio e il prossimo), fino al sacrificio di se stessi per gli altri. Morendo sulla croce e, poi, risorgendo, Gesù Cristo ha dimostrato che l’amore più grande è «dare la vita per gli altri», un esempio seguito successivamente da personaggi straordinari come Paolo di Tarso, Francesco d’Assisi, Madre Teresa e moltissimi altri.

SPUNTI OPERATIVI

● Qual è dunque la “buona notizia” che proclama il Vangelo?

● In che senso è rivoluzionario il messaggio di Gesù?

Di cile inventarsi un Dio croci sso!

I primi cristiani non traevano alcun vantaggio nell’andare a dire in giro che il loro Signore era stato croci sso: era un’a ermazione che scandalizzava i romani (perché lo identi cava come un criminale) e non era accettabile nemmeno dagli ebrei (perché la Bibbia non aveva profetizzato un Messia croci sso). Dunque, anche perché gode di tante e concordi attestazioni, è praticamente certo che Gesù fu realmente croci sso.

(Bart Denton Ehrman, Gesù è veramente esistito?, Mondadori, 2013)

117

AL CENTRO il Cri o risorto

La risurrezione è l’evento principale del cristianesimo. Gesù, risorgendo dal sepolcro ha vinto la sfida più radicale, quella della morte, ed è stato riconosciuto dai credenti come “Cristo e Signore”.

Il comandamento del Signore

Insieme alla risurrezione, un altro aspetto importante del messaggio cristiano è il comandamento dell’amore, anche nei confronti dei nemici, come è stato tramandato fin dalle origini della comunità ecclesiale. Narra infatti san Girolamo che l’evangelista Giovanni, giunto ormai alla fine della sua vita, continuava a ripetere ai credenti: «Figlioli, amatevi gli uni gli altri», perché questa era la volontà del Maestro.

L’affermazione dell’anziano apostolo sintetizza bene la predicazione cristiana. Infatti, sempre Giovanni, nella sua prima lettera ai discepoli scriveva: «Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede» (1 Gv 4,20). Parole semplici e incisive che, grazie alla risurrezione di Cristo, hanno dimostrato ai credenti che l’amore è più forte della morte.

La fede cristiana in sintesi Questa la fede professata dai cristiani e testimoniata nei secoli: Gesù di Nazaret, morto in croce sotto Ponzio Pilato, è risorto dai morti il terzo giorno, dimostrando così di essere il Cristo e il Signore. I quattro Vangeli canonici (cioè quelli di Matteo, Marco, Luca e Giovanni) e gli altri scritti del Nuovo Testamento documentano ciò che GesùCristo harivelato) Dio è Padre di tutti (fratellanza universale) e l’amore (verso Dio e il prossimo), che è la sintesi di tutti i comandamenti. Quelli che si riconoscono nel suo nome (cristiani) sono chiamati a seguire l’esempio del Maestro e mettere l’amore (caritas), esteso anche ai nemici, alla base della loro vita. Ma per vivere questo impegnativo messaggio è necessario l’aiuto di Dio (grazia), che si manifesta nella comunità cristiana (la Chiesa), voluta da Cristo come segno e prolungamento nel tempo della sua presenza nel mondo.

118
5.
Annibale Carracci, Risurrezione di Cristo, 1593, Museo del Louvre, Parigi.

L’utopia delle Beatitudini

Il messaggio cristiano raggiunge la vetta più alta nel Discorso della Montagna, certamente tra i testi più significativi di tutta la letteratura religiosa. Qualcuno ha detto che tra le tante “stoltezze” che la storia ha conosciuto quella delle Beatitudini è di gran lunga la più vistosa: come ritenere “beati”, ad esempio, i poveri o i sofferenti? Questa affermazione non tiene conto della forza profetica e rivoluzionaria che è scaturita da queste parole: si pensi per esempio alla creazione degli ospizi, agli ospedali, alle mense per i poveri e a infinite altre realtà caritative e solidali. Certo, va però riconosciuto che le Beatitudini sono effettivamente un messaggio controcorrente e molto esigente. È sufficiente leggere il brano evangelico qui riportato per capire che il “regno dei cieli” di cui parla Gesù è una realtà ben diversa da quella in cui viviamo noi esseri umani. Gesù proclama beati i poveri, quelli che sono nel pianto, i miti… mentre spesso nel nostro cuore e nella realtà di tutti i giorni diciamo “beati i ricchi, beati i potenti”.

Quante volte, infatti, invidiamo chi è alla guida di automobili costose o ha in tasca il più lussuoso degli smartphone? E i fatti che apprendiamo dai mass-media non ci dimostrano forse che i poveri e i deboli sono sempre più umiliati e messi ai margini?

Difficile nel contesto in cui ci troviamo a vivere non pensare che il messaggio cristiano – nello specifico le Beatitudini – sia solo utopia, considerata come un sogno irrealizzabile. Eppure la forza del messaggio sta proprio nel credere che le cose possono cambiare, che ciò che oggi sembra irrealizzabile (utopico, appunto), un domani potrà avverarsi con il contributo di tutti. Quanti “sogni”, infatti, hanno potuto tradursi in realtà (per esempio la fine della schiavitù, l’uguaglianza tra bianchi e neri, la parità tra uomini e donne...) grazie all’impegno, al sacrificio e alla lotta di tutti quelli che ci hanno creduto fino in fondo? È decisamente vera l’affermazione del filosofo tedesco Jürgen Habermas: «Se le oasi dell’utopia si seccheranno, si stenderà un deserto di banalità e confusione»

SPUNTI OPERATIVI

● Si consiglia di leggere e commentare insieme il brano di 1 Gv 4,7-10.

● E per voi quali sono le “utopie”, cioè i valori e le realtà che sono ancora da realizzare nella nostra società? Provate a fare un breve elenco.

Le Beatitudini

Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.

Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.

Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.

Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.

Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.

Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.

Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati gli di Dio.

Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.

Beati voi quando vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.

(Matteo 5,1-12)

Il brano delle Beatitudini fa parte del primo dei cinque discorsi di Gesù presenti nel Vangelo di Matteo. È detto anche il “Discorso della Montagna” perché l’evangelista lo colloca in questo contesto, simbolo del nuovo Sinai, sul quale Gesù, nuovo Mosè, o re la sua “legge”. In realtà, Gesù, più che una serie di norme o nuovo Decalogo, propone una scelta radicale e totale di vita, come appare nelle espressioni: «poveri in spirito» o «puri di cuore». Tutto l’essere umano, nella sua globalità, rappresentato nella Bibbia dallo «spirito» e dal «cuore», è invitato ad aderire al progetto di Dio, che Gesù chiama «il regno dei cieli».

119 Tema 5 GESÙ e il suo messaggio
Oggi nel luogo in cui Gesù ha pronunciato il Discorso della Montagna sorge la Chiesa delle Beatitudini.

6. CHI È il prossimo?

Tra le caratteristiche principali del cristianesimo abbiamo messo in risalto il comandamento dell’amore, sia nei confronti di Dio sia verso ogni essere umano.

Per questo, tra le varie parabole raccontate da Gesù – i brevi racconti dai profondi significati – ci sembra che un posto speciale debba essere dato a quella del buon samaritano, il cui messaggio è chiaro e immediato.

Chi è il mio prossimo?

La parabola viene raccontata come risposta alla domanda di un dottore della Legge che forse vuol mettersi in mostra, oppure incastrare Gesù in qualche problematica religiosa. Ma il Maestro non si preoccupa e risponde alla sua domanda “Chi è il mio prossimo?” con un racconto verosimile, preso dalla vita di tutti i giorni. Gli presenta come esempio da seguire un samaritano, spiazzando così il suo interlocutore dato che i samaritani erano considerati dei “poco di buono” da cui tenersi alla larga. Eppure è proprio uno di loro che non si tira affatto indietro, lanciando il messaggio che ciò che conta sono i fatti concreti, più che le parole o le etichette. Infatti il sacerdote e il levita della parabola, considerati buoni e bravi per professione, “passano oltre” senza aiutare, pensando in coscienza che così dovevano fare per non infrangere le norme rituali. Il samaritano, invece, si lascia provocare dal dolore innocente e riconosce in quell’uomo ferito e abbandonato, un essere umano, proprio come lui.

Il buon samaritano

Gesù disse: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre.

Invece un samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti? ». Quello [il dottore della Legge] rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

(Luca 10,30-37)

Alcune note per comprendere la parabola

• I samaritani sono gli abitanti della Samaria. Al tempo di Gesù erano particolarmente disprezzati dagli ebrei per la loro origine promiscua e per le loro idee religiose.

• Olio e vino all’epoca si usavano per disinfettare le ferite e per calmare il dolore.

• Il sacerdote è colui che prestava servizio nel Tempio di Gerusalemme. Per le leggi rituali non poteva contaminarsi con il sangue e per questo “passa oltre”. Il levita (“della tribù di Levi”) aveva la funzione di aiutare i sacerdoti nel Tempio e quindi era soggetto alle stesse norme rituali.

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Vincent van Gogh, Il buon samaritano, 1890, Kröller Müller Museum, Otterlo.

Il prossimo è “l’altro che ha bisogno di noi”

Il “prossimo” – come risponde Gesù al dottore della Legge che glielo ha chiesto – è chi ha avuto compassione dell'"altro" che ci è vicino, accanto a noi sulla stessa nostra strada. D’altronde la stessa etimologia di “prossimo” (dal latino proximus, superlativo di prope, ovvero “vicino”) non lascia spazio a dubbi. Gesù chiarisce che il “mio prossimo” non è chi mi è amico, chi è al mio fianco o fa parte del mio gruppo e della mia religione. “Prossimo” è ogni uomo e donna che si prende cura di chi è nel bisogno, di chi è ferito nel corpo e nello spirito e si ferma, senza "passare oltre" o rimanere indifferente. Gesù chiede ad ogni essere umano (e quindi non solo ai credenti) uno sguardo nuovo, capace di superare schemi e pregiudizi.

«Amare il prossimo – ci ricorda il sociologo Bauman– significa rispettare l’unicità dell’altro, apprezzare la sua differenza e pensare che le differenze rendono il mondo più ricco e affascinante».

SPUNTI OPERATIVI

● Dopo aver riletto con attenzione la parabola di Gesù, secondo voi chi sono i «buoni samaritani» di oggi?

● Sulla falsariga di quella di Gesù, provate anche voi ad inventarvi una parabola moderna del «buon samaritano».

Zygmunt Bauman

Zygmunt Bauman (1925-2017) è stato un importante sociologo e accademico polacco. Le sue metafore sulla società post-moderna, da lui considerata “liquida” (in contrapposizione a “solida”) e sempre più frenetica e consumistica, sono diventate proverbiali.

(Massimo Recalcati, scrittore)

121 Tema 5 GESÙ e il suo messaggio
« OGNI VOLTA L’AMORE CI SALVA DALLA FERITA DEL MONDO».

UNA GRANDE mis icordia

Oltre alla parabola del Buon Samaritano, ce n’è un’altra considerata fondamentale nel cristianesimo: quella del “Padre che perdona” o del “Figliol prodigo”. Leggiamo insieme il testo evangelico. A volte capita che pur essendo fratelli, pur essendo cresciuti nella stessa famiglia, educati dagli stessi genitori, i figli abbiano caratteri e atteggiamenti completamente diversi. È così anche in questo caso: uno sbatte la porta e se ne va, pretendendo tutto quello che gli spetta; l’altro, il più grande, rimane invece a lavorare con suo padre.

Il padre si chiede cosa sia successo al figlio minore, cosa gli sia passato per la testa, se sia messo nei guai a causa di cattive compagnie… Ma sa che la libertà ha un caro prezzo e deve essere rispettata, anche se gli si spezza il cuore nel vedere un figlio andarsene in modo così brutale, piantando tutto e tutti. Il mistero della libertà è anche questo, e il padre vuole rispettare quella dei suoi due figli fino in fondo. Con il cuore in pianto lo segue con lo sguardo mentre si allontana dalla sua casa.

Il padre della parabola è Dio stesso che – nonostante le scelte sbagliate dei suoi figli – non li abbandona. Infatti, una volta finiti i soldi e anche le “amicizie” (non certo disinteressate...), per il figlio più giovane iniziano i guai. Non ha più niente e nessuno intorno, fa fatica a sopravvivere... e allora si ricorda della sua casa e di suo padre. Ormai ridotto in miseria, decide di pentirsi e di implorare l’aiuto del padre. Nonostante i suoi timori, mentre era ancora lontano, è il padre a compiere il primo passo: «lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò». Come sottolinea la parabola, è il padre che agisce per primo, che «ne ha compassione» e lo abbraccia. Anche nella parabola del buon samaritano si usano le stesse espressioni: «lo

Credo nella redenzione

«Sono molto interessato a coloro che la società ritiene inutili, inferiori, “usa e getta”, perché credo che la società non sia sempre il miglior giudice di queste cose. Credo che tutti abbiano un talento, ma le opportunità sono scarse, specialmente per alcuni gruppi di persone in America. Credo anche che le decisioni che prendiamo da adolescenti non dovrebbero de nire il resto della nostra vita. Ho trascorso più di un decennio con ex membri di una gang. Ho visto da vicino che le persone possono crescere, migliorare e contribuire alla società». Sono Parole di Ryan Gattis, lo scrittore che nelle sue storie nere racconta il mondo delle gang latine e della giustizia penale americana. E lo fa molto dal di dentro, parlando sia con gli accusati – anche assassini nel braccio della morte di St. Quentin – sia con gli accusatori, poliziotti, avvocati e giudici. Tatuato dalla testa ai piedi e membro di una crew di gra tari, racconta come sia diventato scrittore dopo aver “perso” il naso e come da 12 anni frequenti ex appartenenti a bande di Linwood e South Central, due quartieri di Los Angeles che sono l’opposto di Beverly Hills.

(Tutto libri in La Stampa, 6 febbraio 2022)

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7.
Harmenszoon van Rijn Rembrandt, Il ritorno del gliol prodigo, 1669 circa, San Pietroburgo, Hermitage.

vide e ne ebbe compassione». Interessante notare che in greco (la lingua in cui sono stati scritti i Vangeli) “compassione” letteralmente significa “qualcosa che si muove dentro”, indica “una grande emozione” che viene prima di ogni considerazione razionale o calcolo umano. E il padre, infatti, lo perdona subito, prima ancora di abbracciarlo.

Il glio “bravo” che non capisce

Ma per il padre i problemi non sono finiti. Infatti il figlio “bravo”, quello che ha continuato a lavorare a testa bassa, dando una mano in famiglia, appena viene a sapere che si fa festa per il fratello ritornato a casa, è tutt’altro che contento e pensa che la sua eredità sia a rischio. Insomma, anche per lui le risorse economiche sono importanti, ma diversamente dal fratello preferisce attendere. Questo però non gli impedisce di soffrire e di esplodere in un profondo sfogo di gelosia. Per il povero padre, mentre la ferita per il figlio perduto non si è ancora rimarginata del tutto, ecco che se ne apre subito un’altra. Rammaricato, si affretta a parlare con il figlio maggiore, che si sente solo un “salariato” (uno che lavora a pagamento), e lo rassicura: «Tutto ciò che è mio è tuo». Quasi a dire: “Stai tranquillo, di che cosa hai paura? Non ti rendi conto che «tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato»?”. Non sappiamo se il primogenito capirà ed entrerà in casa a salutare il fratello, la parabola non lo dice. Lo lasciamo alla sua rabbia che, per il momento, non gli permette di vedere oltre ciò che lui considera giusto. Non riesce ancora a capire che il padre non gli ha fatto nessuna ingiustizia, non l’ha privato di ciò che è suo, ma che è andato soltanto oltre i suoi piccoli calcoli economici, superandoli con l’amore. Come capita anche a noi, il fratello maggiore parla di giustizia, ma in realtà vuole solo vendicarsi di quello che chiama con disprezzo «tuo figlio», non riconoscendolo come fratello.

L’amore non fa i calcoli con il bilancino. Vede oltre, nel profondo dell’uomo. È questo il Dio d’amore di cui parla il cristianesimo.

SPUNTI OPERATIVI

● Cosa ne pensate del comportamento del padre della parabola?

● Condividete il suo atteggiamento nei confronti dei due gli? Secondo voi è stato giusto oppure ha fatto delle preferenze?

Il padre che perdona il glio perduto

«Un uomo aveva due gli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il glio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo glio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il glio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo glio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio glio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. Il glio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo glio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

(Luca 15,11-32)

123 Tema 5 GESÙ e il suo messaggio

8. CONDANNATO a morte

Nel Credo o Simbolo cristiano viene citato un personaggio storico, Ponzio Pilato, che all’epoca era il rappresentante del dominio di Roma a Gerusalemme e nella regione della Giudea. Ufficialmente è questo personaggio che – secondo i racconti evangelici – firmerà la condanna a morte di Gesù, pur lavandosene le mani, dichiarando in pubblico di «non essere responsabile di questo sangue» (Matteo 27,24). Probabilmente un tentativo di non addossare solo ai romani la responsabilità di quella condanna, ma soprattutto un modo plateale di sottrarsi alle proprie responsabilità.

La politica di Pilato

Secondo quanto riportato dai Vangeli, il prefetto Pilato (non «procuratore», come erroneamente viene riportato) ha la netta sensazione che i capi del popolo e i sacerdoti gli abbiano consegnato un innocente, ma non sa bene perché quel predicatore dia loro così fastidio. Pensa che siano solo beghe religiose interne agli ebrei; ma sa anche quanto possano divenire insidiose e pericolose per lui e per il potere di Roma. Così gli viene in mente che in prossimità della festa ebraica della Pasqua c’è l’usanza di liberare un prigioniero: pensa sia un buon espediente per liberarsi di un problema delicato e far scegliere direttamente il popolo. Propone alla folla di scegliere tra Gesù e Barabba, sicuro che il confronto sarebbe stato favorevole a quel predicatore della Galilea, molto seguito dalla gente, a scapito del noto brigante. Ma i seguaci di Gesù non sono presenti, o forse non contano così tanto se la folla manovrata grida: «Liberaci Barabba!». Spiazzato, Pilato chiede: «Ma allora, che farò di Gesù, chiamato Cristo?». E quelli: «Sia crocifisso!». Pilato prova allora a chiedere alla folla: «Che male ha fatto?». Ma dalla piazza salgono ancora più forti: «Sia crocifisso!» (Matteo 27,21-23).

Chi ha ucciso Gesù?

La croci ssione era un supplizio romano e il cartello (titulus) posto sopra la croce con la scritta INRI (acronimo del latino Iesus Nazarenum Rex Iudeorum, «Gesù Nazareno Re dei Giudei») dimostra chiaramente che la motivazione della condanna a morte di Gesù è di natura politica. Quel cartello dichiara che Gesù – secondo l’accusa – si era (o era stato) proclamato “re dei giudei” e quindi era entrato in qualche modo in con itto con il potere di Roma. Dai Vangeli sappiamo che questa era comunque solo la motivazione u ciale: in realtà, Gesù non era ben visto da chi deteneva il potere religioso a quel tempo; inoltre, anche la folla, che gridava a Pilato «Croci ggilo, croci ggilo!», era manovrata. In ogni caso i pregiudizi cristiani sulla morte di Gesù hanno pesato fortemente sulla storia del popolo ebraico: in modo gravemente super ciale si è generalizzato, incolpando ingiustamente tutto il popolo ebraico di una morte che fu voluta solo da alcuni gruppi di potere. I Vangeli hanno voluto attenuare le responsabilità degli invasori romani, sottolineando i tentennamenti di Ponzio Pilato, ma la condanna a morte di Gesù è stata decretata dai romani.

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Antonio Ciseri, Ecce homo, 1860-1880 circa, Lugano, Museo cantonale d’arte.

Non solo la sua idea non ha funzionato, ma ora Pilato si trova davanti a un dilemma: meglio dar retta alla sua coscienza (e quindi liberare Gesù, che ritiene innocente), oppure sacrificarlo alla “ragion di Stato”, per non inimicarsi i capi di un popolo che fatica a tenere sottomesso? La ragion di Stato e la carriera politica alla fine hanno la meglio. Annota infatti l’evangelista Matteo: «Rimise in libertà Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso» (27,26). Terribile la scelta di Pilato (sebbene non sia né la prima né l’ultima della storia), ma altrettanto terrificante è quella fatta dalla piazza che sceglie, seppure «istigata − come sottolinea l’evangelista Matteo − dai capi dei sacerdoti e dagli anziani» (27,20). La preferenza data a Barabba (che è «un rivoltoso e un assassino») mostra come non sia affatto vero che il popolo (o “la maggioranza”, come diciamo oggi) scelga sempre la verità e il bene. Per svariati motivi, la maggioranza potrà sempre scegliere “Barabba” al posto di “Gesù” e, a volte, può persino capitare che “il Barabba di turno” venga eletto da tutto un popolo, che decide di aderire in massa alle sue idee illiberali e razziste (come è accaduto per le dittature del Novecento).

L’orribile supplizio della croce

Senza dubbio la croce è stato uno dei supplizi più terribili creati dagli uomini lungo la storia. Lo scrittore romano Seneca, nel 65 d.C., riferendosi ad un periodo vicino a quello in cui fu crocifisso Gesù, scriveva: «Vedo legni di supplizio e non di un solo tipo… Alcuni hanno appesi uomini con la testa a terra, altri hanno un palo piantato nelle loro pudende, altri ancora le braccia distese sulla traversa» (Ad Marciam de consolatione 20,3). Anche Giuseppe Flavio nel 70 d.C. testimonia ciò che succedeva quaranta anni prima della condanna a morte di Gesù: «I soldati (romani) nel loro accanimento inchiodavano i prigionieri (ebrei), per umiliarli, nelle più diverse posizioni del corpo» (Bellum V 11,1). Di fronte a queste e altre testimonianze storiche, è difficile pensare che i cristiani si siano inventati per il loro Maestro una fine così ingloriosa come quella della crocifissione, definita da Tacito “il supplizio degli schiavi”.

Seneca

Lucio Anneo Seneca (4 a.C.-65 d.C.) è stato un losofo e politico romano. Esponente dello stoicismo. Fu il precettore di Nerone, di cui non riuscì però a controllare la svolta autoritaria. Cadde vittima della politica dispotica dell’imperatore dandosi la morte.

SPUNTI OPERATIVI

● Che idea vi siete fatti di Ponzio Pilato? Provate a immaginare che caratteristiche avrebbe se fosse vissuto ai nostri giorni.

● Perché è sbagliato a ermare che “gli ebrei hanno ucciso Gesù”?

Lavarsi le mani come Pilato Ponzio Pilato non vuol condannare un innocente, ma nemmeno vuol prendere una posizione. La sua inerzia di fronte alla responsabilità di una scelta è apparsa talmente emblematica da giusti care l’espressione “lavarsi le mani come Ponzio Pilato”, divenuta così metafora di un’indi erenza colpevole.

Nella teologia cattolica l’ignavia (o accidia) costituisce uno dei sette peccati capitali, ma si è sempre a rischio di sostituire l’etica della responsabilità con quella dell’indi erenza, che è la morte di qualsiasi sentimento di umana solidarietà.

(Luigi M. Lombardi Satriani, antropologo)

125 Tema 5 GESÙ e il suo messaggio
Benedetto Antelami, Deposizione dalla croce, 1178, Duomo di Parma.

LUCE di risu ezione

Il centro di tutto il messaggio cristiano è l’annuncio che Cristo è risorto, lo stesso che ricevono per prime le donne che si erano recate di buon mattino al sepolcro di Gesù. Era il primo giorno dopo la festa ebraica del sabato (quello che sarà poi il Dies Domini, la domenica cristiana). Le donne trovarono già rimossa la pesante pietra a chiusura del sepolcro – quello che era stato messo a disposizione da un influente simpatizzante di Gesù, Giuseppe di Arimatea – e all’interno le bende e il lenzuolo funebre in lino (sindone) ben ripiegati in un angolo; ma del cadavere di Gesù non c’era traccia. Trovarono invece un giovane messaggero (o angelo) che annuncia loro: «Non abbiate paura! (...) È risorto, non è qui». Tra l’incredulità e il grande spavento le donne scappano di corsa; l’evangelista Marco annota anche che «non dissero niente a nessuno, perché erano impaurite». Ma poi sappiamo che, superato lo spavento, testimoniarono a tutti ciò che avevano visto in quel mattino di Pasqua.

L’amore, più forte della morte

Con la notizia che la tomba di Gesù è vuota perché lui è risorto ha inizio la storia cristiana. Ogni domenica, in tutte le chiese del mondo, si ricorda questo evento. È la fede nel Risorto che accomuna tutte le Confessioni cristiane e che unisce – pur con le loro diversità – coloro che si riconoscono in Cristo. Il messaggio centrale del cristianesimo è che Cristo con la sua risurrezione ha vinto la morte e che l’amore è più forte della morte. È vero, infatti, che l’ essere umano è composto di terra (humus) e che, con la morte, ritorna alla terra, ma la “notizia” cristiana è che la morte non ha l’ultima parola. Pur essendo fatto “di terra” ognuno di noi porta dentro di sé il segno e il senso dell’eterno. Infatti Dio ha impresso nel profondo di ogni essere umano un’immagine vitale che invoca un “per sempre”. Per questo i cristiani, di fronte all’interrogativo della morte – che spesso la società fa di tutto per nascondere o allontanare persino dalla vista – testimoniano che la vita non è destinata a scomparire nel nulla. La tomba di Cristo è vuota perché Cristo è risorto e con lui risorgerà anche ogni persona che crede nel suo messaggio. La fede per alcuni è quella di Tommaso – l’apostolo non crede che Gesù sia risorto finché non tocca con mano (v. Vangelo di Giovanni 20,24-28) – ma nel Vangelo sono chiamati “beati” coloro che credono in Gesù pur non avendolo visto. Infatti la fede cristiana si basa sulla testimonianza di coloro che “hanno visto” la tomba vuota: i credenti in Cristo – ieri come oggi – non hanno visto con i loro occhi il Risorto, ma si fidano della testimonianza dei primi discepoli e di coloro che entrarono in quella tomba vuota.

Prima di Pasqua, il Venerdì Santo

Oltre al “credere senza aver visto”, la fede cristiana si basa su un’altra certezza: prima dell’alba della risurrezione c’è il Venerdì Santo, il giorno in cui Gesù muore in croce. L’ora della sofferenza e della crocifissione, anche se è dura da

Il vangelo di Pasqua

Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a ungerlo. Di buon mattino, il primo giorno della settimana, vennero al sepolcro al levare del sole. Dicevano tra loro: «Chi ci farà rotolare via la pietra dall’ingresso del sepolcro?» Alzando lo sguardo, osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande. Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d’una veste bianca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il croci sso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano deposto. Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: “Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”». Esse uscirono e fuggirono via dal sepolcro perché erano piene di spavento e di stupore. E non dissero niente a nessuno, perché erano impaurite.

(Marco 16,1-8)

Le donne prime testimoni della risurrezione

Al tempo di Gesù una donna da sola non poteva testimoniare in tribunale: la sua parola era credibile solo se supportata da quella di un testimone maschile. Eppure, nei Vangeli sono proprio le donne le prime testimoni dell’evento centrale del cristianesimo: la risurrezione di Gesù. Un fatto signi cativo che avvalora il messaggio cristiano: ciò che è debole e fragile diventa forte. Gesù ha detto infatti: «gli ultimi saranno primi».

(Matteo 20,16)

126 9.

sopportare, è la strada che porta alla “risurrezione”. È illusorio credere che esistano scorciatoie o vie facili. Non si tratta di una forma sottile di masochismo, cioè di un dolore ricercato a tutti i costi per trovare soddisfazione. Il cristiano non teorizza affatto che la sofferenza sia di per sé positiva e quindi da ricercare, tutt’altro! Dato che la sofferenza non manca nella nostra realtà umana, la fede invita a non farsi distruggere da essa, imparando ad attraversarla, come ha fatto Cristo sulla croce, certi di poter giungere alla risurrezione.

La risurrezione nell’arte occidentale…

La risurrezione dello scultore Pericle Fazzini (1913-1987) si trova nella Sala delle udienze in Vaticano. È tra le più imponenti opere artistiche in bronzo mai realizzate: 400 quintali di metallo, 18 metri di lunghezza e 7 di altezza, modellati in 5 anni di lavoro. Commissionata a Fazzini dal papa Paolo VI nel 1972, la scultura bronzea domina quel che oggi viene chiamata

l’Aula Paolo VI. Racconta lo sculture: «Io ho immaginato la risurrezione così: Cristo vola via spinto dal vento, si libera dal velo mortuario e risorge dalle rovine... Il risorto non vuole considerare il suo abbraccio col Padre come un addio agli uomini». Infatti il Cristo risorto «emerge da un intrico di rami, di radici, di materia che si trasforma in nuvole e saette, in una sorta di esplosione nucleare che simboleggia la morte nella sua maligna potenza distruttiva». Parlando di questa sua opera – costata allo sculture grande fatica, anche a causa di un ictus che lo aveva colpito durante la realizzazione – Fazzini ebbe a dire: «È stata una grande preghiera, in essa ho dato tutto me stesso, a volte lavorando come in trance... come se qualcosa sopra di me guidasse la mia mano e il mio cervello perché potessi raggiungere il cielo».

(Avvenire, 13 aprile 2012)

…e nell’arte orientale

L’icona della discesa di Cristo agli inferi, tipica del cristianesimo orientale, rappresenta la vittoria di Cristo sulla morte. Al centro dell’icona sta la gura del Cristo Risorto, rivestito di luce. Le sue vesti sono luminose e la sua persona è racchiusa in una mandorla circolare, simbolo della divinità. Il Salvatore è ra gurato nell’atto di scendere nelle fondamenta della terra, negli inferi (lo sheol della tradizione ebraica), le cui porte erano chiuse per non permettere a nessuno di uscire. Cristo spalanca le porte, spezzandole in due (a terra si vedono i frammenti delle serrature e delle porte): ha nella mano sinistra la croce con cui ha vinto la morte e si china verso gli esseri umani, rappresentati da Adamo (a sinistra) ed Eva (a destra, avvolta da un manto rosso), aiutandoli ad uscire dagli inferi. Sopra Eva sono rappresentati Mosè, Elia e Abele; sopra Adamo gli antenati di Gesù Giovanni Battista, Davide e Salomone. Questa icona, insieme a quella delle donne che portano la mirra al sepolcro, sono le uniche due composizioni iconogra che che riguardano la Risurrezione di Gesù e le uniche icone utilizzate nella Chiesa ortodossa per la solennità della Pasqua. Infatti la liturgia orientale rispetta fedelmente il silenzio dei racconti evangelici sulla risurrezione.

SPUNTI OPERATIVI

● Leggete il racconto evangelico di Marco riportato, confrontandolo con quello degli altri evangelisti (Matteo 28,1-8; Luca 24,1-10; Giovanni 20,1-18).

127 Tema 5 GESÙ e il suo messaggio
« Noi tutti siamo qui, sulla terra, per fare cose che meritano di non morire. Tutto ciò che vivremo nell’amore, non andrà peRduto».
(Paolo De Martino, diacono e insegnante di IRC)

10. COSA CONTA davv o?

Dopo la sua risurrezione, il Cristo invia i suoi discepoli a predicare a tutti il suo messaggio. Il primo annuncio è lo stesso che troviamo all’inizio del Vangelo di Marco: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitivi e credete nel Vangelo» (Marco 1,15). Ma la “conversione” richiede gesti concreti, come insegna il comandamento dell’amore verso Dio e i fratelli. C’è un brano del Vangelo di Matteo (v. riquadro) che richiama fortemente ad un amore concreto nei confronti degli altri esseri umani, soprattutto verso quelli che hanno più bisogno. Gesù racconta che «quando verrà il Figlio dell’uomo» tutti saranno riuniti davanti a lui ed egli formerà due gruppi, dividendo gli uni dagli altri, e dirà ai primi: «Venite benedetti del Padre mio... perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere…», continuando a fare un elenco di gesti concreti. Infatti non verrà chiesto loro a quali e quanti eventi, opere o pratiche spirituali hanno partecipato in vita; ma quanti gesti d'amore concreti hanno fatto nei confronti dei più bisognosi, con cui Dio stesso si identifica. E la richiesta è talmente inconsueta che persino coloro che si trovano nella parte “giusta” chiedono: «Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere, forestiero e ti abbiamo ospitato, nudo e ti abbiamo vestito?»… La risposta del re sarà altrettanto spiazzante: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me».

L’attenzione verso gli ultimi

Nella storia del cristianesimo questo brano evangelico ha favorito profonde conversioni e suscitato ispirazione per dar vita a istituzioni e opere caritative, prendendosi a cuore il destino di tutti gli esseri umani emarginati e considerati ultimi. Si pensi a santi come Giuseppe Cafasso, che a Torino si occupava dei

A che serve pregare e andare a messa?

Accogliere, assistere, condividere, amare è accessibile a tutti, credenti e non credenti. Il brano del Vangelo citato ricorda ai cristiani che Dio li giudicherà su quanto hanno amato, e non su altro. Allora non serve andare a messa e pregare? Ma non è facile avere occhi capaci di vedere le necessità degli altri, un cuore e una testa per mettersi in sintonia e agire di conseguenza. I credenti, nell’intimità della preghiera, in particolare nella celebrazione eucaristica, ricevono una scossa e un’energia straordinaria. È il lievito che trasforma la rigidità della farina umana.

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carcerati e dei condannati a morte, Giovanni Bosco, che ha raccolto attorno a sé i ragazzi abbandonati, dando vita alle prime scuole professionali, e Giuseppe Cottolengo, che si è preso cura di persone abbandonate a se stesse perché affette da disabilità fisiche o psichiche; oppure al medico e pastore luterano Albert Schweitzer con il suo contributo a favore dei lebbrosi, solo per citare alcuni. Ancora oggi la carità cristiana continua a fare miracoli in tutto il mondo: il pensiero va a Madre Teresa di Calcutta, anche lei santa, e alla sua opera al servizio infaticabile delle persone più povere del mondo; al dottor Marcello Candia, che rinunciò alla sua attività di industriale per mettere i suoi beni a disposizione dei più poveri in Brasile; alle tante attività dei missionari cristiani sparsi per il mondo. La storia avrebbe perduto tantissimi miracoli d’amore senza la fede nella risurrezione di Gesù, che ha portato tanti credenti a mettere in pratica questa pagina di Vangelo.

il santo dei clochard

Biagio Conte (1964-2023) per tutti a Palermo era il “santo dei clochard”. Quando è morto, la città ha proclamato il lutto cittadino e i funerali si sono svolti in cattedrale. Nato da una famiglia benestante, ha scelto di vivere povero tra i poveri, sull’esempio di san Francesco d’ Assisi. Missionario laico, vestiva un semplice saio, camminava scalzo, si incatenava e digiunava per chiedere attenzione e sostegno per i poveri e disagiati di Palermo, dove nel 1993 aveva fondato un rifugio per dare cibo, assistenza e calore umano agli ultimi tra gli ultimi. Alla sua morte i rifugi (da lui chiamati “missioni”) erano sette, con quasi ottocento ospiti. Insieme, poveri, senzatetto, migranti, alcolisti, ma anche gente “normale” che, senza lavoro e famiglia, si era ritrovata a vivere in strada. «Non perdete la speranza», diceva loro fratel Biagio. L’ultima frase che ha pronunciato anche prima di morire.

SPUNTI OPERATIVI

Conoscete la biogra a dei personaggi citati nel testo? Provate ad approfondire chi erano con una breve ricerca on line, partendo dai loro nomi.

che facciamo è solo una goccia nell’oceano. Ma se non lo facessimo, l’oceano avrebbe una goccia in meno».

«

(Madre Teresa di Calcutta)

Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria.  E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri,  e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra.  Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi n dalla fondazione del mondo.  Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi».  Allora i giusti gli risponderanno: «Signore, quando mai ti abbiamo veduto a amato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere?  Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito?  E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti?».  Rispondendo, il re dirà loro: «In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me».

129 Tema 5 GESÙ e il suo messaggio
Quello

G ù ne ’arte, ne a musica, nel cinema

Non si può concludere la nostra rappresentazione del messaggio cristiano senza accennare al grande in usso che la gura di Gesù ha avuto sulla cultura occidentale (e non solo), in particolare sull’arte, la musi-

ca e il cinema. L’argomento è molto vasto e ci limiteremo pertanto a un veloce accenno, rimandando ogni approfondimento a ricerche mirate, sia personali che di gruppo.

LE IMMAGINI DI CRISTO NEI PRIMI SECOLI

Sono moltissime le ra gurazioni di Cristo che ha espresso l’arte, ognuna con le proprie peculiarità, ma prima di scoprirle dobbiamo fare due premesse:

1. Nei Vangeli non troviamo alcuna indicazione sull’aspetto sico di Gesù.

2. Nei primissimi secoli dell’era cristiana, non esistono rappresentazioni del Cristo perché nell’ebraismo

– l’ambiente culturale da cui deriva il cristianesimo –era proibito rappresentare Dio. Per questo le comunità cristiane primitive preferivano ricorrere a simboli o immagini allegoriche, come il pesce, il monogramma di Cristo, l’ancora e molti altri.

Con il passare del tempo, in particolare con la di usione della religione cristiana nell’impero romano, si è sentito il bisogno di avere delle immagini del Cristo. Contrariamente ad alcuni Padri della chiesa soprattutto orientali, che sostenevano che l’immagine di Gesù doveva essere brutta, come quella del “servo so erente” descritta da Isaia, tra i padri latini prevalse invece l’idea che Gesù fosse bello e piacevole a vedersi, come viene descritto nel Salmo 45,2. Dal IV secolo d.C., con il distacco dalla tradizione ebraica, si di ondono le rappresentazioni di Gesù, in genere con lunghi capelli e barba, come l’immagine ritrovata nelle catacombe di Roma (v. foto accanto), che diventerà un punto di riferimento costante per gli artisti nelle epoche successive. L’a ermarsi della rappresentazione del Cristo con la barba e i capelli lunghi venne in uenzata dalla di usione di varie immagini (o icone) che provenivano dall’Oriente ed erano considerate autentiche, cioè che rappresentavano “il vero volto” di Gesù. Tra queste il Mandylion di Edessa/Costantinopoli, che alcuni identi carono come la Sindone di Torino, e l’Acherotipa (“immagine non fatta da mani d’uomo”), che era conservata a Roma, ma datata nell’VIII secolo d.C. In età bizantina l’iconogra a di Gesù venne codi cata rigidamente, anche dopo l’aspra disputa proprio sulle icone (lotta iconoclasta). Da questo periodo in poi, il Cristo viene

costantemente ra gurato di bell’aspetto, con barba e capelli lunghi (un’eccezione interessante è quella nel Giudizio universale di Michelangelo nella Cappella Sistina).

Icona (dal greco «immagine») nella tradizione cristiana orientale assume un importante signi cato teologico e liturgico. Le icone sono infatti “ nestre che gettono uno spiraglio di luce sul mistero di Dio”. In occidente, invece, il termine ha soprattutto assunto un signi cato illustrativo e didascalico (far conoscere, attraverso l’arte, pagine della Sacra Scrittura a chi non sapeva leggere). Spiega la studiosa Emanuela Fogliadini: «L’icona in oriente è a tutti gli e etti una teologia in immagini, complementare alla Scrittura nell’attestare l’incarnazione di Cristo e nel rivelare la storia della salvezza».

Il volto della Sindone è quello di Cristo?

La Sindone, conservata a Torino, è un lenzuolo di lino, lungo 4,37 metri e largo 1,11 che, secondo la tradizione, ha avvolto il corpo di Gesù deposto dalla croce. Sul tessuto, a causa di fattori in gran parte ancora sconosciuti, è rimasta impressa l’immagine (dorsale e frontale, compreso il volto) di un uomo croci sso. L’impronta rimasta sul lenzuolo funebre si comporta come un negativo fotogra co: quindi fotografandolo emergono lineamenti più chiari. Dagli studi medico-legali risulta che l’uomo che vi fu avvolto fu percosso e ferito, che aveva sul capo una corona di spine e una ferita da lancia al costato: tutto come riportato nei Vangeli che descrivono la passione e la morte di Gesù. Nel 1978, col permesso delle autorità religiose, alcuni frammenti del lenzuolo furono esaminati in laboratorio, con la tecnica del Carbonio 14. I risultati hanno datato la Sindone conservata a Torino all’epoca medievale. Alcuni studiosi però, anchenon credenti, hanno contestato il risultato, sostenendo che i dati possono esseri stati alterati da un incendio che il lenzuolo aveva subito nel XVI secolo. La discussione sull’autenticità o meno della Sindone è ancora aperta. La cristianità considera il lenzuolo di Torino un importante oggetto di devozione, anche se non c’è alcuna prova certa per sostenere che quello rimasto impresso sulla Sindone è il volto di Gesù.

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TRA GLORIA E SOFFERENZA

Nel corso dei secoli, in particolare nei mosaici bizantini, prevale la ra gurazione dello splendore e della potenza divina del Cristo che domina e ricapitola tutto l’universo (vedi l’immagine del Cristo Pantocrator che troneggia nell’abside del Duomo di Monreale). Ma in altri periodi è prevalsa l’attenzione all’umanità del Cristo, sottolineando la so erenza della passione e morte in croce, condivise con la condizione umana. Tra le interpretazioni più realiste, quella del pittore tedesco Matthias Grünewald (1470-1528), considerata «la più straziante Croci ssione che la storia della pittura ricordi». La grande tavola ad

olio, dipinta per essere esposta in un ospizio, aveva una funzione terapeutica e consolatoria per i ricoverati malati di peste e altre malattie contagiose. Osserva lo scrittore francese  Joris-Karl Huysmans (1848-1907): «Quel Cristo spaventoso, morente sull’altare dell’ospizio d’Isenheim, sembra fatto a immagine dei colpiti dal fuoco sacro che lo pregavano, e si consolavano al pensiero che il Dio che imploravano avesse provato i loro stessi tormenti, e che si fosse incarnato in una forma ripugnante quanto la loro, e si sentivano meno sventurati e meno spregevoli».

Ma non tutte le rappresentazioni della croci ssione sono così forti e realistiche come quella del Grünewald. In molte la gura del Cristo riposa sulla croce in modo sereno, anticipando l’evento della risurrezione. Come nella Croci ssione bianca (1938) di Marc Chagall, il pittore russo di origine ebraica che rappresenta il Cristo con il tallit, il manto di preghiera ebraica, e ai piedi pone la menorah, il candelabro ebraico. Le ammelle rimangono immobili, nonostante la tempesta che infuria attorno. Una scia luminosa isola il Cristo dall’orrore della Shoah, lo sterminio nazista degli ebrei. La croce diventa così simbolo di vittoria sugli orrori del mondo e speranza di vita nuova, come la risurrezione di Cristo testimonia nei secoli.

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Cristo Pantocratore, 1180-1190, mosaico absidale, Duomo di Monreale (Palermo). Matthias Grünewald, La croci ssione (part.), 1515 circa, pala d’altare a Isenheim, Colmar, Musée d’Unterlinden. March Chagall, La croci ssione bianca, 1938, Chicago, e Art Institute.

PERCHÉ TANTA IMPORTANZA ALLA CROCIFISSIONE?

Tra gli studiosi e i critici d’arte (ma spesso anche tra i credenti) ci si chiede perché la tradizione cristiana – in cui la risurrezione del Cristo è il centro della fede – abbia dato più importanza alla rappresentazione del croci sso che al risorto. Questo è vero per quanto riguarda il posto centrale a dato al croci sso in molte chiese, soprattutto cattoliche, ma la storia dell’arte conosce anche molte e importanti opere dedicate alla risurrezione del Cristo, come quella di El Greco, dipinta in Spagna agli inizi del ’600. Nei primi secoli del cristianesimo la croce non aveva un posto così centrale come nei secoli successivi. Anzi, non veniva utilizzata a atto come simbolo perché era considerata uno strumento di morte, per di più terribile e infamante. Le comunità cristiane iniziarono ad utilizzarla verso il IV secolo d.C., in genere solo la croce, senza il Croci sso. In seguito si iniziò a mettere anche il Croci sso, ma no al XII secolo d.C. il Cristo veniva rappresentato vivo, con la tunica bianca dei risorti e sul capo una corona regale (non di spine). In questo modo si voleva mettere in risalto che Cristo è vivo, che la vita e la morte sono unite nell’unico segno della croce. Con il passare del tempo, in particolare dal XIII secolo d.C. in avanti, si impose una teologia e una spiritualità centrata sul dolore e la so erenza che in uenzerà pesantemente l’iconogra a cristiana, come abbiamo già visto con Grünewald. Occorre comunque chiarire che questa indubbia accentuazione della croce e della so erenza, che ha in uenzato un lungo periodo della storia cristiana, non ha mai messo in dubbio che il cuore del cristianesimo è comunque sempre stato

GESÙ NELLA MUSICA

È impossibile, anche limitandoci solo a degli accenni, presentare l’immenso patrimonio musicale che, nei secoli, si è ispirato alla gura di Gesù; soprattutto nella musica sacra, ma non solo.

Ricorderemo qui solo alcuni aspetti del lungo percorso che ha caratterizzato la musica cristiana nei secoli. Intanto non dimentichiamo che i primi cristiani celebravano i loro riti accompagnati dal canto dei Salmi, di derivazione ebraica. Un antico documento, di fonte romana, citato tra le testimonianze storiche su Gesù, scrive che i cristiani avevano la «consuetudine di adunarsi in un giorno stabilito prima del levarsi del sole, e cantare tra loro a cori alternati un canto in onore di Cristo, come a un dio» (Plinio il giovane, 112 d.C.).

la risurrezione. Lo dimostra, per esempio, la liturgia del Venerdì Santo, che non è mai stata equiparata dalla Chiesa ad un rito funebre: la croce è stataadorata e celebrata come trofeo di vittoria, perché è dal suo sacri cio che nasce la vita. La morte èvista come passaggio obbligato per arrivare alla gloria della risurrezione.

Ai nostri giorni si è voluto dare più spazio alla risurrezione negli edi ci del culto cristiano. Nella Chiesa cattolica, dopo l’impulso dato dal Concilio vaticano II (1962-1965), c’è oggi una maggior attenzione, anche simbolica, alla risurrezione del Cristo. Non è raro vedere al centro della navata l’immagine del Cristo risorto.

Ambrogio, vescovo di Milano (seconda metà del IV secolo d.C.), faceva cantare ai fedeli inni cristologici da lui stesso composti e musicati; nel VI secolo nacque a Roma il gregoriano che caratterizzerà le liturgie cristiane per lunghi secoli, soprattutto in occidente. In oriente, invece, la “liturgia divina”, dove il canto ha sempre avuto grande importanza e lo ha tuttora, ha seguito una propria strada. La riforma luterana diede un grande impulso alla musica sacra, che toccò i vertici con Johann Sebastian Bach, che creò una sintesi tra il gregoriano e le precedenti tradizioni musicali. Importanti per la storia della musica i corali composti da Bach e dalla sua famiglia, in cui tutto il popolo partecipava al culto divino cantando.

Saltando di molti secoli ci piace ricordare lo stretto lega-

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Stefano L’Occaso, Croci sso glorioso, 2003, Mantova, Rotonda di S. Lorenzo. Un croci sso moderno, in marmo bianco di Carrara, che ra gura Cristo vivo e risorto, come nelle antiche ra gurazioni delle catacombe. La statua del Cristo risorto di Corrado Piazza, in legno di tiglio, alta 8 metri, ubicata nella navata della Basilica Superiore al Colle Don Bosco, Chiesa di Castelnuovo don Bosco (Asti).

GESÙ NEL CINEMA

Il cinema ci ha regalato tante immagini di Gesù, n dai suoi esordi, con le prime rappresentazioni cinematogra che a carattere religioso. Poi, un grande impulso alla devozione popolare, ma soprattutto alla spettacolarizzazione, è venuta con i colossal hollywoodiani, tra cui ricordiamo Il re dei re, di Nicholas Ray (1961) e La più grande storia mai raccontata, di George Steven (1963). Da questo genere si distacca decisamente Il vangelo secondo Matteo, di Pier Paolo Pasolini (1964). Questo regista non credente ci ha lasciato uno dei ritratti umani più incisivi di Gesù. Degli anni Settanta ricordiamo Godspell (1973),ispirato al Vangelo secondo Matteo ma ambientato a New York, e il Gesù di Nazareth (1977) del ra nato regista Franco Ze relli, un lm che ebbe un enorme successo anche negli ambienti cattolici. Negli anni Novanta la produzione Lux Vide per la RAI portò sugli schermi 18 gure bibliche, tra cui Jesus, di Roger Young (1999), con un approccio molto originale e

SPUNTI OPERATIVI

● Quali delle opere artistiche ra gurate o descritte nel Dossier attira di più la vostra attenzione? Perché?

● Conoscete qualcuno dei lm su Gesù qui citati?

me tra il Gospel (gli spiritual di origine afroamericana) e la musica moderna. Tra le opere più recenti, il musical degli anni Settanta Jesus Christ Superstar, che ha riscosso un enorme successo in tutto il mondo. L’opera nasce come doppio album nel 1970, ma già nel 1971 veniva rappresentata a Broadway, dove rimase in scena per 720 repliche, circa 18 mesi consecutivi. La trasformazione teatrale del musical avvenne nel West End londinese, con le indimenticabili musiche di Andrew Lloyd Webber e Tim Rice. Lo spettacolo rimase in cartellone a Londra per 13 anni di seguito. Dal musical è stato tratto, nel 1973, un lm di grande successo, con lo stesso titolo. Ma il lm delude soprattutto nella parte nale, dove il Cristo è spogliato totalmente della sua natura divina e appare «un uomo, solo un uomo», come canta la Maddalena.

moderno alla gura di Gesù. È del 2004 e Passionof the Christ di Mel Gibson. Il lm, girato tra i Sassi di Matera, in aramaico e latino (le lingue del tempo di Gesù), ha fatto discutere soprattutto per il crudo realismo delle molte scene di sangue e violenza. Chiudiamo questa breve e certamente incompleta rassegna sui lm dedicati a Gesù ricordando Il Nuovo Vangelo, di Milo Rau (Germania-Svizzera, 2020), in cui Gesù è impersonato dal sindacalista camerunense Yvan Sagnet, un intellettuale cattolico, ex bracciante agricolo e attivista, che ha lottato contro il caporalato e lo sfruttamento del lavoro nero.

Do ier 133 Tema 5 GESÙ e il suo messaggio
Breviarium basileense, pergamena, 1451-1458, Porrentruy, Bibliothèque cantonale jurassienne.
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Un fotogramma dal lm e Passion of the Christ di Mel Gibson.

IL PUNTO

SE GESÙ TORNASSE OGGI…?

«Se Cristo tornasse oggi tra noi, la gente non lo metterebbe più in croce. Lo inviterebbe a cena, lo ascolterebbe… ma gli riderebbe dietro le spalle». Così scriveva lo storico scozzese Thomas Carlyle (1795-1881), mettendo in risalto una forma di benevola derisione nei confronti di Gesù, sebbene scrivesse nell’Ottocento. Oggi sarebbe ancora peggio. Tanti cristiani non prendono sul serio il cristianesimo con le sue verità e le scelte esigenti. Un’infarinatura di preghiere e qualche opera buona non copre la richiesta che il Cristo avanza. Come sostiene il biblista Gianfranco Ravasi non si può lasciarlo parlare e poi irriderlo perché il suo messaggio è “esagerato”. (liberamente tratto da Breviario laico di G. Ravasi, Mondadori 2010).

SPUNTI OPERATIVI

● Secondo voi, se Gesù tornasse oggi, come sarebbe accolto?

● Perché il teologo citato nel box a erma che il «Dio cristiano è un Dio umano»? Se avete qualche di coltà a rispondere, date un’occhiata alla scheda sui pilastri del cristianesimo.

(Sant’Ignazio di Antiochia, 35 d.C.-107 d.C. circa)

«Il Dio cristiano è un Dio umano, un Dio che ama gli uomini, che si preoccupa della loro storia.

L’umanità di Dio si incontra con l’umanità degli uomini e la eleva».

(Edward Schillebeeckx, 1914-2009, teologo cattolico belga, in Cerco il tuo volto, EDB 2005)

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«
È meglio essere cristiano senza dirlo che proclamarlo senza esserlo».

SINTESI INCLUSIVA

Il m sa io di G ù

Chi è Gesù?

Un uomo straordinario?

Un grande maestro di vita?

Un profeta? …o chi altro?

Per coloro che si dichiarano cristiani è “il Cristo” (Messia) e il Signore (Figlio di Dio)….

…testimoniato:

Dai 4 Vangeli e dagli scritti del Nuovo Testamento

ricorda

Dalla sua morte e risurrezione

Dalla fede delle comunità cristiane nei secoli

«Il cristianesimo insegna agli uomini che l’amore vale più dell’intelligenza». (Jacques Maritain, filosofo).

DIBATTITO

Discutete tra voi la seguente affermazione: «Nel nostro Paese si conosce molto poco la Bibbia, c’è una ignoranza pressoché totale delle diverse confessioni cristiane e delle altri fedi, nonostante l’alta adesione all’ora di religione cattolica nelle scuole» (L’analfabetismo biblico e religioso, a cura di Brunetto Salvarani, EDB 2022). Ognuno porti argomenti pro o contro.

QUESITI

Gesù è solo Dio

Il cristianesimo nasce sulla testimonianza di una tomba vuota

Individua le due affermazioni errate:

1. Il cristianesimo è la religione più recente dei tre monoteismi.

2. I Vangeli ufficiali sono quattro.

3. L’aramaico è la lingua parlata da Gesù.

4. Cristo è il cognome di Gesù.

135 Tema 5 GESÙ e il suo messaggio
□ V □ F
□ V □ F

Dibattito

« Gesù è stato certamente la maggior personalità della storia; ha trasmesso valori che sono essenziali anche per un non credente ».

(Margherita Hack, astro sica, in Dove nascono le stelle, Sperling&Kupfer 2004)

Pensate di poter sottoscrivere questa a ermazione di una non credente?

Motivazioni PRO ...................................................................... ...................................................................................................

Motivazioni CONTRO ..............................................................

Attività interdisciplinari

Il dibattito “croci sso SI, croci sso NO” riappare ciclicamente nelle discussioni che hanno per oggetto la scuola, ma non è l’unica problematica a carattere religioso. Per esempio, secondo voi è giusto proibire (come hanno fatto nelle scuole di altri paesi) alle ragazze musulmane di andare a scuola con il velo ed esporre qualsiasi altro simbolo a carattere religioso (rosari al collo, braccialetti con la stella di David, e così via)? Oppure chiedere alle mense scolastiche di di erenziare il cibo in base alle regole religiose di alcuni ragazzi (Kasher per gli ebrei, Halal per i musulmani)? Qual è la vostra opinione? Si consiglia di coinvolgere nella discussione anche altre discipline come storia, diritto, loso a, lettere…

Prendendo spunto dalla realtà:

Il croci sso non deve essere oggetto di contese e discriminazioni

La Corte di Cassazione, con una sentenza del 9 settembre 2021, è intervenuta sulla vicenda sollevata in una scuola di Terni, dove un insegnante, entrando in aula, toglieva sistematicamente il croci sso dalla parete. La sentenza ha ribadito che «l’a ssione del croci sso in aula – al quale si legano, in un paese come l’Italia, l’esperienza vissuta di una comunità e la tradizione culturale di un popolo – non costituisce un atto di discriminazione» verso chi non è cristiano. Però l’esposizione del croci sso in aula può essere presa con una decisione autonoma della comunità scolastica interessata nel «rispetto di tutti e cercando un ragionevole accomodamento tra eventuali posizioni di ormi». Provate a ricostruire, sotto forma di gioco di ruolo l’intera vicenda: uno di voi assuma il ruolo dell’insegnante che non vuole il croci sso; un altro quello di un insegnante a favore; un altro interpreti il dirigente scolastico; il resto del gruppo dovrà dare un parere condiviso al dirigente scolastico. Quale potrebbe essere una mediazione rispettosa di tutti, nello spirito della sentenza citata?

Dal mondo dei social

Ma Gesù la pensava proprio così?

«Mi considero una buona cristiana, ma non mi ritrovo in ciò che scrivono i vescovi italiani: “Il cristianesimo non può accettare la logica del più forte; (…) il povero, il viandante, lo straniero non sono cittadini qualunque per la Chiesa, proprio perché essa è mossa verso di loro dalla carità di Cristo” (2014).Ragionando così, alla ne saremo invasi da una massa di disperati e fannulloni… È questo che vogliono i nostri vescovi?»

(dal blog di una persona che si rma “buona cristiana”)

Obiezioni e perplessità di questo tipo a orano spesso sui social. Qual è la vostra opinione? ...................................................................................................

136 SPUNTI PER RIFLETTERE E DISCUTERE PRATICA#MENTE
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Altro ..........................................................................................
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Un Film

Jésus de Montréal, diDenys Arcand, Canada 1990, 119’: un lm datato, ma che conserva in pieno una sua attualità. Protagonisti sono un prete anticonformista e una giovane troupe di attori che mettono in scena, in un parco di Montréal, delle scene realistiche su Gesù e i suoi apostoli, che coinvolgono attori e pubblico. Si consiglia di selezionarne degli spezzoni.

Ancora sul genere, Il nuovo Vangelo di Milo Rau, GermaniaSvizzera-Italia 2020, 107’: il documentario girato a Matera, come le opere di Pasolini e Gibson, mescola realtà e ction immaginando Gesù come un sindacalista africano che guida i migranti sfruttati a lottare per la loro dignità. Per altri lm su Gesù, più classici, si rimanda al Dossier e al multimediale.

Frammenti di spiritualità

(E.M.

E per voi, che cos’è l’annuncio cristiano?

Buone notizie

Costruire la pace dalle piccole cose.

«Sono stata in Giordania, accanto ai profughi siriani e iracheni. Sono andata con il progetto “Mission Exposure: esporsi alla missione”, organizzato da alcune istituzioni cattoliche di Milano. Ho lavorato ai progetti Caritas di assistenza ai profughi. Un’esperienza che mi ha cambiata. Ho incontrato la miseria, ma anche tanta dignità e umanità. Ho imparato che nella solidarietà si costruisce la pace».

(Anna Acconcia, in Mondo e Missione, Gennaio 2023)

137 Tema 5 GESÙ e il suo messaggio
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Autovalutazione
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Ho
« L’annuncio cristiano, prima che di parole, è fatto di sguardi, testimonianze, esperienze, incontri, vicinanza. In una parola di vita».
Ronchi, biblista)

La Chiesa a e origini

Questo Tema mette in risalto lo stretto legame esistente tra l’insegnamento di Gesù di Nazaret, che abbiamo trattato nel Tema precedente, e la nascita della Chiesa. Gli Atti degli Apostoli, uno dei libri del Nuovo Testamento, descrive la comunità cristiana come una realtà strettamente legata all’insegnamento di Gesù, riunita attorno alla parola degli apostoli, la condivisione fraterna, la “frazione del pane” (eucaristia) e la preghiera. Ben presto arrivarono le prime incomprensioni e anche le persecuzioni, che però ra orzarono, anziché indebolire, le comunità dei primi secoli. Con la libertà di culto la Chiesa acquistò sempre più potere, sia sociale che politico. Divisioni ed eresie non mancarono di segnare profondamente la vita delle comunità, che ssarono nel “Credo” (o “Simbolo”) i principali punti della fede cristiana.

IL PERCORSO CHE FAREMO

I contenuti digitali speciali
6 PER CONCLUDERE • Il punto 162 • Sintesi inclusiva 163 • Pratica#mente 164
• Testimoni del Risorto 140 • Le prime comunità 142 • “Agàpe”, amore cristiano 144 • «Mai senza la Domenica» 146 • Libertà di professare 148 • Tra fede ed eresie 150 • Il Credo dei cristiani 152 • D/Sfogliando l’album della Chiesa 154

chi? Who? dove? Wh e? quando? When? cosa? What? perché? Why?

Il Tema è dedicato alla nascita e allo sviluppo delle prime comunità cristiane, alla Chiesa di Cristo come “prolungamento del messaggio” del Maestro di Nazaret. Il Tema mette in risalto lo stretto legame che esiste tra queste due realtà.

is eme concerns the origin and the development of the early Christian communities, the Church of Christ as an extension of the message of the Master of Nazareth. is eme emphasizes the close link existing between these two elements.

Sviluppando il Tema, avremo modo di far vedere la continuità tra il messaggio di Gesù e quello della comunità cristiana (Chiesa), pur non tralasciando le di coltà e le discrepanze tra il messaggio del Cristo e l’umanità dei suoi messaggeri lungo i secoli.

While developing this eme, we’ll be able to see the continuity between the message of Jesus and the message of the Christian community (Church), without forgetting the complexities and the incongruities between the message of Christ and the humanity of his messengers over the centuries.

Nello sviluppo del Tema metteremo in risalto il forte legame tra la testimonianza del Cristo risorto e la nascita delle prime comunità, ma anche le prime scissioni, eresie e contraddizioni tra la realtà umana e divina della Chiesa.

In the development of this eme we’ll underline the strong link between the testimony of the risen Christ and the birth of the rst communities, but also the rst break-ups, heresies and contradictions between the human and the divine reality of the Church. is is an essential feature which will never stop.

Conoscere l’origine e lo sviluppo della Chiesa di Cristo lungo i secoli è l’obiettivo centrale del Tema, che sarà a rontato per grandi linee, come sfogliando le fotogra e di un album di famiglia (v. Dossier).

e origin and the development of the Church of Christ over the centuries is the main focus of this eme, which -of course- is going to be faced in broad terms, like many pictures in a family photo album (see Dossier).

Conoscenze

• La persona, il messaggio e l’opera di Cristo nei Vangeli e nella missione della Chiesa.

• Identità e missione di Cristo e della Chiesa alla luce del mistero pasquale.

• Gli eventi principali della vita della Chiesa nel primo millennio: l’importanza del cristianesimo per la nascita e lo sviluppo della cultura europea.

ABILITÀ

• Individuare il valore del linguaggio religioso, in particolare quello cristianocattolico, nell’interpretazione della realtà.

Il legame tra il messaggio di Gesù presentato nel 5° Tema e quello dell’origine della Chiesa, argomento del 6° Tema, è centrale per la teologia e la storia cristiana. La Chiesa nasce a Pentecoste con la testimonianza degli Apostoli che Cristo è risorto dai morti. Intorno a questo messaggio nasce e vive la Chiesa cristiana, nelle sue varie realtà storiche.

e link between the message of Jesus presented in the h eme and the one of the origin of the Church, topic of the sixth eme, is absolutely essential for the Christian history and theology. e Church was born on the Pentecost day where the Apostles witnessed that Christ is risen from the dead. Around this message, the Christian Church was born and still lives in its many historical entities.

COMPETENZE

• Valutare la dimensione religiosa della vita umana a partire dalla persona di Cristo.

• Ri ettere sulla propria identità nel confronto con il messaggio cristiano.

• Riconoscere l’origine e la natura della Chiesa e le forme del suo agire nel mondo.

• Collegare la storia umana e la storia della salvezza.

• Cogliere la presenza e l’incidenza del cristianesimo nella storia e nella cultura.

La Chiesa a e origini

1. TESTIMONI del Risorto

Come abbiamo accennato, Cristo ha creato la Chiesa per testimoniare a tutti il suo messaggio, in particolare la sua risurrezione. Infatti, poco prima di terminare la sua missione e ritornare al Padre (evento che i cristiani celebrano nella festa dell’Ascensione), Gesù manda i suoi apostoli e discepoli nel mondo, promettendo loro l’aiuto dello Spirito: «Riceverete la forza dello Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra» (Atti degli Apostoli 1,8).

Tutto ha inizio a Gerusalemme

Come aveva anticipato Gesù, l’avventura cristiana inizia a Gerusalemme, la città principale della Palestina, intorno all’anno 783 dalla fondazione di Roma. Gesù è morto da pochi giorni e i suoi apostoli sono rinchiusi in un luogo nascosto, per paura che toccasse anche a loro la stessa sorte del maestro. Alcune donne, che si erano recate di buon mattino al sepolcro, hanno raccontato di averlo trovato vuoto, e Maria di Magdala, tra le discepole più fedeli di Gesù, ha addirittura detto di aver parlato con lui... Ma ai discepoli tutto questo sembrava più che altro “una fantasia di donne” a cui non dare troppo peso. E poi – come ha affermato Tommaso, uno dei dodici apostoli – «Se non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo» (Giovanni 20,25). Dai vangeli sappiamo come è andata a finire: Gesù è apparso ai Dodici, invitando proprio Tommaso a toccare con mano i segni della crocifissione. Dopo che gli apostoli e i discepoli più stretti – oltre alle donne – hanno “visto” Gesù risorto, iniziarono a credere il loro Maestro vivo e ancora in mezzo a loro, anche se diverso da prima nelle fattezze. Tutto questo sta a dimostrare che anche per le persone più vicine a Gesù non è stato facile credere nella sua risurrezione e poi uscire allo scoperto per testimoniare quanto avevano “visto”. La paura era ancora forte ed era necessario un salto di qualità.

La discesa della Spirito

Il “salto” fu fatto grazie allo Spirito Santo che Gesù, conoscendo bene i suoi discepoli, aveva promesso di inviare.

Durante la festa ebraica della Pentecoste (nel periodo della mietitura e al raccolto, in cui si commemorava la Legge consegnata a Mosè), mentre gli apostoli con Maria, Madre di Gesù, e altre donne si trovavano ancora radunati in un luogo ritenuto sicuro, improvvisamente un forte vento e delle fiammelle di fuoco si posarono su di loro.

Rifacendosi al racconto degli Atti degli apostoli (2,1-41), nell’arte la scena è rappresentata tradizionalmente con Maria al centro attorniata dagli apostoli, sottolineando così il suo ruolo di Madre della Chiesa. Vedendo le fiammelle, i discepoli si ricordarono della promessa di Gesù di in-

« La Chiesa ha bisogno di una perenne Pentecoste; ha bisogno di fuoco nel cuore, di Parola sulle labbra, di profezia nello sguardo ».

Lo Spirito Santo e i suoi doni

Secondo la dottrina cristiana, lo SpiritoSanto è la terza persona della Trinità. Nell’Antico Testamento lo «spirito» è il vento, considerato il messaggero di Dio o la manifestazione della sua potenza, ed è presente in tutti coloro a cui Dio ha a dato compiti particolari, come i profeti.

Nel Nuovo Testamento lo Spirito è presente in modo speciale nel Messia e discende a Pentecoste su Maria e gli apostoli, dando loro il coraggio di annunciare il Vangelo. Secondo gli scritti del Nuovo Testamento, è lo Spirito che dona la fede in Cristo (v. Prima lettera ai Corinzi 12,3) e concede ai credenti i suoi sette doni: sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà, timor di Dio. Tra i simboli più comuni dello Spirito: la colomba, le lingue di fuoco, il vento.

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(Papa Paolo VI)

viare loro lo Spirito Santo, prendendo atto della grande trasformazione che stava avvenendo in loro.

Fortificati dallo Spirito, Pietro e gli altri undici trovarono il coraggio di annunciare ai loro fratelli ebrei: «Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso!».

Con questa testimonianza ha inizio la Chiesa e l’avventura cristiana nel mondo. Il grido festoso: «Cristo è risorto!», ieri come oggi, continua a provocare adesioni entusiaste come grandi rifiuti, conversioni sincere ma anche prese di posizioni ironiche. Come in quel giorno di Pentecoste, ci sarà sempre chi di fronte all’annuncio del vangelo dirà, scuotendo la testa, che solo persone pazze o ubriache possono sostenere che un morto sia risorto!

Ma la comunità cristiana, con Pietro e tutti gli apostoli, continuerà a ripetere: «Questi uomini non sono ubriachi, come voi supponete»; Cristo è risorto «e noi tutti ne siamo testimoni» (Atti degli Apostoli 2,15.32).

Così, degli uomini impauriti e deboli, trasformati dalla forza dello Spirito, sono diventati testimoni coraggiosi della risurrezione del Cristo, dando inizio alla Chiesa, la comunità di coloro che credono in Cristo.

Per i seguaci di Gesù, la Chiesa è il prolungamento del Cristo e in questo senso è strettamente necessaria e indispensabile, perché continui ad annunciare al mondo che Dio ha costituito Gesù «Signore e Cristo». Per chi crede in questo annuncio, la paura, la disperazione e la morte non potranno mai avere l’ultima parola.

SPUNTI OPERATIVI

● Approfondimenti: sul racconto di Tommaso, si legga il Vangelo di Giovanni 20,24-29; sulla gura dello Spirito Santo, il Vangelo di Matteo 3,16; gli Atti degli apostoli 1,1-5 e 2,1-4.

● Dei sette doni dello Spirito Santo ritenete che alcuni siano oggi più urgenti? Se sì, quali?

141 Tema 6 La Chiesa alle origini
Duccio di Buoninsegna, Pentecoste (part.), 1308-1311, Siena, Museo dell’Opera del Duomo.

2. le prime comunità

In seguito alla predicazione del vangelo di Cristo fatta dagli apostoli e dai discepoli di Gesù, fiorirono varie comunità cristiane, dapprima in Palestina e poi nel mondo greco e romano. La vita della Chiesa delle origini era centrata su aspetti molto pratici e semplici, come ci riferiscono gli Atti degli apostoli, nei due passi riportati a lato. Ma, come già messo in risalto dalla vignetta, questi racconti rappresentano un ideale, un punto di riferimento alto con cui confrontarsi.

Anche allora c’erano alcuni cristiani poco coerenti (ad esempio la frode architettata da Anania e dalla moglie Saffira, in Atti degli Apostoli 5,1-11); ma le comunità cristiane continuano a fare riferimento a quegli ideali descritti dagli Atti. Esaminiamoli insieme:

● L’ascolto della Parola proclamata dagli apostoli, i quali «con grande forza davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù» e invitavano a credere in Colui che portava a compimento le Sacre Scritture (la Bibbia): «Il Dio dei nostri Padri ha glorificato il suo servo Gesù», inviandolo come Messia (v. Atti degli Apostoli 3,12-25).

● L’unione fraterna:«La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo e un’anima sola… veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno» Abbiamo già accennato che non sempre era così e che anche nelle comunità cristiane delle origini c’erano a volte discordie e poca carità, ma i seguaci di Gesù sono chiamati a distinguersi dagli altri proprio per l’amore fraterno, con un’attenzione speciale ai più bisognosi.

● La frazione del pane:con questo termine si intende il banchetto o il pasto in comune delle prime comunità cristiane, ma in particolare la celebrazione dell’eucaristia (chiamata originariamente fractio panis, “frazione del pane”, in memoria dell’ultima cena di Gesù con i suoi apostoli). Ancora oggi, dopo circa duemila anni, la comunità cristiana si ritrova soprattutto nel «Giorno del Signore» (la domenica) per celebrare la memoria viva e reale della morte e della risurrezione di Gesù.

● La preghiera: è il legame che unisce Dio ai suoi figli, il «grazie» che i cristiani dicono al Signore per tutto ciò che accade e anche una richiesta d’aiuto per chi si riconosce debole e bisognoso. Nell’ottica del cristiano, pregare è «scommettere» su Dio, affidandosi a Lui, come fa un bimbo nelle braccia della mamma.

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Paolo l’apostolo delle genti

Pietro e Paolo formano le due colonne del cristianesimo delle origini, ma hanno storie molto diverse: mentre Pietro fa parte dei dodici apostoli ed è stato posto da Gesù in persona a capo della sua Chiesa nascente, Saulo di Tarso, che diventerà san Paolo (Tarso, 5-10 – Roma, 64-67), pur essendo contemporaneo di Gesù, non l’ha mai conosciuto direttamente. È venuto in contatto con il messaggio evangelico dopo una prodigiosa conversione sulla via di Damasco, dove si recava per far prigionieri i cristiani. Saulo, cittadino romano in virtù di un privilegio concesso alla sua città di origine, Tarso, era di famiglia benestante, conosceva le lingue ed essendo un ebreo ellenista anche la cultura greco-romana; aveva inoltre una solida formazione teologica ebraica. Ma la sua carriera, iniziata come accanito persecutore dei cristiani, sarà stravolta dalla sua improvvisa conversione, che lo porterà ad essere il principale missionario del vangelo tra i non ebrei, annunciando il Cristo nei principali centri culturali ed economici di allora: Atene e Roma. Le sue lettere alle varie comunità da lui fondate fanno parte dei testi del Nuovo Testamento, cronologicamente ancora prima dei quattro vangeli canonici. Morì a Roma, vittima della persecuzione di Nerone, verso il 64/67 d.C. L’importanza di Paolo nella formazione della teologia cristiana è grande. Mentre i Vangeli narrano le parole e le opere di Gesù, nelle Lettere paoline si de niscono le basi dottrinali del cristianesimo: l’incarnazione, la passione, la morte e risurrezione di Gesù, che saranno poi riprese dai più grandi pensatori del cristianesimo nei due millenni successivi. Per questo, secondo alcuni autori contemporanei, Paolo può essere considerato il fondatore “di fatto” del cristianesimo.

Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere (…) Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune.

(Atti degli Apostoli 2,42.44)

La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune. Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore. Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno.

(Atti degli Apostoli 4,32-35)

SPUNTI OPERATIVI

● Si consiglia di leggere il brano di Anania e Za ra (Atti degli Apostoli 5,1-11) e poi di commentarlo insieme.

● Si accenna a Pietro, come una delle due colonne della Chiesa. Si consiglia di approfondire la sua gura leggendo alcuni brani del Nuovo Testamento (Matteo 16,13-20; Luca 5,1-11; Marco 14,26-31 e 66-72; Atti degli apostoli 2.14ss).

143 Tema 6 La Chiesa alle origini
Louis Boullogne II, Conversione di san Paolo, Troyes, Musée des Beaux-Arts.

3. “AGÀPE”, amore cri iano

Quando i cristiani si trovarono a dover spiegare il loro concetto di “amore” in un contesto culturale non ebraico, la scelta cadde su tre termini greci:

1. Eros: descrive un amore basato sui sensi (sensuale), caratterizzato dal desiderio di possesso: «Io voglio possedere te perché tu sei mio», in pratica: «Voglio il mio bene».

2. Filìa: indica un amore fondato su un rapporto relazionale libero, paritario, amicale, senza alcuna volontà di possesso: «Tu e io siamo sullo stesso piano», come a dire: «Desidero il bene di entrambi».

3. Agàpe: esprime un amore disinteressato, gratuito. Questo termine era poco usato nella lingua greca e i cristiani lo scelsero per indicare l’amore di Gesù verso tutti gli esseri umani: «Io mi dono liberamente a te», ovvero: «Per me il tuo bene è più importante del mio».

Il termine greco άγάπη, agàpe, tradotto in latino con caritas e in italiano con carità, è stato scelto dai cristiani perché esprimeva meglio di altri vocaboli l’amore insegnato da Gesù: disinteressato e gratuito, che pone in primo piano il bene dell’altro, senza fare calcoli e badare agli interessi personali, proprio come quello rappresentato nelle parabole evangeliche. Ricordate l’amore con cui il “Buon Samaritano” si prende cura del malcapitato incontrato per strada, che era stato derubato, bastonato e ferito? È questo l’amore verso tutti che Gesù indica a chi vuole essere suo discepolo.

L’amore descritto da Paolo

Tra i brani più noti del Nuovo Testamento c’è l’Inno all’amore, in cui l’apostolo Paolo sintetizza le caratteristiche dell’amore cristiano o carità. Come potete leggere nel brano riportato accanto, sono molte, e tutte profonde e significative, le caratteristiche dell’amore che san Paolo descrive in questa lettera alla comunità cristiana di Corinto, verso il 53/54 d.C. Un brano che attraverso i secoli non ha perso la sua freschezza. L’inno termina con l’accenno alle tre virtù fondamentali del cristiano – fede, speranza e amore – di cui la più grande è l’amore.

La di erenza tra eros e agàpe è la di erenza tra Narciso e Gesù: mentre Narciso muore per abbracciare la sua immagine ri essa nel lago, Gesù muore in croce a braccia spalancate per abbracciare il mondo. Solo Dio poteva amare l’uomo in modo così umano: nessuno ha un amore più grande...

(Francesco Lambiasi, ABC della fede, Bologna 2008).

L’inno all’amore

La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gon a d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai ne. (...) Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!»

(Prima lettera ai Corinzi 13,4-8.13)

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Il banchetto eucaristico, a resco, Roma, catacombe di Marcellino e Pietro.

L’antico banchetto comunitario

Nell’immagine la probabile rappresentazione dell’antico banchetto comunitario cristiano (o agape), proveniente dalle catacombe dei santi Marcellino e Pietro di Roma. Una delle figure laterali, con molta probabilità una donna, ha in mano un calice. Il banchetto, per le prime comunità cristiane, consisteva in un pasto insieme con finalità caritatevoli, ma comprendeva anche il rito eucaristico, cioè la frazione del pane e la benedizione sul vino in memoria di quanto aveva fatto Gesù nell’ultima cena con i suoi apostoli. In origine per i cristiani il pasto in comune era espressione del loro legame fraterno e il rito eucaristico (dal verbo greco eucharisto, “rendo grazie”) rafforzava questo vincolo, anche se poi nel tempo, con l’aumento considerevole del numero dei fedeli, i due riti si diversificarono.

Il contrario dell’amore è l’indi erenza

«Giustamente è stato detto che «il contrario dell’amore non è l’odio, ma l’indi erenza». Infatti è proprio quel che è accaduto, alcuni giorni fa, nei giardinetti accanto alla parrocchia. Steso sulla panchina c’era un anziano, morto da diverse ore. Molta gente gli era passata accanto per andare alla messa domenicale, ma non si era accorta di nulla. In molti lo avevano notato, «Ma sembrava che dormisse e non volevamo disturbarlo», si sono giusti cati. Ma che razza di cristiani siamo se passiamo accanto o viviamo vicino a persone o famiglie con di coltà di vario tipo e ci voltiamo dall’altra parte «per non invadere la loro privacy»?! Non sarà piuttosto perché non vogliamo «farci carico del fratello» come ha fatto invece il samaritano della parabola evangelica? Forse pensiamo che la carità sia fare l’elemosina gettando 1 euro nel cappello del mendicante, tanto per sentirci a posto con la coscienza? Ognuno di noi è responsabile del proprio fratello, cioè di chi ci vive accanto, non possiamo far nta di niente. La nostra società sta diventando arida, indi erente a tutto. Ognuno di noi dovrebbe impegnarsi secondo le sue forze e capacità. Per esempio, iniziare a sorridere, salutare, o rire amicizia... È il piccolo seme che genera un grande albero!»

(Lettera pubblicata sul settimanale La voce del popolo, Torino, 21 dicembre 2014)

Cosa ha da o rire il cristianesimo?

«Come cristiani non siamo certamente una potenza, né dobbiamo esserlo. Non abbiamo da o rire a queste nostre città nulla di tutto ciò che esse possono trovare già altrove e in abbondanza. Possiamo o rire, però, quello che nella nostra povertà Cristo ha deposto e depone continuamente in noi: la straripante bellezza del Vangelo, che può generare senso di vita per i più giovani, sollievo e compagnia per i più anziani, vicinanza e cura per i malati, accoglienza ospitale per tutti i poveri e gli emarginati».

(Dalle prime parole di don Roberto Repole appena nominato arcivescovo di Torino e Susa, 20 febbraio 2022)

SPUNTI OPERATIVI

● Dopo aver riletto con attenzione la lettera riportata accanto, commentatela insieme.

● Cosa fare per evitare ogni forma di indi erenza? Suggerite delle iniziative, anche piccole, da attuare in classe.

● Confrontate il racconto del banchetto eucaristico presente in queste quattro fonti: Matteo 26,26-28; Marco 14,22-24; Luca 22, 19-20; 1 Corinzi 11,23-25.

145 Tema 6 La Chiesa alle origini

4. «mai senza la domenica»

Nel 304 d.C. a Cartagine, nella regione dell’attuale Tunisia, un gruppo di 49 cristiani che viveva ad Abitina (o Abitene), di tutte le età e condizioni sociali, venne arrestato perché sorpreso a celebrare l’eucaristia domenicale in una casa privata, contravvenendo agli ordini dell’imperatore Diocleziano che un anno prima aveva proibito ogni raduno e pratica religiosa. Alla domanda del proconsole Anulino sul perché avessero disobbedito al comando dell’imperatore, uno dei cristiani arrestati, di nome Emerito, rispose per tutti: «Perché noi cristiani senza la domenica non possiamo vivere» (Sine dominico non possumus). La piccola comunità cristiana di Abitina si riuniva ogni domenica per celebrare l’eucaristia, pur sapendo di rischiare la vita. Tra loro il senatore Dativo, il presbitero Saturnino, una giovane ragazza, Vittoria, il lettore Emerito… Imprigionati mentre erano radunati nella casa di uno di loro, vennero giudicati a Cartagine dal rappresentante di Roma. Il proconsole li interrogò, limitandosi a ribadire quanto scritto nel decreto imperiale: «Il divino Diocleziano ordina che in tutto l’Impero si brucino i libri sacri, si abbattano le chiese e si proibisca di celebrare i riti e le riunioni dei cristiani. I trasgressori verranno puniti con la morte». Dopo aver constatato che tutti erano consapevoli di aver disobbedito agli ordini, il proconsole li condannò a morte, stabilendo che la sentenza fosse eseguita all’istante. Fu un vero e proprio massacro, ma dalle loro labbra uscirono solo lodi a Dio e a Cristo. Così, secondo il martirologio romano, morirono i 49 cristiani di Abitina, fermi nella decisione di non rinunciare come credenti alla «Pasqua domenicale».

Perché i cristiani furono perseguitati?

I racconti del martirio dei 49 cristiani di Abitina e del giovane obiettore Massimiliano provengono da fonti cristiane e probabilmente sono da leggere in chiave apologetica (in difesa ed esaltazione del cristianesimo), ma che le persecuzioni cristiane dei primi tre secoli d.C., succedutesi a fasi alterne, siano un fatto stori-

Massimiliano, il primo obiettore

Secondo la tradizione cristiana, san Massimiliano di Tebessa, presso Cartagine, venne ucciso il 12 marzo 295 per ordine del proconsole romano Dione Cassio per il ri uto di prestare il servizio militare. Massimiliano, glio di un militare romano, al proconsole che lo interroga, rispose: «Non mi è lecito fare il soldato perché sono cristiano». Fu condannato alla decapitazione. «Aveva ventun anni, tre mesi e diciotto giorni», è scritto negli atti del martirio.

Poveretti, questi cristiani…

«Si sono convinti i poveretti (cioè i cristiani) di essere destinati ad essere immortali e a vivere per l’eternità e per questo essi disprezzano la morte e la maggior parte di loro, di buon grado, si consegnano alla prigionia. Inoltre il loro primo legislatore li ha convinti di essere tutti fratelli gli uni degli altri, dopo aver negato gli dèi greci e trasgredito le loro leggi, essi rispettano solo quelle del loro maestro croci sso. Perciò disprezzano tutti i beni indiscriminatamente e li ritengono comuni, accogliendo tali dottrine per tradizione, senza alcuna precisa prova. Se qualche ciarlatano arriva da loro è facile che si arricchisca, be ando gli sciocchi».

(Luciano di Samosata, De morte peregrini)

Il Colosseo a Roma fu teatro del martirio di tanti cristiani nei primi secoli.

co è indubbio. Semmai la domanda che in molti si pongono è: perché i romani –solitamente piuttosto liberali e tolleranti nei confronti delle religioni dei popoli da loro sottomessi – hanno assunto, almeno in determinati periodi storici, un atteggiamento persecutorio nei confronti del cristianesimo?

Forse una prima motivazione storica potrebbe essere che i cristiani vengono identificati, almeno all’inizio, con una setta interna ad un popolo – quello ebraico – che aveva la fama di essere composto da ribelli irriducibili e pericolosi, tanto da aver indotto i romani, nel 70 d.C., a distruggere completamente il Tempio di Gerusalemme. Le prime comunità cristiane furono probabilmente associate agli ebrei che, noti per essere degli “anarchici-rivoluzionari”, bisognava tenere sempre sotto controllo e, ancor meglio, reprimere preventivamente. Un intellettuale greco, Luciano di Samosata (vissuto tra il 120 e il 180 d.C. circa), descrive i cristiani come «gente pronta a tutto, che disprezza la morte, convinti di essere tutti fratelli» (vedi riquadro). Ce n’è abbastanza per preoccuparsi di questa nuova setta, che esclude qualsiasi forma di coesistenza con altre divinità e nega persino il culto dell’imperatore!

Nella loro pragmaticità i romani non avevano mai dato molta importanza alle “stranezze” dei culti; ma questa nuova religione ai loro occhi appariva sempre più pericolosa. Tanto più che il numero dei proseliti era in aumento e potevano diventare possibili fomentatori di disordine sociale. Roma intuiva che quel cosiddetto messaggio cristiano capovolgeva e metteva in discussione i valori che erano alla base del suo impero e interveniva con l’unico principio ritenuto efficace in questi casi: la repressione. L’annuncio cristiano parla di amore e rifiuta la forza della spada (gladio), come di ogni forma di violenza; proclama il primato della singola persona (che viene in qualche modo a contrastare con il primato assoluto del dux o condottiero romano e delle sue leggi assolute). Inoltre l’annuncio cristiano proclama la libertà e la fratellanza fra tutti gli uomini e donne perché figli dello stesso Dio-Padre, la necessità di soccorrere concretamente i più deboli e poveri in nome dell’amore. Tutti principi “pericolosi” perché mettono in discussione le distinzioni sociali su cui si basava l’antica società romana: soldati e contadini, schiavi e liberi, ricchi e poveri... Questa idea dell’amore altruistico e trasversale (agape), questo concetto (inconcepibile per i romani) che tutti sono fratelli e uguali, tutto questo faceva paura anche a un impero potente come quello di Roma, che decise perciò di intervenire per bloccare questo nuovo movimento di origine ebraica. Ma senza tenere sufficientemente conto che «il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani» (come diceva Tertulliano, scrittore e filosofo cristiano vissuto fra il 155 e il 230 d.C.).

SPUNTI OPERATIVI

● Fate una ricerca multimediale sulle persecuzioni dei cristiani oggi nel mondo.

● Si consiglia un approfondimento pluridisciplinare sulle cause delle persecuzioni nei primi secoli cristiani e ai nostri giorni.

I martiri di oggi

«I martiri cristiani ci sono ancora oggi, anzi, per certi aspetti ci sono ancora più martiri che durante la persecuzione dei cristiani nei primi secoli. L’80% di tutti coloro che vengono perseguitati per la loro fede oggi è cristiano. La fede cristiana è la religione più perseguitata nel mondo. Questa situazione comporta il fatto che oggi tutte le Chiese e le Comunità ecclesiali cristiane hanno i loro martiri. I cristiani non sono perseguitati perché sono ortodossi o ortodossi orientali, cattolici o protestanti, ma perché sono cristiani. Il martirio oggi è ecumenico, e si deve parlare di un vero e proprio ecumenismo dei martiri».

(Card. Kurt Kock, presidente del Ponti cio consiglio per l’unità dei cristiani, 25 aprile 2021)

147 Tema 6 La Chiesa alle origini
Monumento nel Santuario dei martiri di Jeoldusan a Seul.

5. libertá di prof sare

Nel febbraio del 313 d.C. i due Augusti, Costantino per l’occidente e Licino per l’oriente, sottoscrivono un accordo comune che garantisce la libertà di culto a tutte le religioni dell’impero, compreso il cristianesimo, fino ad allora osteggiato e perseguitato. L’accordo viene siglato a Milano da Costantino. Le conseguenze dell’editto per la vita religiosa nell’impero romano saranno tali da fare dell’anno 313 una data fondamentale nella storia dell’occidente. In realtà, secondo gli storici moderni, è probabile che Costantino e Licino, più che un editto vero e proprio, abbiano deciso di comune accordo di dare attuazione alle misure contenute nell’editto di Galerio del 311 d.C. (che di fatto aveva definitivamente posto termine alle persecuzioni), accordandosi nel contempo per emanare precise disposizioni ai governatori delle province. Secondo la storia leggendaria che è stata tramandata, Costantino aveva cambiato radicalmente atteggiamento nei confronti del cristianesimo dopo la vittoria di Ponte Milvio, a Roma, contro il rivale Massenzio. Si racconta che poco prima della battaglia avesse avuto una visione: una croce gli era apparsa in cielo, con la scritta In hoc signo vinces, «Con questo segno vincerai». Costantino, dopo aver fatto sostituire con la croce le insegne militari, ottenne la vittoria. Probabilmente si tratta solo di una leggenda, che mirava a far credere che Costantino si fosse convertito presto al cristianesimo (cosa che ha fatto, invece, solo poco prima di morire). In ogni caso è vero che l’imperatore era un convinto assertore della necessità di raggiungere una pacificazione tra l’impero e i vari culti religiosi, almeno con quelli sempre più presenti e numericamente importanti. In questo modo, dopo decenni di persecuzioni, era finalmente arrivato per i cristiani il tempo della libertà.

Se Costantino fosse sinceramente interessato alla fede cristiana è un argomento ancora dibattuto tra gli storici, anche a motivo delle evidenti concessioni fatte dall’imperatore ai culti pagani, persino nel periodo più tardo del suo regno, e del titolo di pontifex maximus (sommo sacerdote di tutte le religioni dell’impero), conservato fino alla fine. Ma è fuor di dubbio che con il suo regno il cristianesimo non fu più perseguitato e che l’imperatore gli assicurò protezione: era infatti convinto che potesse unire il suo impero.

Costantino non riusciva a capacitarsi del fatto che le varie comunità cristiane fossero divise tra loro da dispute e interpretazioni divergenti sulle scritture sacre. Desideroso di riscuotere consensi, cercò di stabilire, e poi di far rispettare, la “corretta” dottrina, indicendo nel 325 d.C. il Concilio di Nicea. Per ingraziarsi l’imperatore, i vescovi dovettero fare compromessi in campo religioso: quelli che vennero incontro ai suoi desideri ottennero esenzioni dalle tasse e un generoso sostegno materiale.

Lorenzo Va a

Lorenzo Valla (1407-1457), scrittore, losofo e lologo è uno dei maggiori rappresentanti dell’umanesimo. Il suo nome è legato alla scoperta, nel 1517, dell’inautenticità della cosiddetta Donazione di Costantino, un documento con cui la chiesa di Roma aveva da sempre legittimato il potere temporale ricevuto dall’imperatore Costantino.

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L’imperatore Costantino o re al papa Silvestro I la tiara imperiale, simbolo anche del potere temporale, a resco, Oratorio di San Silvestro, Roma.

Chiesa e potere

Un padre della Chiesa, Ilario di Poitier (circa 315 - 367 d.C.), già nel IV secolo metteva in guardia la Chiesa dalle lusinghe e dai regali dell’imperatore Costanzo II (che era salito al trono alla morte del padre Costantino I), regnando dal 337 al 361 d.C. Ilario di Poitier osservava amaramente: «Noi non abbiamo più un imperatore anticristiano che ci perseguita, ma dobbiamo lottare contro un persecutore ancora più insidioso, un nemico che lusinga; non ci flagella la schiena ma ci accarezza il ventre; non ci confisca i beni (dandoci così la vita), ma ci arricchisce per darci la morte; non ci spinge verso la libertà mettendoci in carcere, ma verso la schiavitù invitandoci e onorandoci nel palazzo; non ci colpisce il corpo, ma prende possesso del cuore; non ci taglia la testa con la spada, ma ci uccide l’anima con il denaro».

La Chiesa uscita dall’alleanza con il potere imperiale non era più martire e perseguitata; era più ricca ma anche indebolita nell’annuncio evangelico e nella sua forza profetica. Molti ecclesiastici erano diventati figure influenti negli affari del mondo, ma la loro autonomia e libertà si era ridotta. Il risultato dell’alleanza tra Chiesa e potere imperiale, infatti, fu una specie di compromesso continuo tra le esigenze politiche dell’imperatore e quelle dottrinali della Chiesa. Costantino aveva a cuore l’unità dell’impero e la religione cristiana – ormai molto diffusa e vincente sulle altre forme religiose – poteva assicurargli stabilità politica, pur subordinando il messaggio evangelico alle esigenze dell’impero. Ma essendo Costantino l’imperatore di un governo ancora pagano, per conquistarsi il favore sia dei pagani sia dei cristiani, fu costretto ad una politica consapevolmente ambigua. Infatti l’imperatore, pur affermando di sostenere il cristianesimo, non abbandonò mai del tutto il paganesimo: continuò a praticare l’astrologia e la divinazione, e sull’arco a lui dedicato a Roma viene raffigurato nell’atto di fare sacrifici a divinità pagane. Continuò ad onorare il dio sole, rappresentandolo su monete e promuovendone il culto, e continuò a rimandare il battesimo cristiano fino a qualche giorno prima della sua morte, avvenuta nel 337. Probabilmente si comportò così per avere l’appoggio politico sia delle persone cristiane influenti che di quelle pagane. Per questo motivo diversi studiosi hanno dubbi sulla sincerità della sua conversione al cristianesimo e sul battesimo ricevuto molto tardi. Una cosa però è certa: con Costantino la Chiesa rafforzò in modo evidente il suo potere e divenne una solida istituzione sociale, con importanti risvolti anche politici (da polis, «città»), ma la forza e la spontaneità del messaggio evangelico fu comunque – almeno in parte – sacrificata al potere.

Costantino non è simbolo di tolleranza

Per il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, Costantino non è a atto il simbolo universale della tolleranza religiosa, come spesso si crede. «Per ebrei e non cristiani – a erma – la “conversione” di Costantino, al di là del fatto che fosse sincera oppure solo un’astuta mossa politica, non segnò a atto un periodo di tolleranza religiosa, anzi, è vero esattamente il contrario. Da quell’evento hanno preso il via le persecuzioni in itte alle altre religioni. È palesemente una tru a dare di questo evento un’interpretazione in termini positivi e addirittura esaltarlo come un passo in avanti per l’umanità. Ha invece inciso in maniera decisiva sulla storia ed è strettamente connesso alla persecuzione antiebraica. Nulla dopo quella data fu più come prima e nessuno meglio del popolo ebraico può testimoniarlo».

(LaStampa.it, 24 ottobre 2012)

SPUNTI OPERATIVI

● Si consiglia una ricerca sulla vita e le opere di Costantino, in particolare su quanto a erma il rabbino Di Segni (vedi riquadro).

● Cos’è la Donazione costantiniana?

149 Tema 6 La Chiesa alle origini

6. tra fede ed ie

Nel 140 d.C. Marcione di Sinope, un teologo e influente membro delle comunità cristiane dell’Asia Minore, entra in contatto con la comunità di Roma per discutere alcuni aspetti dottrinali che gli stanno a cuore. In quella comunità è morto da poco il vescovo, papa Igino, e si è in attesa della consacrazione di papa Pio I. Probabilmente influenzato da alcuni maestri dello gnosticismo, Marcione sostiene che i cristiani non devono leggere e citare i libri dell’Antico Testamento (AT) (che sono propri degli ebrei), ma solo quelli del Nuovo Testamento (NT) e nemmeno tutti.

Per giustificare la sua tesi, Marcione afferma che il Dio predicato da Gesù è un «padre buono e misericordioso» e non «giusto e severo» come quello dell’Antico Testamento. Sostiene inoltre che la salvezza dell’uomo si realizza solo grazie alla misericordia di Dio in Gesù Cristo, indipendentemente dall’azione (buona o cattiva) che viene compiuta dagli esseri umani.

Secondo la tradizione, Marcione stila anche un elenco di libri (o canone) che a suo avviso devono essere considerati sacri dalle comunità cristiane. Degli attuali 27 libri che compongono il NT, ne prevede soltanto dieci Lettere di Paolo e il Vangelo di Luca, tagliato di alcune parti (per questo detto «Il Vangelo di Marcione»). Nel suo “canone” l’AT o Bibbia ebraica è completamente estromessa. Ma le tesi di questo teologo dell’Asia Minore non convinsero affatto i responsabili della comunità romana, tanto che dovette lasciare la capitale dell’impero non solo senza alcuna approvazione, ma con l’accusa che le sue idee fossero da considerare eretiche, cioè non conformi alla dottrina della Chiesa.

Polemiche e scissioni nella Chiesa

Il caso di Marcione non è rimasto isolato: ci sono state varie discussioni e polemiche su altri aspetti fondamentali della dottrina cristiana, che hanno portato a scissioni (o eresie), con separazioni profonde nella comunità dei credenti. Gli argomenti più ricorrenti riguardano la figura di Gesù, l’interpretazione del suo insegnamento e il ruolo della Chiesa, in particolare del vescovo di Roma (o papa).

Queste le principali eresie che riguardano la figura di Gesù:

1. “Gesù non è uomo”: fin dai primi secoli del cristianesimo si fa fatica ad accettare che Gesù sia «Il figlio di Dio fatto carne», cioè conservi tutte le caratteristiche di «vero uomo e vero Dio» nello stesso tempo, come si sostiene nel Credo. Questa verità sembra contraddire l’unicità di Dio e il suo essere diverso dall’uomo; eppure la caratteristica del cristianesimo – ciò che lo rende unico rispetto alle altre religioni – sta proprio in questa duplice realtà del Cristo.

2. “Gesù è più Dio che uomo”: sempre sulla falsari-

Marcione

Marcione (circa 85-160 d.C.), secondo Tertulliano e gli altri apologisti cristiani, era un facoltoso armatore di navi, glio del vescovo di Sinope (oggi città della Turchia), un personaggio comunque di spicco della comunità cristiana dell’Asia Minore. Passato alla storia come il fondatore di una dottrina cristiana eretica, detta “marcionismo”, se sia stato effettivamente il primo a stabilire un canone dei libri del Nuovo Testamento è un’ipotesi ancora oggetto di dibattito.

Canone

Indica la lista u ciale dei libri ritenuti sacri in una religione. Il termine viene usato dai cristiani, dagli ebrei ma anche dai buddhisti. Per Canone biblico s’intende l’elenco u ciale dei libri della Bibbia, ritenuti ispirati da Dio.

Marcione (a destra) insieme all’evangelista Giovanni in un manoscritto dell’XI secolo al Morgan Library & Museum di New York.

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ga della prima affermazione, questa eresia vuol mettere in risalto la divinità di Gesù, ma contraddicendo quanto sostiene il credo cristiano che invece pone la divinità e l’umanità di Cristo sullo stesso piano.

3. “Gesù non è Dio”: altri eretici riconoscono che Gesù è sì il più grande degli uomini, ma è solo uomo e non Dio, come invece afferma la fede cristiana. A ben vedere, queste tre posizioni, insieme ad altri aspetti del Credo cristiano, sono tuttora presenti nel sentire comune. Quante volte anche oggi c’è chi afferma che Gesù è stato il più grande rivoluzionario della storia, mettendo però così in risalto solo il suo aspetto umano. O, al contrario, si dimentica l’umanità del Cristo e della Chiesa, spiritualizzando tutto e non considerando che Dio «si è fatto carne» in Gesù, immischiandosi quindi nella realtà umana. Ma se Gesù fosse solo un grande uomo o uno straordinario riformatore sociale, il cristianesimo si ridurrebbe a un grande ideale umano, a una proposta morale tra tante; al contrario, se Gesù fosse solo Dio, il cristianesimo perderebbe la sua forza di essere «incarnato», immerso cioè nella realtà quotidiana dell’umanità, dove gli esseri umani devono collaborare con Dio per la realizzazione di un mondo migliore. La forza e la bellezza del cristianesimo – indipendentemente dall’adesione o meno ad esso – stanno proprio in questa scoperta, decisamente innovativa e unica: in Gesù Cristo l’uomo si scopre Dio e Dio si svela uomo.

I primi sette Concili accettati dalla maggioranza delle Chiese cristiane

ConcilioAnnoTemi e Argomenti trattati

Nicea I325È il primo concilio ecumenico, convocato dall’imperatore Costantino; condanna l’arianesimo.

Costantinopoli381Conferma del Concilio di Nicea; elabora il credo nicenocostantinopolitano.

Efeso I431Si occupa delle eresie cristologiche; condanna di Nestorio.

Calcedonia451Pone ne al dibattito sulla gura di Cristo.

Costantinopoli II553Condanna del mono sismo.

Costantinopoli III680-681Condanna le nuove forme di mono sismo (due volontà in Cristo).

Nicea II787È l’ultimo dei concili ecumenici. Convocato dall’imperatore d’oriente, su richiesta di papa Adriano I, sul ri uto delle immagini sacre (iconoclastia).

SPUNTI OPERATIVI

Il tema delle “eresie” è un argomento piuttosto complesso. Si consiglia di sottolineare a matita le parole e i concetti che si considerano non chiari e poi di approfondirli con l’aiuto dell’insegnante.

Alcune eresie cristiane antiche

• Marcionismo: dopo il tentativo di Roma, nel 144 d.C., Marcione viene cacciato dalla sua comunità e fonda una propria Chiesa. Il marcionismo riconosce solo una parte dei libri del Nuovo Testamento, così come sostiene che la salvezza è merito dell’amore di Dio e non delle azioni dell’uomo.

• Arianesimo: il sacerdote Ario (nel 312) nega la divinità di Cristo, considerando inconciliabile con il monoteismo l’uguaglianza del Padre con il Figlio. Egli sostiene che Dio Padre ha creato il Figlio e quindi non sono uguali. Fu condannato dal concilio di Nicea (325) e poi da quello di Costantinopoli (381), ma l’eresia continuò a lungo.

• Mono sismo: sostenuto da Eutiche nel V secolo, riconosce in Cristo la sola natura divina. Ancora oggi ci sono Chiese orientali (copta, siriaca, armena) monosite.

151 Tema 6 La Chiesa alle origini
Una rappresentazione del Concilio di Nicea; in primo piano, l’imperatore Costantino.

7. il credo dei cri iani

Tutte le Chiese o confessioni cristiane si ritrovano unite su alcuni principi basilari, elaborati nei primi concili ecumenici. Si tratta del “credo” o “simbolo”: la professione di fede cristiana. Si conoscono varie formulazioni, ma il cosiddetto Simbolo degli apostoli è probabilmente la più antica professione di fede, oltre che la più semplice (almeno come linguaggio). Vediamolo insieme, commentandolo brevemente:

1. «Io credo in Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra»: è la prima e anche la più importante affermazione, in cui il credente prende parte in prima persona. Come gli ebrei e i musulmani, anche il cristiano crede in un solo Dio (monoteismo), invocato come Padre onnipotente (che può tutto) e creatore «del Cielo e della Terra».

2. «E in Gesù Cristo, suo unico figlio, nostro Signore»: oltre a Dio Padre, il cristiano crede anche in Gesù Cristo, riconosciuto come la seconda persona della Trinità divina, il Figlio di Dio fatto carne, vero uomo e vero Dio insieme.

3. «Il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria vergine»: in base al Vangelo di Luca (1,26-38), il credente riconosce che Maria è la madre di Gesù, che ha concepito il figlio in modo miracoloso (per opera dello Spirito Santo).

4. «Patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto»: la citazione del rappresentante di Roma è per sottolineare la storicità di Gesù, morto in croce e poi sepolto in un dato momento storico.

5. «Discese agli inferi e il terzo giorno risuscitò da morte»: dopo la sua morte, Gesù discese nel “luogo dei morti” per liberare le anime dei giusti. La discesa agli inferi e la risurrezione formano un unico articolo perché è dall’abisso della morte (inferi) che Gesù fa scaturire la vita. La fede nel Cristo risorto è il centro dell’annuncio cristiano.

6. «Salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente»: dopo la sua risurrezione Gesù invia nel mondo i discepoli ad annunciare la “buona

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Edward Burne-Jones, L’annunciazione, 1931, Birmingham, Birmingham Museum and Art Gallery. Maria risponde sì all’annuncio dell’angelo: per opera dello Spirito Santo diventerà Madre di Gesù, il Figlio di Dio.

notizia” (vangelo) e si sottrae ai loro occhi ascendendo al Cielo, dove «siede alla destra» del Padre. Questa espressione sta ad indicare che il Cristo siede al posto d’onore (come avveniva per l’erede dell’imperatore), condividendo l’autorità di Dio.

7. «Di là verrà a giudicare i vivi e i morti»: Cristo dalla gloria del cielo, accanto al Padre, tornerà sulla Terra per «giudicare i vivi e i morti». Si accenna al giudizio universale, quello che accadrà alla fine dei tempi.

8. «Credo nello Spirito Santo»: tra i vari punti essenziali del credo cristiano anche la professione di fede nello Spirito, la terza persona del mistero trinitario. Inviato dal Padre insieme al Figlio, lo Spirito Santo testimonia la presenza divina nel mondo e nella Chiesa, per mezzo dei suoi sette doni: sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà, timor di Dio.

9. «La santa Chiesa cattolica»: per Chiesa si intende la comunità di tutti coloro che credono in Cristo; è cattolica (dal greco katholikòs, “universale”) perché aperta a tutti. Non si parla quindi della Chiesa cattolica romana, ma della natura stessa della chiesa che è una e universale. Per questo le varie confessioni o Chiese cristiane s’incontrano e pregano per ritrovare «l’unità nella diversità» (ecumenismo).

10. «La comunione dei santi»: sta ad indicare la partecipazione di tutti i membri della Chiesa alle cose sante (la fede, i sacramenti, i doni spirituali) e anche un legame particolare che unisce tutti i fedeli, sia vivi che defunti, alla chiesa universale, formando una sola famiglia in Cristo (corpo mistico). “Santi”, nel linguaggio ecclesiale, sono anche le persone rette, che vengono indicate come esempio a tutti i cristiani.

11. «La remissione dei peccati»: il perdono è un dono dello Spirito per mezzo della Chiesa. Pur con interpretazioni piuttosto differenti tra loro, tutte le confessioni cristiane considerano la “remissione dei peccati” un’azione divina. Spetta poi alla singola persona accettare o meno questo “favore gratuito” (o grazia) da parte di Dio.

12. «La resurrezione della carne»: nel Credo il cristiano afferma che, come Cristo è risorto dai morti e vive per sempre, anche coloro che crederanno in lui risusciteranno nell’ultimo giorno, non solo nell’anima ma anche nel corpo (v. Lettera ai Romani 8,11).

13. «La vita eterna»: con l’ultimo articolo il cristiano ribadisce la fede in una vita che continua dopo la morte, una vita «eterna», cioè per sempre con Dio. Questo è il fine ultimo e la speranza del credente.

Il Credo termina con la parola «Amen», che in ebraico significa “certamente”, “così sia”. Con questa affermazione il cristiano sottoscrive tutto ciò che ha affermato nell’atto di fede, “scommettendo” su Dio e affidandosi completamente a lui.

IL SIMBOLO NICENOCOSTANTINOPOLITANO

Oltre al Credo (o Simbolo) che viene fatto tradizionalmente risalire agli Apostoli (riportato e commentato nel testo), nella liturgia cristiana si usa in genere il Credo Niceno-Costantinopolitano, elaborato nel 325 d.C. dal concilio di Nicea, con ulteriori inserimenti fatti dal concilio di Costantinopoli I nel 381. Un confronto tra i due simboli si può trovare sul Catechismo della Chiesa cattolica (parte I, sez. I, cap. III, art. 2), consultabile anche in www.vatican.va.

Ecco il testo completo di questo simbolo:

Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili.

Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create.

Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo.

Fu croci sso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto.

Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre.

E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà ne.

Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glori cato, e ha parlato per mezzo dei profeti.

Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica.

SPUNTI OPERATIVI

● Dopo aver riletto i vari articoli del Simbolo apostolico, cerca quali sono i punti più di cili e chiariscili in classe.

● Cosa signi ca la parola Amen?

Professo un solo Battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà.

Amen

153 Tema 6 La Chiesa alle origini

Sfogliando l’album de a Chi a

Nella foto, un nonno sfoglia un vecchio album fotogra co, raccontando al glio e al nipote la storia della famiglia. Sono immagini ingiallite dal tempo, ma ognuna ha il suo fascino e una storia da raccontare. Quelle foto narrano i momenti belli e importanti della famiglia. Alcune sono di eventi u ciali o di matrimoni, con una scia di parenti lunga e complicata, altre sono immagini di momenti più tristi e dolorosi. Alcune foto sembrano addirittura strappate o sostituite. Insomma, in un album di famiglia c’è un po’ di tutto, esattamente come avviene per la vita.

Per molti aspetti anche la storia della comunità ecclesiale assomiglia a un album di famiglia. Per questo abbiamo pensato di ricorrere anche noi ad alcune immagini per raccontarvi la storia della Chiesa. Ovviamente sfoglieremo quest’album piuttosto velocemente, so ermandoci sulle “foto” più signi cative di un percorso lungo più di duemila anni, trasmettendovi l’idea di una storia viva, giunta – tra molte luci e qualche ombra – no a noi.

1. LA NASCITA DELLA CHIESA. Con la discesa dello Spirito Santo nel giorno della Pentecoste, mentre Maria e gli Apostoli sono radunati insieme nel Cenacolo a Gerusalemme, inizia il lungo cammino della Chiesa. Nella foto si nota lo Spirito Santo, ra gurato sotto forma di colomba e tante ammelle di fuoco (simbolo dell’amore e della forza di Dio), che trasforma delle persone impaurite e timorose, in coraggiosi predicatori del vangelo. Si consiglia di leggere nel libro degli Atti degli Apostoli il primo discorso di Pietro (Atti 2,14-36), che segna l’inizio u ciale della Chiesa di Cristo.

2. LA PRIMA COMUNITÀ CRISTIANA. Dopo il discorso di Pietro furono molti quelli che aderirono al messaggio di Gesù, chiedendo di battezzarsi. Il numero dei seguaci di Gesù crescerà sempre di più no a diventare una presenza signi cativa. Intanto la comunità cristiana si caratterizza per essere «perseverante nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere» (Atti 2,42). Ma iniziano anche i con itti con la comunità ebraica da cui provengono i primi cristiani. La foto ci testimonia proprio questo, riportando il martirio del diacono Stefano, il primo martire cristiano, ucciso per lapidazione. Stefano è uno dei sette diaconi (che in greco signi ca “servitori”) ai quali gli apostoli a darono l’aiuto ai bisognosi.

Do ier 154
La scena della Pentecoste in un’antica miniatura del 1490. Il martirio di Santo Stefano in una miniatura del XIV secolo di scuola umbra.

3. IL PASTO FRATERNO IN MEMORIA DI GESÙ. Con il passare dei decenni le comunità cristiane non sono più solo in Palestina, ma si di ondono anche nell’Asia minore, nella Grecia e a Roma. Nella foto si vede il “pasto sacro” dei cristiani, in un a resco delle catacombe di Roma. Sappiamo dagli Atti degli Apostoli che il centro della vita delle comunità cristiane era “spezzare il pane” (fratio panis, in latino), in cui facevano memoria della morte e risurrezione di Gesù. È credibile che nei primi tempi, i cristiani mangiassero insieme nelle loro case ma, in seguito, con l’aumentare del numero dei credenti, la celebrazione ha preso forme di erenti. Oggi la conosciamo come Messa domenicale, celebrazione eucaristica o cena del Signore (in ambito riformato).

5. L’ERA COSTANTINIANA. L’Editto di tolleranza (313 d.C.) emanato a Milano da Costantino e Licinio segnò per il cristianesimo l’inizio di un periodo di grande vitalità e fervore. Con questo iniziò una fase di stretto legame con il potere imperiale, che però condizionò in parte la Chiesa. Il primo Concilio ecumenico (“generale, di tutti i cristiani”) tenuto a Nicea nel 325 fu infatti presieduto dall’imperatore Costantino. Probabilmente Costantino si convertì solo in punto di morte, ma l’appoggio dato alla nuova religione fu certamente importante.

6. ERESIE E CONCILI.Dal IV secolo la storia della Chiesa assomiglia un po’ a un labirinto, con vari concili e de nizioni solenni che condannano varie teorie dottrinali considerate errate dell’epoca. Oltre al Concilio di Nicea già citato, c’è quello di Costantinopoli (380) che de nisce che lo «Spirito Santo è Signore e dà la vita» poi quello di Efeso (431) che chiarisce de nitivamente che in Gesù vi sono due nature: quella umana e quella divina, in una «unica persona» e anche che «Maria è madre di Dio». Con il Concilio di Calcedonia (451), inoltre, si ribadisce che «Cristo è unico in due nature» Tra i primi eretici vi è Marcione che nel 144 d.C. viene espulso dalla comunità cristiana per la sua negazione dell’importanza per i cristiani dell’Antico Testamento.

4. LE PERSECUZIONI ROMANE Nell’immagine si vedono dei cristiani dilaniati da belve feroci. Il periodo delle persecuzioni, pur con fasi alterne, abbraccia circa tre secoli e i racconti sui martiri e i supplizi in itti (martirologio) ha avuto un’importanza particolare nella tradizione religiosa popolare. Dopo le ultime, terribili persecuzioni di Decio Valeriano e Diocleziano (III-IV secolo), l’Impero romano cambiò con Costantino completamente strategia e venne a patti con la nuova religione dei seguaci di Gesù di Nazaret.

Do ier 155 Tema 6 La Chiesa alle origini
Il pasto sacro in un a resco di ne II secolo delle Catacombe di Priscilla a Roma. Il Concilio di Nicea (325), convocato dall’imperatore Costantino. Un’antica incisione inglese ra gurante le persecuzioni dei cristiani.

7. IL RINNOVAMENTO MONASTICO.Tra i fatti più signicati della storia della Chiesa certamente il monachesimo ha un posto di rilievo. Nato in oriente e di usosi poi in occidente il monachesimo contribuisce alla nascita di una nuova società in Europa, dopo il crollo dell’impero romano. Con la sua Regola scritta (del 534) san Benedetto da Norcia (480-547 circa) struttura in modo dettagliato tutta la vita del monastero. La Regola, composta da un Prologo e da 73 capitoli, privilegia la vita comunitaria (cenobitica) rispetto a quella solitaria (eremitica). Il motto latino Ora et labora (“prega e lavora”) scandisce la vita nel monastero, prevedendo un tempo dedicato alla preghiera e uno al lavoro (sia manuale che intellettuale). Leggendo le direttive di san Benedetto ai monaci si capisce bene che alcuni concetti (e gli stessi termini) che caratterizzano la nostra vita democratica provengono dal monachesimo: parlamento, elezioni, scrutinio, ballottaggio, rappresentanza e altro ancora. Non vanno poi dimenticate le importanti innovazioni tecnologiche introdotte dai monasteri: i vari tipi di mulino (ad acqua e a vento), la bussola, l’aratro, l’organizzazione tecnica dell’agricoltura, l’apicoltura e molto altro. Tra le attività principali di diversi monasteri, in un periodo dove l’alfabetizzazione era molto bassa, vi era la copiatura di testi antichi, eseguita dai monaci amanuensi che hanno contribuito alla salvaguardia del grande patrimonio dell’antichità classica.

8. CONTRO INFEDELI ED ERETICI.Dopo aver sottolineato le parole equilibrate e di fratellanza di san Benedetto, si fa fatica a credere a tutta la violenza che si scatenerà successivamente, al punto che il noto storico Jacques Le Go a erma che la lezione del santo non sia stata per niente capita. Quello delle crociate – ad esempio – è uno di questi temi “violenti” complessi, che deve comunque essere letto nel contesto in cui è accaduto e non interpretato secondo la nostra mentalità moderna. Durante la

riconquista di Gerusalemme, nella prima crociata voluta da papa Urbano II per riprendere il controllo della Terra Santa, dopo la conquista musulmana del 637 d.C., furono massacrati anche persone civili, compresi le donne e i bambini. Di cile pensareche alcuni racconti davvero crudi di queste stragi rispecchino in tutto e per tutto la realtà, ma è indubbio che siamo ormai molto distanti da quel messaggio evangelico che chiede amore persino nei confronti dei nemici. Lo stesso vale per i roghi in itti agli eretici, le persecuzioni nei confronti degli ebrei e il lungo periodo storico caratterizzato dalla presenza dei tribunali dell’inquisizione, la speciale istituzione ecclesiastica che indagava i reati contro la fede. Tristemente famosi sono i processi dell’inquisizione spagnola e romana nei processi contro Galileo Galilei e Giordano Bruno.

Do ier 156 Tema 6 La Chiesa alle origini
Una scena della seconda crociata in un a resco del 1160 della cappella templare di Cressac, in Francia. Templari condannati al rogo dall’inquisizione in una miniatura delle Chroniques de Saint-Denis San Benedetto consegna la Regola a San Mauro e agli altri monaci in un manoscritto francese del 1129 dell’Abbazia di San Gilles.

capita spesso nei momenti più bui e di cili della storia, ecco apparire nella Chiesa una gura formidabile: san Francesco d’Assisi (1182-1226). Era uno dei tanti giovani benestanti della cittadina umbra, ma si convertì in modo radicale al vangelo. La sua predicazione richiamò tutti, compresa la comunità cristiana del tempo, alla via indicata da Gesù: povertà, semplicità, non violenza, fratellanza. Fece anche un viaggio (vedi l’immagine) per incontrare il sultano d’Egitto e testimoniare che c’erano anche altre strade da percorrere, nei rapporti con i musulmani, oltre a quella della spada. Francesco ebbe un grande successo tra i giovani: in molti seguirono il suo esempio di rinuncia totale e di povertà estrema. Ancora oggi i suoi frati testimoniano al mondo un vangelo vissuto in modo semplice e povero. Il nuovo stile di vita religiosa, inaugurato da Francesco, fece sorgere nella Chiesa gli ordini mendicanti:oltre ai suoi Frati minori (francescani) nacquero i Frati predicatori (domenicani) di san Domenico di Guzman. Anche santaChiara d’Assisi (1194-1253), seguì l’esempio di Francesco e con alcune compagne fondò l’ordine delle Clarisse.

10. I PRIMI “OSPEDALI” E ALTRE FORME CARITATIVE

Fin dagli inizi l’amore cristiano che si manifestava con gesti concreti di solidarietà, accoglienza, assistenza gratuita ai più poveri e bisognosi, diventò una caratteristica della Chiesa. Ma a partire dall’XI secolo, con l’ingrandirsi della città e il sorgere di nuovi centri urbani e vie di comunicazione, aumentò considerevolmente anche il numero dei mendicanti e dei vagabondi. Per questo la Chiesa si

fece promotrice dell’apertura di ospizi (hospitia) (dal latino hospes, “forestiero, ospite”), in genere appoggiati a monasteri e a luoghi di culto (come nell’immagine, che si riferisce a un luogo connesso a un convento francescano). Visto poi che all’interno dei monasteri vi era generalmente anche un’infermeria e una farmacia, ben presto sorsero gli ospedali (hospitalia) per accogliere i pellegrini ammalati o comunque tutti quelli che avevano bisogno di cure. Per la gestione e la cura degli ospedali nacquero anche degli ordini religioso-militari (come i Cavalieri di Rodi, poi Cavalieri di Malta).

11. LA COLONIZZAZIONE.La storia della Chiesa continua, unendo pagine belle e gloriose con altre decisamente meno luminose e poco o a atto lodevoli spesso alternandosi tra loro e camminando insieme, come quelle che riportiamo di seguito. Dopo le grandi scoperte geogra che che aprono un’epoca nuova piena di aspettative, la colonizzazione del XVI secolo porta anche massacri e distruzioni di massa delle popolazioni e delle culture indigene. Si assiste a un metodo di conversioni forzate al cristianesimo e, purtroppo, anche all’avvallo della pratica aberrante della schiavitù. Insieme a tante vicende negative troviamo però anche esempi eroici, come quei missionari che si schierarono a difesa delle popolazioni indigene e si dissero contro la schiavitù. Un nome tra tutti, quello di Bartolomé de Las Casas (1484-1566), un missionario spagnolo che si schierò in difesa degli indios: «Tutta questa gente di ogni genere – annotava in una sua relazione – fu creata da Dio senza malvagità e senza doppiezze». E scriveva questo mentre la cultura colonizzatrice dell’epoca, soprattutto per opportunità politiche ed economiche, sosteneva il contrario, che cioè gli indigeni non erano “ gli di Dio” e quindi solo esseri da sfruttare a proprio vantaggio.

Do ier 157 Tema 6 La Chiesa alle origini
9. SAN FRANCESCO E GLI ORDINI MENDICANTI. Come Frati francescani si prendono cura di bisognosi in un ospedale Domenico Ghirlandaio, San Francesco davanti al sultano, 1483-1485, Santa Trinità, Firenze.

12. DIVISIONI E RIFORME.Divisioni e fratture all’interno del cristianesimo, come abbiamo già avuto modo di sottolineare in questo Dossier, si manifestano n dai primi secoli, ma con il passare del tempo furono ancora più evidenti e profonde. Nel 1054 avvenne la grande divisione tra la Chiesa d’oriente e quella d’occidente, a cui poi si è aggiunta, alcuni secoli dopo, quella interna tra la Chiesa di Roma e le comunità che aderiscono alla Riforma protestante. Fautore della “riforma” fu Martin Lutero (1483-1546), un frate agostiniano animato da un grande desiderio di rinnovare profondamente la Chiesa, più che dividerla. Ma alla ne, per una serie di circostanze che si rivelarono più politiche che religiose, la Riforma luterana fu per la Chiesa una dolorosa divisione, che dette vita a varie altre suddivisioni al suo interno. Nell’immagine qui accanto Lutero mentre a gge il suo manifesto dei punti dottrinali discordanti con Roma (in particolare la vendita delle indulgenze, il ruolo e il potere del papa e il rapporto tra il credente e Dio). Era il 31 ottobre 1517 e questo gesto segnò l’inizio di una polemica sempre più accesa con la Chiesa di Roma che giunse alla completa rottura. Come Lutero, anche altri predicatori (Zwingli e Calvino) entrarono in polemica con il papato, contribuendo alla nascita di altre correnti riformate. Nel 1545 Roma reagì indicendo un grande concilio a Trento, nella speranza di poter arginare o ricomporre la frattura. Il Concilio di Trento, che terminò nel 1563, non ottenne questo risultato, ma pose le basi per una grande riforma della Chiesa cattolica (nota anche come Controriforma), su alcuni aspetti dottrinali e sull’organizzazione interna, in particolare la formazione del clero, nonché la de nizione dei sette sacramenti.

Indulgenze

Termine proprio della teologia cristiano-cattolica con cui s’intende il perdono (o remissione) concesso dalla chiesa di tutta o parte della pena temporale accumulata con i peccati. La pratica della “vendita” delle indulgenze è stata tra le cause della riforma promossa da Lutero.

Do ier 158 Tema 6 La Chiesa alle origini
Pannello di organo del 1703 ra gurante una sessione del Concilio di Trento. Lutero mentre a gge l’elenco delle sue 95 tesi alla porta del castello di Wittemberg. Bartolomé de Las Casas, protettore degli indigeni americani, in un quadro venezuelano di collezione privata.

13. GALILEO E LA SCIENZA MODERNA.Il processo dell’inquisizione contro Galileo Galilei (terminato con la condanna per eresia e con l’abiura pubblica), contestava allo scienziato pisano di aver messo in discussione, con la sua adesione alla nuova teoria copernicana (è il sole, e non la terra, al centro di tutto), anche alcune verità dottrinali legate all’interpretazione tradizionale della Bibbia. Il cannocchiale, lo strumento nato in Olanda che Galileo perfezionò e applicò all’astronomia, poteva confermare alcune delle sue ipotesi, ma i pregiudizi, ieri come oggi, non sono facili da smentire anche di fronte a nuove tecnologie. Così non solo i teologi, ma nemmeno molti scienziati del tempo vollero guardare nel suo cannocchiale, per non dover accettare la demolizione della scienza astronomica tradizionale. Galileo stava segnando l’inizio di un’epoca, quella della ricerca scienti ca moderna. Ma sebbene egli fosse convinto che tra scienza e fede non ci fosse alcuna opposizione, il suo processo rimase per secoli il simbolo dello sguardo sospettoso della Chiesa di Roma nei confronti della scienza. Dall’altra parte della barricata, vi è il pregiudizio che continua a considerare antiscienti co o superstizioso tutto ciò che è religioso. Quando, all’inizio del Novecento, alcuni spiriti più aperti e illuminati tentarono di infrangere questa barriera, non ci fu molta lungimiranza da parte delle autorità ecclesiastiche che non colsero i “segni dei tempi” e videro in questi tentativi solo una eresia, detta modernismo. Sarà poi il Concilio vaticano II che a ronterà, seppure in ritardo, la gran parte di questi temi emersi all’inizio del Novecento.

14. GUERRA: INUTILE STRAGE.Fin dalla sua elezione nel 1914, papa Benedetto XV si adoperò in ogni modo per opporsi alla prima guerra mondiale, ma senza risultati. In una lettera del 1° agosto 1917, inviata ai capi delle potenze belligeranti, de niva la guerra un’«inutile strage» e il «suicidio dell’Europa civile». Tuttavia i suoi appelli caddero nel vuoto. Egli fu anche deriso, in Francia lo chiamarono “il papa crucco” e in Italia “Maledetto XV”. Ovviamente, quando si contarono i morti le parole del papa assunsero un altro signi cato, mentre l’espressione “inutile strage” prese ancor più forza dopo la ne della seconda guerra mondiale, con i suoi terribili numeri e gli olocausti che la contraddistinsero.

15. IL CONCILIO VATICANO II.Questo importantissimo Concilio – svoltosi dal 1962 al 1965 – è stato certamente l’evento più signi cativo della Chiesa cattolica contemporanea. Voluto da papa Giovanni XXIII, “il papa buono” come lo chiamavano tutti, il Concilio ecumenico vaticano II ha saputo cogliere i “segni dei tempi”, rinnovando la Chiesa cattolica bloccata e ferma su alcune posizioni del Concilio di Trento, senza tuttavia rompere con il passato. Ha dato valore alla collegialità dei vescovi, al ruolo dei laici, allo studio e alla conoscenza della Sacra Scrittura e dei Padri, al rinnovamento della liturgia, all’ecumenismo e al dialogo con le altre religioni. Ha posto inoltre attenzione ai più poveri e ai più fragili della società. Questa grande assemblea è stata una vera e propria primavera per la Chiesa cattolica e di ri esso anche per la società civile. Grandi gesti simbolici segnarono quest’e-

Ecumenismo

Movimento nalizzato al dialogo costruttivo tra confessioni cristiane e, di ri esso, anche con le religioni del mondo.

Do ier 159 Tema 6 La Chiesa alle origini
Soldati in trincea durante la prima guerra mondiale. Justus Sustermans, Ritratto di Galileo Galilei, 1636, Galleria degli U zi, Firenze.

vento ecclesiale, come la rinuncia di Paolo VI alla tiara, la triplice corona che i papi avevano in testa nelle cerimonie u ciali e che stava ad indicare tre loro poteri (spirituale, ecclesiale e territoriale). La tiara fu messa all’asta e il ricavato devoluto ai poveri dell’India. Furono anche aboliti altri segni esteriori (tra cui la sedia gestatoria, i abelli ele guardie nobili), considerati residui di un potere faraonico e comunque distante dallo spirito evangelico.

16. I “MEA CULPA” DEL GRANDE GIUBILEO DEL 2000.

Nella prima domenica della Quaresima del 2000, Giovanni Paolo II, il papa di origine polacca (dal 1978 al 2005), decise di fare un atto penitenziale senza precedenti nella storia. A nome di tutta la Chiesa cattolica domandò pubblicamente perdono di sette gravi colpe commesse:

1. bisogno generale di conversione; 2. peccati commessi contro il servizio alla verità (intolleranza, violenza contro i dissidenti, guerre di religione, violenze e soprusi nelle crociate, metodi coattivi dell’inquisizione); 3. peccati

SPUNTI OPERATIVI

Ricercate per curiosità cosa sono la sedia gestatoria, i abelli e le guardie nobili e il signi cato ecclesiale della loro abolizione.

Giubileo

Il termine deriva dall’ebraico jobel, il corno d’ariete che si suonava per indirlo. L’anno giubilare ebraico, ad esempio, si celebrava ogni cinquant’anni, e durante questo tempo non si doveva coltivare la terra, le proprietà tornavano ai vecchi padroni e i debiti venivano condonati (Levitico 25).

Do ier 160 Tema 6 La Chiesa alle origini
che Papa Giovanni Paolo II mentre bacia il croci sso chiedendo perdono, a nome della Chiesa cattolica, dei peccati commessi lungo i secoli. Papa Paolo VI durante il Concilio Vaticano II.

hanno compromesso l’unità del corpo di Cristo (scomuniche, divisioni, persecuzioni); 4. peccati commessi in rapporto al popolo ebraico; 5. peccati contro i diritti dei popoli, il rispetto delle culture e delle altre religioni; 6. peccati contro la dignità umana; 7. peccati nel campo dei diritti fondamentali della persona e contro la giustizia sociale. Il coraggioso gesto del papa non rinnegava ovviamente i meriti della Chiesa nei campi della carità e della cultura.

Emerito

Termine che, accostato a un titolo o ruolo, fa capire che quella persona ha avuto in passato quello stesso titolo o ruolo. Diventa così “emerito” un papa che ha rinunciato al ministero petrino, o un vescovo che non è più a capo di una diocesi.

17. LA CHIESA CONTEMPORANEA.Quest’ultimafoto scelta segna una tappa importante nella storia della Chiesa cattolica contemporanea: papa Francesco, da poco eletto vescovo di Roma e successore di Pietro (13 marzo 2013), incontra il papa emerito Benedetto XVI che solo un mese prima, con grande sorpresa di tutti, aveva rinunciato al suo ministero (detto “petrino”) per ritirarsi nel silenzio e nella preghiera, in un monastero all’interno del Vaticano, dove è vissuto no al giorno della sua morte, il 31 dicembre 2022. Dell’operato di papa Francesco e dello spirito di povertà che ha impresso a tutta la Chiesa avremo modo di parlare in seguito. Per ora vogliamo chiudere il nostro album con questo abbraccio, forte e sincero tra il papa emerito e il suo successore, insieme ad una frase di Benedetto XVI: «Nell’Apocalisse di san Giovanni, appare al veggente qualcosa come un mare di cristallo misto a fuoco; coloro che avevano vinto la bestia stavano in piedi e cantavano il canto di Mosè e dell’Agnello. Con questa immagine è descritta la situazione della Chiesa nella storia. Essa dovrebbe a ondare, ma cammina e intona il canto di Mosè e dell’Agnello (…). Non è forse questa la situazione della Chiesa di tutti i tempi? Sempre c’è l’impressione che essa debba a ondare, e sempre è già salvata. La mano salvi ca del Signore la sorregge» (Benedetto XVI, 11 aprile 2009).

SPUNTI OPERATIVI

● Sono molte le immagini dell’album che abbiamo visto e commentato insieme. Ce n’è una in particolare che vi ha più colpito? Perché?

● Quali foto bisognerebbe aggiungere, secondo voi, all’album?

Do ier 161 Tema 6 La Chiesa alle origini
Papa Francesco mentre abbraccia il Papa emerito Benedetto XVI.

«

PUNTO

IL CRISTIANESIMO parte della cultura IL

letteratura occidentale non sarebbe pensabile senza i poemi omerici, senza Shakespeare, senza Dante, così la nostra cultura nel suo più ampio insieme non avrebbe senso se volessimo tagliarne via il cristianesimo».

(Gianni Vattimo, losofo)

Giant io Va imo

Detto Gianni, nato a Torino nel 1936, è unlosofo e accademico italiano, conosciuto in particolare per aver teorizzato il “pensiero debole”, in contrapposizione al “pensiero forte”, assoluto e tradizionale, che, a suo avviso, non ha mai favorito né il rispetto né la tolleranza.

I valori cristiani condivisi

Il cristianesimo di cui è permeata la nostra cultura, anche laica, ha contribuito a costruire e ad accrescere nel corso dei secoli una serie di valori condivisi che si esplicitano nell’accoglienza, nella cura, nell’inclusione, nell’aspirazione alla fraternità.

(Stefano Russo, segretario della Conferenza Episcopale Italiana)

SPUNTI OPERATIVI

● Condividete quanto a erma il losofo Gianni Vattimo sul cristianesimo?

● Nella citazione qui riportata si parla di valori condivisi anche dai laici, di origine cristiana: accoglienza, cura nell’inclusione, fraternità. Sono presenti nel vostro territorio? Come si manifestano?

162
Come la

SINTESI INCLUSIVA

A e origini de a Chi a

PENTECOSTE Gerusalemme – Discesa dello Spirito Santo

Predicazione degli apostoli.

Nasce la Chiesa. I credenti si ritrovano attorno:

alla parola degli apostoli. all’unione fraterna. alla frazione del pane (eucaristia). alla preghiera comune.

UNA CHIESA IN CAMMINO

unita nel Credo o professione di fede.

ricorda

testimone della risurrezione e segno di speranza.

con luci e ombre, grano e zizzania, divina e umana.

«Perché noi cristiani senza la domenica non possiamo vivere» (Risposta data dai martiri di Abitina al Proconsole romano, nel 304 d.C.).

DIBATTITO

Discutete tra voi e con l’insegnante sulla seguente affermazione: «La Chiesa, con la ricchezza e lo stupore del vangelo di Gesù, ha qualcosa di importante e di specifico da dire al mondo e all’uomo di oggi». Ognuno porti argomentipro o contro.

DOMANDE

Gli Atti degli Apostoli sono un libro dell’Antico Testamento.

La Chiesa è stata voluta da Gesù.

Individua le due affermazioni errate, barrandone la frase.

1. La comunità cristiana primitiva era attenta alla parola degli apostoli.

2. Il canone o elenco dei libri sacri proposto da Marcione fu accettato dalla Chiesa.

3. Paolo di Tarso era uno degli apostoli fin dall’inizio.

4. Il Credo è la professione di fede cristiana.

163 Tema 6 La Chiesa alle origini
□ V □ F
□ V □ F

FRAMMENTI PER RIFLETTERE PRATICA#MENTE

Dibattito

La chiesa brucia?

La notte tra il 15 e il 16 aprile 2019, la cattedrale di Notre-Dame a Parigi è andata a fuoco. In molti hanno visto in quell’incendio il simbolo di una cristianità che stava bruciando, destinata a sparire. Altri, invece, sdrammatizzando, sottolineavano che «la parte umana della Chiesa ha iniziato a bruciare con il tradimento di Giuda e il rinnegamento di Pietro, e non ha mai smesso. Perché la Chiesa non è salvata dagli esseri umani, ma da Cristo».

Immaginate di dover rispondere ad una domanda speci ca sulla vostra opinione riguardo la Chiesa cattolica. Quale potrebbe essere la vostra risposta? ...................................................................................................

Attività interdisciplinare

Il tema trattato si presta a vari lavori interdisciplinari, soprattutto sul tema della Chiesa in generale e su alcuni argomenti speci ci (eresie, crociate, inquisizione e molto altro ancora).

Una canzone

Che ne pensate di queste a ermazioni?

Motivazioni PRO ......................................................................

Prendendo spunto dalla realtà:

Dopo 5 anni trascorsi come ambasciatrice inglese presso il Vaticano la signora Sally Jane Axworthy dichiarava ai giornali che negli anni di permanenza in Vaticano ha capito che «qui si parla soprattutto di religione», che c’è tanta gente che «vive davvero la loro fede nelle scelte che fanno», che ci sono sacerdoti, religiosi e laici che sono impegnati ad aiutare gli altri, soprattutto i più poveri, «non percepiscono stipendio e vivono veramente la loro fede». Un giornalista, riportando la notizia, ha commentato: «Ma la signora dopo cinque anni non ha ancora capito che più che del Vaticano si tratta della Chiesa?».

Non giudicare, consola «Se apri gli occhi ora vedi prendi ato e respira oltre le ombre, cammina, scopri, conosci ed esplora. Non giudicare, consola, non ti scordare il perdono perché lungo è il cammino…».

Molti i suggerimenti in queste poche righe. Quali condividete? ...................................................................................................

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(Angelo Branduardi, Kyrie-Signore pietà)
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Motivazioni CONTRO .............................................................. ................................................................................................... Altro
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Questa frase rispecchia un po’ tutte quelle persone (e sono tante) che s’impegnano nella comunità ecclesiale e nelle varie istituzioni caritative e di volontariato. Ci testimoniamo che l’IO non dovrebbe mai so ocare il NOI, come, purtroppo, spesso si ha invece l’impressione che avvenga. E voi che ne pensate?

Un Film

Alla luce del sole, di RobertoFaenza, Italia 2005, 100’: la storia vera di un coraggioso sacerdote, don Pino Pugliesi, ucciso dalla ma a nel 1993. Don Pino (interpretato da Luca Zingaretti) si dà molto da fare nel quartiere Brancaccio di Palermo per sottrarre i bambini e i ragazzi alla ma a. A scuola, come insegnante di religione (tra i suoi alunni c’era anche lo scrittore Alessandro D’Avenia) e in parrocchia, punta molto sui giovani per estirpare la cultura ma osa che condiziona tutto. La sua è una religiosità autentica, vissuta nell’impegno civile e nel coraggio.

Buone notizie

Nel porto uviale di Varsavia c’è una barca speciale, che si chiama “Padre Boguslaw”. Porta il nome di un sacerdote camilliano che nel 2006 ha pensato di dare un sogno agli ospiti di un ostello di carità da lui fondato: costruire una barca lunga 18 metri e di 37 tonnellate, tutta con materiale di recupero. Lo scopo è quello di insegnare agli ospiti dell’ostello a lavorare in squadra. Il sacerdote è morto nel 2009, quando la barca non era ancora terminata. Nel suo testamento ha chiesto di terminare la barca e di farla navigare intorno al mondo. Ora la barca è nalmente pronta e sta a dimostrare che un lavoro iniziato si può sempre portare a termine (anche se lentamente). Sulla ancata è scritto: «Ogni barca ha la sua anima, ogni barca è di erente dall’altra. Questa è unica».

Frammenti di spiritualità

(G. Iannuzzi, ingegnere ex Olivetti di Ivrea, cristiano impegnato)

(Anna Acconcia, in Mondo e Missione, Gennaio 2023) Autovalutazione

Ho trovato questo Tema:

165 Tema 6 La Chiesa alle origini
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Ho imparato che ................................................................................................................................................................................ Molto interessante Interessante Poco interessante Noioso Di cile
«Dobbiamo impegnarci per essere una comunità, un “noi” e non un insieme di “io” separati e con ittuali».

I VOLTI del cri ian imo

Questo tema o re uno sguardo generale al complesso e variopinto mondo cristiano, paragonabile a un vasto arcipelago, fatto di tante realtà che, nonostante siano diverse tra loro, trovano nel messaggio di Gesù la loro base comune. Dopo la presentazione e una prima lettura della mappa del cristianesimo, descriveremo le principali Chiese o confessioni, mettendo in risalto le loro caratteristiche più importanti, iniziando dal mondo ortodosso, passando poi per quello protestante (o, meglio, della Riforma)per arrivare in ne al mondo cattolico.

IL PERCORSO CHE FAREMO

I contenuti digitali speciali
7 PER CONCLUDERE • Il punto 186 • Sintesi inclusiva 187 • Pratica#mente 188
• Mappa del cristianesimo 168 • Un albero, tanti rami 170 • Chiese ortodosse 172 • La Riforma di Lutero 174 • Il mondo dei cattolici 176 • Sacramenti eventi di fede 178 • Riti e festività 180 • Messaggio e messaggeri 182 • D/Nuovi movimenti cristiani 184

chi? Who? dove? Wh e? quando? When? cosa? What? perché? Why?

Il tema vuol gettare uno sguardo generale al complesso e variegato mondo cristiano, presentendo le principali distinzioni tra le varie Chiese o confessioni cristiane. Le principali sono tre: la realtà ortodossa, quella protestante e quella cattolica.

is eme is meant to take a general look to the complex and varied Christian world, showing the main di erences among the various Christian churches and beliefs. ere are three main ones: the Orthodox one, the Protestant one and the Catholic one.

Il nostro incontro con il multiforme mondo cristiano, formato da molte comunità e realtà tra loro anche piuttosto di erenti, avverrà in classe, durante l’ora di religione. Ma l’occasione di incontrare questo mondo avverrà anche fuori della scuola, nella realtà di tutti i giorni e attraverso i mass media.

Our meeting with the many-sided Christian world, which is composed of many communities and entities which are also very di erent from each other, is going to take place during our lesson. However, you’ll have the chance to meet this world also outside the school in your everyday life and through mass media.

Conoscenze

• La speci cità della proposta cristiana, in particolare di quella cristiano-cattolica.

• L’importanza del cristianesimo per la nascita e lo sviluppo della cultura europea.

In classe, durante il nostro incontro settimanale, avremo modo di dare uno sguardo al complesso e variegato mondo cristiano, iniziando da una mappa del cristianesimo, per approfondire poi le principali realtà ecclesiali.

In class, during our weekly meeting, we’ll have the opportunity to have a look at the complex and multi-coloured Christian world, starting from the map of Christianity and exploring then the main ecclesial realities.

ABILITÀ

• Riconoscere il valore del linguaggio religioso nell’interpretazione della realtà.

• Riconoscere l’origine e la natura della Chiesa e le sue forme di agire nel mondo.

Il nostro sarà un percorso generale che avrà lo scopo di o rire una panoramica dell’articolato mondo cristiano, sottolineando però che, oltre le diversità dottrinali e storiche, le principali Chiese si riconoscono nel vangelo, nel Padre nostro e nel Credo dei primi secoli cristiani

We’re going to follow a general path with the aim of giving an overview of the wide and complex Christian world but we’ll notice that, besides the doctrinal and historical di erences, the main churches have in common the same Gospel, the “Our Father” and the Creed of the early Christian centuries.

Conoscere e approfondire il mondo cristiano vuol dire conoscere una parte importante delle radici storico-culturali non solo dell’Italia ma dell’Europa e dell’intero occidente. Per questo è molto importante patrimonio religioso e culturale.

Getting to know and exploring the Christian world also means knowing an essential part of the cultural and historical roots not only of our Country but also of Europe and the Western world. at’s why it’s very important to have an essential knowledge of this religious heritage at the end of the secondary school.

COMPETENZE

• Valutare il contributo della tradizione cristiana allo sviluppo della civiltà umana, in dialogo con altre tradizioni culturali e religiose.

• Valutare la dimensione religiosa della vita umana a partire dal messaggio cristiano.

• Dialogare con posizioni religiose e culturali diverse dalla propria in un clima di rispetto, confronto e arricchimento reciproco.

• Riconoscere il senso e il signi cato del linguaggio religioso.

I VOLTI del cri ian imo

1. MAPPA del cri ian imo

La mappa geografica tematica qui riportata vuol fornire un colpo d’occhio sul variegato e complesso mondo cristiano, con la diffusione geografica delle sue principali Chiese. La fede cristiana rappresenta all’incirca il 33% dell’intera popolazione mondiale, sommando i tre più grandi gruppi cristiani che qui vedi rappresentati: cattolici, riformati e ortodossi. Piuttosto che con numeri e grafici abbiamo preferito sintetizzare la presenza cristiana nel mondo attraverso questa mappa. Differenziate per colori, vedete qui raffigurate le principali Chiese cristiane, così come sono oggi dislocate nelle varie zone geografiche. Occorre però tener presente che i colori e i dati sulle religioni sono sempre indicativi, non solo perché è difficile controllare le fonti, ma soprattutto perché i numeri sono in continua evoluzione. Secondo i dati pubblicati nel 2022 dal centro statunitense Pew Research, che fotografa l’ampiezza e la distribuzione dei grandi gruppi religiosi nel mondo, i cristiani sono i più numerosi con2,3 miliardi di aderenti, su circa 8 miliardi di abitanti del pianeta Terra.

La più numerosa confessione cristiana è la Chiesa cattolica romana con 1,2 miliardi di fedeli e il 17,7% della popolazione mondiale; il secondo gruppo è costituito dalle Chiese protestanti e riformate (se le si considera come un unico blocco); il terzo gruppo è costituito infine dalla Chiesa ortodossa (anch’essa suddivisa in varie Chiese). Il cristianesimo – sempre da un punto di vista statistico – è la religione predominante in Europa, in Russia, nel continente americano, nelle Filippine e in altre zone dell’Africa e in Oceania. Vi sono meno diffuse ma significative comunità cristiane anche in altre parti del mondo, come nell’Asia centrale e in Medio Oriente, dove il cristianesimo è comunque la seconda religione dopo l’islam.

Chiesa

Dal greco ekklesia (“convocazione, assemblea”) ha vari signi cati: a) indica la comunità di coloro che credono in Cristo (si utilizzerà il termine con l’iniziale maiuscola); b) l’edi cio consacrato al culto cristiano (si utilizzerà il termine con l’iniziale minuscola); c) la struttura e l’organizzazione interna delle varie comunità, come nel contesto qui trattato.

Confessione

Termine usato, in questo caso, per indicare una delle diverse Chiese all’interno del cristianesimo.

Le persecuzioni contro i cristiani nel mondo sono una realtà anche dei nostri giorni.

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« IL CRISTIANESIMO È UNA STORIA DI AMORE, UNA STORIA IN CUI L’AMORE CREA, SPIEGA, REGGE E SALVA TUTTO». (André

SPUNTI OPERATIVI

● Dopo aver osservato con attenzione la mappa del cristianesimo, quali considerazioni vi vengono in mente?

● Sapreste indenti care – a grandi linee – le principali di erenze tra un cattolico, un ortodosso e un riformato (protestante)?

169 Tema 7 i volti del cristianesimo
Frossard)

2. UN ALBERO, tanti rami

Nel corso dei secoli la comunità cristiana si è suddivisa in varie Chiese o confessioni che ti sono state presentate nelle pagine precedenti.

L’albero delle Chiese cristiane

Come illustrato nel disegno, dall’unico “tronco” di Cristo si sono storicamente diversificate varie confessioni cristiane che ora presenteremo brevemente in ordine cronologico.

Le CHIESE ORIENTALI ORTODOSSE sono le Chiese che si sono scisse, raggiungendo una loro autonomia già nel V sec. d.C. Il primo grande scisma (separazione) avviene in Oriente nel 1054 quando dall’unico “tronco” cristiano si distacca la Chiesa ortodossa, termine che significa“retta dottrina”, proprio perché questa comunità si considera fedele alla dottrina originaria di Cristo. A definirsi ortodosse sono tre grandi gruppi di Chiese.

1. Le Chiese ortodosse calcedoniane riconoscono come validi e vincolanti solo i primi quattro Concili ecumenici, compreso quello di Calcedonia. Queste Chiese sono la parte più nota e omogenea del mondo ortodosso e la maggior parte di esse è in comunione con il patriarcato di Costantinopoli, anche se ogni comunità ecclesiale è autonoma (autocefala, “con una propria testa”). Il rito utilizzato nella liturgia è quello bizantino.

2. Le Chiese ortodosse orientali, diversamente da quelle calcedoniane, non riconoscono come valido il Concilio di Calcedonia del 451. Originarie di zone geografiche che non sono state dominate dall’Impero romano d’Oriente, queste Chiese si caratterizzano per una grande disparità sia nei riti che nella disciplina. Ne fanno parte la Chiesa ortodossa etiope, quella copta e quella armena. Rappresentano circa un quinto del mondo ortodosso.

3. La Chiesa assira d’oriente non riconosce neanche il Concilio di Efeso del 431. Si tratta di circa 300.000 fedeli che vivono soprattutto in Iraq, Iran, India e in alcune zone nel mondo occidentale.

● La CHIESA CATTOLICA, per chiarezza, si dichiara anch’essa ortodossa nel senso etimologico del termine, ovvero fedele alla retta dottrina. Questa Chiesa, che numericamente è la più rilevante del mondo, si riconosce in una piena e totale sintonia con la comunità cristiana delle origini, ma soprattutto con Pietro, il capo degli Apostoli e primo vescovo di Roma. Per questo è detta anche Chiesa cattolica romana. Il papa, in quanto successore dell’apostolo

170

Pietro sulla cattedra di Roma, è il capo della Chiesa cattolica, che guida insieme ai vescovi (magistero). In seguito – nelle schede 3, 4, 5 e 6 – approfondiremo meglio i vari aspetti della Chiesa cattolica.

● Le CHIESE RIFORMATE-PROTESTANTI sono quelle che si sono separate da Roma al tempo della Riforma luterana (XVI secolo). Tra le principali c’è la Chiesa luterana, la Chiesa riformata o calvinista (detta presbiteriana nei paesi anglosassoni) e la Chiesa che deriva dall’anabattismo (i mennoniti). A partire dal 1600, all’interno del protestantesimo sono nati vari nuovi gruppi: metodisti, battisti, congregazionalisti, quaccheri, pentecostali e tanti altri. A metà strada tra il cristianesimo cattolico e quello protestante la CHIESA ANGLICANA, che ebbe origine nel XVI secolo con la separazione della Chiesa d’Inghilterra dalla Chiesa di Roma durante il regno di Enrico VIII.

● Il protestantesimo anglicano è una fusione di elementi luterani e calvinisti e, in parte, cattolici che fanno della Chiesa anglicana una realtà piuttosto variegata al suo interno. Alcune chiese conservano ancora molti elementi tipici del culto cattolico, mentre altre sono piuttosto lontane dal ceppo originario.

Il movimento ecumenico

Nonostante le numerose divisioni e fratture all’interno del cristianesimo, non è mai venuto meno nelle varie comunità il desiderio di ritrovare una qualche forma di unità, pur rispettando le diversità storiche e dottrinali che si sono formate lungo i secoli. Con questo spirito, agli inizi del 1900, è nato il movimento ecumenico che propone alle varie Chiese di ritrovarsi attorno ai punti dottrinali essenziali togliere uno spazio di troppo del Credo (o Simbolo) dei primi secoli cristiani. In particolare:

● la fede in Dio, Padre e creatore;

● la salvezza operata da Gesù a favore dell’umanità;

● il dono dello Spirito Santo;

● la presenza di Cristo nella storia, fino al suo ritorno finale;

● il carattere ispirato dei libri della Bibbia;

● l’importanza salvifica della comunità dei credenti (Chiesa).

SPUNTI OPERATIVI

● Nella vostra zona, a parte la Chiesa cattolica, sono presenti altre Chiese cristiane? Quali?

● Siete a conoscenza di attività ecumeniche sul vostro territorio?

Cos’è l’ecumenismo? Approfondisci nell’espansione online questa importante realtà, la cui espressione viene dal termine greco oikumène, che signica “totalità del mondo abitato”.

171 Tema 7 i volti del cristianesimo
La gura di Cristo è di portata mondiale e molti si sono a lui riferiti. Nella foto è ra gurato il Cristo Pantocrator del Battistero del Duomo di Parma.

3. CHIESE ortodosse

La foto che vedi qui accanto fissa un momento particolarmente significativo per le chiese cristiane. È l’umile abbraccio di papa Francesco a Bartolomeo I, patriarca di Costantinopoli, durante il viaggio in Turchia del novembre 2014. Poco prima di questo gesto simbolico papa Francesco aveva detto: «Voglio assicurare a ciascuno di voi che, per giungere alla meta sospirata della piena unità, la Chiesa cattolica non intende imporre alcuna esigenza, se non quella della professione della fede comune, e che siamo pronti a cercare insieme – alla luce dell’insegnamento della Scrittura e dell’esperienza del primo millennio – le modalità con le quali garantire la necessaria unità della Chiesa nelle attuali circostanze. L’unica cosa che la Chiesa cattolica desidera e che io ricerco come vescovo di Roma, “la Chiesa che presiede nella carità”, è la comunione con le Chiese ortodosse». Il gesto del patriarca di Roma che s’inchina umilmente di fronte a quello di Costantinopoli è il segno della volontà di un cammino di riconciliazione e di comunione tra queste due le antiche chiese della cristianità. Ma vediamo di comprendere meglio cosa caratterizza il mondo ortodosso e anche cosa lo differenzia da Roma.

I motivi storici della separazione

Non è facile sintetizzare in poche righe il mondo ortodosso, suddiviso in tante chiese autonome o autocefale che, però hanno una base comune tra loro e con la stessa Chiesa cattolica romana. Si tratta della condivisione del primo millennio della storia cristiana, compresi i principi dottrinali che furono stabiliti dai primi Concili ecumenici della cristianità: quattro celebrati a Costantinopoli (oggi Istanbul) e due nelle vicinanze, a Nicea (325) e a Calcedonia (451). I motivi che portarono alla separazione con Roma furono soprattutto di ordine giuridico e politico, in particolare la questione della supremazia della Chiesa di Roma sulle altre Chiese. Il canone 28 degli atti del Concilio di Calcedonia aveva collocato la sede del patriarcato di Costantinopoli subito dopo quella di Roma. Fu proprio attorno a uno di questi patriarchi, il colto e nobile Fozio, che si scatenò la prima causa di tensione e di lacerazione col papato (869).

Ortodossi e cattolici: principali diversità

Il primato del papa: gli ortodossi riconoscono al vescovo di Roma un primato di onore, ma non di giurisdizione sulle altre Chiese. Il sinodo: nelle Chiese ortodosse l’autorità suprema risiede nel Sinodo, mentre nel cattolicesimo nel Ponte ce e nel Concilio ecumenico.

Lo Spirito Santo: gli ortodossi contestano alla Chiesa di Roma di aver introdotto arbitrariamente nel Credo Niceno-costantinopolitano il “ lioque” (il concetto che lo Spirito Santo “procede dal Padre e dal Figlio”, e non solo dal Padre, come in origine).

I dogmi: gli ortodossi non riconoscono quelli proclamati dopo lo scisma del 1054.

Il matrimonio: sia per gli ortodossi che per i cattolici il matrimonio è un sacramento e il legame tra gli sposi è per sempre; ma gli ortodossi, a certe condizioni, benedicono e legittimano una seconda unione.

Il celibato dei preti: le Chiese ortodosse ammettono al sacerdozio anche uomini sposati.

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L’abbraccio tra papa Francesco a Bartolomeo I, patriarca di Costantinopoli.

L’apice del contrasto

La svolta drammatica e definitiva di questo processo di separazione è del 1054, quando due scomuniche reciproche tra le due Chiese – che solo nel 1965 verranno revocate – sanciranno lo scisma (separazione) dell’oriente dalla Chiesa romana d’occidente, dando origine ufficiale alle Chiese ortodosse. A pronunciare quei verdetti furono, per il papa Leone IX, il cardinale Umberto da Silva Candida e, per Costantinopoli, il patriarca Michele Cerulario. Come poi spesso accadrà nella storia – compresa quella contemporanea – alle motivazioni religiose si sono sovrapposte questioni sociali e politiche Dopo tutto questo, tessere di nuovo i fili di un dialogo tra le due cristianità – che hanno in comune gli articoli fondamentali del Credo niceno-costantinopolitano – è stato un desiderio mai messo da parte anche se, fino ad oggi, con risultati parziali. Anche alcuni Concili hanno tentato delle ricuciture, come quello di Lione (1274), di Firenze (1439-1443), il Vaticano II (1962-1965) e soprattutto l’impegno costante dei pontefici romani degli ultimi sessant’anni. Quindi dei segnali positivi per una riconciliazione non mancano, come abbiamo visto nel simbolico abbraccio tra papa Francesco e il patriarca Bartolomeo I, ma secoli di divisioni, di controversie e di sospetti reciproci non si cancellano facilmente con un colpo di spugna. Soprattutto, si è giunti alla consapevolezza che anche senza una già attuata unione formale e totale delle Chiese, si può essere “uniti nella diversità”, arricchendosi reciprocamente mediante differenti sensibilità religiose.

Luci e colori che testimoniano l’invisibile

Le chiese ortodosse sono piene di luce, di colori, di intimità, perché ogni punto delle pareti è animato e rappresenta il cielo. (...) Attraverso l’icona, il culto liturgico e i riti tutto diviene meravigliosamente vivente e il cielo vicino, intimo, quasi palpabile. È una visione della natura in Dio che rende trasparente ogni cosa e permette di a errare la presenza invisibile.

SPUNTI OPERATIVI

Attività: Con la forte migrazione dai paesi dell’Est europeo, anche in Italia vi sono molte comunità ortodosse. Fare una ricerca per conoscere quelle presenti nella propria zona.

Cos’è l’iconostasi?

In greco iconostasi signi ca “posto delle immagini o icone”. Si tratta di una parete presente in tutte le chiese ortodosse, riccamente decorata, con la funzione di dividere la navata (dove stanno i fedeli) dal santuario (destinato ai sacerdoti). Il santuario è la parte più sacra, dove c’è l’altare e viene celebrata l’eucaristia, a cui possono accedere solo i sacerdoti e i diaconi. Questa divisione ricorda la pianta del Tempio di Gerusalemme, nel quale vi era il Sancta Sanctorum, il santuario interno in cui era conservata l’Arca dell’Alleanza, separato dal resto con un velo. Nelle chiese cristiane antiche (paleocristiane) di rito latino, la separazione che delimitava lo spazio sacro si è trasformata in una bassa barriera di marmo, detta balaustra, in prossimità della quale i fedeli ricevono la comunione. Nella Chiesa orientale prevalse invece un concetto di separazione più forte, visibilizzato proprio dalla parete dell’iconostasi, così detta perché su di essa vi sono appese numerose icone. Questa non si innalza comunque no al so tto, per dare in ogni caso al fedele la possibilità di ascoltare la liturgia che si svolge all’interno del santuario

173 Tema 7 i volti del cristianesimo
L’iconostasi della chiesa del monastero di Cocoș, in Romania.

4. LA RIFORMA di Lut o

Nella pagina seguente potete vedere la Bibbia di Lutero che, stampata nel 1534, viene così chiamata perché fu lui stesso a tradurla completamente in tedesco, dando così la possibilità a tutti di avvicinarsi alle Sacre Scritture, fino ad allora accessibili solo nella lingua latina (vulgata). Il momento storico in cui si colloca la riforma del monaco tedesco Martin Lutero è quello dell’Umanesimo e del Rinascimento. È un periodo di grande inquietudine, dominato dalla ricerca del nuovo, e di insofferenza verso le istituzioni ereditate dal Medioevo, giudicate talora decadenti e incoerenti. Papato e impero non sono più rappresentativi e soprattutto verso il potere papale c’è una certa ostilità per il suo patrimonio, le imposizioni dottrinali e politiche, la continua richiesta di denaro per i cantieri di Roma. In campo politico emerge la figura del principe e nasce una nuova classe sociale: la borghesia. Dal punto di vista economico si sviluppano il credito e il prestito a interesse, mentre la banca tedesca Fugger è il tramite attraverso cui arrivano alla curia romana le raccolte di denaro delle indulgenze, delle grandi rendite terriere dei monasteri e dei benefici ecclesiastici. Molti dei principi e signori feudali non attendono che l’occasione per liberarsi dagli obblighi nei confronti di Roma e prendere possesso dei beni territoriali della Chiesa.

È in questo contesto storico, economico e culturale che occorre collocare il sincero tentativo di riforma della Chiesa che spinge ad agire il monaco agostiniano Lutero.

Date signi cative

• 1483: Martin Lutero nasce a Eisleben (Germania).

• 1505: entra nel monastero degli agostiniani di Erfurt.

• 1508: insegna etica a Wittenberg.

• 1510: si reca a Roma.

• 1517: a gge le 95 tesi per una disputa pubblica (secondo l’uso di allora) sul tema delle indulgenze e altri abusi ecclesiali. È la scintilla della Riforma.

• 1520: Lutero brucia pubblicamente la bolla di Leone X che indìce il processo contro di lui. Intanto il movimento di Lutero suscita forti simpatie in Germania e anche in Svizzera, dove predica Ulrich Zwingli.

• 1521: il papa scomunica Lutero.

• 1530: Filippo Melantone redige il documento fondamentale della Riforma: la Confessione augustana

• 1536: Ginevra, dove è presente l’intransigente riformatore francese Giovanni Calvino, aderisce alla Riforma dichiarando di voler «abbandonare tutte le messe e abusi papali, immagini e idoli». Tra Lutero e Calvino ci sono comunque alcune divergenze teologiche.

• 1546: Lutero muore a 63 anni. Dopo la sua morte si acuiscono gli scontri religiosi in Germania tra principi cattolici e luterani.

• 1555: la Pace di Augusta sancisce la parità tra luterani e cattolici e proibisce agli Stati di cambiare religione, lasciando al principe il diritto di riforma sul suo territorio, sancendo il noto principio «cuius regio eius religio» (“sua regione, sua religione”): il principe di una regione ha diritto a imporre la sua religione, garantendo però ai sudditi il diritto di esodo.

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La statua di Lutero nella piazza di Eisleben, sua città natale.

I punti chiave della Riforma

Lo spirito che anima la Riforma è la maestà e la gloria di Dio: è lui che decide del destino di ogni persona e l’uomo di fronte a lui è nulla. Da questo principio di base derivano alcune conseguenze.

● L’autorevolezza della Bibbia: la Bibbia è posta al centro di tutto, è considerata più importante della tradizione ecclesiale e non ha bisogno di nessuna interpretazione umana, perché lo Spirito Santo guida ogni credente. Il fedele può leggerla direttamente nella propria lingua, grazie alla traduzione che ne fa Lutero. Soprattutto, non si accetta l’interpretazione unica del clero.

● La giustificazione per sola fede: l’uomo, radicalmente corrotto dopo il peccato originale, viene giustificato (salvato) per libera e gratuita decisione di Dio che lo salva per la fede e non per le opere che egli compie. L’uomo è “eletto”, cioè predestinato alla salvezza, senza alcun merito da parte sua (fatto che lo renderebbe orgoglioso e autosufficiente dinanzi a Dio).

● Una Chiesa non gerarchica: per la teologia protestante la Chiesa è costituita dalla comunione di tutti i credenti, ha come unico capo Cristo che la governa con la Parola della Bibbia e lo Spirito Santo. È una Chiesa invisibile e spirituale, dove non c’è posto per una gerarchia, come nella Chiesa cattolica. Bastano la predicazione della Parola di Dio e i sacramenti, ma solo quelli istituiti da Cristo. L’autorità religiosa non ha un ruolo di “custode della verità”, né di mediazione tra Dio e gli uomini; non ci sono “sacerdoti” (ma solo pastori) perché ogni battezzato partecipa del sacerdozio di Cristo. Il governo delle singole comunità è affidato a consigli di anziani e per gli affari più generali ad assemblee (sinodi), a cui partecipano laici e pastori.

SPUNTI OPERATIVI

● Sottolineate a matita le parole o i concetti che vi sembrano qui più di cili, poi chiedete spiegazioni all’insegnante.

● Nel vostro territorio vi sono delle comunità protestanti? Si consigliano delle attività per approfondire la loro conoscenza.

I riformati italiani

La Riforma è storicamente presente in Italia con varie Chiese e comunità, ma la presenza storicamente più signi cativa è quella valdese. La Chiesa evangelica valdese ha la sua originenel movimento di protesta capeggiato da Valdo o Valdesio di Lione (1140-1206 ca), quasi contemporaneo di Francesco d’Assisi. Il movimento, che richiamava la Chiesa alla povertà e agli altri valori evangelici, entrò però in con itto con le autorità religiose del tempo e fu condannato per scisma ed eresia (1190 ca.), disperdendosi in Francia e poi in Italia (valli del Piemonte). Nel XVI secolo aderì alla Riforma di Calvino, pur mantenendo delle proprie posizioni sui temi della fede e dell’organizzazione interna.

Nel 1848 Carlo Alberto di Savoia riconobbe ai valdesi la libertà di culto (Lettere Patenti) La Chiesa valdese – calvinista nel credo e presbiteriana nell’organizzazione – ancora oggi si richiama ai principi della Riforma, dando molta importanza alla Bibbia e impegnandosi evangelicamente nella società. Dal 1975 è stato siglato un patto di integrazione tra le chiese valdesi e quelle metodiste italiane, ponendole in stretta collaborazione tra loro, come con le altre Chiese evangeliche nel quadro della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (FCEI).

175 Tema 7 i volti del cristianesimo
La Bibbia tedesca di Lutero, nella revisione nale compiuta nel 1545.

5. iL MONDO dei ca olici

La Chiesa cattolica Romana è quella numericamente più ampia nel mondo tra le Chiese cristiane. In Italia ha avuto e ha tutt’ora un ruolo certamente significativo, tanto da essere considerata parte integrante del patrimonio storico e culturale del paese. A Roma risiede, infatti, il papa che, essendo il vescovo di questa città e successore dell’Apostolo Pietro, è considerato il capo supremo del cattolicesimo. Questa leadership spirituale e morale di Roma affida all’Italia un ruolo del tutto particolare, anche a livello internazionale, sebbene il cattolicesimo abbia un’importanza storica, istituzionale e dottrinale che va al di là del pur importante ruolo assunto dalla figura del romano pontefice.

Alla base del cattolicesimo

Si possono riassumere così i tre punti caratterizzanti che sono alla base del cattolicesimo.

1. La fedeltà alla tradizione: per tradizione s’intende il legame ininterrotto di insegnamenti che, oltre la Bibbia e coerentemente con essa, Dio offre alla Chiesa lungo il tempo per la mediazione prima degli apostoli e poi dei vescovi, che sono i loro legittimi successori (successione apostolica), con particolare riguardo alla figura del papa e i suoi pronunciamenti.

2. La fedeltà alla Parola di Dio: per Parola di Dio s’intende la Bibbia, il libro che racchiude la graduale manifestazione (o “rivelazione”) di Dio al mondo. Ma è Parola di Dio per eccellenza, prima ancora, Cristo stesso e lo è anche la presenza del suo Spirito nella Chiesa.

3. Il forte legame con il magistero ecclesiastico (da magister, “mae-

La struttura organizzativa della Chiesa cattolica

Con il Concilio vaticano II (1962-’65) la struttura organizzativa della Chiesa cattolica, che tradizionalmente era a forma piramidale (i laici alla base e il papa in cima), ha subito un vero e proprio capovolgimento.

• Popolo di Dio organizzato in Chiese locali, ciascuna presieduta da un Vescovo (dal greco episkopos, “sorvegliante”, a capo di una diocesi). Il vescovo è coadiuvato dai presbiteri (da presbyteros, “anziano”), detti anche sacerdoti o preti, e dai diaconi (da diakonos, “servitore”), che aiutano i sacerdoti nel servizio alla comunità, nel culto e nell’amministrazione dei sacramenti.

• Tutti i vescovi sono uniti al Vescovo di Roma (papa) che esercita una responsabilità su tutta la Chiesa cattolica, garanzia di unità nella fede e di comunione.

• Il papa è assistito nel governo della chiesa universale dai cardinali, che formano un collegio e che quando muore o si dimette il papa in carica hanno anche il compito di eleggere il nuovo papa (conclave). Quando il numero di cardinali si riduce per la morte di alcuni, il papa nomina liberamente nuovi cardinali.

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Cristo consegna le chiavi del Regno dei cieli a Pietro, Chiesa di Santa Maria in Traspontina, Roma.

stro”, il papa e i vescovi). Il magistero ha la funzione di guidare i fedeli e discernere ciò che è conforme alla fede e alla tradizione.

Oltre questi tre punti, possiamo considerare come valori caratterizzanti il cattolicesimo la centralità data all’eucaristia, l’attenzione caritativa verso i più poveri e gli emarginati, l’importanza riservata alla devozione mariana e all’intercessione dei santi, nonché la considerazione data alle tradizioni e devozioni popolari. Tutto ciò fa del cattolicesimo una religione molto attenta al simbolismo e agli aspetti più popolari e umani dell’esperienza religiosa.

Roma e il primato di Pietro

È soprattutto l’interpretazione teologica e storica del “terzo punto” riguardante il magistero appena presentato quella che ha creato contrasti e divisioni all’interno del mondo cristiano. La Chiesa cattolica romana sostiene che Gesù stesso abbia affidato la responsabilità della sua Chiesa a Pietro, capo degli apostoli (cfr Matteo 16,18) e quindi spetta al papa, successore di Pietro, garantire l’unità della Chiesa. Questo ruolo viene chiamato ministero petrino.

In ogni caso è bene sottolineare che con la nuova visione ecclesiale introdotta dal Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-69) e lo stile e l’agire degli ultimi papi si evidenzia e si va sviluppando, rispetto ad epoche passate, una figura di pontefice come “servo” dedito alla cura del popolo di Dio. Non vi sono più, quindi, i toni solenni e regali che l’hanno caratterizzato lungo alcuni secoli alla stregua di un sovrano terreno. Questo può aprire delle piste di riflessione teologica ed ecclesiale più attuali sul ruolo del ministero petrino.

La vera sfida attuale di tutte le Chiese cristiane, lungi dal disquisire troppo di “cariche” al loro interno, è quella di una secolarizzazione sempre più vasta con una diminuzione più o meno vistosa del numero dei fedeli praticanti, in particolar modo in occidente.

Anche la Chiesa cattolica che ha a Roma il suo centro, pur avendo alle spalle una lunga tradizione e il numero più alto di fedeli, sembra per certi versi invecchiata e indebolita soprattutto in Europa, compresa l’Italia, dove la religiosità tradizionale risulta fortemente in calo, anche in seguito agli scandali finanziari e sessuali che hanno inferto un duro colpo alla sua credibilità. E tutto questo, rischiando di far dimenticare gli innumerevoli elementi di bene e luce che essa ha portato ovunque nel mondo. Nello stesso tempo c’è però da sottolineare che il calo non si registra affatto nei paesi del Sud del mondo, dove, grazie anche alla spinta demografica e alla vitalità delle giovani comunità ecclesiali, il tasso dei cattolici nel mondo è perlopiù in ascesa.

SPUNTI OPERATIVI

Attività: fate una breve ricerca sulla presenza della Chiesa cattolica nel vostro territorio e sulle sue principali caratteristiche.

Secolarizzazione

Fenomeno per il quale la società si allontana da visioni, appartenenze e comportamenti tradizionali, specialmente in campo religioso.

177 Tema 7 i volti del cristianesimo
La piazza di San Pietro in Vaticano con la forma del suo colonnato intende rappresentare un grande abbraccio universale.

6. SACRAMENTI eventi di fede

Isacramenti sono i pilastri della vita cristiana e accompagnano le fasi più importanti della vita dei credenti. Per la Chiesa cattolica sono sette, mentre il numero varia nelle altre Chiese cristiane.

1. Battesimo: è il sacramento che segna l’appartenenza del cristiano a Cristo e il suo ingresso nella comunità cristiana. Simbolicamente viene oggi versata sul capo del battezzato dell’acqua che sta a indicare l’immersione in Cristo (“battezzare” in greco significa infatti “immergere nell’acqua”) per rinascere con lui a una vita nuova. Agli inizi del cristianesimo si battezzavano solo gli adulti (con una vera immersione nel fonte battesimale), dopo un cammino di preparazione chiamato catecumenato; dal IV secolo in poi si iniziò a battezzare anche i bambini La forma del battesimo per immersione è ancora ampiamente praticata, soprattutto nelle Chiese orientali e in quelle protestanti.

2. Confermazione o cresima: “conferma” il battesimo e rafforza il battezzato, rendendolo consapevole del proprio essere cristiano, attraverso la forza vitale dello Spirito Santo, data con l’imposizione delle mani del vescovo e l’unzione dell’olio sacro (il crisma, parola greca da cui deriva anche Cristo, “l’unto di Dio”). La prassi di questo rito è testimoniata dagli Atti degli Apostoli (8,14-17).

3. Eucaristia: termine dal greco con significato di “rendimento di grazie”, in riferimento a Gesù quando, celebrando la sua ultima Pasqua recitò sul pane e sul vino “la preghiera di ringraziamento”, già prevista nel rituale ebraico (seder), ma a cui Gesù diede un significato completamente nuovo. Come riporta l’evangelista Luca, Gesù prese il pane e il vino e li offrì agli apostoli come suo “corpo e sangue” dati in sacrificio per la salvezza del mondo.

Con questo gesto, Gesù stabilisce un nuovo Patto (o alleanza), non più soltanto con il popolo ebraico, ma con tutta l’umanità. Ogni volta che i cristiani si radunano per celebrare l’eucaristia, soprattutto nel “giorno del Signore” (la domenica), rendono di nuovo reale e attuale il gesto di Cristo. Tutte le principali Chiese cristiane celebrano l’eucaristia o Cena del Signore, pur attribuendo a questo rito significati diversi. Per i cattolici, nella santa messa il pane e del vino divengono realmente il corpo e il sangue di Cristo (con un termine teologico questo è detto transustanziazione); anche per le Chiese ortodosse nell’eucaristia (che chiamano divina liturgia) il pane e il vino sono il corpo e il sangue di Cristo; per le Chiese della Riforma (o protestanti) il discorso è più complesso e diversificato; alcune attribuiscono alla Cena solo un valore commemorativo o simbolico. .

TENEREZZA E DELL’AMORE DEL PADRE VERSO OGNUNO DI NOI». (dall’account Twitter @pontifex_it)

178
« I SACRAMENTI SONO LA MANIFESTAZIONE DELLA

4. Riconciliazione o penitenza (più conosciuto come confessione): è il sacramento che trasmette il perdono dei peccati commessi dopo il battesimo. Nei primi secoli cristiani la confessione dei peccati era pubblica e dinanzi a colpe gravi si veniva esclusi dalla comunità, essendone riammessi solo dopo aver espiato dure penitenze o aver fatto particolari pellegrinaggi. Dal VI secolo si cercarono delle penitenze più praticabili e più tardi, con il Concilio di Trento, si confermò come “sacramento” la prassi della confessione individuale iniziata nel frattempo. Le componenti del rito sono il pentimento, l’accusa dei peccati, il proponimento di non commetterli più e l’assoluzione da parte del sacerdote, a cui si aggiunge un’ opera penitenziale da compiere, come segno del rinnovamento della vita. .

5. Unzione degli infermi (o sacramento dei malati): il testo biblico di riferimento è la Lettera di Giacomo (5,14-16). Fino al VII secolo si ungeva il malato per ridargli la salute fisica; solo più tardi si attribuisce al rito anche un valore spirituale, riservandolo perlopiù ai morenti. Da qui il nome “estrema unzione”, con cui questo sacramento era conosciuto fino al Concilio Vaticano II (1962-1965). Con il cambiamento del nome si è voluto ritornare al suo significato originario: un sacramento che conferisce un aiuto particolare al malato, unendo alla passione di Cristo e donandogli conforto, sollievo e coraggio.

6. Ordine: è il sacramento che continua la missione affidata da Gesù ai suoi apostoli, attraverso la consacrazione (ordinazione) di uomini scelti, considerati i legittimi successori degli Apostoli e dei loro aiutanti. Il sacramento conferisce a queste persone ordinate il compito di esercitare il sacerdozio ministeriale (non il “sacerdozio comune” che appartiene invece a tutti i fedeli). Sono previsti tre gradi del sacramento dell’Ordine: vescovi, presbiteri, diaconi. Recentemente alcune Chiese nate dalla riforma protestante hanno ammesso come guide della comunità anche le donne, ma spesso queste Chiese non hanno la stessa comprensione del sacerdozio delle Chiese cattolica e ortodossa. .

7. Matrimonio: è il sacramento che celebra l’amore tra un uomo e una donna, che essendo entrambi battezzati in Cristo la loro unione diviene il simbolo dell’amore tra Dio e l’umanità, come anche tra il Cristo e la sua Chiesa. In quanto“sacramento”, il matrimonio costituisce un legame sacro e indissolubile tra gli sposi, finalizzato, secondo la visione cattolica, «alla comunione e al bene tra i coniugi e alla generazione ed educazione dei figli» (Catechismo, n. 338).

SPUNTI OPERATIVI

● Quali dei 7 sacramenti vi sembrano oggi meno praticati?

● Perché molti, in particolare tra i giovani, si allontanano dalla pratica religiosa tradizionale? Quali potrebbero essere, a vostro avviso, le cause?

179 Tema 7 i volti del cristianesimo

7. riti e f tività

Come abbiamo messo in risalto più volte, il linguaggio dei simboli è importante in ogni religione, ma ha un ruolo particolare proprio nel cristianesimo – in particolare nelle Chiese cattoliche e ortodosse – dove tutto ciò che attiene al simbolo, alla ritualità, ai gesti e anche ai colori acquista un grande significato nella liturgia.

● La celebrazione dell’eucaristia:ogni domenica viene celebrata quella che fin dall’antichità viene chiamata la «Pasqua domenicale»: il giorno in cui la comunità ricorda la risurrezione di Gesù, celebrando insieme l’eucaristia. Già i martiri di Abitinia avevano scelto la morte «perché senza la domenica non possiamo vivere» (v. Tema 6, scheda n.4). E ancora oggi questo giorno è centrale per la vita delle comunità cristiane. Se infatti di domenica si entra in una qualsiasi chiesa cristiana del mondo, si può vedere una comunità radunata attorno ad un celebrante, mentre ripete parole e gesti antichissimi in nome di Cristo.

● Al centro dell’edificio troviamo un grande tavolo (altare) che ricorda la mensa dove Gesù ha celebrato la cena pasquale con i suoi apostoli. Sul tavolo ci sono il pane (in genere un’ostia, in ricordo del pane azzimo, cioè non lievitato, della cena pasquale ebraica) e il vino (un calice). Su entrambi, il celebrante pronuncia le parole dette da Gesù nell’ultima cena, dando al gesto un significato completamente nuovo. Sul pane recita: «Prendete e mangiate: questo è il mio corpo» e poi sul vino: «Bevetene tutti: questo è il calice del mio sangue». Da allora i cristiani, e in particolar modo i cattolici, considerano il pane il corpo reale di Cristo e il vino il suo vero sangue.

Calendario cristiano-cattolico

• Natale: cade sempre il 25 dicembre ed è preceduta dalle quattrosettimane di Avvento (colore viola): un periodo di preparazione alla festa che commemora la nascita di Gesù.

• Pasqua: festa mobile perché legata al calendario lunare; si celebra la prima domenica dopo la luna piena di primavera. Il colore è il bianco, come per tutte le solennità. Il periodo in preparazione a questa importante festa cristiana è la Quaresima, quaranta giorni di preghiera e di penitenza (colore viola).

• Pentecoste: è la terza grande solennità cristiana, che commemora la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli e Maria radunati nel Cenacolo. Lo Spirito Santo apparve sotto forma di ammelle di fuoco, per questo il colore è rosso. La festa si celebra cinquanta giorni (penta) dopo la Pasqua.

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● Le vesti liturgiche: anche l’abbigliamento del sacerdote che celebra l’eucaristica non è casuale. Il celebrante veste un lungo camice bianco, con sulle spalle la stola e poi la casula, una sorta di ampio mantello che lo avvolge. Simile alla casula, ma più piccola e stretta, la pianeta, maggiormente usata nel passato. I colori della casula cambiano a seconda dei vari tempi previsti nel calendario liturgico.

I colori dell’anno liturgico

Quattro i colori che si alternano nella liturgia della Chiesa cristiano-cattolica:

1. Bianco (oppure oro): il colore dello splendore e della gloria. Si usa nel tempo pasquale e in quello natalizio, nelle feste della Madonna e dei santi (non martiri). È il colore che esprime la gioia, la luce, la vita.

2. Verde: il colore dell’attesa e della speranza. Si usa nel tempo ordinario. Esprime la giovinezza e la speranza della Chiesa, la volontà di una vita rinnovata.

3. Rosso: indica il sacrificio di Gesù sulla croce, ma anche lo Spirito Santo e il sangue dei martiri. Si usa nella domenica delle Palme, nel Venerdì santo, nella Pentecoste, nelle feste dei santi martiri. Simboleggia il dono dello Spirito che dà la forza di testimoniare la fede fino al martirio.

4. Viola: il colore della penitenza e del bisogno di conversione. Si usa in Avvento, in Quaresima e nella liturgia dei defunti. È un richiamo alla conversione, ma anche alla speranza cristiana nei momenti di lutto e di sofferenza.

Le fasi della celebrazione eucaristica Nella tradizione cattolica la celebrazione eucaristica è caratterizzata da questi riti:

• Riti introduttivi: consiste nel saluto del celebrante all’assemblea, l’atto penitenziale e la colletta (preghiera).

• Liturgia della Parola: composta da tre letture (la prima dall’Antico Testamento, la seconda dal Nuovo Testamento (dagli Atti degli Apostoli all’Apocalisse); la terza dai Vangeli, a cui segue l’omelia (o predica) del celebrante, la recita del Credo e la preghiera dei fedeli.

• Liturgia eucaristica: è il rito centrale di tutta la celebrazione, con l’o ertorio e la preghiera eucaristica, nella quale il sacerdote consacra il pane e il vino. Segue la recita del Padre nostro, lo scambio della pace e poi la comunione. In genere solo il sacerdote fa la comunione sotto le due specie (del pane e del vino), mentre i fedeli (per motivi pratici) ricevono solo l’ostia consacrata.

• Riti conclusivi: la celebrazione termina con la benedizione nale e la formula di congedo: «La messa è nita, andate in pace». Un invito a vivere l’eucaristia fuori della porta della chiesa, nella vita di tutti i giorni.

SPUNTI OPERATIVI

● Perché i cristiani celebrano ogni domenica l’eucaristia? Qual è il signi cato?

● Qual è – secondo voi – la festa cristiano-cattolica più sentita? Per quale motivo?

Le altre feste cattoliche

• 1° novembre, Tutti i Santi: si commemorano i santi cristiani di tutti i tempi. La festa si di use in Europa nei secoli VIII-IX.

• 2 novembre: si commemorano i fedeli defunti

• 8 dicembre, Immacolata concezione: si festeggia Maria, Madre di Gesù, concepita senza peccato originale

• 1° gennaio: festa di Maria, Madre di Dio. Da alcuni decenni si celebra la Giornata mondiale della Pace.

• 6 gennaio, Epifania: è la festa della «manifestazione» (epifania) di Gesù ai magi, venuti dall’oriente.

• Mercoledì delle Ceneri: segna l’inizio della Quaresima. Della cenere viene posta sul capo dei fedeli in segno di penitenza

• Ascensione: celebra l’ascesa di Gesù al cielo, circa quaranta giorni dalla Pasqua.

• Corpus Domini: festa del corpo e sangue di Cristo, presente nell’eucaristia.

• 15 agosto, Assunzione di Maria Vergine: Maria partecipa già della vita eterna in anima e corpo.

181 Tema 7 i volti del cristianesimo

8. messaggio e m sa i

Non sono soltanto i protagonisti della vignetta a entrare in crisi quando scoppiano scandali che coinvolgono esponenti del clero. Alcuni di questi fatti sono dei reati gravissimi (non solo dei “peccati”), che vanno quindi giudicati in tribunale, davanti al giudice e non confessati semplicemente nel segreto del confessionale. Si tratta infatti di abusi sessuali contro minori, un reato tanto più esecrabile perché compiuto da persone che hanno deciso di dedicare la loro vita ai più piccoli e umili, in nome del vangelo. Anche la sottrazione indebita di denaro, donato al papa per i poveri e utilizzato invece per speculazioni finanziarie, è anch’esso un abuso, seppur di altro tipo.

Dopo aver ammesso tutto questo, con profondo disgusto e comprensibile scandalo, bisogna però avere la sapienza di riconoscere che la Chiesa è composta da persone, da uomini e donne che possono sbagliare, come tutto ciò che è umano. Per questo i Padri, con molto realismo, affermavano che la Chiesa è “santa e peccatrice” nello stesso tempo (in latino il termine usato per “peccatrice” è meritrix, «prostituta»). Errori e scandali ci sono sempre stati. Il bene e il male, gli aspetti positivi e negativi sono spesso uniti, come Gesù stesso ha insegnato nella parabola riportata a pagina seguente..

Come un nido….

Osservate con attenzione la foto accanto. Non fanno tenerezza questi piccoli mentre aspettano la mamma per essere nutriti?

Abbiamo scelto questa foto per rispondere alle obiezioni presentate nella vignetta, a Stefano e a Chiara, che in fondo si chiedono: «Come si fa a rimanere nella Chiesa cattolica dopo tutti gli scandali che si leggono sui giornali?»; oppure a chi fa notare con una certa ironia: «Quanti rosari e immagini sacre aveva con sé quel mafioso quando l’hanno catturato! Se questa è religione, meglio starsene lontani!». François Mauriac, uno scrittore cattolico francese, a queste e altre obiezioni simili era solito rispondere: «Paragono la mia religione ai nidi degli uccelli, che sono fatti di paglia, di sterco, di avanzi, ma conservano la vita!».

François C. Mauriac

François C. Mauriac (1885-1970), Premio Nobel per la Letteratura nel 1952, è stato uno degli autori più signi cativi della letteratura francese.

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Ci piace questa frase perché è semplice e completa, senza scorciatoie e ipocrisie. Consente di riconoscere gli errori, gli sbagli, le miserie della Chiesa cattolica nella storia, come è vero per qualsiasi religione; ma nello stesso tempo consente di mettere in risalto che la comunità ecclesiale (in generale, non solo quella cattolica) è come un nido capace di conservare la fede che − per un credente – è la vita. Con il passare degli anni si impara a essere più saggi, a non dividere il mondo in bianco e nero, in buoni e cattivi soltanto. Dentro ciascuno di noi, come in ogni istituzione umana (compresa quella ecclesiale), c’è grano e zizzania: semi di cose positive e negative insieme. La saggezza consiste nell’evitare di innaffiare i semi cattivi e nel curare invece quelli buoni, iniziando da noi stessi. È infatti molto più facile vedere i difetti e gli sbagli degli altri, compresi quelli della Chiesa e delle varie istituzioni umane: molto più difficile è individuare ed estirpare i propri difetti.

Per questo è importante − anche per la storia della Chiesa, che abbiamo presentato a grandi linee come un album di famiglia (v. Tema 6, Dossier) − non fermarsi eccessivamente ai piedi infangati dei messaggeri, cioè agli errori e alle debolezze di chi ha fatto giungere il messaggio evangelico fino a noi lungo i secoli. I loro piedi sporchi sono un po’ come i materiali di cui è composto il nido: nonostante tutto, il messaggio che hanno portato è grande, e continua a trasmettere forza e speranza al mondo intero.

È consolante che esista la zizzania

«Si può criticare molto la Chiesa. Noi lo sappiamo, e il Signore stesso ce l’ha detto: essa è una rete con dei pesci buoni e dei pesci cattivi, un campo con il grano e la zizzania. (…) In fondo, è consolante il fatto che esista la zizzania nella Chiesa. Così, con tutti i nostri difetti possiamo tuttavia sperare di trovarci ancora al seguito di Gesù, che ha chiamato proprio i peccatori. La Chiesa è come una famiglia umana, ma è anche allo stesso tempo la grande famiglia di Dio, mediante la quale Egli forma uno spazio di comunione e di unità attraverso tutti i continenti, le culture e le nazioni».

(Benedetto XVI, veglia di preghiera per la GMGGiornata mondiale della gioventù, Colonia, 20 agosto 2005)

SPUNTI OPERATIVI

Parabola della zizzania e del grano buono

(Gesù) espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”.  Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme no alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio”».

(Matteo 13, 24-30)

● Che ne pensate della frase dello scrittore francese Mauriac sul nido?

● Benedetto XVI, il papa che rinunciò al ponti cato per ritirarsi nel silenzio e nella preghiera, sosteneva: «È consolante il fatto che esista la zizzania nella Chiesa». Come interpretate questa a ermazione?

183 Tema 7 i volti del cristianesimo
« Lo spartito del Vangelo è superbo, ma l’orchestra della Chiesa a volte stona».
(Luigi Accattoli, Cerco fatti di vangelo 2, EDB 2011)

Nuovi movimenti cri iani

Con il nome Nuovi Movimenti e Gruppi di origine cristiana si indicano tutte quelle formazioni religiose nate in seno al cristianesimo in tempi abbastanza recenti, ma che non si possono considerare in senso pieno come appartenenti al ceppo cristiano perché non accettano alcuni dei principi fondamentali del Credo, come la Trinità e Gesù Figlio di Dio e Salvatore

In genere questi Nuovi Movimenti Religiosi (NMR) si caratterizzano per l’importanza data all’escatologia (la visione futura o nale del mondo) e per una lettura piuttosto letterale della Bibbia, no a forzarne – alle volte – il testo per farlo aderire alla propria visione religiosa. Tra questi gruppi, i più conosciuti anche in Italia sono i Testimoni di Geova,gli Avventisti e i Mormoni

I Testimoni di Geova ......................................................................................................

Il fondatore è Charles Taze Russel (1852-1916), che in Pennsylvania (Stati Uniti) organizzò dei gruppi biblici intorno ad una rivista e una società (La Torre di Guardia). Fortemente missionari, i Testimoni di Geova si basano su una traduzione della Bibbia spesso letterale e decontestualizzata, senza preoccuparsi di come è stata intesa e vissuta nella tradizione cristiana, che li porta a ri utare i principali dogmi cristiani: divinità di Cristo, trinità, immortalità dell’anima, sacramenti. Hanno una visione millenaristica, cioè credono nell’imminente venuta del Regno di Dio, che comporterà grandi e repentini cambiamenti nel mondo a favore di pochi eletti.

Nella vita quotidiana i Testimoni di Geova considerano sacra la vita, in quanto dono prezioso del Creatore: sono quindi contrari all’aborto, non fumano, non si drogano, non abusano di alcolici e rifuggono da qualsiasi forma di violenza, ri utando anche il servizio militare. Circa duemila Testimoni subirono la morte nei campi di sterminio nazisti e ancora oggi sono perseguitati in alcuni regimi dittatoriali.

Il loro numero è in crescita negli Stati Uniti, nei paesi la-

Da “Studenti biblici” a “Testimoni di Geova”

tino-americani e in Europa, soprattutto grazie al forte proselitismo; ma è di cile avere dati certi, anche perché sono molti coloro che abbandonano. Secondo i dati forniti dal movimento (anno 2018), ci sono più di 8 milioni di Testimoni di Geova in 240 paesi del mondo. In Italia sono 251.000.

Charles Taze Russel (1852-1916), glio di un ricco commerciante di tessuti di Pittsburgh (Pennsylvania), organizzò un gruppo di Studenti Biblici, inizialmente all’interno del movimento avventista, poi in modo autonomo. Nel 1878 Russell crea il giornale e Watch Tower («La Torre di Guardia»), che ha in breve tempo un’enorme di usione. Nonostante una serie di problemi personali

fra cui il divorzio dalla moglie – Russell diventò uno dei più noti predicatori degli Stati Uniti.

Il nome «Testimoni di Geova» fu dato agli Studenti Biblici dal successore di Russel, Joseph F. Rutherford (1869-1942), che dopo la morte del fondatore fu eletto presidente della società nata nel 1884. Rutherford riorganizzò il movimento – a cui Russell aveva dato una struttura piuttosto elastica – in un’organizzazione “teocratica”, fondata sull’obbedienza alla volontà di Dio e impostata su una grande attività missionaria.

Dal punto di vista organizzativo i Testimoni di Geova sono divisi in congregazioni locali, con le «Sale del Regno» (gli edi ci di culto), i proclamatori della Parola di Dio porta a porta e i sorveglianti (gli anziani). La denominazione u ciale è Watch Tower and Society of Pennsylvania e la sede centrale si trova a Brooklyn (New York). Le loro pubblicazioni più note sono La Torre di Guardia e Svegliatevi!

Do ier 184
Charles Taze Russel, fondatore dei Testimoni di Geova.

Le Chiese avventiste .....................................................................................................

Gli avventisti fanno dell’attesa dell’“avvento” di Gesù Cristo il loro elemento identitario e distintivo. Il fondatore è William Miller (1781-1849), un predicatore battista. Sono suddivisi in vari gruppi, tra cui gli Avventisti del Settimo Giorno (1844) o sabbatisti: accettano la Bibbia come loro

unico credo e ritengono che le funzioni religiose debbano svolgersi nel “settimo giorno” (il sabato o Shabbat) anziché la domenica. Il centro è a Washington, ma sono presenti in circa 200 paesi, tra cui l’Italia.

I Mormoni.......................................................................................................................

Il nome u ciale è Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, fondata dall’americano Joseph Smith (18051844). Sostengono che la Bibbia deve essere completata con il Libro di Mormon, rivelato a Smith dall’angelo Moroni; osservano i 10 comandamenti, conducono una vita austera (niente alcol, fumo, ecc.), danno molta importanza alla famiglia e all’educazione. Secondo i dati u ciali i mormoni nel mondo sono circa 16 milioni, di cui 8 milioni negli Stati Uniti, in particolare nello Stato dello Utah, a Salt Like City che è il loro centro. In Italia sono circa 27.000 (dati del 2019).

Salt lake city: il centro mormone

Circa il 62 % degli abitanti di Salt Lake City sono mormoni, così come la maggioranza degli abitanti dello Utah. È chiaro che in uno Stato dove si concentra un numero così alto di fedeli, la «Chiesa dei santi dell’Ultimo Giorno» è piuttosto in uente. Ma far parte della comunità mormone comporta anche degli obblighi. I «santi», così come si chiamano tra di loro, versano alla comunità la decima parte del loro reddito e dedicano ad essa un minimo di cinque ore – che possono anche diventare 25 – a settimana per servizi di ogni genere. Molti partono in missione: a 19 anni i ragazzi, a 21 le ragazze. Questo viaggio all’estero, in condizioni spesso di cili (le spese sono pagate dalla famiglia), costituisce una sorta di rito di passaggio.

SPUNTI OPERATIVI

● Conoscete qualcuno dei gruppi o movimenti religiosi presentati? Che idea vi siete fatti?

● Approfondite i Testimoni di Geova, le Chiese avventiste e i mormoni sul sito del CESNUR, il centro per gli studi sulle nuove religioni

Do ier 185 Tema 7 i volti del cristianesimo
Una coppia di mormoni al Bryce Canyon, USA.

IL PUNTO

«GUARDATE IL VOLTO, NON I PIEDI!»

«Un teologo ortodosso, esprimendo l’alto concetto di Chiesa presente nella teologia orientale, scriveva: “La Chiesa è la Sposa di Cristo, con un volto bellissimo ed ornata con un vestito meraviglioso. È vero che ha i piedi infangati. Ma voi occidentali sembra che guardiate sempre solo i suoi piedi!”».

(Enrique Cambón)

« Ricordatevi di guardare le stelle, non i piedi!»

(Stephen Hawking, sico)

Enrique Cambón

Enrique Cambón è un sacerdote argentino, docente di Scienze sociali in vari atenei del Sudamerica e in Italia. Tra le sue opere: Un Dio assente che inquieta e provoca (E atà 2019).

SPUNTI OPERATIVI

Accettare una Chiesa con i piedi infangati e sporchi può sembrare solo una giusti cazione; ma non lo è se si ha il coraggio di non fermarsi ad essi. Tutto ciò che è umano ha i piedi sporchi. Alziamo lo sguardo: impareremo a guardare “oltre”. Avete già sperimentato anche voi che è limitante guardare solo al fango?

186

SINTESI INCLUSIVA

Il mondo cri iano

UN UNICO ALBERO, CON TANTI RAMI.

CHIESE ORTODOSSE

• Scissione nel 1054

• Chiese autonome (autocefale)

• Accettano i primi Concili

• No al primato assoluto del vescovo di Roma (il papa)

ricorda

CHIESA CATTOLICA

CHIESE PROTESTANTI

• Autorità della Bibbia

• Fedeltà alla tradizione (successione apostolica)

• Fedeltà alla Parola di Dio (Sacra scrittura o Bibbia)

• Legame con il magistero (papa e vescovi)

Movimento ecumenico: ricerca dell’unità di tutti i cristiani.

• Giustificazione per sola fede (è Dio che salva per fede, non le opere)

• No al magistero, sì al sacerdozio universale dei fedeli

«Non gli uni “accanto” agli altri, ma gli uni “per” gli altri» (alla base del movimento ecumenico cristiano)

DIBATTITO

Discutete tra voi la seguente affermazione: «È uno scandalo che in nome di Cristo siano nate così tante chiese diverse!».Ognuno porti argomenti pro o contro.

DOMANDE

La Chiesa di Cristo è una, ma sono tante le divisioni e le confessioni nate lungo i secoli □

Per entrare a far parte del movimento ecumenico non serve aderire al “Credo” o “Simbolo” □

Individua le due affermazioni errate:

1. La Chiesa di Cristo è una.

2. Lutero ha aderito alla Chiesa ortodossa.

3. Il conclave elegge il papa.

4. Gli ortodossi riconoscono come loro capo il pontefice romano.

187 Tema 7 i volti del cristianesimo
V
F
V □ F

PRATICA#MENTE

Dibattito

SPUNTI PER RIFLETTERE E DISCUTERE

«La storia ci insegna che non è facile, ma occorre trovare occasioni in cui le di erenze diventino valore e opportunità di crescita per tutti. Impariamo a conoscerci l’un l’altro e ad avere meno paura dell’altro. In questo momento storico ce n’è bisogno.»

(Commemorazione pubblica in ricordo dei diritti civili concessi ai Valdesi il 17 febbraio 1848, Torino, 17 febbraio 2020)

Che ne pensate di questa a ermazione? Pensate anche voi che le di erenze (tutte le di erenze!) debbano essere considerate un valore e un’opportunità di crescita?

al mattino, l’astro si leva all’orizzonte e man mano che sale riscalda la terra». Il gufo ribadì: «Io parlo per esperienza. Da quando mi sveglio a quando mi addormento fa freddo. Quando l’astro si leva fa freddo, sempre». In verità, l’uno parlava del sole e l’altro della luna. (Da E. Del Favero, La perla, il sole e altre favole, Gribaudi, Milano 2000).

Questa storiella, intitolata Il gallo, il gufo e la verità è solo uno spunto per invogliarvi a creare qualcosa di simile. Provate a rispondere a queste domande. Qual è la morale della favola? C’è un lo rosso che la collega al Tema trattato? ...................................................................................................

E ora provate anche voi ad inventarvi una storiella simile, tenendo presente che quando ci mettiamo alla ricerca della verità, riusciamo a scoprirne solo una parte: perché “la verità” dobbiamo sempre cercarla al di sopra di noi, costi quel che costi.

Prendendo spunto dalla realtà

Al tramonto un gallo e un gufo si incontrarono presso un albero. Tra loro sorse una disputa. Il gallo disse: «Quando l’astro rotondo e brillante si alza nel cielo, fa caldo. Ciò signi ca che quell’astro produce calore». Il gufo replicò: «Ti sbagli! Quello che dici è falso! Ti posso assicurare che quando l’astro si alza nel cielo, fa freddo». Il gallo insistette: «Spesso,

Attività interdisciplinare

Questo è il simbolo dell’ecumenismo: la croce cristiana posta come l’albero di una barca in mare e intorno la scritta oikoumene che, in greco, signi ca “tutto il mondo abitato”. Un invito alle diverse tradizioni e denominazioni ecclesiali a sviluppare relazioni più strette e una migliore unità nel nome di Cristo.

Conoscevate già questo simbolo? Vi sono nella vostra zona iniziative o attività ecumeniche? Potrebbe essere una buona occasione per una ricerca interdisciplinare con storia o italiano, e anche con altre discipline.

188
Motivazioni
................................................................................................... Motivazioni
.............................................................. ................................................................................................... Altro ..........................................................................................
PRO ......................................................................
CONTRO

Dal mondo dei social Buone notizie

«Tutti i credenti hanno diritto di credere di essere sulla via giusta. Ma credere che l’altro si trovi su quella sbagliata è segno di arroganza e presunzione e rappresenta un’offesa a Dio»

(dal blog di Ram Adhar Mali, docente di loso a e religioni all’università di Brema)

Lasciate un vostro commento sul blog di questo docente:

Un Film

La Rosa Bianca - Sophie Scholl , di M. Rothemund, Germania 2005, 117’: il lm narra, in maniera aderente alla realtà, di un gruppo di studenti universitari cristiani che si opposero al nazismo tra il settembre del 1942 e il giugno del 1943. Tra di loro ci sono protestanti, cattolici (come Sophie, la protagonista insieme al fratello) e un ragazzo ortodosso. Saranno catturati, processati e condannati a morte per aver distribuito dei volantini clandestini contro Hitler. Un lm tratto da una storia vera di alto valore morale, che fa ri ettere sui rischi dei vari assolutismi. Si consiglia di vedere il lm in un lavoro interdisciplinare.

Autovalutazione

Ho

Nel 1985 Gianni aveva 8 anni e molti problemi in famiglia, nché non bussa a casa di don Fortunato Di Noto e gli chiede: “Perché la mia vita è soltanto in bianco e nero?”. Alla domanda su come la volesse, non esitò: “Come un arcobaleno!”. Nasce così Telefono Arcobaleno - poi trasformatosi in Associazione Meter - che nel corso della sua attività ha denunciato e smascherato oltre 165.000 siti pedo-pornogra ci. Una denuncia che ha valso a don Fortunato una vita sotto scorta e un’esistenza minacciata. Nessuno nega che siano troppi i preti che si sono macchiati della grave colpa della pedo lia (non solo nella Chiesa cattolica!), ma rimane vero il detto attribuito a papa

Francesco: “I sacerdoti sono come gli aerei: fanno notizia solo quando cadono, ma ce ne sono tanti che volano” (22 novembre 2014).

189 Tema 7 i volti del cristianesimo
Ho imparato che ................................................................................................................................................................................ Molto interessante Interessante Poco interessante Noioso Di cile
trovato questo Tema:
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seconda parte

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In ogni essere umano – come racconta l’antica leggenda induista illustrata nel fumetto – c’è un forte richiamo al divino, anche se molto spesso lo cerchiamo un po’ dappertutto tranne che dentro di noi.

La ricerca religiosa dell’uomo

Come abbiamo già accennato nella prima parte, una delle etimologie più accreditate di “religione” fa riferimento ad un “legame” (re-ligio), una sorta di ponte o “relazione” tra la terra e il cielo, che chiama in causa una realtà considerata superiore all’essere umano. Da sempre c’è qualcosa nell’essere umano che lo spinge a non fermarsi a ciò che vede o che percepisce con i sensi, ad andare “oltre”. Questa ricerca ha trovato una delle sue espressioni più complete proprio nella religione e nelle sue varie manifestazioni storiche (le religioni).

Le domande di senso

Possiamo definire l’essere umano come la creatura che si pone domande di senso sulla propria esistenza. È grazie alla coscienza – cioè alla facoltà di riflettere e poi scegliere le proprie azioni – che l’homo sapiens sapiens si distingue dai vegetali e dagli animali. Infatti è solo l’essere umano (non importa se credente o meno) che si pone quelle domande esistenziali che il filosofo tedesco Immanuel Kant riassume in tre:

1. Che cosa posso conoscere?

2. Che cosa devo fare?

3. Che cosa posso sperare?

La prima domanda riguarda l’intelletto e la ragione. La seconda si interessa alle proprie azioni e al comportamento morale. La terza chiama in causa il senso stesso della vita e le aspettative più profonde, a cui la religione offre una risposta che va oltre la vita e apre il cuore alla speranza. Non si tratta di una conoscenza strettamente “razionale”, ma ha a che fare con l’intuizione e il simbolo, un altro modo di “conoscere”, come abbiamo messo in evidenza agli inizi del nostro percorso. La religione chiama in causa un’esistenza che va oltre la realtà umana, aprendosi al divino e all’aldilà

Scriveva il card. Jean-Louis Tauran: «Le tombe e i riti funerari della preistoria testimoniano di un rapporto dell’uomo col divino. Da 100.000 anni, il fatto religioso si impone. La religione non rappresenta una stagione particolare della storia, essa appartiene alla natura dell’uomo. Credenti o non credenti, tutti attendiamo qualcosa che dia senso alla nostra esistenza, che salvi la nostra vita dall’inutilità e dall’abisso». Riconoscere con umiltà questo “bisogno” è la “fede religiosa”. Milioni e milioni di persone in tutto il mondo intuiscono che la religione aiuta a dare un senso alla propria vita.

Non c’è conoscenza senza la meraviglia

La capacità di meravigliarsi, di lasciarci sorprendere, non è certamente solo un’intuizione della religione. Il sale della vita è proprio la capacità di vedere là dove altri non scorgono niente. «L’essenziale è invisibile agli occhi» ci ha insegnato il racconto de Il piccolo principe. Chi non sa vedere “oltre ciò che appare” rischia di ritrovarsi un “cuore di ghiaccio”, incapace di provare emozioni e di aprirsi alla meraviglia.

Ecco perché Dante Alighieri, nella Divina Commedia, quando si avvicina al centro dell’inferno non trova il fuoco, ma una landa di ghiaccio, con gli occhi dei dannati cuciti dal gelo. Sono in molti quelli che cercano di ammorbidire il ghiaccio del cuore con artifici vari: rifugiandosi nel virtuale, nell’alcool, oppure “stupefacendosi” con varie sostanze… Ma queste sono soltanto fughe che lasciano il cuore freddo. Scrive Alessandro D’Avenia: «La nostra è un’epoca di sovreccitazione, non è un’epoca di passione. Una cultura dal cuore caldo può restituire ai ragazzi lo stupore del quotidiano: si accede alla loro testa solo attraverso il rapimento della bellezza. Prima viene la meraviglia, poi la conoscenza: lo diceva Aristotele e nulla è cambiato»

Il segreto della vita passa dallo “stupore”, dal “mistero” e la religione non fa che testimoniare nel tempo il valore della “meraviglia”. Ecco perché vi si chiede di osservare il fenomeno religioso con occhi stupiti e di scoprire ciò che le religioni del mondo hanno da insegnarci.

191
O NASCE
MERAVIGLIA
TU
DA A

LA VITA secondo le religioni

Dedicheremo l’8° Tema (il primo della seconda parte) al senso della vita secondo le principali religioni del mondo. Le risposte che esse danno non sono uguali, ma hanno comunque una base comune: l’essere umano non è destinato a nire in una fossa o a diventare solo un mucchietto di cenere. (a capo qui) La vita, secondo le religioni, continua dopo la morte, anche se in modo di erente. Ed è questo messaggio che accomuna le varie religioni del mondo. Tutte indicano qualcosa che “va oltre”, che continua nel tempo e per l’eternità. Per questo, come esseri umani, siamo chiamati a vivere bene la vita, senza sciuparla: perché le due “vite” (qui e nell’aldilà) sono tra loro collegate.

IL PERCORSO CHE FAREMO

I contenuti digitali speciali
PER CONCLUDERE • Il punto 214 • Sintesi inclusiva 215 • Pratica#mente 216
8
• La ricerca di senso 194 • Vivere secondo il dharma 196 • La via buddhista 199 • La visione ebraica 202 • Il senso cristiano della vita 204 • Islam, fedeltà a Dio 206 • In dialogo con chi non crede 208 • D/Religioni, cibo e vita quotidiana 210

chi? Who? dove? Wh e? quando? When? cosa? What? perché? Why?

Il Tema a ronta la domanda sul senso della vita secondo le varie religioni, o almeno quelle che sono considerate le principali al mondo.

is eme addresses the question about the meaning of life according to the di erent religions, or at least the main ones in the world.

La risposta al senso della vita sarà cercata all’interno delle principali tradizioni religiose viventi, ma limitandoci alle risposte più importanti, senza scendere in troppi dettagli.

Il percorso proposto si svolge in classe, durante l’ora di religione. Non c’è abbastanza spazio per a rontare un tema così vasto, ma ci impegneremo a dare risposte coerenti.

Ogni tradizione religiosa dà molta importanza alla vita, dà un senso positivo alle azioni che l’essere umano è chiamato a compiere nel rispetto delle regole.

We’re going to look for the answer to the meaning of life inside the main current religious traditions but we’ll give the most important answers without going too much in details.

e proposed path is going to take place in class, during the religion class. We won’t have enough time to face such a broad topic but we’ll do our best to give consistent answers.

Conoscenze

• Approfondire, in una ri essione sistematica, gli interrogativi di senso più rilevanti.

• Riconoscere il ruolo della religione nella società, comprendendone la natura, in una prospettiva di dialogo.

ABILITÀ

Each religious tradition gives a lot of importance to life and gives a positive sense to those actions that the human being has to do in accordance with the rules.

Conoscere e confrontarsi con le risposte che le religioni danno sul senso della vita –anche con una visione della vita non religiosa o atea – è un modo per allargare i propri orizzonti e arricchirsi interiormente.

Knowing and facing the answers that the religions give to the meaning of life, even in a non-religious or atheist point of view, is important to broaden one’s horizon and enrich inwardly.

COMPETENZE

• Confrontare orientamenti e risposte della religione alle più profonde questioni della condizione umana, in un quadro di di erenti contesti culturali e religiosi.

• Spiegare la dimensione religiosa della persona tra senso del limite e bisogno di salvezza e trascendenza.

• Sviluppare un maturo senso critico e un personale progetto di vita.

• Costruire un’identità libera e responsabile, ponendosi domande di senso.

LA VITAsecondo le religioni

1. la ricerca di senso

In varie occasioni, magari con modi ed espressioni diverse, ci siamo trovati a chiederci:«Che senso ha la nostra vita?». Immancabilmente c’è sempre qualcuno che, in modo più o meno diretto e sbrigativo (facendoci sentire anche un po’ cretini), ci risponde: «Il senso della vita è la vita stessa! Perché farsi domande inutili? Cerchiamo di viverla al meglio, senza tante elucubrazioni mentali!». Effettivamente, se si osserva il mondo della natura, per esempio le formiche e le api non si pongono certo domande di questo tipo. Scriveva già diversi anni fa Eugenio Scalfari sul quotidiano da lui fondato: «La natura vive e basta. E noi, non siamo forse natura? Non credo che la nostra specie sia superiore a quella delle api o delle formiche o dei passeri. La sola differenza sta nel fatto che io so di dover morire e la formica o il passero non lo sanno, né lo sa il filo d’erba che nasce nel campo» (da La Repubblica, 24 gennaio 1996). Sì, d’accordo. Nella natura tutto è importante, come ci ricorda anche Walt Whitman nella poesia riportata nella pagina accanto, ma la differenza tra l’essere umano e il resto della natura non è così insignificante. È proprio il «sapere di dover morire» che determina la profonda differenza qualitativa, da cui scaturisce la domanda sul senso e significato della vita.

Victor Frankl, un noto psicoterapeuta tedesco, sopravvissuto ai campi di deportazione nazisti, sosteneva che quando l’individuo non si sente “significativo”, cerca compensazione o in gratificazioni artificiali (droghe chimiche e psichiche) o in atteggiamenti di potenza (comportamenti distruttivi ed autodistruttivi): a suo parere l’uomo di oggi non è più frustrato sessualmente come l’uomo del secolo scorso, ma è insoddisfatto sul piano dei valori. Anche se l’analisi di Frankl risente del periodo storico post-sessantottino in cui l’autore viveva e operava, di fondo rimane comunque tuttora valida. Non riuscire a dare una risposta soddisfacente al bisogno, presente in ogni essere umano, di «dare un senso» alla propria vita è causa di tanta sofferenza interiore, molto diffusa ai nostri giorni e che rende tutto sfuggevole e superficiale.

Il “mal-essere” camu ato da “ben-essere”

Certamente la lettura fatta da Frankl non può essere l’unica per comprendere i sempre più evidenti segnali di malessere presenti nella nostra società occidentale. Proprio i più giovani lanciano numerosi messaggi di un “mal-essere” profondo, mascherato da un “ben-essere” materiale: con atteggiamenti di apatia e di indifferenza, con disturbi del comportamento che denotano un’insoddisfa-

Viktor Frankl (1905-1997) è stato uno psichiatra e losofo austriaco, che ha subito la deportazione nei campi nazisti. Proprio in seguito a questa esperienza, è stato tra i fondatori della scuola di psicoterapia dell’analisi esistenziale e della logoterapia; ha cercato di valorizzare l’aspetto umano e spirituale dell’individuo.

Frustrazione per mancanza di senso

«Ogni epoca ha la sua nevrosi e quella di oggi è una frustrazione esistenziale. Oggi si so re di un abissale senso di insigni canza, intimamente connesso a un senso di vuoto interiore. Ecco perché parlo di vuoto esistenziale… La gioventù studentesca dei nostri giorni è dominata dal problema radicale di una determinazione di fondo e del sentimento autentico della vita».

(Viktor Frankl, La so erenza di una vita senza senso, Mursia 2013).

194
Viktor Frankl

zione profonda. Scrive una quindicenne: «A che serve questa vita? Mi guardo intorno e tutto quello che riesco a vedere è una scuola e un mondo che possono andare avanti benissimo senza di me. Sono qui per caso e continuo a vivere a caso… Non riesco a dare un senso a me stessa e a tutto ciò che mi circonda»

Le risposte delle religioni

Cosa hanno da dire le religioni su queste domande di senso?

● Non ci sono risposte facili e veloci, su questi e molti altri temi. Nulla si conquista in breve tempo, senza mettere in conto una ricerca seria, che costa anche fatica e sacrifici. Insomma, in questo genere di cose non si googla!

● In ognuno di noi è radicata l’aspirazione a qualcosa che possa durare per sempre. Il concetto di anima immortale, di infinito, di eternità - pur in modi e forme diverse - è presente in ogni esperienza religiosa.

● Le religioni ci testimoniano che l’uomo non è destinato a finire nel nulla. Non è “un pacco che la levatrice consegna al becchino”, secondo una famosa battuta del comico e scrittore Ettore Petrolini; né una maniglia rotta che non serve più e viene gettata via. Scriveva sant’Agostino di Ippona: “Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te” (Confessioni, 1.1).

● L’uomo e la natura sono destinati all’eternità, a diventare cioè parte del mistero di Dio: “totalmente altro e trascendente” ma anche presente nel cuore di ogni persona.

SPUNTI OPERATIVI

«Io non ci tengo a essere felice, io preferisco la vita, con le sue ombre. La felicità è una bella schifezza se non le insegni a vivere» (Alessandro D’Avenia, Cose che nessuno sa, Mondadori 2011). Secondo voi, cosa vuol dire lo scrittore con questa frase?

Se mi chiedi “Cosa c’è di buono nella vita?”, ti rispondo: “Che tu sei qui, che la vita esiste, che tu sei vivo”. Ti sembra poco?».

«

(Dal blog di una ragazza a etta da grave handicap)

Le grandi domande di sempre

«In diverse parti della terra, segnate da culture di erenti, sorgono le domande di fondo che caratterizzano il percorso dell’esistenza umana: chi sono? Da dove vengo? Dove vado? Perché il male? Cosa ci sarà dopo questa vita? Questi interrogativi sono presenti negli scritti sacri di Israele, ma compaiono anche nei Veda non meno che negli Avesta [i libri sacri indiani, ndr]; li troviamo negli scritti di Confucio e di Lao-Tzu come pure nella predicazione di Tirthankara e di Buddha; a orano nei poemi di Omero e nelle tragedie di Euripide e di Sofocle, come pure nei trattati loso ci di Platone e Aristotele. Sono domande che hanno la loro comune origine nella richiesta di senso che da sempre urge nel cuore dell’uomo: dalla risposta a tali domande, infatti, dipende l’orientamento dell’esistenza.»

(dall’Introduzione all’enciclica Fede e ragione, n. 1)

«Credo che una foglia d’erba non sia meno di un giorno di lavoro delle stelle.

Tutto continua e si estende, niente si annulla».

(Da Song of Myself, 1892, di Walt Whitman, poeta e scrittore statunitense)

195 Tema 8 la vita secondo le religioni

2. vivere secondo il dharma

La domanda più pertinente da rivolgere a un indù non è «qual è la tua religione?», ma «qual è il tuo modo di vivere?». Infatti per la religione tradizionale dell’India, conosciuta come «induismo» (ma il termine più appropriato sarebbe Sanātana-dharma, cioè la “Legge primordiale o eterna”), ciò che conta è il gruppo di appartenenza, il lavoro che si svolge, i riti che si praticano… insomma, tutti aspetti concreti e pratici. Nonostante questi aspetti pragmatici, la religiosità del grande continente indiano rimane una realtà complessa, perché non si tratta di una singola religione, ma di un insieme di vie di salvezza, che possiamo paragonare ad un fiume che raccoglie tanti affluenti lungo il suo corso, o anche ad un’orchidea dai moltissimi incroci che si perdono nel tempo. Infatti i Veda, i primi testi sacri in sanscrito, risalgono agli ariani, nel periodo che va dal 1700 al 1200 a.C.

Una religione monoteista o politeista?

Gli dèi indù

All’origine di tutto c’è una realtà assoluta, indivisibile ed eterna, l’Uno, chiamata Brahman o anche Isvara (“Signore”). Isvara può manifestarsi in tre forme principali: come Brahma, il dio creatore; come Vishnu, il dio che conserva e fa durare tutto ciò che è creato; come Shiva, il dio che distrugge e trasforma. Questi tre formano la Trimurti: le tre facce della realtà assoluta. Vi sono poi molte altre manifestazioni di erenti della stessa realtà suprema. Si parla addirittura di 33 milioni di dèi!

Spesso ci si pone questa domanda parlando di quel che comunemente è conosciuto come “induismo”; ma la risposta non è univoca. Esiste certamente in questa antica tradizione religiosa un’entità suprema (v. riquadro), che si manifesta in tre forme principali (Trimurti), ma anche in una miriade di dèi e dee. Tutte questa molteplicità di manifestazioni divine sono comunque da ricollegare con Una rappresentazione di Ganesh, divinità induista.

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il Brahman, realtà assoluta ed eterna, e le numerose divinità sono delle emanazioni di questa realtà unica, che fanno da intermediarie tra l’ente supremo e il mondo.

Nel pensiero indù tutto è Brahman e anche l’atman, l’io profondo dell’uomo, è destinato ad identificarsi con questa realtà suprema Si può dire che in India il divino è reale, come l’aria che si respira. Scrive Tagore: «Il Bràhman non è questione di cercarlo in una cosa piuttosto che in un’altra... Come non c’è bisogno di andare al mercato a procurarsi la luce del giorno, ma basta aprire gli occhi per averla, così con il solo darsi a Lui troviamo che Brahman è dovunque».

In questo contesto, è difficile in India trovarsi di fronte a posizioni dichiaratamente atee o agnostiche come invece è piuttosto comune ormai in Occidente.

Scopo della vita è raggiungere la salvezza

Compito dell’essere umano è quello di percorrere la strada che porta alla salvezza. Per raggiungere questo obiettivo, si deve passare attraverso varie vite, perché solo così si riesce a staccarsi completamente dalla ruota delle reincarnazioni e raggiungere la salvezza definitiva (moksha).

Lo yoga è una tecnica di ascesi o un metodo di meditazione che aiuta a raggiungere questo scopo. Nella tradizione dell’India esistono molte forme di yoga, in particolare quella che viene chiamata la triplice via:

1. lo yoga dell’azione (karma yoga): l’essere umano affida all’Assoluto ogni suo gesto e lo compie senza attaccarsi ai risultati ottenuti;

2. lo yoga della conoscenza (jnana yoga): si prefigge di raggiungere la visione dell’Assoluto, del Brahman, attraverso la conoscenza dei Veda, i libri sacri della tradizione;

3. lo yoga dell’amore e la devozione (bhakti yoga): verso una divinità, con un atteggiamento di abbandono o anche nei confronti del proprio maestro spirituale (guru).

Le varie fasi della vita

Per un indù la vita è suddivisa in quattro fasi (v. riquadro), che aiutano a trascendere l’esistenza umana (considerata māyā, “apparenza”) e a liberarsi dal faticoso ciclo delle rinascite, così da raggiungere la liberazione o salvezza finale (moksha). In questa visione è importante sottolineare che l’essere umano è visto come un insieme unitario di realtà materiali e spirituali: nessuna persona può raggiungere la meta finale trascurando il corpo o lo spirito. Ambedue gli aspetti (sia quello materiale che spirituale) sono importanti, come viene espresso dai quattro valori o obiettivi fondamentali da raggiungere nella vita:

1. la passione (kama): il piacere, l’amore e il desiderio sono tappe importanti da vivere positiva-

Rabindranath Tagore

Rabindranath Tagore (1861-1941), è stato un poeta, drammaturgo, scrittore e losofo bengalese, molto conosciuto nel mondo. Nel 1913 ha ricevuto il Premio Nobel per la letteratura.

197 Tema 8 la vita secondo le religioni
Un uomo sadhu, asceta induista.

mente, anche se poi devono essere oltrepassati;

2. il benessere (artha): sono i beni materiali, anch’essi necessari nella vita;

3. l’onestà (dharma): è fare il proprio dovere e vivere in mondo etico, rispettando gli altri;

4. la liberazione o salvezza finale (moksha): si raggiunge una volta abbandonato tutto.

Suddivisioni e contraddizioni

La tradizione indù presenta però anche forti contraddizioni, come quelle relative alle caste, in cui la società è di fatto divisa. Pur essendo state abolite nel 1947, quando l’India ha raggiunto l’indipendenza, le caste rimangono nella mentalità della gente, soprattutto nei territori rurali. Ogni indù è legato alla propria casta. Quattro sono le caste principali: sacerdoti, guerrieri, contadini e servi, a cui occorre aggiungere i cosiddetti paria, o intoccabili. I componenti di ciascuna casta sono vincolati a rigide regole sociali: contrarre matrimonio solo con un membro della propria casta, esercitare un lavoro specifico all’interno della propria casta, consumare i pasti soltanto con i membri della propria casta. Tanto più in alto nella gerarchia castale si trova un indù, tanto più rigide sono le norme che deve rispettare; il consumo di carne, per esempio, è severamente proibito ai membri della caste alte, che devono rispettare rigorosamente la regola della non violenza.

La suddivisione della società in caste deriva dagli stessi libri sacri (Bhagavadgītā XVIII, 42-44) ed è strettamente legata al concetto di karma (azione), che determina le rinascite: tra un’esistenza e l’altra, l’essere umano può dimorare nei cieli come divinità o negli inferi come demone e quando farà ritorno sulla terra nascerà in una casta o nell’altra, oppure in una forma non umana. Le disuguaglianze tra gli esseri umani non dipendono dagli dèi, ma dalle azioni stesse degli uomini e delle donne: si rinasce in una casta superiore o inferiore, oppure in un mondo positivo o negativo, in base alla propria condotta tenuta nella vita precedente. Il sistema delle caste stabilisce la gerarchia dei comportamenti sociali e ognuno è ben consapevole della propria condizione fin dalla nascita. È facile intuire i forti limiti che comporta questa visione e quanta passività e rassegnazione possa generare nelle persone.

SPUNTI OPERATIVI

Per scoprire la religiosità vissuta dagli indù, si consiglia di fare una breve ricerca sulle principali feste dell’induismo.

Le tappe della vita

Secondo l’antica tradizione vedica, la vita umana si divide in quattro stadi:

• il periodo degli studi sacri, che inizia verso i dodici anni e dura, più o meno, altri dodici anni;

• la vita di famiglia, in cui ci si sposa e si pensa al mantenimento della propria famiglia;

• la vita nella selva, quando si incomincia a invecchiare e allora ci si ritira nella foresta per studiare le scritture, praticare la meditazione e il digiuno;

• la vita della perfetta rinuncia, l’ultimo stadio della vita, quello della rinuncia al mondo, durante il quale ci si prepara alla morte e alla liberazione (moksha).

198 Tema 8 la vita secondo le religioni

3. la via buddhi a

Il buddhismo rifiuta ogni estremismo e invita a vivere secondo le indicazioni predicate dal Buddha.

Siddharta Gautama, meglio conosciuto come il Buddha, nasce in India (a Kapilavastu, un’antica città dell’attuale Nepal) probabilmente nel 563 a.C. da una famiglia principesca. La sua infanzia e giovinezza scorre tranquilla e nel pieno benessere, quando alcuni incontri casuali lo mettono davanti alla sofferenza (quella della vecchiaia, della malattia, della morte e poi di un eremita). Fortemente turbato, decide di abbandonare la sua vita agiata e anche la sua famiglia (la moglie e il figlio) per cercare una risposta alla sofferenza attraverso la dura via dell’ascetismo. Ma dopo sei anni di una vita austera e piena di sacrifici si rende conto che non è questo il modo adatto per trovare una risposta a ciò che cerca, intuendo così la “giusta via di mezzo”, quella che rifiuta ogni estremismo. In questo modo, meditando all’ombra di un grande albero, intuì la via per liberarsi dalla sofferenza, raggiungendo così lo stato di “Buddha”, un titolo che significa “l’illuminato” o “il risvegliato”. Dopo l’illuminazione, quando decise di comunicare anche ad altri la sua intuizione, sintetizzò la sua dottrina nelle «quattro nobili verità», indicando in questo modo un cammino, da fare in quattro tappe, che porta all’estinzione della sofferenza o nirvana (v. nel Tema 3 il Dossier sulle religioni dell’oriente).

La concezione della vita

Per il buddhismo la vita è divenire: è fatta di nascita, instabilità, dolore, morte, tutte realtà che non fanno altro che mettere in moto la “ruota delle rinascite” e quindi sempre nuova sofferenza. Questo perché l’attaccamento alle cose, l’insoddisfazione, la malattia, la vecchiaia, la morte non fanno che generare continua sofferenza. Per liberarsi da questa “ruota della sofferenza” e raggiungere la liberazione definitiva, o nirvana, il buddhismo propone di vivere e mettere in pratica la dottrina delle “quattro nobili verità”.

La prima è rendersi conto che la vita è dolore (concetto che comprende il dolore fisico, la malattia, la vecchiaia, l’impermanenza, la limitatezza...).

La seconda di queste verità afferma che il dolore è determinato dall’attaccamento alle cose, o sete di essere e di avere, rappresentata simbolicamente dai tre animali al centro della ruota.

La terza verità sostiene che solo sopprimendo questo attaccamento è possibile oltrepassare la sofferenza.

Saggezza buddhista

• «Il segreto della salute sica e mentale non sta nel lamentarsi del passato, né nel preoccuparsi del futuro, ma nel vivere il momento presente con saggezza e serietà».

• «La via non è nel cielo; la via si trova nel cuore».

(Frasi attribuite al Buddha)

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Buddha è ra gurato seduto perché la sua posa di meditazione, detta “del loto”, è considerata importante nella pratica buddhista.

secondo le religioni

La quarta verità, infine, indica come arrivare alla liberazione definitiva attraverso la pratica del “nobile ottuplice sentiero” (per la descrizione completa vedi il Dossier sulle religioni dell’oriente). Si tratta di otto tappe, ben delineate e collegate tra loro, che i seguaci del Buddha devono vivere e praticare se vogliono raggiungere la meta finale (o nirvana) indicata dal fondatore. Un posto rilevante in questo cammino ha l’etica e la pratica costante della meditazione. Il buddhismo si presenta come una dottrina piuttosto pratica e concreta. Infatti il Buddha si propone come un medico che ha a cuore la salute dei suoi pazienti e fornisce loro una diagnosi esatta, insieme ad un’efficace terapia. Per questo non si preoccupa di rispondere a domande che ritiene inutili o solo metafisiche.

Filoso a o religione?

Di fatto anche questa domanda può essere considerata inutile, perché frutto di una mentalità occidentale che tende a separare le due discipline. In India, come in tutto l’Oriente, religione e filosofia non sono state mai separate o in contrapposizione tra loro, quindi il problema non si pone, almeno nei termini a cui noi siamo abituati. È vero però che il buddhismo non è una religione nel senso tradizionale del termine, perché il Buddha non ha mai risposto a domande sull’esistenza o meno di un Dio. Nella sua predicazione si preoccupava soprattutto di indicare alle persone una via per liberarsi dal dolore e dalla sofferenza, e non di problemi che considerava non prioritari e metafisici. Ma la non risposta del Buddha su Dio non significa che il buddhismo sia ateo, come invece il suo silenzio è stato spesso interpretato, soprattutto in Occidente.

Le 4 virtù buddhiste

• Mettā (amorevolezza): rispetto e amore verso tutti gli esseri.

• Karunā (compassione): solidarietà verso tutti gli esseri.

• Muditā (gioia partecipe): trovare gioia partecipando a quella degli altri (empatia).

• Upekkhā (equità d’animo): trattare tutti gli esseri con la stessa benevolenza e generosità.

200 Tema 8 la vita
La ruota del dharma simbolo della religione buddhista.

La finalità ultima della vita di un buddhista è eliminare da sé quell’attaccamento o sete di essere e di avere, che mette in moto la ruota della vita e quindi le varie reincarnazioni, per raggiungere – attraverso la pratica della dottrina del Buddha – la liberazione finale (nirvana).

“giusta via

e le indicazioni dei precetti

La pratica dell’etica buddhista si ispira al principio della “giusta via di mezzo” (cioè il rifiuto di ogni forma di eccesso) ed è regolata da vari precetti. Cinque sono le regole di vita alla base del comportamento di ogni buddhista.

I 5 precetti dei laici (uomini e donne che praticano il buddhismo)

1. Mi asterrò dalla distruzione degli esseri viventi.

2. Mi asterrò dal prendere ciò che non è stato dato.

3. Mi asterrò dagli eccessi sessuali.

4. Mi asterrò da discorsi violenti, falsi e che causano sofferenza.

5. Mi asterrò dal diminuire la consapevolezza ingerendo sostanze intossicanti.

I 10 precetti dei novizi (coloro che vivono in monastero, ma non sono ordinati)

Oltre ai 5 precetti dei laici, i novizi ne devono rispettare altri 5.

6. Mi asterrò dal mangiare cibi fuori dai tempi stabiliti (dopo mezzogiorno fino all’alba seguente).

7. Mi asterrò dal partecipare a eventi mondani - balli, canti o feste - e dal far uso di ghirlande di fiori, profumi, cosmetici, gioielli.

8. Mi asterrò dall’usare sedili o letti alti o sontuosi.

9. Mi asterrò da onori e cariche.

10. Mi asterrò dal possedere oro e argento.

I precetti dei monaci (coloro che hanno ricevuto l’ordinazione monacale)

I monaci, oltre ai 10 precetti comuni con i novizi, devono rispettare 227 regole, mentre per le monache sono 311, almeno secondo la scuola Theravada, che segue il Canone Pali.

Nella concezione di vita buddhista la non violenza ha un grande valore; nella sua predicazione il fondatore invitava tutti ad avere compassione, benevolenza e solidarietà verso tutti gli esseri viventi.

Il buddhismo, a differenza della tradizione indù, non ammette differenze di casta, religione o sesso. Tutti gli esseri sono accomunati nell’impegno per liberarsi dal dolore e dalla sofferenza.

SPUNTI OPERATIVI

Il buddhismo è molto ricco di aforismi e racconti sapienziali, in particolare quello zen. Si consiglia una breve ricerca sulle principali frasi del Buddha.

201 Tema 8 la vita secondo le religioni
La
di mezzo”
Il Wat Mahathat è un noto tempio buddista che si trova ad Ayutthaya, nella ailandia centrale.

4. la visione ebraica

« Ho una fiducia così grande: non nel senso che tutto andrà sempre bene nella mia vita esteriore, ma nel senso che, anche quando le cose mi andranno male, io continuerò ad accettare questa vita come una cosa buona».

(Etty Hillesum, ebrea uccisa dai nazisti)

Vi sono alcuni termini dell’ebraico antico che ci aiutano a capire la concezione ebraica della vita. L’uomo (adam) è polvere, è debole (enos), è una creatura (basar) perché è in rapporto di dipendenza con Qualcuno (il Signore). La concezione semitica dell’uomo è ben lontana dal dualismo greco che vedrà la distinzione netta tra corpo e anima (svalutando il primo a favore della seconda, con conseguenze che hanno condizionato a lungo la cultura occidentale, compresa quella cristiana). Insegna l’ebraismo che l’essere umano è un’unità profonda, il cui la materia e lo spirito, tra loro inseparabili, formano un’unica realtà. Infatti l’essere umano è stato fatto a immagine del Creatore (v. Genesi 1,27) grazie al ruah (che in ebraico significa “vento, respiro, spirito di Dio”) che lo fa essere il rappresentante dello stesso Creatore sulla terra. Ovviamente questo grande potere dato all’essere umano sulla natura è per custodirla e proteggerla, non per distruggerla. Un’altra parola importante per comprendere la visione ebraica della vita è cuore (lev), la sede dell’intelligenza, della memoria, della conoscenza, che deve sempre essere in sintonia con il Creatore.

Vita come fedeltà

Una caratteristica dell’ebraismo è la fedeltà, prima di tutto di Dio nei confronti del popolo. C’è una congiunzione, lakhèn in ebraico (“eppure!”), che il Signore pronuncia nei momenti più drammatici e difficili della storia del popolo, proprio

Padre e glio in preghiera al Muro del Pianto, ciò che resta del Tempio di Gerusalemme, luogo sacro per gli ebrei. Entrambi indossano la kippah, il copricapo tradizionale. Il ragazzo veste il tallit, il manto della preghiera, e i te llin (o latteri), astucci in cuoio che si legano al braccio sinistro e sulla fronte.

Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con la polvere del suolo e so ò nelle sue narici un alito di vita (ruah) e l’uomo divenne un essere vivente.

(Genesi 2,7)

«Lakhèn, “eppure”, è la parola ebraica che manda in frantumi l’impossibile, che spazza via gli ostacoli, che crea l’avvenire. La parola che accetta lucidamente le di coltà, le insidie, le barriere e le polverizza con la speranza».

(André Neher, studioso dell’ebraismo, in particolare della mistica ebraica, la kabbalah).

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quando tutto sembra finito: «Eppure (lakhèn) stabilirò con voi una Nuova Alleanza» (v. Geremia 31,31). È su questa “fiducia nonostante tutto” che si fonda l’alleanza tra Dio e il suo popolo e anche la speciale dignità di cui si sente investito il pio ebreo. Da qui deriva il timore reverenziale che si trasforma in amore (simboleggiato dal portare la kippah sul capo) e l’esigenza di camminare nella giustizia, osservando con scrupolo la Torah, la legge ebraica. Così riassume l’ideale di vita ebraica Nedelia Tedeschi, storica insegnante della comunità ebraica di Torino: «Noi ebrei non ci chiediamo tanto “chi è Dio”, ma “cosa Dio vuole da noi”».

Principi di vita

I principi a cui si ispira un ebreo sono sintetizzati nelle Dieci Parole (o Decalogo) e nelle 613 regole (mitzvòt). Molte di queste regole riguardano l’alimentazione; la tradizione ebraica stabilisce che il cibo deve essere rigorosamente kasher, cioè macellato e cucinato secondo le regole stabilite dalla tradizione. Altri aspetti importanti della vita ebraica sono: lo studio della Torah e del Talmud, insieme a tutto ciò che può arricchire la sapienza personale; la preghiera, soprattutto quella fatta in sinagoga, ma anche quella individuale; il sabato, giorno del riposo dedicato alla famiglia, alla riflessione e alla preghiera; l’attesa messianica e la memoria. Quest’ultima è particolarmente importante perché significa “non dimenticare”: non solo le promesse del Signore, ma anche ciò che è accaduto nella storia e tradizione ebraica, in particolare la Shoah.

Quando comincia il giorno?

«Un rabbino istruiva, una volta, i suoi discepoli. Nel corso dei suoi insegnamenti, domandò loro: “Quando comincia il giorno?”. Uno tra loro rispose: “Quando si alza il sole ed i suoi dolci raggi abbracciano la terra e la rivestono d’oro. Allora, un nuovo giorno comincia”. Ma il rabbino non fu soddisfatto da tale risposta. Così, un altro discepolo s’arrischiò ad aggiungere: “Quando gli uccelli cominciano a cantare in coro le loro lodi e la natura stessa riprende vita dopo il sonno della notte. Allora, un nuovo giorno comincia”. Anche questa risposta non accontentò il rabbino. Uno dopo l’altro, tutti i discepoli tentarono di rispondere. Ma nessuno riuscì a soddisfare il rabbino. In ne, i discepoli si arresero e con agitazione domandarono loro stessi: “Allora, dacci tu la risposta giusta! Quando comincia il giorno?”.

Ed ecco il rabbino rispondere con estrema calma: “Quando vedete uno straniero nell’oscurità ed in lui riconoscete vostro fratello, in quel momento il giorno è nato! Se non riconoscete nello straniero vostro fratello o vostra sorella, il sole può essere sorto, gli uccelli possono cantare, la natura può ben riprendere vita. Ma fa ancora notte, e le tenebre sono nel tuo cuore!”».

SPUNTI OPERATIVI

● Quali ri essioni suscita in voi il racconto “Quando comincia il giorno”?

● «L’uomo veramente saggio è colui che non smette mai di imparare», è scritto nel Talmud. E voi, cosa avete imparato oggi?

Saggezza in pillole

• «Nel mondo futuro non mi verrà chiesto “Perché non sei stato Mosè?” ma “Perché non sei stato te stesso?”» (saggezza ebraica).

• «L’uomo veramente saggio è colui che resta un eterno studente e non smette mai d’imparare qualcosa ogni giorno trascorso in terra» (Talmud).

203 Tema 8 la vita secondo le religioni
Il rotolo della Torah aperto all’interno di una sinagoga. (Sapienza rabbinica)

5. il senso cri iano de a vita

Il dato fondamentale al centro della vita cristiana, caratterizzante rispetto alle altre tradizioni religiose, è l’evento Gesù Cristo. La maggior parte della vita di Gesù è trascorsa a Nazaret, nella regione della Galilea, a Nord della Palestina; la sua vita pubblica è concentrata nell’arco di circa tre anni, quando si presenta come maestro (rabbì)itinerante e predica la “buona notizia” (vangelo) del Regno di Dio. La sua missione – dopo la terribile condanna alla morte in croce – sembra destinata al fallimento; ma non è così se consideriamo che, dopo circa 2000 anni, parliamo ancora di Lui. Infatti Gesù, morto in croce “per essersi proclamato re dei giudei”, è poi risorto dai morti, come sappiamo dai Vangeli e come testimoniano coloro che hanno creduto in lui come Cristo (il Messia atteso dal popolo ebraico) e Signore (vero Dio e vero uomo nello stesso tempo).

Siamo tutti fratelli e sorelle

Alla base della concezione cristiana della vita c’è il principio della fratellanza. Dio è Padre di tutti gli esseri umani e tutti i popoli sono tra loro fratelli. È infatti l’amore – verso Dio e il prossimo – l’unico grande comandamento, come indica

« L’amore, se è vera passione, opera in tutte le direzioni, è trasversale. L’amore per gli altri contiene già l’amore verso Dio».

(Card. Carlo Maria Martini)

La vita è bella se la doni

«La vita è bella quando ci si vuol bene: è l’amore che fa vincere nella vita. Tra vittorie e scon tte mi trovo sul campo da cinquantacinque anni e sempre battagliero. La vita è fatta per esplodere, per andare più lontano. Se essa rimane costretta entro i suoi limiti non può orire, se la conserviamo solo per noi stessi la si so oca. La vita è radiosa dal momento in cui si comincia a donarla. Vivere solo per se stessi è as ssiante».

(Dagli scritti di p. Clemente Vismara, 1997)

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in modo efficace lo stesso simbolo della croce, con il braccio verticale (l’amore verso Dio) che si interseca con quello orizzontale (l’amore verso tutte le persone, senza distinzioni). E sarà proprio l’amore il criterio ultimo su cui ogni persona sarà giudicata. Per questo il cristiano, come seguace del Cristo, non può limitarsi ad osservare soltanto le “Dieci Parole” (o Decalogo, dato da Dio a Mosè sul monte Sinai) ma è chiamato a mettere in pratica l’amore verso Dio e i fratelli, anche nei confronti dei nemici, così come ha insegnato Gesù (v. Matteo 5,43-48). Il comandamento dell’amore supera le regole religiose e i pregiudizi, proprio come insegnano le parabole evangeliche, in particolare del Buon Samaritano e del Figlio Perduto.

Nella parabola sul giudizio finale, a cui si riferisce la vignetta, Dio stesso si identifica con l’affamato a cui viene offerto del pane, con l’assetato che riceve dell’acqua, con lo straniero che viene accolto, con il carcerato visitato... Dio si mostra un tutt’uno con le persone bisognose, chiedendo prima di tutto di aiutarle. In questo senso il messaggio cristiano è molto umano o, usando un linguaggio più teologico, “incarnato” pienamente nel mondo, come d’altronde lo stesso Cristo, che è uomo e Dio insieme. Per questo il cristianesimo è molto attento all’aspetto sociale e materiale dell’esistenza, e non solo a quello spirituale.

Una vita oltre la morte

Per la fede cristiana, la vita non termina con la morte. Coloro che credono in Cristo sono destinati a risorgere con Lui e a vivere per l’eternità nella gloria di Dio. Il credo cristiano proclama, infatti, che Gesù morendo è sceso agli inferi e così la morte non ha più il potere di tenere incatenati gli uomini ad essa per sempre. “La morte è morta” e l’essere umano non è più prigioniero di essa. Questo è il senso della Pasqua, la festa cristiana più importante dell’anno proprio perché al centro viene posta la fede nella risurrezione, la celebrazione della vittoria sulla morte.

La vita ha senso solo se donata

È nella dimensione della speranza che trova senso l’esistenza di un cristiano, soprattutto nella vita offerta come dono, senza aspettarsi gratificazioni o vantaggi, come ha insegnato Gesù: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici» (Giovanni 15,13).

Il cristianesimo nella sua storia millenaria – nonostante tutti gli errori – ha sempre continuato a testimoniare l’importanza di gesti concreti a favore degli altri, in particolare verso i più piccoli e bisognosi.

« Come vivere lo sanno tutti, o possono saperlo. Ma perché vivere, perché scegliere la vita e perché dare la vita sono interrogativi più complessi. È a essi che il cristianesimo fornisce una risposta».

(Rémi Brague, losofo francese)

SPUNTI OPERATIVI

● Il card. Martini sostiene che l’amore vero è “trasversale”: che ne pensate? Motivate la vostra opinione.

● «Vivere solo per se stessi è as ssiante», ha a ermato un missionario nel giorno del suo 80° compleanno. Siete d’accordo? Leggete il brano completo di padre Vismara nel materiale multimediale.

205 Tema 8 la vita secondo le religioni

6. ISLAM, fedeltà a Dio

Il termine islam significa “abbandono, sottomissione ad Allah” e caratterizza l’esperienza religiosa e sociale di una tradizione religiosa che pone al centro di tutto Allah, tanto che una delle espressioni più ripetute sulla bocca di ogni musulmano è Inshallah, «se Dio vuole». La frase non esprime solo la speranza e la fede che un evento accada, ma che questo avvenga “secondo il volere di Dio”. Vivere, nell’ottica della fede islamica, è fare la volontà di Allah, concretizzata nella scrupolosa osservanza dei “Cinque pilastri” e nell’attribuire grande importanza alla vita comunitaria (umma). La volontà di Dio è espressa nel Corano (il libro sacro dell’islam) e nella Sunna (la tradizione), fondamento della legge o norma rituale (shari’à).

«Non c’è altro dio che Allah e Muhammad è il suo profeta»: questa è la professione di fede recitata ogni giorno, alla base della vita del credente. Un modo per ricordarsi costantemente della presenza di Allah nella vita di tutti i giorni è invocarlo con i 99 bei nomi divini («il Misericordioso, il Compassionevole, il Santo...»), mentre si sgrana il tipico rosario islamico

Al centro Allah e la sua comunità

Caratteristica principale dell’islam è l’abbandono totale ad Allah. La preghiera, l’elemosina, il digiuno e il pellegrinaggio sono considerati dei modi per esprimere al meglio la propria fedeltà a Dio e alla comunità dei suoi fedeli. Inoltre, l’elemosina e il digiuno hanno anche la funzione di purificare dalle colpe, azioni queste da farsi senza ostentazione. Nell’islam la salvezza viene raggiunta dopo la morte e sono diversi gli aspetti dottrinali comuni al cristianesimo: la credenza negli angeli, nel demonio, nel giudizio universale, nel paradiso e nell’inferno. Ma, a differenza del cristianesimo, non c’è un Dio che si fa uomo (Cristo), che è anche la “via” da seguire per raggiungere la salvezza. Nell’islam l’unica via è quella indicata nel Corano. Ogni fedele per raggiungere l’aldilà deve agire come se dovesse morire il giorno dopo e operare come se dovesse vivere in eterno.

La morte è accettata con rassegnazione. Quando si è sul punto di morire, il moribondo viene rivolto verso La Mecca, città santa dell’islam, e qualcuno gli sus-

Allah

Termine arabo che indica Dio. Composto dalla parola ilah (“Dio”) e dall’articolo al (“il”) si può quindi tradurre come Il Dio o Iddio. Nel mondo arabo preislamico, Allah era probabilmente la divinità che primeggiava sugli altri dèi (enoteismo).

Saggezza islamica

• «Il tuo Dio è l’aurora e più tardi l’alba e più tardi ancora il meriggio».

• «Un’ora di insegnamento è meglio di una notte di preghiera».

• «L’inchiostro dei sapienti vale più del sangue dei martiri».

(Hadith o Detti islamici)

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Durante la preghiera musulmana i gesti delle mani hanno un particolare valore rituale. La misbaḥah è la collana di grani di preghiera che viene spesso usata dai musulmani.

surra all’orecchio la professione di fede, la stessa che ha udito appena nato. Sul defunto viene pronunciata la formula coranica: «Non c›è forza e potenza se non in Allah, da lui veniamo e a lui torniamo: abbia misericordia di te».

È previsto un giudizio universale alla risurrezione dei morti: i buoni sono destinati al paradiso e i malvagi all’inferno. Il male viene punito, ma il pentimento non cessa mai di essere alla portata del peccatore: qualunque sia il peccato commesso, nessuno può disperare della misericordia divina. Per salvarsi basta un sussulto di fede.

La religione è tutto

La pratica religiosa islamica si caratterizza per la sua forte fede in Dio, ma soprattutto per la non distinzione tra religione, società e Stato (din, dunya, dawla). In questo senso nell’islam non esiste una separazione tra ciò che riguarda il culto, gli obblighi religiosi, la vita sociale e individuale. La religione è tutto: spiritualità, politica, cultura, società, famiglia, educazione, legge... coprendo tutti gli aspetti della vita sociale. Lo stesso profeta Maometto era allo stesso tempo capo religioso, politico e militare e questo spiega perché in diversi Paesi del mondo islamico è in vigore la sharī’a (legge divina), come unica fonte legislativa. L’importanza dell’aspetto sociale nella tradizione musulmana non è solo evidente nel culto pubblico (si pensi alla preghiera comunitaria del venerdì), ma anche nella stessa organizzazione familiare e in ogni forma di rito o di celebrazione.

Sharī’a

La raccolta delle norme religiose, giuridiche e sociali direttamente fondate sulla dottrina coranica. Sharī’a signi ca letteralmente “la via da seguire”, ma si può tradurre con “legge divina”. Infatti nell’islam, non essendoci una netta distinzione tra religione e società, non c’è nemmeno quella tra peccato e reato, creando non pochi problemi con la giurisdizione occidentale. Non tutti i Paesi islamici applicano però la Sharī’a nella giurisdizione ordinaria.

SPUNTI OPERATIVI

● Si consiglia un approfondimento sul concetto di Sharī’a, cercando nella rete e mettendo poi a confronto le varie spiegazioni trovate.

● Si veda nell’espansione digitale l’elenco dettagliato dei 99 nomi divini.

207 Tema 8 la vita secondo le religioni

con chi non crede

Che ne pensate della dichiarazione riportata nel riquadro a fianco? Matilde vi sembra atea, cioè una che, per definizione, è convinta della non esistenza di Dio, oppure è agnostica, una che “non sa”, un’umanista che non pone preclusioni e non rifiuta un dialogo?

Domande che lanciano un dialogo

Tutti iniziamo la vita con un vagito che contiene una domanda inconsapevole di fame, paura e bisogno di aiuto. La vita risponde subito a queste richieste, ma ne riaffiorano continuamente altre. Questo “interrogarsi” è il collante tra tutti gli uomini e donne, credenti e non credenti. «Avere fede è un’abitudine al grido», ha bene espresso papa Francesco. Ogni sofferenza, ogni inquietudine può diventare quindi “dialogo”, ma che dramma quando questo dialogo non ha altro interlocutore che se stessi o un cielo vuoto.

Un senso senza Dio

Rimasto senza Dio, l’uomo deve fare i conti con la realtà. Deve imparare a vivere sotto un cielo da cui non può più venirgli alcun soccorso né consolazione. L’umanista per realizzare il suo progetto deve riconciliarsi con la mortalità, con la finitezza e con quello scandalo del male che spesso la storia ha sbattuto in faccia ai credenti. Cancellato Dio, il male continua a far male e bisogna farlo rientrare nell’ordine naturale delle cose. Spesso chi non crede si impegna a segnalare i mali della società, con lo spirito di attendersi il peggio e annunciarlo francamente, ma nello stesso tempo deve provare anche a contribuire alla realizzazione del meglio.

Non sono credente

«Io non credo in Dio; penso che l’idea di un essere superiore sia un bisogno creato da noi umani per non assumerci no in fondo le nostre responsabilità... Tuttavia sono curiosa di tutto ciò che riguarda il mondo della religione/i e la ricerca spirituale. Per questo ho sempre scelto di frequentare l’ora di religione a scuola. Ho un profondo rispetto per tutti i vari modi - sia nel passato che nel presente - con cui gli esseri umani hanno cercato - e cercano - di trovare una risposta ai loro interrogativi più profondi. Da parte mia faccio di tutto, in base alle mie possibilità e capacità, per cercare di migliorare il mondo in cui vivo. Ho molti amici che credono in Dio; li rispetto e - a volte - sono anche a ascinata dalle loro certezze. Ma vivo in pace con me stessa; cerco di rispettare i valori che mi sono stati insegnati in famiglia e in cui credo, come la giustizia, l’uguaglianza e la libertà. Forse non credo in Dio, proprio perché ho troppo ducia negli esseri umani».

(Matilde, 4E, liceo scienti co)

Il ore e l’ateo

«Mentre il losofo ateo niva di parlare, il rappresentante dell’induismo si alzò e si diresse verso il professore. Prese un ore e glielo porse con queste parole:

«Un uomo senza Dio è come un ore senza terra. Non appassisce per volere dell’Assoluto, ma perché è completamente privo di radici».

Poi salutando con rispetto il losofo stupito, il rappresentante dell’induismo usci dalla sala».

(Da Il re, il saggio e il bu one di Sha que Keshavjee)

208 7. IN DIALOGO

Non serve essere intolleranti

L’esperienza storica ci ha insegnato che una religione esclusiva, soffocante è diventata talvolta “oppio dei popoli”, ma anche il razionalismo (con la scienza e la tecnologia) deve stare attenti a non diventare “oppio dei popoli” con la sua falsa pretesa di saper prima o poi risolvere tutti i problemi. Certo, c’è anche un ateismo sarcastico, ideologico, chiuso al confronto, come pure esistono credenti rigidi, con la presunzione della verità assoluta. Il meglio dell’umanesimo laico e del mondo della fede è oggi in continuo dialogo e confronto costruttivo su scelte legate ai valori della pace, giustizia, rispetto delle diversità, tutela della natura.

La verità è una foce a delta…

La verità non è da pensare come un punto preciso di approdo. È piuttosto una foce a delta, nella quale, man mano che entri, ti accorgi che si moltiplicano le possibilità di capire ancora di più, di andare oltre. «Il mondo è troppo complesso e interessante perché un unico modo di conoscerlo possa contenere tutte le risposte» affermò Stephen Jay Gould (1941-2002), biologo e paleontologo americano.

La poesia, l’arte, la fede, la mistica sono canali di conoscenza che rivelano segreti dell’essere e dell’esistere che sfuggono analisi scientifica. A riguardo così si espresse il cardinal Gianfranco Ravasi: «Immaginiamo un biologo che, chiuso il suo laboratorio ove ha studiato l’essere umano coi suoi strumenti sofisticati, provette e microscopi, esce e va a un ricevimento o a un incontro pubblico e là si incontra con una donna di cui s’innamora a prima vista. Ebbene, quando guarderà quel volto, sentirà quella voce, toccherà quel corpo, userà forse solo i criteri della conoscenza biologica o non ricorrerà a un’altra maniera di scoprire quell’insieme di bellezza, di amore, di interiorità che ha di fronte? E non sarà anche questa una “verità”, forse più importante di quella scientifica? Non accade così per la poesia, l’arte e la fede?».

E qui per tutti, credenti e non credenti, vale l’intuizione di Blaise Pascal: «L’ultimo passo della ragione è riconoscere che ci sono infinite cose che la sorpassano».

SPUNTI OPERATIVI

● Scrive lo scrittore russo Dostoevskij (1821-1881): «Il perfetto ateo sta sul penultimo gradino prima della fede più perfetta». Qual è il messaggio che vuole trasmettere?

● Attività: per un approfondimento sul tema dell’ateismo si veda l’intervista a Halík nella Guida per il docente

C’è ateismo e ateismo

«Bisogna distinguere tra l’ateismo critico e l’ateismo dogmatico. L’ateismo dogmatico è stupido, come il fondamentalismo religioso: sono gemelli. Trovo invece interessante l’ateismo critico, perché può essere un fuoco puri catore utile per approfondire la fede (…) e poi non dimentichiamo che i cristiani della Roma antica erano considerati atei perché ri utavano la religio politica dei romani».

(Tomas Halík, teologo e sociologo cecoslovacco, ne Il Regno, giugno 2022)

209 Tema 8 la vita secondo le religioni

Religioni, cibo e vita quotidiana

Il rapporto tra cibo e religione ha sempre avuto un’importanza particolare nella storia e tradizione dei popoli, soprattutto per i signi cati simbolici e sacrali che il cibo ha assunto nelle religioni e nella vita quotidiana della

gente. In questo Dossier presenteremo le più importanti regole alimentari nelle principali tradizioni religiose del mondo.

CIBO, UN’OCCASIONE DI INCONTRO E DIALOGO ......................................................

Il rapporto delle religioni con il cibo non è semplice: è regolato da norme piuttosto rigide e tassative, ma che incidono profondamente nelle tradizioni religiose e abitudini delle persone. Quasi tutte le religioni hanno un elenco di cibi considerati lecitio proibiti, così come sono molto precise le norme che ne regolano la preparazione e la cottura.

Fa un po’ eccezione il cristianesimo, perché Gesù ha dichiarato lecito ogni cibo e quindi non sono state imposte particolari regole, anche se la tradizione cristiana ha poi

inserito delle restrizioni, come il digiuno e l’astinenza dalle carni in alcuni giorni e periodi dell’anno. In ogni caso si può osservare che il cibo assume nelle religioni un’importanza tutt’altro che trascurabile «tanto che la cucina - come osserva Massimo Salani - può diventare un’occasione di conoscenza e di rispetto delle abitudini degli altri, favorendo l’incontro tra le persone. La tavola (meglio se riccamente imbandita) ha permesso da sempre il consolidamento tra i simili e un avvicinamento tra i diversi» (A tavola con le religioni, EDB, 2017, pp. 245-246).

PRESCRIZIONI ALIMENTARI NELLE RELIGIONI

La vignetta descrive una scena certamente originale, ma non così strana se si conoscono le prescrizioni alimentari ebraiche. Nella sacra Scrittura infatti è scritto, ad esempio, che «non farai cuocere un capretto nel latte di sua madre»

E quindi gli ebrei osservanti dividono accuratamente gli alimenti che contengono carne da quelli che contengono latte, anche per quanto riguarda i piatti e il pentolame, tanto che in alcune abitazioni le diverse stoviglie trovano posto in camere separate.

Ma non è solo l’ebraismo che prevede regole molto severe e dettagliate sui cibi ammessi o non ammessi: anche altre religioni descrivono, con dovizia di particolari, le regole riguardanti il cibo e anche la sua preparazione.

EBRAISMO .....................................................................................................................

Nella Bibbia stessa ci sono prescrizioni molto dettagliate sul cibo, che i rabbini hanno poi precisato e ampliato lungo i secoli. Leggiamo nel libro del Levitico, al capitolo 11: «Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse loro: “Parlate agli Israeliti dicendo: Questi sono gli animali che potrete mangiare fra tutte le bestie che sono sulla terra. Potrete mangiare d’ogni

quadrupede che ha l’unghia bipartita, divisa da una fessura, e che rumina. Ma fra i ruminanti e gli animali che hanno l’unghia divisa, non mangerete i seguenti: il cammello, perché rumina, ma non ha l’unghia divisa, lo considererete impuro; l’iràce perché rumina, ma non ha l’unghia divisa, lo considererete impuro; la lepre perché rumina, ma non ha l’unghia divisa,

Do ier 210
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la considererete impura; il porco perché ha l’unghia bipartita da una fessura, ma non rumina lo considererete impuro”».

L’elenco dei cibi proibiti - riferito anche da Deuteronomio 14 - continua con gli animali acquatici (si possono mangiare tutti quelli, di mare o di ume, che hanno pinne e squame) e con gli uccelli e gli insetti alati. Sono comunque proibiti tutti gli animali selvatici e rapaci, quelli che strisciano e i crostacei. È proibito, inoltre, mangiare gli animali cacciati e anche quelli morti naturalmente e, in generale, tutta la carne non macellata ritualmente (kasher). La macellazione rituale si chiama shechitah. Le prescrizioni alimentari ebraiche sono inoltre contenute nei 613 comandamenti (mitzvot) che proibiscono, tra le numerose cose elencate, anche di mangiare insetti (tranne alcuni alati), di bere sangue, di mangiare i nervi sciatici e, ovviamente, di essere golosi. Anche i vini devono provenire da vigneti rispettosi delle norme kasher.

Kasher

Il termine kasher o kosher in ebraico signi ca “conforme alla Legge”, “consentito” (in relazione ai cibi) e l’insieme di tutte le regole forma il Kosherut.

ISLAM

Molte delle prescrizioni ebraiche sul cibo sono presenti anche nell’islam, che all’origine condivide con questo popolo lo stesso contesto geogra co. Anche per i musulmani è infatti proibita la carne di suino, come pure la cacciagione - cioè animali uccisi in modo violento - e i pesci che sono de niti di “basso fondo”, ovvero che strisciano sulla sabbia e quindi anche la gran parte dei molluschi. Il Corano prescrive: «Vi è proibito l’animale trovato morto, il sangue, la carne di maiale… l’animale so ocato, l’animale morto per una botta o per una caduta o per un colpo di corno...» (Sura 5,3).

Sono espressamente proibiti (harâm): aquile, tigri, lupi, leoni, cani, gatti, topi, scimmie, balene, tartarughe, carnivori, maiali (e tutti i suoi derivati), animali mortidi morte naturale e i crostacei.

Anche l’islam prevede delle modalità di macellazione della carne e tutta una serie di norme per la cottura del cibo, così da renderlo halal, “lecito”. L’islam proibisce anche il succo di uva fermentato, quindi tutti i tipi dì vino e la carne cotta nell’alcool.

Do ier 211 Tema 8 la vita secondo le religioni
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I dolci tipici della festa ebraica di Purim Il cibo rituale nel giorno della festa islamica di Id al- tr.

INDUISMO (SANATHANA DHARMA)

La carne è un problema anche per il mondo dell’India, la cui maggioranza è vegetariana (niente carne né pesce) e in genere si è anche attenti a non mischiare cereali e legumi. Sono quindi proibiti tutti i piatti a base di carne: manzo, pollame locale, maiale... ma anche cipolle, aglio, funghi, rape. Alcuni evitano anche cibi rossi (come i pomo-

Il mito di Annapurna

Nella tradizione dei miti induisti la deaAnnapurna è rappresentata come colei che “o re il cibo” ed è venerata come  Madre Divina che fornisce nutrimentoillimitato a tutti gli esseri umani. In riferimento a questa gura, in India anche  le giovani spose sono chiamate “Annapurna”, in quanto chiamate a cucinare cibo delizioso per tutti i membri della famiglia. L’atto quotidiano di  preparare il cibo, di o rirlo e di nutrirsene è un particolare atto di sacralità, vissuto dagli hindu come tale, come del resto ogni altro aspetto della vita. Emerge quindi un aspetto spirituale e sacro del cibo che la cultura indiana valorizza pienamente da sempre no ad oggi.

BUDDHISMO

Il buddhismo si basa sul principio che in ogni cosa occorre moderazione (“la giusta via di mezzo”) e quindi non proibisce nessun cibo. Ma molti buddhisti di fatto sono vegetariani, in particolare in Cina e in Sri Lanka, anche se non è obbligatorio esserlo. Infatti in ailandia, in Giappone e in Tibet si mangia anche la carne, ma è vietato mischiarla con i legumi.

I monaci buddhisti elemosinano il cibo alla mattina presto e possono mangiare un solo pasto no a mezzogiorno; nel pomeriggio sono permesse solo delle bevande. Per le bevande è proibito a tutti ciò che può alterare la mente, quindi ad esempio gli alcolici

dori) perché li associano al sangue. Tra le bevande proibite vi sono gli alcolici.

CIBO COMMESTIBILE, IL SECONDO È IL CIBO DELLE

IMPRESSIONI

SPUNTI OPERATIVI

Attività: ricercate in rete la correlazione che esiste in queste religioni tra il mondo del cibo e il concetto di “reincarnazione”.

(Gautama Buddha)

Do ier 212 Tema 8 la vita secondo le religioni
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La dieta alimentare induista è perlopiù vegetariana.
« CI SONO QUATTRO GENERI DI NUTRIMENTO CHE CONSENTONO AGLI ESSERI VIVENTI DI CRESCERE E DI CONSERVARE LA VITA. QUALI SONO QUESTI QUATTRO NUTRIMENTI? IL PRIMO È IL
SENSORIALI, IL TERZO È IL CIBO DELLA VOLIZIONE E IL QUARTO È IL CIBO DELLA COSCIENZA».

Nessun cibo è espressamente proibito nei vangeli perché Gesù ha dichiarato puri tutti i cibi (Marco 7,19), e nel Vangelo di Matteo a erma: «non ciò che entra nella bocca rende impuro l’uomo; ciò che esce dalla bocca, questo rende impuro l’uomo!» (15,11).Gesù invita i discepoli a superare ogni tabù alimentare, per poter condividere la casa e la mensa con tutti (Luca 10,7-8). Così il cristianesimo si caratterizza per una visione di completa libertà nei riguardi del cibo e a dando ad esso un ruolo centrale, soprattutto da un punto di vista sacramentale (si pensi al pane e al vino eucaristico). L’unica proibizione legata al cibo nella tradizione cristiana era quella di non mangiar carne al venerdì (“di magro”) , essendo il giorno della morte in croce di Gesù. Dal 1966, però, nel cattolicesimo è lecito consumare carne anche di venerdì, eccetto nel periodo della Quaresima, il mercoledì delle ceneri e il venerdì santo: in questi ultimi due giorni è previsto anche il digiuno.

Nella tradizione ortodossa, invece, l’astinenza dalle carni è prescritta per tutti i mercoledì e venerdì dell’an-

no. Anche nel protestantesimo non sono previste regole particolari riguardo al cibo, ma in alcuni movimenti di derivazione cristiana, come gli Avventisti del Settimo Giorno,è espressamente proibita la carne di maiale e di altri animali, secondo le prescrizioni ebraiche (kasher); in ogni caso l’astensione totale dalla carne è considerata sempre come la dieta migliore. Per le bevande il cristianesimo non ne vieta alcuna, anche se raccomanda di usare tutti gli alcolici con moderazione (Luca 21,34).

Gesù e il cibo

Nessun tabù sul cibo per Gesù, che invita i suoi discepoli a condividere la casa e la mensa con tutti, senza distinzioni: «In qualunque casa entriate… mangiate quello che vi sarà o erto» (Luca 10, 5.8) È un segno della universalità del cristianesimo che “entra” nella cultura di tutti.

SPUNTI OPERATIVI

● Attività: si consiglia di approfondire, con ricerche personali in base agli interessi, le regole alimentari di una o più religioni.

● Si consiglia anche un approfondimento sullo spreco di cibo. Secondo i dati della FAO (l’organizzazione delle Nazioni Unite) 2022, sono 1.300 miliardi di tonnellate all’anno la quantità di cibo che si perde prima ancora di arrivare in tavola o che viene buttato via dai consumatori. L’80% sarebbe ancora qualitativamente consumabile. Un grande spreco avviene anche nelle mense scolastiche e nelle case. Cosa fare per ridurre tanto spreco assurdo? Elencate una serie di suggerimenti.

Curiosità su cibo e religioni

I mormoni, uno dei tanti gruppi appartenenti all’arcipelago cristiano americano, fondato dal rev. Joseph Smith (1805-1844) proibiscono fumo, ca è, tè, vino e comunque le sostanze eccitanti. Per lunghi anni discussero sulla Coca Cola, che contiene ca eina. Per preservare il mercato mormone (non piccolo: nel mondo sono sedici milioni, più degli ebrei) la Coca Cola decise di collaborare rivelando solo ai capi mormoni la famosa formula, tenuta segreta con misure rigorosissime. Nonostante le conclusioni dell’indagine, favorevoli alla Coca Cola, i mormoni più rigorosi preferiscono non berla.

Il movimento neo-zoroastriano Mazdaznan, che ebbe grande successo nei primi decenni del Novecento in Germania e Svizzera, aveva ricostruito in modo molto meticoloso le prescrizioni alimentari degli antichi zoroastriani, interpretandole a modo suo. Il pittore svizzero Johannes Itten (1888-1967), che era un fanatico adepto di Mazdaznan, imponeva una rigorosa dieta a base di aglio ai suoi studenti. Dopo qualche mese venne però allontanato all’ insegnamento perché i suoi studenti erano deboli e denutriti e inoltre l’odore dì aglio era talmente forte da impregnare le aule.

Do ier 213 Tema 8 la vita secondo le religioni
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CRISTIANESIMO

IL PUNTO

Volare alto con il proprio dono

Vola in alto

«E poi la vita ci insegna che bisogna sempre volare in alto.

Più in alto dell’invidia, più del dolore, della cattiveria.

Più in alto delle lacrime, dei giudizi.

Bisogna sempre volare in alto, dove certe parole non possono o enderci, dove certi gesti non possono ferirci, dove certe persone non potranno arrivare mai»

(Alda Merini, poetessa italiana)

SPUNTI OPERATIVI

● Che ne pensate della frase di Picasso sul senso e lo scopo della vita? Conoscete già il vostro “dono”?

● La poetessa Alda Merini, che nella sua vita ha so erto molte ristrettezze e umiliazioni, è riuscita però nonostante «quella croce senza giustizia che è stato il mio manicomio» - come essa stessa disse - a volare alto, scoprendo in questo «la grandezza della vita» (da La pazza della porta accanto). Come si fa, secondo voi, a volare alto nonostante tutto?

« Il senso della vita è quello di trovare il vostro dono. Lo scopo della vita è quello di regalarlo».

(Pablo Picasso)

Pablo Ruiz y Picasso

Più noto come Pablo Picasso (1881-1973), è stato un pittore, scultore e litografo spagnolo, tra i più importanti e in uenti del secolo scorso.

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Immagine ispirata allo stile di Picasso.

SINTESI INCLUSIVA

Che senso ha la vita p le religioni?

LA VITA NON È FRUTTO DEL CASO.

DHARMA ETERNO (INDUISMO): il Brahaman (Assoluto) all’origine di tutto.

LA GIUSTA VIA DI MEZZO (BUDDHISMO): liberarsi dalla sofferenza (nirvana).

GESÙ AL CENTRO (CRISTIANESIMO): testimoniare il Cristo risorto.

Raggiungere la salvezza (moksha)

ricorda

VITA COME FEDELTÀ (EBRAISMO): a Dio, alla Legge (Torah), alla terra.

ALLAH È GRANDE (ISLAM)

abbandonarsi alla volontà di Dio

Raggiungere la liberazione (nirvana)

Dio è Padre; tutti sono fratelli; la vita ha senso solo se donata.

Vivere rispettando i comandamenti e le regole (mitzvot).

Rispettare il Corano e la Sunna; i cinque pilastri

Le religioni ci testimoniano chel’uomo non è destinato a finire nel nulla

DIBATTITO

Discutete tra voi la seguente affermazione: «Ma perché farsi tante domande inutili? La vita è un susseguirsi di eventi senza senso e senza nesso» (da un blog giovanile). Ognuno porti argomenti pro o contro.

DOMANDE

Per le religioni la vita è frutto del caso.

L’ateo è uno che non crede a niente.

Individua le due affermazioni errate, barrandone la frase.

1. Solo che crede in Dio può trovare un senso alla propria vita.

2. Il segreto di una vita sana sta nel non aver paura di farsi domande impegnative.

3. L’essere umano si è evoluto anche grazie alla sua capacità di porsi domande.

4. Non serve a niente chiedersi il perché delle cose che viviamo.

215 Tema 8 la vita secondo le religioni
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FRAMMENTI PER RIFLETTERE PRATICA#MENTE

Dibattito

La bisaccia del viandante

Un racconto tibetano immagina l’uomo viandante nello scon nato altopiano, che percorre sentieri di pianura, in discesa e salita, nché giunge ai piedi del passo che si trova oltre i 5000 metri e da cui si vedono montagne imponenti e altissime. Al passo ci sono “le bandiere di preghiera” e piccole piramidi di sassi accatastati, piccole piramidi messe in coro come gure oranti. Il viandante, pensando al passo lassù in alto, è felice di raggiungerlo e di aumentare i sassi-oranti che tiene nella bisaccia. Apre la bisaccia, li scruta: alcuni sassi son proprio belli e signi cativi, altri senza volto e persino brutti, per cui decide, dopo saggio discernimento, di lasciare questi ultimi dietro di sé e di buttarli per terra

La breve parabola ci insegna che ci sono vari sassi che dobbiamo saper gettare via dalla nostra bisaccia di viandanti, per esempio il “sasso” delle chiacchere pettegole, quello della pigrizia, quello della... Continuate voi l’elenco

Prendendo spunto dalla realtà:

20 agosto 2022). Il messaggio, semplice ed essenziale, è una risposta alla ricerca di senso testimoniata da tutte le grandi religioni. Provate anche voi a scrivere un breve messaggio da a dare, più che al mare, alle coscienze di tutti. ...................................................................................................

Attività interdisciplinare

Tra le varie attività inerenti questo tema, suggeriamo la realizzazione di un libro digitale che propone la conoscenza virtuale di altre tradizioni religiose e anche la loro risposta al senso della vita attraverso i loro riti e le loro varie istituzioni. Si veda il video che illustra la bella attività scolastica realizzati dai ragazzi del Liceo Martinetti di Caluso (TO), coordinati dall’insegnante di religione.

Dal mondo dei social

È sempre così anche per voi o ci sono da fare dei “distinguo”?

Messaggio in bottiglia

Un ragazzo ha a dato la sua visione della vita e della società ad un foglietto chiuso dentro una bottiglia gettata in mare. Chi l’ha ritrovata sulla spiaggia ha voluto condividere il messaggio scritto all’interno: «Finché condivideremo la nostra sorte e ci impegneremo a scoprire chi siamo, sopravviveremo e salveremo le nostre fragilità» (pubblicato il

Forrest Gump di Robert Zemeckis, USA 1994, 140’: un classico del cinema, ma sempre bello e stimolante, come tutti i grandi classici. Seduto sulla panchina alla fermata

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................................................................................................... Un Film
« Il senso della vita è guadagnarsi e meritarsi le cose che ottieni, accettando la fatica e imparando dalle sconfitte».
(Ivan Basso, ciclista professionista)

dell’autobus di Savannah, Forrest Gump racconta con voce lenta della propria incredibile vita e dei problemi mentali e sici che si porta dietro dalla nascita. Il lm parla al cuore. Forrest, come tutti, si chiede qual è il senso della vita: «Non so se mamma aveva ragione, o se ce l’ha il tenente Dan... non lo so... se abbiamo ognuno il suo destino o se siamo tutti trasportati in giro per caso come da una brezza... ma io credo, può darsi le due cose, forse le due cose capitano nello stesso momento».

Frammenti di spiritualità

« Si esiste grazie all’incontro. Nessun successo, nessuna gioia reale e durevole è possibile senza gli altri».

(Abbé Pierre, 1912-2007, prete francese molto impegnato nel sociale)

È così? Lo avete già sperimentato? Oppure «l’inferno sono gli altri», come scriveva il losofo e scrittore francese JeanPaul Sartre (1905-1980), che è da intendersi come l’amara

constatazione che noi esistiamo solo attraverso il giudizio (duro) degli altri? Che ne pensate?

Buone notizie

«La vita non è un gratta e vinci: la vita si abbranca, si azzanna, si conquista (…) Non siate spettatori: sporcatevi le mani, non adattatevi, impegnatevi, non rinunciate mai a perseguire le vostre mete, anche le più ambiziose, caricatevi sulle spalle chi non ce la fa: voi non siete il futuro, siete il presente. Vi prego: non siate mai indi erenti». Questi alcuni brani della lettera che Pietro Carmina, prof di storia e loso a, ha scritto ai suoi alunni prima di andare in pensione. Purtroppo il prof è morto poco dopo il suo pensionamento in una violenta esplosione di metano, avvenuta alla ne del 2021. I suoi alunni lo hanno voltato ricordare pubblicando la sua bella lettera.

(Anna Acconcia, in Mondo e Missione, Gennaio 2023)

217 Tema 8 la vita secondo le religioni
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Autovalutazione Ho trovato questo Tema: Ho imparato che ................................................................................................................................................................................ Molto interessante Interessante Poco interessante Noioso Di cile

COME VIVERE bene la vita?

Il Tema 9 sarà dedicato all’etica, queivalori e quelle norme che regolano i nostri comportamenti, sia individuali che sociali. È, infatti, in base alle nostre scelte etiche che decidiamo come comportarci nelle varie situazioni della vita. Quando le nostre scelte si ispirano a valori religiosi, parliamo di etica (o morale) religiosa, altrimenti di etica (o morale)laica. I due termini – “etica” e “morale” – vengono in genere utilizzati come sinonimi, anche se in realtà una di erenza c’è, come vedremo.

IL PERCORSO CHE FAREMO

I contenuti digitali speciali
9 • Algor-etica, cioè? 243 • Troppa comunicazione? 245 • Un pianeta interconnesso 247 • D/Dieci parole ancora valide? 249 PER CONCLUDERE • Il punto 252 • Sintesi inclusiva 253 • Pratica#mente 254
• In modo “respons-abile” 220 • L’etica cos’è? 222 • Un’etica non vale l’altra 224 • L’etica religiosa 226 • i valori cristiani 228 • Un’etica della vita 230 • L’ingegneria genetica 232 • Il rispetto della vita 234 • La morte è un diritto? 236 • Ri essioni in parallelo 238 • Un’etica per l’amore 239 • Tra sesso e a ettività 241

chi? Who? dove? Wh e? quando? When? cosa? What? perché? Why?

Il tema è dedicato all’etica, quei comportamenti e valori che sono essenziali per vivere bene la propria vita, sia dal punto di vista individuale che insieme agli altri.

Ci interrogheremo, sviluppando insieme i vari argomenti proposti nel Tema, sul valore delle diverse scelte etiche che ciascuno di noi può fare ma che non sono a atto tra loro equivalenti: una scelta etica non vale l’altra!

Il nostro discorso si svolge durante l’incontro settimanale di religione, ma le nostre scelte etiche non si limitano allo spazio di un’aula scolastica; coinvolgono la vita personale di ognuno di noi. Se poi si aderisce ad un’etica religiosa, gli orizzonti si allargano ancora di più.

is eme deals with ethics and with those behaviours and values which are essential to live well, both from an individual and from a collective point of view.

While developing together the di erent topics of this eme, we’re going to wonder about the value of the di erent ethical choices that everybody can do which are not similar at all to each other. Of course, an ethical choice is not as good as another!

Conoscenze

• Riconoscere il valore etico della vita umana e gli orientamenti della Chiesa sull’etica personale e sociale.

• Sapere gli orientamenti della Chiesa cattolica sull’etica personale e sociale.

We’re going to discuss during our weekly religion class, but the ethical choices are not limited to the space of a classroom. On the contrary, they involve everybody’s personal life and, in case we join a religious ethic, the horizons broaden even more.

ABILITÀ

Interrogarsi sulla qualità delle proprie scelte etiche signi ca anche interrogarsi sulla ricaduta pratica che queste scelte avranno nella vita di ogni giorno; tanto più se ci si ritiene persone coerenti e responsabili, di sé, degli altri e dell’ambiente.

Wondering about the quality of our own ethical choices means also wondering about the practical consequences that such choices will have in everyday life and even more in case we want to be consistent and responsible for ourselves, for other people and for the environment.

• Ri ettere sulle proprie esperienze personali e di relazione con gli altri, tenendo conto della propria coscienza e dei valori morali acquisiti.

• Cogliere la valenza delle scelte morali, valutandole alla luce della proposta cristiana.

L’etica, pur non essendo una materia scolastica, è tra gli aspetti fondamentali della vita di ognuno di noi. Fare delle scelte, con onestà e coscienza critica, distinguendo ciò che è “legale” da ciò che è “morale”, è una tappa importante nel processo di crescita, non solo come singoli individui ma anche come cittadini.

Ethics, even if it’s not a school subject, is one of the essential elements in everybody’s life. Making choices with integrity and critical conscience, distinguishing what’s “legal” from what’s “moral” is an important step in our growth process, not only as individuals but also as citizens.

COMPETENZE

• Sviluppare un maturo senso critico e un personale progetto di vita, ri ettendo sulla propria identità nel confronto con il messaggio cristiano, aperti all’esercizio della giustizia e della solidarietà in un contesto multiculturale.

COME VIVERE bene la vita

1. in modo “r pons-abile”

In questi ultimi anni ci siamo trovati tutti coinvolti in alcune gravi crisi che hanno messo fortemente in discussione il modo di vivere, di pensare e di agire nostro e del mondo intero: la crisi climatica e ambientale, in atto da decenni, che ha messo in evidenza il precario stato di salute del nostro pianeta; la pandemia da coronavirus Covid-19, che per circa due anni ha modificato totalmente il nostro stile di vita a livello personale e sociale; infine, l’invasione armata della Federazione Russa all’Ucraina, a fine febbraio 2022 (con la pandemia non ancora del tutto risolta). Così, in brevissimo tempo, dopo circa 80 anni dall’ultimo conflitto mondiale e con alle spalle quella che sembrava una solida cultura di pace nel mondo occidentale, ci siamo ritrovati in un conflitto armato disastroso proprio alle porte dell’Europa, che ha provocato migliaia di morti tra militari e civili, intere città rase al suolo, milioni di profughi costretti a fuggire dalla loro terra, e il rischio di un’estensione globale del conflitto, con il pericolo di un ricorso anche alle armi nucleari. Di fronte a queste gravi crisi siamo stati costretti a prendere atto che noi esseri umani, anche se spesso viviamo senza pensare alle conseguenze dei nostri comportamenti, siamosempre più “fragili” e che tutte le nostre“certezze” sembrano precarie e inconsistenti. La nostra vitaè sempre più appesa a un filo sottile. Anche per questo dovremmo dare molta più importanza alle cose che contano veramente e vivere in maniera più responsabile ed etica. Ma come farlo? Nessuno ha la bacchetta magica per introdurre nel mondo cambiamenti repentini, ma la strada maestra è dare spazio alla formazione della coscienza personale e sociale, mettendo alla base di ogni convivenza validi principi etici, nel rispetto dellalibertà propria e degli altri. In tutto questo la scuola ha un ruolo importante perché può essere la palestra dove insegnare a vivere questi valori.

Un cammino fatto di varie tappe

1. Lavorare alla formazione di una coscienza attenta e responsabile. Dentro ogni persona c’è una legge innata che si chiama «coscienza» (dal latino cum scientia, “con consapevolezza”), che è in fondo la capacità didistinguere tra bene e male. Una sorta di «tribunale interno dell’uomo», come la definiva laicamente il filosofo Immanuel Kant, ed è lo stesso con-

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cetto che riprende il Concilio Vaticano II – un grande momento storico per la Chiesa cattolica – che afferma: «L’uomo ha una legge scritta da Dio dentro al suo cuore: obbedire ad essa è la dignità stessa dell’uomo; e secondo questa legge egli sarà giudicato» (Gaudium et spes, n.16). Ma non tutti gli esseri umani scelgono di obbedire alla propria coscienza: spesso essa viene ignorata o calpestata, a volte confusa con la legalità. Infatti, la storia ci ha ampiamente dimostrato che non sempre ciò che è “legale” è anche “morale”. Basta dare uno sguardo alla vignetta per comprendere bene quello che intendiamo dire. Saper distinguere ciò che “legale” da ciò che è “morale” rimane un’importante tappa del cammino di ogni individuo. Occorre lavorare seriamente alla formazione di una coscienza critica (ovvero capace di distinguere, sia a livello individuale che sociale, cosa è “giusto” da cosa è “sbagliato”) e anche di chiedersi: «Di cosa ha bisogno la mia città, il mio paese, la mia comunità?».

2. Impegnarsi in scelte concrete: la maturità si conquista quando uscendo dal proprio IO si scopre l’importanza del TU (attraverso l’amicizia, i sentimenti, l’amore...), ma soprattutto del NOI (gli altri, la società, il mondo...). Il cambiamento ha bisogno di corresponsabilità; ognuno di noi deve fare la sua parte, senza delegare o scaricare su altri le proprie responsabilità e facendo il possibile per lasciare un mondo migliore di come l’abbiamo trovato. Per questo è importante impegnarsi in scelte concrete a favore della pace e della giustizia, in piccole come in grandi iniziative, piuttosto che stare a lamentarsi o aspettare che siano gli altri ad agire per noi.

3. Darsi dei validi principi etici e – soprattutto – metterli in pratica. Avere dei principi etici di riferimento significa sapere in quale direzione orientarsi e trovare il coraggio di denunciare le situazioni di ingiustizia, quando vengono calpestati persino i più elementari diritti. La storia ci insegna che sono proprio questi “valori” che vengono “addormentati” per primi: «Nella Germania di Hitler era diffuso un galateo particolare: chi sapeva non parlava, chi non sapeva non faceva domande, a chi faceva domande non si rispondeva» (Primo Levi). L’etica ci aiuta a vedere, sentire e parlare, contrariamente a quanto fanno le tre scimmiette rappresentate.

(Papa Francesco, intervista a La Stampa, 18 novembre 2022)

SPUNTI OPERATIVI

● «Essere responsabili» vuol dire impegnarsi per risolvere i problemi, non solo personali ma anche sociali. Nella vostra vita avete incontrato persone “responsabili”? Raccontate.

● “Giudicàti in base alla coscienza”: immaginate di “giudicare” Giuda, Attila, gli Inquisitori, Luigi XIV, Hitler, Stalin, Mao, Osama Bin Laden... secondo coscienza. Discutetene in classe insieme all’insegnante.

221 Tema 9 COME VIVERE bene la vita?
« Faccio quel che posso, ogni giorno, cercando di non fermarmi mai»

2. l’etica cos’è?

Un individuo, ma anche una società, per vivere e funzionare in modo equo e rispettoso nei confronti degli altri, deve riconoscersi in alcuni principi che hanno come fine il bene comune. L’insieme di questi principi (o valori) condivisi si chiama etica. È bene però chiarire che, anche se utilizzeremo i termini “etica” e “morale” come sinonimi (come in genere accade), c’è comunque differenza tra loro, come evidenziato in Segui il filo. L’etica – che è una prerogativa del mondo umano, sconosciuta in quello animale – ha il compito di indicare i valori e le norme capaci di orientare le persone ad agire nell’interesse di tutti (bene comune), soprattutto quando occorre affrontare in modo adeguato i problemi sollevati dai vari cambiamenti storici, culturali e scientifici in atto nella società. Quando l’etica si ispira a valori comuni, basati sui diritti di ogni essere umano, si chiama “etica (o morale) laica”; quando si ispira anche ad una visione religiosa della vita si chiama “etica (o morale) religiosa”.

Valori e norme

I “valori” (o “principi”) riguardano più le definizioni generali di ciò che è bene o male, giusto e ingiusto, così da poter esprimere giudizi morali. Le “norme”, invece, si riferiscono all’applicazione pratica di questi principi: sono infatti le regole che una comunità si dà per orientare la vita individuale e sociale, e realizzare così i principi scelti.

LE ETICHE “APPLICATE”

Si tratta di etiche legate a situazioni particolari, in cui le considerazioni morali vengono “applicate” a temi considerati particolarmente signi cativi per la collettività. Tra queste:

• L’etica della vita (o Bioetica): s’interessa alle nuove tecniche scienti che riguardanti la vita (bios), come la fecondazione assistita, la maternità surrogata ecc., valutate sulla base dei principi di responsabilità e di rispetto della vita umana.

• L’etica ambientale: indica la ri essione sui diritti della natura, che deve essere rispettata e salvaguardata dagli abusi. Nessuno può sfruttare l’ambiente a proprio piacimento.

• L’etica economica: la teoria del pro tto ad ogni costo ha fatto crescere l’ingiustizia nel mondo, a danno dei Paesi più poveri. Occorre riequilibrare le sorti dei popoli, lavorando per un mondo più equo e più giusto.

• L’etica politica: la politica è oggi fortemente in discredito per il cattivo esempio espresso dall’agire di molti suoi esponenti. Ma la “Politica” è comunque indispensabile per organizzare e mettere in pratica le etiche illustrate sopra, a favore del bene comune.

Una corsa verso l’abisso?

«I pi erai magici, dunque, hanno incantato il mondo e sono davvero poche le persone in grado di sfuggire a questo incantamento. Questi astuti orchestrali, come il autista di Hamelin, hanno convinto i topi a uscire dalla città dirigendosi in massa verso le livide acque di un ume. E cos’è la città che abbiamo abbandonato dietro di noi se non il mondo dell’etica, quel mondo che, nonostante tutte le sue fragilità, ha permesso no a tempi recenti all’essere umano di mantenere la sua speci cità?»

(Susanna Tamaro, I pi erai magici, 2022)

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L’etica alla base di tutto

Ogni essere umano – secondo i principi dell’etica – deve essere sempre considerato come fine e mai come mezzo (o pretesto); infatti, ognuno di noi è chiamato ad adoperarsi – sia a livello individuale che sociale – per migliorare la qualità della vita umana. Il periodo storico che stiamo vivendo – nonostante le gravi crisi e ambiguità che lo attraversano – ha visto significativi progressi in alcuni campi, come quello della scienza e della tecnica, in particolare della medicina. Purtroppo, però, insieme ai benefici sono aumentati anche i rischi in alcuni di questi settori ed è quindi importante che sia data la priorità all’etica. «Una scienza senza etica è pericolosa», ricordava il premio Nobel per la medicina Rita Levi Montalcini.

Il massimo sviluppo della scienza e della tecnica esige anche la massima attenzione e prudenza.Per questo pensiamo che l’etica sia oggi fondamentale e che la riflessione su di essa debba avere un grande spazio, anche nella scuola. L’educazione ai valori e la formazione di una coscienza critica, in particolare nel mondo giovanile, saranno la grande sfida del prossimo futuro; è in gioco la nostra stessa umanità.

SPUNTI OPERATIVI

● «Un individuo, ma anche una società, per vivere e funzionare deve riconoscersi in alcuni principi che hanno come ne il bene comune»: siete tutti d’accordo con questa a ermazione? Conoscete nel mondo qualcuno che non è d’accordo?

● «Una scienza senza etica è pericolosa», ha detto Rita Levi Montalcini. Secondo voi, la scienza deve anche sapersi fermare? Se sì, quando?

● Chi sono i “pi erai magici” di cui parla la scrittrice Susanna Tamaro (v. riquadro a pagina precedente)?

Rita Levi-Montalcini

Rita Levi-Montalcini (1909-2012) è stata una scienziata e accademica italiana, premio Nobel nel 1986, senatrice a vita per meriti e prima donna ammessa nella Ponti cia Accademia delle Scienze.

SEGUI IL FILO

ETICA: dal greco ethos (costumi, abitudini), ri ette e indaga sui principi e valori che costituiscono le norme morali che regolano l’agire umano, in vista del bene individuale e sociale.

MORALE: dal latino mores (consuetudini, usanze), si tratta dell’insieme delle norme di condotta pubblica e privata che una persona o un gruppo scelgono di seguire nella vita, nalizzate al bene comune dell’individuo e della società. La morale si appella alla coscienza.

MORALE LAICA: normedi comportamento ispirate ai diritti dell’uomo o a principi che si basano sulla ragione, senza presupporre una fede religiosa.

MORALE RELIGIOSA: si ispira ad una visione religiosa della vita e alle regole (o comandamenti) delle varie tradizioni religiose.

DIRITTO: l’insieme delle norme sociali che una società si impone, in vista del bene comune. Il diritto si esplica nelle leggi, che il potere legislativo della Stato emana e che garantisce (a di erenza della morale) anche ricorrendo alla forza.

223 Tema 9 COME VIVERE bene la vita?

3. un’etica non vale l’altra

Nella vita possiamo fare riferimento a principi e norme che per noi sono importanti, ma questo non significa che siano anche “etici”, ovvero finalizzati al bene comune e rispettosi dell’umanità; possono infatti essere dei principi finalizzati solo al bene individuale o del proprio gruppo, in un’ottica puramente utilitaristica. Tanto per capirci, anche Hitler e Stalin – tra i più crudeli e sanguinari dittatori che la storia del XX secolo ricordi – avevano una loro “etica” molto ferrea: eppure hanno causato milioni di vittime innocenti e grandi ingiustizie. Hitler, per esempio, ha mostrato grande attenzione ad alcuni temi ecologici, emanando leggi per la salvaguardia del lupo selvatico, per esempio. Purtroppo, però, non si può dire che abbia mostrato altrettanto interesse per la salvaguardia del popolo ebraico, dei nomadi, dei malati mentali e così via… E anche Stalin, con le sue famose “purghe”, non è stato da meno. Al contrario, l’etica seguita da Gandhi o da Madre Teresa di Calcutta ha invece aiutato e sostenuto tante persone, contribuendo a migliorare il mondo. Il discorso è certamente complesso, ma non possiamo nasconderci dietro il principio che «un’etica vale l’altra». Tutti noi constatiamo nella vita – si spera anche in classe − che i propri principi morali sono fondamentali nel rapportarsi con gli altri. Infatti l’etica si preoccupa di farci vivere insieme «umanamente»; anche se la difficoltà sta proprio in questo avverbio: non è per niente facile stare insieme rispettando noi stessi e gli altri. In ogni caso è comunque l’etica la molla che ci spinge a prenderci cura anche degli altri, oltre che di noi stessi, rendendoci più «umani».

Il criterio è il rispetto dell’uomo e dei suoi diritti

Se accettiamo questa definizione dell’etica proiettata verso gli altri, è evidente che non tutte le proposte “etiche” elencate nella scheda si possono chiamare tali, in quanto spesso hanno alla base una visione puramente individualistica ed egoistica. Così per esempio “l’etica utilitaristica” vedrà in modo positivo la clonazione, in quanto finalizzata a fornire «pezzi di ricambio» per prolungare la vita di un individuo a scapito di un altro ritenuto sacrificabile. L’etica che ha a cuore l’essere umano nella sua globalità (compreso anche quello in «potenza», cioè l’embrione) non potrà accettare una visione puramente pragmatica della vita.

Vivendo in un mondo pluralistico, non dobbiamo dimenticare che dietro le cosiddette “etiche” ci sono differenze radicali sulla concezione della persona e sui diritti umani. Non tutte le culture, infatti, hanno lo stesso rispetto dell’uomo e dei suoi diritti, e non tutte le norme di comportamento (o etiche) pongono la persona al centro.

L’essere umano con la sua dignità è il cardine del pensiero greco, ebraico e cristiano.

«

È importante saper dire tre no: alla morte, all’egoismo, alla guerra;

e saper dire tre sì: alla vita, alla solidarietà, alla pace».

(Scritta su un cartello in una manifestazione per la pace)

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In queste culture c’è una visione sacrale dell’uomo (in quanto creato ad immagine divina) che è alla base della civiltà occidentale; non possiamo rimangiarci secoli di tradizione etica in nome dell’utilitarismo o del pragmatismo scientifico. Il massimo sviluppo della tecnica esige anche il massimo della sapienza.

Ecco perché certi principi etici che offendono la dignità umana (e ledono i diritti dei più deboli, del nascituro, del sofferente...) non possono essere equiparati ad altri che invece rispettano e tutelano questi diritti.

C’è etica ed etica!

Queste sono alcune delle “etiche” (o norme ispiratrici di comportamenti di vita) che possiamo osservare nella nostra società. Chiaramente non tutte sono nalizzate al bene comune o al miglioramento del singolo individuo o della società. Per questo è molto importante distinguere tra le varie “etiche” che ci vengono proposte; non tutte hanno lo stesso valore.

• Etica soggettivistica-libertaria: le sfumature sono varie, ma si può sintetizzare così: ognuno è libero di fare ciò che vuole perché è sovrano. Considera la libertà dell’individuo come il valore primario.

• Etica utilitaristica: ritiene eticamente lecito tutto ciò che è utile o opportuno. Al centro viene posto l’individuo e il principio: «Se una cosa mi è utile, è anche buona».

• Etica tecnico-scienti ca: sostiene che la ricerca ha sempre portato enormi vantaggi all’umanità e dunque deve andare avanti con qualsiasi mezzo, senza limiti. In pratica, tutto ciò che è tecnicamente possibile deve essere fatto.

• Etica ecologista-fondamentalista: è sensibile al rispetto dell’ambiente, ma mette tutti gli esseri viventi sullo stesso piano, senza una scala di valori.

• Etica solidaristica: mette alla base di tutto l’attenzione e l’aiuto disinteressato verso gli altri.

SPUNTI OPERATIVI

● Tra i vostri amici quali sono le “etiche” più seguite?

● Quali ri essioni suscita in voi il racconto riportato? Rispondete a caldo.

225 Tema 9 COME VIVERE bene la vita?
Sul muro che divide Israele dai territori palestinesi qualcuno ha scritto in tre lingue (arabo, ebraico, inglese): “il sentiero della pace”.

4. L’etica religiosa

L’etica che fa riferimento a “qualcuno” o “qualcosa” di superiore o trascendente l’essere umano viene detta “religiosa” perché si richiama a norme e regole “divine”, o comunque che vanno “oltre” la realtà umana. Molte religioni credono, per esempio, in un giudizio dopo la morte, o fanno riferimento ad una vita che – pur con forme e modalità a volte molto differenti – continua in una realtà sovrumana. L’etica religiosa è considerata “più forte” dell’etica cosiddetta “laica” o non religiosa perché “se è possibile sfuggire al giudizio degli uomini, non è possibile sottrarsi a quello di Dio” o comunque al giudizio di una realtà considerata superiore a quella umana.

Tuttavia, non c’è una sola etica religiosa (come avremo modo di esaminare nel Tema 11 multimediale): ogni religione dà la propria interpretazione etica, pur rifacendosi tutte ad un principio comune conosciuto come “Regola d’oro” (si veda la tavola illustrata). In questo contesto ci soffermeremo sull’etica religiosa più vicina a noi, quella che – direttamente o indirettamente – fa parte del nostro patrimonio e incide maggiormente sulla nostra formazione.

L’etica cristiano-cattolica

Tutta l’etica cristiana –non solo quella cattolica – si basa sul concetto di “persona” (in termini filosofici viene chiamata “etica personalistica”): infatti mette al centro la persona umana e trova il suo fondamento biblico dapprima nel Decalogo, dato da Dio al popolo ebraico attraverso Mosè (Antico Testamento), portato poi a compimento da Gesù con la sua predicazione (Nuovo Testamento).

Ciò che caratterizza l’etica cattolica, rispetto anche ad altre etiche che fanno riferimento al cristianesimo, è l’attenzione particolare data alla sacralità della vita e alla persona.

Vediamo insieme alcuni aspetti di quest’etica, giudicata a volte dal mondo “laico” come eccessivamente ferma su posizioni del passato, pronta a vietare e condannare ogni progresso.

Già alcuni anni fa l’allora cardinale Joseph Ratzinger

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(1927-2022) da prefetto della Congregazione per la dottrina della fede (poi eletto papa con il nome di Benedetto XVI nel 2005) aveva chiarito che «la morale non può ridursi a un catalogo di cose permesse o proibite. Il racconto della creazione dimostra che l’uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio. Questo esprime il carattere sacro dell’esistenza umana. E non basta: quando si incarna, Dio dimostra che tutti i comportamenti umani assumono significato per il dono dell’amore. Questa dimensione sacra dell’uomo è il cardine di tutta la morale cristiana su cui ci basiamo per dare risposte ai problemi dell’uomo di oggi: problemi sociali, politici, ecologici. Anche, ma non soltanto, problemi di etica sessuale».

Uno dei punti più controversi della morale cristiano-cattolica (che ha sempre creato conflitti con il mondo laico e in parte anche all’interno dello stesso mondo cattolico) è quello della sessualità. «Ciò che insegna la Chiesa cattolica sulla sessualità – continuava l’allora cardinale Ratzinger – non può essere compreso che in un contesto di logica di fede vissuta, in cui la sessualità non è veramente umana se non risponde all’appello della vita e non respinge ogni forma di violenza». Ciò che sta a cuore alla Chiesa cattolica è richiamare uomini e donne a una vita pienamente umana, senza essere vittime di una visione razionalista, che si oppone alla fede, o di un relativismo che lascia al soggetto ogni criterio sulle scelte morali, oppure di un sincretismo magico, che mette insieme tutto quanto senza priorità e in cui una scelta vale l’altra, senza distinzioni. «Se in una società i fondamenti del comportamento etico sono abbandonati alla soggettività – concludeva Ratzinger –, slegati da ragioni comuni di essere e di vivere, affidati al pragmatismo, allora è l’uomo stesso a essere minacciato».

Negli anni queste parole si sono rivelate profetiche e in più occasioni possiamo prendere atto che uno stile di vita egoistico e individualistico può condurci alla rovina. Di fronte alla gravità di alcuni eventi recenti (come le catastrofi ambientali, la pandemia e la guerra in Ucraina) ci siano risvegliati dal torpore e abbiamo reagito insieme, come molti giovani hanno dimostrato manifestando per salvaguardare il pianeta: tali eventi ci hanno aiutato a comprendere che siamo tutti sulla stessa barca e non possiamo vivere pensando solo a noi stessi.

RELATIVISMO

dottrina che si oppone al dogmatismo e relativizza ogni conoscenza. Per quanto riguarda l’etica, nega l’esistenza di una norma ssa e universale, valida per tutti.

SINCRETISMO

fusione di vari aspetti dottrinali, storici e culturali provenienti da altre religioni e culture, messi insieme in modo super ciale e acritico, in una conciliazione arbitraria di elementi inconciliabili tra loro.

Non crediamoci giusti!

«Sbagliamo quando noi cristiani ci crediamo giusti, quando pensiamo che i cattivi siano gli altri. Non crediamoci buoni, perché da soli, senza l’aiuto di Dio che è buono, non sappiamo vincere il male.»

(Papa Francesco, Angelus del 15 novembre 2019).

SPUNTI OPERATIVI

● Approfondite perché l’etica religiosa non si può ridurre a un elenco di cose permesse o proibite.

● Osservando la “Regola d’oro” illustrata, quali ri essioni vi vengono in mente? Mettete in comune le vostre osservazioni in classe.

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5. i valori cri iani

Dopo aver introdotto il discorso sull’etica religiosa cristiano-cattolica, fermiamoci ora su quelli che sono considerati i valori etici (o i punti tradizionali di riferimento) così come sono formulati nel Catechismo della Chiesa cattolica1. Sono i valori che lungo i secoli hanno ispirato la vita e le azioni dei credenti: anche se non sempre sono stati messi in pratica, hanno comunque indicato a tantissime persone la direzione da seguire, tanto da entrare a far parte del patrimonio etico della cultura occidentale, anche laica. In questo senso, vi invitiamo a leggere questa nostra presentazione non come una serie di formule catechistiche, ma come un elenco di valori che appartengono a tutti. Pensiamo che, nella loro formulazione così essenziale, abbiano ancora molto da insegnare a tutti , credenti e non.

LE “DIECI PAROLE”

I “Dieci Comandamenti” o “Decalogo” non appartengono soltanto alla tradizione ebraica (in cui hanno origine), ma fanno parte anche di quella cristiana. Gesù, infatti, riprendendo l’insegnamento di Mosè, ha voluto sintetizzare il Decalogo nell’unico grande comandamento dell’amore, verso Dio e verso i fratelli. Come altri valori cristiani, anche le “Dieci Parole” sono entrate a far parte del patrimonio formativo e culturale dell’Occidente, così da diventare un importante riferimento sia per i credenti che per coloro che non si riconoscono tali. Per questo motivo nel Dossier che si trova alla fine di questo Tema presenteremo “Le Dieci Parole” commentandole brevemente una ad una.

IL PRIMO E PIÙ IMPORTANTE COMANDAMENTO

È un comandamento antico, diviso in due parti, già presente nella tradizione ebraica, che Gesù colloca al centro del suo insegnamento evangelico. D’ora in poi, nessun credente può dire di amare Dio (che non vede) se non ama anche il fratello che gli è accanto (prossimo): «Amerai il Signore tuo Dio, con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso» (Vangelo di Luca 10,27; leggi anche Vangelo di Marco 12,28-31).

LE TRE VIRTÙ TEOLOGALI

Sono considerate le virtù fondamentali del cristiano. Come scrive san Paolo: «Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!» (Prima lettera ai Corinzi 13,13). Affermava Madre Teresa di Calcutta, una grande santa del nostro tempo: «Non si tratta di

«

Fate come gli alberi: cambiate le foglie e conservate le radici.

Quindi, cambiate le vostre idee, ma conservate i vostri principi» (Victor Hugo, poeta e drammaturgo francese)

1 Catechismo della Chiesa cattolica. Compendio, Liberia Editrice Vaticana - San Paolo, 2005.

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quanto facciamo, ma di quanto amore, quanta carità, quanta fede e speranza mettiamo nell’operare».

LE QUATTRO VIRTÙ CARDINALI

Sono dette così le quattro virtù-cardine, che stanno cioè alla base non solo della vita cristiana, ma anche dell’esistenza di ogni persona responsabile. Questa la spiegazione tradizionale:

● Prudenza: capacità di giudizio e di decisione;

● Giustizia: correttezza e lealtà nei confronti degli altri e del mondo;

● Fortezza: il coraggio interiore;

● Temperanza: l’equilibrio e il giusto senso della misura.

LE OPERE DI MISERICORDIA

Già nell’Antico Testamento si invitava a mettere in pratica la «misericordia» di Dio con gesti concreti, come «dividere il pane con l’affamato, introdurre in casa i miseri, senza tetto, vestire uno che vedi nudo» (Isaia 58,7). Ma Gesù ne farà un elenco ben preciso, indicandolo come il criterio di giudizio finale, su cui ogni persona verrà esaminata alla fine della propria vita: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e mi avete dato da bere...» (Vangelo di Matteo 25,31-46).

La tradizione cristiano-cattolica elenca due gruppi di “opere di misericordia”, distinguendo tra corporali (sette) e spirituali (sette): esse sono un valore per tutti, come commenta una filosofa e teologa contemporanea (v. riquadro).

Le sette opere di misericordia corporale:

1. Dar da mangiare agli affamati.

2. Dar da bere agli assetati.

3. Vestire gli ignudi.

4. Alloggiare i pellegrini.

5. Visitare gli infermi.

6. Visitare i carcerati.

7. Seppellire i morti.

Le sette opere di misericordia spirituale:

1. Consigliare i dubbiosi.

2. Insegnare agli ignoranti.

3. Ammonire i peccatori.

4. Consolare gli afflitti.

5. Perdonare le offese.

6. Sopportare pazientemente le persone moleste.

7. Pregare Dio per i vivi e per i morti.

«Nel villaggio globale, il farsi carico di fame, sete, povertà, migrazione, emarginazione, malattia, carcere o quant’altro, e poi in tutta continuità il consiglio, l’ammonizione, la consolazione, il perdono, la pazienza, sono tutte cose che vanno oltre l’orizzonte cristiano. Investono il mondo in quanto tale e scommettono sul futuro.»

(Cettina Militello, losofa e teologa)

SPUNTI OPERATIVI

● Tra i valori elencati, quali vi sembrano oggi i più trascurati?

● Il primo grande comandamento cristiano è quello di “amare Dio e il prossimo”. Eppure sono molte le “divinità” (o “idoli”, come li chiama la Bibbia) a cui oggi ci si prostra e che hanno un grosso seguito. Provate a farne un elenco.

229 Tema 9 COME VIVERE bene la vita?

6. un’etica de a vita

La bioetica (dal greco bios, «vita», e ethos, «etica») è una disciplina, a carattere interdisciplinare, che si preoccupa di stabilire i criteri che devono guidare gli interventi dell’essere umano sulle strutture interne della vita. Abbraccia quindi un campo molto ampio e tocca tutti quegli argomenti che hanno a che fare con la vita, dal suo inizio alla fine, come:

● la biologia di sintesi: interessata a costruire sistemi biologici artificiali;

● l’ingegneria genetica: che interviene sulle fasi iniziali della vita, dalle sperimentazioni embrionali fino alla fecondazione artificiale;

● ciò che interviene sulle fasi finali della vita: dall’eutanasia al testamento biologico, per esempio.

Quando inizia la vita?

Tra gli argomenti più controversi di cui si interessa la bioetica c’è quello di stabilire quando inizia la vita, in particolare se l’embrione è da considerarsi o meno «persona». Tra gli studiosi troviamo tre posizioni prevalenti:

1. “L’embrione è un microscopico essere vivente”, non solo in potenza ma già reale: va quindi rispettato fin dall’inizio e gli deve essere riconosciuta capacità giuridica (come titolare di diritti) fin dai primi giorni di vita nell’utero materno. Questa è la posizione della Chiesa cattolica e di molte persone, credenti e non.

2. |inserire punto 2 elenco|“L’embrione è solo un insieme di cellule nella quali non c’è ancora un progetto”. Molti scienziati si ritrovano in questa posizione, tra cui Carlo Flamigni (1933-2020), il pioniere italiano della fecondazione assistita.

3. “È possibile parlare di «persona in potenza» dal 14° giorno in poi e di «persona completa» soltanto quando c’è attività cerebrale”. Molti ricercatori, anche credenti, motivano questa posizione basandosi sul fatto che anche per la Chiesa cattolica una persona è da considerarsi morta (quindi è permesso l’espianto di organi) quando non c’è più attività cerebrale.

Criterio di fondo: una “coscienza informata”

Gli argomenti legati alla bioetica sono stati oggetto in Italia – ieri e oggi - di grandi scontri, prese di posizione ideologiche e polemiche. Da più parti si auspica la necessità di superare queste divisioni per aprire un dibattito più sereno e oggettivo, senza ridurre tutto ad una questione di schieramenti politici o

La biologia sintetica

Per «biologia di sintesi» (o «biologia sintetica», dall’inglese synthetic biology) si intende quella disciplina, a cavallo tra ingegneria e biologia, che è interessata a costruire sistemi biologici arti ciali, mettendo insieme molte conoscenze (dalla chimica alla ingegneria genetica, dalla biologia molecolare alla bioinformatica), e che usa tali tecnologie a scopi di ricerca e per applicazioni mediche e biotecnologiche.

Di erenza tra bioetica cattolica e laica

«Il motto cattolico potrebbe essere: “valori eterni” nelle situazioni nuove; il motto laico: “a situazioni nuove forme etiche nuove”.»

(Maurizio Mori, Manuale di bioetica, 2013)

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religiosi. È in ballo il futuro stesso della vita degli esseri umani e la dignità della persona. Su questi e altri grandi temi etici, come già suggeriva anni fa il filosofo non credente Norberto Bobbio (che rompendo coraggiosamente gli schieramenti ideologici si era dichiarato contrario all’aborto), il confine non passa tra laici e credenti, o tra conservatori e progressisti, ma tra persone che preferiscono ragionare tenendo presente la propria coscienza e chi invece si limita a schierarsi. Ci sono «laici» che condividono la posizione definita «cattolica» (l’embrione è da rispettare fin dall’inizio) e credenti che non si riconoscono pienamente nelle posizioni considerate tradizionalmente cattoliche. E se fosse proprio la coscienza ad avere l’ultima parola?

La bioetica in Italia

Fin dai primi anni ’80 del XX secolo la bioetica in Italia si è caratterizzata per due posizioni piuttosto nette: da un lato la cosiddetta “bioetica classica” (vicina al cattolicesimo e all’impostazione della medicina tradizionale), quella che pone al centro il rispetto della persona umana fin dalle primissime fasi della vita fino alla morte naturale; dall’altro la “bioetica laica”, più attenta alle libertà e alla qualità della vita del singolo individuo, favorevole a un intervento minimalista delle regole sociali.

Rispetto a tutti gli altri Paesi europei, l’Italia costituisce un caso anomalo in quanto il Parlamento ha legiferato poco in materia di genetica, a parte una legge sui trapianti d’organo (L. n. 91 del 1° aprile 1999) e una sulla procreazione assistita (L. n. 40 del 19 febbraio 2004), che vieta la fecondazione eterologa (cioè con seme di altra coppia), la clonazione, la commercializzazione di embrioni, la maternità surrogata (cosiddetto «utero in affitto»), la produzione di embrioni a fini di ricerca o di sperimentazione. (Questa legge, contestata da una parte dei cittadini, è stata sottoposta a referendum popolare nel 2005, ma non è stato raggiunto il quorum necessario per convalidarne il risultato).

Il 9 aprile 2014 la Corte costituzionale ha però stabilito che il divieto della fecondazione eterologa è anticostituzionale, dando di fatto il via libera a questa pratica, in attesa che il Parlamento si pronunci in via definitiva. Ad oggi il parlamento italiano non si è ancora espresso in merito.

SPUNTI OPERATIVI

● Dopo aver riletto con attenzione le tre posizioni sull’inizio della vita, esprimete qual è la vostra opinione.

● Quali sono le problematiche legate alla bioetica che vi sembrano più urgenti da sviluppare in classe?

Norb to Bobbio

Norberto Bobbio (1909-2004), losofo del diritto e storico italiano, ha cercato di coniugare la libertà individuale con quella della giustizia sociale (liberalsocialismo). Fu nominato senatore a vita nel 1984.

Quando si può considerare morta una persona?

In Italia la legge n. 578 del 29 dicembre 1993 sancisce che il momento centrale per poter diagnosticare la morte di una persona è rappresentato dalla cessazione di tutte le funzioni dell’encefalo: solamente quando viene univocamente accertato tale evento, diviene inutile la prosecuzione delle attività di assistenza al paziente, considerato che il soggetto è da intendersi come defunto.

Super cialità e semplicismo sono pericolosi

«Vorrei che ci avvicinassimo alle questioni complesse, anche quelle legate alla scienza, non con super cialità ma a dandoci alle persone competenti. Diventare semplicisti rischia di far perdere dignità alle questioni.»

(Roberto Repole, arcivescovo di Torino, La Repubblica, 7 maggio 2022)

231 Tema 9 COME VIVERE bene la vita?

7. l’ingegneria genetica

La bioetica, come abbiamo visto nella scheda precedente, abbraccia vari campi, alcuni in continua e rapida evoluzione, come quello dell’ingegneria genetica. Siamo consapevoli che le problematiche legate a questa materia siano tante e complesse, richiedono conoscenze tecniche e scientifiche che non possiamo pretendere di avere. Nello stesso tempo, però, questi argomenti sono di grande attualità e noi non possiamo disinteressarcene. Per questo il nostro approccio sarà prima di tutto didattico, cercando di dare un’informazione corretta sull’argomento generale, con l’obiettivo soprattutto di formare delle “coscienze critiche” su temi che non possono essere lasciati soltanto agli specialisti. È in ballo il futuro dell’umanità.

PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA (PMA)

Da quando la procreazione medicalmente assistita (detta anche «fecondazione artificiale») ha iniziato ad affermarsi nel mondo anglofono, verso gli anni ’70, c’è stato un crescente interesse dei media, con rare voci critiche. Certo nessuno nega l’importanza di questa tecnica nel risolvere molti degli aspetti clinici collegati alla sterilità di coppia, ma forse i successi ottenuti hanno oscurato le varie problematiche psicologiche che possono insorgere nella coppia e le complesse questioni giuridiche legate a questa pratica.

Già alcuni decenni fa, con molta lungimiranza, Leonardo Zega, direttore di una diffusa rivista cristiana, metteva a fuoco alcuni aspetti problematici che con il tempo si sono rivelati sempre più importanti e da non sottovalutare. Scriveva: «La tecnica di fecondazione assistita non guarisce la sterilità e non scioglie i nodi psicofisici che la originano. Perché non dire chiaramente che la generazione di un figlio non è soltanto un fatto privato, e che la sterilità non è di per sé una “malattia”? Il diritto alla maternità, o peggio al figlio, è l’esasperazione di un legittimo desiderio, che non può trasformare il dono della vita e il frutto dell’amore tra due persone (che hanno deciso di fare “famiglia”) in un qualcosa di puramente utilitaristico, come a dire: “Voglio un figlio per realizzarmi come persona, per avere qualcuno che è mio e solo mio!”. II figlio non è un “oggetto”, non appartiene a chi lo ha generato; è una persona con diritti propri dal momento in cui scocca la scintilla della vita nel grembo materno. Con queste pretese, si fa presto a passare dal figlio “desiderato” al figlio “che si vuole”. Di fatto però la Chiesa cattolica ha levato la sua voce ammonitrice, subito tacciata di oscurantismo e di indebite ingerenze».

CELLULE STAMINALI

Già nel 2001 la scienza ha dimostrato la possibilità di produrre, a partire da blastocisti umani, una linea stabile di cellule staminali, cioè delle cellule non ancora specializzate, in grado però di formare vari organi e tessuti (v. glossa-

Blastocisti

È tra i primissimi stadi dello sviluppo della vita. La fecondazione del gamete femminile (ovocita) con il gamete maschile (spermatozoo) porta allo zigote; da questo si ottiene dapprima un  embrione, composto da cellule ben riconoscibili e contabili, e successivamente, con l’aumentare delle divisioni cellulari, un embrione più grande, detto  blastocisti, in cui le cellule sono molto più numerose e di cilmente contabili. Il passaggio intermedio prende il nome di morula

Cellule staminali

Cellule «non di erenziate», non ancora specializzate per un particolare organo o tessuto. Possono essere «pluripotenti», se sono in grado di trasformarsi in cellule speci che di un certo organo o tessuto; «totipotenti», se si trasformano in qualsiasi organo o tessuto; «unipotenti», per una sola tipologia cellulare.

Clonazione riproduttiva

La clonazione riproduttiva è nalizzata alla nascita di un individuo. Nel caso dell’essere umano è considerata, pressoché universalmente, come eticamente inaccettabile.

232

rio). Queste cellule promettono di poter curare una lunga serie di gravi malattie dell’uomo. Le terapie più consolidate sono quelle che riguardano i trapianti di midollo, che si effettuano già da diversi anni per curare leucemie e tumori linfatici. Altre ricerche avanzate riguardano la cornea, la crescita dei vasi arteriosi attorno al cuore e ultimamente anche alcuni apparati genitali. In prospettiva si punta molto alla cura di malattie degenerative del sistema nervoso (come Parkinson e Alzheimer) e cardiache.

Allo stadio attuale molte sono le questioni, sia di ordine scientifico che etico, ancora aperte. Per esempio, sull’uso della clonazione riproduttiva, anche a fine terapeutici, l’opinione dei bioeticisti è negativa. Più complesso è il discorso della clonazione terapeutica in sé. Molti studiosi – tra cui una parte dei bioeticisti di cultura cattolica – ritengono inaccettabile la manipolazione degli embrioni, a qualsiasi stadio del loro sviluppo e a prescindere dal fine. Per altri, invece, è necessario indagare se un agglomerato di cellule ancora privo di struttura nervosa e di cellule specializzate possa essere considerato embrione prima di essere impiantato nell’utero materno. Non tutti gli studiosi, anche in campo cattolico, concordano nel ritenerlo tale; inoltre alcuni studiosi considerano la clonazione terapeutica inutile, in quanto le cellule staminali prelevate da individui adulti, da feti o da cordoni ombelicali, funzionano altrettanto bene quanto quelle embrionali.

UNA BUSSOLA PER ORIENTARSI

La ricerca sulle cellule staminali adulte (non embrionali) ha fatto grandi progressi, tanto che si possono creare in laboratorio cellule capaci di bloccare l’inesorabile decorso delle malattie neurodegenerative e di riparare i tessuti; in pratica si può guarire senza distruggere alcun embrione. Ma, nello stesso tempo, sono stati autorizzati progetti mirati alla manipolazione di embrioni umani (come quello approvato nel Regno Unito il 1° febbraio 2016), anch’essi finalizzati ad individuare e poi curare anomalie genetiche. È evidente che su queste tematiche si stanno tentando varie strade ed è innegabile che sono in ballo grandi interessi economici. Ma è bene tener sempre presenti tre livelli: quello prettamente tecnico, che richiede competenze specialistiche che quindi non tutti hanno; il livello clinico, simile al primo per quanto riguarda le competenze ma che non può essere privo di normative; infine, il discorso etico, che richiede anch’esso competenze, ma chiama in causa l’umanità stessa. Per questo è essenziale affrontare il tema dello statuto dell’embrione e i vari aspetti a cui abbiamo accennato, mettendo da parte ogni tipo di ideologia per privilegiare il bene comune e il futuro dell’umanità.

SPUNTI OPERATIVI

Attività: Confrontatevi su queste due a ermazioni:

1. «La fede è un fatto privato, che riguarda solo la coscienza dei singoli. La Chiesa cattolica non ha alcun diritto di esprimere ciò che è lecito o meno in campo etico».

2. «La Chiesa ha i suoi princìpi ed è giusto che li esprima, chiedendo ai credenti e a quelli che li condividono di rispettarli».

Che cosa ne pensate?

Clonazione

Processo che porta alla produzione di copie identiche di un organismo vivente. In genetica è una tecnica che prevede il trapianto del nucleo (Dna) della cellula di un donatore in una cellula-uovo ospite privata del suo Dna. Questa nuova cellula viene fatta normalmente sviluppare no allo stadio adulto, dando origine a un soggetto con identico corredo genetico.

Cellule staminali embrionali Sono cellule totipotenti che costituiscono l’embrione nelle primissime fasi dello sviluppo.

Cellule staminali adulte

Sono le cellule pluripotenti e unipotenti che si trovano nei tessuti.

233 Tema 9 COME VIVERE bene la vita?

8. il rispetto de a vita

Non c’è dubbio che nel giro di non molti decenni l’umanità ha assistito a dei cambiamenti così radicali che non solo hanno rivoluzionato abitudini e mentalità, ma hanno portato a dei significativi cambiamenti antropologici, di cui probabilmente non conosciamo ancora appieno le conseguenze. Tra i campi in cui il cambiamento è stato forse più forte e dirompente c’è proprio quello etico, legato in particolare ai temi della sessualità e della procreazione. Osserva Silvia Vegetti Finzi: «Dagli anni Ottanta, tramite le tecniche di fecondazione artificiale, la procreazione si è di fatto disgiunta dalla sessualità» e le conseguenze di questo processo sono certamente «riconosciute e accettate, ma non ancora completamente esplorate». La ricerca di un figlio preceduta da anni di sterilità indotta – scrive la studiosa – ha «incrementato la sterilità e, di conseguenza, il ricorso alla procreazione medicalmente assistita». Questo tipo di procreazione, sganciata di fatto dalla sessualità, consente sì la fecondazione extracorporea, ma anche di manipolare l’intero processo. «L’intervento di fecondazione in vitro, – sottolinea sempre la Vegetti Finzi – ottenuta assemblando in laboratorio gameti (ovuli e spermatozoi) e ricorrendo, ove il caso, al sussidio di una gestante estranea alla coppia (“utero in affitto”), scompone e ricompone l’itinerario generativo, moltiplicandone gli attori. È ora possibile, ad esempio, avere tre madri (genetica, fisiologica e sociale), due padri o un solo genitore sociale, essendo cancellato l’apporto femminile». Il rischio di degradare la maternità a mero strumento riproduttivo, come accade per la gestazione surrogata, è – secondo la studiosa – la conseguenza più grave di questi processi di disgiunzione, che «privano il nuovo nato di una gestazione umana, dove lo scambio madre-figlio è non solo organico, ma anche cognitivo e affettivo». Lo stesso si può dire per il frammentarsi delle relazioni coniugali e genitoriali.

Alcuni importanti interrogativi

Indipendentemente dalle varie posizioni (sociali e culturali, etiche e religiose, …) che si possono avere su questi argomenti, il rischio è quello di ridurre tutto alle esigenze del singolo o a quelle del mercato, proponendo “prodotti” sempre più perfetti. Per questo siamo convinti che l’etica sia tutt’altro che estranea a questi argomenti. E non è questione di essere credenti o meno (anche se è ovvio che le varie etiche hanno un peso importante su questi temi), ma prima di tutto il discorso riguarda la responsabilità di ogni persona, anche se questi argomenti sono eticamente complessi e tecnicamente difficili. Ognuno deve chiedersi con onestà su quali valori vogliamo fondare la nostra società futura ed – eventualmente – quali sono i limiti che dobbiamo porci. Siamo altrettanto convinti – come ricordava la scienziata italiana Rita Levi Montalcini – che «non si può mettere un lucchetto al cervello umano» e che la ricerca scientifica deve essere incoraggiata, ma siamo certi che occorra partire da un’altra dichiarazione della stessa scienziata: «Non tutto ciò che tecnicamente può essere fatto deve necessariamente essere fatto» (La Stampa, 2 gennaio 2013).

La via della vita e quella della

morte

La Didachè, o Dottrina dei dodici apostoli, è un testo cristiano di autore sconosciuto, composto tra I e II secolo d.C. quindi contemporaneo agli scritti più tardivi del Nuovo Testamento. Vi si legge: «Vi sono due vie, una della vita, e l’altra della morte, e tra di esse vi è una grande di erenza: non ucciderai (...), non farai perire il bambino con l’aborto né l’ucciderai dopo che è nato. (...) La via della morte è questa: (...) non hanno compassione per il povero, non so rono con il so erente, non riconoscono il loro Creatore, uccidono i loro gli e con l’aborto fanno perire creature di Dio; allontanano il bisognoso, opprimono il tribolato. (...) Possiate star sempre lontani, o gli, da tutte queste colpe!».

(Didachè, 1,1; 2,1-2; 5,1.3)

234

L’idea cristiana della vita

Una delle peculiarità del cristianesimo, fin dalle origini, è proprio il rispetto della vita, dall’inizio alla fine, come testimoniano gli scritti cristiani più antichi (v. approfondimento). Nella visione cristiana, in particolare nella tradizione cattolica, la vita è sacra perché dono di Dio ed è stata affidata all’uomo e alla donna perché la custodiscano rispettando il piano della creazione divina. L’essere umano non è quindi il padrone, ma solo il custode della vita, è chiamato a migliorarla e non a distruggerla. In questo contesto vanno collocate le parole forti pronunciate in più occasioni dal magistero cattolico a favore della vita. «Per noi ogni persona è creatura di Dio – affermava Giovanni Paolo II, papa dal 1978 al 2005 − e reagiremo ogni volta che la vita umana è minacciata. Quando il carattere sacro della vita prima della nascita viene attaccato, noi reagiremo per proclamare che nessuno ha il diritto di distruggere la vita prima della nascita. (…) Quando poi la libertà viene usata per dominare i deboli, per sperperare le ricchezze naturali e l’energia, e per negare agli uomini le necessità essenziali, noi reagiremo per riaffermare i principi della giustizia e dell’amore sociale. Quando i malati, gli anziani o i moribondi sono abbandonati, noi reagiremo proclamando che essi sono degni di amore, di sollecitudine e di rispetto».

Silvia Vege i Finzi

Silvia Vegetti Finzi, nata a Brescia nel 1938 da una famiglia di origine ebraica, è una studiosa di psicologia e di psicanalisi che ha insegnato in varie università italiane. Nel 1980 è entrata a far parte del Movimento femminista e dal 1990 è tra le fondatrici della Consulta di Bioetica.

SPUNTI OPERATIVI

● E per voi cosa vuol dire “difendere la vita”?

● Sulla operazione nazista denominata T4 cercate sul web l’interessante monologo teatrale di Marco Paolini dal titolo “Ausmerzen”.

Il vescovo che gridò contro Hitler

Clemens August von Galen è il vescovo cattolico tedesco che nel 1941 disse “No” a Hitler e al suo folle progetto di eutanasia nazista, denominato T4, «per l’eliminazione della vite senza valore». Anche se il piano era segreto, il vescovo era venuto a diretta conoscenza di questo progetto di sterminio dei bambini e dei vecchi disabili, dei malati di mente nelle case di cura della Westfalia, e di tutte quelle persone che il regime considerava inutili o dannose. In un periodo in cui gli oppositori al nazismo erano molto pochi, il vescovo von Galen denunciò dal pulpito: «Vengono adesso uccisi, barbaramente uccisi degli innocenti indifesi; anche persone di altra razza, di diversa provenienza vengono soppresse. Siamo difronte a una follia omicida senza eguali... Con gente come questa, con questi assassini che calpestano orgogliosi le nostre vite, non posso più avere comunanza di popolo!»

235 Tema 9 COME VIVERE bene la vita?

9. la morte è un diri o?

Questa accanto è la sintesi della video-lettera che DJ Fabo, facendosi prestare la voce dalla sua compagna, ha indirizzato al Presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, poche settimane prima di farsi accompagnare in Svizzera per porre fine alla sua vita. Fabiano Antoniani, alias DJ Fabo, aveva 39 anni e nel 2014 era stato vittima di un incidente che lo aveva lasciato cieco e tetraplegico. Prima di lui, anche altri1 avevano chiesto al Parlamento italiano di introdurre una legge a favore dell’eutanasia. Ma fino ad oggi una legge specifica non è stata approvata, anche se l’argomento è oggetto di discussione da più parti. Non mancano però su questo tema, così serio e delicato, superficialità e confusioni, come per esempio tra eutanasia e accanimento terapeutico (v. glossario). Per questo ci sembra importante proporre delle piste di riflessione, per favorire un dibattito in classe sereno ed equilibrato.

Etica e legge non sempre coincidono

Per prima cosa non ci sembra corretto ridurre un argomento così doloroso e complesso ad una mera presa di posizione pro o contro l’eutanasia, o fare leva sui sentimenti e le paure più profonde di ciascuno. Su questo, come su altri temi delicati, non si può ragionare sotto l’effetto dell’emotività. Sono infatti molte le tematiche connesse: la libertà del singolo, il ruolo dello Stato, la distinzione tra etica e legge, la paura della morte e della sofferenza, la solitudine… A volte si ha la sensazione che uno dei fattori che maggiormente influenzano il dibattito sia proprio la paura della sofferenza. In uno Stato democratico come l’Italia, dove già in passato sono state introdotte leggi contrarie all’etica cristiano-cattolica (aborto e divorzio), anche l’eutanasia potrebbe diventare legge, come è già avvenuto in alcuni Stati e come auspicava il DJ Fabo nella lettera citata. Ma, come abbiamo già osservato in precedenza, non bisogna confondere il piano del diritto (legge) con quello dell’etica. Non sempre i due piani coincidono. Inoltre è bene tener presente che in democrazia vige la regola della maggioranza (una legge può essere approvata dal 50% + 1 dei votanti) ma questo non garantisce l’eticità di una legge, anche se approvata a grande maggioranza. È sufficiente ricordare quanto riportato dai Vangeli su Gesù e Barabba: il popolo in piazza a gran voce chiede a Pilato di liberare Barabba (che era un assassino) e mettere in croce Gesù (un innocente). Con questo non si vuole mettere in dubbio la validità del sistema democratico ma fare riflettere sui suoi limiti, che pure la storia ha mostrato. Per l’etica cristiana, la vita è un dono di Dio e nessuna persona o Stato può appropriarsi il diritto di uccidere.

MORTE

Una persona è morta quando tutte le sue attività cerebrali risultano assenti da almeno 6 ore (nei bambini da 12 o 24 ore).

EUTANASIA

Si de nisce attiva quando la morte viene indotta con farmaci appositi, di solito associati ad anestetici. È passiva quando si lascia morire il paziente facendogli mancare qualche supporto indispensabile per sostenerne la vita, quale un respiratore o l’apporto di acqua e sostanze alimentari.

ACCANIMENTO TERAPEUTICO

Si tratta di indagini invasive o terapie che non portano giovamento o che comunque vengono ri utate dal paziente. La somministrazione di acqua ed alimenti non può essere assimilata all’accanimento terapeutico perché non si tratta di farmaci o dispositivi medici, ma di elementi indispensabili alla vita.

TESTAMENTO BIOLOGICO

È la possibilità legale di dichiarare se in caso di necessità si vogliono interrompere le cure e i supporti vitali.

STATO VEGETATIVO PERMANENTE

1 Ha fatto molto discutere negli anni passati il caso di Eluana Englaro, una ragazza che, dopo un grave incidente, rimase in stato vegetativo per 17 anni. Il padre aveva chiesto alla magistratura italiana di sospendere il trattamento che teneva in vita sua figlia, compresa l’idratazione e l’alimentazione forzate. Secondo le testimonianze presentate dal padre, era questa la volontà espressa dalla figlia prima dell’incidente. Il caso, che ha suscitato molte riflessioni e dibattiti, si concluse nel 2009, quando furono accolte le richieste del padre

Si tratta di una sindrome, a seguito di un trauma o altro, in cui lo stato di coscienza e parte delle attività motorie o sensoriali dipendenti dal cervello sono state danneggiate. La scienza medica ancora non conosce molto del cervello umano e delle sue possibilità di riabilitazione.

236

Cosa a erma la Chiesa cattolica?

Per quanto riguarda l’eutanasia, il Catechismo della Chiesa cattolica (1992) dichiara espressamente: «Qualunque ne siano i motivi e i mezzi, l’eutanasia diretta consiste nel mettere fine alla vita di persone handicappate, ammalate o prossime alla morte. Essa è moralmente inaccettabile. Così un’azione oppure un’omissione che, da sé o intenzionalmente, provoca la morte allo scopo di porre fine al dolore, costituiscono un’uccisione gravemente contraria alla dignità della persona umana e al rispetto del Dio vivente, suo Creatore» (n. 2277).

Si distingue però tra eutanasia e accanimento terapeutico: «L’interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all’accanimento terapeutico. Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire» (n. 2278).

Diritto a una morte umana per tutti

Affermare che “nessun essere umano ha il diritto di porre fine alla propria vita” è certamente una posizione cristiano-cattolica, ma può essere fatta propria anche da un laico o da un non credente. Il diritto, invece, ad una morte umana accomuna tutti, credenti e non: ad ogni persona va garantita la possibilità di essere assistita (dal punto di vista tecnico e umano) sia nel tempo precedente la morte, sia nel momento stesso della morte. Come afferma papa Francesco: «Non c’è un diritto alla morte, ma dobbiamo essere grati per tutto l’aiuto che la medicina si sta sforzando di dare con le cosiddette “cure palliative”, perché ogni persona che si appresta a vivere l’ultimo tratto di strada della propria vita lo possa fare nella maniera più umana possibile. (…) Dobbiamo accompagnare alla morte, non amministrarla» (9 febbraio 2022).

SPUNTI OPERATIVI

● Attività: Prima del dibattito si consiglia di approfondire il glossario. Avete dubbi sul signi cato delle parole?

● Per il dibattito: si veda la testimonianza di alcuni malati terminali curati in un hospice (dalla trasmissione “Siamo noi” si cerchi “Antea malati terminali” )

La sedazione profonda non è eutanasia

La Sedazione palliativa profonda continua (Sppc), già prevista in Italia dalla Legge 38/2010, può rappresentare un valido – ed eticamente corretto – presidio di medicina palliativa per alleviare le so erenze del paziente nelle ultime fasi della sua vita. Non può essere interpretata come una forma di eutanasia o suicidio assistito, in cui una persona sceglie deliberatamente di morire in modo assistito.

CURE PALLIATIVE

Dal latino  pallium, l’antico mantello delle persone che accudivano ai malati esercitando la  charitas cristiana. Sono le cure che accompagnano e accudiscono il “malato terminale” assistendolo nel dolore, nelle so erenze e nelle di coltà nella fase nale della vita.

L’eutanasia in Italia

La somministrazione diretta di un farmaco letale ad un paziente che ne fa richiesta e che soddisfa determinati requisiti in Italia è illegale , ad oggi.

In base alla sentenza n. 242/2019 della Corte costituzionale, nel nostro Paese si può richiedere il  suicidio medicalmente assistito, ossia l’aiuto indiretto a morire da parte di un medico. Il primo caso in Italia è avvenuto a Sinigallia (AN) il 16 giugno 2022. Sono tre le condizioni per poter ricorrere al suicidio assistito: la persona che ne fa richiesta deve essere pienamente capace di intendere e di volere; deve avere una patologia irreversibile portatrice di gravi so erenze siche o psichiche; sopravvive grazie a trattamenti di sostegno vitale.

«Caro

Presidente,

da più due anni sono bloccato a letto immerso in una notte senza fine. Vorrei poter scegliere di morire, senza so rire. Ma ho scoperto che ho bisogno d’aiuto e in Italia non è possibile perché non c’è ancora una legge sull’eutanasia. Le chiedo di intervenire per far approvare in Parlamento una legge che lasci ciascuno libero di scegliere». (DJ Fabo, 20 gennaio 2017)

237 Tema 9 COME VIVERE bene la vita?

RIFLESSIONI in para elo

L’ argomento “vita” si presta a varie riflessioni. Vogliamo confrontare tra loro tre grandi temi etici di attualità, così come sono presentati nei tre monoteismi del Mediterraneo. Dopo aver esaminato le varie posizioni a livello individuale, vi chiediamo di discuterne in classe con serenità. Si tratta soprattutto di imparare ad ascoltare le posizioni degli altri, di approfondire gli argomenti in modo razionale (e non solo emotivo), cercando di farvi una vostra idea. Non è il caso di schierarsi a favore o contro, di contrapporre credenti e atei: l’invito è di ragionare con onestà e obiettività, senza confondere - come più volte abbiamo osservato - ciò che è “legale”con ciò che è“etico”, perché non sempre le due cose collimano.

Aborto Eutanasia Pena di morte

Non esclude l’aborto nelle prime settimane di gravidanza (secondo le tradizioni rabbiniche l’embrione non ha vita propria no al 40° giorno). Dopo questa data gli aborti terapeutici devono essere autorizzati caso per caso. Se c’è pericolo di vita, l’ebraismo privilegia la salvezza della madre.

Per la Chiesa cattolica l’aborto è considerato una colpa grave e un «dramma del nostro tempo», come ha ricordato papa Francesco. Si tratta della vita più fragile e indifesa, che deve essere rispettata e difesa n dai primissimi istanti. Per la Chiesa ortodossa è considerato un grave peccato ed è ammesso unicamente per salvare la vita della madre. È invece visto in modo più tollerante dalla gran parte del mondo protestante, che invita a valutare caso per caso.

Una famiglia numerosa rappresenta un obbligo morale e quindi l’aborto è, in generale, scoraggiato. È tuttavia consentito entro il 120’ giorno perché, secondo il Corano, lo “spirito” è dato all’embrione solo dopo questo periodo. Prima l’embrione non è riconosciuto come “persona”.

SPUNTI OPERATIVI

L’ebraismo considera la vita sacra e proibisce sia l’accelerazione della morte di un individuo, come anche il prolungamento della vita con mezzi arti ciali. Sono però ammessi, secondo alcune interpretazioni rabbiniche, i farmaci antidolori ci anche se possono a rettare la morte.

Per la Chiesa cattolica l’eutanasia cosiddetta attiva è considerata moralmente inaccettabile; diverso è il caso dell’accanimento terapeutico che prolunga in modo sproporzionato la vita arti cialmente. La Chiesaortodossa equipara l’eutanasia all’omicidio e al suicidio, entrambi peccati gravi. I protestanti non hanno una posizione unanime. Per i valdesi l’eutanasia si può con gurare come un gesto umano e di rispetto nei confronti della vita.

Per l’islam l’eutanasia diretta o attiva è certamente da condannare perché il Corano ordina di non mettere mai a repentaglio la propria vita, eccetto in caso di martirio. Diverso è il caso di quella indiretta o passiva che implica la sospensione delle cure articiali e che viene invece considerata lecita. In ogni caso l’islam sottolinea fortemente che l’uomo non è il padrone del proprio corpo.

La legittimità della pena di morte viene riconosciuta dalla Torah che prevede la legge del taglione: «vita per vita, occhio per occhio» (Deuteronomio 19,21). Per gli ebrei ortodossi questa legge ha ancora valore, seppure con molte limitazioni da impedirne, di fatto, l’applicazione. Comunque nella Torah si parla anche di perdono (Levitico 19,17-18).

Gesù richiama più volte al perdono e condanna la lapidazione dell’adultera (Giovanni 8,7), anche se non sempre è stato così durante la storia cristiana. La Chiesa cattolica è contraria alla pena di morte, considerata “inammissibile”; anche la Chiesa ortodossa è contraria, pur lasciando la decisione se abolirla o meno ai singoli Stati. Il mondoprotestante è diviso tra pro e contro, a seconda delle varie Chiese.

CRISTIANESIMO

Il Corano riconosce la pena di morte per la difesa della società, in particolare come punizione di chi commette un omicidio. Il libro sacro dell’islam indica tre soli motivi che giusti cano l’uccisione: l’adulterio, la difesa della vita di un musulmano e l’apostasia, ossia l’abbandono della religione islamica. Sono comunque previste anche pene alternative e il perdono è presentato come un grande valore.

● Cosa vi colpisce di più in questo breve “parallelismo”?

● Qual è, secondo voi, l’argomento più divisivo tra le religioni , almeno secondo la tabella riportata?

238
10.
EBRAISMO ISLAM

p l’amore

L’etica abbraccia tutti gli aspetti della vita, compresa quello affettivo che ha un ruolo tutt’altro che secondario nella vita di ognuno di noi. Pensiamo che sia importante dedicare un po’di spazio anche a questo aspetto dell’etica, riflettendoci sopra e cercando di ricavarne validi insegnamenti di vita. Vi proponiamo delle considerazioni, alcune nostre, altre prese a prestito dall’esperta del settore Raffaella Iafrate, docente di Psicologia sociale all’Università cattolica di Milano, che prima e meglio di noi ha saputo riflettere su questi temi.

● Amare è diverso da “provare emozioni”. Quando nasce l’amore, proviamo tutta una seriedi emozioni, sentimenti e pensieri che coinvolgono la mente e il corpo. L’innamoramento è piacevole, ma è solo la “scintilla” che genera l’amore: non è ancora amore. Amare è diverso infatti dal “provare emozioni”, perché l’emozione mette in primo piano noi stessi, ciò che “proviamo dentro”. L’amore, invece, è prima di tutto unincontro con l’altro. Nell’amore ci sono due persone che s’incontrano, si tratta di una esperienza di “legame” con l’altro. Mentre l’emozione “ci riempie” la mente e il cuore, l’amore “lascia spazio” all’altro, alla sua mente e al suo cuore. ● L’amore ha senso all’interno di una “storia”. L’emozione si esaurisce spesso nell’istante in cui la sisperimenta: si accende e si spegne in breve tempo, mentre, al contrario, l’amore si sviluppa all’interno di una “storia” che lega due persone in un percorso fatto non solo di presente, ma che affonda le radici nel passato e si proietta nel futuro.L’amore, a differenza dell’emozione, non si accontenta della soddisfazione del momento e non necessariamente procurapiacere immediato: a volte, anzi, rimanda il tutto per un bene più grande. E questo perché - come osserva la prof Iafrate - «l’amore è guidato da “un’etica” che può spingere anche a rinunciare al piacere immediato per ciò che è Bene, Buono e Giusto per sé e per l’altro». In amore si può anche soffrire, rinunciare ai propri interessi perché l’altro stia bene, perdonando i torti subiti e impegnandosi per il mantenimento della relazione. Certo la cosa deve essere reciproca, altrimenti non si può parlare di amore. Ma quando è l’amore che detta le leggi, anche nelle scelte più impegnative, questo ci dà coraggio e ci rende persone migliori.

● L’amore genera novità. Una delle caratteristiche dell’amore è che infondesperanza e rende le persone “creative”, capaci di rinnovare il legame anche dopo cheostacoli, cadute, errori, persino tradimenti. Imparare ad amare significa sapersi rinnovare e trovare la forza di ricominciare, un po’ come le onde del mareche, pur infrangendosi contro gli scogli, trovanola forza di” ricominciare”. L’essere umano è fatto per entrare in relazione profonda con gli altri, offrendo a tutti - almeno finché l’amoresussiste e non viene “ucciso” dentro - la possibilità di iniziare di nuovo.

(Gabriel Marcel, losofo francese)

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11. UN’ETICA
« DIRE “TI AMO” SIGNIFICA DIRE ALL’ALTRO “TU NON MORIRAI”».

L’amore vero non si ferma all’IO

Amare sul serio è sempre un’esperienza positiva che non solo fa del bene a noi, ma genera cose belle e buone anche attorno a noi. Perfino quando si tratta del primo amore, che magari non sarà nemmeno l’ultimo né l’unico della nostra vita, è comunque importante vivere l’esperienza dell’innamoramento con una prospettiva “alta”, senza superficialità ed egoismi. Passare dal “mi piaci” al “ti amo” è una preziosa opportunità per allargare la capacità di amare e crescere come persone. Così come è importante non abusare della parola “amore”, usandola a proposito e nel suo vero significato, cioè proiettandola sempre verso l’altro e non finalizzata a noi stessi. Non giochiamo mai con l’amore, perché è l’esperienza più bella e forte che possiamo sperimentare e che può dare un senso alla nostra vita, facendoci crescere come donne e uomini responsabili.

«

QUANDO L’UNIVERSO VUOLE SALVARE UN ESSERE UMANO GLI MANDA L’AMORE»

(Laozi,

Se Dio si è guardato allo specchio per crearmi signi ca che sono fatto a immagine della comunione. E che la solitudine non è bene perché non riesco a completare la mia somiglianza con il Dio-relazione, perché nego la mia identità profonda, l’immagine divina che è servita come modello per crearmi. Capisco, allora, perché mi spaventa così tanto la solitudine: è contro natura, mi è ontologicamente insostenibile perché sono stato creato, costruito proprio per relazionarmi. [...]

Poiché nella fase dell’innamoramento tutto è magni co e colorato, cresce in noi la convinzione che in qualche modo le attenzioni che il partner ci rivolge, il suo amore incondizionato, la sua dedizione e devozione colmino il nostro desiderio, lo appaghino. Sì, forse, a periodi, alternando momenti di sana euforia a momenti di stanchezza … Ma siamo da capo: se sono fatto per l’in nito è impossibile che il nito (seppur bello, gioioso, galvanizzante) possa colmare il mio desiderio. Allora, saggiamente, la tradizione cristiana propone una visione di coppia intesa come un cammino verso l’Eterno, senza fare dell’altro, dell’altra, il ne dell’esistenza, ma il compagno di viaggio con cui procedere alla ricerca della felicità. In questa prospettiva, allora, anche la delusione, termine magni co che proviene dal latino de-ludere, “smettere di giocare”, può diventare uno straordinario trampolino di lancio per superare il limite, per acquisire consapevolezza. Occorre passare dal desiderio infantile della vita come un gioco senza ne, alla consapevolezza che la vita, oltre a essere un magni co gioco, è anche un percorso che richiede momenti di cambiamento, di impegno, di fatica. Non è sbagliato il mio partner ma lo sono le aspettative (spesso infantili e narcisistiche) che ripongo in lui, in lei. E forse, anche, che ripongo nell’amore, nella relazione, come se fossero la soluzione a tutti i miei problemi, il sacro Graal, la chiave della cassaforte della mia felicità, la panacea a tutti i dolori della vita. Amare ed essere amati richiede un atteggiamento che coinvolga le emozioni e i sentimenti ma, anche, la volontà e le scelte, ed è, certamente, una delle azioni fondamentali e più grati canti della nostra vita. Amare male ed essere amati male può diventare, invece, un vero e proprio inferno.

(Paolo Curtaz, in Dio c’è ed è bellissimo, Piemme 2022)

Se tu ci sarai, io ci sarò

Giuro, ti prometto che io mi impegnerò, io farò di tutto però se il mondo col suo delirio riuscirà ad entrare e far danni ti prego dimmi che combatterai insieme a me. Nella buona sorte e nelle avversità, nelle gioie e nelle di coltà se tu ci sarai, io ci sarò.

SPUNTI OPERATIVI

● Qui si sostiene che anche l’amore deve avere un’etica. Siete d’accordo?

● Il poeta Rilke scrive: «Amare è fatica di ogni giorno». E per voi, cos’è l’amore?

● È possibile amarsi per tutta la vita?

240 Tema 9 COME VIVERE bene la vita?

12. TRA SESSO e a e ività

Così scrivono un gruppo di ragazze e ragazzi che hanno deciso di mettere su un blog per parlare di sesso e di affettività con i loro coetanei, in modo schietto e sincero, senza banalizzarlo. È vero. Nonostante «la rivoluzione sessuale - osserva il neuropsichiatra Raffaele Iavazzo in un suo articolo intitolato “La sete” in Il Regno Attualità n.16/2021 – che, abolendo freni e censure, doveva arricchire l’amore e condurlo a superiori livelli d’eleganza, raffinatezza e creatività», ci siamo invece ritrovati a banalizzare il sesso, rendendolo spesso volgare. «Il sesso di corpi senza anima - osserva l’autore - è una grottesca caricatura dell’eros».

Sessualità: un dono che impegna

È appropriato usare il termine “impegnativo” sulle questioni che riguardano la sessualità: sottolinea l’aspetto “alto” e “profondo” di una realtà seria.

Afferma lo psicologo Alessandro Manenti che «occorre liberarsi dall’idea che il sesso sia un istinto da domare; è invece una ricchezza da esplicitare. Non so cosa capiti agli altri animali, ma da psicologo vi posso assicurare che nessun essere umano, anche il più perverso, può usare il sesso per il sesso. Nessuna azione umana è solo e semplicemente istintuale, ma contiene un significato, anche se non semplicemente deciso dalla persona stessa. Pensiamo, ad esempio, ai tanti significati che un corpo nudo può veicolare. Fa pensare all’essere sessuato, e ciò può provocare eccitazione o paura. Può anche indicare una persona indifesa, suscitando sentimenti di aiuto o di sopraffazione. Così è la sessualità: quanti significati, dai più sublimi ai più gretti, può veicolare un bacio, una carezza, uno sguardo! Ecco perché io dico - continua sempre Manenti - che vivere la sessualità con consapevolezza non significa “sesso sicuro” ma “sesso curioso!”. È la curiosità dettata dalla meraviglia e dallo stupore (anziché dalla paura) per il “di più” che la sessualità può esprimere». Il corpo è sempre di più del corpo. Il sesso non è spiegabile solo in termini di sesso. Non è un caso se gli organi sessuali per eccellenza sono proprio il cervello e il cuore. (…) Ritengo - conclude lo psicologo - che si abbia libertà sessuale quando la

«

PARLAVI DI AMORE E INTENDEVI SESSO.

PARLAVI DI FELICITÀ

E INTENDEVI SODDISFACIMENTO.

PARLAVI DI “SEMPRE” E INTENDEVI “MAI”». (Chiara)

241

persona vive la sessualità senza spegnerne la valenza simbolica e lascia che i comportamenti sessuali parlino di valori e di affetti solidi. Quando non è così, parliamo di pornografia».

«Non commettere falsi cazioni»

Secondo la versione biblica dei Dieci Comandamenti, il sesto così recita: non commettere adulterio, proibendo ogni “adulterazione” - cioè ogni “falsificazione” - nei confronti dell’uomo e della donna, ovvero vietando ogni forma che può offendere l’amore e la bellezza (purezza) del cuore, presente in ogni essere creato da Dio. L’invito del comandamento è perciò quello di vivere una sessualità matura e responsabile, e questo - ovviamente - vale per ogni essere umano, non solo per i credenti.

Sulla sessualità, come in tutto ciò che coinvolge profondamente l’essere umano, esistono da sempre molti equivoci. Come afferma Chiara (v. virgolette a pagina precedente), volgarità e finzioni si nascondono spesso dietro concetti belli e importanti. Ma non si può giocare con le parole, né con noi stessi e tanto meno con gli altri.

La persona umana nasce sessuata e la parte più manifesta di essa è il corpo maschile o femminile. Ma il corpo - come afferma lo psicologo Gigi Avanti in Sessualità un dono per amare - è un «operatore simbolico: opera cioè dei gesti che hanno dei significati che vengono da dentro.

Dietro un bacio e una carezza c’è anche la mente, il cuore e l’anima. Saper amare con il corpo comporta saper amare al di là di esso. Gestire questo equilibrio tra le pretese del corpo (istinti e ormoni) e le esigenze della mente, del cuore e dell’anima (scelte di volontà ragionevoli e finalizzate) è sovente impresa ardua… Ma non si può fare con il corpo ciò che non si è in grado di fare col cuore»

SPUNTI OPERATIVI

● Sottolineate a matita tutte le cose nella scheda che condividete; mettete invece un punto interrogativo sulle cose che non condividete o non vi sono chiare. Discutetene poi con l’insegnante e i vostri compagni.

● Che ne pensate di ciò che scrive Chiara?

“Amare” o “fare l’amore”?

«Secondo me, comunque e sempre, fare l’amore non è peccato»: così si è espresso una volta un giovane credente.

Così gli ha risposto don Domenico Sigalini (in Se vuoi 4/2019): «Comunque e sempre, senza tempi né modalità, così come capita, con chi vuoi, oggi con uno domani con l’altro… Ma credi che questo sia amore o fare l’amore? Per me c’è una di erenza enorme e nché non l’abbiamo chiara è inutile stabilire regole. Hai già provato davvero a voler bene a una persona? È proprio così banale come andare a letto comunque e sempre? Guardati dall’egoismo: uccide ogni forma d’amore!»

«Ogni settimanale o portale che si rispetti ha la sua rubrica con l’esperto che parla di amore e di sesso. Come evitare rischi? Come farlo bene? Come vincere certe paure?

Ma non è per questo che abbiamo deciso anche noi di parlare di quest’argomento.

Ci pare che oggi il rischio più grosso sul sesso sia quello di banalizzarlo. Non vogliamo parlare di sesso, ma di sessualità; non vogliamo parlare di rischi da evitare ma di bellezza da ricercare; non vogliamo parlare di una morale repressiva ma di una proposta liberante. Sappiamo che non è facile e anche un po’ controcorrente... Però vogliamo provarci. Buona navigazione!».

(Lo Sta di Jomix)

Educazione sessuale a scuola

Nelle scuole bisogna fare educazione sessuale; il sesso è un dono di Dio per amare, non è un mostro. Ma bisogna fare un’educazione sessuale oggettiva, senza colonizzazione ideologica.

(Papa Francesco sull’aereo di ritorno da Panama nel 2019)

242 Tema 9 COME VIVERE bene la vita?

13. ALGOR-ETICA, cioè?

Come spiega Paolo Benanti, un frate francescano esperto di bioetica e comunicazione digitale, oggi ci troviamo di fronte alla quarta grande rivoluzione sociale: la prima è stata quella agraria, grazie alle innovazioni apportate in agricoltura dai monaci medioevali; poi quella seguita all’invenzione dei caratteri di stampa mobili ideati da Gutenberg; in campo economico, sociale e politico una grande rivoluzione è avvenuta tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento, ponendo le basi di quella che è la società moderna. Infine oggi siamo nella quarta rivoluzione, quella del progresso tecnologico e in particolare dell’Intelligenza Artificiale. Molti sono i campi interessati a questa trasformazione epocale di cui siamo protagonisti. In questo contesto ci soffermeremo sulla rivoluzione messa in atto dall’Intelligenza Artificiale (IA), in particolare nel campo medico, dove potrà contribuire ad accelerare la ricerca, migliorare la diagnosi di malattie e rendere ancora più efficienti i processi di assistenza e cura, ma che comunque non potrà sostituirsi al medico. A guidarla serve un’etica dell’algoritmo sviluppata dall’uomo.

Molte opportunità, ma anche rischi

Che l’Intelligenza Artificiale applicata alla sanità possa portare indiscutibili benefici alla medicina e alla pratica clinica è fuori discussione, ma il suo impiego non è privo di ombre. Per questo, da più parti, s’invoca il bisogno di un’algor-etica, consapevoli che a governare il tutto debba esserci sempre l’essere umano.

Secondo il prof. Alexander Waibel, della Mellon University (USA), «l’IA in ambito sanitario può sollevare i medici dall’interagire con le macchine lasciando loro più tempo per relazionarsi con i pazienti; può comprendere e analizzare le immagini diagnostiche meglio dell’occhio umano, ma attenzione il sistema deve essere trasparente e guidato sempre dal personale medico, perché gli algoritmi possano essere impiegati per manipolare l’opinione pubblica». L’intervento umano è dunque sempre indispensabile: «quando si usa un algoritmo - conclude - dobbiamo essere noi umani a validarlo».

Ma una volta conosciuti e chiariti i rischi, l’uso delle nuove tecnologie non deve

Interconnessione: ogni azione comporta responsabilità

In un’epoca in cui le autostrade dell’informazione attraversano il pianeta, essere spettatori non è più la condizione eccezionale di poche persone. Ora siamo tutti spettatori, anche delle immagini di so erenza che ci pervengono in tempo reale da tutto il mondo. Per questo nessuna azione, per quanto con nata localmente e ristretta, può essere certa di non avere conseguenze sul resto dell’umanità, né ogni segmento dell’umanità può limitarsi a se stesso e dipendere totalmente e solo dalle azioni dei suoi membri. L’interconnessione globale richiede una nuova etica basata sulla responsabilità per l’altro.

(Zygmunt Bauman, sociologo e losofo polacco)

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essere assolutamente bloccato; anzi è importante preparare e incentivare il personale sanitario al loro utilizzo. In un ospedale con 500 posti letto si hanno quasi 300 programmi digitali e 500mila dispositivi elettromedicali da gestire. L’IA può aiutare la gestione di questa complessità. Ma c’è anche il rovescio della medaglia: gli ospedali e i dati dei pazienti sono uno degli obiettivi privilegiati di attacco da parte del crimine cibernetico il cui business vale un trilione di dollari. Oggi si bloccano nel mondo 20 miliardi di attacchi al giorno. Occorre maggiore consapevolezza dell’importanza della cybersecurity.

Il contributo della ri essione etica cristiana

Per Mauro Cozzoli, docente di teologia morale presso le università pontificie di Roma, «le intelligenze artificiali devono essere al servizio dell’intelligenza e della libertà umana; sono uno strumento e tali devono restare. Di fronte al rischio di un’algor-crazia (o dittatura dell’algoritmo) occorre sviluppare una algor-etica e un umanesimo tecnologico».

Sulla stessa linea, ma piuttosto stimolante e provocatorio, Paolo Benanti, esperto di etica delle nuove tecnologie, afferma che: «l’intelligenza artificiale può dirci qual è il paziente più bisognoso di cura. In questo modo possiamo ottimizzare i costi, ma siamo pronti a delegare ad una macchina una scelta prima affidata al giudizio di un medico?». E riferendosi alla fecondazione artificiale, continua: «siamo pronti a far dire ad una macchina quale sarà il Dna dei futuri esseri viventi?»

Richiamando il caso di Babylon Health, il servizio anglosassone di Medicina Generale privato basato su App (che nel Regno Unito conta più di 40mila utenti registrati), Benanti chiede ai medici presenti ad un convegno: “Studiereste dieci anni per ridurvi a fare qualcosa di equivalente all’operatore, ancorché qualificato, di un call center?”. E ancora: “«Che cosa accade di tutti i dati raccolti all’interno di questa prassi? Qual è il diritto del cittadino in un sistema sanitario di questo tipo?”. «La medicina - avverte l’esperto - non deve diventare un mercato facilmente aggredibile da alcune società». Per Benanti è la presa in carico dell’altro a rendere umana la professione medica, dunque si può accettare l’intelligenza artificiale, ma «solo se orientata e guidata da un’etica dell’algoritmo (da un’algor-etica, appunto), in grado di impostarne le scelte affinché siano sempre a favore dell’uomo».

Un “Codice etico” per le nuove tecnologie

Nella misura in cui si impone la nuova “logica dei dati”, gli algoritmi arti ciali potrebbero un giorno sostituire il ruolo che attribuiamo oggi ai sentimenti e acquisire l’autorità di guidarci nelle decisioni più importanti della nostra vita. Ecco perché è importante ri ettere sulle nuove tecnologie e prevedere per esse un “codice etico”». (Paolo Benanti, Le macchine sapienti, Marietti 1820, 2018).

SPUNTI OPERATIVI

● Perché è importante un codice etico per l’IA (intelligenza arti ciale)?

● Quali sono i rischi che l’IA comporta per l’essere umano?

244 Tema 9 COME VIVERE bene
la vita?

comunicazione?

L’etimologia della parola “comunicazione” deriva dal latino cum e munus, e significa “svolgere il proprio incarico, il proprio compito, con, insieme ad altri”. La comunicazione di cui vogliamo parlare è quella dell’era digitale, caratterizzata non solo dall’interconnessione globale e permanente, ma anche da mezzi sempre più interattivi e sofisticati che, in breve tempo, hanno modificato radicalmente il modo di comunicare.

Pur portandoci notevoli benefici, rimangono a livello etico diversi interrogativi che è importante considerare.

1. Un primo punto possiamo esplicitarlo così: molti sono gli esclusi. Se è vero che grazie a Internet il mondo è diventato sempre più un villaggio globale, non a tutti però è consentito l’accesso a questa possibilità. La forbice tra quelli che hanno la possibilità di usufruire di Internet e quelli che ne sono esclusi tende sempre più ad allargarsi, mettendo in risalto la forte disparità sociale ed economica esistente nel mondo. Il problema dell’esclusione o divisione digitale (digital divide) si è registrato anche in Italia, per esempio durante la cosiddetta DAD (o didattica a distanza). Nella primavera del 2020 durante la pandemia da Covid 19 - secondo i dati Istat pubblicati nel luglio 2021- sono stati circa 600mila gli alunni italiani che nel corso del lockdown non hanno partecipato alla didattica a distanza.

2. Il rischio del moltiplicarsi delle maschere. Come ogni villaggio anche quello digitale è abitato da voci e volti reali, ma anche da maschere. Il digitale favorisce i travestimenti, le menzogne sull’identità grazie all’uso dei nickname e l’anonimato di Internet. Il digitale può cioè favorire la truffa e l’inganno, anche se - ovviamente - non dipende dallo strumento in sé, ma dall’uso che se ne fa.

3. L’algoritmo sceglie per noi? Così a riguardo si esprime l’esperto di digitale Luca Peyron: «Ognuno di noi, in forza della gratuità del sistema non è un cliente con diritti, ma un utente con semplici doveri che sono esplicitati nella policy degli strumenti che usiamo. Sappiamo bene che questi sistemi ci tracciano e ci offrono prodotti e servizi in base a tali tracce. In fondo ci sta bene, ma quello che vorrei sottolineare è che scelgono loro, non noi, che amici farci vedere e con quale frequenza, che pensiero farci apparire e quale no. Seguendo i nostri gusti, ma non solo» (Se Vuoi n. 4/2022).

Il Manifesto della comunicazione non ostile

1. Virtuale è reale. Dico o scrivo in rete solo cose che ho il coraggio di dire di persona.

2. Si è ciò che si comunica. Le parole che scelgo raccontano la persona che sono: mi rappresentano.

3. Le parole danno forma al pensiero. Mi prendo tutto il tempo necessario a esprimere al meglio quel che penso.

4. Prima di parlare bisogna ascoltare Nessuno ha sempre ragione, neanche io. Ascolto con onestà e apertura.

5. Le parole sono un ponte. Scelgo le parole per comprendere, farmi capire, avvicinarmi agli altri.

6. Le parole hanno conseguenze. So che ogni mia parola può avere conseguenze, piccole o grandi.

7. Condividere è una responsabilità. Condivido testi e immagini solo dopo averli letti, valutati, compresi.

8. Le idee si possono discutere. Le persone si devono rispettare. Non trasformo chi sostiene opinioni che non condivido in un nemico da annientare.

9. Gli insulti non sono argomenti. Non accetto insulti e aggressività, nemmeno a favore della mia tesi.

10. Anche il silenzio comunica. Quando la scelta migliore è tacere, taccio. (dal sito web di Parole ostili)

245 14.
TROPPA

4. Le chiacchere in rete. Si dice che “nella rete non simuore mai”. È benericordarsi questo detto ogni volta che si naviga in Internet o si usano i social, perché nel mondo digitale tutto rimane in memoria e un buon esperto può sempre ritrovare ogni cosa, anche se è stata cancellata.

Nella Bibbia, senza dubbio molto più antica di Internet, si mette in guardia dal fare un uso superficiale e spregiudicato delle parole. Ecco qui un buon pro-memoria da tener presente e su cui meditare:

«Le chiacchiere hanno già sconvolto molte persone e le hanno costrette a scappare da una nazione all’altra; e hanno perfino distrutto città potenti e rovinato famiglie importanti. Per simili chiacchiere, certi mariti hanno scacciato donne di valore rifiutando loro quel che avevano meritato. Chi dà retta alle chiacchiere non avrà più pace nemmeno in casa sua. Se una frusta ti colpisce, ti lascia il segno sulla pelle, ma se ti colpisce la lingua, ti spezza le ossa.

La spada uccide tante persone, ma ne uccide più la lingua che la spada».

(Siracide 28,14-18)

SPUNTI OPERATIVI

● Qual è, secondo voi, il maggior pregio della rete? E il maggior difetto?

● Cosa pensate del fenomeno della nomofobia?

● Il 30 luglio 2022, in una città costiera italiana, un mendicante nigeriano che zoppica viene ucciso da un turista italiano che lo colpisce ripetutamente con la sua stessa stampella. I motivi della lite sono futili, ma l’aspetto tragico è che il fatto è avvenuto nel corso principale e sono molti i passanti che hanno assistito indi erenti alla scena senza intervenire, preoccupati solo di lmare la scena. Che ri essione suscita in voi questo episodio di cronaca?

Non è un caso se si chiamano “cellulari”

Stando a statistiche recenti i giovani italiani sono quelli che in Europa fanno un uso massiccio degli smartphone e che ne possiedono uno n da bambini. Secondo i dati Censis (2021) il 17% dei bambini italiani dai 4 ai 10 anni possiede un proprio cellulare.

Tra le attività più frequenti realizzate dai giovani con lo smartphone  gurano telefonare, videochiamare e mandare messaggi (74,5%). Raggiunge percentuali simili l’uso dei social network con il 62% degli intervistati che dichiarano di usare per svago e in modo ricorrente Facebook, Twitter, Instagram e Tik Tok. Sei adolescenti su dieci dichiarano di andare a dormire con il cellulare vicino, non volendo rimanere “sconnessi”.

Purtroppo non sono pochi i giovani che so rono ormai di una vera e propria forma di dipendenza, chiamata nomofobia. Il soggetto con questa sindrome cerca il contatto continuo ed esasperato con lo smartphone o il computer, che gli consente di avere la sensazione di tenere sotto controllo la situazione costantemente. Forse non è un caso che in origine il termine “cellulare” designava il furgone adibito al trasporto dei reclusi.

Digitale, solo uno strumento

Voi ragazze e ragazzi, siete gli della società digitale, che ha aperto nuove vie alla conoscenza e alla comunicazione; ma sappiamo bene ormai che c’è il pericolo di chiudersi in se stessi e di vedere la realtà sempre attraverso un ltro che solo apparentemente accresce la nostra libertà. Dovete avere un maggior senso critico nell’uso di questi strumenti, e perché restino tali, cioè “strumenti”, soggetti alla nostra intelligenza e volontà.

(Papa Francesco agli studenti di Codogno nel 2021)

246 Tema 9 COME VIVERE bene la vita?

15. UN PIANETA int conn so

L’ambiente, ma anche il lavoro e il futuro, in un quadro di sviluppo integrale, sono tra loro collegati. Per questo affermare che “tutto è connesso” non è uno slogan o semplice retorica comunicativa. Come spiega il prof. Flavio Felice in alcune riflessioni dedicate all’ambiente, «dire che ogni cosa è connessa, esprime il tratto qualitativo più profondo dell’epoca che stiamo vivendo». Giustamente il professore sottolinea che il quadro generale è preoccupante: «Abbiamo un pianeta sempre più ammalato e in rovina, con una situazione climatica insostenibile e con rapporti sempre più difficili e conflittuali tra popoli e individui».

Un cambiamento che inizia da ognuno di noi

I problemi legati all’ambiente (ma non solo questi), sono sempre più urgenti ed è importante studiare soluzioni valide per l’immediato futuro, ripensando soprattutto il nostro modo di vivere e di interagire con il pianeta. È necessario mettere mano a tutta una serie di azioni finalizzate al cambiamento. Il presupposto etico di tutte le iniziative per salvaguardare e rinnovare l’ambiente è che il primo vero cambiamento è quello che deve avvenire dentro ognuno di noi. Più che lamentarci per quel che accade, dobbiamo sempre ricordarci che siamo noi i primi consumatori e, di conseguenza, i diretti interessati alle scelte che operiamo, con la possibilità di premiare le aziende più etiche e responsabili.

In un manifesto-proposta che i giovani presenti alla 49ª Settimana sociale dei cattolici (svoltasi a Taranto nel 2021) hanno voluto offrire alla riflessione di tutti (in particolare ai giovani credenti), sono sintetizzati in sette punti gli impegni da promuovere e mettere in pratica per un rinnovamento ambientale, partendo dal proprio territorio.

1. Far fiorire l’ambiente: stringere nuove alleanze con gruppi e associazioni locali per una conversione ecologica in vista del futuro. La sostenibilità richiede un nuovo orizzonte di fraternità.

2. Imparare e contribuire insieme alla costruzione di una comunità capace di educare al rispetto dell’ambiente, puntando sui ragazzi e i giovani.

3. Imprenditoria dinamica e sostenibile: promuovere un modo nuovo di fare impresa, condividendo esperienze e desideri.

4. Tradizione e inclusione nelle Comunità locali: invitare i cittadini a partecipare ai vari processi di rinnovamento, per ridare vita all’interno delle varie realtà.

5. Protagonismo e coinvolgimento: invitare i giovani a riconoscersi in un “noi” attivo nelle realtà lo-

« DOBBIAMO FARE TUTTO QUELLO CHE IN NOSTRO POTERE PER SALVARE IL NOSTRO PIANETA. PERCHÉ LA CRISI CLIMATICA È ANCHE UNA CRISI SOCIALE CHE COLPISCE PER LO PIÙ LE PERSONE CHE SONO GIÀ VULNERABILI».

(Greta unberg, attivista svedese, simbolo dell’ambientalismo giovanile).

247

6. Corresponsabilità condivisa; riconoscere le competenze del singolo, creando alleanze e luoghi di incontro, trasformando il proprio stile di vita.

7. Generare per vivere:ognuno sia un “portatore sano” di questo manifesto, organizzando momenti di incontro e di accoglienza, contagiando altri nell’entusiasmo.

Un pianeta s gurato

Le denunce di molti scienziati ed esperti hanno trovato eco nelle parole di papa Francesco nella Laudato si’: «La madre Terra protesta per il male che noi esseri umani le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei» (vedi nn.1-2). È lungo l’elenco dei mali che affliggono il pianeta: il mutamento climatico che fa innalzare il livello dei mari e desertifica vaste aree del pianeta; intere isole di plastica galleggiante che infestano e deturpano l’habitat marino; il terreno e il sottosuolo sacrificati ad un’economia disumana e ingorda; le foreste, abbattute senza alcun criterio, stravolgendo l’ecosistema e provocando danni alla salute umana e all’ambiente. C’è un grido di dolore della terra, che si intreccia con quello delle tante persone nel mondo sempre più povere e bisognose. «Un vero approccio ecologico - ci ricorda la Laudato si’ - diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri» (n. 49). È urgente quindi un deciso cambiamento di rotta se non vogliamo andare verso un disastro irreversibile.

Tra estinzione nucleare e devastazione ambientale Parallelamente all’eventualità della totale estinzione del genere umano in una guerra atomica, l’altro fondamentale problema della nostra epoca consiste nella contaminazione dell’ambiente in cui viviamo ad opera di sostanze con un incredibile potenziale di devastazione, sostanze che si accumulano nei tessuti delle piante e degli animali e penetrano anche nelle cellule germinali per distruggere o alterare i fattori dai quali dipende l’eredità e, in ultima istanza, la sorte stessa dell’ umanità.

(Pamela Carson, zoologa e biologa statunitense, in Primavera silenziosa)

SPUNTI OPERATIVI

● Tra i sette impegni proposti nel manifesto giovanile di Taranto quali vi sembrano i più importanti e urgenti?

● Provate anche voi a stilare un primo elenco di attività per migliorare il vostro rapporto con l’ambiente, iniziando dalla scuola.

Chiese cristiane e le 3R È dal 2017, in occasione della Giornata ecumenica per il creato, che cattolici, valdesi, ortodossi e persone senza appartenenza religiosa s’impegnano a lavorare insieme per il rispetto dell’ambiente, secondo lo spirito delle 3R: 1.ridurre i consumi non necessari perdiminuire i ri uti; 2. riusare le cose e gli oggettiancora buono stato,ri utandosi di gettarli via solo perché non più di moda (no al consumismo!); 3. riciclare i ri utiattraverso la raccolta di erenziata. (Gruppo ecumenico, Diocesi di Pinerolo)

248 Tema 9 COME VIVERE bene la vita? cali.

Dieci parole ancora valide?

Come leggiamo nel blog riportato accanto, sembrerebbe che le “Dieci Parole” - importante punto di riferimento per molte persone - siano oggi piuttosto trascurate, giusti cando così la grave carenza etica che spesso si riscontra nella nostra società. Ma è proprio così?

E ettivamente molte volte si ha l’impressione, anche a scuola, che un certo “analfabetismo esistenziale” di cui si parla nel blog sia reale, anche se poi, scavando più in profondità, si scopre che certi comportamenti giovanili sono in realtà solo delle maschere e anche certi giudizi non sono proprio una novità.

Già nel II secolo d.C. si scriveva che i giovani dell’epoca

Le dieci “Parole” o Comandamenti

Io sono il Signore Dio tuo

1. Non avrai altro Dio fuori di me.

2. Non nominare il nome di Dio invano.

3. Ricordati di santi care le feste.

4. Onora tuo padre e tua madre.

5. Non uccidere.

6. Non commettere adulterio.

7. Non rubare.

8. Non dire falsa testimonianza.

9. Non desiderare la donna (o l’uomo) d’altri.

10. Non desiderare la roba d’altri.

erano immaturi e super ciali… senza leggi. Probabilmente è proprio una “mania dei vecchi” quella di dire “male” dei giovani e di considerare il passato sempre e comunque migliore dell’oggi. Però, bisogna ammettere, che le cose importanti da conoscere e mettere in pratica nella vita non sono poi così tante e, soprattutto, non passano di moda.

Scriveva un grande giornalista italiano, Enzo Biagi che, pur dichiarandosi non credente, ammetteva di avere una grande simpatia per Gesù: «Nella vita in realtà non c’è molto da scoprire: è già tutto in quelle Dieci Parole che vennero consegnate a Mosè, e in Gesù che portò il messaggio della carità».

« QUELLO CHE MI STUPISCE SEMPRE È CHE NEL MONDO CI SONO OLTRE 30 MILIONI DI LEGGI PER FAR APPLICARE I DIECI COMANDAMENTI».

(Albert Schweitzer)

«Tra i giovani c’è oggi un forte analfabetismo esistenziale: ogni scelta è incerta e si vive a casaccio. La maggioranza ha perso le istruzioni per l’uso. Si adopera la vita, il corpo, l’a ettività, l’amicizia, il tempo, come un elettrodomestico sconosciuto, spingendo i bottoni a caso… Tutto questo perché si sono dimenticati i “Dieci Comandamenti”, che sono la via della pace, la via della sapienza. Chi non conosce neanche la Legge è un cieco senza punti di riferimento».

(dal blog di un sito religioso)

Do ier 249
Il Mosè di Michelangelo con in mano le Tavole della Legge, nella Basilica di San Pietro in Vincoli, a Roma.

Veri e propri pilastri

E ettivamente nelle tavole ricevute da Mosè sul Monte Sinai ci sono già tutte le indicazioni necessarie per vivere in modo corretto e responsabile nei confronti di Dio, degli altri e anche dell’ambiente. Poi c’è sempre chi rispetta queste regole e chi no, tra i giovani come tra i più anziani, ma le “Dieci Parole” rimangono dei veri e propri pilastri per l’individuo e la società.

Gli ebrei dei tempi di Mosè grazie a queste norme sono passati da una fase tribale ad essere uno “stato di diritto”. Infatti le leggi ricevute da Dio hanno trasformano un gruppo di nomadi senza terra e nome in un popolo - quello ebraico - con una propria identità e dignità. Non più servi del faraone, ma con un propriofuturo e una propria libertà, acquisendo le basi dei diritti e dei doveri.

Questo passaggio però non è stato cruciale solo per gli ebrei, ma anche per la stessa civiltà occidentale che, toccata profondamente dal messaggio ebraico-cristiano e dalla tradizione culturale e giuridica greco-romana, rivendicherà l’importanza delle “Dieci Parole”, non più scritte solo sulla pietra ma anche nel cuore di ogni persona.

Le radici delle “Dieci Parole”

Il Decalogo che troviamo nei libri biblici dell’Esodo (Es 20,2-17) e del Deuteronomio (Dt 5,621) ha comunque radici nelle tradizioni di vari popoli e culture. Per esempio nel Libro dei Morti egiziano (XVIXIV secolo a.C.), troviamo questa formula che ha lo scopo di accompagnare il defunto nel suo viaggio nell’oltretomba: «Salute a te, o grande dio Osiride... Non ho ucciso, non ho detto menzogna, non ho rubato le razioni di pane, non ho commesso adulterio... non ho o eso un dio».

Do ier 250 Tema 9 COME VIVERE bene la vita?
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Prima ancora che nei documenti, alcune norme universali sono da sempre “scritte” nel cuore di ogni uomo e donna del mondo.

L’attore Roberto Benigni in suo uno spettacolo televisivo sui Dieci Comandamenti, messo in onda per la prima volta nel 2014 ma poi ripetuto più volte per il successo di pubblico, osservava: «Quando ho iniziato a occuparmi dell’argomento sono rimasto colpito dalla loro grandezza: i Comandamenti hanno segnato per sempre la vita dell’Occidente, forse del mondo. Sono parole vive che ballano dinanzi agli occhi, contengono morale ed etica. Hanno fatto entrare l’innito nella vita quotidiana: se diciamo “ricordati di santi care le feste”, pensiamo subito alla Messa della domenica, ed è invece una cosa che ci trasporta ai con ni dell’universo. È la legge dei sentimenti: per la prima volta ci vengono date delle regole, così attuali da impressionare… Diventano legge i sentimenti, l’amore, la fedeltà, il futuro, il tempo… Crediamo di conoscere questa storia, ma invece si rivela sempre nuova».

Partendo proprio da quest’ultima osservazione di Benigni, vogliamo contribuire anche noi ad una migliore conoscenza delle Dieci Parole, commentandole con un linguaggio più vicino a noi.

1. «Non avrai altro Dio fuori di me». Solo Dio è il Signore: non va permesso che idee, uomini e cose prendano il posto dell’assoluto e del mistero nella propria vita. Non si deve essere schiavi di cose o realtà (cellulari, sport, voti, sesso, lavoro, propria immagine…).

2. «Non nominare il nome di Dio invano». Non si deve abusare del nome di Dio per i propri interessi (guerra, terrorismo, magia…), né bestemmiarlo se ci si crede e, se non ci si crede, perché o endere i credenti?

3. «Ricordati di santi care le feste». Nel giorno di festa l’essere umano scopre il senso delle cose e loda il Creatore; nel riposo intuisce l’armonia del creato e si sente parte di esso, trovando nuova energia.

4. «Onora il padre e la madre». Onora e rispetta coloro che ti hanno dato la vita, ma anche tutti quelli che ti

aiutano crescere. Riconosci in ogni uomo e donna tuo fratello e tua sorella. Vivi in armonia con tutti.

5. «Non uccidere». Rispetta ogni essere vivente. Si può “uccidere” in tanti modi, non solo con le armi.

6. «Non commettere adulterio». Si estende a tutti gli atteggiamenti sbagliati nei confronti della castità. Invita a vivereresponsabilmente il dono della sessualità, rispettando se stessi e gli altri. Amare è donare, uscendo dal proprio egoismo.

7. «Non rubare». Il Creatore ha a dato all’uomo tutte le cose, ma esse non ci appartengono. Non va preso ciò che è stato dato ad altri, piuttosto va condiviso ciò che si ha.

8. «Non dire falsa testimonianza». Chi inganna gli altri, inganna anche se stesso. Vivi in modo che guardandoti allo specchio tu non abbia da vergognartene.

9. «Non desiderare la donna d’altri». E non si tratta solo della donna, ma anche dell’uomo, rispettando i sentimenti degli altri. Ci vuole il coraggio di conservare un cuore puro, cioè un’intelligenza e volontà sempre in sintonia con Dio.

10. «Non desiderare la roba d’altri». Bisogna distinguere ciò che è essenziale da ciò che non lo è, l’essere dall’avere, senza rendersi schiavi delle cose o delle mode del momento.

SPUNTI OPERATIVI

● Piccolo test di cultura religiosa: quanti di voi conoscono a memoria e in ordine tutti i Dieci Comandamenti?

● Sull’importanza delle Dieci Parole si consiglia di vedere tra le risorse online una scena dello spettacolo di Benigni sull’argomento.

Do ier 251 Tema 9 COME VIVERE bene la vita?
Roberto Benigni nella sua presentazione dei Dieci Comandamenti su Rai 1.

IL PUNTO

LE COSE PIÚ PREZIOSE le porti nel cuore

«

Le cose più preziose che possiedi non le stringi tra le mani, ma le porti dentro al cuore e sono i tuoi valori: non abbandonarli e soprattutto non calpestarli...».

(Da un blog)

L’essere umano ha una propria dignità in ogni fase della vita

Per l’ottica cristiana, che non contraddice mai un’etica umana, l’uomo è un essere storico, temporale: è ovulo fecondato, embrione, bambino, adolescente, giovane, adulto, vecchio, morente... e in ogni tappa di questo processo di vita l’essere umano possiede la propria dignità e i propri diritti.

(Enzo Bianchi, fondatore della Comunità di Bose, in La Stampa, 30 luglio 2016)

Piccole regole di vita

• Ridere, non deridere.

• Condividere, non dividere.

• Parlare, non sparlare.

A volte basta una sillaba per fare la di erenza tra eleganza e volgarità.

SPUNTI OPERATIVI

● C’è qualche piccola regola di vita da aggiungere? Se sì, quale?

● Il monaco Enzo Bianchi a erma che «in ogni tappa del processo di vita l’essere umano possiede la propria dignità e i propri diritti». Secondo voi questo è possibile solo in un’ottica cristiana o anche in quella laica?

Kahlil Gibran

Kahlil Gibran, nato in Libano nel 1883 e morto negli USA nel 1931, è stato uno scrittore, poeta e pittore conosciuto in tutto il mondo. La sua opera più famosa è Il Profeta, una raccolta di poesie.

« Le persone più felici non sono necessariamente coloro che hanno il meglio di tutto, ma coloro che traggono il meglio da ciò che hanno. La vita non è una questione di come sopravvivere alla tempesta, ma di come danzare nella pioggia!»

(Kahlil Gibran)

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SINTESI INCLUSIVA

Cos’è l’etica?

L’insieme dei principi e norme per il BENE INDIVIDUALE E COLLETTIVO

ETICA: la riflessione sui principi e valori.

ETICA e MORALE: quale differenza?

MORALE: l’insieme delle norme/regole di condotta.

NON UNA MA TANTE ETICHE (utilitaristica, soggettiva, personalistica, tecnico-scientifica…)

ETICA LAICA ispirata a valori umani e diritti dell’uomo.

UN’ETICA NON VALE L’ALTRA

ETICA RELIGIOSA ispirata ad una visione religiosa della vita (etica delle religioni).

Basata su ragione e coscienza, non su norme religiose.

ricorda

ETICA CRISTIANA:amore per Dio e il prossimo; sacralità della vita; fratellanza umana.

Non tutto ciò che possiamo fare dal punto di vista scientifico e tecnologico è anche etico e moralmente lecito.

DIBATTITO

Discutete tra voi la seguente affermazione: «Facciamo più quello che è giusto, invece di quello che ci conviene. Educhiamo i figli e gli alunni ad essere onesti, non furbi!» (Tiziano Terzani, scrittore). Ognuno porti argomenti pro o contro.

DOMANDE

Morale e legale non sono la stessa cosa.

Ognuno è libero di far quel che vuole.

Individua le due affermazioni errate, barrandone la frase.

1. Una persona può comportarsi in modo etico, pur non credendo in Dio.

2. Non serve nella vita avere dei sani principi etici.

3. Spesso il furbo e il disonesto sembrano avere la meglio.

4. Fare come le note tre scimmiette (non sentire, non vedere, non parlare) è la cosa migliore.

253 Tema 9 COME VIVERE bene la vita?
□ V □ F
□ V □ F

PRATICA#MENTE

Dibattito

FRAMMENTI PER RIFLETTERE

Attività interdisciplinare

«Cancellare dall’orizzonte umano ogni sorgente di senso (a parte il nostro IO) signi ca piombare in una notte in cui tutto è ugualmente buono e tutto è anche ugualmente indi erente».

Così il losofo polacco Leszek Kolakowski, riprendendo la massima del losofo Immanuel Kant che recita «L’amore di se stessi, assunto come principio di azione, è l’origine di ogni male».

È questo il motivo per cui oggi, per molti giovani e non, tutto sembra ugualmente buono e si è indi erenti un po’ a tutto? Che ne pensate?

Prendendo spunto dalla realtà:

La foto immortala un momento importante della storia contemporanea: la caduta del muro di Berlino (9 novembre 1989). Ma per un muro abbattuto, molti altri sono stati costruiti (e vengono costruiti) nel mondo: quello tra Israele e la Palestina, tra gli Stati Uniti e il Messico e molti altri. Vivere innalzando muri tra noi e gli altri, tra Stati e popoli, è spesso la cosa più “semplice”. Molto più di cile è costruire ponti! E noi come siamo messi, anche in classe? Costruiamo muri o ponti?

Un Tema come questo favorisce particolarmente le attività interdisciplinari. Consigliamo un “ponte” con Italiano, Filoso a o Storia prendendo spunto dalla vignetta della scheda n. 2 su “legalità e moralità”, sempre di estrema attualità; invece con Scienze, Italiano e Filoso a su “scienza e morale”, magari partendo dalla frase della scienziata Rita Levi Montalcini: «Una scienza senza etica è pericolosa».

Dal mondo della musica

che costruirai attorno alle tue paure mille cose più buie nascono. E ammetterai che ciò che ti spaventa è l’uomo che è dentro di te».

(Steve Earle, cantautore statunitense)

È così, come a erma questo cantautore? È dalle nostre paure che nascono le cose più buie? Tenete presente comunque che scopo dell’etica è proprio quello di accendere luci e abbattere muri. Siete d’accordo?

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« Per ogni muro

Come fare per imparare ad essere persone libere e liberanti, come ci invita a fare questo blog? Avete una vostra ricetta?

Buone notizie

«Ho giocato a calcio per quarant’anni, di cui undici di la, senza riposarmi mai, nemmeno per una domenica, nemmeno con la febbre e con gli acciacchi. Quarant’anni trascorsi con la faccia a ondata nell’erba, o nel fango, o sulle righe di gesso dell’area di rigore, con gente pronta a staccarti la testa pur di arrivare un secondo prima di te su una palla. Qualche volta ho perso, più spesso ho vinto, ma questo non è così importante. Mi hanno chiamato mito, monumento, leggenda… Ma oggi posso dire che aveva ragione nonna Adelaide, friulana dura come il mogano ma dolcissima: La gloria dura un attimo solo. Ma certi attimi, se li sai coltivare, possono durare unavita intera».

(Dino Zo ,in La mia vita)

Un Film

Lunana. Il villaggio alla ne del mondo, di Pawo Choyning Dorji, Buthan 2021, 109’: il lm è stato girato nel villaggio di Lulana, in cui si trova la scuola più remota del mondo. Un giovane insegnante che sogna di lasciare il Buthan per diventare cantante viene mandato in questo sperduto villaggio, con 56 abitanti a 4800 metri di altezza, nella zona dell’Himalaya, raggiungibile dopo un estenuante viaggio a piedi di 8 giorni. Manca ogni confort, ma i bambini sono molto partecipi e tutti gli vogliono bene; sanno che “il maestro rappresenta il futuro”. Finirà per apprezzare quell’inaspettato modo diverso di vivere. Un lm bello e delicato, che insegna a vivere.

Frammenti di spiritualità

«Siamo chiamati a vivere da persone libere e liberanti, che non legano, che non sequestrano l’altro, che non lo imprigionano nella gabbia dei propri bisogni. Siamo chiamati a vivere la logica del dono come un legame pienamente libero e radicalmente umano».

(Dal blog di Marco Zanotelli)

Autovalutazione

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255 Tema 9 COME VIVERE bene la vita?
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Ho imparato che ................................................................................................................................................................................ Molto interessante Interessante Poco interessante Noioso Di cile

CONOSCERE la Bibbia

La Bibbia è un libro importante non solo perché è il testo sacro della tradizione religiosa ebraicocristiana, ma anche perché è parte integrante delle due radici dell'Occidente: quella greco-romana e quella ebraico-cristiana. Mentre la radice greco-romana è molto conosciuta e studiata, non si può dire altrettanto dell’altra. Infatti, a scuola si studiano le opere classiche, come l’Iliade, l’Odissea e l’Eneide, ma non la Bibbia, che è sconosciuta a molti eppure altrettanto importante dal punto di vista culturale

IL PERCORSO CHE FAREMO

I contenuti digitali speciali
10 • Il Gesù di Marco/1-2-3 281 • Il Gesù di Marco/4-5-6 287 • D/Pagine problematiche nella Bibbia 294 PER CONCLUDERE • Il punto 296 • Sintesi inclusiva 297 • Pratica#mente 298
• La Bibbia cos’è? 258 • Sguardo sulla Bibbia 260 • L’essenziale da sapere 263 • Alla scoperta delle radici 266 • La struttura della Bibbia 268 • Due racconti delle origini 269 • Il secondo racconto 271 • Dov’è tuo fratello? 273 • Il libro della libertà 275 • Giona, che storia! 277 • Vangeli e Nuovo Testamento 279

chi? Who? dove? Wh e? quando? When? cosa? What? perché? Why?

Tutto il tema è dedicato alla conoscenza della Bibbia nella scuola superiore. È un invito a scoprire l’importanza religiosa e culturale che il libro sacro della tradizione ebraico-cristiana ha avuto (e ha tuttora) non solo in queste due tradizioni religiose, ma in tutta la cultura occidentale.

is eme is about the knowledge of the Bible at high school. It’s an invitation to discover the cultural and religious importance that the holy book of the Jewish-Christian tradition had (and still has), not only for these two religious traditions but also in all the Western culture.

Conoscenze

Lavoreremo insieme alla conoscenza della Bibbia durante l’ora di religione e auspichiamo che anche altre discipline scolastiche siano interessate a questo libro. La radice ebraico-cristiana, insieme a quella greco-romana, è infatti alla base della nostra storia e cultura.

We’re going to work together on the knowledge of the Bible during our religion class, hoping that also other school subjects will be interested in this book. e JewishChristian root and the Greco-Roman one are the basis of our history.

Durante l’ora di religione sarà dato ampio spazio agli studenti per avvicinarsi al testo della Bibbia, pur consapevoli che un’ora settimanale non è su ciente per un approccio approfondito. Si cercherà di invogliare anche ad una conoscenza personale del libro sacro, oltre lo spazio dell’IRC.

During the religion class, students will have the chance to come close to the Bible text, even if we know that a single weekly hour is not enough for a deep approach. We’ll do our best to inspire a further personal knowledge of the holy book in addition to the time spent in class.

ABILITÀ

• Scoprire il ruolo essenziale che il libro sacro ebraicocristiano ha avuto nella storia della salvezza e la sua in uenza da un punto di vista storico e culturale, oltre che religioso.

• Accostare i testi e le categorie più rilevanti dell’Antico e del Nuovo Testamento.

Dopo una breve introduzione generale, passeremo alla lettura di alcuni brani biblici, nella convinzione che l’approccio diretto sia il modo migliore per apprezzare e valorizzare il testo biblico.

Poche opere come la Bibbia hanno avuto un in usso così profondo sul patrimonio storico, culturale e artistico dell’Italia e dell’Occidente.

A er a quick general introduction, we’re going to start with the reading of some biblical texts because the direct approach is the best one to appreciate and enhance the biblical text.

Not many books, like the Bible, had such a deep in uence on the historical, cultural and artistic heritage of Italy and the Western world.

COMPETENZE

• Individuare i criteri per accostarsi correttamente alla Bibbia, distinguendo la componente storica, letteraria e teologica dei principali testi.

• Leggere pagine scelte dell’Antico e del Nuovo Testamento applicando i corretti criteri di interpretazione.

• Sviluppare un maturo senso critico e un personale progetto di vita, ri ettendo sulla propria identità nel confronto con i valori religiosi.

• Cogliere la presenza e l’incidenza della tradizione cristiana nella storia e nella cultura.

CONOSCERE la bibbia?

• Scoprire il fascino che la Bibbia ha esercitato nella produzione letteraria e artistica dell’Occidente.

• Utilizzare consapevolmente le fonti autentiche della fede cristiana, interpretandone correttamente i contenuti.

1. la bibbia cos’è?

La Bibbia, dal greco Ta Biblìa, che significa “i libri”, è una piccola biblioteca, formata da tanti testi diversi, composti in epoche e da autori differenti e suddivisa in due grandi parti:

1. La Bibbia ebraica è la parte più antica e comprende 39 libri (ma a volte risultano solo 24 perché alcuni libri sono uniti insieme)1 , così suddivisa:

• la Legge (Toràh), che raggruppa i primi cinque libri, chiamati in greco Pentateuco;

• i Profeti (Neviìm), suddivisi in Anteriori e Posteriori;

• gli Scritti (Ketuvìm).

Gli ebrei chiamano queste tre parti TaNaKh (TNKh), un acronimo formato dalle tre lettere iniziali ebraiche di Toràh, Neviìm e Ketuvìm.

2. La Bibbia cristiana è suddivisa in Antico Testamento (o Prima Alleanza) e Nuovo Testamento (o Nuova Alleanza). L’Antico Testamento, che riprende in gran parte la suddivisione della Bibbia ebraica, è composto da 46 libri (39 nelle Bibbie protestanti). Il Nuovo Testamento, che è la parte specificamente cristiana, è composto da 27 libri, comuni a tutte le Chiese cristiane. Ecco un breve quadro riassuntivo (per una suddivisione più dettagliata si veda lo schema riportato nelle pagine successive).

BIBBIA EBRAICA (39 o 24 libri)

• La Legge (Toràh): i primi 5 libri

• I Profeti (Neviìm), suddivisi in Anteriori e Posteriori

• Gli Scritti (Ketuvìm): i Salmi e altri libri

In sintesi

BIBBIA CRISTIANA (73 libri)

1. Antico Testamento (AT): 46 libri

• Il Pentateuco: i primi 5 libri

• I libri storici

• I libri sapienziali

• I libri profetici

2. Nuovo Testamento (NT): 27 libri, tra cui i 4 Vangeli e altri scritti

Possiamo dire che la Bibbia è il documento centrale della religione ebraica e di quella cristiana e, in parte, anche di quella islamica (v. approfondimento). Ma la Bibbia non è solo un libro religioso: è anche un’opera letteraria, con pagine sublimi di poesia e prosa che hanno influito fortemente sul patrimonio culturale e artistico, in particolare dell’Occidente. Per queste ragioni la Bibbia non appar-

Le tre “religioni del libro” Ebraismo, cristianesimo e islam sono le tre grandi religioni monoteiste chiamate anche le “religioni del Libro” perché danno molto importanza al libro sacro, che considerano rivelato. Tutte e tre le religioni si riconoscono nella Bibbia, in particolare nella prima parte, quella ebraica, che i cristiani chiamano Antico Testamento Il libro sacro principale dei musulmani è comunque il Corano, che al suo interno ha però molti riferimenti biblici.

1 Le scritture sacre ebraiche venivano redatte su rotoli e quindi era facile unire tra loro alcuni libri dal contenuto simile (per esempio i due libri di Samuele, i due Libri dei Re, ecc.); questo spiega perché il numero dei libri del canone ebraico oscilla da 39 a 24.

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tiene solo ai credenti, ma all’umanità intera. Dal punto di vista strettamente storico-religioso, questo libro raccoglie le vicissitudini secolari del popolo di Israele, ma anche quello che ha detto e fatto Gesù e la nascita delle prime comunità cristiane

Invece, nell’ottica della fede cristiana, quella raccontata dalla Bibbia è una «storia della salvezza»: la graduale rivelazione (letteralmente “togliere il velo”) o manifestazione di Dio con la creazione del mondo, che continua con l’alleanza (o patto speciale) stretto con il popolo ebraico e poi culmina con l’evento storico di Gesù, il Figlio di Dio, nato da Maria Vergine, morto in croce e risorto. Questa “storia” sintetizza tutta la fede cristiana e accompagna il cammino dei credenti. Si tratta ovviamente prima di tutto di una esperienza religiosa, incarnata in una storia di più secoli, trasmessa da una comunità credente e che, soltanto in un secondo tempo, viene fissata per iscritto, appunto, nel libro della Bibbia. Davanti a un così lungo processo avvenuto nel corso del tempo, è necessario avvicinarsi a questo libro evitando non solo un approccio superficiale, ma fornendosi di una certa preparazione culturale: non si può improvvisare. Si tratta non solo di un grande patrimonio culturale, ma anche della memoria viva di grandi tradizioni religiose, che considerano questo libro alla base della loro vita spirituale.

Qui sotto una sintesi grafica della “storia della salvezza”:

SEGUI IL FILO

SPUNTI OPERATIVI

Quali sono i personaggi biblici a voi più conosciuti? In quale contesto li avete incontrati?

il libro più tradotto al mondo

La Bibbia è stato il primo libro stampato in Occidente con i caratteri mobili di Gutenberg a metà del XV secolo. Da allora conserva un record: è il libro più tradotto e di uso al mondo. Delle circa 6.900 lingue e dialetti esistenti al mondo (3000 le principali), la Bibbia completa è stata tradotta in 698 lingue; il Nuovo Testamento in 1548 lingue, mentre porzioni della Bibbia e varie storie bibliche sono state tradotte in altre 1183 lingue. Pertanto, almeno una parte della Bibbia è stata tradotta in 3.429 lingue (dati della versione inglese di Wikipedia 2020). Le Bibbie complete di use nel mondo sono più di 35 milioni. Certo, i numeri sono molto alti, ma questo non signi ca a atto che la Bibbia sia anche il libro più letto!

259 Tema 10 COnoscERE la Bibbia
DIO si rivela

2. sguardo su a Bibbia

Pensiamo che la frase accanto risponda bene alla domanda: perché conoscere la Bibbia? Già diverse volte in classe ci siamo detti che la Bibbia è “il Libro”, che è nel cuore della letteratura, dell’arte, della filosofia, della vita sociale di gran parte dell’umanità, di ieri e di oggi. Sinceramente pensiamo che non abbia molto senso uscire dalla scuola superiore con una conoscenza significativa della letteratura, della filosofia, del mondo matematico-scientifico, della storia e non avere un buon approccio a questo testo patrimonio della cultura mondiale. E questo vale per tutti, credenti e non credenti. Per questo motivo, prima di fornirvi informazioni più tecniche – come l’origine della Bibbia, la sua struttura, le lingue usate, l’attendibilità dei testi, l’ispirazione e molto altro – pensiamo sia opportuno offrirvi prima di tutto una visione d’insieme.

La Bibbia non è un manuale

Qualcuno potrebbe chiedersi: cosa cercare nella Bibbia? Forse informazioni di prima mano sull’origine della vita e dell’essere umano? Oppure previsioni certe su quella che sarà la fine del mondo? Non è questo lo scopo della Bibbia. Non si tratta di un testo scientifico né di un prontuario sulle domande più strane che ci possono venire in mente! E allora, che cos’è la Bibbia?

Immaginate che qualcuno voglia lasciare ai propri eredi delle istruzioni precise sull’educazione dei figli. Potrebbe scrivere un manuale, con tanti capitoli specifici: uno sulle diverse fasce di età e rispettivi bisogni; uno sulla salute, con descritte le malattie, i vaccini da fare e i vari controlli; un capitolo cospicuo sulla scuola, sui consigli per l’alimentazione, il tempo libero, le attività sportive o artistiche, la gestione delle relazioni e dei conflitti... Oppure, potrebbe scrivere la storia della propria famiglia, con i rapporti più o meno complicati con i figli,

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Jacopo Dal Ponte, Gli israeliti bevono l’acqua miracolosa, 1566-1568, Madrid, Museo del Prado.
« Non conoscere la Bibbia è essere analfabeta di una componente essenziale del proprio linguaggio.»
(Massimo Cacciari, losofo che si dichiara non credente)

le tappe di crescita, le conquiste, le fatiche, i sogni, gli imprevisti, gli errori… Questa seconda opzione sarebbe meno completa della prima, con molti vuoti e senza le indicazioni puntuali e precise tipiche del manuale; ma sarebbe certamente più coinvolgente ed efficace perché presenterebbe la vita reale, calandosi direttamente nelle situazioni vissute, toccando le corde dell’emozione, del cuore e non solo dell’intelligenza o della tecnica.

Così è la Bibbia! È la storia di un popolo, quello ebraico, ma è più un album di famiglia che una vera e propria storia, rigorosa e precisa come intendiamo noi moderni con questo termine. Sfogliando questo album ci si accorge che in certi personaggi, in alcune delle vicende che vedono protagonista questo popolo, si intravedono i segni di una forte presenza, all’inizio avvolta nel mistero ma poi sempre più svelata (“rivelata”, in senso tecnico), fino a diventare un punto di riferimento sempre più importante nella vita del popolo ebraico.

Dio si manifesta (si rivela)

Ma la Bibbia non è solo la storia del popolo ebraico; è anche quella dei cristiani dei primi secoli: ci racconta la vita e le opere di Gesù e della comunità delle origini. Secondo la visione cristiana, è Gesù che svela quel “mistero” che attraversa tutta la storia del popolo ebraico e si manifesta come Dio padre e misericordioso. L’“Altissimo”, cui si rivolgevano gli ebrei, è diventato in Gesù il “Bassissimo” (se così possiamo dire!), tanto da mettersi a fianco e alla portata di ogni uomo. «Dio si è fatto carne», scrive Giovanni all’inizio del suo Vangelo (capitolo 1, versetto 14). Si è mostrato come un Dio accessibile a tutti perché si è fatto uomo.

Come abbiamo visto nella scheda precedente, il manifestarsi di Dio nella storia ebraica e cristiana si chiama rivelazione. Infatti, non sono stati gli esseri umani a risolvere il “mistero” di Dio, ma è Dio stesso – come narra la Bibbia – che ha preso l’iniziativa di rivelarsi al mondo, rompendo un silenzio lungo secoli e mostrandosi dapprima al popolo ebraico, attraverso i patriarchi e i profeti, e poi in Gesù, il Cristo. Se prendiamo in mano il libro della Bibbia, possiamo capire bene come Dio ha instaurato un lungo e paziente dialogo con gli esseri umani, fino a svelarsi definitivamente in Gesù.

Sempre attraverso il libro biblico si scopre che il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe e poi di Gesù vive da sempre accanto agli esseri umani. Ma non è un

I più antichi testi della Bibbia sono conservati in diversi luoghi e biblioteche in molte zone del mondo.

La rivelazione divina

Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelare se stesso e far conoscere il mistero della sua volontà, mediante il quale gli uomini per mezzo di Gesù Cristo, Verbo fatto carne, nello Spirito Santo hanno accesso al Padre e sono resi partecipi della divina natura. Con questa rivelazione infatti Dio invisibile parla agli uomini come ad amici (…). A suo tempo, chiamò Abramo, per fare di lui un gran popolo, che dopo i patriarchi educò per mezzo di Mosè e dei profeti, a nché lo riconoscessero come solo Dio vivo e vero e rimanessero in attesa del salvatore promesso, preparando così la via al vangelo».

(Dei Verbum nn.2-3, documento del Concilio Vaticano II sulla Rivelazione divina, 1965)

261 Tema 10 COnoscERE la Bibbia
Enrique Simonet Lombardo, Flevit super illam, 1892, Madrid, Museo del Prado.

COnoscERE la Bibbia

Dio del quale parlare (come possono fare i filosofi e altri studiosi), ma un Dio a cui ogni persona può parlare; che aspetta che maturino le domande dell’uomo (sulla vita e il suo senso, il futuro, il dolore, la libertà, l’amore, la morte…) Per chi ha fede, questa è la storia d’amore più lunga e più drammatica di tutti i tempi; una storia fatta di attenzione e di premura nei confronti dell’umanità, raccontata dalla Bibbia e che gli studiosi chiamano “storia della salvezza”. Sta a testimoniare che Dio non ha paura di mettersi al fianco dei problemi delle persone, né delle loro incongruenze, fragilità e pigrizie, così com’è stato per gli ebrei. Con un paragone un po’ ardito ma semplice, possiamo dire che Dio è come un canale sempre online: posso anche rifiutare di sintonizzarmi con lui, ma lui c’è sempre.

In ricordo di un amico

Alcuni anni fa un parrocchiano di nome Aldo, a causa di una grave malattia, si è ritrovato in poco tempo su una sedia a rotelle. Una domenica ha chiesto al parroco di poter leggere la prima lettura della messa. La sua voce era già molto compromessa, ma l’effetto è stato indimenticabile per tutti i presenti. La lettura tratta dalla Bibbia era questa: Sion ha detto: “Il Signore mi ha abbandonato. Il Signore mi ha dimenticato”. Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai” (Isaia 49,14-15)

Aldo ha solo letto il brano, ma così facendo ha testimoniato con tutto il suo corpo l’importanza di quelle parole, scritte migliaia di anni fa e che ancora oggi interpellano, provocano, confortano e indicano un percorso. Chi di noi non ha provato, in certi momenti della vita, l’abbandono e la delusione, la sofferenza e la mancanza di dignità? Il Dio rivelato nella Bibbia vede la dignità di ogni essere umano sempre, in ogni situazione, e non abbandona mai i suoi figli. Tutto questo richiede certamente una scelta di fede, ma è la stessa fede degli ebrei di migliaia di anni fa e di quelli che, secoli e secoli dopo, stavano in fila davanti alle camere a gas, vittime dell’odio del regime nazista; è la fede di tanti credenti nella storia, messi a dura prova dalla vita, ieri come oggi.

SPUNTI OPERATIVI

● Abbiamo detto che «la Bibbia è la storia d’amore più lunga e più drammatica di tutti i tempi». Qual è il concetto che si vuole trasmettere?

● Attività: Si consiglia di approfondire la “storia della salvezza” leggendo nella Bibbia l’inizio della Lettera agli ebrei (1,1-2).

● Vi faremo conoscere la Bibbia anche attraverso alcuni video contenuti nella parte multimediale del testo, per recuperare una memoria che consideriamo importante. Questa la s da culturale che vogliamo proporvi: veri care se le vicende documentate nella Bibbia appartengono solo al passato o parlano anche al nostro tempo.

(Isaia 49, 14)

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10
Tema
« Si dimentica forse una donna del suo bambino?»

3. L’essenziale da sap e

La Bibbia, come abbiamo visto, è un insieme di libri (alcuni molto brevi) considerati sacri dalla tradizione ebraico-cristiana, e in parte anche da quella musulmana. In questa scheda presenteremo alcuni elementi essenziali da sapere, sotto forma di domande e risposte, in modo da facilitare la chiarezza e la comprensione di questo Libro.

Come è nata la Bibbia?

La Bibbia è nata all’interno della tradizione ebraica, ma con molte influenze anche delle culture con cui gli ebrei sono entrati in contatto nella loro storia. All’origine di questo libro vi sono gli antichi racconti tramandati in forma orale e poi raccolti per iscritto intorno al 1200 a.C. Le parti più significative della Bibbia ebraica (quella che i cristiani chiamano Antico Testamento) furono ristrutturate dagli scrivani di corte tra il 1000 e il 500 a.C.; la parte del Nuovo Testamento fu completata intorno al 100 d.C.

La regione in cui è ambientata la Bibbia è la Palestina, punto di passaggio obbligato nella cosiddetta “mezzaluna fertile”: ed è questo il motivo per cui il piccolo popolo ebraico si è trovato coinvolto nelle vicende di antiche e importanti civiltà, come quella egizia, assiro-babilonese, persiana, greca e romana.

Chi ha scritto la Bibbia?

È difficile rispondere alla domanda perché sono molti gli autori – di epoche molto differenti – a cui sono stati attribuiti i vari libri. Sono tanti anche gli stili e i generi letterari che troviamo nella Bibbia, compresi gli errori storici, le contraddizioni e le versioni doppie dello stesso avvenimento, che si possono spiegare con le varie tradizioni che stanno dietro ai libri della Bibbia. Per questo è sempre bene ricordare che non stiamo parlando di un libro di storia, ma di un libro sacro che esprime la fede d’Israele nell’«unico vero Signore» e l’alleanza stretta dapprima con il popolo ebraico, attraverso Abramo, e poi con tutta l’umanità, attraverso Gesù.

Quali sono le copie più antiche?

Fino a non molto tempo fa, le copie più antiche della Bibbia a disposizione degli studiosi risalivano al X secolo d.C. Ma un’importante scoperta archeologica, avvenuta nel 1948 nella zona del Mar Morto (Qumran), ha portato alla luce numerosi rotoli e frammenti della Bibbia ebraica (o Antico Testamento), che risalgono ad oltre duemila anni fa. Questa scoperta, avvenuta all’inizio in modo

I rotoli del mar Morto

Nel decennio compreso tra il 1946 e il 1956, in undici grotte della zona di Qumran, sulla riva nord-occidentale del Mar Morto, furono ritrovati oltre 900 manoscritti antichi. I documenti, conosciuti come i Rotoli del Mar morto (Dead Sea scrolls), riguardano anche vari libri della Bibbia ebraica, alcuni ben conservati, altri solo dei frammenti. I manoscritti, datati tra il 150 a.C. e il 70 d.C., sono scritti in lingua ebraica, aramaica e greca, la maggior parte su pergamena, ma anche su papiro. I Rotoli vengono associati all’antica setta ebraica degli Esseni che viveva in questa zona. La gran parte dei reperti sono conservati a Gerusalemme, divisi in tre gruppi:

• manoscritti biblici: libri della Bibbia ebraica (costituiscono il 40% dei rotoli identi cati). Tra questi, varie copie del libro dei Salmi, del Deuteronomio e il rotolo completo del libro di Isaia;

• manoscritti apocri o pseudoepigra: quei libri che non fanno parte del canone, oppure attribuiti a falsi autori.

Tra questi: Enoch, Giubilei, Tobia, Siracide (sono circa il 30%);

• manoscritti «settari»: documenti, prima sconosciuti, che descrivono le norme e le credenze degli esseni. Tra questi: la Regola della comunità, il Rotolo della guerra.

263
Un frammento ritrovato nelle grotte di Qumran.

casuale, ha «ringiovanito» di dieci secoli la conoscenza dei manoscritti biblici, oltre che fornire ulteriori indicazioni sugli autori e sulle possibili date di stesura dei libri biblici, sulla società e sulla cultura ebraica ai tempi di Gesù. Le varie edizioni della Bibbia che si trovano oggi in commercio fanno tutte riferimento alla scoperta di Qumran.

In che lingua è stata scritta?

La Bibbia ebraica, cioè la prima parte del libro sacro, fu scritta in ebraico, con alcuni libri in greco e brani in aramaico; mentre la seconda parte (quella cristiana) fu scritta interamente in greco, e più precisamente nel greco comune, o koinè, che allora era la lingua più diffusa del mondo antico, proprio per raggiungere il maggior numero di persone. Tra il I e il III secolo d.C. alcuni sapienti ebrei, i Masoreti, prepararono il testo in ebraico aggiungendo le vocali (che l’alfabeto ebraico non prevede). Le copie più antiche di queste versioni che sono giunte fino a noi risalgono al X secolo.

Perché si divide in Antico Testamento e Nuovo Testamento?

“Antico” e “Nuovo” Testamento sono espressioni usate dai cristiani. L’Antico Testamento (o Primo Testamento) corrisponde in gran parte alla Bibbia ebraica che nell’ottica cristiana è la prima alleanza (o testamento) che Dio stringe con il popolo ebraico. Il Nuovo (o Secondo) Testamento è invece la nuova alleanza che Dio stringe con tutti gli uomini, per mezzo di Gesù. Nei Vangeli sono frequenti i riferimenti a profezie o avvenimenti riguardanti il Primo Testamento: la finalità è quella di dimostrare che tra la prima e la seconda alleanza c’è continuità

Cos’è il canone?

È l’elenco u ciale dei libri della Bibbia, che è presente sia nell’ebraismo che nel cristianesimo. Per la Chiesa cattolica, il canone è stato stabilito de nitivamente dal Concilio di Trento nel 1546, ma un elenco dei libri considerati sacri era presente n dai primi secoli dell’era cristiana. Infatti, all’interno delle varie comunità, circolavano numerosi libri dalla dubbia autenticità. Il canone (dal greco canon, «misura») aveva lo scopo di distinguere i libri che si potevano leggere durante le assemblee liturgiche da quelli apocri («scritti nascosti»), la cui autenticità era dubbia e perciò non venivano letti in pubblico. Ma questo non signi ca che gli apocri venissero considerati dalla Chiesa pericolosi o privi di valore, anzi, alcuni hanno in uenzato positivamente la dottrina e la tradizione cristiana.

Come leggere la Bibbia?

Non essendo paragonabile a un saggio né a un romanzo, non è consigliabile leggere la Bibbia dalla prima pagina no alla ne. Per la parte ebraica (o Antico Testamento), come suggeriscono diversi studiosi, meglio iniziare dai primi 11 capitoli della Genesi, poi passare ai primi 24 capitoli dell’Esodo, proseguire con i Libri profetici, come Isaia, Geremia, Giona e poi alcuni Libri sapienziali (i Salmi e il libro di Giobbe). Per il Nuovo Testamento meglio iniziare con uno dei Vangeli, per esempio quello di Marco, per passare poi ad una lettera di Paolo, per esempio la prima ai Corinzi e lasciare alla ne il Vangelo di Giovanni e l’Apocalisse, molto di cili da interpretare.

264 Tema 10 COnoscERE la Bibbia

A chi appartiene la Bibbia?

● Agli ebrei, prima di tutto, perché questa raccolta di libri nasce nel contesto storico e culturale ebraico. Sono gli ebrei che mettono per iscritto i loro racconti orali, aggiungendone in seguito altri. Con questa «raccolta» vogliono ricordare il loro splendore passato e celebrare il ritorno dall’esilio di Babilonia (VI secolo a.C.), che li conferma come un “popolo eletto”.

● Ai cristiani, che con la figura di Gesù Cristo e la nascita delle prime comunità si sentono partecipi del patrimonio ebraico che Gesù non è venuto ad abolire ma a portare a pienezza. si sentono partecipi del patrimonio ebraico che Gesù non è venuto ad abolire ma a portare a pienezza. Sia per gli ebrei che per i cristiani la Bibbia è la Parola di Dio.

● tutti gli uomini: molti nella storia, ieri come oggi, di qualsiasi fede o non credenti, hanno trovato nelle pagine di questo testo una fonte di ispirazione, sostegno e cambiamento.

Date di riferimento (orientative)

Circa 3000 a.C.: invenzione della scrittura

Circa 1500 a.C.: invenzione dell’alfabeto fenicio

Circa 1000 a.C.: la tradizione orale della Bibbia viene messa per scritto (primi brani)

Quando fu scritta la Bibbia ebraica? 800 a.C. Amos

SPUNTI OPERATIVI

● Attività: si consiglia di avvicinarsi al libro della Bibbia, sfogliandola in classe o consultandola on line

● Per quale motivo si usa chiamare “la Bibbia” al singolare?

È possibile indicare delle date precise?

Non abbiamo in mano la “versione originale” di alcun libro biblico, né “brutte copie” di improbabili prime edizioni. Sappiamo – ma solo dagli inizi del XX secolo d.C. – che i testi della Bibbia sono stati dapprima tramandati oralmente e poi messi per iscritto, in varie versioni nel corso degli anni. In alcuni libri, come per esempio nell’Esodo, gli studiosi hanno riscontrato una forma più arcaica, vicina alla narrazione orale. In altri libri più «recenti» hanno invece trovato delle contraddizioni, dovute al fatto che versioni diverse sono state messe insieme da qualche copista scrupoloso. In ogni caso, se si tiene presente queste e altre di coltà, possiamo indicare orientativamente alcune date per i vari libri della Bibbia, come si può vedere accanto.

265 Tema 10 COnoscERE la Bibbia
570
560
530
400 a.C. Giona 400 a.C. Pentateuco (ultima redazione) 335 a.C. Proverbi 165 a.C. Daniele 115 a.C. Maccabei 70 a.C. Sapienza
quando
il Nuovo Testamento? 50 d.C. Tessalonicesi 55 d.C. Gàlati 58 d.C. Romani 60 d.C. Giacomo 63 d.C. Pietro 65 d.C. Vangelo di Marco 75-80 d.C. Vangelo di Luca Atti degli Apostoli 1-85 d.C. Vangelo di Matteo 90-95 d.C. Vangelo di Giovanni 95 d.C. Apocalisse
750 a.C. Osea
a.C. Geremia, Ezechiele
a.C. Deuteronomio
a.C. Giobbe
A
risale

4. Alla scoperta de e radici

Senza dubbio la Bibbia ha una certa età ed è stata scritta in contesti molto differenti dai nostri, ma per quel che riguarda l’animo umano, le risposte agli interrogativi esistenziali, alle paure e alle speranze dei giovani e dei meno giovani, crediamo che abbia ancora molto da dire… Il libro della tradizione ebraico-cristiana esprime una conoscenza profonda degli esseri umani, della loro grandezza e miseria, così come della forza e della fragilità della natura, eppure fu scritto molti secoli prima di Greta Thunberg e della preoccupazione per la salute del nostro pianeta. La sapienza secolare che è alla base della Bibbia fa di questo libro una fonte inesauribile di saggezza e spiritualità, non solo per i credenti ma per tutti quelli che hanno a cuore l’essere umano e l’ambiente in cui vive.

Il grande codice della cultura occidentale

È stato probabilmente il poeta e pittore inglese William Blake a definire la Bibbia «il grande codice dell’Occidente», ripreso poi dal critico canadese Northrop Frye nel suo libro Il grande codice: Bibbia e letteratura (1986). Con questa espressione si intende affermare che la Bibbia è l’immensa “opera-mondo” a cui hanno attinto la cultura e l’arte, ispirando con la sua struttura immaginativa, narrativa e legislativa – dal giardino dell’Eden alle tavole della Legge consegnate a Mosè sul Monte Sinai, dalla conquista della Terra promessa alla forza vitale del Vangelo e delle prime comunità dei credenti in Cristo – gran parte delle opere letterarie e artistiche che hanno caratterizzato l’Occidente. A pieno diritto possiamo quindi annoverare la Bibbia tra le opere classiche della letteratura mondiale, usando l’aggettivo “classico” nel senso suggerito da Calvino: «qualcosa che non finisce mai di dire quello che ha da dire». Nello stesso tempo fa molto riflettere la battuta di Mark Twain: «Un classico è qualcosa che tutti vorrebbero aver letto, ma che nessuno vuole leggere». Sperando che tra i due – almeno a scuola – prevalga lo spirito di Calvino, ecco che cosa ha da dire e da trasmettere la Bibbia anche a noi oggi.

Alcuni buoni motivi per conoscere la Bibbia

Se qualcuno di voi non è ancora convinto del perché presentare e conoscere anche a scuola un libro che riguarda la fede ebraico-cristiana ma fa parte comunque del patrimonio culturale del nostro Paese e non solo,, ecco alcune brevi motivazioni che ci faranno da sintesi.

● Le radici storico-culturali della civiltà occidentale non sono soltanto greche, ma anche ebraico-cristiane; la Bibbia è il documento fondante di queste tradizioni.

(Carl Gustav Jung, 1875-1961, psicanalista e losofo)

266
« È necessario leggere la Bibbia, altrimenti non capiremo mai la psicologia.»
Michelangelo, Giudizio universale, a resco, 1536-1541, Città del Vaticano, Cappella Sistina.

● La Bibbia ci aiuta a comprendere l’origine e lo sviluppo dei tre grandi monoteismi: ebraismo, cristianesimo e islam. Tutte e tre le religioni si riconoscono in Abramo, e questa “parentela” è importante non solo per il dialogo interreligioso, ma anche per le relazioni tra i vari Paesi dell’area mediterranea.

● La Bibbia occupa un posto di primo piano nella tradizione cristiano-cattolica, una realtà che fa parte del patrimonio storico-culturale dell'Italia e non solo. D’altronde è difficile pensare di comprendere le tradizioni cattoliche, le festività e gli innumerevoli monumenti e simboli religiosi disseminati sul territorio senza una minima conoscenza biblica.

● Inoltre, una buona informazione su questo libro non soltanto arricchisce culturalmente, ma permette di orientarsi nel grande patrimonio artistico presente nel nostro Paese. Senza conoscere la Bibbia, il Giudizio universale di Michelangelo diventa incomprensibile, così come gran parte dell’arte, della letteratura e della musica non solo italiane.

● Infine, la Bibbia ci aiuta a riflettere sulle grandi domande dell’esistenza (Da dove vengo? Dove vado? Che cosa c’è dopo la morte?) presentandoci personaggi e storie significative, che possono arricchire tutti noi con la loro saggezza.

Si potrebbero aggiungere tante altre cose, ma quel che abbiamo elencato ci sembra sufficiente per affermare che la Bibbia fa parte del patrimonio sapienziale dell’umanità e in questo senso appartiene a tutti, credenti e non credenti.

La Bibbia: un patrimonio di tutti

Da Dante a Bach, da Cervantes a Oscar Wilde, da omas Mann a Bulgakov, da Michelangelo a Chagall, la presenza della Bibbia nella cultura occidentale è talmente pervasiva da risultare addirittura invisibile; sembra un paradosso, ma è così. Il mondo dell’Antico e del Nuovo Testamento ha dato vita a personaggi, simboli e strutture narrative che abbracciano duemila anni di storia dell’arte. Spesso tutto ciò viene dato per scontato, considerato ovvio e di fatto ignorato. Anche - o forse, soprattutto - nei suoi capolavori. Di cile trovare un’opera di Shakespeare, per fare un esempio tra i tanti possibili, priva di riferimenti biblici: Lady Macbeth è un personaggio tratto da una leggenda scozzese, ma nelle sue parole riecheggiano quelle della regina Gezabele nel Primo libro dei Re, mentre La Tempesta attinge a piene mani al libro della Genesi. Si potrebbe a ermare, senza ingannarsi di molto, che ai tempi di Shakespeare di tutte le possibili fonti per la composizione di un dramma o di una commedia il Nuovo e l’Antico Testamento rappresentassero l’unico testo noto a un pubblico vasto e composito: chiunque, potenzialmente, avrebbe potuto coglierne, a livelli diversi, gli sviluppi tematici e narrativi. Di cile immaginare una fonte testuale più comoda da usare per un autore teatrale dell’epoca.

(Alessandro Ratti, Appunti per le lezioni di Bibbia e letteratura, Verona)

SPUNTI OPERATIVI

● Elencate almeno 5 opere artistiche che fanno riferimento alla Bibbia.

● Nella Guida per il docente/Attività e spunti per temi si trova un elenco di espressioni e detti derivanti dalla Bibbia. Chiedete al docente di mettere alla prova la vostra conoscenza biblica.

● Approfondimenti: si veda il libro di Piero Stefani La radice biblica (Mondadori 2003) e il sito web di Biblia, un'associazione laica di cultura biblica.

«Il mio incontro con la Bibbia è avvenuto per caso. Una volta, ero in un luogo sperduto e c’era solamente questo libro. Mi è piaciuto così tanto che da allora leggo la Bibbia tutti i giorni; ed ho studiato anche l’ebraico antico per comprenderla meglio.»

(Erri De Luca, scrittore non credente)

267 Tema 10 COnoscERE la Bibbia
Ra aello Sanzio, Madonna Sistina, part., 1513-1514 circa, Dresda, Gemäldegalerie Alte Meister. Donatello, David, 1440 circa, Firenze, Museo del Bargello.

5. La STRUTTURA de a Bibbia

BIBBIA EBRAICA o TANAK1 - 39 libri2

TORAH Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio

Anteriori: Giosuè, Giudici, 1 Samuele, 2 Samuele, 1 Re, 2 Re

NEVIÌM (PROFETI)

Posteriori: Isaia, Geremia, Ezechiele, Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zacaria, Malachia

KETUVÌM (SCRITTI) Salmi, Proverbi, Giobbe, Cantico dei Cantici, Rut, Lamentazioni, Qoèlet (Ecclesiaste) Ester, Daniele, Esdra, Neemia, 1 Cronache, 2 Cronache

BIBBIA CRISTIANA Antico Testamento (Prima Alleanza) - 46 libri3

PENTATEUCO Genesi (Gen), Esodo (Es), Levitico (Lv), Numeri (Nm), Deuteronomio (Dt)

LIBRI STORICI

Giosuè (Gs), Giudici (Gdc), Rut (Rt), 1 Samuele (1Sam), 2 Samuele (2Sam), 1 Re (1Re), 2 Re (2Re), 1 Cronache (1Cr), 2 Cronache (2Cr), Esdra (Esd), Neemia (Ne), Tobia (Tb)(D), Giuditta (Gdt)(D), Ester (Est), 1 Maccabei (1Mac)(D), 2 Maccabei (2Mac)(D)

LIBRI SAPIENZIALI Giobbe (Gb), Salmi (Sal), Proverbi (Pr), Qoèlet (o Ecclesiaste) (Eccl), Cantico dei Cantici (Ct), Sapienza (Sap) (D), Siracide (Sir) o Ecclesiastico (Eccl) (D).

LIBRI PROFETICI Isaia (Is), Geremia (Ger), Lamentazioni (Lam), Baruc (Bar) (D), Ezechiele (Ez), Daniele (Dn), Osea (Os), Gioele (Gl), Amos (Am), Abdia (Abd), Giona (Gn), Michea (Mi), Naum (Na), Abacuc (Ab), Sofonia (Sof), Aggeo (Ag), Zaccaria (Zc), Malachia (Ml)

Nuovo Testamento (Seconda Alleanza) - 27 libri

VANGELI E ATTI

LETTERE DI PAOLO

LETTERE CATTOLICHE5

Vangelo di Matteo (Mt), di Marco (Mc), di Luca (Lc), di Giovanni (Gv); Atti degli Apostoli (At)

Lettera ai Romani (Rm), I Lettera ai Corinzi (1Cor), II Lettera ai Corinzi(1Cor), Lettera ai Galati (Gal), Lettera agli Efesini (Ef), Lettera ai Filippesi (Fil), Lettera ai Colossesi (Col), I Lettera ai Tessalonicesi (1Ts), II Lettera ai Tessalonicesi (2Ts), I Lettera a Timoteo (1Tm), II Lettera a Timoteo (2Tm), Lettera a Tito (Tt), Lettera a Filemone (Fm), Lettera agli Ebrei (Eb)4

Lettera di Giacomo (Gc), I Lettera di Pietro (1Pt), II Lettera di Pietro(2Pt), I Lettera di Giovanni(1Gv), II Lettera di Giovanni (2Gv), III Lettera di Giovanni (3Gv), Lettera di Giuda (Gd)

APOCALISSE Apocalisse (Ap)

1 Tanakh è un acronimo formato con le iniziali ebraiche della Torah (“Legge”), dei Neviim (“Profeti”) e dei Ketuvim (“Scritti”).

2 La ripartizione della Bibbia ebraica è secondo il Canone Palestinese corto, accettato oggi dagli ebrei e da molte chiese riformate.

3 La ripartizione della Bibbia cristiana è secondo il Canone Alessandrino lungo, accettato storicamente dai cattolici e da molte chiese ortodosse, ma ormai anche a livello ecumenico. Tra parentesi le abbreviazioni di ogni libro; inoltre sono scritti in corsivo e con una (D) accanto quei libri dell’AT che per i cattolici sono “canonici” e che vengono detti “apocrifi” o “deuterocanonici” dagli studiosi.

4 La Lettera agli Ebrei è stata attribuita a Paolo ma l’autore è ignoto, probabilmente un cristiano colto, di origine ebraica.

5 Sono dette cattoliche (cioè “universali”) perché non indirizzate a nessuna comunità particolare.

268

6. DUE RA ONTI de e origini

All’inizio del libro della Genesi compaiono due diversi racconti della creazione, nati in epoche diverse, che non potevano essere fusi in un unico racconto perché troppo diversi. Il redattore finale (chi ha messo insieme i materiali) ha voluto però mantenerli entrambi, accostandoli l’uno all’altro, perché sono complementari. Intelligentemente ha messo prima il racconto “sacerdotale”, più recente, che esalta la bontà di tutto il creato e per secondo il racconto “Jahvista”, più antico, che evoca il dramma del peccato e l’angoscia, il dolore che attraversano l’esperienza della vita dell’uomo.

Alcune caratteristiche generali

Il primo racconto della creazione è molto solenne, con schemi e ritornelli che gli danno un andamento liturgico, come se fosse un inno.La formula: Ki tob (“è cosa buona”) ricorre 6 volte; la formula: “E fu sera e fu mattina” ricorre 6 volte. Un ruolo centrale ce l’ha la parola di Dio. Tutto è creato da Dio: per ben 10 volte ricorre l’espressione “Dio disse”, quindi abbiamo 7 giorni con 10 parole di Dio. È un chiaro richiamo al Decalogo, alle 10 parole che sul Sinai hanno sancito l’alleanza di Dio con il popolo di Israele.

Quando è stato composto?

Con molta probabilità il primo racconto è stato composto durante l’esilio di Babilonia, (che avvenne all'incirca tra il 597 e il 538 a.C. ad opera di Nabucodonosor). La classe alta, tra cui i sacerdoti del Regno di Giuda, fu deportata in esilio e quel periodo fu un tempo di dolorosa riflessione e purificazione, che costrinse il popolo a tornare alla radice della propria fede. Il racconto di Genesi 1 nasce dunque in un momento di profonda revisione, dalla sapienza adulta di un popolo che vuol ricominciare. È uno scrutare indietro per guardare meglio avanti, al futuro.

IL PRIMO RACCONTO (Genesi 1,1-2,4)

1 1 ▶In principio Dio creò il cielo e la terra.◀ 2 La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. 3 Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu. 4 Dio vide che la luce era cosa buona e Dio separò la luce dalle tenebre. 5 Dio chiamò la luce giorno, mentre chiamò le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: giorno primo.  6  Dio disse:

▶«Sia un rmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque».◀ 7 Dio fece il rmamento e separò le acque che sono sotto il rmamento dalle acque che sono sopra

il rmamento. E così avvenne. 8 Dio chiamò il rmamento cielo. E fu sera e fu mattina: secondo giorno.  9  Dio disse: ▶«Le acque che sono sotto il cielo si raccolgano in un unico luogo e appaia l’asciutto».◀ E così avvenne. 10 Dio chiamò l’asciutto terra, mentre chiamò la massa delle acque mare. Dio vide che era cosa buona. 11 Dio disse:

«La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che fanno sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la propria specie». E così avvenne. 12 E la terra produsse germogli, erbe che producono

1 ▶All’origine di tutto c’è un “Altro”: le cose non iniziano da noi. È la prima essenziale affermazione che fa la Bibbia. Non siamo noi quelli che organizzano il tutto, ma c’è qualcosa di più grande di noi: c’è un Padre che è Creatore.◀

269
▶ a pag. 16▶
Maestro Bertram Maestro Bertram, La creazione di Adamo, 1379-1383, Grabow.

seme, ciascuna secondo la propria specie, e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie. Dio vide che era cosa buona. 13 E fu sera e fu mattina: terzo giorno.  14 Dio disse: ▶«Ci siano fonti di luce nel rmamento del cielo, per separare il giorno dalla notte;◀ siano segni per le feste, per i giorni e per gli anni 15 e siano fonti di luce nel rmamento del cielo per illuminare la terra». E così avvenne. 16 E Dio fece le due fonti di luce grandi: la fonte di luce maggiore per governare il giorno e la fonte di luce minore per governare la notte, e le stelle. 17 Dio le pose nel rmamento del cielo per illuminare la terra 18 e per governare il giorno e la notte e per separare la luce dalle tenebre. Dio vide che era cosa buona. 19 E fu sera e fu mattina: quarto giorno. 20 Dio disse: «Le acque brulichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al rmamento del cielo».  21 ▶Dio creò i grandi mostri marini◀ e tutti gli esseri viventi che guizzano e brulicano nelle acque, secondo la loro specie, e tutti gli uccelli alati, secondo la loro specie. Dio vide che era cosa buona. 22

Dio li benedisse: «Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra». 23 E fu sera e fu mattina: quinto giorno. 24 Dio disse: «La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e animali selvatici, secondo la loro specie». E così avvenne. 25 Dio fece gli animali selvatici, secondo la loro specie, il bestiame, secondo la propria spe-

cie, e tutti i rettili del suolo, secondo la loro specie. Dio vide che era cosa buona. 26 Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: dòmini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra».  27 ▶E Dio creò l’uomo a sua immagine;◀ a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò.  28 Dio li benedisse e Dio disse loro: ▶«Siate fecondi e moltiplicatevi,◀ riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra». 29 Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo. 30 A tutti gli animali selvatici, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde». E così avvenne. 31 Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno.

2 1 Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. 2 Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto.  3 Dio benedisse ▶il settimo giorno e lo consacrò,◀ perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando. 4 Queste sono le origini del cielo e della terra, quando vennero creati.

In sintesi

Questo è ciò che il 1° racconto della Genesi trasmette e su cui invita a ri ettere:

• l’universo esiste e noi esistiamo per la libera iniziativa di Dio;

• Dio ha creato cose “buone” e nel caso dell’uomo “molto buone”;

• con l’uomo (“maschio e femmina li creò”, v. 27) Dio instaura una relazione libera e responsabile;

• l’uomo è pienamente se stesso solo nella relazione interpersonale;

• il cantiere della creazione rimane aperto: c’è spazio per la collaborazione e l’iniziativa umana.

270 Tema 10 COnoscERE la Bibbia
▶da pag. 15 ▶
Maestro Bertram Maestro Bertram, La creazione del sole, della luna e delle stelle, 1379-1383, Grabow.

Prima di presentare il secondo racconto della creazione, è bene fare una breve premessa sul mito. Con questo termine s’intende un’importante manifestazione della cultura umana: un modo di parlare del “mistero”: di un qualcosa di così ineffabile, così “indicibile”, che non può essere espresso se non ricorrendo al simbolo. Anche nella Bibbia si fa ricorso all’uso dei miti; per esempio Genesi dimostra di conoscere bene il mito dell’Enuma Elish, il celebre poema mitico dell’antico oriente. Secondo questo mito l’uomo è stato creato da argilla e sabbia; il dio trionfatore, Marduk prenderà questo impasto - debole e mortale - e con esso costruirà la creatura umana. Anche nel racconto della Bibbia si usa lo stesso simbolo (l’impasto di terra), indicando la fragilità e l’affinità dell’essere umano con la materia. Però c’è un salto di qualità: la Bibbia parla di un intervento particolare di Dio che aliterà su quell’impasto, lasciando la sua traccia misteriosa Che cosa fa invece il dio dell’antico oriente? Prendel’impasto, ma lo miscela con il sangue maledetto del dio Kingu, il dio ribelle, sconfitto da Marduk. Per cui gli esseri umani avranno sempre nelle arterie un sangue viziato e malato, che li condizionerà al male. Non è la stessa cosa per il Dio della Bibbia.

IL SECONDO RACCONTO (Genesi 2,4-25)

4 Nel giorno in cui il Signore

Dio fece la terra e il cielo 5 nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata, perché il Signore

Dio non aveva fatto piovere sulla terra e non c’era uomo che lavorasse il suolo, 6 ma una polla d’acqua sgorgava dalla terra e irrigava tutto il suolo.  7 ▶Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo◀ e ▶so ò nelle sue narici un alito di vita◀ e l’uomo divenne un essere vivente.  8 ▶Poi il Signore

Dio piantò un giardino in Eden◀, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato.  9 Il

Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e ▶l’albero della vita◀ in mezzo al giardino e ▶l’albero della conoscenza del bene e del male◀. 10 Un ume usciva da

Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi.

11 Il primo ume si chiama Pison: esso scorre attorno a tutta la regione di Avìla, dove si trova l’oro 12 e l’oro di quella regione è no; vi si trova pure la resina odorosa e la pietra d’ònice. 13 Il secondo ume si chiama Ghicon: esso scorre attorno a tutta la regione d’Etiopia. 14 Il terzo ume si chiama Tigri: esso scorre a oriente di Assur. Il quarto ume è l’Eufrate. 15 Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse. 16 Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, 17 ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente

271 7. IL SECONDO racconto
▶ ▶
a pag. 18▶
Hendrick Goltzius, Adamo ed Eva, 1608, e Metropolitan Museum of Art, New York.

dovrai morire».  18 E il Signore Dio disse:

▶«Non è bene che l’uomo sia solo◀: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda». 19 Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome.  20 ▶ Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici◀, ma per l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse. 21 Allora il Signore

Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. 22 Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo.  23 Allora l’uomo disse: ▶ «Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne◀. La si chiamerà donna, perché dall’uomo è stata tolta». 24 Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne.  25 ▶ Ora tutti e due erano nudi, l’uomo e sua moglie, e non provavano vergogna◀

In sintesi

Questo secondo racconto della Genesi insegna che l’essere umano:

• è stato creato per il “giardino”, cioè per la felicità;

• essendo stato creato è “creatura” e non “il creatore”; dovrà quindi restare pienamente umano, senza pretendere di mettersi al posto di Dio si veda il riquadro sotto: Il peccato delle origini;

• è fatto per “essere in relazione” con gli altri: “lascerà suo padre e sua madre...” (v. 24).

Il peccato delle origini

Il capitolo che segue al 2° racconto (Genesi 3,1-24) narra che lo stato paradisiaco delle origini viene rotto a causa della pretesa dei primi esseri umani di “diventare come Dio”. Adamo ed Eva cedono alle lusinghe del serpente (immagine dell’antagonista a Dio, dell’oppositore), che li convince a non prendere sul serio la proibizione di non mangiare i frutti dell’alberodella vita e della conoscenza del bene e del male – due prerogative che, secondo la Bibbia, spettano solo al Creatore. Il serpente li inganna dicendo: «Non morirete a atto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male» (3,4-5). A ascinati da questa prospettiva mangiano il frutto e, come descrive simbolicamente la Genesi, «si aprirono gli occhi di tutte e due e conobbero di essere nudi» (3,7). L’armonia iniziale (il “sentirsi nudi” nella Bibbia è segno dell’essere creatura in sintonia con Dio) si frantuma e la prima coppia umana viene cacciata dal giardino dell’Eden: l’intimità e la serenità iniziale rimangono solo un ricordo. Un piccolo gesto fa intravvedere una futura riconciliazione: Dio si preoccupa delle sue creature, che si vergognano della loro nudità, cioè della loro nuova realtà, e le riveste come fa un padre, dando loro dignità e speranza (3,21). È la premessa di quella che sarà poi la storia della salvezza.

SPUNTI OPERATIVI

Quali sono le maggiori di erenze che notate tra i due racconti della creazione?

272 Tema 10 COnoscERE la
Bibbia
▶da pag. 17 ▶ ▶ ◀
Heinrich Jenny (1824-1891), Adamo ed Eva nel Giardino dell'Eden, litogra a da collezione privata.

8. DOV’È tuo frate o?

Dio ha voluto il mondo e l’ha creato tob (“buono, bello”, Gen 1 e 2). Ma accanto all’azione positiva di Dio, la Bibbia introduce un’altra componente, oscura, enigmatica: la realtà del male (Gen 3).

Il culmine della creazione - secondo la visione cristiana della “storia della salvezza” - sarà la venuta di Gesù Cristo, che con la sua morte e risurrezione segnerà la vittoria definitiva sul male.

L’essere umano sulla terra è creatura, quindi fallibile. E questa fragilità, legata al peccato delle origini, investe il suo rapporto con Dio (Gen 3,9: “Adamo, dove sei?”) e le relazioni con i fratelli (Gen 4,9: “Dov’è tuo fratello Abele?”).

L’episodio di Caino e Abele rispecchia la nostra realtà di oggi, spesso dura e difficile, in cui facciamo fatica ad andare d’accordo, persino tra fratelli, perché il male, come ci racconta questo capitolo della Genesi, è sempre “accovacciato alla nostra porta”.

273
William Blake, Il corpo di Abele trovato da Adamo ed Eva, 1826, Tate Gallery, Londra.

CAINO E ABELE (Genesi 4,1-15)

1 ▶Adamo conobbe Eva sua moglie, che concepì e partorì Caino◀ e disse: «Ho acquistato un uomo grazie al Signore».

2 ▶Poi partorì ancora Abele◀, suo fratello. Ora Abele era pastore di greggi, mentre Caino era lavoratore del suolo. 3 Trascorso del tempo, Caino presentò frutti del suolo come o erta al Signore, 4 mentre Abele presentò a sua volta primogeniti del suo gregge e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la sua o erta, 5 ma non gradì Caino e la sua o erta. Caino ne fu molto irritato e il suo volto era abbattuto.

6 Il Signore disse allora a Caino: ▶«Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto?◀

7 Se agisci bene, non dovresti forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, ▶ il peccato è accovacciato alla tua porta ◀; verso di te è il suo istinto, e tu lo dominerai». 8 Caino parlò al fratello Abele. Mentre erano in campagna,

Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise.  9 Allora il Signore disse a Caino: ▶«Dov’è Abele, tuo fratello?»◀. Egli rispose: «Non lo so. ▶ Sono forse io il custode di mio fratello?» ◀ 10 Riprese: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! 11 ▶Ora sii maledetto◀, ▶lontano dal suolo che ha aperto la bocca per ricevere il sangue di tuo fratello dalla tua mano. 12 Quando lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti: ramingo e fuggiasco sarai sulla terra». 13 Disse Caino al Signore: «Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono. 14 Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e dovrò nascondermi lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e ▶chiunque mi incontrerà mi ucciderà»◀. 15 Ma il Signore gli disse: «Ebbene, ▶chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!» ◀.

In sintesi

Il racconto di Genesi 4 ci fa scoprire che:

• il mondo è davvero “cosa buona”, ma la bontà è una scelta che si conquista ogni giorno, con azioni coerenti e mai contro gli altri;

• il mistero della libertà si svela nella sua bellezza quando la persona umana riesce a dire: “Ecco mio fratello!”;

• non c’è errore, non c’è peccato irrimediabile, perché Dio si prende cura di chi vuole ricominciare. «Ti ama davvero chi ti obbliga a diventare il meglio di ciò che puoi diventare» (R. M. Rilke).

SPUNTI OPERATIVI

● Quale “lezione” si può ricavare da questo brano? Lo trovate ancora attuale?

● Il motto “Nessuno uccida Caino” nasce da questo brano biblico. Cosa vuol testimoniare?

274 Tema 10 COnoscERE la Bibbia
I ◀ ◀ ▶
Odilon Redon, Caino e Abele, 1886, collezione privata.

de a lib tà

Il libro dell’Esodo racconta l’uscita (“esodo”) del popolo ebraico dalla servitù dell’Egitto verso la terra della libertà, attraversando il Mar Rosso. Questa “uscita” sarà ricordata nella storia d’Israele (e poi anche in quella cristiana) con la celebrazione della Pasqua. Per gli ebrei l’esodo rappresenta la libertà nella terra promessa da Dio ai loro padri; rappresenta la libertà nella terra promessa da Dio ai loro padri; per i cristiani il “passaggio” dalla morte alla vita, grazie alla risurrezione del Cristo. Leggiamo insieme un brano centrale dell’Esodo, un libro che ha segnato in profondità tutta la storia dell’Occidente.

L’USCITA DALL’EGITTO ( * ▶Esodo◀ 14,5-31)

5 Quando fu riferito al re d’Egitto che ▶il popolo era fuggito◀, ▶il cuore del faraone e dei suoi ministri si rivolse contro il popolo◀. Dissero: “Che cosa abbiamo fatto, lasciando che Israele si sottraesse al nostro servizio?”. 6 Attaccò allora il cocchio e prese con sé i suoi soldati. 7 Prese seicento carri scelti e tutti i carri d’Egitto con i combattenti sopra ciascuno di essi.  8 Il Signore rese ostinato il cuore del ▶faraone, re d’Egitto◀, il quale inseguì gli Israeliti mentre gli Israeliti uscivano a mano alzata. 9 Gli Egiziani li inseguirono e li raggiunsero, mentre essi stavano accampati presso il mare; tutti i cavalli e i carri del faraone, i suoi cavalieri e il suo esercito erano presso Pi-Achiròt, davanti a Baal-Sefòn.

10 Quando il faraone fu vicino, gli Israeliti alzarono gli occhi: ecco, gli Egiziani marciavano dietro di loro! Allora gli Israeliti ebbero grande paura e gridarono al Signore.  11 E dissero a Mosè: “È forse perché non c’erano sepolcri in Egitto che ci hai portati a morire nel deserto? ▶Che cosa ci hai fatto, portandoci fuori dall’Egitto?◀ 12 Non ti dicevamo in Egitto: “Lasciaci stare e serviremo gli Egiziani, perché è meglio per noi servire l’Egitto

che morire nel deserto”?”. 13 Mosè rispose: “Non abbiate paura! Siate forti e vedrete la salvezza del Signore, il quale oggi agirà per voi; perché gli Egiziani che voi oggi vedete, non li rivedrete mai più! 14 Il Signore combatterà per voi, e voi starete tranquilli”.

15 Il Signore disse a Mosè: “Perché gridi verso di me? Ordina agli Israeliti di riprendere il cammino. 16 Tu intanto alza il bastone, stendi la mano sul mare e dividilo, perché gli Israeliti entrino nel mare all’asciutto. 17 Ecco, io rendo ostinato il cuore degli Egiziani, così che entrino dietro di loro e io dimostri la mia gloria sul faraone e tutto il suo esercito, sui suoi carri e sui suoi cavalieri. 18 Gli Egiziani sapranno che io sono il Signore, quando dimostrerò la mia gloria contro il faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri”.

19 L’angelo di Dio, che precedeva l’accampamento d’Israele, cambiò posto e passò indietro. Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò dietro. 20 Andò a porsi tra l’accampamento degli Egiziani e quello d’Israele. La nube era tenebrosa per gli uni, mentre per gli altri illuminava la notte; così gli uni non poterono avvicinarsi agli altri durante tutta la notte.◀

Pasqua

Il termine “Pasqua” (in ebraico pesah) è di origine incerta. Per alcuni signi ca “colpo” in egiziano; per altri il “saltellare” di una danza sacra. Per l’Esodo è “l’oltrepassare” del Signore che “salta” le case degli ebrei. L’interpretazione “passaggio” è invece legata ai cristiani.

275 9. iL
LIBRO
◀ ▶
a pag. 22▶

21 Allora Mosè stese la mano sul mare. ▶E il Signore durante tutta la notte risospinse il mare con un forte vento d’oriente, rendendolo asciutto; le acque si divisero ◀ 22 Gli Israeliti entrarono nel mare sull’asciutto, mentre le acque erano per loro un muro a destra e a sinistra. 23 Gli Egiziani li inseguirono, e tutti i cavalli del faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri entrarono dietro di loro in mezzo al mare.

24 Ma alla veglia del mattino il Signore, dalla colonna di fuoco e di nube, gettò uno sguardo sul campo degli Egiziani e lo mise in rotta.

25 Frenò le ruote dei loro carri, così che a stento riuscivano a spingerle. Allora gli Egiziani dissero: “Fuggiamo di fronte a Israele, perché ▶il Signore combatte per loro contro gli Egiziani!”◀

26 Il Signore disse a Mosè: “Stendi la mano

sul mare: le acque si riversino sugli Egiziani, sui loro carri e i loro cavalieri”. 27 Mosè stese la mano sul mare e il mare, sul far del mattino, tornò al suo livello consueto, mentre gli Egiziani, fuggendo, gli si dirigevano contro. Il Signore li travolse così in mezzo al mare. 28 Le acque ritornarono e sommersero i carri e i cavalieri di tutto l’esercito del faraone, che erano entrati nel mare dietro a Israele: non ne scampò neppure uno. 29 Invece gli Israeliti avevano camminato sull’asciutto in mezzo al mare, mentre le acque erano per loro un muro a destra e a sinistra.

30 In quel giorno il Signore salvò Israele dalla mano degli Egiziani, e Israele vide gli Egiziani morti sulla riva del mare; 31 Israele vide la mano potente con la quale il Signore aveva agito contro l’Egitto, e il popolo temette il Signore e credette in lui e in Mosè suo servo.

21 ▶Il racconto biblico o re due versioni di questo passaggio del Mar Rosso. La prima appartiene alla tradizione Jahvista (Esodo 14,15-31), più antica, che parla di un vento che prosciuga le acque. La seconda appartiene alla tradizione Sacerdotale (di molto posteriore, del VI sec. a.C.), che descrive il passaggio con la solennità di un’azione sacra e miracolosa.

All’autore biblico non interessa le modalità e la descrizione storica del passaggio attraverso il mare degli ebrei, guidati da Mosè. Il suo interesse è descrivere l’intervento di Dio che salva il popolo; non si cura dei dettagli storici o scienti ci.◀

11 ▶Secondo la concezione biblica, è Dio stesso che combatte per proteggere il suo popolo. Dio non combatte materialmente con il popolo, ma esprime la sua vicinanza e presenza. ◀

SPUNTI OPERATIVI

● Per conoscere la gura e l’attualità di Mosè, protagonista dell’Esodo, guarda i video proposti nell’espansione digitale.

● Quello dell’Esodo è solo il resoconto di una vicenda storica importante per gli ebrei o ha qualcosa da dire anche agli uomini e alle donne del nostro tempo? Se sì, cosa?

Ma è vero quel che racconta l’Esodo?

Come abbiamo già avuto modo di sottolineare, la Bibbia non è né un libro scienti co, né storico, almeno secondo il nostro concetto moderno di intendere queste parole. La Bibbia è un libro religioso, che parla a dei credenti, scritto in una cultura semitica abituata ad interpretare simbolicamente i fatti e a leggerli in chiave di fede. Questo però non signi ca che non bisogna cercare delle veri che a ciò che viene a ermato nel libro. Per esempio, per quanto riguarda l’episodio del passaggio del Mar Rosso, molti studiosi fanno riferimento ad una bassa marea, ampli cata da un vento violento, che avrebbe fatto ri uire un braccio di mare lasciando momentaneamente la via libera. Altri parlano di un vento violento del deserto che ha sollevato un’enorme quantità di sabbia, così da ricoprire la massa d’acqua e far a ondare coloro che ci camminano sopra, come delle sabbie mobili. Ma qualunque cosa sia accaduta il popolo ebraico ha visto in questo evento la “mano” del Signore.

276 Tema 10 COnoscERE la Bibbia
▶da pag. 21
Frans the Elder Francken (1581-1642), Il passaggio del Mar Rosso, Musee Granet, Aix-en-Provence.

10. GIONA, che oria!

Dopo il ritorno inaspettato dall’esilio di Babilonia, in Israele si sviluppa una società con un forte senso di nazionalismo e con inclinazioni razziste. Israele è una razza santa e tutti gli altri popoli sono goyīm, cioè “non ebrei” e quindi considerati stranieri. Si arriva a chiedere agli ebrei che avevano sposato donne straniere di ripudiarle e di rimandarle ai loro popoli. Era dunque una stagione di forte fondamentalismo, fanatismo e integralismo. L’autore del libro di Giona è un dissenziente che si oppone alla maggioranza e prova con il suo racconto a suscitare una riflessione critica.

PRIMA SCENA...............................................................................

Dio ordina a Giona di andare a predicare a Ninive.

Ninive è la grande capitale dell’impero assiro, il nemico.

Andare a Ninive in quel momento è come chiedere a qualcuno di andare nel 1938 a Berlino per predicare che Dio vede l’empietà del regime nazista e che bisogna convertirsi. E allora Giona fugge.

Dio gli ha chiesto di andare a est. Lui va ad ovest, a Tarsis, una città mitica, oltre le colonne di Ercole (Gibilterra), ai con ni del mondo.

Si imbarca a Gia a. La nave salpa. Scoppia una tempesta.

I marinai, che sono dei goyīm, cioè pagani, in quella tempesta invocano il loro Dio e fanno di tutto per alleggerire la nave.

Giona si è accomodato nella stiva e dorme.

1▶Il capitano invita Giona a pregare Dio◀ Poi tirano a sorte (esercitano l’arte divinatoria) e la sorte cade su Giona. Egli confessa la sua identità e la sua fede, ma piuttosto che adempiere alla volontà di Dio («Sbarcatemi qui che vado a Ninive«), dice ai marinai: «Buttatemi in mare». Preferisce la morte piuttosto che obbedire a Dio. I marinai pregano il Signore di non imputare loro quel male e lo buttano in mare. Subito la tempesta si placa e i marinai fanno sacri ci di ringraziamento, riconoscendo che Dio, il Dio di Giona, è il loro salvatore.

Giona è inghiottito da un pesce. Nel ventre del pesce si pente e Dio dà ordine al pesce di vomitarlo sulla spiaggia.

SECONDA SCENA ........................................................................................

Dio rimanda Giona a Ninive. Gli dice di predicare e di avvertire gli abitanti che il male presente in città è sotto gli occhi di Dio. Ma

Giona aggiunge una minaccia: «Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta».

Sorpresa: tutti fanno penitenza e si conver-

tono. Persino il terribile nemico di Israele, l’imperatore di Assur, cambia vita e con un editto 2▶chiede penitenza a tutto l’impero, uomini e animali◀

E allora, vista la conversione dei niniviti, 3▶Dio perdona il peccato◀.

277
▶ ◀ ▶ ◀
Il racconto di Giona (una sintesi del libro biblico)
a pag. 24▶
Giona e la balena, dalle Cronache di Jami al-Tavarikh, 1400 circa.

TERZA SCENA...............................................................................................

Giona vede che Dio ha perdonato i Niniviti, il nemico per eccellenza, e va in collera. Si sente tradito e smentito da Dio.

E allora di nuovo desidera morire, Chiedendo a Dio di togliergli la vita.

Il Signore gli dice: «Ma ti sembra giusto essere così arrabbiato?».

Giona non risponde e cosa fa?

Convinto che Ninive si sarebbe messa subito di nuovo a peccare, a dimostrarsi violenta, si fa una capanna di frasche su una collinetta fuori della città e sta a vedere come vanno a nire le cose. Si mette cioè a dormire, un’altra volta, come nella stiva della nave.

Ma Dio gli dà un’ultima lezione. Gli fa crescere rapidamente un ricino che fa ombra e Gio-

na è molto felice. Il giorno dopo però quella pianta si secca. Giona va in collera e per la terza volta desidera morire.

E Dio gli domanda: «Ti sembra giusta la tua collera?».

E Giona: «Sì, è giusto e ne sono sdegnato da morire!».

E il Signore: «Tu hai pietà per quella pianta di ricino per cui non hai fatto nessuna fatica. 4▶E io non dovrei avere pietà di Ninive, quella grande città, nella quale vi sono più di centoventimila persone, che non sanno distinguere fra la mano destra e la sinistra, e una grande quantità di animali?»◀

Con questa “lezione” nisce il libro di Giona.

▶È la domanda-lezione che l’autore di questo piccolo-grande libro della Bibbia pone agli ebrei del tempo. A quelli che guardavano i goyīm come qualcuno da cui separarsi, da espellere, rovinando famiglie, distruggendo a etti… Ma è una domanda-lezione rivolta anche ad ognuno di noi. Davvero abbiamo motivo di essere sdegnati perché le cose non vanno secondo la ◀

SPUNTI OPERATIVI

● Cosa ci insegna il libro di Giona?

● Vi trovate degli aspetti di attualità?

Antica stampa si scuola inglese ra gurante Giona gettato in mare.

In sintesi

Il libretto di Giona ci svela che:

• l’identità dell’uomo non va cercata contro gli altri o senza gli altri, ma nella compagnia degli altri esseri umani;

• tutti gli uomini sono uguali davanti a Dio: quello che conta è il loro atteggiamento interiore, non l’appartenenza etnica o la posizione sociale;

• Dio vuole che le persone cerchino una fede, ma senza condannare gli altri, senza escludere nessuno da quella misericordia che Dio ha per tutti, non solo verso i credenti.

● Quali personaggi del racconto suscitano la vostra simpatia e antipatia?

• il Dio che appare nel libro di Giona è un Dio assoluto, che non si scosta dai suoi progetti iniziali, ma li attua con una certa bonarietà sorridente. La religione di questo Dio è una religione universale. Si lascia pregare da tutti, marinai e niniviti. È un Dio che se si trova ad usare il linguaggio della minaccia, fa capire che queste minacce sono sempre condizionate e rientrano immediatamente di fronte al pentimento. Ed è un Dio salvatore, che vuole salvare proprio tutti… anche il suo antipatico profeta;

• Dio è pure un amico degli animali.

278 Tema 10 COnoscERE la Bibbia
▶da pag. 23

11. VANGELI e Nuovo T tamento

Ivangeli fanno parte del Nuovo Testamento (NT), quella parte della Bibbia riconosciuta soltanto dai cristiani che presenta la vita e le opere di Gesù (con i quattro Vangeli) e racconta la nascita delle prime comunità (Atti e Lettere degli Apostoli, Apocalisse).

Gesù, come altri grandi personaggi dell’antichità e della storia delle religioni, non ha mai scritto niente direttamente, se non una volta con il dito sulla sabbia, come ci testimoniano i vangeli (Gv 8,6). Tutta la sua predicazione è stata tramandata oralmente dai suoi discepoli, che lui stesso aveva inviato a predicare («Andate e proclamate il vangelo» Mc 16,15).

Dopo la morte e resurrezione di Gesù, i suoi discepoli hanno annunciato a tutti il suo vangelo (dal greco evanghelion, “lieto messaggio”). Il nucleo essenziale di questo “annuncio” (in greco kerygma) è quello riportato qui accanto. La necessità di fissare per iscritto ciò che aveva detto e fatto Gesù nacque gradualmente, soprattutto per esigenze legate alla predicazione e alla catechesi. Ben presto, infatti, nelle varie comunità cristiane delle origini si sentì l’urgenza di avere degli appunti, delle sintesi da utilizzare che trasmettessero i punti essenziali della predicazione di Gesù, nonché il racconto della sua passione, morte e risurrezione. Sulla base di questi sommari appunti e racconti nacquero le prime stesure redazionali, basate soprattutto sull’evento centrale della morte e risurrezione. I primi tre Vangeli (Marco, Matteo, Luca) sono detti sinottici (“guardabili assieme”) perché presentano tali somiglianze in modo perlopiù parallelo; il vangelo di Giovanni, l’ultimo in ordine cronologico, è invece diverso per stile e contenuti.

L’annuncio (o kerygma) cristiano

«Uomini d’Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nazaret, uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni (…) voi, per mano di pagani, l’avete crocifisso e l’avete ucciso. Ora io lo ha resuscitato, liberandolo dai dolori della morte (…) e noi tutti ne siamo testimoni (…) Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso .

(Atti 2,22-24, 32.36)

I quattro Vangeli

1. Marco è il primo in ordine cronologico.

2. Matteo è il Vangelo più popolare.

3. Luca è l’evangelista più ra nato.

4. Giovanni, l’ultimo, in ordine di tempo dei quattro, è il più teologico.

▶ Antichi racconti della passione

▶ Formule catechistiche

▶ Detti di Gesù

▶ Raccolte miracoli

279
ORIGINE DEI VANGELI 30 d.C. 50 d.C. 70 d.C. 100 d.C.
Sinottici Matteo ◀ Marco ◀ Luca ◀ Giovanni Fa i Canonici Apocrifi Vangeli T timonianze apo oliche Tradizioni orali
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Documenti scri

I simboli dei quattro evangelisti

I simboli dei quattro evangelisti hanno origine da un brano dell’Apocalisse, l’ultimo libro della Bibbia cristiana: «Davanti al trono vi era come un mare trasparente simile a cristallo. In mezzo al trono e attorno al trono vi erano quattro esseri viventi, pieni d’occhi davanti e dietro. Il primo vivente era simile a un leone; il secondo vivente era simile a un vitello; il terzo vivente aveva l’aspetto come di uomo; il quarto vivente era simile a un’aquila che vola (Ap 4,6-7). Questi versetti, che riprendono quasi alla lettera il profeta Ezechiele (Ez 1,4-28), sono all’origine dei simboli degli evangelisti. San Girolamo attribuisce all’evangelista Matteo l’uomo alato perché il suo Vangelo inizia con l’incarnazione di Cristo; a Marco corrisponde il leone perché il suo Vangelo ha inizio con la narrazione della “voce di colui che grida nel deserto” (Giovanni il Battista); a Luca corrisponde il bue, animale sacrificale, poiché l’inizio del suo vangelo ricorda il sacerdote Zaccaria e i sacrifici nel tempio; a Giovanni l’aquila poiché il suo vangelo è un volo spirituale verso le altitudini celesti.

Le tre opere più importanti per l’umanità

In una conferenza tenuta a Harvard nel 1969, dedicata all’Arte di raccontare storie, il grande scrittore e poeta argentino J.L. Borges (1899-1986)

a ermava che sono tre le opere capitali per l’umanità: «l’Iliade, l’Odissea e un terzo “poema” che spicca notevolmente sugli altri: il testo dei quattro  Vangeli Le tre storie - quella di Troia, di Ulisse e di Gesù - sono bastate all’umanità… Ma nel caso dei  Vangeli c’è una di erenza: credo che la storia di Cristo non possa essere narrata meglio».

Cosa sono i vangeli apocri ?

Con il termine apocrifo (dal greco apokryphos, “nascosto, segreto”) vengono indicati numerosi testi sia ebraici che cristiani, esclusi dall’elenco u ciale (o canone) dei libri della Bibbia. Tra questi libri “esclusi” anche numerosi vangeli.

SPUNTI OPERATIVI

● Dei quattro vangeli c’è uno che vi è più familiare? Quale?

● Per il nucleo (o kerigma) del messaggio cristiano, oltre la citazione riportata nella Scheda, si veda la prima lettera ai Corinzi 15, 3-5, una delle più antiche sintesi cristiane.

280 Tema 10 COnoscERE la Bibbia
Statua lignea ra gurante San Matteo evangelista.

Inizio del vangelo e miracoli

Anche se quello di Marco in ordine cronologico è il primo dei quattro vangeli, non ha però goduto di grande popolarità almeno nei primi secoli cristiani, a differenza per esempio del vangelo di Matteo. Solo in epoca più recente è stato oggetto di grande attenzione in quanto considerato espressione della prima predicazione della Chiesa, indirizzata ai cristiani di origine pagana. A duemila anni di distanza il vangelo di Marco ci permette di incontrare un Gesù vivo, come se attraversasse le nostre strade. E a tutti rivolge la sua domanda di sempre: «Ma voi, chi dite che io sia?» (Mc 8,29).

Presenteremo ora un’ampia antologia di brani di questo vangelo, rispettando la sequenza cronologica dell’autore.

PROLOGO O INIZIO DEL VANGELO (Mc 1,1-13)

1 Inizio del ▶vangelo◀ di

▶Gesù, Cristo, Figlio di Dio◀

2 Come sta scritto nel profeta Isaia: Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via.

3 Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri,

4 vi fu ▶Giovanni◀, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. 5 Accorre-

Battesimo di Gesù

9 Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. 10 E subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. 11

E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio

vano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel ume Giordano, confessando i loro peccati. 6 Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai anchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. 7 E proclamava: ▶«Viene dopo di me colui che è più forte di me◀: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. 8 Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo»

mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento»

12 E subito lo Spirito lo sospinse nel deserto 13 e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da ▶ Satana◀. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.

281
12. IL GESÙ di Marco/1
........................................................................................
a pag. 282▶
Cristo scaccia i demoni, miniatura di scuola francese da un’antica Bibbia latina.

GESÙ INIZIA LA PREDICAZIONE / PRIMI DISCEPOLI (Mc 1,14-18)

14 Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, 15 e diceva: ▶«Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino◀; convertitevi e credete nel vangelo»

16 Passando lungo il mare di Galilea, vide

Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 17 Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini» 18 E subito lasciarono le reti e lo seguirono.

GESÙ INSEGNA A CAFARNAO E GUARISCE UN INDEMONIATO (MC 1,21-28)

21 Giunsero a Cafarnao e subito Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, insegnava. 22 Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. 23 Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, 24 dicendo: ▶«Che vuoi da noi, Gesù Nazareno?

Sei venuto a rovinarci?◀ ▶ Io so chi tu sei: il santo di Dio!» ◀. 25 E Gesù gli ordinò seve-

ramente: «Taci! Esci da lui!». 26 E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. 27 Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!» 28 La sua fama si di use subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.

MOLTE ALTRE GUARIGIONI (MC 1,32-39)

32 Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. 33 Tutta la città era riunita davanti alla porta. 34 Guarì molti che erano a etti da varie malattie e scacciò molti demoni; ma non permetteva ai demoni di parlare, perché lo conoscevano.

35 Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, ▶ si ritirò in un luogo

deserto, e là pregava ◀ 36 Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. 37 Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». 38 Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». 39 E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demoni.

GUARIGIONE DI UN LEBBROSO (MC 1,40-45)

40 Venne da lui un ▶lebbroso◀, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi puri carmi!». 41 Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii puri cato!». 42 E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu puri cato. 43 E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito 44 e gli disse: «Guarda di non dire nien-

te a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e o ri per la tua puri cazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». 45 Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

SPUNTI OPERATIVI

● La prima a ermazione del racconto di Marco è: «Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio». Si consiglia di approfondire il signi cato di questa frase che dà senso a tutto il suo vangelo.

● Cosa signi ca proclamare che Gesù è “il Cristo” e riconoscere la sua predicazione come “un lieto messaggio” (o “vangelo”)?

282 Tema 10 COnoscERE la Bibbia
◀ 40 ▶
▶da pag. 281
Il lebbroso di un mosaico del Duomo di Monreale (Palermo).

13. IL GESÙ di Marco/2

Insegnamenti / parabola del seminatore / miracolo della tempesta

Il nostro secondo incontro con Marco ci farà scoprire un Gesù molto diretto, che parla al cuore delle persone e va al centro dei problemi, senza fermarsi alle apparenze o alle buone maniere. Il suo “lieto messaggio” vuol essere accolto e portare frutto in che l’ascolta, come insegna la parabola del seminatore. Scopo del racconto di Marco è quello di suscitare curiosità e domande su Gesù: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».

GESÙ MANGIA CON PUBBLICANI E PECCATORI (Mc 2,14-17)

14 Passando, vide Levi, il glio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.

15 Mentre stava a tavola in casa di lui, anche molti ▶pubblicani◀ e peccatori erano a tavola con Gesù e i suoi discepoli; erano molti infatti quelli che lo seguivano. 16 Allora gli scribi dei farisei, vedendolo mangiare con

i peccatori e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?».  17 Udito questo, Gesù disse loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; ▶io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori»◀

LE LEGGI SONO PER L’UOMO, NON VICEVERSA (MC 2,23-28)

23 Avvenne che di sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe. 24 I farisei gli dicevano: «Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?». 25 Ed egli rispose loro: «Non avete mai letto quello che fece Davide quando si trovò nel bisogno e lui e i suoi compagni

ebbero fame? 26 Sotto il sommo sacerdote Abiatàr, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell’o erta, che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi compagni!». 27 E diceva loro: ▶«Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato!◀ 28 Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato».

LA PARABOLA DEL SEMINATORE (MC 4,1-28)

1 Cominciò di nuovo a insegnare lungo il mare. Si riunì attorno a lui una folla enorme, tanto che egli, salito su una barca, si mise a sedere stando in mare, mentre tutta la folla era a terra lungo la riva. 2 Insegnava loro molte cose con ▶parabole ◀ e diceva loro nel suo insegnamento: 3 «Ascoltate. Ecco, ▶il seminatore uscì a seminare ◀ 4 Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. 5 Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; e subito germo-

gliò perché il terreno non era profondo, 6 ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. 7 Un’altra parte cadde tra i rovi, e i rovi crebbero, la so ocarono e non diede frutto. 8 Altre parti caddero sul terreno buono e diedero frutto: spuntarono, crebbero e resero il trenta, il sessanta, il cento per uno». 9 E diceva: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!». 10 Quando poi furono da soli, quelli che erano intorno a lui insieme ai Dodici lo interrogavano sulle parabole.

283
◀ ◀ ◀ ◀
a pag. 284▶
Abel Grimmer, La parabola del seminatore, 1604, e Bowes Museum, County Durham.

GESÙ SPIEGA AI DODICI LA PARABOLA (MC 4,13-20)

14 ▶Il seminatore semina la Parola◀. 15 Quelli lungo la strada sono coloro nei quali viene seminata la Parola, ma, quando l’ascoltano, subito viene Satana e porta via la Parola seminata in loro. 16 Quelli seminati sul terreno sassoso sono coloro che, quando ascoltano la Parola, subito l’accolgono con gioia, 17 ma non hanno radice in se stessi, sono incostanti e quindi, al sopraggiungere di qualche tribolazione o persecuzione a causa della Parola, subito vengono meno. 18 Altri

ALTRE PARABOLE (MC 4,30-33)

30 Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo?  31 È come un ▶granello di senape◀ che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; 32 ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante

sono quelli seminati tra i rovi: questi sono coloro che hanno ascoltato la Parola, 19 ma sopraggiungono le preoccupazioni del mondo e la seduzione della ricchezza e tutte le altre passioni, so ocano la Parola e questa rimane senza frutto. 20 ▶Altri ancora sono quelli seminati sul terreno buono◀: sono coloro che ascoltano la Parola, l’accolgono e portano frutto: il trenta, il sessanta, il cento per uno».

dell’orto e fa rami così grandi che  gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra». 33 Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. 34 Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.

LA TEMPESTA SEDATA (MC 4,35-41)

35 In quel medesimo giorno, venuta la sera, disse loro: «Passiamo all’altra riva». 36 E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui.  37 ▶Ci fu una grande tempesta di vento◀ e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. 38 Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». 39 Si destò,

minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. 40 Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».  41 E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: ▶«Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?»◀

SPUNTI OPERATIVI

Immaginatevi di essere al tempo di Gesù e di essere tra coloro che hanno assistito alla sua predicazione e visto i suoi miracoli. Che e etto vi avrebbe fatto questo maestro? Quali domande avreste voluto rivolgergli?

284 Tema 10 COnoscERE la Bibbia
▶ 31 ▶ ◀ 41
▶da pag. 283
« I semi gettati sul terreno sassoso non mettono radici»
(cf. Mc 4,5-6)

IL GESÙ di Marco/3

Il ri uto di Nazaret / missione dei dodici / professione di Pietro / annuncio della passione / come seguire Gesù

Continua l’azione di Gesù che provoca, attira l’attenzione con parole e segni. Si arriva finalmente, come abbiamo anticipato, alla domanda centrale del vangelo di Marco: «Ma voi, chi dite che io sia?» (Mc 8,29).

NON È COSTUI IL FALEGNAME? (Mc 6,1-6)

1 Partì di là e venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. 2 Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga.

E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani?

3 Non è costui il ▶falegname◀, il glio di Maria, il ▶fratello◀ di Giacomo, di Ioses, di

Giuda e di Simone? E le sue ▶sorelle◀, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. 4 Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». 5 E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. 6 E si meravigliava della loro incredulità.

LA MISSIONE DEI DODICI (MC 6,7-13)

Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.

7 Chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli

▶a due a due◀ e dava loro potere sugli spiriti impuri. 8 E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; 9 ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. 10 E diceva loro: «Dovunque entriate in

una casa, rimanetevi nché non sarete partiti di lì. 11 Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro». 12 Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, 13 scacciavano molti demoni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.

GESÙ MOLTIPLICA I PANI (MC 6,34-44)

34 Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose. 35 Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i suoi discepoli dicendo: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; 36 congedali, in modo che, andando per le campagne e i villaggi dei dintorni, possano comprarsi da mangiare». 37 Ma egli rispose loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Gli dissero: «Dobbiamo andare a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?». 38 Ma egli disse loro:

«Quanti pani avete? Andate a vedere». Si informarono e dissero: «Cinque, e due pesci». 39 E ordinò loro di farli sedere tutti, a gruppi, sull’erba verde. 40 E sedettero, a gruppi di cento e di cinquanta.  41 Prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, ▶spezzò i pani◀ e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero a loro; e divise i due pesci fra tutti. 42 Tutti mangiarono a sazietà,  43 e dei pezzi di pane portarono via ▶dodici ceste◀ piene e quanto restava dei pesci. 44 Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini.

285
14.
◀ ◀ ▶ ◀
a pag. 286▶
Michael Wolgemut, La moltiplicazione di pani e pesci, 1491, collezione privata.

DISCUSSIONE SULLE TRADIZIONI FARISAICHE (Mc 7,1-9)

1 Si riunirono attorno a lui i ▶farisei◀ e alcuni degli ▶scribi◀, venuti da Gerusalemme. 2 Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate 3 – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi 4 e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti –, 5 quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi disce-

poli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?».  6 Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaia di voi, ▶ipocriti◀, come sta scritto: Questo popolo mi onora con le labbra,/ ma il suo cuore è lontano da me./ 7 Invano mi rendono culto,/insegnando dottrine che sono precetti di uomini. 8 Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini. 9 E diceva loro: «Siete veramente abili nel ri utare il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione.

GUARIGIONE DI UN CIECO A BETSAIDA (Mc 8,22-26)

22 Giunsero a Betsaida, e gli condussero un cieco, pregandolo di toccarlo. 23 Allora prese il cieco per mano, lo condusse fuori dal villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: «Vedi qualcosa?». 24 Quello, alzando gli occhi, diceva: «Vedo la gente, perché vedo come

degli alberi che camminano».  25 Allora ▶gli impose di nuovo le mani◀ sugli occhi ed egli ci vide chiaramente, fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa. 26 E lo rimandò a casa sua dicendo: «Non entrare nemmeno nel villaggio».

PROFESSIONE DI PIETRO (Mc 8,27-30)

27 Poi Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarea di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». 28 Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; al-

tri dicono Elia e altri uno dei profeti».  29 Ed egli domandava loro: ▶«Ma voi, chi dite che io sia?»◀. Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo» 30 E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.

PRIMO ANNUNCIO DELLA PASSIONE (Mc 8,31-33)

31 E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva so rire molto ed essere ri utato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. 32 Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si

mise a rimproverarlo.  33 Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: ▶ «Va’ dietro a me,Satana! ◀ Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».

CONDIZIONI PER SEGUIRE GESÙ (Mc 8,34-35)

34 Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, ▶rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua ◀ 35 Perché chi vuo-

SPUNTI OPERATIVI

le salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».

Si consiglia di approfondire il signi cato della frase: «La domenica della risurrezione passa per il venerdì della croci ssione». Niente di duraturo si ottiene senza impegno e sacri cio, anche duro. Siete d’accordo?

286 Tema 10 COnoscERE la Bibbia
▶ 25 ▶ 29 ▶ 33 ◀
▶da pag. 285

15. IL GESÙ di Marco/4

La tras gurazione / La guarigione del ragazzo epilettico / Chi è il più grande? / L’uomo ricco

Il quarto incontro con il Vangelo di Marco inizia con la trasfigurazione di Gesù sul monte, evento che conferma la professione di fede di Pietro (Marco 8,29) e anticipa la gloria della risurrezione. Seguono altri insegnamenti paradossali: il traguardo più grande è farsi servo; la vera ricchezza è sapersene liberare quando serve e scoprirne una non materiale; la fede è avere uno sguardo nuovo.

LA TRASFIGURAZIONE (Mc 9,1-10)

1 Diceva loro: «In verità io vi dico: vi sono alcuni, qui presenti, che non morranno prima di aver visto giungere il regno di Dio nella sua potenza».

2 Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un ▶alto monte◀, in disparte, loro soli. ▶Fu tras gurato◀ davanti a loro 3 e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. 4 E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. 5 Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per

Mosè e una per Elia». 6 Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. 7 Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». 8 E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.

9 Mentre scendevano dal monte, ▶ordinò loro di non raccontare◀ ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. 10 Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

*▶GESÙ GUARISCE UN RAGAZZO EPILETTICO◀ (MC 9, 14-29)

14 E arrivando presso i discepoli, videro attorno a loro molta folla e alcuni scribi che discutevano con loro. 15 E subito tutta la folla, al vederlo, fu presa da meraviglia e corse a salutarlo. 16 Ed egli li interrogò: «Di che cosa discutete con loro?».  17 E dalla folla uno gli rispose: «Maestro, ho portato da te mio glio,

che ▶ha uno spirito muto◀ 18 Dovunque lo a erri, lo getta a terra ed egli schiuma, digrigna i denti e si irrigidisce. Ho detto ai tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti». 19 Egli allora disse loro: «O generazione incredula! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo da me».

a pag. 288▶

287
▶ ◀ ▶ ◀
Charles Lock Eastlake, Cristo benedice i bambini, 1839, Manchester, Manchester Art Gallery.

20 E glielo portarono. Alla vista di Gesù, subito lo spirito scosse con ▶convulsioni◀ il ragazzo ed egli, caduto a terra, si rotolava schiumando. 21 Gesù interrogò il padre: «Da quanto tempo gli accade questo?». Ed egli rispose: «Dall’infanzia; 22 anzi, spesso lo ha buttato anche nel fuoco e nell’acqua per ucciderlo. Ma se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci». 23 Gesù gli disse: «Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede. 24 Il padre del fanciullo rispose subito ad alta voce: «Credo; aiuta la mia incredulità!».  25 Allora Gesù,

CHI È IL PIÙ GRANDE? (MC 9,33-37)

33 Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». 34 Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande.  35 Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: ▶«Se uno vuole essere

L’UOMO RICCO (MC 10,17-31)

17 Mentre andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». 18 Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. 19 Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre». 20 Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate n dalla mia giovinezza».  21 Allora Gesù ssò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: ▶va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri◀, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». 22 Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.

23 Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è di cile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!».  24 I discepoli erano ▶scon-

SPUNTI OPERATIVI

vedendo accorrere la folla, minacciò lo spirito impuro dicendogli: «Spirito muto e sordo, io ti ordino, esci da lui e non vi rientrare più».  26 Gridando e scuotendolo fortemente, uscì. E ▶il fanciullo diventò come morto◀, sicché molti dicevano: «È morto». 27 Ma Gesù lo prese per mano, lo fece alzare ed egli stette in piedi. 28 Entrato in casa, i suoi discepoli gli domandavano in privato: «Perché noi non siamo riusciti a scacciarlo?». 29 Ed egli disse loro: «Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera».

il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti»◀ 36 E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: 37 «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

certati◀ dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è di cile entrare nel regno di Dio! 25 È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». 26 Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». 27 Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».

28 Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». 29 Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o gli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, 30 che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e gli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà. 31 Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi saranno primi».

● Qual è il brano che più ha colpito la vostra attenzione?

● Altri insegnamenti paradossali di Gesù li trovate ad esempio in Matteo 5,1-19.

● Gesù dice al padre del ragazzo epilettico: «Tutto è possibile per chi crede». Cosa ne pensate? Qual è la vostra idea di fede in Dio?

288 Tema 10 COnoscERE la Bibbia
◀ ▶ 24
▶da pag. 287
James Jacques Joseph Tissot, Il giovane ricco, 1886-1896, gra te su carta.

16. IL GESÙ di Marco/5

Ingresso messianico a Gerusalemme / I venditori cacciati dal tempio / La parabola dei vignaioli / Il tributo a Cesare / Il primo comandamento / L’o erta della vedova

Il quinto incontro con il Vangelo Marco ci presenta Gesù che viene accolto per le vie di Gerusalemme con grida di “Osanna”, che però si trasformano presto in “Crocifiggilo!” gridato sotto il balcone di Pilato. Gesù non parla in modo diplomatico e mette a nudo le ipocrisie di chi si crede “bravo e buono” ma invece è incoerente. Ciò che conta per Lui non sono le apparenze, ma mettere in pratica il comandamento dell’amore.

INGRESSO MESSIANICO A GERUSALEMME (Mc 11,1-10)

1 Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, mandò due dei suoi discepoli 2 e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. » (…) 7 Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì

sopra.  8 ▶Molti stendevano i propri mantelli sulla strada◀, altri invece delle fronde, tagliate nei campi.  9 Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano:

▶«Osanna!◀ / Benedetto colui che viene nel nome del Signore! / 10 Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!». (…)

I VENDITORI CACCIATI DAL TEMPIO (MC 11,15-18)

15 Entrato nel tempio, ▶si mise a scacciare quelli che vendevano e quelli che compravano nel tempio◀; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe 16 e non permetteva che si trasportassero cose attraverso il tempio. 17 E inse-

gnava loro dicendo: «Non sta forse scritto: La mia casa sarà chiamata/casa di preghiera per tutte le nazioni? /Voi invece ne avete fatto un covo di ladri». 18 Lo udirono i capi dei sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo di farlo morire. (…)

LA PARABOLA DEI VIGNAIOLI OMICIDI (MC 12,1-12)

1 Si mise a parlare loro con parabole: «Un uomo piantò una ▶vigna◀, la circondò con una siepe, scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in a tto a dei contadini e se ne andò lontano. 2 Al momento opportuno mandò un servo dai contadini a ritirare da loro la sua parte del raccolto della vigna. 3 Ma essi lo presero, lo bastonarono e lo mandarono via a mani vuote. 4 Mandò

loro di nuovo un altro servo: anche quello lo picchiarono sulla testa e lo insultarono. 5 Ne mandò un altro, e questo lo uccisero; poi molti altri: alcuni li bastonarono, altri li uccisero. 6 Ne aveva ancora uno, un glio amato; lo inviò loro per ultimo, dicendo: “Avranno rispetto per mio glio!”.  7 Ma quei contadini dissero tra loro: “Costui è l’▶erede◀. Su, uccidiamolo e l’eredità sarà nostra!”.

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a pag. 290▶

8 Lo presero, ▶lo uccisero e lo gettarono fuori della vigna◀ 9 Che cosa farà dunque il padrone della vigna? Verrà e faràmorire i contadini e darà la vigna ad altri. 10 Non avete letto questa Scrittura: La pietra che i costruttori hanno scartato/è diventata la pietra d’angolo;/

11 questo è stato fatto dal Signore/ed è una meraviglia ai nostri occhi?».

12 E cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla; avevano capito infatti che aveva detto quella parabola contro di loro. Lo lasciarono e se ne andarono.

IL TRIBUTO A CESARE (MC 12, 13-17)

13 Mandarono da lui alcuni farisei ed erodiani, per coglierlo in fallo nel discorso.  14 Vennero e gli dissero: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità. ▶È lecito o no pagare il tributo a Cesare?◀ Lo dobbiamo dare, o no?». 15 Ma egli, cono-

scendo la loro ipocrisia, disse loro: «Perché volete mettermi alla prova? Portatemi un denaro: voglio vederlo». 16 Ed essi glielo portarono.Allora disse loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». 17 Gesù disse loro: «Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio». E rimasero ammirati di lui.

IL PRIMO COMANDAMENTO (MC 12,28-34)

28 Allora si avvicinò a lui uno degli scribi che li aveva uditi discutere e, visto come aveva ben risposto a loro, gli domandò: ▶«Qual è il primo di tutti i comandamenti?»◀ 29

Gesù rispose: «Il primo è: Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; 30 amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. 31 Il secondo è questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c’è altro comandamento

più grande di questi». 32 Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; 33 amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacri ci».  34 Vedendo che egli aveva rispostosaggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

GLI SCRIBI E L’OFFERTA DELLA VEDOVA (MC 12,38-44)

38 Diceva loro: ▶ «Guardatevi dagli scribi◀, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, 39 avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. 40 Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».

41 Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. 42 Ma, venuta una ve-

SPUNTI OPERATIVI

dova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo.  43 Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: ▶ questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri◀ 44 Tutti infatti hanno gettato parte del loro super uo. Lei invece, nella suamiseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».

● Se Gesù tornasse oggi tra noi, sarebbe messo ancora in croce? Cosa gli potrebbe succedere, secondo voi?

● Rileggendo alcuni dei brani riportati, ri ettete su cosa dava molto fastidio a Gesù: quali atteggiamenti condannava?

290 Tema 10 COnoscERE la Bibbia
▶ ◀ ▶ 38 ▶ 43 ◀
▶da pag. 289
Pietro Lorenzetti, L’entrata di Cristo a Gerusalemme, a resco, 1310-1319 circa, Assisi, Basilica Inferiore di San Francesco.

17. IL GESÙ di Marco/6

Il complotto e il tradimento / L’istituzione dell’eucaristia / La cattura e la condanna a morte / La testimonianza del centurione / La tomba vuota / Le apparizioni

Il sesto e ultimo nostro incontro con il Vangelo di Marco sarà dedicato alla passione, alla morte e alla risurrezione di Gesù, temi centrali del suo racconto. Quest’ultima tappa sarà più lunga di tutte le altre perché l’evangelista dedica ampio spazio al racconto della passione, a quello che sembra il fallimento. Sotto la croce, subito dopo la morte di Gesù, sarà proprio il centurione romano a riconoscere Gesù come Figlio di Dio. Seguirà poi il racconto della tomba vuota e un finale… a sorpresa!

COMPLOTTO CONTRO GESÙ (Mc 14,1- 2)

1 Mancavano due giorni alla Pasqua e agli Azzimi, e i capi dei sacerdoti e gli scribi ▶cercavano il modo di catturarlo

con un inganno per farlo morire◀ 2 Dicevano infatti: «Non durante la festa, perché non vi sia una rivolta del popolo».

L’UNZIONE A BETANIA E IL TRADIMENTO DI GIUDA (MC 14,3- 11)

3 Gesù si trovava a Betània, nella casa di Simone il lebbroso. Mentre era a tavola, giunse una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. ▶Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo◀.  4 Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono: ▶«Perché questo spreco di profumo?◀ 5 Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei.

6 Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché la infastidite? Ha compiuto un’azione buona verso di me. 7 I poveri infatti li avete sem-

pre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me. 8 Ella ha fatto ciò che era in suo potere, ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura. 9 In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto».

10 Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai capi dei sacerdoti per consegnare loro Gesù. 11 Quelli, all’udirlo, si rallegrarono e promisero di dargli del denaro. Ed egli cercava come consegnarlo al momento opportuno. (…)

ISTITUZIONE DELL’EUCARISTIA (MC 14, 22-31)

(Gesù celebra la Pasqua ebraica con i suoi discepoli)  22 E, ▶mentre mangiavano◀, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: ▶«Prendete, questo è il

mio corpo»◀. 23 Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti.  24 E disse loro: ▶ «Questo è il mio sangue dell’alleanza◀, che è versato per molti.

a pag. 292▶

291
▶ ◀ ▶ ◀ ▶ ◀
Caravaggio, La deposizione di Cristo, 1603 circa, Roma, Pinacoteca Vaticana.

25 In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite no al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».

26 Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. 27 Gesù disse loro: «Tutti rimarrete scandalizzati, perché sta scritto: Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse 28 Ma, dopo che sarò risorto, vi pre-

L’ARRESTO (MC 14,43-52)

43 (…) Arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani.  44 Il traditore aveva dato loro un segno convenuto, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta».  45 Appena giunto, ▶gli si avvicinò e

cederò in Galilea». 29 Pietro gli disse: «Anche se tutti si scandalizzeranno, io no!». 30 Gesù gli disse: «In verità io ti dico: proprio tu, oggi, questa notte, prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». 31 Ma egli, con grande insistenza, diceva: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dicevano pure tutti gli altri. (…)

disse: «Rabbì» e lo baciò◀ 46 Quelli gli misero le mani addosso e lo arrestarono. (…)

50 Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. 51 Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo a errarono.  52 Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo.

GESÙ DAVANTI AL SINEDRIO (MC 14,53-65)

53 Condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi. (…) 55 I capi dei sacerdoti e tutto il ▶sinedrio◀ cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano. 56 Molti infatti testimoniavano il falso contro di lui e le loro testimonianze non erano concordi. (…) 60 Il sommo sacerdote, alzatosi in mezzo all’assemblea, interrogò Gesù dicendo: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». 61 Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò

dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?».  62 Gesù rispose: ▶«Io lo sono!◀ E vedrete il  Figlio dell’uomo/seduto alla destra della Potenza/e venire con le nubi del cielo». 63 Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: «Che bisogno abbiamo ancora di testimoni?  64 Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». Tutti sentenziarono che era reo di morte. 65 Alcuni si misero a sputargli addosso, a bendargli il volto, a percuoterlo e a dirgli: «Fa’ il profeta!». E i servi lo schiaffeggiavano.

GESÙ DAVANTI A PILATO (MC 15,1-20)

1 E subito, al mattino, i capi dei sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo portarono via e lo consegnarono a ▶Pilato◀.  2 Pilato gli domandò: «Tu sei il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici».  3 I capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose.  4 Pilato lo interrogò di nuovo dicendo: «Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!».  5 Ma Gesù non rispose più nulla, tanto che Pilato rimase stupito. 6 A ogni festa, egli era solito rimettere in libertà per loro un carcerato, a loro richiesta.  7 Un tale, chiamato Barabba, si trovava in carcere insieme ai ribelli che nella rivolta avevano commesso un omicidio.  8 La folla, che si era radunata, cominciò a chiedere ciò che egli era solito concedere.  9 Pilato rispose loro: «Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?».  10 Sapeva infatti che i capi dei sacerdoti glielo avevano consegnato per

invidia.  11 Ma i capi dei sacerdoti incitarono la folla perché, piuttosto, egli rimettesse in libertà per loro Barabba.  12 Pilato disse loro di nuovo: «Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei?».  13 Ed essi di nuovo gridarono: «Crociggilo!». 14 Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Ma essi gridarono più forte: «Crociggilo!».

15 Pilato, volendo dare soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto agellare Gesù, ▶lo consegnò perché fosse croci sso◀. 16 Allora i soldati lo condussero dentro il cortile (…) 17 Lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. 18 Poi presero a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!» (…) 20 Dopo essersi fatti be e di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per croci ggerlo.

292 Tema 10 COnoscERE la Bibbia ▶ ◀ 55 62 15
▶da pag. 291 a pag. 293▶

LA CROCIFISSIONE (MC 15,22- 46)

(…) 22 Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che signi ca «Luogo del cranio», 23 e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese. 24 Poi lo croci ssero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse ciò che ognuno avrebbe preso. 25 Erano le nove del mattino quando lo croci ssero. 26 La scritta con il motivo della sua condanna diceva: «Il re dei Giudei». 27 Con lui croci ssero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra. (…) 29 Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, 30 salva te stesso scendendo dalla croce!». (…) 33 Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra no alle tre del pomeriggio.  34 Alle tre, Gesù gridò a gran voce: ▶«Eloì, Eloì◀, lemà sabactàni?», che signi ca: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». 35 Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». 36 Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la ssò su una canna e gli

LA TOMBA VUOTA (MC 16, 1-8)

1 Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a ungerlo. 2 Di buon mattino, il primo giorno della settimana, vennero al sepolcro al levare del sole. 3 Dicevano tra loro: «Chi ci farà rotolare via la pietra dall’ingresso del sepolcro?». 4 Alzando lo sguardo, osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande. 5 Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d’una veste

dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere».  37 Ma Gesù, dando un forte grido, ▶spirò◀

38 Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo.  39 Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: ▶«Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!»◀

40 Vi erano anche alcune donne, che osservavano da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, 41 le quali, quando era in Galilea, lo seguivano e lo servivano, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme.

42 Venuta ormai la sera, poiché era la Parasceve, cioè la vigilia del sabato,  43 ▶Giuseppe d’Arimatea◀, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anch’egli il regno di Dio, con coraggio andò da Pilato e chiese il corpo di Gesù. (…) 46 Comprato un lenzuolo, lo depose dalla croce, lo avvolse con il lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro.

bianca, ed ebbero paura.  6 Ma egli disse loro: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il croci sso. ▶È risorto◀, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano posto. 7 Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: “Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”». 8 Esse uscirono e fuggirono via dal sepolcro, perché erano piene di spavento e di stupore. E non dissero niente a nessuno, perché ▶erano impaurite◀

In realtà il Vangelo di Marco non termina qui, ma continua con il racconto di altre apparizioni del Risorto (vv. 9-20), ma questa parte manca in alcuni manoscritti ed è anche diversa come stile. Probabilmente si tratta di versetti aggiunti successivamente.

SPUNTI OPERATIVI

Pilato fa scegliere al popolo tra Gesù e Barabba, sperando nella scelta a favore del primo: ma il popolo sceglie Barabba e condanna a morte Gesù. Vale la pena ricordare che non è a atto vero che la maggioranza democratica fa sempre la scelta giusta. Qual è la vostra opinione a riguardo?

293 Tema 10 COnoscERE la Bibbia ◀ ◀ 43 ▶ ◀ 6
▶da pag. 292

Pagine problematiche ne a Bibbia

Senza dubbio ci sono nella Bibbia pagine che per il loro contenuto sono decisamente di cili da comprendere, suscitano sconcerto, come sottolinea il ragazzo della vignetta.

Brani sconcertanti e scandalosi ...........

Facciamo ora alcune considerazioni più generali e poi sottolineiamo alcuni aspetti più in dettaglio.

La prima osservazione è che oggi, grazie agli studi approfonditi e al miglior approccio al testo biblico, non c’è alcuna di coltà − anche a livello ecclesiale − ad ammettere che «nella Bibbia ci sono pagine, che per il contenuto o per la forma, non sono facilmente comprensibili, anzi possono suscitare sconcerto, quasi scandalo».1 I punti «problematici» della Bibbia sono vari:

● Vi sono indicazioni in contrasto con quanto a erma la scienza: e non solo per ciò che riguarda la creazione, ma anche per alcuni brani apocalittici dell’Antico e del Nuovo Testamento.

● Ci sono delle narrazioni storiche che non hanno un riscontro oggettivo, come per esempio le modalità con cui è avvenuto l’esodo dall’Egitto, la caduta di Gerico, la data precisa dell’ultima cena di Gesù.

● Vi sono poi, in particolare nell’Antico Testamento, affermazioni di carattere moraleriprovevoli, come l’incitare espressamente all’odio e alla distruzione dei nemici; si raccontano azioni e abitudini depravate e indecenti che sembrano essere tollerate. Anche la condizione generale della donna, tra poligamia e abusi, è tutt’altro che paritaria a quella dell’uomo, e vari altri aspetti ancora.

Come detto, «si tratta di problemi seri, che domandano una risposta corretta».2

Alcuni criteri per approfondire ............

Dal punto di vista del credente, è bene sottolineare che la Bibbia non vuole contrapporsi o essere antagonista alla scienza (anche se nei secoli c’è stata più di qualche confusione in proposito). Le conclusioni della scienza sono in evoluzione continua, veri cabili per tutti, credenti e non credenti. La Bibbia non ha interessi

Il Dio della Bibbia è violento?

Sul discorso della violenza nella Bibbia troviamo vari atteggiamenti

Nel Primo libro dei Re (18,40) il profeta Elia sul monte Carmelo fa massacrare, “in nome di Dio”, i sacerdoti di Baal; durante la conquista di Gerico e di altre città, gli israeliti passano a l di spada tutti gli abitanti. Nei cosiddetti «salmi imprecatori» si invoca la vendetta sul nemico: «I suoi gli rimangano orfani e vedova sua moglie» (Salmo 109,9). Ma accanto a questi brani, senza dubbio violenti, ne troviamo altri che condannano e ri utano la violenza. Dio rimprovera il re Davide e lo respinge perché ha versato troppo sangue (Primo libro delle Cronache 22,8); nel libro dei Proverbi si condanna il ricorso alla violenza (21,7) e in un salmo è scritto: «Non con date nella violenza» (Salmo 62,11). Inoltre, i profeti condannano gli atti di violenza (v. Osea 4,1-2), pre gurando il Messia come il giusto che non ha commesso violenza (Isaia 53,11).

C’è quindi nella Bibbia una sorta di cammino pedagogico, che spinge l’uomo progressivamente a non considerare la violenza e la vendetta come un diritto, ma a scoprire il perdono (persino nei confronti dei nemici, come inviterà a fare Gesù nel Nuovo Testamento), superando la legge del taglione (Matteo 5,38-48) e invitandoalla non violenza, al “porgere l’altra guancia” (v. anche Luca 6,27-38).

È vero che, anche nel Nuovo Testamento, non è tutto così paci co e lontano dalla violenza. Quest’ultima è sempre accovacciata nel cuore dell'essere umano (v. Caino e Abele, Erode, …), ma occorre prendere atto che l’umanità ha fatto nella sua storia un cammino di maturazione, scoprendo la forza dell’amore e della non violenza, predicata prima da Gesù e testimoniata in seguito da altri grandi personaggi storici.

Do ier 294

scienti ci e non vuole né anticipare né osteggiare ciò che è scienza. La fede, cerca e percepisce nella natura, nella realtà umana, nelle vicende, nei fatti qualcosa di straordinario che segnala la presenza di un mistero, di un Dio che parla all’uomo attraverso segni, capaci di stimolare in alcuni un’intuizione di fede, in altri invece li lascia del tutto indi erenti, se non contrari.

1. Inoltre è sempre bene ricordare che gli autori biblici, quando scrivono, si servono di conoscenze e forme di comunicazione proprie del loro tempo, ricavate per lo più dai popoli della vicina area mesopotamica ed egizia. Il loro modo di esprimersi va sempre rapportato ad un contesto di fede a servizio della comunità di appartenenza. In questo senso il messaggio biblico è di natura religiosa: tutto viene da Dio e tutto a lui ritorna.

2. Per quanto riguarda le di coltà di ordine storico, occorre tenere presente che la rivelazione biblica avviene nel tempo e in modo graduale con persone concrete, con fatti, parole e istituzioni reali. In questo senso le «narrazioni dell’esodo dall’Egitto o i vangeli ci parlano di fatti e non di abe o di miti». 3

Ma sappiamo anche che un fatto storico può essere riportato in tanti modi (generi letterari): dalla cronaca all’epica, dal racconto all’interpretazione sapienziale o poetica, senza per questo stravolgere la realtà. Così i quattro Vangeli raccontano certamente la vita e la predicazione di Gesù, ma rileggendo tutto, anche i singoli avvenimenti, alla luce della risurrezione. I fatti rimangono veri (spesso i ritrovamenti archeologici hanno confermato la veridicità di quanto narrato nella Bibbia), ma devono essere letti e interpretati alla luce della salvezza

SPUNTI OPERATIVI

«Se la Bibbia non parlasse di violenza non mi interesserebbe, non sarebbe credibile perché non parlerebbe del mondo in cui viviamo».Così a erma il biblista André Wénin nel libro Salmi censurati (EDB 2017). Vi sembra un’interpretazione condivisibile? Secondo voi può aiutare a capire le «pagine di cili» della Bibbia?

o della “buona notizia” (vangelo) portata da Gesù.

3. Sulle di coltà di ordine morale, sugli episodi scabrosi e sulle pagine particolarmente violente occorre sottolineare che riguardano essenzialmente l’Antico Testamento (però non mancano espressioni forti anche nel Nuovo4), perché in esso siamo di fronte ad una rivelazione ancora parziale, che attende il suo pieno compimento non solo nel Nuovo Testamento ma alla ne dei tempi. Inoltre è bene tenere presente che certi racconti molto violenti, come anche alcune espressioni dure (che invocano stermini e maledizioni sui nemici, ad esempio), fanno parte della retorica bellica, secondo una concezione arcaica della giustizia divina come decisamente punitiva verso i peccatori. Altre volte siamo di fronte ad un atteggiamento pedagogico tollerante di Dio che, partendo dalle condizioni di immoralità del popolo, lo educa progressivamente verso una condotta più morale. In quest’ottica vanno giudicate certe concessioni alla poligamia, ad una legge che è più vendetta che giustizia, alla sottomissione della donna, a forme di schiavitù e varie altre pratiche per noi ingiuste ma allora tollerate in attesa che il popolo maturi e sia pronto a una vita diversa.

1 Incontro alla Bibbia, Roma 1996, edizione manoscritta a cura della Conferenza episcopale italiana, p. 74. http://www.educat. it/documento.jsp?d=GR6_6&tipoDoc=CDA

2 Idem, pp-74-75.

3 Idem. pp.75-76.

4 Gesù afferma, ad esempio: «Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada» (Matteo 10,34).

Do ier 295 Tema 10 COnoscERE la Bibbia
Joseph Mallord William Turner, La quinta piaga d’Egitto, 1800, Indianapolis, Indianapolis Museum of Art.

LA BIBBIA, GRANDE FONTE DI POESIA IL PUNTO

« Fin da piccolo sono stato attratto dalla Bibbia. Mi è sempre sembrato, e mi sembra ancora, che sia la più grande fonte di poesia di tutti i tempi… Per me, la perfezione nell’Arte e nella vita nasce dalla sorgente biblica.»

(Marc Chagall)

Marc Chaga

Marc Chagall (1887-1985) è stato un pittore russo naturalizzato francese, d’origine ebraica chassidica. Il suo nome ebraico Moishe Segal è stato trascritto in francese come Chagall Le sue opere sono note soprattutto per i colori e la fantasia che esprimono. A partire dagli anni ’30 si interessò alla Bibbia.

SPUNTI OPERATIVI

Attività: osservate le principali opere a tema biblico di Chagall, collocate all’interno del Museo Nazionale Marc Chagall di Nizza

« Ci sono due modi di rapportarsi alla Bibbia: o la prendiamo alla lettera, o seriamente.»

(Pinchas Lapide, 1922-1997, studioso ebreo della Bibbia)

296
Marc Chagall, Genesi. Ciclo del messaggio biblico, Nizza, Museo Nazionale Marc Chagall.

SINTESI INCLUSIVA

La Bibbia: una visione d’insieme

COS’È LA BIBBIA? (Ta Biblìa = I libri)

Libro sacro della tradizione ebraico-cristiana

CANONE EBRAICO

ricorda

CANONE CRISTIANO

ANTICO (o PRIMO) TESTAMENTO

NUOVO (o SECONDO) TESTAMENTO

La Bibbia non appartiene solo ai credenti, ma all’umanità intera.

DIBATTITO

Discutete tra voi la seguente affermazione: La Bibbia è un libro talmente vecchio e distante dalla mentalità scientifica e tecnologica dell’uomo moderno che può stare solo in una vecchia e polverosa biblioteca. Ognuno porti argomenti pro o contro.

DOMANDE

La Bibbia è il libro sacro solo degli ebrei

La Bibbia è in realtà un insieme di libri.

Individua le due affermazioni errate.

1. La Bibbia è scritta da vari autori e in differenti periodi.

2. La Bibbia è per i credenti la parola di Dio agli esseri umani.

3. Dio non c’entra niente con la Bibbia.

4. Un credente deve prendere alla lettera ciò che afferma la Bibbia.

297 Tema 10 COnoscERE la Bibbia
TORAH NEVIÌM (PROFETI) PENTATEUCO VANGELI LIBRI STORICI ATTI DEGLI APOSTOLI KETUVÌM (SCRITTI) LIBRI SAPIENZIALI LETTERE
APOCALISSE
LIBRI PROFETICI
□ V □ F
□ V □ F

PRATICA#MENTE

Dibattito

SPUNTI PER RIFLETTERE E DISCUTERE

Quali sono i libri che conoscete di più? ....................................................................................................

«La Bibbia ha esercitato un vastissimo in usso sulle fedi, i comportamenti, le mentalità e le forme di pensiero dell’Occidente. Non conoscerla signi ca rinunciare in partenza a comprendere appieno la civiltà in cui siamo nati. Per sua stessa natura questo libro invita alla collaborazione fra docenti di di erenti discipline: una caratteristica che consente e suggerisce percorsi di grande potenziale ricchezza»

(Pietro Stefani, La radice biblica)

Condividete quanto scrive Pietro Stefani sulla Bibbia?

A parte nell’ora di religione, vi è già capitato di leggere e commentare la Bibbia con altri docenti? ...................................................................................................

Attività interdisciplinari

La Bibbia si presta bene a lavori interdisciplinari, anche se – purtroppo – intorno ad essa c’è molta ignoranza e di usi pregiudizi, soprattutto in Italia. Si potrebbero organizzare lezioni trasversali sulla Bibbia, partendo proprio da questa frase: «Conoscere la Bibbia è, prima ancora che un problema religioso, un fatto culturale» (Biblia, Associazione laica per la conoscenza della Bibbia nella scuola). E si potrebbe iniziare con l’avvicinare, da più angolazioni, i libri biblici citati da Borges.

Dal mondo della musica

« La Bibbia è una menzogna/ Io mi rifiuto di obbedire al prete bugiardo/ Dio non controlla la mia vita /Scelgo il mio desiderio /La religione è per il debole/ La tua anima morirà per sempre /Alzati dalle tue ginocchia /Non c’è nessun Dio in paradiso»

(testo di Phil Rind, voce e basso dei Sacred Reich, un gruppo trash metal)

Prendendo spunto dalla realtà:

Jorge Luis Borges (1899-1986) è stato uno scrittore, un poeta e un accademico argentino tra i più importanti del XX secolo. Di lui scriveva Leonardo Sciascia: «Borges è il più grande teologo del nostro tempo, un teologo ateo» Durante la sua vita è stato costantemente attratto dai temi teologici e dalla Bibbia, in particolare dal libro di Giobbe, dal Qoèlet e dai Vangeli. «Gli uomini – dicevalungo i secoli hanno ripetuto sempre due storie: quella di un vascello sperduto che cerca nei mari mediterranei un’isola amata, e quella di un Dio che si fa croci ggere sul Golgota». E per voi cosa rappresenta la Bibbia?

Nel mondo della musica si trova di tutto: brani dissacranti, come quello riportato, insieme a testi poetici e delicati ispirati alla Bibbia, come alcune canzoni di Franco Battiato o di Fabrizio De André (v. “La Buona Novella”). Tra le realtà più profonde e intime dell’essere umano, anche la fede religiosa tocca corde sensibili, scatenando reazioni positive o negative. Ma è importante per tutti, credenti o non, saper fare i conti con chi la pensa in modo diverso, pur non condividendo. Siete d’accordo? ................................................................................................... ................................................................................................... ...................................................................................................

298
....................................................................................................

Che cosa vuole dire sant’Agostino (354-430 d.C.) con questa frase pronunciata secoli prima di Galileo Galilei?

Buone notizie

La Compagnia dei racconti è un progetto di volontariato, nato nel 2018 per alleviare la solitudine degli anziani e dei più fragili. L’iniziativa, promossa dal Comune di Ravenna e dalla cooperativa sociale Villaggio Globale, forma ogni anno ungruppo di volontari che andrà a visitare vari anziani per ascoltare le loro storie di vita. Le loro interviste saranno poi trascritte e pubblicate in brevi racconti, presentati e distribuiti sul territorio. Questa bella iniziativa ci ricorda che la Bibbia è una raccolta di racconti, tramandati dapprima oralmente e poi messi per iscritto. Per conoscere meglio l’iniziativa di Ravenna.

Un Film

Più che un lm, presenteremo una serie di lm divulgativi sulla Bibbia: sono infatti più di quindici i titoli dedicati alla Bibbia, realizzati dalla Lux Vide insieme alla Rai negli anni Novanta e Duemila. Sono a disposizione le principali storie dell’Antico e Nuovo Testamento: dalla Genesi, ai Patriarchi, ai Vangeli, alla vita di Paolo di Tarso, no all’Apocalisse. L’opera, a cui hanno collaborato registi di fama mondiale, rappresenta una buona divulgazione della Bibbia ai nostri giorni, pur con i limiti delle esigenze dello spettacolo.

Frammenti di spiritualità

«Non si legge nel Vangelo che il Signore abbia detto: “Vi mando lo Spirito Santo che vi insegnerà come camminano il sole e la luna”. Voleva fare dei cristiani, non dei matematici!».

(Agostino, Atti della disputa contro Felice manicheo 1,10)

Autovalutazione

Ho trovato questo Tema:

299 Tema 10 COnoscERE la Bibbia
................................................................................................... ...................................................................................................
Ho imparato che ................................................................................................................................................................................ Molto interessante Interessante
Noioso Di cile
Poco interessante

VISTI in para elo

on line

È vero che il mondo è sempre più un villaggio e sono molte le realtà con cui veniamo in contatto con un touch sullo schermo dei nostri smartphone sempre più smart e so sticati. Anche il mondo delle religioni non è più così lontano come poteva esserlo alcuni decenni fa: le diversità degli altri, il loro diverso modo di vivere, di pensare e di credere sono sempre più vicino a noi. Ci colpiscono e ci fanno pensare le “diversità” religiose degli altri, ma sta proprio in questa di erenza la ricchezza dell’incontro con le altre tradizioni religiose, a patto di essere capaci di accoglierle e confrontarci con esse, come suggeriamo di fare in questo Tema.

IL PERCORSO CHE FAREMO

• Il confronto arricchisce online

• Scegliere tra bene e male online

• La forza del perdono online

• Oltre la morte online

• L’etica della vita online

• Fine vita e religioni online

• Giocare a fare Dio online

• Questioni di coppia online

• Omosessualità e religioni online

• Religioni e sessualità online

• Contro l’odio online

• Rispetto del creato online

• D/Il mosaico delle religioni online

Per concludere

• Il punto online

• Sintesi inclusiva online

• Pratica#mente ___________________ online

I contenuti digitali speciali
11

chi? Who? dove? Wh e? quando? When? cosa? What? perché? Why?

Il Tema a ronta alcune delle problematiche religiose ed etiche di attualità, viste in parallelo tra le principali religioni del mondo. Un confronto per comprendere che le di erenze, anche religiose, possono arricchire la convivenza umana.

is eme deals with some current religious and ethical issues, seen from the point of view of the main world religions. It’s a comparison to underline that all di erences, even the religious ones, can enrich the human cohabitation.

Ogni scheda o re l’occasione per scoprire la posizione dell’altro sui vari argomenti presentati, favorendo la ri essione in classe sulla complessità delle tematiche presentate. È utile nella vita imparare ad osservare le cose da varie angolazioni.

Each Card is an opportunity to discover the other’s opinion about the presented topics, helping the re ection in class about the complexity of the di erent topics. It’s very useful in life learning to observe things from many perspectives.

L’occasione del confronto sarà l’ora di religione, ma gli argomenti spaziano ben oltre l’aula scolastica e abbracciano tematiche molto ampie, che hanno a che fare con le tradizioni religiose e culturali dei popoli: .

e religion class is going to be an opportunity for a debate. However, these topics go beyond the classroom and encompass broad themes which are connected with religious and cultural traditions of peoples:

L’argomento centrale del Tema è il confronto con le idee e i principi religiosi dell’altro, che non deve farci paura. Infatti, l’incontro con l’altro arricchisce. Vanno però evitati due estremi: l’eccessiva sempli cazione e l’esclusione per principio di ogni confronto.

e main topic of this eme is the comparison with the ideas and the religious principles of the others that must not frighten us. In fact, meeting the others enriches us. Of course, we have to avoid one of the following behaviours: oversimpli cation and the biased exclusion of any comparison.

Conoscenze

• Approfondire, in una ri essione sistematica, gli interrogativi universali dell’uomo, conoscendo le risposte che dà il cristianesimo, anche a confronto con le altre religioni.

ABILITÀ

• Confrontare orientamenti e risposte del cristianesimo e delle principali religioni del mondo sulle questioni più profonde dell’esistenza umana.

La nalità del Tema è far comprendere che non bisogna aver paura di conoscere e aprirsi all’altro, evitando alcuni rischi e mantenendo un atteggiamento empatico. Le religioni sono di erenti tra loro,

is eme aims to make you understand that you don’t have to be afraid to know and open up to the other, avoiding some risks and keeping an empathetic behaviour. Religions are di erent from each other.

COMPETENZE

• Costruire un’identità libera e responsabile, valutando la dimensione religiosa della vita umana, mettendola in rapporto con altre tradizioni culturali e religiose.

• Conoscere, in un contesto di pluralismo culturale complesso, gli orientamenti del cristianesimo e delle principali religioni sulle problematiche esistenziali più rilevanti.

• Cogliere la valenza delle scelte morali, valutandole alla luce della proposta cristiana, ma dialogando con altre posizioni religiose e culturali, in un clima di rispetto, confronto e arricchimento reciproco.

• Sviluppare un personale progetto di vita, ri ettendo sulla propria identità.

• Valutare l’importanza del dialogo con tradizioni culturali e religiose diverse dalla propria.

VISTI in para elo

I PERCHÉ dei giovani

Nel Tema indagheremo alcuni dei tanti “perché” di argomento religioso che ogni docente di religione si è sentito rivolgere durante le sue lezioni. Abbiamo scelto quelli più “classici” e “di cili” raccolti in questi anni di insegnamento, non solo in classe, ma anche per i corridoi della scuola o sui social. La vita è piena di punti interrogativi, a cui non sempre riusciamo a dare risposte esaurienti; ma già il fatto di porseli e di cercare, con umiltà e capacità di ascolto, una risposta, è il modo migliore per crescere.

IL PERCORSO CHE FAREMO

I contenuti digitali speciali
12 • I miracoli esistono? 328 • Scienza contro fede? 330 • D/Cristo sì, Chiesa no? 332 PER CONCLUDERE • Il punto 342 • Sintesi inclusiva 343 • Pratica#mente 344
• Chi ha creato chi? 304 • Perché si cerca Dio? 306 • Cosa è credere? 308 • Chi crede è un cretino? 310 • Perché il male? 313 • Il diavolo esiste? 315 • Religione è violenza? 317 • Outing: e i credenti? 320 • Millennials senza Dio? 322 • Dove abita la speranza? 324 • Cosa c’è dopo la vita? 326

chi? Who? dove? Wh e? quando? When? cosa? What? perché? Why?

Protagonisti di questo Tema sono gli alunni. Molti di questi interrogativi sono stati raccolti durante le lezioni di IRC, altri provengono da fuori aula, ma sono tutte domande che nascono dalla mente e dal cuore delle ragazze e dei ragazzi della vostra età.

Students are the main characters in this eme. Many of these doubts have been collected during the religion class, while others have been expressed outside. However, they all were born in the mind and heart of kids your age.

Conoscenze

Le domande del Tema sono nate nel contesto scolastico, ma non possono fermarsi alla scuola perché riguardano la vita di ognuno di noi. Le risposte sono date nell’ottica religiosa, in particolare quella cristiano-cattolica, parte integrante del patrimonio culturale italiano.

e questions of this eme have arisen in class but they will have to go beyond the school because they concern everybody’s life. e answers are given from a religious point of view, in particular the Christian-Catholic one which is part of italian cultural heritage.

• Riconoscere gli interrogativi universali dell’essere umano – origine e futuro del mondo, il bene e il male, il senso della vita e della morte, le speranze e le paure dell’umanità – e le risposte che dà il cristianesimo.

• Approfondire gli interrogativi più rilevanti – sul tema di Dio e del rapporto tra fede e scienza – in riferimento al pensiero loso co, scienti co e tecnologico contemporaneo.

Le risposte ai vari interrogativi saranno presentate e discusse nel contesto scolastico, ma ampliandolo alla realtà di tutti i giorni. Nel Tema vengono esposte alcune delle domande dei giovani, ma siamo consapevoli che ve ne sono ancora molte altre.

e answers to the di erent doubts are going to be presented and discussed in the school context, but widening it to everyday reality. In the eme you’ll nd some of the main questions of young people but we are aware of the fact that there are also many others.

ABILITÀ

Il Tema è focalizzato sulle domande religiose degli alunni. Abbiamo scelto quelle più ricorrenti e che possono essere di interesse generale. Le risposte non vogliono essere complete ed esaustive, ma aprire spazi di ri essione, anche nel tempo.

is eme focuses on the religious questions made by students. We selected the most recurring ones, which can have a general interest. e answers are not complete nor exhaustive but their aim is to open up spaces for re ection, even in future.

• Confrontare orientamenti e risposte cristiane alle più profonde questioni della condizione umana, nel contesto dei di erenti patrimoni culturali e religiosi presenti nella nostra società.

• Motivare le proprie scelte di vita, confrontandole con la visione cristiana, e dialogare in modo aperto, libero e costruttivo.

Chiederci il perché delle cose che viviamo e non aver paura di a rontare gli interrogativi che la vita ci pone è un modo per crescere responsabili e per mantenere quella sana curiosità che ci apre a nuove prospettive.

Asking ourselves the reason of the things we live and not being afraid of all doubts we face in life is the best way to grow responsible and keep a healthy curiosity to be open to new perspectives.

COMPETENZE

• Costruire un’identità libera e responsabile, ponendosi domande di senso nel confronto con i contenuti del messaggio evangelico, secondo la tradizione della Chiesa.

• Cogliere la presenza e l’incidenza del cristianesimo nella storia e nella cultura occidentali, per una lettura critica del mondo contemporaneo.

IPERCHÉ dei giovani

• Confrontarsi con gli aspetti più signi cativi delle grandi verità che sono alla base della fede cristiano-cattolica, tenendo conto del rinnovamento promosso dal Concilio Vaticano II nella Chiesa.

• Utilizzare consapevolmente le fonti autentiche della fede cristiana nel confronto aperto ai contribuiti di altre discipline e tradizioni culturali.

1. chi ha creato chi?

Per chi crede in un essere o in una forza superiore a tutto e a tutti, la risposta alla domanda posta nel titolo, e a cui si riferisce anche la vignetta, è una sola: «È Dio che ha creato l’essere umano», anche se è ovvio che il racconto biblico non deve essere interpretato alla lettera, ma in senso simbolico e sapienziale. Chi, invece, è convinto che tutto ciò che è scritto nella Bibbia siano soltanto favole e miti creati dagli uomini, è probabile che continuerà a pensare esattamente il contrario: ovvero che è «l’uomo ad aver creato Dio». E vi porterà anche delle motivazioni: dirà che l’essere umano ha “inventato” un essere superiore perché ha paura di assumersi le proprie responsabilità, di essere vittima di una forma di infantilismo, di risposte semplici e comode… e via di questo passo. È chiaro che questa discussione potrebbe durare a lungo, senza mai arrivare a una conclusione. Ma non è questo lo scopo della domanda su cui ci stiamo confrontando. Non vogliamo uno scontro tra opposte tifoserie: il nostro obiettivo è offrire spunti di riflessione che aiutino credenti e non credenti a crescere, come invita la sapiente citazione riportata accanto.

Coltivare e nutrire il senso del mistero

Ludvig Svensson, un giornalista scientifico svedese, ha scritto Nel segno dell’anguilla (2019), un best-seller in cui racconta la vita di questi pesci che, per molti aspetti, rimane ancora avvolta nel mistero. Così spiega cosa ha imparato interessandosi per anni alle anguille: «Non dobbiamo aver paura delle cose che non conosciamo. Abbiamo bisogno di misteri per nutrire il nostro desiderio di conoscenza. Se parli dell’oceano parli di qualcosa di esistenziale: significa confrontarsi con il fatto che noi esseri umani siamo piccoli e che ci sono tantissime cose che non sappiamo o non possiamo fare» (intervista su La Stampa, 28 settembre 2019). Parlare di Dio è “confrontarsi con l’oceano”, coscienti – come osservava il grande scienziato, filosofo e teologo inglese Isaac Newton (1643-1727) – che «ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo è un oceano».

Il mio «orizzonte di senso» si chiama Dio

Il protagonista di uno dei romanzi di Alessandro D’Avenia (che oltre a essere scrittore è anche insegnante) è il professor Omero Romeo, un supplente di scienze non vedente, che viene mandato in una quinta superiore. I ragazzi non godono di una buona reputazione e vivono l’arrivo del supplente come l’ennesima sfortuna. Ben presto però sono costretti a ricredersi, perché il prof, pur

«Io ritengo che ciascuno di noi abbia in sé un non credente e un credente che si parlano dentro, che si interrogano a vicenda, che rimandano puntualmente domande pungenti e inquietanti l’uno all’altro. Solo dando voce con pazienza e con metodo a queste due voci si può raggiungere la propria maturità umana e cristiana».

(Card. Carlo Maria Martini, 1927-2012, biblista, arcivescovo di Milano)

304

essendo non vedente, sa vedere dentro i loro cuori molto meglio di tanti suoi colleghi. Si è inventato un modo originale di fare l’appello in classe, che gli permette di conoscere i suoi alunni e nello stesso tempo di farli diventare protagonisti. I ragazzi si presentano, dicendo il loro nome, e poi chi vuole può raccontare il suo “orizzonte di senso”, cioè quello che dà senso alla sua vita. Quando tocca a lei, Caterina si presenta così: «Il mio orizzonte si chiama Dio. Mi attrae e mi respinge come niente al mondo... La vita senza Dio sarebbe una noia mortale, perché non siamo altro che un pezzo di natura che aspetta di tornare nella polvere, e io invece lo so che non sono solamente polvere, perché so amare. E io un giorno l’ho sentito l’amore di Dio! Ero all’ospedale e sono entrata nel corridoio dei bambini: malattie di ogni tipo. C’era un bambino deforme che solo a guadarlo faceva paura. Poi una suora, di quelle di Madre Teresa, che passava nel corridoio e lo ha riconosciuto, si è fermata, lo ha preso in braccio e gli ha ripetuto più volte: “Che bello che sei oggi!”. Lo riempiva di baci sul volto e lui rideva, perché gli faceva il solletico. Quella era la risata di Dio. So che se Dio esiste assomiglia a questa cosa qui, che fa fare l’impossibile, che fa vedere l’impossibile. Da quel giorno non posso stare più tranquilla. Perché voi non ci parlate mai di Dio? Pensate veramente che sia un argomento superato? (...) Se a scuola ci insegnate ciò che merita di essere conosciuto e ricordato, perché non ci raccontate mai di Dio?» (da L’appello, Mondadori, Milano 2020).

Dio non è un teorema spiegabile alla lavagna

Fa bene Caterina a ricordare che la scuola non può trascurare Dio, anche se almeno nella nostra ora ciò non avviene: direttamente o indirettamente, infatti, sono molte le volte che parliamo di Lui, ma siamo convinti che, più che “parlare” di Dio, sia meglio “ascoltare” l’esperienza che le persone fanno di Dio. È per questo che abbiamo scelto di rispondere alla domanda iniziale dando spazio a chi ci parla direttamente del suo rapporto con Dio. Pensiamo infatti che si possa discutere all’infinito “se è Dio che ha creato l’uomo, o viceversa”, ma la discussione lascia il tempo che trova, mentre le parole che provengono dal profondo di ognuno di noi sono certamente più credibili, come queste di Marco: «Dio non è un teorema che si possa spiegare alla lavagna; è qualcosa che uno sente dentro di sé e nel momento in cui la sente dice: “Dio esiste, ne sono certo!”. Come diceva Pascal: “il cuore ha delle ragioni che la ragione non comprende”. È giusto che Dio non sia una certezza matematica, altrimenti verrebbe meno la nostra libertà. Se Dio, infatti, ci avesse dimostrato la sua esistenza con una prova razionale, noi non saremmo nel dubbio, ma nella certezza della sua esistenza. Dio, invece, ci ha lasciati liberi di scegliere e la nostra scelta dipende solo da noi, dalla nostra fede» (Marco, 16 anni).

SPUNTI OPERATIVI

● Chiedete all’insegnante di leggere insieme l’intervista integrale a Svensson riportata nella Guida per l’insegnante.

● Nella Guida per l’insegnante trovate l’intervento completo che Caterina ha fatto in classe.

“La

mia idea di Dio”

«Dio è un tutto che sta al di sopra del gioco delle parti, che trascende ogni distinzione e che si colloca al di là delle di erenze tra religioni. La mia idea

è che – in quanto gli di Dio – partecipiamo in qualche misura del divino e che siamo fratelli. Da questa idea discende anche la convinzione che quando guardiamo negli occhi qualcuno, è come se guardassimo noi stessi. Solo in questo modo possiamo realizzare sulla Terra quell’unità che – sola – dà senso alla nostra vita quaggiù». (Elio, studente di terza superiore)

305 Tema 12 I PERCHÉ dei giovani

2. perché si c ca Dio?

Aquesta domanda il filosofo Salvatore Natoli1 risponde che l’essere umano da quando nasce si sente «esposto nel mondo a qualche cosa di più grande di lui, che gli dà il senso della sua finitezza»; sentendoci deboli, «prendiamo confidenza con gli dèi per avere la loro protezione: li preghiamo, facciamo sacrifici, cercando di ottenere il loro favore». L’uomo oggi si è emancipato: se un tempo di fronte alla sofferenza e alla malattia si rivolgeva al Signore e chiedeva la grazia, oggi con la scienza e il processo di secolarizzazione avvenuto nelle società più evolute l’uomo ha acquisito molti più strumenti e il bisogno di aiuto e la “dipendenza” da Dio si sono ridotti. Eppure «nonostante questo – sottolinea Natoli – l’uomo continua a cercare Dio». Infatti, l’essere umano ha sempre avuto bisogno di capire anche «il senso del suo passaggio sulla Terra. Un bisogno soddisfatto dalla religione attraverso la rivelazione». Così infatti «è stato con Cristo, Buddha, Maometto. Ognuno di loro ha detto: “Seguimi, fai come me!”, invitando l’uomo ad affidarsi». Ora però, nelle nostre società secolarizzate, è proprio questo “affidamento” che è venuto a mancare. «Lo standard del benessere che abbiamo raggiunto – sottolinea il filosofo – non si è dimostrato capace di risolvere crisi personali e relazionali profonde, ma ha creato viceversa paura, insicurezza, dato che chi vive nel benessere tende a difendersi, a chiudersi, a proteggere la propria agiatezza...». È questo il punto di svolta per capire il nuovo bisogno di Dio che si registra oggi, seppure con modalità e forme differenti rispetto al passato: è la mancanza di fiducia tipica dellasocietà del benessere. In questa crisi è riemerso negli ultimi tempi, soprattutto nell’Occidente secolarizzato, un bisogno di salvezza che può essere garantito solo da una presenza buona e più “alta” dell’essere umano. «Questo spiega – secondo l’analisi fatta da Natoli – il motivo profondo dell’attuale rifiorire di elementi di una religione come movimento partecipativo, senza chiesa, che mescola un po’ di Gesù, un po’ di Buddha, un po’ di Oriente: un supermarket dell’esperienza religiosa dove ogni gruppo, setta o comunità diventa legislatore di se stesso, senza dogmi, senza autorità». Certo, scrivendo queste cose qualche anno fa, Natoli non era in grado di prevedere se il fenomeno fosse di breve o lunga tendenza. Però alcuni aspetti, come il moltiplicarsi di pellegrini sul Cammino di Santiago o sulla Via Francigena (o nei santuari come Lourdes, Fatima, Medjugorje), stanno ad indicare una ricerca spirituale in atto, seppure mescolata a esigenze salutiste e turistiche. Si tratta comunque di spostamenti non indifferenti.

Salvatore Natoli

Salvatore Natoli è docente di Filoso ateoretica all’Università degliStudi Milano Bicocca. Fra le sue pubblicazioni: Dio e il divino (Morcelliana), Il cristianesimo di un non credente (Qiqajon), L’uomo dei dolori (EDB).

306

L’esperienza del limite

Dopo la fine delle ideologie post-sessantottine e il periodo segnato dalla secolarizzazione (con forti conseguenze sulla religiosità tradizionale), dopo le gravi crisi che hanno segnato gli anni più recenti (la crisi ambientale, la pandemia, la guerra, con le conseguenti gravi carestie e forti migrazioni) in molte persone è ritornato il bisogno di “affidamento” (proprio come indica la parola “fede”).

Di fronte a questi gravi eventi, che hanno interessato tutto il mondo in questi ultimi anni, sono molte le persone che hanno preso coscienza che il benessere e la secolarizzazione non danno risposte. E allora – come sottolinea Natoli – «l’essere umano lancia un grido, compie un salto verso una dimensione che ancora una volta supera la sua finitezza: si rivolge a Dio».

Da sempre l’esperienza religiosa si caratterizza proprio per questo bisogno di “andare oltre”. Infatti in ogni tradizione religiosa ritroviamo tre richiami importanti:

1.Non si vive di solo benessere materiale

Le religioni richiamano gli esseri umani a dare importanza agli aspetti spirituali e non solo a quelli materiali. Infatti, prostrarsi agli idoli del denaro, del potere, dell’apparenza rende le persone schiave, forse appagate, ma non felici. La dimensione religiosa indica all’essere umano, ieri come oggi, che per trovare una risposta piena alla sua ricerca di felicità deve cercare oltre se stesso. «La persistenza della religione ci ricorda che l’uomo non è solo benessere materiale e che il malessere interiore non si vince con il pane. La ricerca della verità si dimostra più forte della pancia piena» (Gilles Kepel, La rivincita di Dio).

2. Andare oltre (trascendenza)

«Io credo che oggi (come ieri) gli uomini abbiano bisogno di dare un senso all’esistenza, e che per questo i giovani sentano acutamente la debolezza e l’insufficienza di tante cose (...). Se si finisce con il considerare impegnativo e degno di fede soltanto ciò che si manifesta nell’ambito della scienza, l’inevitabile risultato è la disperazione (...). Essa non ci può dire altro che la terra è un granello sospeso in un universo infinito. La religione può dirci di più: può rendere l’uomo consapevole che è un essere infinito, che deve soffrire e morire ma che al di là del dolore e della morte ci sta la nostalgia di questa esistenza terrena che non è tutto» (Max Horkheimer, La nostalgia del totalmente altro).

3. Cuore e Ragione

Lo scrittore inglese Graham Greene afferma: «La fede coglie dei segni che non si toccano, ma è certa di essi». La religione sostiene che non si conosce solo con la “ragione”, ma anche con il “cuore”, come abbiamo già avuto modo di mettere in risalto nel Tema 2, Scheda 1. Credere non è affatto “contro la ragione”, come a volte si sente sostenere. La fede infatti non elimina l’intelligenza, ma al contrario la stimola e la promuove. Insomma, fede e ragione per un vero credente sono complementari.

SPUNTI OPERATIVI

Lo scrittore russo Aleksandr Isaevič Solzenicyn sosteneva: «La religione ci sarà sempre perché la ragione non riuscirà mai a dare risposte soddisfacenti alla sete di assoluto presente nell’uomo. Come diceva Pascal: “L’essenza ultima delle cose è accessibile solo al sentimento religioso”». Che ne pensate? Discutetene in classe.

Max Horkheim

Max Horkheimer (18951973), sociologo e losofo tedesco, tra i fondatori della Scuola di Francoforte. Nell’ultima parte della sua vita si è dedicato alla ri essione sulla trascendenza. Tra le sue opere: Eclissi della ragione (1947), La nostalgia del totalmente altro (1972).

1 Salvatore Natoli, “Perché l’uomo cerca Dio?”, in Geo 02/2006.

307 Tema 12 I PERCHÉ dei giovani

3. cosa è cred e?

Il quadro di Magritte che vedete accanto s’intitola L’atto di fede. Rappresenta una porta chiusa dall’interno, che essendo sfondata fa intravedere il cielo e la luna. Osservandola, possiamo fare alcune osservazioni sulla fede, prendendo spunto da quanto scrive ai suoi diocesani monsignor Domenico Pompili, il vescovo di Rieti, a pochi mesi dal terremoto che ha causato gravissimi danni a quel territorio1: «Ci siamo costruiti un mondo di sicurezze materiali che è un mondo chiuso, ristretto. Una porta che lascia fuori gli altri, ma anche l’ampiezza dell’orizzonte, il respiro dell’universo, il rischio e la bellezza di ciò che è ancora da scoprire. Fede è vedere oltre la porta che ci siamo costruiti con la maniglia ben chiusa. E questo gesto richiede una rottura», proprio come sta ad indicare l’ampio squarcio che si vede nel dipinto. «Noi ci siamo ritrovati – continua il vescovo – nostro malgrado in una situazione che è metafora concreta, scritta con pietre e polvere, di una società che più che liquida è in frantumi: macerie solide di un mondo che non regge più e va ripensato, se non vogliamo restare schiacciati da cambiamenti epocali rispetto ai quali il nostro individualismo ci lascia totalmente impreparati e fragili».

«Eppure – continua la lettera– in questo attraversare in prima persona le macerie di un mondo da ricostruire, siamo anche noi per primi a guardare la vita dalla prospettiva di quella porta sfondata. Pronti a quel salto non garantito che è l’atto di fede adulta. Più vicini alla verità, più capaci di sentire nelle fibre del nostro essere che si può vivere, con dignità e umanità, senza muri, ma non senza fede. Che poi è corda, legame, senso della connessione di tutto con tutto. Sapere che ogni nostro gesto, parola, silenzio porta inevitabilmente qualcosa nell’universo, dà forma al mondo». Certo, il vescovo parla a credenti che sono stati vittime di una grave calamità naturale come un terremoto, ma avere fede è proprio questo, uno squarcio su un nuovo orizzonte che si apre dentro di noi e che ci obbliga ad un cambio di prospettiva: non più con gli occhi fissi a noi stessi, ma aperti all’Altro; un “altro” che non è soltanto la sorella o il fratello che mi vivono accanto, ma anche quell’Altro (con la A maiuscola) che mi rimanda al trascendente.

Fissare lo sguardo sulle cose invisibili

L’apostolo Paolo, scrivendo ai cristiani di Corinto, raccomandava di non fissare lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili (Seconda lettera ai Corinzi 4,18). I nostri occhi sono talmente saturi di realtà che spesso, sopraffatti dalla stanchezza o dalla distrazione, guardano senza vedere. Restiamo così accecati dagli eccessi di luce del visibile che dimentichiamo con facilità il grande segreto del Piccolo Principe: «L’essenziale è invisibile agli occhi» (v. Tema 1). Purtroppo molti pensano che tutto ciò che riguarda la religione sia un’illusione o pura irrazionalità, sostenendo che ha valore ed è vero solo ciò che possiamo

René Magri e

René Magritte (1898-1967) è stato tra i massimi esponenti del Surrealismo. È soprannominato “il sabotatore tranquillo” per la sua capacità di rappresentare soggetti apparentemente realistici, ma avvolti nel mistero.

Molte sono le cose invisibili

«Sono credente e ho cercato la mia fede non solo nelle pagine del Vangelo, ma incontrando tante persone che vivono in comunità, per capire come si può ritrovare Dio dopo essersi smarriti. Un percorso fondamentale, che ha fatto crescere in me le mie convinzioni religiose. Perché, come dico nel brano Invisibile, le cose necessarie non è detto che debbano vedersi. La fede e l’anima non sono visibili, ma nessuno può negare la loro esistenza e importanza.» (Intervista a Nek, «Dentro al rock, la fede», in Il Nostro tempo, 3 maggio 2015).

308
René Magritte, L’atto di fede, 1960.

toccare e sperimentare. Ma è poi così vero che possiamo credere solo a ciò che si può sperimentare? Spesso, con molta superficialità, (anche la scuola ha le sue responsabilità in merito) riduciamo il mondo della conoscenza alla ragione e alla scienza, dimenticando l’altro sistema di conoscenza che, come abbiamo messo in risalto fin dai nostri primi incontri (v. Tema 2), abbraccia aspetti importanti come quelli dell’arte, della poesia, della musica, della religione, cioè il sistema di conoscenza per intuizione, attraverso i simboli. L’ispirazione di un pittore, l’innamorarsi di una persona, il credere e l’aderire ad una religione hanno alla base un’intuizione che possiamo esprimere solo attraverso segni e simboli. Con una bella espressione il filosofo Salvatore Natoli afferma che «credere è tendersi sulla soglia dell’invisibile», accennando così al mistero di Dio, che tutte le parole umane non riescono ad esprimere pienamente. Come riportato nel riquadro accanto, nessun credente ha la certezza che le sue scelte siano quelle giuste. Il grande “forse” rimane per tutti, per il credente come per il non credente; altrimenti la fede perderebbe una delle sue componenti fondamentali, quella della scelta o, per dirla con Pascal, della scommessa: «O Dio esiste o non esiste! Per quale di quelle ipotesi volete scommettere? Per nessuna delle due! La risposta giusta è non scommettere affatto? Vi sbagliate. Puntare è necessario, non è affatto facoltativo. Anche voi siete incastrati!» (Blaise Pascal, Pensieri, Mondadori, Milano 1971, pensiero n.164,).

SPUNTI OPERATIVI

● E per voi cosa signi ca “credere”? Provate a scrivere una vostra sintetica denizione.

● Che ri essioni suscita in voi il racconto di Martin Buber intitolato “Forse”?

La fede è un dono, non una necessità per evitare l’inferno. Essa rende la vita bella e gioiosa. Non è una religione che intristisce, ma è l’amicizia di donne e uomini che respinge ogni forma di violenza, di oppressione, di imposizione, di proselitismo.» (Gianni Criveller, missionario)

«

Il grande “Forse”

Uno dei progressisti, uomo assai dotto, che aveva sentito parlare del Rabbi di Berditschev, lo andò a trovare per disputare anche con lui, come soleva, e confutare i suoi argomenti arretrati a favore della verità della propria fede.

Quando entrò nella camera dello zaddik, vide che camminava su e giù con un libro in mano, immerso in una fervida meditazione. Il Rabbi non badò a colui che entrava. Finalmente si fermò, gli gettò una rapida occhiata e disse: «Ma forse è vero». Il dotto raccolse invano tutta la sua sicurezza, ma gli tremavano i ginocchi; così terribile a vedersi era lo zaddik, così terribili a udirsi le sue semplici parole. Rabbi Levi Isacco si voltò interamente verso di lui e con grande calma gli disse: «Figlio mio, i grandi della Torah, coi quali hai disputato, hanno sprecato con te le loro parole; dopo averli lasciati, ne hai riso. Essi non hanno potuto farti toccare con mano Dio e il suo regno, e anch’io non lo posso. Ma, glio mio, pensaci, forse è vero». L’illuminato raccolse tutte le sue forze per replicare; ma quel terribile «forse», risuonando di continuo ai suoi orecchi, spezzò la sua resistenza.

(Martin Buber, I racconti dei Chassidim, Guanda, Parma 1992)

1 Si tratta della Lettera pastorale che il vescovo di Rieti, mons. Domenico Pompili, ha scritto il 2 dicembre 2016 ai suoi diocesani, colpiti nell’agosto di quello stesso anno da un rovinoso terremoto che ha coinvolto i territori dell’Aquila e del reatino. Per il testo completo si veda: http:// www.chiesadirieti.it/wd-doc-ufficiali/atto-di-fede/

309 Tema 12 I PERCHÉ dei giovani

4. chi crede è un cretino?

Avolte capita di trovarsi di fronte a persone atee piuttosto sprezzanti e aggressive nei confronti di chi crede. Anche nel nostro Paese non mancano, ad ondate più o meno ricorrenti, campagne contro la fede e la religione, con giudizi pesanti verso i credenti, paragonati a bambini ottusi che non vogliono – o non riescono – a ragionare. Una convinzione ricorrente è questa: «La religione trova la sua ragion d’essere nell’emisfero destro, sede dell’istinto e della visceralità, e non viene minimamente scalfita dagli attacchi che le vengono sferrati dall’emisfero sinistro, sede della logica e della razionalità»1 Insomma, altro che bilanciamento sapiente tra il sistema della ragione e quello dell’intuizione, di cui abbiamo già parlato! In questo modo, chi crede viene equiparato a un “cretino”: non a caso l’autore della frase citata gioca a far derivare la parola “cristiano” da “cretino”. Cosa dire? Certamente ognuno ha diritto di pensarla come vuole, ma offendere pesantemente gli altri non rientra nella libertà di espressione e nemmeno nell’essere atei. Forse è bene anche distinguere tra atei e anticlericali, perché questi ultimi sembrano più animati da un forte risentimento contro la Chiesa, in particolare quella cattolica, che contro Dio. In ogni caso, perché dare dei “cretini” a coloro che credono in una religione, che rappresentano la maggioranza della popolazione mondiale? Chi non crede ha il diritto di esprimere le proprie opinioni, ma ironizzare sull’intelligenza degli altri non è certo una prova di intelligenza e di maturità.

Non serve essere intolleranti

Eppure certi atei, nella foga di contestare e criticare chi si riconosce in una fede religiosa, si dimostrano intolleranti e persino fanatici, come tutti quelli che credono di avere sempre ragione. Sono ben lontani da alcuni grandi personaggi laici come Norberto Bobbio, che ha lasciato scritto nel suo testamento: «Non mi considero né ateo né agnostico. Come uomo di ragione e non di fede, so di essere immerso nel mistero che la ragione non riesce a penetrare sino in fondo, e le varie religioni interpretano in vari modi»2. Questo grande filosofo e storico contemporaneo era solito dire: «La vera differenza non è tra chi crede e chi non crede, ma tra chi pensa e chi non pensa», una frase che citava spesso anche il cardinale Carlo Maria Martini. Parole profonde, scritte da una persona che, pur non considerandosi un “uomo di fede”, era comunque rispettoso verso chi crede, e soprattutto verso quel “mistero” a cui le religioni fanno

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riferimento. Parole e pensieri non distanti da quelle del sacerdote-poeta David Maria Turoldo: “Colui che tutti cerchiamo, ci camminerà accanto”. Certo, è una lettura nell’ottica del credente, ma suggestiva e rispettosa del cammino di tutti.

La fede non ha paura del dubbio

Una fede matura e responsabile non ha paura di porsi interrogativi, anche i più inquietanti dal punto di vista religioso. Scrive Thomáš Halík, teologo e sociologo contemporaneo appartenente alla Chiesa cattolica cecoslovacca: «Fede e dubbio sono due sorelle che hanno bisogno l’una dell’altra. La fede senza pensiero critico e senza dubbio onesto può condurre al fondamentalismo e al settarismo. Il dubbio incapace di dubitare di se stesso può portare al cinismo e al nichilismo. Non parlo del dubbio sull’esistenza di Dio. Un Dio che potrebbe non esistere, un Dio come essere contingente, non è il Dio della mia fede. Io credo in un Dio nel quale, secondo le parole dell’apostolo Paolo, noi viviamo, ci muoviamo ed esistiamo (At 17,28), anche se non usiamo il termine “Dio” per descriverlo. Io dubito della mia propria capacità di comprendere e di esprimere questo mistero. Questi dubbi mi aiutano a conservare uno spazio aperto, perché Dio è sempre più grande (lo ripeto anche con sant’Ignazio, Deus semper maior) delle mie idee religiose».3

Cosa hanno in comune credenti e non credenti?

Qualche anno fa lo scrittore Arrigo Levi, che si dichiarava non credente, si era posto la domanda di cosa avessero in comune i credenti e i laici. Aveva risposto così: «Abbiamo in comune tanti valori positivi, primo fra tutti la fede. Vi è una definizione che vale sia per la fede religiosa sia per quella laica, che si trova nella Lettera agli Ebrei: la fede è certezza di cose che si sperano, e dimostrazione di cose che non si vedono (Eb 11,1), ma che vorremmo veder realizzate. I credenti dimostrano questa fede nel Dio creatore, mentre per noi laici la fede non è in un ente supremo trascendente, ma nella faticosa fede nell’uomo. Per gli uni come per gli altri, quale che sia la fonte prima della fede, il luogo in cui essa si trova è “la nostra bocca e il nostro cuore”(Deuteronomio 30,14) ed è comunque sempre una faticosa conquista, che chiede ad ogni passo di essere rinnovata, perché la realtà la mette sempre e comunque a dura prova (…). Tra le cose che ci uniscono c’è anche la convinzione che la costruzione di un mondo di pace non sarà una manna piovuta dal Cielo. Sappiamo che con la concessione all’essere umano del “libero arbitrio”, la capacità e la libertà di scegliere fra “la vita e il bene, la morte e il male” (Dt 30,15), “il Signor

«Canta e cammina, anima mia. Anche tu, o fedele di chissà quale fede, oppure tu, uomo di nessuna fede. Camminiamo insieme E l’arida valle si metterà a orire. Qualcuno, Colui che tutti cerchiamo, ci camminerà accanto». (David Maria Turoldo, 1916-1992, religioso e poeta italiano, da Non hanno più vino, Queriniana 1979)

311 Tema 12 I PERCHÉ dei giovani

Iddio – come ha detto papa Ratzinger – si è voluto rendere impotente” e ha lasciato a noi e alla nostra coscienza di costruire la pace, anche se conosciamo l’immensa difficoltà di questa impresa. Infine un’ultima cosa. Spesso uomini di Chiesa dicono che oggi Dio è molto emarginato, e che una società dove Dio è assente si autodistrugge. Una concezione a prima vista non troppo distante da ciò che sosteneva lo scrittore russo Fëdor Dostoevskij: “Se Dio è morto, tutto è permesso”. Fortunatamente non è così. Amici credenti in Dio, rassicuratevi, abbiate fede! Come dite voi, “le vie del Signore sono infinite”. Dovreste pur vedere che Dio è parte anche della nostra storia, di noi laici, che abbiamo liberamente scelto, nella lunga storia di Dio, delle idee di Dio, quelle che più rispondevano al nostro ideale di umanità, e le abbiamo fatte nostre. In verità, non fate anche voi delle scelte? E gli ultimi papi non hanno forse detto cose che, non troppi secoli fa, li avrebbero fatti bruciare come eretici? A me, laico, Dio appare dunque assai meno emarginato dalla società contemporanea, dalla società secolarizzata, libera e tollerante in cui ci è dato vivere, di quanto spesso dicano anche uomini di Chiesa».4

SPUNTI OPERATIVI

● Cosa intende dire il teologo e sociologo omáš Halík a ermando che «Dio è sempre più grande»?

● Che cosa pensate di una persona che dice: “Chi crede è un cretino”?

1 Uno degli autori più conosciuti in Italia per questa campagna atea, dai toni spesso aggressivi, è il matematico e scrittore Piergiorgio Odifreddi. Sua è la frase riportata, tratta da un articolo intitolato “Gli strumenti della logica contro la ragione”, pubblicato su La Stampa il 5 settembre 2008.

2 Il testamento di Norberto Bobbio (19092004), importante filosofo, politico e storico italiano contemporaneo, è stato letto al suo funerale dal figlio Andrea, a Torino, il 10 gennaio 2004.

3 Thomáš Halík, “Il Coraggio del mistero”, in Il Regno-Attualità 6/2022.

4 Arrigo Levi (1926-2020) è stato uno scrittore e un giornalista italiano. La testimonianza riportata e sintetizzata è apparsa su La Repubblica del 23 novembre 2004.

312 Tema 12 I PERCHÉ dei giovani

5. perché il male?

DLa frase riportata nella vignetta è volutamente scritta per colpire nel segno, come fa spesso il giornalista Vittorio Feltri. Nel suo editoriale scrive: «Se fosse vero che c’è un creatore il quale ha progettato e realizzato un mattatoio come quello nel quale tiriamo a campare ogni dì, bisognerebbe concludere che Hitler al suo confronto era un angioletto!»1.Con “mattatoio” si riferisce a tutti i mali presenti nel mondo: il suo sfogo contro Dio risente del suo rifiuto, con il crescere dell’età, alla formazione cattolica ricevuta da bambino. A parte il paragone, provocatorio e astioso, tra Dio e Hitler, rimane il fatto che il problema del male non riguarda solo i credenti, ma è comune a tutti e chiama in causa anche i non credenti. Infatti la grande maggioranza del male presente oggi nel mondo è causato dalle scelte dell’uomo: le guerre, gli omicidi, le carestie, la siccità, le migrazioni di massa... sono tutte conseguenze delle azioni di noi esseri umani; Dio non c’entra niente con tutto questo. Non è “colpa” di Dio se l’uomo sceglie di agire contro gli altri fratelli, causando morte, distruzione e miseria. Bisognerebbe, invece, agire positivamente per trasformare il mondo in un posto un po’ più vivibile per tutti, mantenendo comunque un sano realismo. Scrive il teologo spagnolo Queiruga2: «Finché permane il pregiudizio che Dio potrebbe, se volesse, mettere fine a tutto il male del mondo, nessuno può credere alla sua bontà senza vedersi obbligato a negare il suo potere». Per uscire dal dilemma – afferma il teologo – bisogna «infrangerlo e dimostrare che è falso», perché esso «nasconde un pregiudizio premoderno». Quale? Che un mondo-senza-male è possibile. Tale modo di pensare (che coinvolge tanto i credenti quanto gli atei), secondo Queiruga, è del tutto anacronistico, «perché un mondo-senza-male può essere visto oggi solo come un “fossile” culturale, un reperto mitico di paradisi religiosamente primitivi o di fantasie freudianamente infantili». Ora, conclude l’autore, «l’idea di un mondo-finito-senza-male è tanto impossibile e contraddittoria come quella di un legno-di-ferro o di un cerchio-quadrato», come è evidente per i sociologi «che una società perfetta è un’utopia» e per i biologi e cosmologi «che non esiste evoluzione senza conflitti e catastrofi».

Dobbiamo quindi superare l’equivoco «che il male rappresenti, in maniera diretta e immediata, un problema religioso, usato come arma contro Dio», e questo perché il male costituisce un problema comune a tutti: ci riguarda in quanto umani». Ciò che varia è unicamente la risposta al male presente nel mondo. In questo senso, la crisi provocata dal coronavirus è una lezione dura ma salutare, perché essa ci mostra che «affrontare il male è una lotta inevitabile degli esseri finiti che sperimentano una libertà finita»3 .

« Senza sofferenza non capirai neppure la felicità. L’ideale passa attraverso la sofferenza, come l’oro attraverso il fuoco. Il regno dei cieli si ottiene con lo sforzo.»

(Fëdor Dostoevskij, Lettera del 29 agosto 1870)

«Dio non ci salva dalla sofferenza, ma nella sofferenza; non ci protegge dalla morte, ma nella morte. Non libera dalla croce ma nella croce.»

(Dietrich Bonhoe er, teologo luterano, ucciso dai nazisti il 9 aprile 1945)

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Gli interrogativi in sospeso

Oltre al male causato dagli esseri umani per la loro incapacità di seguire le regole, di rispettare la natura e le sue leggi, per le loro fragilità, c’è anche un altro Male, quello inspiegabile che a volte colpisce gli innocenti, per cui ci si domanda: “Ma Dio dov’è? Perché non interviene con un miracolo o un castigo o con un atto che ristabilisca la giustizia?”. Non è facile dare risposte a questi interrogativi. Così disse papa Francesco in un’intervista televisiva: «Certo, rimangono interrogativi in sospeso. Io non trovo spiegazioni a tutto. Io ho fede, cerco di amare Dio che è mio padre, ma mi domando: ‘Perché soffrono i bambini?’. E non c’è una risposta, se non quella di soffrire con loro»4. In altri discorsi e interviste, riprendendo lo stesso concetto, aveva detto: «Il cristiano non ha risposte a tutto, ma di fronte al mistero del male guarda alla croce e si ferma in preghiera: la sofferenza e la morte non hanno l’ultima parola; per la croce passa la risurrezione, con la certezza che anche nella più dolorosa delle sofferenze non siamo mai soli»5

La risposta cristiana al problema del male

Come Giobbe, anche il cristiano non conosce la risposta al male e al dolore, che spesso nella vita sembrano avere il sopravvento. Afferma il cardinale Christoph Schònborn: «Il male rimane un mistero, ma come cristiani sappiamo la risposta che Dio stesso ha dato in Gesù, che ha assunto su di sé l’intera negatività del dolore, della distruzione e soprattutto del male morale. La croce è la chiave di lettura della risposta di Dio». Nel cristianesimo il dolore non è negato, ma è affidato a Dio. Sintetizzando, possiamo dire che il credente in Cristo sa che la croce non può essere evitata e può segnare l’inizio di una storia nuova. Dopo la notte più buia, Dio viene, squarcia il velo della sofferenza, rompe i sigilli della morte, rotola via le pietre delle paure. Alle prime luci dell’alba, un sepolcro vuoto annuncia il trionfo della vita. Questo è ciò che crede e spera la fede cristiana.

La testimonianza di Giobbe nella Bibbia

Il personaggio biblico di Giobbe è un uomo benestante, devoto e fedele a Dio. Nel giro di poco tempo perde le ricchezze, la famiglia, i gli e la salute. Lui sa di essersi comportato bene, di essere stato sempre fedele a Dio, e quindi grida la sua innocenza con forza, non accettando il male che gli è piombato addosso. Ascolta con pazienza gli amici che gli ripetono le credenze tradizionali: «Se ti è capitato tutto questo, certamente avrai combinato qualcosa di male e sei stato punito!»; ma lui sa che non è vero e continua a proclamarsi innocente, no a chiedere conto a Dio di una condotta che considera ingiusta e malvagia. Ma, dopo che ha tirato fuori tutta la rabbia e la delusione che ha dentro, dopo aver rivendicato direttamente con Dio la sua innocenza, Dio gli ricorda la sua realtà di “creatura”, con tanti limiti, e sembra dirgli: accetti di non essere in grado di capire tutto? Ti di di me, che sono in grado di capire tutto? Giobbe capisce di essere stato arrogante e presuntuoso (era caduto nel “peccato delle origini”, mettendosi al posto di Dio, come era già accaduto ad Adamo ed Eva). E allora esclama: «Ecco sono ben meschino: cosa possa rispondere? Mi metto una mano sulla bocca» (Gb 40,1-4) E proprio in questo “fare silenzio” scopre il mistero di Dio: presente e vicino agli esseri umani, anche quando sembra lontano o assente.

SPUNTI OPERATIVI

● Scrive il poeta Khalil Gibran: «La tempesta è capace di disperdere i ori, ma non è in grado di danneggiare i semi». Nel contesto di questa scheda, quale insegnamento vi suggerisce questa frase?

● In base alla vostra esperienza, quale vi sembra la so erenza più di cile da sopportare?

1 La frase di Vittorio Feltri è stata pubblicata su Libero il 9 febbraio 2021 a commento del libro Lettere alla fine del mondo di M. Parente e dallo scienziato G. Vallortigara, in cui si parla di tutti i mali che condizionano il mondo: terremoti, calamità, coronavirus e molto altro. All’elenco mancava ancora la Guerra in Ucraina, scoppiata il 24 febbraio 2022 con l’invasione di quello stato europeo ad opera della Federazione Russa.

2 Andrés Torres Queiruga, La preghiera ai tempi del coronavirus. Ripensare la teodicea. Pazzini Editore, Villa Verucchio (Rimini) 2021.

3 Recensione di Bruno Scapin su Settimana News, 20 marzo 2021.

4 Intervista a Che tempo che fa, Rai 3, 6 febbraio 2022.

5 Catechesi del 16 giugno 2021.

314 Tema 12 I PERCHÉ dei giovani

6. il diavolo i e?

La domanda è semplice ma la risposta, per forza di cose, sarà articolata e complessa perché è necessario inquadrare l’argomento nel contesto culturale e teologico. Vi chiediamo perciò di seguirci in una serie di passaggi; la risposta verrà di conseguenza.

● Prima di tutto è bene osservare che il diavolo non l’ha inventato il cristianesimo, è molto più antico; anzi, si può affermare che in tutte le culture e le religioni troviamo la credenza in spiriti maligni, come anche in spiriti buoni. Il male viene identificato con l’immagine o l’idea di spiriti cattivi – opposti al bene (Dio) –da cui è necessario difendersi.

● Il regno del diavolo è quello degli “inferi”, descritto in svariati modi, di cui abbiamo testimonianza fin dalle prime civiltà. Nella religione mesopotamica, ad esempio, c’è la figura di Sataran, dio-serpente il cui nome e i cui attributi ricordano molto Satana della tradizione ebraico-cristiana. Il Satan biblico è l’avversario di Dio, l’antagonista, l’angelo ribelle, tradotto con il greco dìabolos, il calunniatore, l’avversario, il divisore.

● Nel cristianesimo delle origini si parla molte volte del diavolo, in particolare nel Nuovo Testamento (v. approfondimento). Gesù stesso è tentato dal diavolo e molte sono le guarigioni di ossessi (o indemoniati) operate da lui e dai suoi discepoli.

● Ancora oggi nella Chiesa cattolica ci sono dei sacerdoti incaricati dal vescovo di scacciare i demoni con un rito specifico, chiamato esorcismo. Questi sacerdoti (esorcisti) devono comunque escludere, prima di praticare il rito, che le cause non siamo di natura clinica o psicologica, affidandosi a degli specialisti. Come è noto, il satanismo ha sempre esercitato un fascino perverso in molte persone ed è più diffuso di quanto si immagini. Un fenomeno che è bene non sottovalutare.

Suggestione, paura, infantilismo, moda…

«Anche se la psichiatria ha dimostrato per esempio che l’attività del subconscio spiega molti, per non dire la maggior parte, dei fenomeni anormali che le generazioni passate attribuivano all’attività diabolica, essa non pretende di spiegare in maniera completa tali fenomeni» (John Navone). Pensiamo che questo tipo di approccio al demonio (e a tutto ciò che è collegabile ad esso) sia equilibrato e sapiente perché lascia aperta la strada ad una ricerca seria sul fenomeno, senza escludere nulla.

Così sostiene il filosofo francese Fabrice Hadjadj: «Satana è molto spirituale. La sua natura è la stessa di un puro spirito. In lui non vi è neppure un’oncia di materia. Non ha propensione per il materialismo banale. E quindi – ci si può scommettere – la spiritualità è il suo stratagemma» (da La fede dei demoni, Marietti 1820, 2010).

Sullo stesso argomento scrive il cardinal Ravasi, attento osservatore del fenomeno religioso contemporaneo: «Ci si potrà sorprendere, ma è difficile contestare queste

Cosa dice la Bibbia?

Nell’Antico Testamento (AT) si parla raramente di gure demoniache. L’esempio più noto è Azazél che vive nel deserto a cui viene destinato il capro espiatorio, carico di peccati del Giorno dell’Espiazione o Kipur (Levitico 16,9-10.20-22). Isaia ci ricorda Lucifero, l’angelo decaduto (cap. 14, v. 12).

Invece nel Nuovo Testamento (NT) i demoni o spiriti maligni sono nominati molte volte. Al tempo di Gesù si credeva che i demoni fossero all’origine di alcune malattie, come la pazzia, l’epilessia e altre, e i malati venivano considerati “posseduti dal demonio” (indemoniati). Gesù ha guarito molti di loro e ha cacciato molti demoni (Matteo 4,23; Luca 8,26-39) per dimostrare che il regno di Dio era presente. Il principe dei demoni è il Diavolo o Satana., indicato nel NT come l’avversario di Dio, il tentatore e seduttore degli uomini, anche chiamato Beelzebùl.

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righe di Hadjadj, nato nel 1971, di origine ebraica, convertito dall’ateismo al cattolicesimo. Satana, come insegna la dottrina tradizionale, è “puro spirito”; perciò, non è così ingenuo da affidarsi al materialismo greve per convertire a sé le persone più avvedute. No, sceglie spesso un’altra via, quella dello spiritualismo etereo, magico, esoterico che colma ormai intere biblioteche specializzate e si vende persino su internet. Egli, allora, propone una sua fede, lasciando da parte gli attrezzi arrugginiti di un certo ateismo nostrano. Satana predilige una spiritualità individualistica, egoistica, snob e detesta la “carnalità” cristiana, che costringe a sporcarsi le mani nel curare malati, a varcare soglie di carceri, rovinandosi la reputazione e interessandosi ai colpevoli, a impantanarsi negli spazi fangosi riservati ai nomadi, a curare vecchi bavosi, servendo a mensa brutti ceffi affamati»1 .

È ora di prendere sul serio il male!

Ernest Bloch (1885-1977), il vecchio filosofo di scuola marxista teorizzatore del “principio della speranza”, si interrogava molto sull’esistenza del male, domandandosi: «E se il male fosse solo un difetto di natura che scompare con lo sviluppo del bene, oppure una forza effettiva che domina il mondo per mezzo delle sue lusinghe, sì che per una lotta vittoriosa contro di esso occorre avere un punto di appoggio in un altro ordine di esistenza?». In ogni caso, concludeva rivolgendosi a tutti coloro che sembravano minimizzare il problema (anche teologi): «È ora di prendere sul serio il male!».

Tra le Chiese cristiane quella cattolica ha più volte ribadito che il male non è soltanto una deficienza del bene, ma un essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore. E papa Paolo VI, come se volesse rispondere all’inquietante interrogativo che si era posto Bloch, afferma nel 1972: «Sappiamo dalla Bibbia che questo essere oscuro e conturbante esiste davvero, e che con proditoria astuzia agisce ancora; è il nemico che semina errori e sventura nella storia umana». Anche papa Francesco più volte è tornato sul tema del diavolo: «Mai dialogare con il diavolo: è un nemico astuto, interessato al nostro fallimento»; dobbiamo «prepararci a difenderci da lui e a combatterlo» (Angelus del 21 febbraio 2021). Secondo la dottrina cattolica, Satana è infatti la non-persona per eccellenza, perché “persona” significa dialogo, dono, incontro di amore. E Satana è il non-dialogo, il non-dono, il non-amore coagulato nell’odio più feroce. È, in definitiva, la “persona abortita”, il più terribile “aborto” della creazione (per dirlo con le parole di Giorgio Gozzellino).

In conclusione, l’insegnamento della Chiesa cattolica chiede ai fedeli di prestare fede all’esistenza del diavolo e delle forze demoniache, anche se tra i teologi vi sono pareri discordi sul modo di intendere questa presenza. Al di là delle disquisizioni teologiche e delle risposte date dalla scienza medica e psicologica, il credente sa che la presenza del male è uno dei più grandi misteri dell’esistenza e non esclude il potere del maligno.

SPUNTI OPERATIVI

Sul fenomeno del satanismo e le varie sette si veda il programma di TV 2000 “Siamo Noi” del 1° febbraio 2022.

I due errori sul diavolo

«Vi sono due errori, uguali e opposti, nei quali la nostra razza può cadere nei riguardi dei Diavoli. Uno è quello di non credere alla loro esistenza. L’altro, di credervi e di sentire per essi un interesse eccessivo e non sano. I Diavoli sono contenti d’ambedue gli errori e salutano con la stessa gioia il materialista e il mago.» (Clive Staples Lewis, Le lettere di Berlicche, 1947

316 Tema 12 I PERCHÉ dei giovani
1 Gianfranco Ravasi, “Mattutino”, in Avvenire, 13 dicembre 2011.

7. religione è violenza?

L’opinione critica sulla religione e il suo rapporto con la violenza, riportata nel riquadro, potrebbe essere stata scritta anche dopo la presa di posizione del patriarca ortodosso russo Kirill a favore dell’invasione armata dell’Ucraina da parte della Federazione Russa1 (nonostante la netta opposizione espressa dalla Chiesa cattolica e da altre Chiese ortodosse non russe).

Come più volte abbiamo avuto occasione di dire, pensiamo che un libro di religione non debba avere paura di confrontarsi con posizioni critiche, anche dure, come in questo caso. Non siamo d’accordo con il giudizio: «Dove c’è dogma, non c’è ricerca». Più volte, anche in questo Tema (v. scheda 5), abbiamo affermato che la fede non deve avere paura del dubbio ma cercare di ragionare sulle cose e non avere pregiudizi. In questo caso, per esempio, ci chiediamo: il giudizio pesante che abbiamo riportato sul rapporto tra religione e violenza è obiettivo o viziato da una visione preconcetta e ideologica? Insomma, la religione genera veramente violenza, oppure, al contrario, la modera? È fattore di conflitto o di coesione sociale?

Una risposta tutt’altro che scontata

Come risulta dalla Encyclopedia of Wars di Charles Phillips e Alan Axelrod, che prende in esame 1800 conflitti nella storia, meno del 10 % di essi è stato causato da motivi religiosi 2 Se le Crociate, le guerre tra cattolici e protestanti, le prime conquiste islamiche e ovviamente le più recenti stragi jihadiste attestano una palese implicazione della religione nella violenza, il numero di morti ascrivibile a conflitti di tipo “laico”, come le due guerre mondiali, resta di gran lunga superiore 3

Inoltre è bene ricordare che anche il primo genocidio moderno, quello degli armeni,4 è stato compiuto dai Giovani Turchi, filo-occidentali e secolarizzati, mentre i devoti musulmani cercavano di salvare i superstiti.

Certo non si può ragionare in base alle percentuali. Ogni violenza, tanto più quella perpetrata in nome di Dio, è da rigettare, ma bisogna anche combattere i luoghi comuni e i pregiudizi che annebbiamo la mente e fanno vedere il male tutto e solo da una parte.

Guerra e religione sono sorelle?

«“Più si parla di religione, più si allontana una soluzione”, così sostiene lo scrittore israeliano Etgar Keret a proposito del con itto in Palestina. “Religione”, etimologicamente, vorrebbe dire “ciò che lega insieme”, ma gli uomini ne hanno fatto un obbrobrioso veicolo di esclusione, di discriminazione e di ostilità reciproca. Le tre religioni di Abramo grondano sangue. Dove c’è dogma, non c’è ricerca. Guerra e religione sono sorelle, e il ebile lumino della coscienza laica, in quel falò, sparisce. »

(da La Repubblica, 21 novembre 2014)

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Tema

I PERCHÉ dei giovani

In questo senso una posizione più articolata e dialettica è quella dello psicologo sociale Ara Norenzayan, presentata nel saggio Grandi Dei. Come la religione ha trasformato la nostra vita di gruppo (Raffello Cortina Editore 2014).5 La sua tesi è che inizialmente le grandi religioni abbiano favorito la socialità e quindi il sorgere di grandi comunità, grazie alla credenza in un “Grande Occhio” capace di controllare il comportamento degli esseri umani. Con questa presenza le religioni hanno inizialmente giocato il ruolo di grandi aggregatori sociali. Successivamente, però, esse si sono differenziate tra loro, entrando in competizione. In questa fase, non dissimile dalla lotta per la sopravvivenza tra le diverse specie (teorizzata da Charles Darwin), hanno finito per prevalere le religioni che facevano capo a divinità onnipotenti ed interventiste. Da qui il rovesciamento della originaria funzione socializzante in una tendenza conflittuale, attivata soprattutto dai monoteismi, oggettivamente concorrenti tra loro per la individuazione di un unico Dio, esclusivo. Da questo momento gli effetti delle religioni sulla storia risultano diversi ed ambivalenti in base a vari fattori di carattere sociale: dalle religioni infatti sono scaturite figure non violente, come san Francesco, Gandhi, Martin Luther King, ma anche figure fortemente condizionate dalla violenza, come Tomàs de Torquemada e Osama Bin Laden, tanto per fare dei nomi della storia passata e presente.

Una risposta ironica

Caro Saramago, faccio fatica a credere che questa frase sia proprio tua perché tu la storia la conosci e sai che le guerre, le violenze, i soprusi sono nati assieme all’uomo, prima delle religioni. È stato l’appetito – alimentare e sessuale – a spingerci a combattere il nostro simile. Il con itto, purtroppo, fa parte della natura umana (e forse della Natura stessa); qualcuno l’ha chiamato “thanatos” (morte). In Italia ad esempio ci divide e talvolta ci conduce alla violenza e alla morte il tifo calcistico o quello politico. La religione, Dio o chi per lui, è al massimo una scusa in più dietro il quale celare un istinto che, ripeto, è insito nell’uomo. Infatti, se si contano i con itti combattuti no ad oggi, si scopre che quelli di matrice religiosa sono una parte decisamente piccola (consiglio di consultare l’Encyclopedia of Wars). Semmai il problema è quando le religioni diventano strumenti di potere al pari dei partiti politici (il che accade molto spesso) poiché mettono in campo interessi economici e, siccome l’attuale appetito s’è spostato dal sesso e dal cibo ai soldi (che permettono di acquisire sesso e cibo), inaspriscono le tensioni tra gli esseri umani poiché aumentano le disparità e il desiderio di possesso. Ma mi rendo conto che è più facile lanciare slogan che ragionare.

(Luca De Siena, dal blog Treccani – #CitazioneDelGiorno José Saramago)

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Sempre meno spazio per la religione?

Le società moderne più avanzate non hanno bisogno del “Grande Occhio divino” per organizzare meccanismi di cooperazione, istituzioni internazionali efficienti, sistemi sociali rispettosi dell’ambiente, più equi e solidali. Ma questo è sufficiente per affermare che non ci sarà spazio per la religione? Le religioni sono di fatto superate? Da quanto accade attorno a noi si direbbe proprio di no. Nell’area islamica c’è stata indubbiamente una forte ripresa delle tendenze più radicali; il cristianesimo in Africa e Asia non sembra affatto in crisi, almeno stando ai numeri sempre più in crescita; lo stesso si può dire della nascita di nuove forme di religiosità non tradizionali (nuovi movimenti religiosi) in America e nel vecchio continente. Ma c’è un altro aspetto nella società occidentale che fa intravedere un nuovo ruolo della religione ed è quello legato alle biotecnologie, che pongono forti interrogativi sulle questioni legate all’origine e alla fine della vita, ma anche sulla salute, sulla sicurezza, sull’ecologia e il futuro, sia degli individui che del pianeta, con risvolti sia individuali che collettivi. Chi deve avere l’ultima parola su questi grandi temi che coinvolgono il singolo e la società? Nella crisi di legittimazione dell’autorità a cui assistiamo, il nucleo di senso custodito tradizionalmente dalle religioni potrebbe assumere un ruolo importante. Anche il ruolo prioritario affidato all’economia e alla globalizzazione dei mercati è stato in parte ridimensionato, dopo che la pandemia ci ha fatto toccare con mano le fragilità del nostro mondo e di ognuno di noi, fragilità che l’euforia di un progresso considerato positivo e senza limiti, aveva fatto – stupidamente – dimenticare. Da questo punto di vista sembra profilarsi un nuovo spazio per una religiosità più autentica e profonda, che soddisfi la sete di senso e di significato che emerge da più parti.

La religione come alibi

La storia ci insegna che la religione è fonte sia d’amore che di crudeltà, di carità e di violenza. Ma non è la religione a suscitare negli uomini violenza e nemmeno a ispirare amore: sono gli uomini a usare Dio e la religione come alibi per esercitare i loro impulsi ad amare o alla violenza. Le religioni non fanno che rispecchiare la grandezza e la miseria dei popoli e dei singoli. Dio, invece, è più grande dell’uomo!

In un mondo in cui dominano nanza ed interessi economici, che cosa se non la religione potrà aiutare l’umanità a mettersi in crisi e a ripensarsi, per cercare un rapporto diverso con gli altri e con la natura?

Nel perenne con itto tra individualismo e apertura, tra predominio e condivisione, tra violenza ed amore, che cosa se non la religione potrà smuovere corde interiori perché gli esseri umani non si rassegnino, ma imparino a gestire impulsi sempre più pressanti e distruttivi?

C’è ancora bisogno della religione nella storia di oggi, ce n’è bisogno più che mai! E c’è bisogno di credenti, di qualunque religione, capaci di testimoniare nei fatti che l’amore, inaspettato, spalanca degli spiragli che nessuna violenza riesce ad aprire.

(Guido Fontanella, insegnante di religionee coautore del testo)

SPUNTI OPERATIVI

● Qual è la vostra risposta all’interrogativo iniziale? C’è spazio per la religione nel prossimo futuro?

● Che ne dite della scritta sulla maglietta? Vi convince la risposta data sul blog? Provate a confrontarvi in classe.

1 Ci si riferisce all’omelia tenuta dal patriarca Kirill all’inizio della Quaresima ortodossa (16 marzo 2022) in cui approvava l’invasione dell’Ucraina “come difesa dell’Ortodossia e dei valori cristiani, contro le derive dell’Occidente”.

2 Per la precisione, nella Encyclopedia of Wars (pubblicata in tre volumi nel 2005) si riporta che solo il 6-7% (123 su 1763) dei conflitti combattuti fino ad oggi ha avuto matrice religiosa.

3 Il numero delle vittime delle due guerre mondiali non è determinabile con certezza, ma solo nella seconda guerra mondiale, tra civili e militari, si calcolano tra 60 e 68 milioni di morti.

4 Sul genocidio degli armeni si veda: https://www.raicultura.it/webdoc/grande-guerra/armeni/index.html#welcome

5 Per questa parte si tiene presente l’articolo di Roberto Esposito, “Perché Dio è tornato sulla scena?”, in La Repubblica 30 marzo 2015

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8. OUTING: e i credenti?

Nel mondo sono tanti i credenti e tante le visioni diverse sul tema dell’omosessualità; anche tra le Chiese cristiane ci sono opinioni e atteggiamenti differenti sulla questione, sempre più oggetto di riflessione e di studio anche da parte della Chiesa cattolica. Ma più che presentare i documenti ufficiali o esporre il dibattito in atto, vogliamo offrirvi la testimonianza di una mamma che si dichiara cattolica. Da quando ha scoperto che uno dei suoi due figli è gay, non solo si preoccupa di aiutare altre famiglie nella sua situazione, ma propone alla comunità ecclesiale un’azione pastorale specifica nei confronti delle persone LGBT. 1 Certamente la sua è una testimonianza personale, che quindi non può rappresentare la posizione ufficiale della Chiesa cattolica su questo argomento, ma può essere per tutti un’interessante occasione per riflettere.

«Con qualche approfondimento sul tema ho imparato che omosessuali e trans non si diventa, non si sceglie d’esserlo. Perché mai una persona dovrebbe fare una scelta tanto complicata, che nella nostra società e nella nostra Chiesa comporta così tanta sofferenza, stigmi, emarginazione, derisioni? No, omosessuali e trans non si sceglie d’esserlo, lo si è, salvo che ci possono volere anni per dirselo, e qualche volta può non bastare tutta la vita per farlo. Ma se le persone LGBT sono spesso consapevoli fin dall’infanzia della loro condizione, per i genitori il coming out dei figli arriva il più delle volte come un evento completamente inaspettato. Io sono tra questi genitori. Ho scoperto d’essere mamma di un ragazzo gay sei anni fa. Lo ero anche prima, ma non lo sapevo. Per 27 anni (questa l’età in cui mio figlio Emanuele ha fatto coming out) ero vissuta pensando di essere mamma di due ragazzi eterosessuali. Stessa cosa è successa a mio marito e anche Marco, il figlio maggiore, che ha condiviso con il fratello i giochi, le vacanze e la stanza, non aveva capito.

Le persone LGBT sono brave a nascondersi. Non è gratis, ma lo fanno: troppo grande la vergogna che provano e che li schiaccia. Perché racconto tutto questo? Perché se come comunità ecclesiale vogliamo arrivare a queste persone e alle loro famiglie serve parlare del tema LGBT in diversi ambiti e attraverso la pastorale ordinaria. Un esempio. Nella pastorale dei fidanzati non sarebbe opportuno spiegare che può succedere nella vita di avere figli LGBT? E prepararli a questa possibilità? E quale potrebbe essere il modo migliore per farlo se non invitando a parlare coppie di genitori che quell’esperienza la vivono? Potrebbero testimoniare che la vita di coppia non funziona come in quei film in cui c’è il bacio finale con la scritta The end, e non si sa cosa succede dopo, o raccontare che attraverso le difficoltà, tenendosi per mano, si può crescere come coppia e come genitori e imparare una cosa importantissima per tutti i figli, non solo per quelli LGBT: mettere da parte le proprie aspettative di genitori sui figli, lasciandoli liberi di crescere ed esprimersi per quello che sono.

LGBT

LGBT: L’acronimo di origine anglosassone sta per “Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transessuali e Transgender”. Utilizzato no agli anni Novanta, è oggi sostituito dall’acronimo LGBTQIA+ per designare l’insieme delle minoranze sessuali, cioè tutte le persone che per orientamento sessuale, identità o espressione di genere non aderiscono agli standard del binarismo e dell’eterosessualità. (Fonte: Treccani)

1 La testimonianza riportata è della sig. ra Dea Santonico, pubblicata con il titolo “Quale spazio per una pastorale LGBT?” nella rivista Il Regno-Attualità 10/2022,328-329

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Le parrocchie stanno accogliendo

Pochi giorni fa io e Stefano, mio marito, siamo stati invitati in una parrocchia di Roma, all’interno del cammino sinodale proposto da papa Francesco, per fare una testimonianza come genitori di un ragazzo gay. Una sala riunioni piena, presenti giovani e meno giovani. Abbiamo raccontato la nostra storia, con la voce a tratti un po’ rotta, perché non è facile parlare di momenti della tua vita in cui s’intrecciano amore e sofferenza. Un’accoglienza calda quella che abbiamo ricevuto e che ci ha fatto sentire a casa. Non escluderei che tra i tanti presenti ci fossero persone LGBT, o coppie di genitori con figli LGBT, che avessero deciso di partecipare proprio perché potevano farlo senza scoprirsi, in incognito. L’ho pensato, e ho sperato, che le nostre parole potessero giungere a loro come una piccola carezza, capace di lenire il dolore e farli sentire meno soli. Ci siamo portati a casa una grande solidarietà espressa da tutti e la speranza che la nostra testimonianza abbia potuto contagiare i loro pensieri e il loro sguardo. Per questo pensiamo che la fatica di uscire allo scoperto valga la pena farla: perché siamo convinti che sia questa la strada per creare un terreno buono intorno a Emanuele e a tutte le persone LGBT. Serve dunque una pastorale sul tema LGBT per tutti i credenti, non solo una pastorale specifica con le persone LGBT e i loro genitori, pastorale questa comunque importante e su cui va preso atto che negli ultimi anni, anche grazie a papa Francesco, si sono fatti passi avanti.

Superare l’ignoranza

Di fondamentale importanza è la formazione su questi temi, a cominciare da quella per operatori e operatrici pastorali, troppo spesso completamente impreparati ad affrontarli. Dal 2015 si stanno facendo strada, anche a livello nazionale, esperienze di formazione, con il coinvolgimento di parroci, suore, preti, operatori pastorali e alcuni vescovi. Importante guardare a queste esperienze, valorizzarle e farle crescere con il coinvolgimento di un sempre maggior numero di persone, per arrivare a tutti i credenti e per poter così superare l’ignoranza su questi temi che c’è oggi nella Chiesa a tutti i livelli.

Perché l’ignoranza alimenta pregiudizi e stereotipi che feriscono e uccidono le persone LGBT e, quel che è peggio, nel nome di Dio»

SPUNTI OPERATIVI

● Quali ri essioni suscita in voi questa testimonianza?

● Attività: sottolineate a matita le frasi che più vi colpiscono e confrontatevi con i vostri compagni.

«Se una persona è gay, cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?»

(Papa Francesco, prima conferenza stampa in aereo al ritorno da Rio de Janeiro, 29 luglio 2013)

321 Tema 12 I PERCHÉ dei giovani
«

9. millennials senza Dio?

Che il rapporto tra i giovani, Dio e la Chiesa cattolica (ma il fenomeno riguarda un po’ tutte le Chiese cristiane) sia cambiato in questi ultimi decenni è abbastanza evidente senza scomodare indagini sociologiche e inchieste. È sufficiente entrare in un edificio di culto la domenica e contare quanti giovani sono presenti, oppure chiedere al parroco di una qualsiasi città il numero di ragazzi che frequentano il catechismo, o quante sono le giovani coppie che si sono sposate in chiesa nell’ultimo anno… Il primo a dare l’allarme in Italia per questa assenza dei giovani è stato don Armando Matteo.1 Anche i documenti ufficiali ecclesiali prendono atto del distacco dei giovani: «l’appartenenza confessionale e la pratica religiosa diventano sempre più tratti di una minoranza e i giovani non si pongono “contro”, ma stanno imparando a vivere “senza” il Dio presentato dal Vangelo e “senza” la Chiesa».2

La prima generazione incredula

È in atto un allontanamento di molti giovani dall’esperienza religiosa. Nelle classi, anche tra chi frequenta l’IRC (Insegnamento della Religione Cattolica), è sempre più consistente il numero di coloro che non hanno ricevuto i sacramenti dell’iniziazione cristiana (battesimo, prima comunione e cresima). Ma cosa è successo?

A cosa è dovuto questo profondo mutamento generazionale?

Prendendo spunto dalle osservazioni di Armando Matteo, fissiamo alcuni passaggi caratterizzanti questo fenomeno.

La prima cosa che salta agli occhi è che questo “salto generazionale” riguarda coloro che sono nati dopo il 1981. Stando alle dichiarazioni raccolte in vari sondaggi, è questa la data che fa da spartiacque sulla fede dei giovani italiani, la loro frequenza ai riti religiosi e ai sacramenti, la ricerca di momenti di preghiera o di riflessione personale. Questa fascia è la più “lontana” dalla religiosità intesa in modo tradizionale e divide, in modo netto e progressivo, la generazione dei Millennials da quelle precedenti. Il secondo aspetto che colpisce di questo cambiamento è il distacco femminile dalla realtà ecclesiale (non solo cattolica). A partire dal 1981, si registra una vistosa “non presenza” di ragazze e giovani donne nelle attività che riguardano la chiesa, in particolare nelle parrocchie. A differenza delle generazioni precedenti, dove la presenza giovanile femminile era costante e certa, oggi l’assenza è evidente e desta preoccupazioni all’interno delle varie strutture di Chiesa. Andando ancora più in profondità si può osservare che per una percentuale comunque consistente di giovani (ovviamente con “valide eccezioni”, come emerge dall’approfondimento a lato) la religione rimane una sorta di “rumore di fondo”, per aver frequentato da bambini la parrocchia, l’oratorio, le associazioni e anche per l’insegnamento della religione a scuola, esperienze che

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comunque sembrano non aver inciso molto nella loro formazione religiosa. Tra le carenze più vistose si evidenzia:

Un deciso analfabetismo biblico

● un’informazione piuttosto carente sui contenuti del Credo e sui dogmi cristiani, compresa la stessa persona di Gesù;

● la non conoscenza dei Dieci Comandamenti e “un’allergia diffusa” verso la morale cristiano-cattolica;

● un giudizio negativo sulla Chiesa in generale, in particolare sulla ricchezza e il potere ostentato da parte di alcuni suoi membri; gli scandali sulla pedofilia; l’incoerenza “tra il dire il fare”. A parte papa Francesco e alcuni operatori pastorali stimati, in genere il giudizio sul clero e le istituzioni ecclesiali è negativo.

Eppure c’è sete di spiritualità

Come viene evidenziato da più parti, nonostante il quadro non positivo, resta nei giovani un bisogno di spiritualità, come affiora in modo evidente durante l’ora di religione, nonostante il suo precario statuto giuridico. Ma forse proprio per questa sua posizione atipica e opzionale (è una disciplina che viene scelta direttamente dagli alunni) l’ora di religione viene vissuta come un momento di crescita globale, capace di dare risposte esistenziali a quello che i ragazzi cercano e vivono in questa fase della loro vita. Questo spiega anche perché l’IRC, nonostante le difficoltà oggettive a cui deve far fronte, riesca a reggere bene in una scuola dove tutte le altre discipline sono obbligatorie.

È comunque vero, come mette in evidenza Matteo, che questa sete di spiritualità ha un carattere anarchico ed è molto centrata su di sé, invece che essere aperta all’Altro; ma rimane pur sempre un buon punto di partenza per far scoprire ai giovani una religiosità diversa da quella tradizionale. In ogni caso non si pensi di far ricadere questa “crisi di fede” solo sui giovani di una determinata fascia di età e, soprattutto, che nasca per caso. Prima di questa generazione di Millennials ci sono stati anni in cui è mancata la testimonianza di fede di adulti credibili. La crisi, più che ai giovani, è da addebitare alla generazione degli adulti. Questa è solo la fase finale di una lunga crisi di fede.3

SPUNTI OPERATIVI

È vero che in questi ultimi decenni l’in usso della religione sui giovani è in calo, ma non la frequenza all’IRC, soprattutto nella scuola dell’infanzia e primaria. Eppure, stando all’analisi fatta nella scheda, anche questo insegnamento non sembra aver inciso più di tanto nella formazione religiosa dei giovani. Esprimete il vostro parere in proposito.

Valide eccezioni

Ciò che traspare da questa analisi sulla religiosità giovanile è certamente un discorso piuttosto negativo sulla religiosità dei giovani italiani a partire dalla classe 1981; ma come per tutte le statistiche anche in questo caso si rischia di non tenere presente la realtà completa. Tra i Millennials ci sono anche quelli che vivono la loro religiosità in modo maturo; sono senza dubbio una minoranza, ma signi cativa e qualitativamente migliore (come impegno e preparazione generale) rispetto alle generazioni precedenti. Dietro a quel che a prima vista sembra disinteresse e lontananza dalle tematiche religiose, spesso si nasconde nei giovani molta curiosità e interesse, se non vera sete di Dio.

1 Armando Matteo è un sacerdote e teologo italiano autore di La prima generazione incredula. Il difficile rapporto tra i giovani e la fede, Rubbettino 2010. In questa scheda facciamo riferimento al suo libro.

2 Documento preparatorio della 15ª Assemblea generale del Sinodo dei Vescovi sul tema: “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”, gennaio 2017.

3 A. Matteo, “Senza Dio e senza Chiesa”, in Settimana News, 23 febbraio 2017: http://www.settimananews.it/cultura/ senza-dio-senza-chiesa/

323 Tema 12 I PERCHÉ dei giovani

10. dove abita la sp anza?

Ci sono giorni in cui facciamo fatica a trovare motivi di speranza. Eppure sappiamo che è indispensabile riconoscere, proprio in questi momenti, delle motivazioni forti a cui aggrapparci per reagire. Il grande pittore Vincent Van Gogh (1853-1890), che in vita faceva fatica a piazzare le sue tele e ha avuti tanti momenti difficili, così scriveva al fratello Theo: «I pescatori sanno che il mare è pericoloso e le tempeste terribili, ma non hanno mai considerato quei pericoli come ragioni sufficienti per rimanere a terra». Sappiamo che nella vita momenti difficili e tempestosi non mancano; ma l’importante è reagire e trovare il coraggio di continuare a navigare. «Tuttiabbiamo dentro - come dice la scrittrice Isabel Allende - una insospettata riserva di forza che emerge quando la vita ci mette alla prova».

Belle testimonianze dallo sport

«Se questo è il piano che Dio ha riservato per me, altro non posso fare che spalancare le braccia, accoglierlo e accettarlo. E andare avanti». Così scriveva l’atleta bergamasca Sofia Goggia sui social, commentando la diagnosi dopo l’ennesima caduta sugli sci scendendo a 140 km/h. Questo infortunio le toglieva la possibilità di partecipare alle Olimpiadi di Pechino 2022 non solo come atleta, ma anche come portabandiera dell’Italia alla cerimonia di apertura. Pur accettando con una genuina fede religiosa ciò che le era capitato, non si è limitata a piangersi addosso ma ha reagito con forza, senza rassegnarsi. Così si è impegnata nella riabilitazione, passando in palestra circa 14 ore al giorno, per tentare di presentarsi come campionessa di discesa libera in carica al cancelletto di partenza delle olimpiadi. «Le cose gravi nella vita sono altre, - scrive - ne sono consapevole; ma reagire è importante, o almeno tentarci, nello sport come nella vita». E così, seppure a olimpiadi invernali già iniziate, è riuscita a volare a Pechino e a vincere la medaglia d’argento. Non è il primo posto, ma è come se lo fosse: un premio a lei e alla sua tenacia di campionessa, che ha dimostrato ampiamente anche in seguito.

Le scon tte sono solo delle “tappe”

La storia che vi abbiamo raccontato è a lieto fine, ma le vicende della vita non sempre finiscono così bene, nonostante la forza e la tenacia che ci mettiamo. Però è anche vero che nella vita occorre sempre trovare il coraggio di imparare dai propri errori e dalle sconfitte, come afferma un’altra tenace atleta, Alessandra Sensini, campionessa di windsurf: «Le sconfitte insegnano sempre a capire l’errore e ad accettarlo. Solo così riesci a migliorare, a lavorare sui punti deboli. È sbagliato chiamarle sconfitte. Anche per i giovani, non è la terminologia giusta. Non sono sconfitte, sono tappe. Che inevitabilmente, in qualsiasi campo, devi affrontare. Nessuno vince subito nella vita» (inter-

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« L’inverno custodisce già la primavera.»
(Detto
popolare) La campionessa di sci So a Goggia.

vista su Corriere.it, 17 maggio 2022). Pensiamo che siamo in molti a sottoscrivere queste parole. Le cose più importanti si imparano proprio dalle sconfitte e dalle cadute: il vero problema è dove trovare la forza per rialzarsi. Prima di tutto “dentro di noi”, come abbiamo detto, ma è pur vero che “dentro” siamo comunque fragili: basta poco, un piccolissimo virus invisibile a occhio nudo, per mandare in tilt tutto il nostro sistema. Per non parlare delle malattie e della morte che, anche se spesso fingiamo di dimenticarcelo, non fanno che mettere a nudo la nostra fragilità e miseria di esseri umani.

Ecco perché pensiamo che la fede religiosa possa rappresentare un aspetto importante nella vita di ognuno di noi. Per esempio, ci aiuta a capire che è utile “affidarci”, perché da soli non possiamo fare molto e perché la forza che cerchiamo può esserci donata da tutti quelli che ci circondano. La vita non è solo nostra e non siamo affatto i padroni di tutto. Abbiamo bisogno di tante cose per trovare la forza di reagire nei momenti più bui. La speranza serve proprio nei momenti più tragici per poter reagire, con la consapevolezza che nessuno può bastare a se stesso: tutti abbiamo bisogno della “certezza” di un sole che c’è anche quando non si vede; che l’amore può trasformare in meglio le nostre vite; che Dio esiste, anche quando ci sembra assente e in molti si affrettano a dirci che è “infantile” credere in Lui.

«La crisi può essere una vera benedizione per ogni persona e per ogni nazione, perché è proprio la crisi a portare progresso. La creatività nasce dall’angoscia, come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che nasce l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie.»

SPUNTI OPERATIVI

● Qual è la vostra ricetta per reagire positivamente nei momenti di crisi e di scoraggiamento? Provate a condividerla.

● La fede, secondo voi, può servire nei momenti più di cili?

325 Tema 12 I PERCHÉ dei giovani
Vincent Van Gogh, Il mare a Sainte Marie , 1888, Mosca, Museo Pushkin.

11. COSA C’È dopo la vita?

Certo sull’aldilà c’è anche chi pensa che non esista e sia un’invenzione dell’essere umano. Per esempio il poeta Giuseppe Caproni scriveva: «Se ne dicono tante / Si dice anche / che la morte è un trapasso / Certo: dal sangue al sasso). Forse qualcuno di voi può pensare che il poeta abbia ragione. In fondo cosa c’è dopo la morte, l’immortalità dell’anima, il paradiso e l’inferno possono essere - per dirla con Plinio il Vecchiotutta un’invenzione della vanità umana? Certo, è un interrogativo che ha attraversato i secoli e le culture, ma le religioni - dall’alba della preistoria fino ad oggi - hanno sempre sostenuto che c’è una vita che continua dopo la morte, descrivendola in modo dettagliato. Nella fede cristiana è proprio la risurrezione del Cristo che garantisce, ad ogni credente, di risorgere insieme a Lui.

“Aquatu vive”

Nel box qui accanto abbiamo raccolto delle scritte mortuarie di epoche e culture lontanissime tra loro, accomunate tutte però dalla stessa speranza: la morte non segna la fine di tutto, esiste un aldilà.

«Aquatu vive né mai morirà» è scritto in un’antica tavoletta che risale a più di mille anni prima di Cristo; così come riposano «in attesa della risurrezione» i morti di un piccolo cimitero cristiano di montagna; e per gli amici di Sofia, la ragazza li ha soltanto preceduti, in attesa di trovarsi «tutti insieme nel grande Dharma». Insomma, pur in contesti completamente differenti, ciò che unisce queste varie scritte mortuarie è la certezza di una vita che comunque continua e in cui sarà possibile ritrovarsi. Certo, si tratta di una “verità” del cuore e qualcuno non esiterà a dire che è soltanto una “grande illusione” dettata dalla paura di morire e di scomparire per sempre; ma colpisce questa “illusione” così persistente e tenace nel tempo, che assomiglia a tante altre “illusioni” insite nel cuore umano, come, per esempio, il bisogno di amare e di essere amati. In ogni caso è innegabile che tutte le culture (del passato come del presente) si siano

Un’invenzione della vanità umana?

È la solita vanità umana che si proietta anche nel futuro e inventa per sé una vita che si prolunghi anche nel tempo della morte. Gli dei, la metempsicosi, la sacralità dei defunti sono invenzioni e sogni puerili dei mortali, bramosi di non nire mai.

(Plinio il Vecchio, Storia naturale)

Scritte sulle tombe di defunti

Ieri:

«Io fui strappato prima del mio tempo, glio di un piccolo numero di giorni… e qui riposo per l’eternità».

(Iscrizione fenicia di Sidone, 300 a.C.)

«Aquatu vive né mai morirà».

(Tavoletta di Ugarit, 1195 a.C.)

Oggi

«Qui riposiamo in attesa della risurrezione».

(Scritta all’ingresso di un piccolo cimitero cristiano contemporaneo)

«Cara So a, ci hai solo preceduti; presto saremo di nuovo tutti insieme nel grande Dharma»

(Sulla tomba di una ragazza induista, 2022)

326

confrontate con il tema della morte e dell’aldilà, lasciandoci un patrimonio incredibilmente ricco.

“Aquatu vive”

Tra fascino e tremore

Come affermava il grande studioso Rudolf Otto, quando affrontiamo il tema del trascendente e ci avviciniamo al sacro esso ci appare nella sua duplice forza: come mysterium tremendum, che ci ispira paura, timore… e come mysterium fascinans, che ci attrae e ci conduce all’estasi. Il “timore” ci invoglia alla fuga, ma il “fascino” ci spinge all’incontro. Ecco perché indagare su determinati argomenti, come quello sull’”aldilà”, ci inquieta e ci affascina nello stesso tempo. E questo è anche il motivo per cui riteniamo che alcuni “perché” debbano essere affrontati con l’intelligenza del cuore che riesce ad andare più in profondità della ragione. Infatti è proprio nella zona di “confine” che l’intuizione del cuore deve esercitarsi maggiormente per vedere “più in là”, come indica la poesia di Eugenio Montale a cui facciamo riferimento. Certi argomenti non possono essere trattati con disinvoltura e superficialità, con delle battute, come se si parlasse del più o del meno. L’interrogativo sull’aldilà chiama in causa tutto noi stessi - corpo, mente, e cuore - e deve essere affrontato globalmente. Con ciò vogliamo dire che non basta un approccio puramente razionale, così come pure che è sbagliato uno soltanto emotivo. Anche in questo caso bisogna saper affrontare il tema con cervello e cuore, con intelligenza e intuizione, con ragione e fede, come abbiamo cercato sempre di suggerirvi.

SPUNTI OPERATIVI

● «Avevamo sempre sentito i preti parlare del paradiso. Decidemmo di veri care noi stessi, e mandammo Gagarin nello spazio. Ebbene, il cielo era vuoto; non c’era niente lassù in alto». A quanto pare così avrebbe commentato nel 1961 Nikita Kruscev, allora presidente dell’URSS (ex Unione sovietica), dopo lo storico invio del primo uomo nello spazio. Che e etto fa sentire oggi questa frase?

● Scrive il poeta Eugenio Montale (1896-1981): «Tutte le immagini portano scritto “più in là”». A che cosa allude?

(Eugenio Montale, da Maestrale)

Rudolf O o

(1869-1937) è un noto losofo della religione e un teologo tedesco. Le sue opere principali sono Il sacro (1917) e Saggi sul numinoso (1923).

Niente e nessuno muore

Dio della vita, sei tu che nasci, che continui a nascere in ogni vita.

Voce per chi muore ora: perché non muore, non muore nessuno: niente e nessuno muore perché Tu sei.

Tu sei

e tutto vive, è il Tutto in te che vive: anche la morte!

(David Maria Turoldo, sacerdote e poeta)

327 Tema 12 I PERCHÉ dei giovani
« Sotto l’azzurro fitto del cielo qualche uccello di mare se ne va;né sosta mai: perché tutte le immagini portano scritto “più in là”».

MIRACOLI i ono?

Avolte capita di incontrare qualcuno o di ascoltare sui social chi asserisce di credere nei miracoli. In un mondo non proprio così attento a tutto ciò che è spirituale, fa pensare tutta questa attenzione allo straordinario e al miracoloso, tanto che viene in mente ciò che disse qualche tempo fa il cardinal Giacomo Biffi, già arcivescovo di Bologna: «Nella sua crisi d’identità religiosa la società attuale ha finito col credere a tutto, persino a vedere miracoli dove non ci sono». La frase riecheggia quella dello scrittore e fine umorista inglese

Gilbert Keith Chesterton: «Chi non crede in Dio non è vero che non crede in niente perché comincia a credere a tutto». Difficile dargli torto; solo attorno a maghi, fattucchieri e oroscopi ogni anno c’è un bel giro di soldi.

Tutta una tru a?

Ma allora anche i “miracoli” rientrano per caso in questo giro di affari che sfrutta la creduloneria della gente?

Nei Vangeli si parla spesso di miracoli di Gesù e leggendo la vita dei santi è innegabile che non sono pochi i miracoli o i fatti singolari che vengono riportati. Cosa ne pensa il credente? È possibile trovare una spiegazione naturale di questi fatti, oppure effettivamente sono interventi miracolosi che dobbiamo attribuire a Dio?

A questo proposito ci sembrano sempre molto valide le risposte date già diversi anni fa dal professor Roberto Zavalloni, un francescano esperto di psicologia religiosa. Riportiamo a riguardo questa intervista.

Nella vita dei santi si parla spesso di miracoli, di estasi, visioni, stimmate Sono fatti soprannaturali o hanno una spiegazione psico-fisiologica?

«Faccio delle lezioni intere su questi problemi e spiegare in poche parole temi così complessi è un po’ difficile. In generale direi che non bisogna aver fretta di tirar in ballo il soprannaturale. Per quanto è possibile, dobbiamo cercare di trovare delle spiegazioni umane di questi fenomeni. Per esempio, credo che l’estasi non possa mai essere considerata un miracolo, perché si trovano sempre spiegazioni naturali. Anche sulle stimmate molte cose sono spiegabili scientificamente. Una scoperta, anche per me interessante, è stata quella che nelle persone sante ci possano essere degli elementi particolarmente patologici, causati cioè da malattie. [...] Un criterio che considero sempre valido, anche se non sufficiente, è quello stesso che presenta il Vangelo: “li riconoscerete dai loro frutti”. In sintesi, si può dire che tutti i vari fenomeni considerati “miracolosi” sono comunque sempre complessi. Scartate tutte le ipotesi di natura fisiologica, possiamo dire che il 99,9 % dei casi sono riconducibili a frodi o forme di autolesionismo, uno su mille è autentico».

La era dei miracoli

Un miracolo normale, e come chiamarlo altrimenti: oggi il sole è sorto alle 3.14 e tramonterà alle 20.01. Un miracolo che non stupisce quanto dovrebbe: la mano ha in verità meno di sei dita, però più di quattro. Un miracolo, basta guardarsi intorno: il mondo onnipresente. Un miracolo supplementare, come ogni cosa: l’inimmaginabile è immaginabile.

328 12.
I
(Wislawa Szymborska, poetessa polacca, Premio Nobel per la letteratura 1996)

È un modo discreto per dire che non c’è niente di soprannaturale o di miracoloso?

«No, non dico questo. Non nego che ci possano essere dei casi rarissimi in cui questi fenomeni siano autentici, ma nella maggioranza si tratta di fraudolenza, anche se in buona fede. Il miracolo esiste. Ci sono dei fatti straordinari, di origine preternaturale, che dobbiamo far rientrare nella categoria del miracolo».

Ma questo lo dice perché è credente e sacerdote, o come uomo di scienza?

«Lo dico perché esistono nel nostro mondo dei casi - ripeto rarissimi - che non possono essere spiegati scientificamente. Oggi abbiamo a disposizione più criteri per entrare nel profondo della psiche umana, la sfera del miracolo si è ridotta, ma esistono! Alcune settimane fa mi sono occupato di due miracoli per la Congregazione dei santi. Ci sono dei fatti che sorprendono molto anche me. Una persona, per esempio, ha avuto dalla sera alla mattina una terza dentizione totale (riproduzione dei denti), un fenomeno non conosciuto in nessun’altra parte del mondo. È stato impiegato anche il cervello elettronico per trovare delle spiegazioni valide, ma senza risultato»

(Da Sergio Bocchini, Tra oroscopi e magia, in Mondo Nuovo, n. 73/1993, Elledici)

Credenti, non creduloni

Di fronte ad uno dei tanti eventi miracolosi annunciati dai mass-media - il caso di un fruttivendolo che nel 2008 si diceva avesse le stimmate - il vescovo locale, con la prudenza che in questi casi contraddistingue le autorità religiose, dichiarava alla stampa: «So che il confine tra la patologia psichiatrica e il soprannaturale è spesso labile. Ho affidato il caso a degli esperti per un accurato esame. Io non voglio dire nulla, finché questa indagine non sarà conclusa» (mons. Gerardo Pierro, all’epoca del fatto vescovo di Salerno). E infatti nel 2018 è stato scoperto che il “santone” era un truffatore, accusato anche di molestie e abusi. Come ricordava il vescovo e anche il prof. Zavalloni nell’intervista riportata, spesso i confini in questa materia sono sottili, ed è facile più che “credenti” dimostrarsi “creduloni”. Ma dall’altra non dobbiamo nemmeno esagerare nell’essere cinici e increduli. Il miracolo vero, ci ricordava il professore intervistato, esiste, anche se in casi molto rari e limitati. Il credente sa che il soprannaturale è una realtà della fede, anche se invisibile agli occhi e non dimostrabile razionalmente, come sa anche che sono molti i miracoli “normali” che accadano intorno a noi, spesso senza che noi ce ne rendiamo conto, come descrive bene la poesia che riportiamo.

Preternaturale

Qualcosa che è al di fuori della natura normale o delle leggi naturali.

SPUNTI OPERATIVI

● Cosa vi colpisce in questa scheda?

● E per voi cos’è un “miracolo”?

● Qual è il miracolo “quotidiano” che vi sorprende di più?

Cos’è il miracolo?

Il miracolo da miror: “mi meraviglio, ammiro” sta a indicare qualcosa di straordinario, che desta attenzione e stupore. Questo avvenimento è voluto da Dio, che può servirsi anche di una qualsiasi creatura, per trasmettere un messaggio al mondo. Non è una violazione delle leggi della natura, ma un fatto eccezionale che supera il ritmo normale delle cose.

(Cardinal José Saraiva Martins, già prefetto della Congregazione per le cause dei santi)

329 Tema 12 I PERCHÉ dei giovani
Jean Louis Forain, Il miracolo, 1925.]

13. SCIENZA contro fede?

Risponderemo alla domanda posta nel titolo con la testimonianza di uno scienziato che si dichiara anche credente. Si tratta di William Daniel Phillips, docente presso prestigiose università e premio Nobel per la fisica. Parlando di sé e delle sue scelte religiose lo scienziato dichiara: «Molti credono che la scienza, offrendo spiegazioni, si opponga alla comprensione che l’universo è una creazione amorevole di Dio ritengono che la scienza e la religione siano nemici inconciliabili. Ma non è così». Ne spiega il motivo attraverso la sua esperienza: «Io sono un fisico. Faccio ricerca tradizionale, pubblico in riviste, formo studenti e ricercatori post-dottorato, cerco di imparare come funziona la natura. In altre parole, io sono uno scienziato ordinario. Sono anche una persona di fede religiosa. Frequento la chiesa, canto nel coro gospel, di domenica vado al catechismo, prego regolarmente, cerco di fare giustizia, amare la misericordia e camminare umilmente con il mio Dio. In altre parole, io sono una persona comune di fede». Dopo questa confessione, prosegue: «Per molte persone, questo mi rende in contraddizione: uno scienziato serio non può credere seriamente in Dio. Ma per molte più persone, io sono una persona come loro. [...] La maggioranza delle persone che conosco non ha alcuna difficoltà ad accettare la conoscenza scientifica e mantenere la fede religiosa». Prosegue il Premio Nobel: «Come fisico sperimentale, ho bisogno di prove concrete, esperimenti riproducibili, e la logica rigorosa per supportare qualsiasi ipotesi scientifica. Come può una tale persona basarsi sulla fede?».

Due domande ricorrenti

Il professor Phillips racconta che sono due le domande che in genere gli vengono poste: 1. Come può uno scienziato credere in Dio? 2 Perché crede in Dio?

«Alla prima rispondo - dichiara il professore - che uno scienziato può credere in Dio perché tale convinzione non è una questione scientifica […]. Non è necessario che ogni dichiarazione sia un’affermazione scientifica, né sono non-scientifiche, inutili o irrazionali dichiarazioni del tipo: “Canta magnificamente”, “È un uomo buono”, “Ti amo”… Sono tutte affermazioni non-scientifiche che possono essere di grande valore. La scienza non è l’unico modo utile per guardare alla vita»

«Alla seconda domanda: Perché credo in Dio? - è sempre il professor Philips che parla - rispondo che, come fisico, guardo la natura da una prospettiva particolare. Vedo un universo ordinato, bellissimo, in cui quasi tutti i fenomeni fisici possono essere compresi da poche semplici equazioni matematiche. Vedo un universo che, se fosse stato costruito in modo leggermente diverso, non avrebbe mai dato vita a stelle e pianeti. […] Molti validi scienziati, partendo da queste osservazioni, hanno concluso che un Dio intelligente deve

Wi iam Daniel Phi ips

Fisico statunitense (nato nel 1948), che ha vinto il premio Nobel per la sica nel 1997 Membro del NIST (National Institute of Standards and Technology) è stato docente presso l’Università del Maryland. Si dichiara cristiano praticante ed è tra i fondatori dell’International Society for Science & Religion

Una lezione di umiltà

«Ciò che sappiamo è una goccia, ciò che ignoriamo è un oceano». Così a ermava il grande Isaac Newton (1643-1727), ma ancora oggi nel terzo millennio, ciò che conosciamo dell’universo è solo il 5% della materia esistente.

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avere scelto di creare l’universo con questa bella, semplice e vivificante proprietà. Molti altri validi scienziati sono tuttavia atei. Entrambe le conclusioni sono posizioni di fede. Recentemente, il filosofo e per lungo tempo ateo Anthony Flew ha cambiato idea e ha deciso che, sulla base di tali elementi di prova, bisogna credere in Dio. Trovo questi argomenti suggestivi e di sostegno alla fede in Dio, ma non sono conclusivi. Iocredo in Dio perché sento la presenza di Dio nella mia vita, perché riesco a vedere le prove della bontà di Dio nel mondo, perché credo nell’Amore e perché credo che Dio è Amore».

Ma questo, conclude, «mi rende una persona migliore o un fisico migliore di altri? Difficilmente. Conosco un sacco di atei che sono sia persone che scienziati migliori di me. Sono libero di dubbi su Dio? Difficilmente. Domande sulla presenza del male nel mondo, la sofferenza di bambini innocenti, la varietà del pensiero religioso e altre imponderabili mi obbligano spesso a chiedermi se ho ragione; e mi lasciano sempre cosciente della mia ignoranza. Ciò nonostante, credo più a causa della scienza che a dispetto di essa, ma alla fine soltanto perché io credo. Come ha scritto l’autore della lettera agli Ebrei: “la fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di cose che non si vedono”».

L’una non esclude l’altra

Il tema del rapporto tra scienza e fede è complesso e non vogliamo certo esaurirlo in poche righe. Come si sottolinea anche nel box accanto, scienza e fede si completano a vicenda. Sintetizzando possiamo dire che la scienza si occupa dei fatti, dei fenomeni, delle teorie e cerca di rispondere alla domanda come?; la fede si preoccupa di interrogativi non scientifici che le persone si portando dentro. Risponde a quei perché? che rimangono aperti nel profondo di ognuno di noi: “Perché sono al mondo? Che senso ha la mia vita? Perché il male?”. Le risposte a queste domande danno senso e significato alla vita di molti, ma che si appellano alla ragione del cuore più che alla scienza. Scienza e fede non devono affatto autoescludersi a vicenda. Come auspicava il teologo e scienziato cattolico padre Teilhard de Chardin «la scienza con le sue analisi non deve turbare la nostra fede. Essa deve piuttosto aiutarci a meglio conoscere, comprendere ed apprezzare Dio. Sono convinto che non ci sia per la vita religiosa nutrimento naturale più potente del contatto con le realtà scientifiche ben comprese» (da Cristo e la scienza, 1921).

SPUNTI OPERATIVI

● Che ne pensate delle parole di Teilhard de Chardin citate nella conclusione della scheda?

● Qual è la vostra opinione sul rapporto tra scienza fede?

Amiche, non nemiche

Scienza e religione pongono domande diverse sulla realtà: nel primo caso come accadono le cose; nel secondo se c’è signi cato, scopo e valore in ciò che accade, questioni che la scienza tende ad escludere dal suo discorso. Scienza e religione, quindi, si completano a vicenda, piuttosto che essere rivali sullo stesso terreno. Per una piena comprensione abbiamo bisogno di entrambi i modi di intuizione. La comune ricerca della verità rende la scienza e la religione amiche e non nemiche.

(John Polkinghorne, sico, matematico e teologo anglicano)

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Cri o sì, Chi a no?

Pagine ordinarie, controverse ed eroiche della storia cristiana

Spesso, in classe come fuori, viene fuori la provocazione che è posta nel titolo di questo dossier e a cui fa riferimento anche la vignetta. In circa duemila anni di storia cristiana molti hanno visto nella Chiesa (composta dalle varie comunità e confessioni nate storicamente lungo i secoli) più un ostacolo che un aiuto alla fede. Ma dal punto di vista del cristiano (di coloro che si riconoscono “di Cristo”) il messaggio di Gesù e quello della Chiesa non si escludono affatto né sono in contraddizione, come abbiamo già avuto modo di illustrare. Infatti, è Gesù stesso che fonda la comunità cristiana, a dando la diffusione del suo messaggio ai discepoli: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura» (Marco 16,15). In quest’ottica la Chiesa non è nient’altro che il “prolungamento di Cristo nei secoli”.

Una Chiesa santa e peccatrice

Nel suo aspetto umano, la Chiesa ha commesso e continua a commette molti errori, che ovviamente scandalizzano anche il credente, ma non per questo lo portano a separare Cristo dalla Chiesa. Già nel Vangelo è scritto chiaramente che il grano buono e l’erba cattiva (zizzania) sono destinati a convivere a lungo, prima di essere separati, così come i pesci buoni con quelli cattivi. Questo però non signi ca a atto accettare il male presente nella Chiesa, o far nta di niente. Tutt’altro: la zizzania deve essere distinta dal grano, così come i pesci buoni da quelli cattivi, ma con la lungimiranza e la sapienza di Gesù che invita a considerare tutti gli esseri umani - compresi gli uomini e le donne di Chiesa - non immuni da errori e peccati. Chi sbaglia dovrà ovviamente espiare i propri errori, tenendo presente che questi non possono essere considerati solo dei “peccati” da confessare nel segreto del confessionale. Ci deve essere, cioè, qualcosa che alla luce del sole va a sanare pubblicamente le zone d’ombra della Chiesa.

Pesci buoni e cattivi

Gesù disse: «Il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla ne».

(Matteo 13,47-49)

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Scopo e nalità del dossier ...........................................................................................

Questo dossier vuol portare avanti, in modo simile e ancora più approfondito, la ri essione iniziata con “Sfogliando l’album della Chiesa” (v. Dossier Tema 6). Sono infatti molte le domande che a orano quando si toccano temi che riguardano la Chiesa in generale, o più speci camente quella cattolica a cui l’Irc fa direttamente riferimento. Queste pagine non vogliono essere comunque una sorta di “Breve storia della Chiesa” e nemmeno limitarsi alla presentazione di ciò che storicamente riguarda il solo cattolicesimo. L’ottica generale sarà quella ecumenica: la storia - nel bene e nel male - appartiene a tutte le Chiese o confessioni cristiane, pur operando le opportune distinzioni. Infatti il messaggio di Cristo è unico, anche se suddiviso o frastagliato in tante Chiese e comunità di erenti, unite

1. Pagine ordinarie

“La verità fa male, ma rende liberi”

In un’intervista del settembre 2021 a Radio Cope, un’emittente spagnola, papa Francesco ha ammesso che nel cattolicesimo vi sono stati, anche recentemente, diversi scandali di abusi sui minori e altri reati, compreso un processo fatto in Vaticano che ha «coinvolto un cardinale su presunti illeciti nella gestione delle nanze». Ma ha sottolineato di «non aver paura della trasparenza né della verità: a volte fa molto male, ma la verità è ciò che ci rende liberi». Questo invito a non avere paura della verità ci sembra essere - nonostante tutti gli errori e tradimenti di ieri e di oggi - una delle costanti della storia cristiana, animata fin dagli inizi dal coraggio evangelico di testimoniare al mondo la speranza di Cristo. È questa “non paura della verità” che rende la comunità cristiana, nelle

però nel suo nome. Con questo taglio analizzeremo innanzitutto le tante paginedella storia cristiana considerate ordinarie: quelle di tutti i giorni, in cui le cose trascorrono tranquille, senza che nulla di straordinario accada; sono certamente le pagine più numerose. Ma accanto a queste non mancano le pagine eroiche - tutt’altro che poche e isolate - mostrate dai credenti con soddisfazione e orgoglio, come d’altronde capita a tutti noi con le cose positive e belle. Ci sono in ne anche le cosiddette pagine controverse, quelle non proprio facili da presentare e motivare, di cui si farebbe volentieri a meno. Però ci sono e non possiamo certe ignorarle. Anch’esse fanno parte, a pieno titolo, della plurimillenaria storia cristiana.

sue varie forme ed espressioni, ancora oggi credibile e pienamente incarnata nella storia, pronta a curare non solo le proprie ferite, ma anche quelle dell’umanità.

Abusi: un problema non solo cattolico

La comunità anglicana n dagli anni 1980 è stata devastata da alcuni dei più clamorosi scandali di abusi su minori e pedo lia dell’intero mondo anglosassone. Nel venerdì santo del 2002 William Persell, vescovo di Chicago della Chiesa Episcopaliana - la branca statunitense della Comunione Anglicana - dichiarava in un sermone: «Saremmo ingenui e disonesti se dicessimo che quello della pedo lia è un problema della Chiesa cattolica e non ha nulla a che fare con noi anglicani perché abbiamo preti sposati e donne prete. Non è così»

Chiesa, ospedale da campo ...........................................................................................

Sempre papa Francesco, consapevole del primato particolare a dato n dall’antichità alla Chiesa di Roma sulle altre Chiese cristiane, ha richiamato tutti, credenti e non, a vivere in armonia con i fratelli e con tutto il creato, sull’esempio di san Francesco d’Assisi.

Con una felice espressione ha paragonato la Chiesa (e non solo quella cattolica) ad un ospedale da campo: «Io vedo con chiarezza che la cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi è

Do ier Tema 12 I PERCHÉ dei giovani
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la capacità di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità. Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia... Occorre curare le ferite...E bisogna cominciare dal basso» (intervista dell’agosto del 2013 al direttore di Civiltà Cattolica Padre Antonio Spadaro).

L’immagine della comunità ecclesiale come “ospedale da campo” è certamente tra le più signi cative della storia cristiana contemporanea. La Chiesa di Cristo viene paragonata ad un ospedale di emergenza dove ci si pren-

de cura di ogni persona ferita o bisognosa di assistenza, senza fare troppe domande o chiedere certi cazioni di appartenenza, così come abbiamo visto fare in questi anni da molti volontari, credenti e non. Proprio Gesù nel Vangelo ci ricorda che ciò che fa la di erenza sono i gesti d’amore concreti: «Avevo fame, e mi hai dato da mangiare; avevo sete e mi hai dato da bere…» (Matteo 25, 35-44).

Una visione poliedrica ...................................................................................................

La Chiesa di Cristo deve guardare a se stessa in una visione sempre più ecumenica, ispirandosi alla gura geometrica del poliedro. A ermava papa Francesco: «LaChiesa di Cristo è una nella diversità o, come dice una bella espressione, una “diversità riconciliata dallo Spirito Santo”». Tra le varie immagini che in genere vengono proposte per indicare l’unità della Chiesa, il papa argentino esclude comunque quella della sfera, dove tutti i punti sono equidistanti dal centro e quindi uguali. «Questapiù che unità è uniformità – osserva – e loSpirito Santo non favorisce certo l’uniformità». Suggerisce invece un’altra gura geometrica di riferimento: «Il poliedroè un’unità, ma con tutte le parti diverse –spiega – ognuna ha la sua peculiarità, il suo carisma. Questa è l’unità nella diversità» che sta alla base dell’ecumenismo.

2. Pagine controverse

Se molte sono le pagine ordinarie, belle e signi cative, che descrivono la Chiesa attuale, non si può dire altrettanto di tante pagine del passato, alcune piuttosto controverse e problematiche. In questo dossier accenneremo ad alcune di queste, senza la pretesa di esaurire in poche righe vicende problematiche e molto complesse. Presenteremo brevemente alcune di queste pagine per lo più sotto forma di box o riquadri, rimandando per approfondimenti a ricerche speci che. In questo contesto ci sembra però importante mettere in evidenza che an-

Ecumenismo: il volto più credibile del cristianesimo

Uno dei volti più credibili e più convincenti del cristianesimo è l’ecumenismo. [...] Se la Chiesa vuole essere una Chiesa e non una setta, deve giungere a una nuova comprensione di se stessa e sviluppare più pienamente la sua “cattolicità”, l’universalità della sua missione, sforzandosi di essere veramente “tutto a tutti”. Facendolo, non deve perdere la sua identità. Ma l’identità del cristianesimo non è qualcosa di statico, dato una volta per tutte sotto una forma immutabile.

(Tomás Halík, prete e sociologo cecoslovacco)

che queste pagine non proprio eroiche devono essere inquadrate nel loro contesto storico. Isolarle e leggerle al di fuori della loro collocazione, senza tener presente la mentalità e i valori del tempo, è sempre sbagliato, perché si operano delle forzature che non sono giusti cate, anche se è vero che i principi evangelici di amore e fratellanza rimangono uguali del tempo, senza eccezioni.

Le crociate e le guerre sante ...............................................

Le crociate furono spedizioni militari, benedette e volute dalla Chiesa latina, con lo scopo di liberare i luoghi considerati sacri dai cristiani (in particolare Gerusalemme eil Santo Sepolcro) dal dominio musulmano. Il periodo delle crociate copre quasi due secoli (1096-1291), coinvolgendo, per l’epoca, un numero piuttosto elevato di guerrieri, circa 200mila. Sono otto le spedizioni militari che furono organizzate per liberare la Terra Santa,

Do ier 334 Tema 12 I PERCHÉ dei giovani

ma è necessario evidenziare che il termine “crociata” venne esteso anche ad altre azioni belliche all’interno del mondo cristiano, per esempio la crociata contro gli eretici Catari del XIII secolo. In questo senso possiamo dire che le “crociate” furono una realtà complessa, non nalizzata soltanto alla liberazione della Terra Santa dal dominio musulmano, ma legata anche ad altre esigenze, in particolare politiche ed economiche, come descritto nel box qui accanto.

Per molti secoli le crociate sono state messe in rapporto con la “guerra santa” (imposizione violenta del battesimo agli “infedeli”) e quindi con l’intolleranza religiosa. In realtà esse prescindevano dal problema della liceità o meno che esistessero religioni non cristiane, limitandosi a rivendicare alla cristianità il possesso della Terra Santa e la libertà del pellegrinaggio. In questo senso, anche se non mancarono gravi episodi d’intolleranza, le crociate non sono “guerre sante”, nalizzate in senso stretto alla conversione degli infedeli.

In sintesi possiamo dire che le crociate furonouna serie di attività religiose e militari prive di una struttura unitaria, determinate da cause religiose, politiche ed economiche

Una rilettura storica delle crociate

Considerate per secoli come “guerre sante” contro gli “infedeli”, oggi le crociate sono viste dagli storici su piani diversi: al di là del signi cato religioso-militare per la riconquista della “Gerusalemme terrestre”, hanno rappresentato un pellegrinaggio armato durato due secoli, una migrazione/ colonizzazione di massa degli europei nel Vicino Oriente, da Costantinopoli alla Siria; un tentativo per sancire la supremazia del Papato su re e imperatori occidentali e per stabilire il primato della Chiesa di Roma su quella bizantina; un modo di “esportare” in terre lontane la violenza feudale che in ammava l’Europa per paci care quest’ultima. Si conclusero con la scon tta militare dei cristiani, che peraltro andavano ormai guadagnando la supremazia economica nel Mediterraneo.

(Dalla Presentazione di Franco Cardini, Le crociate, Solferino, 2021)

molto diverse tra loro e a cui solo successivamente si volle dare una unitarietà ideologica. La stessa parola “crociata” venne utilizzata per la prima volta solo nel Settecento, in riferimento alla croce che i partecipanti alle spedizioni avevano cucita sulle vesti (cruce signati) che li identi cava come pellegrini e combattenti. Prima si utilizzavano termini generici come “viaggio” o “pellegrinaggio” in Terra Santa.

È indubbio che i secoli dell’Inquisizione, sono tra le pagine più discusse e controverse della storia cristiana, fenomeno che viene letto e interpretato senza tener su cientemente conto del contesto generale e delle varie epoche storiche in cui operavano i tribunali dell’inquisizione. Non esiste, per iniziare, una sola inquisizione, ma varie inquisizioni, geogra camente localizzate in realtà piuttosto diverse tra loro (quella spagnola, anche per numero di processi, di metodi di interrogatorio e di condanne è ben di erente da quella romana o portoghese). In ogni caso questa istituzione, nata all’inizio del XIII secolo, ha dominato la vita degli stati cattolici per quasi cinque secoli.

Ha installato i suoi tribunali ovunque, processando eretici e streghe, indios analfabeti e dotti teologi, scienziati e gente del popolo, uomini di Chiesa, ebrei, protestanti e musulmani, adulteri e mistici... Tra i processi che l’hanno resa tristemente famosa non solo quelli a personaggi conosciuti, come Giordano Bruno e Galileo Galilei, ma anche a tante povere donne bruciate come streghe. I processi dell’Inquisizione hanno legato parte della storia della Chiesa a tanti drammi umani ed eventi tragici, ma non si dimentichi comunque che l’uso della tortura duran-

L’inquisizione protestante

Molti pensano che l’Inquisizione sia un fenomeno solo cattolico; ma non è così. Per esempio gli Stati protestanti furono i primi ad impiegare la tortura e il fuoco per eliminare streghe e stregoni dalle città dell’Europa centrale, distinguendosi per zelo e numeri di morti. Stando infatti ai documenti, sembrerebbe che il giudice protestante Carpzovius abbia rmato 20.000 sentenze di morte e che nel 1589 siano stati uccisi 133 stregoni nella sola cittadina di Quedlingburg (Germania). Inoltre in nessuna parte d’Europa la fobia degli stregoni fu così violenta come nella Scozia calvinista.

Do ier Tema 12 I PERCHÉ dei giovani
La “Santa Inquisizione” .................................................................................................
Jean Paul Laurens, Gli uomini dell’Inquisizione, 1889.

te i processi, come anche la condanna a morte, era una prassi comunemente accettata da tutti i governanti, ed è tutt’altro che una caratteristica del tribunale ecclesiasti-

co dell’Inquisizione, che invece aveva introdotto regole e norme per limitarne l’uso ed evitare gli eccessi, anche se eccessi e abusi non sono comunque mancati.

Date e personaggi dell’inquisizione

• 1307: Dolcino, frate guerriero, processato, torturato e condannato al rogo.

• 1431: Giovanna d’Arco, la pulzella d’Orléans, accusata di eresia e bruciata.

• 1482: Tomás de Torquemada, nominato “Grande Inquisitore” per le province di Aragona e Castiglia.

• 1600: Giordano Bruno, frate, losofo e alchimista; ri uta di abiurare e viene arso vivo a Roma.

• 1633:Galileo Galilei, astronomo orentino, abiura le proprie convinzioni e viene mandato in esilio.

Le guerre di religione in Europa

Si tratta qui di una serie di guerre combattute in Europa, quasi tutte dalla fine del conflitto tra Francia e Spagna (Pace di Cateau-Cambrésis del 1559) fino alla conclusione della Guerra dei trent’anni (1618-1648). Questa è un’altra pagina buia per la cristianità, segnata da un lungo periodo di lotte fra cristiani, in seguito alla Riforma protestante e la conseguente rottura dell’unità religiosa in Occidente. Per più di un secolo l’Europa è stata attraversata da conflitti alimentati dall’odio religioso: cattolici e “riformati” in Inghilterra, in Francia e nelle regioni dell’impero si sono a lungo combattuti, spesso con grande ferocia, offrendo anche la copertura ad interessi politici e sociali dei vari contendenti (sovrani, principi, classi sociali), prima di arrivare ad accet-

La radice ebraica e i rapporti con gli ebrei

Tra le pagine problematiche e di cili della storia cristiana un posto particolare spetta alla lunga scia di odio antigiudaico e di persecuzioni nei confronti del popolo ebraico. Che gli ebrei, lungo la loro storia millenaria, siano stati perseguitati da vari popoli, e ben prima del cristianesimo, è risaputo. Purtroppo le persecuzioni nei loro confronti (con l’accusa di “deicidio”, cioè di aver ucciso Gesù, il Figlio di Dio) sono state terribili e ingiusti cate per secoli. Nella foga di accusarli, i cristiani hanno dimenticato l’origine ebraica di Gesù e della Chiesa primitiva, rinnegando persino di avere un’origine comune. Ma la radice ebraica del cristianesimo è innegabile e solo recentemente è stata riconosciuta dalle varie Chiese cristiane. Rimane la memoria storica delle numerose persecuzioni subite dagli ebrei, in particolare dall’Inquisizione e poi quella di matrice nazista, passata alla storia come Shoah, che hanno caratterizzato in negativo la storia del XX secolo d.C. Nell’incontro del settembre 2021 con la comunità ebraica di Bratislava (dove un tempo c’era la sinagoga e ora c’è un memoriale), papa Francesco, ha ricordato che «la memoria non può e non deve cedere il

(N. Benazzi - M. D’Amico, Il libro nero dell’Inquisizione, Piemme, 2001)

Il massacro di San Bartolomeo

La notte di San Bartolomeo in Francia (23-24 agosto 1572) è passata alla storia per uno dei più orribili atti di fanatismo e d’intolleranza religiosa, anche se la religione, in realtà, c’entrava solo in parte. All’origine, infatti, di quella orrenda strage (si stima che morirono tra 5 000 e 30 000 protestanti francesi, detti ugonotti, compresi donne e bambini) c’erano le sottili e machiavelliche strategie politiche della monarchia.

tare che all’interno di un singolo Stato potessero convivere confessioni cristiane differenti. Il processo che ha portato al riconoscimento della libertà religiosa e di coscienza nei principali Stati europei è stato molto lungo e si può considerare concluso solo nell’Ottocento.

posto all’oblio, perché non ci sarà un’alba duratura di fraternità senza aver prima condiviso e dissipato le oscurità della notte». «Siamo uniti - ha ribadito - nel condannare ogni violenza, ogni forma di antisemitismo, e nell’impegnarci perché non venga profanata l’immagine di Dio nella creatura umana» (Il Regno - Attualità 16/2021, 477).

Antigiudaismo

Antigiudaismo (o antiebraismo): il termine esprime una forte opposizione a tutto ciò che appartiene alla tradizione e alla religiosità ebraica. Indica un’ostilità generalizzata nei confronti dell’ebraismo che nasce soprattutto da motivazioni religiose in seno al cristianesimo. Il popolo ebraico (in toto) viene accusato di essere responsabile della morte di Gesù Cristo (“deicidio”).

Antisemitismo

Antisemitismo: è il risvolto “laico” dell’antigiudaismo. Il termine è stato coniato nel 1879 dal giornalista tedesco Wilhelm Marr per una violenta campagna antiebraica. “Semita” indica il ceppo da cui deriva la lingua ebraica (ma non solo). Il termine ha assunto la sua massima espressione nel XX secolo, durante il periodo nazista, in cui si è arrivati all’assurda teorizzazione dell’inferiorità della “razza” ebraica e la conseguente eliminazione.

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3. Pagine eroiche

Come accennavamo all’inizio, non sono poche le pagine belle ed eroiche della storia cristiana, anche se non altrettanto conosciute come quelle di cili e problematiche. Ma si sa, come ricorda il detto popolare: «l’albero che cade fa

più rumore dellaforesta che cresce». In questa parte del dossier vogliamo ricordare solo alcune di queste pagine, facendo presente che ve ne sarebbero molte altre.

Dalla Lettera a Diogneto ...............................................................................................

La prima pagina che presentiamo è un brano molto antico, appartenente ai primissimi secoli cristiani. Si tratta di uno scritto in greco, conosciuto come Lettera aDiogneto, risalente probabilmente alla seconda metà del II secolo d.C., il cui autore è ignoto. Lo scritto, indirizzato ad un certo Diogneto, fa parte dei cosiddetti “Padri apostolici”, che produssero quegli scritti a cui è attribuita la stessa autorità degli apostoli e una particolare vicinanza ai contenuti del Nuovo Testamento.

Così la letteradescrive la comunità cristiana primitiva: «I cristiani non si di erenziano dagli altri uomini né per territorio, né per il modo di parlare, né per la foggia dei loro vestiti. Infatti non abitano in città particolari, non usano qualche strano linguaggio, e non adottano uno speciale modo di vivere. Questa dottrina che essi seguono non l’hanno inventata loro in seguito a ri essione e ricerca di uomini che amavano le novità, né essi si appoggiano, come certuni, su un sistema loso co umano. Risiedono poi in città sia greche che barbare, così come capita, e pur seguendo nel modo di vestirsi, nel modo di mangiare e nel resto della vita i costumi del luogo, si propongono una forma di vita meravigliosa e, come tutti hanno ammesso, incredibile. Abitano ognuno nella propria patria, ma come fossero stranieri; rispettano

e adempiono tutti i doveri dei cittadini, e si sobbarcano tutti gli oneri come fossero stranieri; ogni regione straniera è la loro patria, eppure ogni patria per essi è terra straniera. Come tutti gli altri uomini si sposano ed hanno gli, ma non ripudiano i loro bambini. Hanno in comune la mensa, ma non il letto. Vivono nella carne, ma non secondo la carne. Vivono sulla terra, ma hanno la loro cittadinanza in cielo. Osservano le leggi stabilite ma, con il loro modo di vivere, sono al di sopra delle leggi. Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati. (…) Insomma, per parlar chiaro, i cristiani rappresentano nel mondo ciò che l’anima è nel corpo». (Lettera a Diogneto, capitoli 5-6)

Il Poverello d’Assisi .......................................................................................................

La seconda pagina è dedicata a San Francesco di Assisi (1182-1226) il santo che ha vissuto in povertà e in armonia con la natura, ri utando la ricchezza (il padre era un ricco mercante di sto e) e la vita militare a cui il padre lo vedeva destinato. Sull’esempio di Francesco furono molti i giovani che lo seguirono sulla via della preghiera, della povertà estrema e del servizio ai più umili e bisognosi. Si formò così il primo nucleo della comunità dei frati (frates, “fratelli”) che diedero nuovo impulso alla vita della Chiesa medioevale e sono tutt’oggi presenti (in varie famiglie o “ordini”) nella vita ecclesiale, testimoniando lo spirito del fondatore. Vogliamo ricordare questo grande santo, con la sua opera più celebre, Il Cantico delle creature (nota anche come Cantico di Frate Sole), composta intorno al 1224.

Cantico delle creature

Altissimo, onnipotente, buon Signore, tue sono le lodi, la gloria e l’onore e ogni benedizione.

A te solo, Altissimo, si confanno e nessun uomo è degno di nominarti.

Laudato sii, mio Signore, con tutte le tue creature, specialmente messer fratello sole (…)

Lodato sii, mio Signore, per sorella luna e le stelle; le hai formate in cielo chiare e preziose e belle.(…)

Lodato sii, mio Signore, per sorella nostra madre terra, la quale ci sostenta e governa, e produce diversi frutti, con ori colorati e erba.(…)

Lodate e benedite il mio Signore e ringraziate, e servitelo con grande umiltà.

Do ier 337 Tema 12 I PERCHÉ dei giovani
Primi cristiani in preghiera, Napoli, Catacombe di San Gennaro.

Di questo celebre testo poetico, considerato ilpiù antico della letteratura italiana di cui si conosca l’autore, ripor-

Monaci e “barbari”

Nel Medioevo, dopo il crollo dell’impero romano, sono stati i monaci di san Benedetto che hanno favorito la transizione ad una nuova forma di società, aiutando le popolazioni a convivere con i “barbari”. Anche oggi il ruolo della Chiesa cristiana è quello di aiutare la società a non aver paura dei nuovi “barbari” (come spesso sono visti gli immigrati e tutti quelli che arrivano in Italia e in Europa per sfuggire alle guerre e alla fame, o in cerca di un maggior benessere materiale), invitando a dar vita ad una società nuova, capace di dialogare con i nuovi venuti e di vedere anche gli aspetti positivi e utili delle migrazioni, evitando atteggiamenti intolleranti e xenofobi.

A Subiaco le radici dell’Europa unita Lavoro, rispetto della persona, dialogo: queste le tre radici che San Benedetto da Norcia (480-547 d.C.), il monaco che, in un mondo dilaniato dalla barbarie e molto corrotto, riuscì a creare nuove sorgenti di civiltà, di cui l’Abbazia di Montecassino, “la città sul monte” fu simbolo e faro. Ancora oggi questi tre valori sono dei validi punti di riferimento per l’Europa.

tiamo solo alcuni versi, rimandando alla lettura personale la versione integrale..

Scriveva il monaco Enzo Bianchi, fondatore della Comunità di Bose già alle prime avvisaglie dei grandi ussi migratori nel mar Mediterraneo: «Siamo davvero convinti di difendere la nostra identità di popolo e nazione civile fomentando il ritorno alla teoria che “l’uomo è lupo per l’altro uomo” (“homo homini lupus”) sia la soluzione migliore? Che “sicurezza” sarebbe mai quella imposta con la violenza, il sopruso, la vendetta, la violazione dei principi costituzionali? Se quella in cui siamo scivolati è un’emergenza, essa non ha il nome di un’etnia ma quello della nostra civiltà» (da La Stampa, 1 giugno 2008).

La statua di San Benedetto nella piazza centrale di Norcia.

Pulizia della memoria e richieste di perdono

Questa parte dedicata alla “pulizia della memoria” e alle richieste di perdono è una pagina che riguarda soprattutto la Chiesa cattolica degli ultimi decenni, in modo particolare Giovanni Paolo II, il papa originario della Polonia, a lungo vescovo di Roma (1978-2005) e proclamato santo nel 2014. Questo papa, in occasione del giubileo del 2000, ha chiesto scusa, a nome del cattolicesimo, per le malefatte che alcuni membri della Chiesa hanno commesso nei confronti del genere umano. Nelle comunità ecclesiale non tutti approvarono le richieste di perdono di papa Wojtyla; in diversi lo accusarono di aver messo in dubbio la credibilità alla Chiesa cattolica, mentre altri, invece, di essere stato troppo generico e che si doveva insistere di più sulla Shoah, sulle crociate, sui delitti dell’Inquisizione. Ma quel papa che veniva da un Paese dominato dal comunismo e che aveva so erto per la sua fede, non poteva certo essere accusato di debolezza, anche a livello personale e caratteriale. Se aveva lanciato l’iniziativa della pulizia della memoria e della richiesta del perdono, sapeva

benissimo che questa era un’arma a doppio taglio: da un lato rappresentava la massima apertura e lealtà; dall’altra, poteva sembrare solo uno stratagemma per chiudere col passato scomodo. Invece per papa Wojtyla quel gesto doveva lasciare un segno profondo nella Chiesa cattolica, così come poi e ettivamente è stato. A quel primo, solenne, atto di perdono, doveva seguire un diverso atteggiamento quotidiano, sia della gerarchia che dei fedeli, nel cambiare le cose in meglio su

cambiare le cose in meglio su

tutti quei punti per cui era stato chiesto perdono pubblicamente.

tutti quei punti per cui era

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Papa Giovanni Paolo II.

Missionari coraggiosi e controcorrente

Purtroppo con la scoperta di nuove terre lontane e la conseguente colonizzazione, molti sono stati gli abusi commessi dai conquistadores europei e dai missionari cristiani al loro seguito, per cristianizzare i nuovi territori, convertendo le popolazioni locali. Per la cultura dell’epoca gli indigeni non venivano considerati persone, ma “cose” da schiavizzare e sfruttare.

In mezzo a questa mentalità dominante e nell’indi erenza colpevole di molti uomini anche di Chiesa, emergono però gure di missionari eroici e controcorrente, come il domenicano Bartolomeo de Las Casas (1484-1566). Con le sue opere (Brevissima relación de la destrución de las Indias e la Historia de las Indias) e la sua attività di vescovo missionario, Las Casas contesta la mentalità dominante all’epoca che considerava gli indigeni “schiavi per natura”, ribadendo invece, l’uguaglianza di ogni persona, in nome dei principi evangelici. Così predicava aiconquistatori spagnoli: «Sono salito su questo pulpito per dirvi che tutti voi siete in peccato mortale e in esso vivete e morite, a causa della crudeltà e tirannia che usate contro queste genti innocenti. Ditemi: con che diritto e con che giustizia mantenete questi indios in una servitù così crudele e orribile?».

Grazie a questa sua denuncia, vennero compilate le “Leggi Nuove” rati cate da Carlo V, con le quali vennero abolite le  encomiendas, strutture organizzative agricole fondate su un sistema schiavistico-feudale, principale causa dello sfruttamento dei nativi americani. Certo gli abusi non sparirono del tutto, ma l’opera di Las Casas, come di altri coraggiosi missionari, sono pagine luminose non solo della storia della Chiesa, ma dell’umanità.

Un altro nome importante da ricordare è quello di Francisco de Vitoria (1483-1546), anche domenicano spagnolo, considerato tra i padri fondatori del diritto internazionale. Un’altra pagina eroica riguarda in ne le missioni dei gesuiti nell’America meridionale, in particolare in Paraguay, organizzate come dei villaggi indigeni, con una impronta fortemente comunitaria (reducciones de indios). L’idea era di creare una nuova società cristiana con i bene ci e le caratteristiche di quella europea, ma priva dei vizi e degli aspetti negativi. Per motivi politici le reducciones furono però chiuse dalle autorità coloniali. Un lm, bello e spettacolare, Mission (1986) è stato dedicato a questa esperienza, che ci ricorda il lavoro di tantissimi missionari cristiani, uomini e donne, che hanno dedicato e dedicano la loro vita a servizio dei più poveri, in ogni parte della Terra. Tra il 2000 e il 2021 sono stati circa 558 i missionari cattolici uccisi nel mondo.

LE RICHIESTE UFFICIALI DI PERDONO DELLA CHIESA CATTOLICA

• Per i peccati in generale: Paolo VI, 4 gennaio 1964 a Gerusalemme.

• Per le colpe commesse nel servizio della verità: Giovanni Paolo II, Promemoria Concistoro, 13 giugno 1994; Tertio Millennio Adveniente”, n.35.

• Per i peccati che hanno compromesso l’unità del Corpo di Cristo: Giovanni Paolo II, Tertio Millennio Adveniente , n. 34; Ut Unum Sint”, n.34 e 82.

• Per le colpe nei rapporti con Israele: Giovanni Paolo II, Mainz, 17 novembre 1980; Roma 7 dicembre 1991;  Commissione Rapporti con l’Ebraismo, “Noi ricordiamo” 4-16 marzo 1998.

• Per i comportamenti contro l’amore, la pace, i diritti dei popoli, il rispetto delle culture e delle religioni: Giovanni Paolo II, Assisi, 27 ottobre 1986; Santo Domingo, 13 ottobre 1992.

• Contro la dignità della donna e l’unità del genere umano: Giovanni Paolo II, Saluto domenicale, 10 giugno 1995;  Lettera alle donne, 29 giugno 1995.

• Nel campo dei diritti fondamentali della persona: Giovanni Paolo II, Yaoundé, 13 agosto 1985; Udienza generale, 3 giugno 1992.

• Per gli abusi sui minori: sia Benedetto XVI che papa Francesco hanno continuato a chiedere perdono, prima di tutto alle vittime, per i casi di pedo lia e gli abusi all’interno della Chiesa: 7 luglio 2014- Canada 29.07.2022

• Per la mentalità colonizzatrice e l’oppressione dei popoli indigeni, per tutti i membri della Chiesa cattolica che hanno cooperato ai progetti di distruzione culturale e assimilazione forzata: Papa Francesco -Canada 25 luglio 2022.

Do ier 339 Tema 12 I PERCHÉ dei giovani
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Il battesimo di alcuni indios.

Santi e sante sociali

L’attenzione all’aspetto sociale ha sempre fortemente caratterizzato la presenza cristiana nel mondo, soprattutto per il concetto centrale dell’incarnazione (Dio che si è fatto carne, cioè uomo, in Gesù). Concludiamo le pagine eroiche della Chiesa (in questo caso cattolica, ma sono molte le gure di spicco anche nel mondo protestante; una per tutte il dottor Albert Schweitzer 1875-1965, medico, musicista, pastore luterano) con una serie di personaggi, che hanno dato vita a molte iniziative a favore delle persone socialmente più svantaggiate, lasciando un segno che arriva no ai giorni nostri. Tra questi ricordiamo: san Giuseppe Benedetto Cottolengo (1786-1864) fondatore della Piccola casa della Divina Provvidenza, che ha dato e ancora dà una casa e assistenza a tante persone ammalate o indigenti, in particolare a ette da gravi handicap; san Giuseppe Cafasso (1811-1860) che ha dedicato la sua

vita all’assistenza ai carcerati e ai condannati a morte; san Giovanni Bosco (1815-1888) il “santo dei giovani” che con i suoi oratori e primi istituti professionali si è preoccupato di dare un’educazione e un futuro ai ragazzi più poveri. Ancora oggi i suoi salesiani (i religiosi da lui fondati) si dedicano alla formazione dei giovani in tutto il mondo. San Leonardo Murialdo (1828-1900) si dedicò anche lui ai giovani, in particolare all’insegnamento e alle attività artigianali preoccupandosi di insegnare un mestiere ai giovani gli di immigrati e alle persone socialmente svantaggiate. L’elenco di questi santi e sante “sociali” (tra le donne vi è per esempio la marchesa Giulia di Barolo, 1785-1864) potrebbe essere ancora molto lungo, ma ci limitiamo a quelli già citati.

Sono quindi tante le “pagine eroiche” che hanno lasciato un segno profondo, non solo nella società italiana ma un po’ in tutto il mondo. L’impronta di questo cristianesimo sociale, non solo cattolico, è ancora piuttosto presente e produce frutti positivi: si pensi alla forte attenzione alle problematiche sociali presente nelle comunità protestanti valdesi; alle molteplici attività svolte dal Gruppo Abele e Libera, ambedue volute da don Ciotti; signi cativa la testimonianza data dal Sermig trasformando una vecchia fabbrica di armi nell’Arsenale della Pace.

Uno sguardo al futuro

Dopo aver analizzato alcune pagine della storia cristianaalcune decisamente belle e a ascinanti, altre piuttosto problematiche e persino imbarazzanti - proviamo a trarre delle

ri essioni conclusive a questo dossier che, almeno secondo le nostre intenzioni, doveva essere di stimolo e di ri essione sulla presenza cristiana in più di duemila anni di storia.

Testimoni credibili .........................................................................................................

Certamente in questi lunghi secoli di presenza cristiana nel mondo, il ruolo e l’incidenza della Chiesa cristiana in generale, ma in particolare di quella cattolica (più vicina a noi, non solo geogra camente), è fortemente mutato. In questi ultimi decenni, tra l’altro, il cambiamento ci sembra ancora più vistoso e radicale. Come dichiarava il neo eletto arcivescovo di Torino, già presidente dei teologi italiani: «Se si guarda con lucidità la realtà, si prende sempre più profondamente coscienza che la nostra società non è più “normalmente cristiana”» (Roberto Repore, Lettera alla chiesa di Torino, 23 giugno 2022). Con questa espressione “non più normalmente cristiana”, il vescovo Repo-

le si riferisce alla Chiesa cattolica della sua diocesi, ma crediamo che il fenomeno sia ormai generalizzato e che riguardi molte altre Chiese cattoliche e non, presenti in Italia. Il calo più vistoso si evidenzia nella presenza alle messe domenicali, ma vale anche per quanto riguarda la frequenza ai sacramenti, in particolare tra i giovani e le persone di mezza età. È vero che i dati cambiamo in base anche alle realtà regionali italiane (Nord, Centro e Sud), ma in generale si può dire che c’è un calo considerevole circa i sacramenti dell’iniziazione cristiana (battesimi, comunioni, cresime) e nei matrimoni religiosi, come anche nelle vocazioni sacerdotali e religiose.

Do ier 340 Tema 12 I PERCHÉ dei giovani
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L’attuale struttura del Cottolengo, a Torino.
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Pur accettando questo indiscutibile dato, come aveva profeticamente intuito già diverso tempo fa l’allora cardinal Ratzinger (poi papa Benedetto XVI), l’avvenire della Chiesa non si basa sui numeri: «Il futuro della Chiesa – dichiarava Ratzinger – può venire solo dalla forza di coloro che hanno profonde radici e vivono con pienezza la loro fede. Esso non verrà da coloro che prescrivono solo ricette o si adeguano al momento che passa (...). Il futuro della Chiesa verrà fuori dai nuovi santi. E dunque da persone la cui capacità di percezione va al di là delle frasi, che sanno vedere più lontano degli altri, perché la loro vita abbraccia spazi più ampi [ ..]. Saranno costoro che testimonieranno la Chiesa di Gesù Cristo, la Chiesa che crede in Dio che si è fatto uomo e che ci promette la vita oltre la morte». (Joseph Ratzinger, Fede e futuro, Queriniana, Brescia, 1971)

Tornare all’essenziale ............................

Nella sua prima intervista da cardinale, Arrigo Miglio, già vescovo di Ivrea e poi di Cagliari, così incoraggiava i credenti: «Guardiamo al mondo e alla storia con ducia, cerchiamo di superare le comprensibili paure per i cambiamenti che la comunità cristiana ci chiede; torniamo sempre a ciò che è essenziale e impariamo a distinguerlo da ciò che è secondario (non è facile), soprattutto mettiamo davvero al centro di tutto il nostro impegno di cristiani: l’ascolto attento della Parola di Dio e l’attenzione costante ai più poveri (tutte le povertà). La Parola di Dio “corre veloce”, come dice il salmo, e lo Spirito Santo spesso ci precede, come impariamo dagli Atti degli Apostoli.

Il centro della speranza cristiana nonostante tutto rimane intatto, come ci ricordano le due grandi feste cristiane che conservano il loro fascino (e non solo per i credenti): il Natale, che commemora Dio che si fa uomo e invita a impegnarsi concretamente a favore dell’umanità; la Pasqua, che celebra la morte e la risurrezione del Cristo e di ogni persona che vive lo spirito del vangelo. In fondo è tutto qui il messaggio cristiano, non serve nulla di più.

SPUNTI OPERATIVI

● «Non ho nulla contro Dio, è il suo fan club che mi spaventa», dichiarava con la solita ironia, l’attore e regista americano, Woody Allen. Che ne pensate? Solo una battuta per far ridere, oppure qualcosa di più…?

● Immaginate di essere voi il direttore della rivista a cui il lettore ha indirizzato la sua critica a 20 secoli di cristianesimo che in fondo non hanno cambiato un gran che. Cosa avreste risposto?

Sento anche intorno a me una grande sete di Dio, spesso un po’ sotterranea, come i fenomeni carsici, ma reale: ecco perché serve tempo per ascoltare, incoraggiare, capire, con amore e simpatia per l’uomo. La Chiesa cristiana non è certa destinata a sparire. Un punto di riferimento importante è la gura di Charles De Foucauld, una vera icona per i credenti di oggi: silenzio, adorazione, ascolto (di Dio e dei fratelli), accoglienza, dono» (In Il Risveglio Popolare, 2 giugno 2022).

Ma cos’è cambiato in 20 secoli di cristianesimo?

Caro direttore,Eccoci nuovamente a parlare di guerra. Le guerre si fanno perché poi l’imbecille di turno possa dire: “Mai più guerre!” (…) Nessuno però fa notare che più di 2000 anni di cristianesimo non hanno neppure scal to la ferocia, la voglia di sopra are e uccidere della peggiore delle bestie: l’uomo. (S.R.)

L’ennesima guerra (ma oltre all’Ucraina ci sono tanti Paesi, da anni, preda di con itti) non è un buon motivo per decretare il fallimento del cristianesimo. Molte cose sono in realtà cambiate con la venuta di Cristo, e tante persone hanno scoperto e testimoniato la via dell’amore e della fratellanza che Gesù ci ha insegnato. Gli esseri umani, d’altra parte, restano liberi, con la drammatica possibilità di scegliere l’egoismo, il male, la guerra. (…) Sta a ciascuno di noi, scegliere, il bene, l’amore, la fraternità. Sta a noi smetterla con l’ipocrisia di produrre armi e poi invocare la pace.

(Lettera a Famiglia cristiana dell’11 marzo 2022)

Do ier 341 Tema 12 I PERCHÉ dei giovani

IL PUNTO

VIVERE le domande...

nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili»

(Rosario Livatino (1952-1990), giudice ragazzino, assassinato dalla ma a e proclamato Beato dalla chiesa il 9 maggio 2021)

Rain Maria Rilke

«Sii paziente verso tutto ciò che è irrisolto nel tuo cuore e… cerca di amare le domande, che sono simili a stanze chiuse a chiave e a libri scritti in una lingua straniera. Non cercare ora le risposte che possono esserti date poiché non saresti capace di convivere con esse. E il punto è vivere ogni cosa. Vivere le domande ora. Forse ti sarà dato, senza che tu te ne accorga, di vivere no al lontano giorno in cui avrai la risposta».

(Rainer Maria Rilke)

(1875-1926) è stato uno scrittore, drammaturgo e poeta austriaco di origine boema. È considerato uno dei più importanti poeti di lingua tedesca del XX secolo.

SPUNTI OPERATIVI

● Recita un detto cinese: «Se non trovi risposte, la domanda è formulata male». Spesso di fronte a tanti nostri “perché?” è bene ricordarci di questa antica saggezza. Voi che pensate?

● Si consigliano due approfondimenti in internet: una sul giudice Livatino ucciso dalla ma a nel 1990; l’altra sulla forte spiritualità presente nella poesia di Rilke.

342
« Quando moriremo,

SINTESI INCLUSIVA

Non av paura dei “p ché”

LA SAGGEZZA SI CONQUISTA QUANDO NON SI HA PAURA DI CHIEDERSI “PERCHÉ”

ricorda

MA È VERO ANCHE CHE…

QUANDO PENSI DI AVERE TUTTE LE RISPOSTE, LA VITA CAMBIA LE DOMANDE ...ESSERE APERTI AL MISTERO.

ANCHE IL CREDENTE NON HA RISPOSTE A TUTTO. CREDERE È…. ...TENDERSI SULLA SOGLIA DELL’INVISIBILE.

Non aver paura di farsi domande è il modo migliore per crescere.

DIBATTITO

Discutete tra voi la seguente affermazione: «La mente è come un paracadute, se non lo apri non funziona» . Ognuno porti argomenti pro o contro.

DOMANDE

Il credente è un credulone.

Scienza e fede non sono necessariamente in conflitto tra loro.

Individua le due affermazioni errate, barrandone la frase.

1. Non c’è una religione che ammetta l’esistenza dell’aldilà.

2. Il diavolo è un’invenzione cristiana.

3. Per il credente cattolico Cristo e la Chiesa non si possono separare.

4. Il problema del male non riguarda solo i credenti, ma è comune a tutti.

343 Tema 12 I PERCHÉ dei giovani
□ V □ F
□ V □ F

PRATICA#MENTE

Dibattito

FRAMMENTI PER RIFLETTERE

«Anche chi crede ha dubbi e domande irrisolte. A volte si pensa che chi ha una fede religiosa non abbia dubbi, punti interrogativi, domande irrisolte. Non è a atto vero».

Così scrive nel maggio del 2021 padre Roberto Donghi, da molti anni impegnato in Africa con i più poveri e colpito dalla tubercolosi: «A volte mi sembra di fare a pugni con la fede, perché non ci sono sempre risposte chiare. Ma sento anche che devo tenere duro e nutrire speranza».

Che ri essioni suscitano in voi le parole di questo sacerdote?

Prendendo spunto dalla realtà:

brevemente per iscritto la vostra esperienza. Il docente poi sceglierà cosa leggere in classe. ................................................................................................... ...................................................................................................

Attività interdisciplinarI

Il Tema è già ricco di domande, ma certamente alcune di queste hanno bisogno di essere lette e confrontate a più voci: per esempio la domanda sul male e la so erenza con Filoso a e Italiano, quella su “religione e futuro” e su “scienza e fede, con i docenti di Scienze, Italiano, Storia e tutti quelli che si mostrano attenti ad un insegnamento trasversale che superi gli stretti spazi delle varie discipline.

Dal mondo della musica

«

Io non sono nero / io non sono bianco /io non sono attivo / io non sono stanco / io non provengo da nazione alcuna / io vengo dalla luna».

(Vengo dalla luna, nel lm La vita davanti a sé, nella versione dei Maneskin)

In Norvegia, nelle isole Svalbard, per circa due mesi all’anno, accade un fenomeno particolare, conosciuto come notte polare. Per tutto quel periodo, 24 ore su 24, non c’è mai il sole. Praticamente una notte continua. A volte alcuni momenti di cili della vita assomigliano a una “notte in nita”, talmente lunghi da dubitare persino che possa tornare la luce del sole. Ma se troveremo il coraggio di uscire dal tunnel - anche se sembra lungo e senza ne - la luce tornerà e allora tutto apparirà nuovo e diverso, perché abbiamo attraversato la notte e ne siamo usciti vivi. È capitato anche a voi di fare questa esperienza? In modo anonimo, e senza entrare nei particolari, provate a mettere

Sì, certo la frase deve essere letta e interpretata nel contesto, in questo caso il lm citato. Ma come giudicate questo modo di pensare, di non avere radici come seappunto - provenissimo dalla luna? Ci vedete dei rischi? Se sì, quali? ...................................................................................................

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Un Film

La vita davanti a sé, di Edoardo Ponti, Italia 2020, 95’: il lm parla al cuore e narra la storia di Madame Rosa, un’anziana ebrea ed ex-prostituta (interpretata dalla brava Sophia Loren) che si prende cura di Momò, un ragazzino orfano di origine senegalese, decisamente turbolento e di cile. Il rapporto tra Madame Rosa e Momò è una s da su vari fronti, ma gradualmente la di denza reciproca cede il posto ad una profonda amicizia. È durante il funerale di Rosa che Momò scopre che potrà a rontare in modo diverso “la vita davanti a sé”. Il Messaggio è che “l’amore orisce anche nel degrado. E redime”.

Frammenti di spiritualità

Possano le tue scelte ri ettere le tue speranze, non le tue paure. (Nelson Mandela)

La frase è di una grande politico e attivista sudafricano, Nelson Mandela (1918-2012), eletto presidente del Sudafrica dal 1994 al 1999, dopo essere stato condannato all’ergastolo per aver lottato contro l’apartheid. La frase esprime in pieno la sua vita e i suoi ideali.

Buone notizie

I semi che coltiviamo. La nostra vita è come un grande campo, dove insieme al terreno fertile non mancano rovi, sassi e zolle aride. Questo stesso campo, però, nasconde tanti semi che attendono di nascere. Semi che vanno riconosciuti, protetti, anna ati…per far sì che il campo possa essere ricco di frutti e di ori.

Quali sono i semi che state facendo crescere nel vostro campo? Elencateli qui sotto e magari disegnateli anche su un foglio bianco, come suggerisce la vignetta.

I miei semi: .............................................................................. ...................................................................................................

Autovalutazione

Ho trovato questo Tema:

Poco interessante

345 Tema 12 I PERCHÉ dei giovani
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Ho imparato
interessante Interessante
Noioso Di cile
che ................................................................................................................................................................................ Molto
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Irc e diri i umani

Tra gli obiettivi importanti della scuola c’è anche quello di essere un “laboratorio di umanità”, per formare persone responsabili di sé, degli altri e dell’ambiente.

Educare ai diritti e ai doveri, alle regole della convivenza, ad essere cittadini partecipi e responsabili è dunque parte integrante delle nalità della scuola; per questo “l’educazione alla cittadinanza” è trasversale a tutte le discipline, compreso l’Insegnamento della religione cattolica (IRC). Infatti, con la Legge n. 92 del 20 Agosto 2019 denominata Introduzione dell’insegnamento scolastico dell’educazione civica, questa materia è entrata a pieno titolo nella scuola ed ogni disciplina è chiamata a dare il proprio contributo al ne di favorire una cittadinanza consapevole.

IL PERCORSO CHE FAREMO

I contenuti digitali speciali
13 • Tutti diversi e stranieri 368 • D/Cattolici nel sociale 370 PER
• Il punto 376 • Sintesi inclusiva 377 • Pratica#mente 378
CONCLUDERE
• Cittadini del mondo 348 • Si nasce liberi e uguali 350 • Le radici dei diritti 352 • I diritti violati 354 • Fratellanza, cioè? 356 • Libertà di credere 358 • Non in nome di Dio 360 • Una società più giusta 362 • Mai più discriminazioni 364 • Il virus dell’indi erenza 366

chi? Who? dove? Wh e? quando? When? cosa? What? perché? Why?

Il Tema è destinato ai ragazzi che non solo hanno a cuore la loro preparazione personale, ma sono consapevoli di vivere in una comunità dove ognuno ha dei diritti e dei doveri, nei confronti di se stesso, degli altri e dell’ambiente, e quindi deve imparare ad essere responsabile.

is eme is addressed to those kids who are interested in their own preparation but who are also aware of the fact that they are living in a human community where everybody’s got his own rights and obligations towards himself, the others, the environment. For this reason, he must learn to be responsible.

Conoscenze

L’educazione ad essere cittadini maturi e responsabili coinvolge pienamente la scuola, che diventa così un grande “laboratorio di umanità”. Conoscere i diritti umani interessa tutte le discipline scolastiche.

e education to be wise and responsible citizens, includes fully the school which becomes a big “laboratory of humanity”. Knowing the human rights concerns all school subjects.

A scuola scopriamo che l’educazione alla cittadinanza è una materia trasversale, che deve coinvolgere tutte le materie scolastiche, anche se in modo di erente. Noi crediamo che l’IRC debba essere la prima a contribuire a questo tipo di educazione.

At school, we nd out that the education to citizenship is a cross-cutting subject which must involve all subjects, even if not in the same way. In our opinion, the religion class has to be the rst one who believes in this kind of education.

ABILITÀ

• Riconoscere il valore della vita e della dignità della persona, la libertà di coscienza, la responsabilità verso se stessi, gli altri e il mondo, aprendosi alla ricerca della verità e di un’autentica giustizia sociale, all’impegno per il bene comune e la promozione della pace.

• Riconoscere il valore del linguaggio religioso, in particolare quello cristianocattolico, nell’interpretazione della storia e della realtà quotidiana.

Educare ragazze e ragazzi alle regole della convivenza sociale è un compito importante, a dato a tutte le componenti della società, ma in particolare alla scuola. Quest’ultima, infatti, non deve preoccuparsi soltanto di trasmettere conoscenza, ma anche di formare i “cittadini del mondo”.

Educating girls and boys to the rules of the social cohabitation, is an important task, which is entrusted to all parts of society but, in particular, to the school. Indeed, the school’s aim is not only to convey knowledge but also to train “world citizens”.

Tra i capisaldi del cristianesimo c’è proprio il comandamento dell’amore e della fratellanza universale, in quanto tutti siamo gli dello stesso Padre. Educare al rispetto di questi principi vuol dire anche riconoscersi cristiani.

Among the foundations of Christianity, there’s the commandment of love and universal brotherhood, since everybody is son of the same Father. Educating to the respect of such principles means also identifying ourselves as Christians.

COMPETENZE

• Confrontare orientamenti e risposte alle più profonde questioni della condizione umana, nel quadro di di erenti patrimoni culturali e religiosi.

• Operare criticamente scelte etico-religiose in riferimento ai valori proposti dal cristianesimo.

• Valutare il contributo sempre attuale della tradizione cristiana allo sviluppo della civiltà umana, anche in dialogo con le altre tradizioni culturali e religiose.

• Sviluppare un maturo senso critico e un personale progetto di vita, ri ettendo sulla propria identità nel confronto con il messaggio cristiano, aperto all’esercizio della giustizia e della solidarietà in un contesto multiculturale.

IRC e diri i umani

• Individuare le potenzialità e i rischi legati allo sviluppo economico, sociale e ambientale, alla globalizzazione e alla multiculturalità, alle nuove tecnologie e alle modalità di accesso al sapere.

1. cittadini del mondo

Formare dei cittadini responsabili è un compito importante, affidato a tutta la società, ma in particolare alla famiglia e poi alla scuola, interessata alla formazione globale della persona. Tra le finalità della scuola non c’è solo quella di trasmettere conoscenze e informazioni culturali, ma anche di educare le nuove generazioni a formarsi una coscienza critica, sia a livello individuale che sociale. Ma cosa significa “formare una coscienza critica”? E in che modo la scuola può contribuire a questo processo? Per rispondere a queste domande, vi mostriamo come la scuola contribuisce secondo noi a favorire una cultura della responsabilità e della cittadinanza tra i giovani.

1. Prima di tutto la scuola ha il compito di fare bene il proprio dovere che è quello di “insegnare a scrivere e a far di conto”, come si diceva una volta. Certo, “insegnare” non si esaurisce in questo, ma lo specifico della scuola è trasmettere il sapere, mentre allo studente spetta il diritto/dovere di imparare, partecipando attivamente al processo di apprendimento. La conoscenza è sempre la strada maestra per formare una coscienza critica tra i giovani, per renderli cioè capaci di distinguere e di agire responsabilmente.

2. Un ascolto attento, profondo e selettivo è necessario per fare un buon lavoro di riflessione su se stessi e su quello che accade intorno a noi, per poi capire come agire. La scuola richiede una grande capacità di ascolto, ma questo deve essere fatto in modo critico per distinguere le chiacchiere dalle “parole” capaci di generare dei cambiamenti, prima di tutto in se stessi.

3. Il lavoro di riflessione e di ascolto educherà ad assumersi le proprie responsabilità, personali e collettive, individuando quei settori in cui è più urgente un’azione mirata. Infatti, nessun vero cambiamento potrà avvenire senza l’impegno di ciascuno. Ognuno di noi è chiamato a fare nel mondo la propria parte, con onestà e capacità critica. Non serve scaricare questa responsabilità personale sulle istituzioni o sulla società in generale: siamo tutti chiamati ad agire in prima persona. Anche chi si dichiara credente deve dimostrare prima di tutto di essere un buon cittadino.

4. Lavorare nell’ottica di una cittadinanza responsabile vuol dire tutelare i diritti di tutti, iniziando dalla propria aula scolastica, prendendo a cuore le ingiustizie che accadono innanzitutto vicino a noi. Lavorare per la giustizia è un buon criterio di maturità. La giustizia, cioè la realizzazione dell’uguaglianza, non è solo il rispetto formale delle regole: non basta scendere in piazza a gridare slogan! Se i princîpi non si trasformano in azioni concrete, sono inutili; se un diritto è solo proclamato, ferisce la speranza di giustizia non meno di un diritto negato. Una società che

«La scuola non è un distributore a gettoni di nozioni, non è un servizio a domanda individuale: è una palestra di senso civico e di cittadinanza. Infatti in essa niente è “mio” perché “tutto è di tutti” – e dunque anche mio».

(Ra aele Mantegazza, docente di pedagogia interculturale all’Università di Milano).

Niente ti sia indi erente «Nessun problema di qualunque popolo ti sia indi erente. Vivi su scala mondiale o, meglio ancora, universale. Cancella dal tuo vocabolario le parole nemico, inimicizia, odio, risentimento, rancore... Nei tuoi pensieri, nei tuoi desideri e nelle tue azioni sforzati di essere (e di esserlo veramente) cittadino del mondo».

(Helder Camara, 1922-1968, vescovo brasiliano)

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non tutela i diritti ma si limita a proclamarli a parole ha rinunciato alla sua forza di trasformazione.

5. È importante che alla base della propria vita ognuno metta dei solidi valori morali, in modo da avere una bussola-guida nelle proprie scelte. La scuola può favorire questa maturazione di valori.

6. La resilienza è la capacità di assorbire un urto senza rompersi, una bella definizione che trasportata in ambito psicologico significa “reagire in maniera positiva alle difficoltà e avere la forza di ricominciare”. Ma per farcela è necessaria una buona scorta di forza di volontà e determinazione, per non scoraggiarsi o essere sopraffatti dai momenti “difficili”. Anche a scuola – e non solo nella vita – serve resilienza: l’ambiente scolastico è un laboratorio di vita, una palestra dove si impara a vivere.

Qui trovate una serie di provocazioni, spunti di ri essione o semplici frasi, che aspettano solo di essere fatti propri e – soprattutto

– messi in pratica.

• Essere capaci di pensare in grande. Ogni società ha un compito urgente: formare degli esseri umani capaci di pensare non solo a se stessi o alla propria cerchia di amici, ma di avere a cuore il bene della collettività

• Dal PIL al BIL. Sembrano solo delle sigle, ma nascondono un profondo cambiamento di prospettiva: si tratta di scegliere di passare dal PIL (Prodotto interno lordo) al BIL (Benessere interno lordo). Non sono a atto la stessa cosa!

• Assumersi obiettivi alti e nobili. «Ai ragazzi si deve dare uno scopo che sia alto e nobile: non diventare ingegneri o dottori, ma cittadini sovrani. Noi questo scopo lo abbiamo trovato concretamente occupandoci degli altri», scrive don Lorenzo Milani in Lettera a una professoressa (1967).

• Da istituzione a scuola laboratorio. Molto spesso la scuola è vista come imposizione, obbligatoria, sopportata ma non vissuta. Occorre lavorare per costruire una scuola dell’ascolto, con ampie nestre che diano spazio al mondo. Una scuola capace di “in-segnare” (lasciare “segni positivi”), che aiuti i giovani a convivere con la diversità e la complessità

• Non rinunciate ai sogni! Insegna Danilo Dolci, educatore e poeta: «Ciascuno cresce solo se sognato»; facciamo in modo che nessuno debba rinunciare ai propri sogni.

SPUNTI OPERATIVI

● Tra i sei modi in cui la scuola può contribuire a formare una coscienza critica, quali vi sembrano i più trascurati?

● Pensate che abbiamo dimenticato di sottolineare qualcosa? Se sì, cosa?

● Tra le provocazioni proposte come slogan nel riquadro, quale considerate più vostra? Scegliete nell’elenco quella che vi sembra più stimolante per voi.

349 Tema 13 IRC e diri i umani
Slogan per ri ettere

2. SI NASCE lib i e uguali

La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948), redatta dalle Nazioni Unite (ONU), è il primo atto internazionale che sancisce i diritti fondamentali relativi alle libertà civili, politiche ed economiche, sia individuali che collettive (tra cui la parità dei sessi, la condanna di ogni forma di schiavitù, il diritto al lavoro e ad una vita dignitosa).

Il documento − che nasce alla fine della seconda guerra mondiale, in un periodo storico segnato da grandi tragedie e orrori – rappresenta un importante salto qualitativo per la convivenza umana. Ma purtroppo i suoi nobili principi sono spesso ignorati o violati: un numero sempre maggiore di persone sono costrette ad abbandonare le proprie terre per sopravvivere alla fame e alla miseria molto spesso causate dalle guerre.

Nel terzo millennio sono ancora milioni le persone a cui non vengono riconosciuti i diritti fondamentali e la cui dignità viene calpestata. Nonostante questo, però, il valore simbolico della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo rimane valido nel tempo, testimoniando che – se gli esseri umani lo vorranno veramente – sarà davvero possibile creare un mondo più giusto ed equo. È anche grazie a questa dichiarazione se nel modo di pensare comune si è imposta gradualmente una sorta di coscienza universale, che non tollera più che prevalga il più forte, anche se vince una guerra o si impone come potenza economica. Oggi è cresciuto il senso di responsabilità nei confronti degli altri e dell’ambiente e certe ingiustizie non sono più socialmente e culturalmente tollerate. Tutto questo grazie ad una maggiore consapevolezza acquisita sui diritti universali degli esseri umani.

Il contesto in cui nasce il documento

La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948)

Articolo 1. Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e coscienza e devono agire gli uni nei confronti degli altri in uno spirito di fraternità.

Articolo 3. Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza.

Articolo 12. Nessun individuo può essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita privata.

Articolo 4. Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù.

Articolo 5. Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura.

Articolo 9. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato.

Articolo 14. Ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri Paesi asilo dalle persecuzioni.

Articolo 18. Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione.

Articolo 22. Ogni individuo ha diritto alla sicurezza sociale.

Articolo 23. Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione.

Articolo 24. Ogni individuo ha diritto al riposo ed allo svago.

La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo è stata firmata a Parigi il 10 dicembre 1948, nella stessa città dove durante la rivoluzione francese era nata la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino (1789), a cui si ispira. La Dichiarazione, voluta dall’Assemblea generale delle Nazione Unite, nasce sull’onda dell’indignazione per le atrocità commesse nella Seconda guerra mondiale, in cui era stata calpestata la dignità di milioni di persone in nome di deliranti manifesti razziali, firmati da scienziati dell’epoca asserviti al potere nazi-fascista. Ricordiamo che i primi ad essere eliminati, in nome di quelle assurde teorie, furono le persone con handicap mentali, a

Articolo 25. Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita su ciente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia.

Articolo 26. Ogni individuo ha diritto all’istruzione.

Articolo 29. Ogni individuo ha dei doveri verso la comunità.

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Eleanor Roosevelt mostra un poster con la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, novembre 1949, New York.

cui seguirono ebrei, nomadi, omosessuali, oppositori politici: vite considerate “non degne di essere vissute”.

La Dichiarazione del 1948, testo fondante delle Nazioni Unite, nasce proprio per evitare che certe assurdità si possano ripetere nel tempo; in questo senso il documento è certamente un punto di non ritorno nella storia dell’umanità. È bene però sottolineare che – per ammissione degli Stati membri non democratici delle Nazioni Unite – la Dichiarazione non è da ritenersi vincolante per tutti Ciò significa che questi stessi importanti principi – ritenuti “universali” sulla carta – di fatto non sono riconosciuti in quei Paesi (non pochi!) in cui la democrazia è carente o non esiste affatto. E questo spiega anche perché i Diritti “universali” siano sistematicamente calpestati, spesso per iniziativa o con la compiacenza delle stesse autorità. Per concludere questa introduzione generale, possiamo dire che oggi – a vari decenni dalla sua proclamazione – l’importanza storica, morale e giuridica della Dichiarazione del 1948 rimane valida, anche se nel tempo non sono mai cessati abusi e disattese nei confronti dei diritti umani. È vero però che questo documento ha aiutato moltissime persone a raggiungere una maggiore libertà e sicurezza. Se vogliamo che la Dichiarazione non rimanga solo un significativo documento storico, è necessario continuare a credere in essa e ad impegnarsi perché sia rispettata e non rimanga solo un elenco di buoni propositi.

Si possono imporre i diritti umani?

«Che diritto abbiamo noi occidentali, profondamente condizionati dallo storicismo e dal relativismo e spesso anche da odi e violenze religiose, di imporre agli altri la Dichiarazione universale dei diritti umani? ». Questa è la domanda che un gruppo di studenti del Liceo Gramsci di Ivrea (TO), in uscita didattica a Tubinga (aprile 2008), ha fatto al professor Hans Küng (1928-2021), scrittore e teologo cattolico.

Il docente, sebbene contestato all’interno della Chiesa per alcune sue posizioni dottrinali, era però molto impegnato a favore dei diritti umani e sull’importanza di creare un’etica mondiale; ai ragazzi ha risposto così: «I diritti e i doveri, di cui ogni essere umano è portatore, sono costitutivi dell’umanità di ognuno di noi, perciò sono a orati alla coscienza di tutte le grandi civiltà; i popoli della terra devono saperli ritrovare nella migliore loro tradizione, negli insegnamenti dei loro grandi maestri. L’impegno perché ovunque sia riconosciuta la dignità della persona umana non si con gura assolutamente come un’operazione di imperialismo culturale, non sono i valori spirituali testimoniati dalle religioni a dividere gli uomini, ma altri interessi, che spesso non esitano a camu arsi sotto presunte ragioni religiose!».

SPUNTI OPERATIVI

● Ricerca: Cercate in internet il testo completo della Dichiarazione dei diritti dell’uomo ed esaminate insieme i principali articoli.

● Quali sono – secondo voi – i meriti maggiori della Dichiarazione del 1948?

● Attività: Spesso si sente a ermare, soprattutto in Oriente, che i diritti umani non si possono applicare nello stesso modo a tutti. Che ne pensate? Ri ettete insieme dopo aver letto l’approfondimento.

Un lungo cammino

Dal punto di vista giuridico la Dichiarazione dei diritti dell’uomo è frutto di una lunga elaborazione che si ispira al Bill of Rights, stilato dal parlamento britannico nel 1689, e poi alla Dichiarazione d’indipendenza statunitense (4 luglio 1776), ma in particolare alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, stesa nel 1789 durante la Rivoluzione Francese, i cui elementi di fondo (i diritti civili e politici dell’individuo) sono con uiti in larga misura in questa carta. Ma se questa è la formulazione giuridica moderna dei diritti dell’uomo, le loro radici storiche risalgono ancora più indietro, come vedremo.

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Eugène Delacroix, La Libertà che guida il popolo, 1830, Parigi, Museo del Louvre.

3. le radici dei diri i

Come abbiamo visto, la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (promulgata a Parigi il 10 dicembre 1948) è certamente − dal punto di vista giuridico, sociale ed etico − una grande conquista della storia moderna. Ma le radici di questo importante documento, come delle altre dichiarazioni che lo hanno preceduto, risalgono a molto tempo prima e sono frutto di una storia millenaria. In questo senso ci sembra utile ricordare che una delle prime formulazioni teoriche di egualitarismo della storia si trova nella tradizione ebraico-cristiana. È scritto infatti nella Bibbia: «Non opprimerai il tuo prossimo, né lo spoglierai di ciò che è suo; non tratterrai il salario del bracciante al tuo servizio fino al mattino dopo» (Levitico 19,13). Un’affermazione risalente a migliaia di anni eppure decisamente “moderna”, in linea con la Dichiarazione dei diritti del 1948.

Nel sottolineare questo aspetto non intendiamo dire che nel libro sacro della tradizione ebraico-cristiana ci sia già la formulazione moderna dei diritti umani, anche se − indirettamente − la Bibbia ha dato un contributo significativo (come si può desumere dal riquadro della pagina a fianco).

Nella Bibbia mancano quei termini che caratterizzano e descrivono le dichiarazioni moderne dei diritti umani, ma troviamo l’invito a salvaguardare il diritto (mishpat) della vedova, dell’orfano, del forestiero («Amate il forestiero, perché anche voi foste forestieri in terra d’Egitto», Deuteronomio 10,19), del povero («So che il Signore difende la causa dei poveri, il diritto dei bisognosi»,

Il vecchio continente riscoprì la fraternità

In un libro-intervista sul futuro dell’Europa (Un’altra Europa è possibile, San Paolo 2013) monsignor Aldo Giordano, già osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa, mette in risalto l’urgenza di una riscoperta della fraternità: «La crisi del vecchio continente non è solo economica, ma politica, demogra ca, sociale, antropologica, democratica, soprattutto morale».

Nella sua analisi, l’Europa è una realtà complessa che non può essere ristretta alla sola dimensione economica: «Sono quasi duecento le lingue europee – sottolinea – e questo esprime la grande complessità che abbiamo nel continente». Ma in questo mosaico l’Europa deve ritrovare la sua vocazione di occuparsi del mondo, anche perché il mondo sta venendo in Europa, con il favore della crisi demogra ca vissuta al suo interno. Una trasformazione che, per quanto tumultuosa, non intacca il nucleo – storico, culturale, religioso – attorno al quale è nata e si è costituita l’Europa: l’eredità cristiana. «Il fatto che storicamente ci sia un legame intrinseco e inscindibile tra Europa e cristianesimo –osserva Giordano – mi sembra chiaro e riconosciuto, tuttavia è innegabile che su alcuni grandi snodi – dalla centralità dei valori alla loro presunta revocabilità, dal tema della famiglia e della vita alla presenza dei simboli religiosi nella sfera pubblica – sia in atto un più sottile tentativo di marginalizzare la religione come un fattore senza importanza, estraneo alla società moderna o addirittura destabilizzante».

Il problema dell’Europa – si sostiene nel libro – è che non si assume la propria identità e preferisce diluirla in un universalismo indistinto. «Ma un’identità repressa – avverte monsignor Giordano – è un’identità che si vendica e apre le porte agli estremismi».

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Edward Burne-Jones, I giorni della creazione: il sesto giorno, 1871-1876, Cambridge, Harvard University, Fogg Art Museum.

Salmo 140,13), così come una lunga serie di prescrizioni (il Decalogo in Esodo 20–22, il “Codice della santità” in Levitico 17–26): tutti questi precetti nascono da motivazioni soprattutto religiose, che ribadiscono la fedeltà a Dio e non presuppongono un organismo giuridico specifico, che ha invece origine dal diritto romano e dalla filosofia greca

La Dichiarazione universale non nasce per caso

La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo non è dunque frutto del caso, le sue radici affondano nel tempo, non solo nella cultura greco-romana, ma anche in quella ebraico-cristiana: infatti, il concetto-chiave dell’Antico e del Nuovo Testamento, e cioè che Dio è padre di tutti gli uomini (quindi siamo tutti fratelli), ha indubbiamente portato molto frutto nella storia dell’umanità.

I valori ereditati dalla Bibbia

Ecco una serie di valori scritti nella Bibbia che sono entrati a far parte del patrimonio culturale dell’Occidente e quindi possono essere considerati tra le “radici” dei diritti dell’uomo:

• «Dio ha creato l’uomo a sua immagine»: dignità e sacralità di ogni essere umano, indipendentemente dalle origini, dalla cultura, dalla religione…

• «Maschio e femmina li creò»: unità e diversità del genere umano; il pluralismo come valore, la ricchezza della diversità.

• «E vide che tutto ciò che aveva creato era buono»: il creato esige rispetto. Ogni essere umano è chiamato a collaborare per migliorare (e non distruggere) la creazione di Dio, pensando alle generazioni future.

• «Dov’è tuo fratello?»: la domanda che Dio rivolge a Caino subito dopo l’uccisione del fratello Abele. La stessa domanda viene fatta a ogni essere umano, perché nella Bibbia l’amore verso Dio e quello verso gli esseri umani non possono essere separati.

• «Nessuno uccida Caino»: nonostante il suo enorme errore, Caino ha diritto di vivere. Questa frase biblica è diventata il motto contro la pena di morte; un forte richiamo alla sacralità della vita, sempre.

• «In attesa della sua venuta»: tutta la Bibbia è pervasa da una forte attesa messianica (escatologia) e il tempo è considerato lineare (non circolare come nell’antichità), proiettato verso il futuro. Questa concezione del tempo è stata assunta dall’Occidente, dove l’attesa e la speranza di un futuro migliore scandiscono la storia, non solo per i credenti.

Il fondamento dei diritti dell’uomo

«A mio parere, l’elemento costitutivo dell’idea dei diritti umani è espresso nella Genesi: “Domanderò conto della vita dell’uomo all’uomo, a ognuno di suo fratello” (Gen 9,5s). L’essere creato a immagine di Dio include il fatto che la vita dell’uomo è posta sotto la speciale protezione di Dio; rispetto alle leggi umane, l’uomo è titolare di un diritto posto da Dio stesso».

(Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, Liberare la libertà, Cantagalli 2018)

SPUNTI OPERATIVI

● Attività: Dopo aver esaminato con attenzione “i valori ereditati dalla Bibbia”, quali vi sembrano tuttora presenti nella nostra società?

● Quali sono invece quelli dimenticati?

353 Tema 13 IRC e diri i umani
Lorenzo de’Ferrari, Adamo ed Eva con i gli Caino e Abele

4. I diritti violati

Èsufficiente navigare in rete e sui social o sfogliare un giornale per prendere coscienza che nel nostro mondo esistono ingiustizie, violenze e diseguaglianze che ci interpellano sempre più. Il rischio è quello di assuefarci ad immagini di povertà e di disperazione, come nella foto accanto. Di fronte al dramma di milioni di persone disperate a causa della guerra o della miseria si prova un senso di impotenza e sgomento. Certo nessuno ha in tasca ricette facili che possono risolvere in breve i tanti problemi del mondo. Ma le cause di queste situazioni non sono sconosciute: per “educare alla cittadinanza” bisogna anche insegnare a vederle e analizzarle con obiettività. Per esempio, è bene sapere che oggi nel mondo ci sono otto persone ultra-miliardarie che detengono da sole la gran parte delle ricchezze mondiali; dall’altra parte si contano ben tre miliardi e mezzo di poveri, una cifra in aumento. In diversi potrebbero obiettare che questo modo di presentare le cose è semplicistico e banale, mentre i problemi del mondo sono molto più complessi; altri potrebbero insinuare che questa sia una sottile forma di “istigazione alla rivolta sociale”… Rimane il fatto che tale squilibrio sta corrodendo il nostro tessuto sociale e che in questo “mondo al contrario” ogni diritto − anche il più semplice − si trasforma facilmente nella sua negazione.

Pensiamo non sia semplicemente una fatalità se il deserto avanza e se le alluvioni sempre più catastrofiche spingono un numero crescente di persone a cercare altrove un posto per vivere, anche a rischio di annegare in mare o morire lungo i confini.

Assistiamo con orrore al sorgere di muri e barriere di filo spinato, sempre più numerosi nei luoghi di frontiera dove tante persone si accalcano nel tentativo disperato di passare al di là, sognando una vita più dignitosa. I fenomeni migratori di massa coinvolgono una grande quantità di uomini, donne, anziani e bambini, che scappano da guerre e da genocidi o sono alla ricerca di condizioni di vita migliori, impossibili da trovare nei loro Paesi di origine, martoriati da un clima “impazzito” che rende difficili i raccolti e quindi la sopravvivenza. Purtroppo molti rimangono indifferenti di fronte ai cadaveri di tanti migranti affogati nel mar Mediterraneo e recuperati dalle reti dei pescatori: in molti scuotono le spalle o, cinicamente, sostengono che non si può fare nulla per evitare queste tragedie. Eppure non è un mondo che possiamo chiamare “umano” quello in cui migliaia di persone muoiono perché costrette a fuggire dalle loro terre. Come ci si può rifiutare di accogliere chi è perseguitato o in cerca di una vita migliore?

I tanti diritti violati Questo non è che un primo elenco (incompleto e sommario) dei diritti violati nel mondo:

• abusi e limitazioni alla libertà di parola e opinioni;

• carcere preventivo, torture, abusi sui prigionieri;

• controllo ideologico e repressione;

• forme coercitive e persecutorie contro gli oppositori politici;

• abusi su donne e minori;

• matrimoni precoci e forzati;

• abusi nell’applicazione della giustizia;

• pena di morte;

• vendita illegale di armi;

• guerre dimenticate;

• persecuzioni e genocidi contro gruppi etnici minoritari;

• violenze contro i migranti;

• deforestazione e altri abusi ecologici …e la lista purtroppo continua.

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Profughi siriani ammassati al con ne con la Turchia, ottobre 2015.

Crimini contro i diritti umani

Anche nel terzo millennio sono molti i diritti umani che vengono sistematicamente calpestati; in alcuni casi si può constatare persino una regressione rispetto agli anni in cui è stata firmata la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948).

Secondo la denuncia di vari organismi internazionali, la violazione dei diritti umani si sta allargando a macchia d’olio e tocca moltissimi Paesi.

Migranti nel mondo

Sono circa 82,4 milioni le persone che sono state costrette a fuggire dalle proprie terre,1 un numero senza precedenti nel passato. La pandemia di Covid-19 si è insinuata in società afflitte da disuguaglianza e discriminazione, allargando solchi e divisioni già esistenti. La risposta di molti governi non è stata all’altezza di questa emergenza globale oppure ne hanno approfittato per introdurre nuove leggi repressive, che si sono aggiunte a quelle già in atto. Chi ha sofferto di più durante l’emergenza pandemica sono state le persone più povere ed emarginate, le donne e i bambini, le varie minoranze etniche sparse nel mondo.

Attivisti uccisi o ridotti al silenzio

Secondo il rapporto di Amnesty International, 2 ogni anno nel mondo sono centinaia gli/le attivisti/e che lottano a favore dei diritti umani e che vengono uccisi o messi in carcere. In alcuni Paesi come la Turchia, l’Egitto, la Cina si finisce in carcere solo per avere dato informazioni o promosso campagne di sensibilizzazione sul tema dei diritti.

In 117 Paesi sono stati denunciati atti di tortura o maltrattamenti da parte delle forze di polizia o di altre autorità statali. In 41 Paesi si sono riscontrate torture e maltrattamenti, mancanza di cure mediche, condizioni disumane o degradanti per chi è in prigione, che causano spesso la morte delle persone arrestate. In 53 Paesi sono stati fatti arresti arbitrari o incarcerazioni senza accusa né processo.

La pena di morte

La pena di morte è ancora in vigore in 57 Stati, mentre 140 non l’applicano, di diritto o in pratica. La maggior parte delle esecuzioni avviene in Cina, Iran, Arabia Saudita e Pakistan. La Cina è il Paese con il maggior numero di esecuzioni, anche se i dati non sono del tutto noti perché classificati come “segreto di Stato”. Anche in molti Stati degli USA vige la pena di morte.

SPUNTI OPERATIVI

● Ricerca: Fate degli approfondimenti sui Diritti violati nel mondo.

● Quali altri diritti violati aggiungereste nella scheda?

Un mondo senza fame è possibile

L’impatto del cambiamento climatico, le conseguenze economiche della pandemia da Covid-19 e la guerra in Ucraina hanno condotto il mondo sull’orlo di una gravissima crisi alimentare. Secondo il World Food Programme nel 2022 sono oltre 276 i milioni di persone nel mondo a rischio di fame. Prima della pandemia erano 130 milioni. In poco più di due anni la pandemia, il cambiamento climatico e i con itti in atto in molte nazioni hanno avuto conseguenze devastanti sulla sicurezza alimentare. A causa delle violenze, milioni di persone stanno migrando, abbandonando le terre coltivabili. Nella regione africana del Sahel, ad esempio, tutti i progressi ottenuti in questi anni per trasformare le terre sterili in terreni agricoli produttivi si stanno perdendo a causa della migrazione della popolazione. In un periodo in cui la globalizzazione ha mostrato i propri limiti, è imperativo promuovere un nuovo paradigma: «È solo attraverso la solidarietà tra i popoli che possiamo uscire da questa situazione di crisi», ricordano vari documenti della Chiesa cattolica e delle Organizzazioni internazionali. È urgente «impegnarsi, concretamente, per adottare misure anticicliche e per rendere i nostri sistemi alimentari più equi, resilienti e sostenibili nel lungo periodo».

(Dal Manifesto “Mai più fame”, 28 maggio 2022)

1 Dati 2021. Fonte: Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR).

2 Rapporto 2020-2021 di Amnesty International. Disponibile integralmente sul sito dell’associazione.

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5. FRATELLANZA, cioè?

Dei princîpi della Rivoluzione francese – «Liberté, Égalité, Fraternité» (Libertà, Uguaglianza, Fratellanza) – citati nell’articolo 1 della Dichiarazione universale dei diritti umani, l’ultimo è stato certamente il più disatteso. Ma vediamoli brevemente tutti e tre, soffermandoci poi sul terzo.

1. Liberté è il primo principio della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino (1789), così definito: «La libertà consiste nel potere di fare ciò che non nuoce ai diritti altrui». Rispecchia l’idea liberale dell’epoca, in cui si enfatizza e idealizza il motto repubblicano «Vivere liberi o morire», ben presto ridimensionato dal governo Robespierre (cosiddetto “del Terrore”) che teorizzava: «Nessuna libertà per i nemici di essa».

2. Egalité sottolinea che la legge è uguale per tutti e che le differenze per nascita o condizione sociale sono abolite; ognuno ha il dovere di contribuire alle spese dello Stato in proporzione a quanto possiede. Il principio, almeno teoricamente, era già presente nello Stato di diritto, ma con la Rivoluzione francese lo si mette in pratica.

3. Fraternité è il terzo principio della Rivoluzione francese, così spiegato nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino: «Non fate agli altri ciò che non vorreste fosse fatto a voi». Questo principio, che fa parte della cosiddetta “Regola aurea”, è spesso il più trascurato e dimenticato. È vero che anche gli altri due princîpi sono spesso disattesi, ma in maniera meno vistosa del terzo, che dovrebbe riassumerli tutti e tre. Nonostante questa vistosa “dimenticanza”, il principio della fraternità (o fratellanza) è certamente quello più vicino allo spirito evangelico e rimane un pilastro insostituibile delle moderne democrazie, un caposaldo irrinunciabile della nostra cultura occidentale.

Cosa ha da o rire la fraternità?

«La fraternità ha qualcosa di positivo da o rire alla libertà e all’uguaglianza. Che cosa accade senza la fraternità consapevolmente coltivata, senza un’educazione alla fraternità, al dialogo, alla scoperta della reciprocità e del mutuo arricchimento come valori? Succede che la libertà si restringe, risultando così piuttosto una condizione di solitudine (…) mentre la ricchezza della libertà è orientata soprattutto all’amore. Neppure l’uguaglianza si ottiene denendo in astratto che “tutti gli esseri umani sono uguali”, bensì è il risultato della coltivazione consapevole e pedagogica della fraternità. Coloro che sono capaci solamente di essere soci creano mondi chiusi.

L’individualismo non ci rende più liberi, più uguali, più fratelli. La mera somma degli interessi individuali non è in grado di generare un mondo migliore per tutta l’umanità. È l’Amore universale che promuove le persone».

(Papa Francesco, Fratelli Tutti, lettera enciclica 2020, nn.103 e 105)

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Papa Francesco e il Grande Imam di Al-Azhar rmano la Dichiarazione di Abu Dhabi, 4 febbraio 2019.

La fratellanza nelle religioni

La fratellanza si afferma attraverso i valori dell’accoglienza, del rispetto, della promozione, della condivisione, della solidarietà, della libertà, dell’uguaglianza, della legalità, tutti riferimenti indispensabili per lo sviluppo di una società più umana.

Le religioni – come ricorda il documento pontificio Evangelii gaudium (2013) − possono «educare alla fraternità perché posseggono una forza motivante che apre sempre nuovi orizzonti, stimola il pensiero, allarga la mente e la sensibilità nei confronti dell’Altro» (n. 256). Al cuore della missione spirituale della religione c’è la proclamazione della dignità della persona umana, della solidarietà, del rispetto di tutti gli esseri umani in quanto fratelli. Ecco perché le diverse tradizioni religiose sono chiamate a contribuire in modo attivo alla costruzione di una società più fraterna, ponendo l’accento sul rispetto della vita, la salvaguardia della dignità della persona, la giustizia sociale e la preservazione dell’ambiente.

« Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo imparato l’arte di vivere come fratelli».

SPUNTI OPERATIVI

Ricerca: Approfondite il concetto di “fraternità”: qual è l’origine e l’importanza di questa parola nella nostra cultura?

Attività: Secondo voi, perché dei tre principi della rivoluzione francese la “fraternità” è il più di cile da applicare?

Cercando in rete Fratellanza umana, leggete il documento del 2019, rmato da papa Francesco e il Grande Imam di Al-Azhar ad Abu Dhabi: un testo che aiuta le religioni a riscoprirsi fratelli e promuovere insieme la pace, la giustizia e il rispetto dei diritti e della libertà religiosa.

Ha fatto il giro del mondo

la foto di Suor Ann Rosa Nu Tawng in ginocchio in lacrime di fronte alla polizia antisommossa del Myanmar (Birmania) per protestare contro le repressioni delle manifestazioni paci ste (28 febbraio 2021): «Mi chiedo come si possa fare del male alla gente in maniera così crudele. Quando la polizia, che dovrebbe difenderci, commette dei crimini contro i cittadini, i cittadini non possono che proteggersi a vicenda. Io spero che cristiani, buddhisti, musulmani e le persone di qualunque religione si sentano oggi più vicine».

(da La Stampa, 12 marzo 2021)

357 Tema 13 IRC e diri i umani

6. LIBERTÀ di cred e

L’articolo 18 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo fa riferimento espressamente alla libertà religiosa, una delle tre libertà fondamentali dell’essere umano insieme a quella di pensiero e di coscienza. Indipendentemente dalla zona geografica d’origine, dal credo religioso, dal genere, dall’appartenenza politica, dal censo o altro, a ciascuno devono essere garantite queste libertà, che trovano il loro fondamento nell’articolo 1: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”.

Tre libertà essenziali

Approfondendo l’articolo 18, si nota che le tre libertà di cui parla non solo vengono messe in relazione tra loro, ma sono indicate come valori essenziali, favorendo la responsabilità sia personale che sociale. Le tre libertà si riferiscono all’essere umano “integrale” –fatto cioè di anima e di corpo, di spirito e di materia – e sono interdipendenti e indivisibili rispetto a tutti gli altri diritti fondamentali, ma con una caratteristica particolare: mentre gli altri diritti possono essere disattesi dall’esterno (si pensi al diritto all’alimentazione, all’assistenza o anche, in casi particolari, al diritto al lavoro), non è così per questi, che hanno una propria forza e resistenza. Infatti, anche se combattuti e contrastati, sopravvivono comunque, perché sono più forti persino della morte. La storia insegna che ci sarà sempre chi griderà al proprio carnefice: «Puoi mettermi in carcere, puoi combattere la mia religione, puoi anche uccidermi, ma le mie idee, la mia fede e la mia coscienza rimarranno intatte. Non vincerai mai su di loro!».

Una realtà complessa

Il legislatore internazionale è ben consapevole della delicatezza della questione religiosa e dell’impatto che la religione ha sulla vita sociale e politica. Il credo religioso non riguarda soltanto una scelta privata, ma ha anche un risvolto pubblico che coinvolge la vita sociale. Le organizzazioni che ruotano attorno alla fede sono estremamente complesse e ramificate in tutto il mondo, come nel caso della Chiesa cattolica, oppure investono direttamente la realtà politica, come nel caso dell’islam.

Sono molti i diritti che l’articolo 18 garantisce ai credenti. In primo luogo, la libertà di religione implica la libertà di cambiare la propria appartenenza religiosa (congregazione o chiesa) e anche di non credere più. Questo diritto è di fatto disatteso in molte parti del mondo, esasperato da rigidità fondamentaliste sempre più presenti in diverse tradizioni religiose. L’articolo 18 garantisce ad ogni essere umano la possibilità di manifestare la

Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo, nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti.

(Dichiarazione dei Diritti dell’uomo, art. 18)

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propria fede religiosa, in modo isolato o comunitario, privatamente o pubblicamente. Se per esprimere la propria fede c’è bisogno generalmente di edifici di culto (il cristianesimo di chiese, l’ebraismo di sinagoghe, l’islam di moschee, il buddhismo di templi o pagode), allora i credenti delle varie religioni hanno il diritto di pretendere che lo Stato acconsenta alla costruzione degli edifici di culto, nella forma appropriata. In questo senso devono essere previsti degli spazi pubblici per il culto: eppure, in certe zone dell’Italia si dibatte ancora, per esempio, sulla costruzione delle moschee. Il vigente diritto internazionale è chiaro: lo Stato è obbligato a permettere la costruzione di edifici religiosi, anche alle minoranze; naturalmente gli edifici sacri sono legittimati solo se ospitano effettivamente attività di culto (e di preparazione al culto) e non altre.

Insegnamento e libertà religiosa

La persona umana ha diritto di manifestare la propria religione o il proprio credo anche nell’insegnamento, ma questo deve essere fatto rispettando le finalità della scuola, che è “laica” e “per tutti”. In questo senso il Comitato dei diritti umani delle Nazioni Unite ha chiarito che, ai sensi del vigente diritto internazionale, l’insegnamento della religione nelle scuole deve essere impartito in modo obiettivo, senza dare adito a discriminazioni.

Per quanto riguarda il discorso sui simboli religiosi a scuola e in altri luoghi pubblici, c’è da tempo in Italia un dibattito che periodicamente ritorna di attualità. Forse, più che togliere il crocifisso dalle pareti, sarebbe bene cogliere il significato di alcuni grandi valori che sono comuni a tutti, credenti e non. Laicità non significa rinnegare i valori, ma garantire il pluralismo e il rispetto reciproco.

La religione esige verità e rispetto

«Nel corso della storia – affermava Benedetto XVI – la diversità religiosa ha dato luogo anche a violente contrapposizioni, a conflitti sociali e politici e addirittura a guerre di religione. È vero, non lo si può negare, ma ciò è sempre avvenuto per una serie di cause concomitanti che hanno poco a che fare con la verità e la religione. Per quanto riguarda nello specifico la Chiesa cattolica, anche da parte di suoi membri e di sue istituzioni sono stati compiuti gravi errori in passato, ma essa li condanna e non ha esitato a chiedere perdono. Lo esige l’impegno per la verità».

Io difendo il croci sso!

«Dipendesse da me, il croci sso resterebbe appeso nelle scuole. È, da duemila anni, uno “scandalo” sia per chi crede alla risurrezione, sia per chi si ferma al dato storico della croci ssione. È l’immagine vivente di libertà e umanità, di so erenza e speranza, di resistenza inerme all’ingiustizia, ma soprattutto di laicità (“Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”) e gratuità (“Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”). Gratuità: la parola più scandalosa per questi tempi dominati dagli interessi, dove tutto è in vendita e troppi sono all’asta.

Gesù Cristo è riconosciuto non solo dai cristiani, ma anche dagli ebrei e dai musulmani come un grande profeta. Infatti, fu proprio l’ideologia più pagana della storia, il nazismo, a scatenare la guerra ai croci ssi. Prendo a prestito il Lessico familiare di Natalia Ginzburg, ebrea e atea, che negli anni Ottanta scrisse: “Il croci sso non genera nessuna discriminazione. Tace. È l’immagine della rivoluzione cristiana. Nessuno prima di lui aveva mai detto che gli uomini sono tutti uguali e fratelli. A me sembra un bene che i bambini e i ragazzi lo sappiano n dai banchi di scuola”».

(Marco Travaglio, Il Fatto quotidiano, 6 novembre 2009).

SPUNTI OPERATIVI

● Immaginate che nella vostra città si stia discutendo se permettere o meno la costruzione di una moschea, in una zona centrale, non distante da un edi cio di culto cattolico. Qual è la vostro opinione a riguardo?

● La libertà religiosa è un diritto che riguarda solo i credenti? Ri ettete insieme all’insegnante.

359 Tema 13 IRC e diri i umani
1 Benedetto XVI, Discorso al corpo diplomatico, 9 gennaio 2006, Il Regno-Documenti 3/2006.

7. Non in nome di Dio

La vignetta riprende ciò che, in varie forme, si sente dire in giro. In realtà esprime un modo di ragionare senza analizzare le cose in profondità. Nessuno nega che storicamente per questioni religiose siano sorti conflitti e violenze, ma siamo proprio sicuri che la causa scatenante sia stata proprio la religione e che invece essa non sia stata usata semplicemente come pretesto, più o meno ufficiale?

Allo stesso modo, è innegabile che l’estremismo abbia oggi una forte connotazione islamista, ma siamo sicuri che sia un fenomeno solo dell’islam e non abbia radici anche altrove? Spesso la “religione”

è solo una comoda etichetta dietro cui nascondere altri grandi interessi, soprattutto economici e politici. Come autori di questo libro, pensiamo sia sbagliato attribuire certi fenomeni estremistici e violenti alla religione.

Anche se viviamo in un periodo storico in cui le informazioni ci arrivano in tempo reale e da ogni angolo del mondo, dobbiamo essere consapevoli che la qualità dell’informazione è spesso frammentaria, se non addirittura manipolata: oggi si fa a volte fatica a distinguere tra notizie vere e false (o fake news), distribuite in grande quantità sui social. Ugualmente, anche per quanto riguarda il” terrorismo religioso”, spesso l’informazione si dimostra carente e superficiale, con grande confusione nell’uso delle parole. Per esempio, parlando di islam, si dimentica facilmente che il numero più alto delle vittime del terrorismo islamista è proprio tra i musulmani. In ogni caso è bene osservare che il fenomeno della violenza, attribuita frettolosamente alla religione, tocca invece molti aspetti della società (si pensi alle guerre fomentate da governi o da imprese per il controllo delle materie prime, soprattutto dei grandi giacimenti di petrolio e di gas, ai traffici illegali di droga e di armi a opera di organizzazioni malavitose, allo sfruttamento dei fenomeni migratori da parte degli scafisti, alle nuove forme di schiavitù…).

Per contrastare questi fenomeni violenti, che si nascondono spesso dietro la maschera di una “finta” religione, è di fondamentale importanza che tutte le tradizioni religiose prendano le distanze e si dissocino da ogni strumentaliz-

Islamista

Islamista: sta ad indicare chi fa un uso politico dell’islam, partecipando a gruppi fondamentalisti estremisti, che ricorrono alla violenza.

Islam

Islam: in arabo «abbandono a Dio», indica la religione e la tradizione islamica.

Islamico

Islamico: ciò che riguarda l’islam in generale, senza alcun connotato di violenza.

360

zazione, condannando ogni forma di violenza senza mezzi termini, come hanno fatto gli ultimi pontefici e vari esponenti islamici e di altre religioni.

La violenza è contraria alla religione

Il rabbino ortodosso Jonathan Sacks, autorevole sostenitore del dialogo interreligioso, in un saggio afferma che «l’uso della religione per giustificare la prassi violenta è sempre contrario alla religione stessa». E sottolinea che lo stesso concetto di “martirio”, molto sfruttato dagli attentatori suicidi, è usato indebitamente: «Il terrore religiosamente motivato profana e diffama la stessa religione. È un sacrilegio contro Dio e la vita a cui ha donato la sua immagine […]. Ebraismo, cristianesimo e islam conoscono bene il fenomeno del martirio; ma questo significa che si è disposti a morire per la fede, non essere pronti a uccidere per la fede». Il rabbino Sacks ammette che, in determinati momenti della storia, le tre religioni che si riconoscono in Abramo, pur definendosi «religioni di pace», abbiano dato origine a violenze, «ma questo è successo perché il forte senso di appartenenza e di autostima ha prevalso, a volte, sugli aspetti più tolleranti e pacifici, determinando conflittualità e inimicizie».

Isolare ogni fondamentalismo

Le religioni devono avere il coraggio di isolare oggi ogni forma di fondamentalismo, il cui virus si annida pericolosamente in varie realtà religiose. «Il fondamentalismo, ovunque sia e qualunque sia la forma in cui prende corpo, anche quando si fa strada nella vita della Chiesa, – afferma Pina De Simone, docente di teologia cristiano-cattolica – è sempre una sconfitta della fede e una negazione della capacità umanizzante dell’esperienza di Dio». La teologa ricorda che il fondamentalismo, con la sua forte impronta di fanatismo e intransigenza, riduce la religione a pura violenza, svuotandola del contenuto più importante: l’amore verso Dio e le sue creature. Si impone con il terrore, massacrando persone innocenti, in nome di Dio e della religione. Ma Dio e la religione non hanno niente a che fare con tutto ciò! Per questo è urgente che le tradizioni religiose prendano ufficialmente le distanze da questo fenomeno, proprio in nome di Dio e della fratellanza universale, come già in varie occasioni (momenti di preghiera, incontri interreligiosi, cooperazione su progetti comuni) i vari leaders religiosi hanno fatto in questi ultimi anni.

« Dio è solo Dio della pace, non è Dio della guerra, e chi appoggia la violenza ne profana il nome».

(Papa Francesco, Angelus, 13 marzo 2022)

Le religioni, strumenti di pace

«Il buddhismo, il cristianesimo, l’islam, tutte le vie spirituali hanno il medesimo ne: essere uno strumento a disposizione degli esseri umani per raggiungere la felicità, la pace interiore e l’armonia. Quando invece, in nome di un’ideale religioso, si persegue l’odio, l’intolleranza, credo che non ci sia più alcuna traccia di spiritualità in queste idee e di religioso rimanga solo il nome».

(Dalai Lama, leader buddhista)

Violenza e pace nella Bibbia

SPUNTI OPERATIVI

Approfondite il “fondamentalismo” con una breve ricerca su internet.

«Temi come quelli della “violenza” e della “pace” hanno da sempre accompagnato la storia dell’umanità: da quando Caino alzò la mano proditoriamente su Abele e lo uccise (Gen 4,8) e da quando Dio dichiarò: “Chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte” (Gen 4,15), no alla parola di Gesù: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” (Gv 14,27)».

(card. Carlo Maria Martini, Milano, 6 dicembre 2001)

361 Tema 13 IRC e diri i umani
I Peshmerga, combattenti curdi, durante un intervento militare contro l’organizzazione terroristica “Stato Islamico” (ISIS).

UNA SOCIETÀ più giu a

La frase qui accanto è attribuita a più persone, tra cui Madre Teresa di Calcutta (“santa” per la Chiesa cattolica dal 2016) e il dottor Albert Schweitzer, medico e teologo luterano. Non ci interessa però la paternità della frase, quanto la validità del suo contenuto. Noi crediamo che costruire una società più giusta e solidale non solo sia possibile, ma anche un dovere morale e civile di ogni singola persona. E non importa il contesto o la situazione in cui ci si trova: ognuno deve dare il suo piccolo o grande contributo per lasciare una società migliore a quelli che verranno. È questa “goccia” che dà significato alla nostra vita.

Non pensiamo infatti alla “società” in astratto, come un’entità alta e irreale, senza connotati. La società che dobbiamo contribuire a migliorare è prima di tutto quella più vicina a noi: la nostra famiglia, la classe, gli amici e le persone che incontriamo ogni giorno.

Alcune regole da tener presente

In questo modo, gradualmente, la nostra “goccia” diventerà sempre più importante, contribuendo alla costruzione di una società più umana. Per fare questo ci sono dei piccoli-grandi passi da fare, delle regole che dobbiamo darci e che ora cercheremo di individuare, prendendo ispirazione da più fonti.

1. Smetterla di farci i selfie. È la prima “regola” che ci sembra utile suggerire. Anche se a prima vista potrebbe sembrare banale, pensiamo invece che non lo sia affatto perché denuncia un modo generalizzato di fare e di… essere. La nostra è l’epoca dei selfie; siamo tutti pronti a scattarci foto per poi metterle sui vari social, ma sono soprattutto foto di noi stessi o dei nostri amici. Forse è il caso di tener presente che “non siamo noi l’ombelico del mondo” e non è affatto vero che tutto gira attorno a noi. Cambiano i tempi e le mode, ma il rischio è sempre quello di rimanere ingabbiati in questa visione egocentrica che ci chiude in noi stessi. Invece è bene sollevare la testa e guardarci attorno curiosi, alla ricerca delle tante persone e cose che esistono “oltre” noi stessi.

2. Tutto è connesso. Scuola, ambiente, lavoro, futuro… sono tutte realtà collegate tra loro. Questa - per fortuna - è una coscienza che gradualmente molti giovani stanno apprendendo, tanto che alcuni spesso scendono in piazza i venerdì per scioperare a favore del clima… Forse sarebbe stato meglio scioperare di domenica, quando le scuole sono chiuse, oppure scendere in piazza anchecontro la guerra ai confini dell’Europa (scoppiata in Ucraina nei primi mesi del 2022 a pandemia non ancora terminata), ma si sa: la

Ciò che tu puoi fare è solo una goccia dell’oceano, ma è questa goccia che dà significato alla tua vita».

362
«
8.

“coerenza” è sempre difficile per tutti… anche se è una regola fondamentale.

3. Attenzione agli attraversamenti. Se dunque la smetteremo di farci solo selfie e di andare avanti “a slogan”, non sarà difficile accorgerci di quanta gente disperata incrociamo per strada. Le successive ultime tre regole le prendiamo da papa Francesco che ha utilizzato il linguaggio della segnaletica stradale per invitare a riflettere su alcuni aspetti importanti nella nostra società. Le strade del mondo sono attraversate da tante persone in difficoltà estrema: giovani costretti a emigrare, disoccupati, precari, donne obbligate a scegliere tra maternità e professione, poveri e migranti non accolti, anziani abbandonati, vittime dell’usura, del gioco d’azzardo e della corruzione, imprenditori soggetti ai soprusi delle mafie e comunità distrutte dai roghi. L’elenco è lungo.

4. Divieto di sosta È facile, di fonte a problematiche così ampie e complesse, sentirsi inadeguati: un senso di impotenza rischia di bloccarci. Ma è proibito fermarci. Nel nostro piccolo dobbiamo almeno prendere coscienza e informarci sulle cause che generano così tante situazioni di povertà e di miseria nel mondo; soprattutto non dobbiamo far finta di niente quando incrociamo qualcuno con questi problemi.

5. Obbligo di svolta. La speranza ci invita a riconoscere che possiamo sempre cambiare rotta, che possiamo sempre fare qualcosa per risolvere i problemi. Un profeta dei nostri tempi, il vescovo Tonino Bello, amava ripetere: «Non possiamo limitarci a sperare. Dobbiamo organizzare la speranza!». Come? Ci attende una importante “svolta a U”, una conversione radicale che trasformi i tanti giovani che si sono mostrati sensibili all’ecologia ambientale altrettanto sensibili anche a quella umana: l’ecologia del cuore.

SPUNTI OPERATIVI

● E voi che ne pensate? È possibile creare una società più giusta e solidale?

● A vostro avviso, su quali punti è necessario agire di più e in fretta per arrivare all’obiettivo posto nel titolo della scheda?

Una “Politica” con la P maiuscola.

Questo è il messaggio che David Sassoli (1956-2022), presidente del parlamento europeo, ha inviato per il Natale 2021, pochi giorni prima di morire.

«In questo anno abbiamo ascoltato il silenzio del pianeta e abbiamo avuto paura ma abbiamo reagito e abbiamo costruito una nuova solidarietà perché nessuno è al sicuro da solo. Abbiamo visto nuovi muri, i nostri con ni in alcuni casi sono diventati con ni tra morale e immorale, tra umanità e disumanità. Muri eretti contro persone che chiedono riparo dal freddo, dalla fame, dalla guerra, dalla povertà. Abbiamo nalmente realizzato dopo anni di crudele rigorismo che la disuguaglianza non è più né tollerabile né accettabile, che vivere nella precarietà non è umano, che la povertà è una realtà che non va nascosta ma che deve essere combattuta e scon tta.  Il dovere delle istituzioni europee: proteggere i più deboli e non di chiedere altri sacri ci aggiungendo dolore al dolore. Buon Natale… il periodo del Natale è il periodo della nascita della speranza e la speranza siamo noi quando non chiudiamo gli occhi davanti a chi ha bisogno, quando non alziamo muri ai nostri con ni, quando combattiamo contro tutte le ingiustizie. Auguri a noi, auguri alla nostra speranza»

363 Tema 13 IRC e diri i umani

Purtroppo sono tante le forme di discriminazione che si manifestano nella nostra società e, di riflesso, anche nelle realtà più piccole, come per esempio in classe o nel gruppo dei coetanei. Alcune volte si tratta di discriminazioni vistose, che vanno contro i diritti fondamentali; il più delle volte si tratta, invece, di cose apparentemente di poca importanza, come battutine improvvisate e osservazioni dall’aria innocente, ma che hanno il potere di isolare e discriminare. Insomma, si parla molto di diritti umani, ma poi metterli in pratica - nella realtà di tutti i giorni - non è esattamente la stessa cosa. Infatti, nonostante la diffusa scolarizzazione e gli innegabili progressi che sono stati compiuti in molti campi, in particolare in quello scientifico, purtroppo su quello dei diritti il progresso non è stato altrettanto importante; anzi si può persino parlare di regressione in diversi settori. Muri e barriere sempre più alti vengono eretti tra le nazioni e anche all’interno di vari gruppi umani con estrema facilità.

Chi è il diverso?

Una persona può essere “diversa” da me per colore della pelle, per tradizione e cultura, per genere, per modi di pensare e di credere… ma è realmente “diversa”?

Come esseri umani apparteniamo tutti a un’unica razza e i differenti colori della pelle che ci contraddistinguono sono dovuti all’evoluzione e alla diversa esposizione ai raggi solari. Ma il sangue che scorre nelle vene di ognuno di noi è rosso per tutti: bianchi, neri o gialli.

Ma allora quando scatta il razzismo con le sue varie forme, anche quelle più subdole e striscianti? Alla base di ogni forma di “razzismo” c’è la paura del “diverso” che fa attribuire un valore eccessivo a tutte quelle che sono le “differenze”: non solo a quelle legate all’aspetto fisico o al colore delle pelle, ma anche dovute all’istruzione, alla lingua, alle disponibilità economiche, all’ambiente geografico e molto altro ancora, che ci porta a credere - erroneamente – di essere più intelligenti, più belli, più fortunati… in una parola “superiori” agli altri.

Nel passato il “razzismo” era un concetto creato per giustificare comportamenti aberranti, come la schiavitù, l’apartheid, le suddivisioni sociali… Tutte teorizzazioni basate sulla presunta inferiorità di alcuni gruppi umani rispetto ad altri. Allora l’ignoranza scientifica oscurava la verità! Ma oggi? Purtroppo anche oggi questo stesso concetto di “inferiorità” viene applicato a varie persone e gruppi umani, per certi aspetti ancora in un modo più crudele e subdolo perché nascosto dietro l’indifferenza e l’ipocrisia di tanti.

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinione politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini.

(Costituzione italiana, articolo n. 3)

Razzismo

visione del mondo che riconduce il comportamento e il carattere degli uomini alla cosiddetta “razza” di appartenenza, considerandone alcune “superiori” e altre “inferiori”. In tutto questo è inoltre errato pensare a “razze” (plurale) perché esiste una sola “razza umana”.

364 9. MAI PIÙ
discriminazioni

Alla base c’è il solito concetto “razzista” che considera questi esseri “inferiori” e quindi da sfruttare. Lo stesso accade per lo sfruttamento di tutti quei migranti che sono obbligati a lasciare il proprio Paese in cerca di una terra migliore per vivere e lavorare. Gente “inferiore” da sfruttare senza troppi scrupoli, organizzando per loro, a caro prezzo in denaro e vite umane, viaggi assurdi, per mare o per terra, con mezzi precari e fatiscenti, come se fossero delle “cose” e non persone. Dietro gli imponenti flussi migratori di questi ultimi decenni ci sono infatti vere e proprie organizzazioni criminali internazionali senza scrupoli ed anche ambigue istituzioni governative e qualche volta persino un falso volontariato. Si pensi inoltre allo sfruttamento della prostituzione con la cosiddetta “tratta delle schiave moderne”, al traffico dello sfruttamento minorile o a quello degli organi… Tutte nuove forme di sfruttamento, con alla base la infondata e disumana teorizzazione che in fondo si tratta di gente “diversa da noi “, con “esigenze diverse dalle nostre” e via di questo passo. Tutto giustificato dalla vecchia convinzione che in fondo sono “diversi = inferiori” a noi. Certo, non lo si dice apertamente, perché non è “politicamente corretto”, o perché ci si vergogna un po’ a teorizzarlo espressamente (come invece avveniva in passato), ma la sostanza non cambia.

Razzismo: un concetto complesso e insidioso

Il concetto di “razzismo” è più complesso e insidioso di quello di “razza”: non è nemmeno legato al colore della pelle. Infatti è sufficiente ricordare quel che accadeva, non tantissimi anni fa per la verità, ai migranti italiani. Erano “bianchi” come gli svizzeri, i belgi e i tedeschi dei Paesi in cui andavano a lavorare, ma non venivano affatto considerati uguali a loro, come mostrano alcuni cartelli che venivano esposti in alcuni locali pubblici. Anche quando i nostri migranti arrivavano nell’America tanto sognata, venivano classificati come colored person (persone di colore), quindi discriminati non tanto per la “razza” (che era ovviamente “bianca”), quanto invece per le loro condizioni sociali. Basterebbe riflettere un po’ su questi episodi di storia nostrana per sradicare certe forme, più o meno striscianti, di razzismo che avvengono nei confronti di chi oggi chiede di entrare nel nostro Paese. Il vero “problema” è sempre all’interno di ognuno di noi. È la paura, l’ignoranza, l’insieme dei pregiudizi e luoghi comuni che ci portano ad essere diffidenti nei confronti dell’altro, ad etichettarlo come “diverso”, facendoci sentire superiori , fino a non rispettare più la persona. Tutti modi sballati di ragionare, che ci fanno reagire in modo assurdo e negativo.

Contro gli stereotipi e i pregiudizi di genere

Gli stereotipi sessuali sono fonte di so erenza per tutti gli esseri umani, anche per i credenti. Essi rinforzano sensi di inadeguatezza e non accettazione di sé, vergogna o colpevolezza, qualora un maschio o una femmina non si sentano in sintonia rispetto ai modelli dominanti.

(Susy Zanardo, docente di loso a morale)

SPUNTI OPERATIVI

● Come si manifesta oggi il “razzismo”?

● C’è un antidoto, un vaccino contro le varie paure del “diverso”?

● A vostro avviso, quando un cosiddetto “scherzo” diventa una vera e propria forma di discriminazione e violenza? Qual è il con ne?

365 Tema 13 IRC e diri i umani

10. IL VIRUS de ’indi enza

I«l contrario dell’amore non è l’odio, ma l’indifferenza»: pensiamo che questa frase non solo sia vera, ma che rispecchi talora il nostro stesso cuore e, di conseguenza, anche il rapporto con gli altri. L’apatia e l’insensibilità nei confronti degli altri si sono annidate in profondità dentro di noi, spesso ricchi di beni materiali, ma poveri dentro, incapaci di “vedere” ciò che accade intorno a noi. È la cultura dell’indifferenza che rischia di penetrarci sempre di più. Possiamo sentire le notizie più sconvolgenti, vedere sui mass-media e i social le immagini più terribili o guardare spettacoli della natura carichi di straordinaria bellezza… ma rimaniamo inerti, senza reazioni, come tanti muri di gomma contro cui le emozioni rimbalzano. Come uscire da questa inerzia che avvolge tanti, come una strana nebbia? La cosa più importante da fare è ritrovare il gusto della relazione, la voglia dello stare insieme e osservare con attenzione ciò che avviene intorno e dentro di noi.

Il filosofo laico Umberto Galimberti già diversi anni fa ci aveva messo in guardia contro i pericoli dell’indifferenza: «Quando la famiglia ha perso ogni incidenza sul mondo che la circonda, quando si vive solo per delleoperazioni produttive, quando non ci si accorge più del dolore del vicino di casa, allora si ha la sensazione di un vuoto che non si traduce più nemmeno in rivolta e il grido viene soffocato nella noia e nell’apatiapiù generale. […] Una società che non sa più trattare l’amore e il dolore, se non in modo televisivo, come una sequenza di flash, deve incominciare a chiedersi se è ancora una comunità di uomini, o non invece di semplici spettatori che guardano la vita come si guarda uno schermo. […] Dove i confini si fanno incerti bisogna aguzzare la vista, non chiudere gli occhi. Ogni volta che li chiudiamo per non vedere quel che capita al nostro prossimo, qualcuno del nostro prossimo li chiude per non vedere più» (da La Repubblica, 19 marzo 1997).

Parole profetiche le sue, che non nascevano da motivazioni religiose, ma da una semplice costatazione di buon senso: trascurare alcuni valori sociali di base per privilegiare l’aspetto economico porta ad un impoverimento generale del cuore umano, facendo dimenticare valori importanti come quello della fraternità e della solidarietà tra simili. Un’intuizione, la sua,

« L’indifferenza è più colpevole della violenza stessa. È l’apatia morale di chi si volta dall’altra parte: succede anche oggi verso il razzismo e altri orrori del mondo. La memoria vale proprio come vaccino contro l’indifferenza».

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(Liliana Segre, senatrice della repubblica italiana, sopravvissuta ad Auschwitz)

non dissimile da quella espressa da un altro grande personaggio italiano, il sacerdote-poeta David Maria Turoldo, nella poesia che trovate qui accanto. Un suggerimento: la mole di immagini e informazioni sulle situazioni drammatiche di tante persone rischia di schiacciare la nostra capacità di reazione. Anche per dimostrare a noi stessi che l’apatia e l’indifferenza non hanno avuto il sopravvento è importante mettere a fuoco una cosa, una realtà concreta, difficile ma a portata delle nostre mani ed agire su quella. Continueremo a sentire il disagio di non riuscire a dare una svolta ai problemi di un mondo così ingiusto, ma quel nostro impegno sarà il termometro che rivela che il nostro cuore è ancora in temperatura e non si è congelato.

Non possiamo permetterci di girarci dall’altra parte

“Che tu possa vivere tempi interessanti” sembra che sia un anatema cinese, dove “interessanti” in realtà sta per «di cili» Sì, viviamo tempi di cili in un Paese e in un continente sempre più chiusi, dove stiamo perdendo il senso del vivere insieme, ognuno con nato nella sua solitudine.

Che si parli di guerra o immigrazione, uguaglianza, solidarietà, diritti sembrano ormai parole cancellate dal vocabolario.

I valori e i principi che abbiamo sempre ritenuto alla base di una società giusta sembrano dissolti di fronte alla crisi economica, alla mancanza di prospettive, alla paura del futuro...

Ma proprio perché sono tempi di cili, possono essere tempi interessanti. Possono essere il tempo dello scatto e della scelta, il tempo di prendere una posizione e di fare, di costruire. In parole semplici: il tempo di resistere.

Oggi non possiamo più restare indi erenti. Non possiamo più permetterci né di tacere né di girarci dall’altra parte.

Possiamo, dobbiamo far sentire la nostra voce. Possiamo - dobbiamo - costruire un’alternativa alla guerra e alla miseria, e alle loro logiche.

Ora più che mai è necessario praticare diritti perché la pratica dei diritti è pratica di pace e di umanità.

(Gino Strada, 1948-2021, fondatore dell’associazione non pro t Emergency)

SPUNTI OPERATIVI

● Quale tipo di “indi erenza” vi colpisce maggiormente?

● Dopo aver riletto con attenzione ciò che è riportato nel box di questa pagina, esprimete la vostra opinione.

● L’indi erenza è un virus presente nel nostro tempo, molto contagioso. L’unico vaccino , oltre che fare memoria, è reagire, farsi carico di qualcosa. Conoscete qualche storia di “reazione” che potete raccontare?

Quando un popolo è indi erente, allora sorgono le dittature e l’umanità diventa un gregge solo, una turba senza volto; allora il bene è uguale al male, il sacro al profano; e l’amore è unicamente piacere, un male il sacri cio, un peso la libertà e la ricerca.

(Padre David Maria Turoldo)

David Maria Turoldo

(1916-1992) è stato un sacerdote, teologo, saggista e poeta italiano. Originario del Friuli, con la sua opera perlopiù poetica ha dimostrato grande sensibilità e spiritualità, apprezzata da credenti e non credenti.

367 Tema 13 IRC e diri i umani

11. TUTTI DIVERSI e rani i

Lo straniero e la diversità esistono, sono un dato di fatto, ma far diventare qualcuno un “nemico”, un “problema” o peggio ancora il “capro espiatorio” di tutto ciò che va male in un Paese o in una società questa è tutta un’altra storia. E per favore, non dite che questi sono discorsi da “buonista”, come capita di ascoltare quando si trattano determinati argomenti. Spesso questa etichetta (“buonista”) viene appiccicata a chi cerca di trovare delle soluzioni a problemi reali, senza lasciarsi condizionare da mode e partiti.

Che signi ca “accogliere”?

Quando si toccano problematiche legate alle migrazioni, a certe paure sociali verso chi viene considerato “diverso” e problematiche simili, sono molte le domande che affiorano al cuore e alla mente. Per esempio ci si chiede se lo straniero che chiede di essere accolto nei nostri Paesi debba integrarsi, sacrificando gran parte delle sue specificità culturali, religiose e linguistiche, oppure ci si chiede se è importante che la sua identità (e quindi “diversità”) debba essere pienamente salvaguardata

In estrema sintesi: si può essere accolti senza rinunciare alle proprie tradizioni, lingua, storia, religiosità?

Qualcuno di voi probabilmente sarà d’accordo nel dire: «Ma certo che devono adeguarsi alle nostre tradizioni e modi di vivere! Altrimenti è meglio che se ne stiano a casa loro!».

Ma siamo sicuri che sia questo il modo migliore di “accogliere”? Per rispondere prendiamo spunto da un documento di un vescovo cattolico che propone una riflessione sull’accoglienza a partire proprio dalla Bibbia, il libro sacro che è tra le radici della cultura e civiltà occidentali. A noi sembra - indipendentemente dalle idee religiose di ognuno - che il documento possa offrire una valida riflessione su questa tematica e aiutare nel dare una prima risposta.

Per una cultura dell’ospitalità

Monsignor Mauro Maria Morfino, biblista e vescovo di Alghero-Bosa (Sardegna), in un lavoro dedicato alla cultura dell’ospitalità partendo dalla Bibbia, mette in risalto che spesso l’incontro-scontro con lo straniero, l’immigrato, è uno scontro di paure. Lo straniero e il diverso sono una domanda radicale che ci

« Per essere chiamato con molti nomi Dio disfece la torre (di Babele), la grandezza posticcia di uomini ridotti a maestranze. Scelse di essere nominato in mille lingue perché non si esaurisse la ricerca».

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interpella e la sua non-conoscenza (di chi è e di quella che è la sua cultura) ci fa paura. Ma è lo stesso straniero, nella sua diversità, che ha paura. Chi emigra è solo e si sente estraneo, senza più radici; e ogni sradicamento non è mai un capolavoro di armonia, come non lo è neppure il nuovo radicamento. Anche chi “accoglie”, tuttavia, è catapultato improvvisamente in un’avventura che non conosce e non riesce a controllare, privo di quel corredo di competenze esistenziali necessarie davanti all’inedito che è l’altro.

«Non basta - spiega Morfino - invocare e proclamare l’uguaglianza universale e la fratellanza che “deve” unire, senza distinzione, razze, culture, religioni. Così facendo si trascura una diversità di fatto che autorizza, concretamente, a fare come se tale diversità non esistesse.

La paura va, tematizzata: per giungere a un vero incontro, è indispensabile chiamarla per nome, “viverla” e non rimuoverla. Allora si evita di sacralizzare la diversità dell’altro abdicando alla propria identità e, all’opposto, assolutizzare la propria identità per contrapposizione, come esclusiva ed escludente. L’identità non può essere monolitica e fissa, ma plurale e fatta da trame multicolori, sia a livello individuale sia comunitario, che si realizza sempre nell’incontro e nella relazione con l’altro-da-me, con il diverso-da me, con lo straniero»

Le chiusure, le spinte xenofobe e razziste che tendono all’esclusione dell’altro, si risolvono alla fine in auto isolamento. Costruendo l’identità come sistema-chiuso e sulla difensiva, ci si rifiuta di incontrare l’altro, sbarrandogli ogni forma di legame. Ma l’alterità abita nel più profondo di noi stessi. Stranamente, lo straniero ci abita; è in ognuno di noi. Esso ci aiuta a essere noi stessi… «Solo uscendo dall’utero - ricorda mons. Morfino - il feto inizia a vivere»: solo passando dallo smarrimento iniziale, da questo esodo traumatico ma indispensabile, la vita diventa realmente vita, cioè relazione.

Fermiamo questo naufragio di civiltà

Quando i poveri vengono respinti si respinge la pace. Chiusure e nazionalismi - la storia lo insegna - portano a conseguenze disastrose. Il futuro ci metterà ancora più a contatto gli uni con gli altri. […] È triste sentir proporre, come soluzioni, l’impiego di fondi comuni per costruire muri, per mettere li spinati. Certo, si comprendono timori e insicurezze, di coltà e pericoli. Si avvertono stanchezza e frustrazione, acuite dalle crisi economica e pandemica, ma non è alzando barriere che si risolvono i problemi e si migliora la convivenza. […] Vanno a rontate le cause profonde: perché non si parla dello sfruttamento dei poveri, delle guerre dimenticate e spesso lautamente nanziate, degli accordi economici fatti sulla pelle della gente, delle manovre occulte per tra care armi e farne proliferare il commercio? […] Il Mediterraneo, che per millenni ha unito popoli diversi e terre distanti, sta diventando un freddo cimitero senza lapidi. Vi prego fermiamo questo naufragio di civiltà! […] Non è ideologia; sono radici cristiane concrete. Gesù a erma di essere nel forestiero, nel rifugiato, in chi è nudo e a amato. (Dal discorso di papa Francesco sull’isola di Lesbo in Grecia il 5 dicembre 2021)

SPUNTI OPERATIVI

● Vi capita spesso di usare la parola “straniero”? In quali occasioni?

● Qual è la lezione della “torre di Babele” (vedi Genesi 11,1-9) a cui accenna lo scrittore De Luca?

● A chi di voi ha origini non italiane chiediamo: che e etto vi fa sentirvi de nire “stranieri”? Quali gesti, atteggiamenti, parole vi hanno fatto sentire “estranei”?

369 Tema 13 IRC e diri i umani

Ca olici nel sociale

La vignetta che apre questa pagina o re già un primo apporto al titolo del dossier, anche se non entra speci camente ancora nel merito. A erma invece questo un importante documento di papa Francesco, del 2020: «La Chiesa ha un ruolo pubblico che non si esaurisce nella sua attività di assistenza o di educazione, ma che si adopera per la promozione dell’uomo e della fraternità universale» (Fratelli tutti, n. 276). Questa attenzione alla persona e ai fratelli è parte di uno dei “pilastri” del cristianesimo: l’incarnazione.Tutti coloro che si dicono cristiani, indipendentemente dalla propria Chiesa di appartenenza, credono che «Dio si è fatto carne ed è venuto ad abitare tra noi», come scrive Giovanni all’inizio del suo Vangelo (1,14). Per questo il cristianesimo si è dimostrato sempre molto attento a tutto ciò che è “umano” (incarnato), dando grande importanza alla vita comunitaria e sociale n dalle origini. L’amore (caritas) è sempre stato (e sarà) il segno caratterizzante dell’attenzione cristiana verso tutte

Un’etica attenta alle fragilità del mondo

Ma che la vita sociale abbia un ruolo centrale nella vita degli esseri umani non è certamente una scoperta cristiana. Già circa 2500 anni fa il losofo Aristotele a ermava che «l’uomo è per natura un animale sociale» (primo libro della Politica). Se qualcuno aveva ancora qualche dubbio, durante il lungo periodo di chiusura forzata (lockdown) a causa della pandemia, la saggezza di questa de nizione è stata compresa in tutta la sua ampiezza. A molti la mancanza di una vita sociale autentica (nonostante la supplenza messa in atto dai social) ha causato solitudine e disorientamento, sfociando, a volte, in vere e proprie forme patologiche (malattie).

La pandemia del coronavirus non ha messo in evidenza soltanto quanto sia importante la socialità nella vita umana e la conseguente fragilità delle persone, ma anche la “fragilità” e le profonde ingiustizie presenti nel nostro mondo. Per esempio, abbiamo compreso chiaramente che sebbene i Paesi più ricchi del mondo (tra cui anche il nostro) poteva-

le persone, in particolare quelle più povere e bisognose, come ha insegnato Gesù stesso nel Vangelo.

no accedere massicciamente ai vaccini, in realtà questi ultimi non bastavano a difenderci dal Covid 19, perché il virus, circolando liberamente nelle zone più povere del pianeta che non avevano accesso ai vaccini, era pronto a di ondersi anche da noi con varianti sempre diverse.

Eppure, nonostante questa presa di coscienza, non si è fatto molto per vaccinare i Paesi più poveri del mondo. D’altronde la scandalosa divisione tra una esigua minoranza di persone sempre più ricche e la stragrande maggioranza di poveri (con un numero impressionante di persone a rischio di sopravvivenza a causa della fame) non lascia spazio a dubbi sull’enorme ingiustizia che vige nel mondo. È urgente unnuovo progetto etico-sociale che blocchi la scandalosa sproporzione tra ricchi e poveri nel mondo e proponga un cambiamento radicale sui meccanismi economici e sugli stili di vita, non solo sociali ma anche individuali, che determinano tanta ingiustizia, come più volte vari documenti ponti ci hanno messo in risalto.

Do ier 370
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Un umanesimo aperto all’assoluto ..............................................................................

Secondo la visione sociale della Chiesa cattolica, espressa nelle ultime lettere encicliche - come la Caritas in Veritate, di Benedetto XVI(2009), l’Evangelium Gaudium (2013) e la Fratelli tutti (2020) di papa Francesco - la via maestra che viene indicata è quella di superare la prospettiva etico-culturale di impostazione individualistica, aderendo ad un “umanesimo aperto all’assoluto” e ad una “vera fratellanza fra tutti gli esseri umani”, senza mai rassegnarsi e cercando continuamente nuove energie per creare una maggiore giustizia nel mondo, senza ipocrisie e facili slogan.

La stessa carità cristiana, come viene espressamente suggerito in questi documenti ecclesiali, deve superare una visione che rischia di essere isolata e riduttiva, collaborando invece con tutte le altre forze sociali alla costruzione di un mondo più solidale e giusto. La verità a cui fanno appello i vari documenti è la fedeltà al Vangelo e la concretezza

«Il sabato è fatto per l’uomo»

Superando una visione troppo ristretta della Legge, Gesù a erma che «il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato» (Vangelo di Marco 2,27), come già altri maestri ebraici avevano a ermato: «il sabato è stato dato a voi, non voi al sabato» (Mekhiltà, Shabbata, 1). Questo signi ca ricordare che Dio ama le creature umane più delle istituzioni sociali e delle stesse religioni ed è proprio questa l’autentica radice teologica della dignità umana.

dell’aiuto puntuale al fratello che ha fame e sete, senza limitarsi a belle parole e gesti vuoti. La verità è l’ossatura che libera la carità dall’immobilismo e la mette al servizio e ettivo dei più bisognosi, collaborando con tutti quelli che hanno a cuore l’essere umano che è nel bisogno.

La persona al centro .......................................................................................................

In tutti i documenti sociali della Chiesa cattolica, tra cui ricordiamo la Rerum novarum (1891), la Populorum progressio (1967)e la più recente Fratelli tutti (2020), al centro è sempre la persona umana. Ogni essere umano è infatti considerato “fratello e sorella”, in quanto glio/a di Dio. In questo senso nessun interesse economico o di altro genere può trascurare e dimenticare questo legame speciale tra le singole persone e il creatore.

La dottrina sociale cattolica si caratterizza inoltre per la mediazione e l’accoglienza che dimostra sul principio di sussidiarietà, fatta in maniera più essibile rispetto alle cosiddette “dottrine laiche” dell’economia di mercato, come la visione liberale e quella socialista.

In questo senso – come sottolinea la nota economista Elsa Fornero in un suo intervento dal titolo La profezia del lavoro - i documenti sociali dei papi si dimostrano “più profetici” riguardo la concezione del lavoro perché la considerano l’attività umana prima che professionale.Una visione questa «più coerente con la nuova cultura del lavoro, che richiede rapporti nuovi e capacità di non fossilizzarsi». L’impegno sul mercato del lavo-

Cos’è il principio di sussidiarietà?

Secondo questo principio, più volte ribadito nelle encicliche sociali, se un ente che sta “più in basso” è capace di fare qualcosa, l’ente che sta “più in alto” deve lasciargli questo compito, eventualmente sostenendone anche l’azione. Questo principio esclude una presenza troppo invadente dello Stato o di altre istituzioni per lasciar spazio ad iniziative private, enti e organizzazioni che possono agire in modo più speci co e mirato sul territorio, contando sulla conoscenza diretta dei problemi e sulla relazione personale.

Do ier 371 Tema 13 IRC e diri i umani
I 15 Paesi più ricchi del mondo (fonte: IMF Annual Report).

ro - continua la professoressa - si sta muovendo verso la direzione dell’inclusione e della dinamicità a nché i giovani e le donne non rimangano tagliati fuori e si possano ridurre i tempi della transizione dalla scuola al lavoro. «Al centro di questo mercato non c’è il “posto”, ma “la persona,

col suo sapere e il suo capitale umano. In questo senso - ha concluso la Fornero - gli insegnamenti della dottrina sociale della Chiesa cattolica hanno indicato una strada che oggi si sta percorrendo»

Fiducia, solidarietà, gratuità ........................................................................................

Seguendo le indicazioni dell’etica sociale cristiano-cattolica è possibile dare vita ad una “nuova cultura del lavoro”, introducendo nel mercato parole tradizionalmente non appartenenti al lessico economico, come: ducia, solidarietà e gratuità, salvaguardando il giusto riposo e il

valore della festa. La festa non è soltanto un dovere che esige la pratica religiosa, ma un’esigenza antropologica di riposarsi dal lavoro, per ritrovarsi in famiglia e fare festa insieme. Infatti il lavoronon è solo salario, ma realizzazione di sé, insieme agli altri.

Una sintesi sull’insegnamento sociale cattolico ........................................................

Quando si parla di insegnamento sociale della Chiesa cattolica, quasi sempre - almeno sui manuali di storia - lo si fa iniziare il 15 maggio 1891, quando papa Leone XIII pubblica la Rerum novarum, considerata la prima enciclica sociale

Questo non è però del tutto esatto perché nei secoli precedenti non mancano scuole di pensiero, prese di posizione e iniziative concrete, come anche gure signi cative da

I quattro principi base della dottrina sociale cattolica

• Il principio del bene comune

• Il principio della dignità della persona umana

• Il principio della solidarietà

• Il principio della sussidiarietà

Do ier 372 Tema 13 IRC e diri i umani
Per la Chiesa la “persona” viene prima del “posto” nel mondo del lavoro.

cui la dottrina sociale cristiano-cattolica ha preso spunto e ispirazione: dal Vangelo che proclamal’insopprimibile dignità della persona alla ri essione dei Padri della Chiesa sui rapporti tra l’essere umano e i beni materiali; dalla presenza del monachesimo fondato sulla sintesi tra preghiera e lavoro (ora et labora), alla speculazione teologica medievale, in particolare di san Tommaso; senza dimenticare le tante gure carismatiche impegnate nel sociale che hanno caratterizzato - e caratterizzano - la presenza della Chiesa cattolica.

«Le antiche Bolle papali - evidenzia lo studioso sacerdote

Pier Giuseppe Accornero ne Il nostro tempo - condannavano la schiavitù e la tratta dei negri, dichiaravano la dignità umana degli indios e i loro diritti alla libertà e alla proprietà della terra, comminavano la scomunica a chi riduceva gli indiani in schiavitù, ripetevano con tenace insistenza la proibizione dell’usura, come Benedetto XIV nella “Vix pervenit” del 1745»

Ridurre tutta la storia cristiana alla lotta per le investiture, alle crociate e all’Inquisizione signi ca dimenticare pagine rilevanti di santità, realismo e profezia. «Ma la Chiesa - come fa notare ancora Accornero - rimase spiazzata dalla

Dalla Rerum novarum a oggi

La dottrina sociale della Chiesa cattolica appare omogenea no a Pio XII. Con Giovanni XXIII e il Concilio Vaticano II da lui voluto cambia decisamente rotta, inserendo importanti novità nei contenuti e nel metodo. Un ulteriore passo di attenzione al sociale viene compiuto durante il lungo ponti cato di Giovanni Paolo II (1978-2005) e poi con l’elezione di papa Francesco nel 2013. Queste che seguono sono le principali innovazioni avvenute nella Chiesa cattolica.

● La questione sociale da “questione operaia” si sposta su orizzonti più vasti e globalizzati diventando essenzialmente una questione morale. Poiché la morale rientra nelle competenze del magistero ecclesiale, tutta l’etica sociale interessa la Chiesa, la quale avverte il diritto-dovere di illuminare le coscienze e di tenere i fedeli lontani dalle deviazioni.

● Con il Concilio Vaticano II (1962-

rivoluzione industriale e dai suoi frutti avvelenati (sfruttamento, urbanizzazione, proletarismo) e impiegò quasi cento anni a rendersi conto dei mali del capitalismo che l’analisi marxista aveva individuato con largo anticipo». Ed è altrettanto vero che il mondo cattolico ha espresso una robusta linea di pensiero, idee innovative e una vasta azione che hanno preparato l’enciclica Rerum Novarum di Leone XIII, che in qualche modo ha recuperato il terreno perduto.

No a un’economia dell’esclusione

Oggi dobbiamo dire no a un’economia dell’esclusione e della iniquità. Questa economia uccide. (…) Oggi tutto entra nel gioco della competitività e della legge del più forte, dove il potente mangia il più debole. Come conseguenza di questa situazione, grandi masse di popolazione si vedono escluse ed emarginate: senza lavoro, senza prospettive, senza vie di uscita. Si considera l’essere umano in se stesso come un bene di consumo, che si può usare e poi gettare. Abbiamo dato inizio alla cultura dello “scarto”. (…) Gli esclusi non sono “sfruttati” ma ri uti, “avanzi”.

(Papa Francesco, Evangelii gaudium, n.53)

1965) queste convinzioni subiscono notevoli mutamenti grazie alla nuova visione ecclesiale introdotta dai documenti conciliari, in particolare la Lumen gentium (sull’ecclesiologia, cioè la concezione e visione di Chiesa) e la Gaudium et spes (un documento pastorale sui vari temi etici e sociali contemporanei) Nei documenti del Concilio la Chiesa cattolica non si concepi-

Do ier 373 Tema 13 IRC e diri i umani
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sce più al di sopra e di fuori della storia, estranea e giudice impassibile dei con itti, ma si sente calata nelle vicende umane, pellegrina tra gli uomini, “madre e maestra” in dialogo, condivisione e servizio in mezzo a tutti gli uomini. Così si rende conto di non avere una risposta a tutti gli interrogativi e problemi che la complessità del mondo pone in forme inedite e che non esiste un’unica via per affrontarli. Matura anche la consapevolezza che dal Vangelo non è ricavabile un progetto di “società cristiana” alla maniera dei secoli passati.

● Dalla Lumen gentium nasce una nuova teologia dei laicato; i laici (cioè coloro che non sono sacerdoti o religiosi con voti) non sono più semplici esecutori di una dottrina elaborata dall’alto, ma i protagonisti attivi del cambiamento. Alla contrapposizione con la storia e con il mondo e alla mentalità di difesa e arroccamento contro le nuove culture subentra un atteggiamento di dialogo, attento a scoprire i semi di bene ovunque disseminati.

Come è nata la dottrina sociale della Chiesa?

Nessuno può ascoltare il Vangelo senza sentirsi chiamato in causa in campo sociale. Con l’espressione “dottrina sociale” si intendono tuttavia le a ermazioni relative alle questioni sociali che il magistero ecclesiale ha fatto a partire dall’enciclica Rerum Novarum di papa Leone XIII. Insieme all’industrializzazione, nel XIX secolo è emersa una “questione sociale” del tutto nuova. La maggioranza delle persone non era più impegnata nell’agricoltura, ma nell’industria. Non era prevista nessuna tutela del lavoro, nessuna assicurazione sanitaria, niente ferie retribuite, era di uso il lavoro minorile. Sono nati i sindacati, che si impegnavano per i diritti dei lavoratori. Per papa Leone XIII era chiaro di dover reagire con misure straordinarie. Nella sua enciclica Rerum Novarum ha tratteggiato i lineamenti di un ordine sociale giusto.

Da allora i Papi hanno continuamente reagito ai “segni dei tempi” per a rontare le questioni sociali particolarmente urgenti nella tradizione della Rerum Novarum. Le a ermazioni che si sono sommate nel corso degli anni vengono de nite dottrina sociale. Accanto alle prese di posizione relative alla Chiesa universale, ossia i testi dottrinati di Papi, concili, Curia romana, fanno parte della dottrina sociale della Chiesa anche le prese di posizioni regionali, per esempio le dichiarazioni sulle questioni sociali da parte di una Conferenza episcopale.

(Docat - La dottrina sociale della Chiesa cattolica, n. 25)

Do ier 374 Tema 13 IRC e diri i umani
Piazza San Pietro, in Vaticano, durante il periodo del Concilio Vaticano II.

I documenti sociali dei papi

• 1891: Leone XIII, Rerum novarum: respinge la lotta di classe; sostiene le giuste rivendicazioni proletarie; ammette la proprietà privata, con una apertura alla dimensione sociale; il principio della sussidiarietà; il diritto all’associazione sindacale e a un salario che assicuri un giusto sostentamento.

• 1931: Pio XI, Quadragesimo anno: respinge il comunismo come dottrina contraria alla visione cristiana; non condanna il socialismo democratico; proprietà privata ma con maggior apertura alla dimensione sociale e al principio della sussidiarietà; critiche e consensi al corporativismo fascista; si sostiene un salario familiare.

• 1947: Pio XII, Fulgens radiatur: nella ricorrenza S. Benedetto da Norcia propone la preghiera e il lavoro come fondamenti della vita civile.

• 1961: Giovanni XXIII, Mater et magistra: la proprietà privata è in funzione sociale; la socializzazione deve rispettare le responsabilità dei singoli e dei corpi intermedi per il bene comune.

• 1963: Giovanni XXIII, Pacem in terris: diritti dell’uomo e della donna; proprietà privata in funzione sociale; sussidiarietà dei pubblici poteri; collaborazione politica.

• 1967: Paolo VI, Populorum progressio: in connessione con il Concilio Vaticano II e la costituzione pastorale Gaudium et spes; crescita degli squilibri e dei messianismi; proprietà privata non diritto assoluto; sussidiarietà; tentazione materialista-atea.

• 1971: Paolo VI, Octagesima adveniens: distingue diversi socialismi; aspirazione a società economicamente più giusta; azione politica rivoluzionaria discutibile; ideologia materialistica inammissibile.

• 1979: Giovanni Paolo II, Conferenza di Puebla: la Chiesa evangelizza ed è al servizio dell’uomo, di ogni uomo.

• 1981: Giovanni Paolo II, Laborem exercens: valore e signi cato del lavoro umano.

• 1987: Giovanni Paolo II, Sollecitudo rei socialis: nel ventesimo anniversario della Populorum Progressio (si ribadiscono i valori della solidarietà e della giustizia).

• 1991: Giovanni Paolo II, Centesimus annus: nel centenario della Rerum Novarum (si condanna l’esclusione di una gran parte dell’umanità dalle risorse energetiche e i rischi di una società globalizzata).

• 2009: Benedetto XVI, Caritas in veritate:invito a superare una visione individualista della società e a lavorare per la giustizia sociale.

• 2013: Francesco, Evangelii gaudium: forte richiamo ai cristiani ai valori evangeli, anche di “conversione” economica.

• 2020: Francesco, Fratelli tutti:temi della fraternità e amicizia sociale.

SPUNTI OPERATIVI

Tra i vari documenti ecclesiali citati nello specchietto riassuntivo alcuni hanno segnato un’epoca. Si consiglia una breve ricerca su la Pacem in terris, la Populorum progressio e la Fratelli tutti

Do ier 375 Tema 13 IRC e diri i umani
Papa Paolo VI.

IL PUNTO

SALVAGUARDARE i diritti di tutti

È il buio dentro di noi a creare le di erenze

Persino la nostra ombra ci rende simili.

È il buio dentro di noi a creare le di erenze.

Perciò siate luce per l’oscurità altrui. Non tenebre.

(Da La notte di Soumaila Diawara, scrittore e poeta del Mali rifugiato in Italia)

« Se sono messi in discussione i diritti di qualcuno, sono messi in pericolo quelli di tutti»

(Matteo Maria Zuppi, cardinale)

Ma eo Maria Zuppi

Matteo Maria Zuppi è un cardinale, arcivescovo metropolitana di Bologna e dal 2022 presidente della Conferenza Episcopale Italiana. Proviene dalla Comunità di Sant’Egidio di Roma, un movimento laico di ispirazione cristiano-cattolica, molto attento ai più poveri e emarginati.

SPUNTI OPERATIVI

● Condividete la frase di Zuppi riportata? Quali sono per voi oggi i diritti più a rischio?

● «Come essere luce per le oscurità altrui» come invita a fare la poesia di Diawara? Presentate suggerimenti e proposte.

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SINTESI INCLUSIVA

Non siamo soli al mondo

IRC E DIRITTI UMANI

È INNATA, IN OGNI ESSERE UMANO

SCRITTA NEL CUORE UMANO

ricorda

COSCIENZA (Formare una coscienza critica)

COSCIENZA = TRIBUNALE INTERIORE

PREESISTENTE AL CRISTIANESIMO PER IL CREDENTE È LA LEGGE DI DIO

CAPACITÀ DI DISTINGUERE

IL BENE DAL MALE

ALLA BASE DEL COMPORTAMENTO UMANO

RESPONSABILITÀ VERSO SE STESSI, GLI ALTRI L’AMBIENTE

«Non pensare di essere da solo nel mondo. Ci sono anche i tuoi fratelli» (Albert Schweitzer).

DIBATTITO

Discutete tra voi la seguente affermazione: «L’indifferenza è più colpevole della violenza stessa. Nella storia ha prodotto enormi danni» Ognuno porti argomenti pro o contro.

DOMANDE

Dio è solo Dio della pace, non della guerra.

Siamo tutti diversi e stranieri.

Individua le due affermazioni errate, barrandone la frase.

1. Non è possibile costruire una società più giusta.

2. Alla base del “razzismo” c’è la paura del “diverso”.

3. Certi valori sono ereditati dalla Bibbia.

4. La libertà religiosa non è un diritto.

377 Tema 13 IRC e diri i umani
□ V □ F
□ V □ F

FRAMMENTI PER RIFLETTERE PRATICA#MENTE

Dibattito

La storia di Ognuno, Qualcuno, Ciascuno e Nessuno

C’era un lavoro importante da fare e Ognuno era sicuro che Qualcuno l’avrebbe fatto, Ciascuno avrebbe potuto farlo, ma Nessuno lo fece. Qualcuno si arrabbiò perché era un lavoro di Ognuno. Ognuno pensò che Ciascuno poteva farlo, ma Nessuno capì che Ognuno non l’avrebbe fatto. Finì che Ognuno incolpò Qualcuno perché Nessuno fece ciò che Ciascuno avrebbe potuto fare.

Ti sembra solo una “storiella”, questa, oppure nasconde una profonda verità?

Attività interdisciplinarI

I temi sui diritti umani sono forse quelli su cui oggi è più facile lavorare in modo interdisciplinare insieme ai colleghi/e di altre discipline. Tutto il Tema 13 ci sembra ricco e stimolante per un lavoro a più voci, ma consigliamo - proprio per la speci cità dell’IRC - di non trascurare la scheda n. 3 sul contributo dato dalla Bibbia ai diritti dell’uomo.

Dal mondo dei social

Frasi simili a questa sotto vengono riprese e scritte sui social con una certa frequenza; una cosa, tutto sommato, abbastanza facile e che non ci costa molto. Non è però così facile metterle veramente in pratica nella vita di tutti i giorni, quando il meticciato diventa una realtà al mercato, a scuola, in metro, per strada…Che ne pensate?

Prendendo spunto dalla realtà:

Siamo tutti meticci

«Il meticciato è la condizione naturale del mondo: le razze “pure” non esistono. Ecco perché le civiltà in presunto scontro sono false rappresentazioni».

(Sandrine Bessora, scrittrice)

Non lasciamo morire l’umano nell’uomo. Vasilij Grossman, scrittore sovietico di origini ebraiche,pochi anni prima della morte scrisse: «Che cosa diremo al cospetto del tribunale del passato e del futuro, noi uomini vissuti nell’epoca del nazismo? Non abbiamo giusti cazioni. / Diremo che non c’è stata epoca più dura della nostra, ma che non abbiamo lasciato morire l’umano nell’uomo. […] Continuiamo a credere che vita e libertà siano una cosa sola, e che non ci sia nulla di più sublime dell’umano nell’uomo». Questo è quanto scritto da Grossman. Ma noi oggi, siamo riusciti a mantenere questo impegno?

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Buone notizie

I versi della canzone, appena citati, sono stati dedicati dal cantautore Roberto Vecchioni ad Alex Zanardi, il pilota automobilistico che ha perso entrambe le gambe in un incidente in pista (nel 2001), ma che ha saputo reagire diventando un campione del paraciclismo. Purtroppo Alex è stato vittima di un secondo grave incidente con la sua handbike nel 2020 ma, nonostante questi due gravissimi incidenti, ha dimostrato di avere una grande forza interiore e di mettercela tutta per riprendersi. Di fronte a chi si lamenta con tanta facilità, Zanardi insegna che nella vita è importante ricominciare, senza piangersi troppo addosso. Dopo il suo primo incidente aveva scritto: «C’è un grande privilegio che mi ha regalato la vita: quello di trasformare ciò che mi è accaduto in una grande opportunità». Prendiamolo come esempio.

Un Film

Lea, di M. Tullio Giordana, Italia2015, 96’: il lm racconta la vera storia di Lea Garofalo, cresciuta in una famiglia a liata alla criminalità calabrese e uccisa per “aver parlato”. La donna, infatti, per garantire alla glia Denise un futuro migliore, si ribellò alla sua famiglia e al suo compagno, denunciando tutti alla giustizia. Venne uccisa a Milano nel 2009 e il suo corpo dato alle amme. Al processo la glia Denise si dimostrò coraggiosa e determinata, un valido esempio di educazione alla cittadinanza. Nella foto un manifesto che la ricorda.

DAL MONDO DELLA MUSICA

Ti insegnerò a volare

«E se non potrai correre

E nemmeno camminare

Ti insegnerò a volare»

(Roberto Vecchioni, Ti insegnerò a volare)

E a voi capita di aver voglia di volare? In quali occasioni?

Autovalutazione

Ho trovato questo Tema:

che ................................................................................................................................................................................

379 Tema 13 IRC e diri i umani
................................................................................................... ...................................................................................................
imparato
Molto interessante Interessante Poco interessante Noioso Di cile
Ho

ci adini r ponsabili

Dopo il 13° Tema, dedicato ai diritti umani, approfondiremo un altro argomento fondamentale nella scuola: educare a sentirsicittadini consapevoli e responsabili. A questo tipo di formazione tutte le discipline devono dare il loro contributo, quindi anche l’IRC: inoltre, non si può pensare di conoscere la dimensione religiosa, in particolare quella cristiana, senza aprirsi al valore della fratellanza universale. Ci faremo guidare da alcuni documenti ecclesiali, che hanno avuto una accoglienza signi cativa anche nel mondo laico e che pongono l’accento sul rispetto del creato, la fratellanza universale e il sentirsi cittadini del mondo. È urgente lavorare insieme per un mondo più giusto, equo e solidale, rispettando la Madre Terra e la dignità di ogni persona, a cominciare dai più fragili e svantaggiati.

IL PERCORSO CHE

I contenuti digitali speciali
14 PER CONCLUDERE • Il punto 404 • Sintesi inclusiva 405 • Pratica#mente 406
FAREMO • Quattro s de epocali 382 • Frontiere nella mente 384 • Un mondo da salvare 386 • Scoprendoci fragili 388 • A scuola di pace 390 • Diversamente si può 392 • Consumatori intelligenti 394 • Ripensare le priorità 396 • Dialogare è importante 398 • Figli dello stesso Padre 400 • D/Il contributo delle religioni 402

chi? Who? dove? Wh e? quando? When? cosa? What? perché? Why?

Questo Tema invita ad essere cittadini consapevoli e responsabili. L’Irc non può non dare il proprio contributo in quanto l’educazione ad una cittadinanza responsabile chiama in causa i valori cristiani.

is eme invites to be conscious and liable citizens. e religion class has to give its contribution because the education to a responsible citizenship calls on Christian values.

Come i precedenti, questo Tema sarà a rontato in classe per poi estendersi alla vita personale di ogni studente e studentessa. Valori come il rispetto del creato e la fratellanza universale appartengono a tutti, laici e credenti.

is eme, as the previous ones, is going to be addressed rst of all during the religion class, but it’s going to broaden to the personal life of each student. Values such as the respect for the Creation and the universal brotherhood belong to everybody, both lays and believers.

Conoscenze

• Conoscere, in un contesto culturale plurale e complesso, gli orientamenti della Chiesa sulla questione ecologica e sullo sviluppo sostenibile.

• Operare criticamente scelte etico-religiose in riferimento ai valori proposti dal cristianesimo.

• Riconoscere il ruolo della religione nella società e comprenderne la natura, in vista di un dialogo costruttivo, fondato sul principio della libertà religiosa.

Svilupperemo l’argomento della cittadinanza responsabile durante l’ora di religione, ma non possiamo fermarci alla scuola perché esso riguarda la vita delle persone, al di là delle loro scelte religiose.

We’re going to develop the topic of responsible citizenship during the religion class. But we cannot stop to the school because it involves the life of people, beyond their religious choices.

ABILITÀ

Il Tema tocca le grandi s de della società, in gran parte ancora aperte. Il futuro passa dalle risposte, che riguardano la coscienza critica dell’individuo e un nuovo modo di guardare al pianeta.

is eme touches the big challenges of the current society, mostly still open. e future lies in the answers which concern the critical consciousness of a person and a new way to look at the planet.

A rontare responsabilmente i problemi del mondo è fondamentale per la sopravvivenza stessa della Terra. Serve un “umanesimo rigenerato”, che attinga alle sorgenti dell’etica, della solidarietà e della responsabilità.

Tackling the world’s problems responsibly is essential for the survival of the Earth. We need a “regenerated humanism”, which draws on the sources of ethics, solidarity and responsibility.

COMPETENZE

• Motivare le proprie scelte di vita, confrontandole con la visione cristiana, e dialogare in modo aperto, libero e costruttivo.

• Confrontarsi con gli aspetti più signi cativi della fede cristiano-cattolica, tenendo presente l’impatto nei vari ambiti della società.

• Individuare le potenzialità e i rischi legati allo sviluppo economico, sociale e ambientale, alla globalizzazione e alla multiculturalità, alle nuove tecnologie e modalità di accesso al sapere.

• Sviluppare un maturo senso critico e un personale progetto di vita, ri ettendo sulla propria identità nel confronto con il messaggio cristiano, aperto all’esercizio della giustizia e della solidarietà in un contesto multiculturale.

• Cogliere la presenza e l’incidenza del cristianesimo nella storia e nella cultura, per una lettura critica del mondo contemporaneo.

• Valutare il contributo sempre attuale della tradizione cristiana allo sviluppo della civiltà umana, anche in dialogo con le altre tradizioni culturali e religiose.

cittadini r ponsabili

1. quattro sfide epocali

P«er educare non basta istruire», diceva Sigmund Freud, il fondatore della psicanalisi. Certo la scuola – come abbiamo messo in risalto più volte – non può limitarsi a trasmettere nozioni e metodi; deve anche educare i giovani ad essere cittadini responsabili. La scuola – come tutte le altre componenti della società, compresa la religione – deve affrontare in modo responsabile le sfide di oggi. Quattro fenomeni indicano che è in atto un cambiamento epocale: le migrazioni, la sostenibilità ambientale, la crisi sociale seguita alla pandemia, i conflitti in atto, tra cui la recente guerra in Ucraina.1 A questi fenomeni è necessario dare «risposte nuove e adeguate, pena la condanna dell’umanità a forme pesanti di regressione, se non all’auto-estinzione Non si tratta di visioni apocalittiche o millenaristiche, già di per sé esagerate, ma di esiti inesorabili se non si cambieranno comportamenti e stili di vita, approcci culturali e sociali, scelte geopolitiche e assetti internazionali». Passiamo ad esaminare ogni singolo fenomeno, illuminati dalle riflessioni degli ultimi documenti ecclesiali:

1. Le migrazioni: la mobilità umana ha raggiunto livelli mai sperimentati fino ad oggi. Oltre 300 milioni di persone negli ultimi anni hanno lasciato la loro terra d’origine, spinti dalla necessità di sfuggire a conflitti, carestie, cambiamenti climatici o alla ricerca di quel benessere spesso visto come un miraggio facilmente raggiungibile (anche grazie a una comunicazione globale non sempre attendibile). Di fronte alla tragedia di molti profughi morti nel Mediterraneo o nelle varie traversate, diventa fondamentale capire quale atteggiamento culturale saremo capaci di assumere e come sapremo governare un tale fenomeno a livello locale e mondiale. Più volte papa Francesco ha richiamato i governi e le istituzioni alla necessità di un patto globale per le migrazioni, denunciando la cultura dell’indifferenza e dello scarto

2. La sostenibilità ambientale: alla luce degli ultimi dati sulla sostenibilità ambientale, se non si modificano i livelli di inquinamento e non si interviene in modo radicale sulle condizioni che stanno alla base dei cambiamenti climatici, l’umanità corre il rischio di vedere crollare la “casa comune”. Come sottolinea papa Francesco2: «Occorre ripensare i nostri stili di vita, l’economia, l’organizzazione sociale al fine di garantire uno sviluppo sostenibile per tutte le persone e per l’intero pianeta».

3. La crisi sociale seguita alla pandemia: in questi ultimi anni una patologia infettiva,3 giunta improvvisa e inaspettata, è venuta a ricordarci che in un mondo globalizzato ciò che succede in Cina o in un altro Paese lontano in breve tempo può coinvolgere e condizionare l’intero pianeta. La pandemia, che ha portato numerosi lutti e sconvolgimenti a livello mondiale, ci ha fatto scoprire quanto la nostra vita quotidiana, le attività che svolgiamo normalmente, il nostro stesso lavoro possano essere così fragili e precari da andare facilmente in crisi. La pandemia, infatti, non solo si è dimostrata un grave problema sanitario, «ma ha anche generato – osserva Giuliodori – dirompenti problematiche sociali, economiche e lavorative, senza risparmiare nessuno e ben al di là della questione del contagio e dei vaccini. Tra i princi-

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La Statua della Libertà, a New York. Inaugurata nel 1896, “accoglieva” gli immigrati che arrivavano negli Stati Uniti dopo aver attraversato l’oceano.

pali effetti anche la ricaduta devastante sul versante educativo», in quanto la scuola (che non poteva essere vissuta in presenza a causa del contagio, ma solo a distanza grazie a internet) ha mostrato comunque molti limiti.

4. I conflitti in atto: ogni anno si combattono nel mondo molti conflitti, in gran parte nascosti o lontani dai riflettori dei media. Nel 2022 erano 72 le guerre fra milizie non statali e 21 quelle con governi o gruppi contro civili, che hanno provocato circa 81.000 morti,4 ma in questo numero non sono inclusi i tantissimi morti, tra militari e civili, caduti durante il recente conflitto in Ucraina, causato dall’invasione della Federazione Russa (24 febbraio 2022). Quest’ultima guerra, con il suo pesante bagaglio di distruzione e di morte e milioni di persone costrette a fuggire dalla propria terra, ha sconvolto la situazione socio-politica e militare non solo dell’Europa, ma del mondo intero. Il rischio di un allargamento militare senza precedenti, fino ad un possibile coinvolgimento nucleare, ha tenuto tutti con il fiato sospeso per lunghi mesi. Già molto tempo prima di questi eventi papa Francesco aveva messo in guardia il mondo che una «terza guerra mondiale a pezzi» era in realtà già in atto, seppure non dichiarata. La guerra in Ucraina ha cambiato di fatto gli assetti mondiali, con pesanti ricadute, anche economiche, su molti Paesi, in particolare quelli più fragili. La pace nel mondo è sempre in un equilibrio molto precario, e basta poco per provocare un’escalation che potrebbe portare alla distruzione di gran parte del nostro pianeta.

Una coscienza planetaria

Queste quattro grandi problematiche non stanno solo a testimoniarci il “cambiamento epocale” in atto, ma ci sfidano a misurarci seriamente con esse, sia per comprenderne le cause e valutarne gli effetti, sia per fare quanto necessario per realizzare un’inversione di tendenza.

Afferma Edgar Morin: «Stiamo vivendo un momento non facile, in cui siamo di fronte a varie crisi pesanti, e non solo quella ambientale. Abbiamo bisogno di un umanesimo rigenerato, che attinga alle sorgenti dell’etica: la solidarietà e la responsabilità, presenti in ogni società umana». Secondo il sociologo e scrittore laico francese: «L’angoscia porta a chiudersi sull’identità nazionale, etnica, sul nazionalismo: invece di una apertura della coscienza, vitale, c’è una chiusura, mortale. Servirebbe invece una coscienza planetaria della comunità dei destini umani, per creare oasi di libero pensiero, fraternità, solidarietà, isolotti di resistenza che difendono valori universali e umanisti, e pensare che un giorno questi possano diventare un’avanguardia. È successo tante volte nella storia, succederà di nuovo».5

SPUNTI OPERATIVI

● Delle quattro s de presentate , tutte importanti, ce n’è una che vi sta più a cuore? Se sì, come vi state impegnando ad a rontarla?

● Su che cosa si basa la «coscienza planetaria» di cui parla Morin? Cosa può fare concretamente la scuola per andare nella direzione indicata dal sociologo?

1 Si tiene presente la relazione di monsignor Claudio Giuliodori, “Ascolto e dialogo: sfide educative ed ecclesiali”, tenuta a Maestre in occasione del Convegno organizzato dal Servizio nazionale per l’insegnamento della religione cattolica e dall’Ufficio nazionale per l’Educazione, la Scuola e l’Università della CEI (2-4 maggio 2022).

2 Papa Francesco, Lettera enciclica Laudato sì’, 24 maggio 2015.

3 Si tratta della pandemia da coronavirus (COVID-19), una patologia infettiva causata dal virus SARS-COV2, che per circa tre anni (2019-2022) ha condizionato la vita di miliardi di persone nel mondo provocando circa 182 mila morti in Italia e 6 milioni e 600 mila vittime in tutto il mondo (dati ufficiali del 7 dicembre 2022).

4 Tra queste guerre, oltre quella in Ucraina, ricordiamo il dramma della Siria, dell’Afghanistan, dell’Iraq e dello Yemen, il Sud Sudan, la Nigeria, il Congo, la Somalia… ma la lista è ancora molto lunga.

5 Avvenire, 15 aprile 2020.

383 Tema 14 cittadini r ponsabili

2. frontiere ne a mente

Dopo aver accennato ai quattro grandi fenomeni che stanno alla base del cambiamento “epocale” che stiamo vivendo, affrontiamoli ora uno ad uno, iniziando dalle migrazioni.

Thor Heyerdahl (1914-2002), antropologo e scrittore norvegese, affermava: «Le frontiere? Esistono eccome! Nei miei viaggi ne ho incontrate molte e stanno tutte nella mente degli uomini».Così ironizzava questo studioso, che soleva affrontare lunghe traversate transoceaniche su imbarcazioni rudimentali per dimostrare che la diffusione dell’essere umano era avvenuta via mare. Anche se la sua teoria fu messa in discussione da scoperte successive, i suoi studi e le sue spedizioni dimostrarono che nell’antichità le rotte marine e gli scambi culturali erano più frequenti di quanto si immaginasse. L’essere umano, infatti, ha sempre viaggiato, fin dai tempi più antichi. Le popolazioni progredivano grazie al contatto e allo scambio con altri popoli.

Anche le migrazioni sono una costante nella storia dell’umanità: è sempre accaduto che gruppi di persone, o interi popoli, si siano spostati in cerca di zone migliori dove vivere. Il fenomeno dei migranti, dei profughi e dei rifugiati non è affatto una caratteristica della nostra epoca, ma oggi si è fatta più massiccia e vistosa. Spinte dalla fame e da gravi crisi economiche, per sottrarsi alle guerre e al terrorismo, che dilaniano soprattutto le zone più povere del pianeta, sono in aumento

Un fenomeno globale

«Nel mondo di oggi assistiamo a un livello senza precedenti di mobilità umana. I migranti sono presenti in molti paesi del mondo e il loro numero cresce più rapidamente del tasso della popolazione mondiale. I migranti internazionali sono passati da 153 milioni nel 1990 a 271,6 milioni nel 2019. Con la pandemia del Covid-19 i ussi si sono modi cati, ma aggregando vari numeri si può dire che nel mondo ci sono più di un miliardo di migranti, cioè quasi un settimo della popolazione mondiale: circa 750 milioni di persone sono migranti all’interno del proprio Paese (nella sola Cina c’è un numero equivalente a tutti i migranti internazionali) e 271,6 milioni sono, come detto, migranti internazionali. Alla ne del 2018, secondo gli ultimi dati disponibili si sono raggiunti i massimi livelli di spostamento sinora registrati: 70,8 milioni di persone nel mondo sono state costrette a lasciare la propria casa; tra questi quasi 25,9 milioni di rifugiati, oltre la metà dei quali ha meno di 18 anni, e 3,5 milioni di richiedenti asilo; ci sono poi milioni di apolidi a cui è stata negata la nazionalità e l’accesso ai diritti fondamentali come istruzione, assistenza sanitaria, occupazione e libertà di movimento. Sono fenomeni globali che richiedono approcci globali. ».

(dal Rapporto 2021 dell’European Center on Cooperative and Social Enterprises - Euricse)

È

bello il proverbio

con chi vai e ti dirò chi sei!”, ma non basta. Proviamo a dire: “Dimmi chi escludi e ti dirò chi sei!”».

(don Luigi Di Liegro, fondatore della Caritas romana)

Il muro di con ne (detto el bordo) tra Stati Uniti d’America e Messico nella città di Tijuana, sull’Oceano Paci co.

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«
tanto
“Dimmi

le persone che si spostano per cercare una vita migliore. Il problema è talmente vasto che nessuno Stato può pensare di affrontarlo da solo. Le grandi sfide internazionali – come più volte è stato ribadito a vari livelli − non si risolvono con frontiere e muri, dove ogni Stato cerca di difendere il proprio interesse nazionale. Solo con un lavoro comune tra stati e istituzioni sovranazionali è possibile dare una risposta a una questione così complessa.

Nel mondo contemporaneo tutti siamo connessi e non ci può essere pace e sicurezza quando altri sono in grave difficoltà. Lo abbiamo constatato a nostre spese durante la pandemia da Covid-19: quando in Occidente pensavamo di essere ormai al sicuro perché avevamo raggiunto un’alta percentuale di vaccinazioni, il virus ha continuato a girare in tutto il mondo, perché i paesi più poveri non avevano avuto a disposizione una quota equa di vaccini.

Aiutare i Paesi più poveri non è solo un imperativo etico, è anche un modo per tutelare i propri interessi: forse questa ragione basterebbe da sola per convincere anche i più egoisti.

Siamo parte di un tutto

Nell’Africa sub-sahariana c’è una parola (“ubuntu”, che letteralmente significa

«Io sono, perché noi siamo») che spiega meglio di tanti discorsi che il nostro “io” dipende da una realtà ancora più grande: il “noi”, l”umanità”. La testimonianza che questo vocabolo africano ci trasmette è che il fondamento e la ragion d’essere di ogni persona è proprio quel “noi”. Siamo “ubuntu”, apparteniamo tutti alla stessa comunità umana, che esige da ognuno di noi lealtà e rispetto. Infatti, soltanto accettando la presenza dell’altro come “parte di un tutto” possiamo sentirci pienamente umani. Proprio quell’altro – pur diverso da me per lingua, tradizioni, usi, religione – non è affatto un intruso o un “nemico”: anzi, fa parte della mia umanità.

Sarebbe bello se tutti mettessimo il concetto di ubuntu alla base della nostra vita, cercando di vivere ogni giorno la compassione, il rispetto e la benevolenza verso ogni essere umano.

«Profughi sì, neri no!»

Michael e Meshack sono due giovani ventenni, originari della Nigeria, che vivevano e studiavano a Kiev quando è scoppiata la guerra di invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Una gentile signora italiana si o re di ospitare due giovani ucraini, ma quando scopre che sono africani si tira indietro…

(da Il Messaggero, 29 marzo 2022)

«Aiutiamoli a casa loro!»

SPUNTI OPERATIVI

Per un approfondimento sulla parola “ubuntu”, cara al leader sudafricano Nelson Mandela, si veda il lm Invictus di Clint Eastwood (USA 2009)

Alcuni sostengono che solo facendo investimenti economici e culturali nei Paesi più disagiati del mondo sarà possibile a rontare le cause profonde delle migrazioni. È però necessario spiegare come, quando e con quali precise risorse si intende agire, perché altrimenti l’idea di “aiutarli a casa loro” non è che una scusa per non fare nulla. Come abbiamo ricordato più volte, le migrazioni (piccole e grandi) ci sono sempre state nella storia, ma è vero che «nessuno lascia la sua casa se non è costretto a farlo», come ci ricorda un detto popolare. Occorre rispondere con proposte concrete a livello internazionale, per esempio investendo sui Paesi d’origine e di transito dei migranti, proteggendo i più vulnerabili, valorizzando le opportunità che le migrazioni o rono, educando ad accettare e convivere con l’altro, nel rispetto reciproco.

385 Tema 14 cittadini r ponsabili
Nelson Mandela (1918-2013), primo presidente di colore del Sudafrica. Per la sua lotta contro il segregazionismo razziale aveva scontato 27 anni di carcere.

3. un mondo da salvare

Il secondo fenomeno che abbiamo presentato come causa del cambiamento epocale in atto è quello della sostenibilità ambientale.

«Nello stato attuale – afferma il fisico e teologo Simone Morandini – il nostro pianeta va verso il collasso; i cambiamenti climatici causati dall’azione dell’uomo desertificano le terre e provocano milioni di vittime e di profughi». Questa situazione causa “fabbriche di povertà” che determinano diseguaglianze sociali ed economiche. Infatti, al contrario di quanto ci si aspettava, dal 2015 la fame e la povertà nel mondo sono cresciute e fanno vittime soprattutto tra le donne. Siamo lontani dagli obiettivi del millennio che l’ONU si era prefissato, non per mancanza di beni ma per un’iniqua distribuzione delle ricchezze.

Ma il problema non riguarda soltanto l’ONU e i singoli governi; è un problema sociale e, insieme, etico e spirituale che chiama direttamente in causa la coscienza dei singoli, le religioni e le comunità cristiane nel loro insieme. Alla base c’è l’urgenza di recuperare un migliore rapporto con la creazione e di non dimenticare la destinazione universale dei beni della terra, come chiaramente invitano le sacre scritture ebraico-cristiane e anche altre religioni. Come sottolineano alcuni recenti documenti della Chiesa cattolica, alla base del non corretto rapporto con il creato e tra le cause principali della povertà nel mondo c’è «la cattiva distribuzione di cibo e di reddito tra gli esseri umani» e uno «stile di vita e di pensiero non degno dell’uomo» (Evangelium Gaudium, n. 208).

Religioni e Chiese unite per l’ambiente

Il tema della pace e della giustizia, in particolar modo quello dell’ambiente, è molto sentito anche in campo ecumenico e interreligioso. Più volte, in questi ultimi decenni, i rappresentanti delle varie religioni e chiese hanno sottolineato che è urgente rispettare di più il creato e assicurare ai popoli una maggiore giustizia. Fin dal 1989, dando vita alla Giornata di preghiera per la salvaguardia del pianeta e delle sue creature, la Chiesa ortodossa ha dimostrato una forte attenzione al tema del rispetto del creato. L’attuale patriarca Bartolomeo, soprannominato “il patriarca verde” proprio per la sua sensibilità ecologica, scriveva nel messaggio della Giornata di preghiera 2020: «L’impegno per l’ambiente deve essere globale. Non ci rivolgiamo solo ai fedeli ortodossi, né solo ai cristiani o ai rappresentanti di altre religioni, ma anche a personalità politiche, ad ambientalisti e ad altri scienziati, agli intellettuali e ad ogni uomo di buona volontà. È inconcepibile che l’umanità sia a conoscenza della serietà del problema e che continui a comportarsi come se non lo conoscesse». Con acutezza il patriarca ortodosso osserva: «Si continua a perseguire un modello di sviluppo economico ancora fondato sugli indici economici e la massimizzazione del guadagno, nonostante questo sistema abbia acuito i problemi ecologici, ignorando e screditando le forme alternative di sviluppo e la forza della solidarietà sociale e della giustizia».

Dalla Laudato si’ a Fratelli tutti

La Chiesa cattolica ha recentemente dedicato alla responsabilità del creato e alla fratellanza umana due importanti documenti ponti ci (nel gergo ecclesiale: encicliche), ambedue ispirati a san Francesco d’Assisi. Le due encicliche o rono molti spunti di ri essione sul rispetto dovuto all’ambiente, ma anche a tutti gli esseri umani in quanto nostri fratelli. I due documenti pongono l’accento sull’importanza di un’ecologia integrale, in cui la preoccupazione per la natura, per il rispetto di tutti gli esseri umani, per una vera equità e giustizia verso i Paesi più poveri e svantaggiati del mondo, insieme all’attenzione per chi è ai margini della società, sono problematiche tra loro inseparabili.

Nei vari capitoli che compongono i due documenti, il vescovo di Roma evidenzia che la nostra terra (maltrattata e saccheggiata) come anche la nostra società (in cui la fratellanza sembra essere un principio dimenticato) richiedono una vera “conversione”, cioè un cambiamento di rotta in cui ognuno di noi si assuma la responsabilità di un serio impegno per la cura della casa comune e la realizzazione di una vera fratellanza e amicizia sociale.

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Anche papa Francesco, fin dall’inizio del suo pontificato – improntato al santo di Assisi, da cui ha preso il nome, e al suo Cantico delle creature – ha dato grande importanza al tema dell’ambiente e al rispetto della natura. A nome di tutta la Chiesa cattolica osservava: «Gli egoismi e gli interessi hanno fatto del creato, luogo di incontro e di condivisione, un teatro di rivalità e di scontri, mettendo in pericolo lo stesso ambiente, voluto da Dio per il bene di tutti, ma che noi rischiamo di distruggere. Abbiamo dimenticato che siamo stati fatti a immagine di Dio, chiamati ad abitare come fratelli e sorelle la stessa casa comune. Non siamo chiamati a spadroneggiare, ma a custodire il creato».

La “casa comune” non può avere muri

Il tema del rispetto dell’ambiente è strettamente legato a quello, ancora più vasto, della pace e della giustizia del creato. «È insensato – ricorda papa Francesco – nella prospettiva del bene dei popoli e del mondo chiudere gli spazi, separare i popoli, anzi contrapporre gli uni agli altri, negare ospitalità a chi ne ha bisogno e alle loro famiglie. In questo modo si fa a pezzi il mondo, usando la stessa violenza con cui si rovina l’ambiente e si danneggia la casa comune.1 La casa comune – continua ancora il messaggio – non sopporta muri che separano e, ancor meno, che contrappongono coloro che la abitano. Ha bisogno piuttosto di porte aperte che aiutino a comunicare, a incontrarsi, a cooperare per vivere assieme nella pace, rispettando le diversità e stringendo vincoli di responsabilità. La pace è senza frontiere».

SPUNTI OPERATIVI

● Evidenziate i punti di questa Scheda che vi sembrano più interessanti da approfondire in classe, poi condivideteli con i compagni e l’insegnante.

● Attività: si consiglia una breve indagine sullo spreco di cibo che viene fatto in famiglia o a scuola.

● Da quando avete colto l’allarme per il rischio ambientale, cosa è cambiato negli atteggiamenti concreti a casa vostra? Avete qualche progetto?

Sprechiamo sempre più cibo Stando ai dati u ciali, nel corso di un anno nel mondo vengono mandati al macero circa 1,3 miliardi di tonnellate di cibo ancora commestibile, potenzialmente in grado di sfamare milioni di persone che non hanno accesso a risorse nutritive adeguate. Si stima che, a livello mondiale, circa il 14% degli alimenti vada perso o sprecato dopo il raccolto e prima di arrivare alla vendita al dettaglio, così come nel corso delle operazioni di stoccaggio e di trasporto. Lo spreco di cibo, oltre che in uire negativamente sull’economia, contribuisce al depauperamento ambientale, accelerando il cambiamento climatico.

(Dati: FAO - Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, 2020)

Dalla prima a ermazione biblica che siamo tutti fratelli in Gesù («Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù», Galati 3,8) ci sono voluti più di 1700 anni perché si arrivasse ad abolire, almeno u cialmente, la schiavitù. Ma oggi non abbiamo più tutto questo tempo per risolvere i problemi del mondo. È urgente passare dalla consapevolezza ai fatti.

(Dai documenti preparatori al Sinodo 2021-2023 della Chiesa cattolica italiana)

387 Tema 14 cittadini r ponsabili
1 Messaggio di papa Francesco in occasione dell’incontro internazionale di preghiera per la pace, Madrid, settembre 2019.

4. Scoprendosi fragili

La scoperta della fragilità, la paura, le chiusure (o lockdown), l’allontanamento forzato dagli amici sono alcune delle cose che ci ha imposto la recente infezione a livello mondiale denominata COVID 19 (COrona VIrusDisease). È la pandemia il terzo “fenomeno epocale” che presentiamo: pur non essendo stati pochi gli aspetti dolorosi e difficili a cui il virus ci ha obbligati, nello stesso tempo abbiamo fatto scoperte che ci hanno arricchito, come emerge anche nella lettera che riportiamo di seguito.

Si tratta di un confronto tra gli alunni e la professoressa virtuale – uscita dalla fantasia di Marta, la nostra vignettista – che ci ha fatto da “filo rosso” nelle vignette del testo. Condividiamo ciò che scrive l’insegnante, per questo che ve lo proponiamo.

Tutti sulla stessa barca

La nostra professoressa virtuale manda una mail per rispondere alla domanda della sua alunna.

«Ciao Giulia, ti rispondo volentieri perché questo è un argomento su cui ho riflettuto molto, annotando giorno dopo giorno vari pensieri sul mio computer, una sorta di diario elettronico da cui sto attingendo per scriverti. Metto in copia i tuoi compagni di classe perché la tua domanda se la sono posta anche loro. Tra le cose che mi hanno impressionata di più in questo lungo periodo di pandemia c’è stata la preghiera silenziosa fatta da papa Francesco il 27 marzo 2020, in una piazza San Pietro drammaticamente vuota e segnata dalla pioggia, mentre commentava l’episodio evangelico della tempesta sedata: «Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città (...) Come i discepoli ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme».

● Questa constatazione di esserci ritrovati tutti, improvvisamente, “sulla stessa barca” e di essere chiamati a “remare insieme” per uscire dalla tempesta è un pensiero che mi ha toccato molto. Nella difficoltà è assurdo pensare di andare avanti ciascuno per proprio conto, magari gridando e imprecando. Decisamente meglio mettersi a remare tutti insieme: questo è statoil primo insegnamento che ho appreso.

● L’esperienza del limite: importante è l’aver constatato quanto siamo tutti limitati e mortali. In teoria lo sap-

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Papa Francesco in Piazza San Pietro durante il lockdown, 27 marzo 2020.

piamo, ma è molto facile dimenticarlo. La pandemia, invece, con quelle lunghe file di camion militari che portavano le bare ai cimiteri della bergamasca, ce lo ha ricordato brutalmente: non siamo noi i padroni di tutto. Insomma, è bastato un piccolo virus, invisibile a occhio nudo, a chiudere e isolare la nostra società supertecnologica e altamente evoluta. Rinchiusi e isolati nei nostri appartamenti, ci siamo resi conto di quanto siamo poveri e fragili.

● Per chi e per che cosa vivo? Costretta a rimanere in casa a riflettere, sono affiorate in me – ma non penso di essere l’unica – le domande esistenziali di sempre: «Per chi e per che cosa vivo?». Pur dichiarandomi credente, mi sono ritrovata più volte a chiedermi: «Dio, dove sei?», di fronte a tanta gente che soffriva e moriva in ospedale, senza alcun familiare attorno. C’erano medici e infermieri (che hanno fatto eroicamente tutto il possibile), ma è stato terribile per tanti affrontare la morte senza poter stringere una mano amica, nella solitudine più totale. Anche io ho perso una persona cara... Eppure quell’immagine della barca in mezzo alla tempesta, evocata dal papa, è stata per me molto importante per non chiudermi nel dolore e remare insieme a tanti altri.

● Qual è il mio rapporto con le persone e le cose? Con questa domanda ho cercato di dare una svolta importante all’esistenza, chiedendomi cosa dovevo cambiare nel mio rapporto con le persone e le cose. Ho scoperto quali erano le priorità, impegnandomi nel dare una mano a chi – dopo l’esperienza della pandemia – si è trovato ancora di più nel bisogno, facendo mio quanto scrive papa Francesco nella Laudato si’: «Bisogna rafforzare la consapevolezza che siamo unasola famiglia umana. Non ci sono frontiere e barriere politiche o sociali che ci permettano di isolarci, e per ciò stesso non c’è nemmeno spazio per la globalizzazione dell’indifferenza» (n. 52).

Una maggiore umanità

Queste parole dovrebbero diventare un valido punto di riferimento per tutti, anche per voi giovani. Non si tratta di essere credenti o meno, è importante ritrovare i valori della responsabilità e della solidarietà, che ci rendono più veri e “umani”. Il coronavirus, per forza di cose, ci ha brutalmente invitati a ripensare molti aspetti di noi stessi, prendendo consapevolezza delle contraddizioni di una cultura dominante troppo spesso egoista e indifferente, centrata più sul produrre e consumare che su un’equa ripartizione dei beni della terra, più sull’apparire che sull’essere, più sulle chiacchiere che su gesti concreti di solidarietà e rispetto. Speriamo che questa lezione non venga dimenticata troppo presto.

SPUNTI OPERATIVI

● «Tutti sulla stessa barca»: una frase un po’ scontata o profondamente vera? Che ne pensate?

● E voi cosa avete imparato dalla pandemia? Condividete le vostre ri essioni in classe.

389 Tema 14 cittadini r ponsabili
« L’opposto dell’amore non è l’odio, è l’indifferenza».
(Elie Wiesel, scrittore rumeno)

5. a scuola di pace

L’ultimo fenomeno che prendiamo in esame riguarda i conflitti di cui è un triste emblema la guerra scoppiata in Ucraina nel febbraio 2022 con l’invasione ad opera della Federazione Russa. Siamo convinti, come è scritto nel riquadro accanto, che la scuola debba essere considerata un importante punto di riferimento per la pace; non si tratta di fare delle lezioni sulla pace, è la scuola stessa che deve diventare un luogo dove si insegna e si impara la pace, si cresce in pace. È questo ciò a cui dobbiamo mirare, anche se è molto più impegnativo.

La pace è una conquista continua

Credere nella pace non significa soltanto essere contro la guerra, ma vivere in armonia con la natura e con gli altri, lavorando per costruire un mondo con meno ingiustizie, più equo. In questo senso la pace è una conquista: non si limita all’assenza di guerra, ma richiede un impegno continuo da parte di tutti. La scuola deve contribuire insegnando ai giovani che la pace è un percorso in salita, che non annulla le conflittualità (anche nei piccoli gruppi) ma cerca di superarle, accettandole e mediando. Tra i compiti della scuola c’è quindi quello di educare alle diversità – piccole e grandi – perché non diventino causa di conflitto ma di integrazione e ricchezza tra i gruppi. Sono le “diversità” dovute al colore della pelle, alla cultura, alla religione, ai modi di comportarsi, di vestire o di mangiare che insieme formano un arcobaleno di colori capace di generare nuove forme di convivenza, rendendo vivace e arricchente il gruppo, i popoli, le nazioni, il mondo intero.

Coerenza di valori e di vita

Per educare alla pace a scuola non serve solo una buona capacità didattica, ma anche coerenza di valori e di vita. Insieme agli alunni, i docenti stessi sono chiamati ad avere un atteggiamento di pace, anche nel linguaggio, che deve essere coerente con i principi insegnati: non si può educare alla pace usando in classe parole o gesti aggressivi, come non si possono avere atteggiamenti di parte o ingiusti nei confronti degli studenti. È importante che il docente – indipendentemente dalle sue idee – dia a ciascuno il voto che merita, senza umiliare l’alunno ma incoraggiandolo a migliorare: anche questo è un modo per educare alla pace.

Preparare la pace, non la guerra!

Un vecchio detto latino recita: Si vis pacem, para bellum («Se vuoi la pace, prepara la guerra»). Ma questa è una lettura discutibile e superata: di fronte ad armi sempre più potenti e sofisticate, capaci di annientare l’intero pianeta, dobbiamo chiederci che senso ha continuare acredere nella guerra come soluzione dei conflitti, quando sappiamo che essa provoca una spirale di violenza, distruzione e morte. Come abbiamo potuto constatare con la recente guerra in Ucraina,

Scuola luogo di pace

«La scuola deve essere luogo di pace, dove si insegna e si impara la pace, si sperimenta e si cresce in pace. Educazione alla pace signi ca educazione ai diritti umani, alla cittadinanza, al dialogo, alla democrazia, alla legalità, alla nonviolenza, alle pari opportunità, alla solidarietà, alla giustizia, alla cooperazione internazionale, al rispetto dell’ambiente. La pace è una condizione politica e uno stato d’animo, un sentimento collettivo e personale. Oggi, con centinaia di milioni di persone che nascono e muoiono senza conoscerla, la pace è più urgente che mai».

(Dal sito della Scuola di pace di Montesole)

Il diritto alla difesa

Così ha dichiarato il segretario di Stato vaticano riferendosi all’Ucraina: «Il diritto a difendere la propria vita, il proprio popolo e la propria patria anche con le armi è ammesso, ma questo non impedisce di a ermare che la ricerca di una soluzione basata sul dialogo, che metta a tacere le armi ed eviti l’escalation nucleare, sia una priorità».

(Card. Pietro Parolin, in Il Regno-Attualità 8/2022)

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non ci vuole poi molto per arrivare sul baratro di una catastrofe nucleare...

Se facciamo appello alla nostra coscienza critica (o anche solo al buon senso) sappiamo che la guerra non è mai la soluzione. Se si vuole la pace si deve preparare la pace, non la guerra!

Purtroppo, in un mondo dove la violenza e le armi sono considerate troppo spesso il mezzo più facile per risolvere i conflitti, c’è una diffusa apatia e ipocrisia che impedisce a tante coscienze di dire NO alla guerra. Chi denuncia oggi lo strumento della guerra e il commercio di armi che la alimenta? Quanti grandi della Terra hanno alzato il loro grido per risolvere senza armi i conflitti? La pace non è un bene di consumo: è il prodotto di un impegno continuo, che esige coerenza di vita e non ha molto da spartire con una banale “vita pacifica”.

Le religioni e la pace1

In questi decenni i temi della pace, della giustizia e dell’integrità del creato hanno caratterizzando il pensiero e l’impegno delle Chiese cristiane e delle principali tradizioni religiose. Intorno a questa triade di valori si sono ritrovate le Chiese cristiane nella prima assemblea ecumenica europea (Basilea 1989) e in tutti i successivi incontri ecumenici, a dimostrazione del fatto che questi temi sono valori condivisi da tutti i cristiani, sia pure con modalità e spirito differenti.

Il 1° gennaio di ogni anno viene celebrata la Giornata mondiale della pace (istituita da papa Paolo VI nel 1968) in ambito cattolico; anche le Chiese ortodosse, in particolare quelle sotto il patriarcato di Costantinopoli, hanno dimostrato grande attenzione alla pace, sia nei documenti ufficiali sia nelle azioni intraprese. Nella realtà protestante sono tante le testimonianze di coloro che hanno dedicato la vita alla pace, ai diritti umani e alla giustizia. Ci limitiamo a ricordare: Martin Luther King (1929-1968), pastore battista assassinato per il suo impegno a favore del riconoscimento della parità dei diritti tra neri e bianchi; il movimento dei Quaccheri, sorto nel XVII secolo, e quello dei Mormoni (XIX secolo), che hanno fatto della non violenza evangelica un elemento distintivo. Più rari e recenti sono invece i pronunciamenti sulla pace nel mondo islamico, oggi maggiormente presenti, come dimostra la dichiarazione sulla Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, sottoscritta dal Grande Imam del Cairo e dal Vescovo di Roma (4 febbraio 2019). Attenta alla pace e al rispetto di ogni essere vivente è la tradizione buddhista, che proclama fin dalle sue lontane origini (VI secolo a.C.) il rispetto e la compassione verso ogni essere vivente.

SPUNTI OPERATIVI

Attività: sono tante le persone che hanno testimoniato la pace contro l’assurdità della guerra. Tra questi: Gandhi, Martin Luther King, Aldo Capitini, Etty Hillesum, Giovanni XXIII, Nelson Mandela, Tonino Bello… Ne conoscete altri? Fate delle ricerche su alcuni di loro.

Una spesa assurda

La guerra è una spesa assurda e inutile. Si pensi che è dal 2015 che la spesa militare vola: 2000 miliardi, eppure il mondo non è mai stato così minacciato e insicuro.

(Dal Rapporto SIPRI - Stockholm International Peace Research Institute, L’Osservatore Romano, 7 luglio 2022)

La Chiesa dice no alla guerra!

Più volte la Chiesa cattolica ha espresso il suo NO alla guerra attraverso gli interventi degli ultimi ponti ci.

Benedetto XV, nel 1917, durante il primo con itto mondiale, aveva più volte de nito la guerra «un’inutile strage», rimanendo purtroppo inascoltato.

L’enciclica di Giovanni XXIII, Pacem in Terris (1963), è stata un documento profetico: ricordava a tutti (non solo ai credenti) che «non si può ristabilire la giustizia, creare un ordine nuovo ed edi care una pace autentica quando si ricorre allo strumento della violenza».

Paolo VI, primo papa a parlare all’assemblea dell’ONU (1965), terminò il suo discorso con un accorato appello:

«Mai più la guerra! (Jamais la guerre!)»

Nel suo lungo ponti cato Giovanni Paolo II ha ripetuto tante volte il suo «no alla tragedia della guerra».

E di fronte ad azioni punitive occidentali contro gli atti di terrorismo islamico, Benedetto XVI ammoniva: «Nulla può giusti care lo spargimento di sangue innocente» (2006).

Numerosi gli interventi di papa Francesco: «La guerra è una pazzia alla quale non ci possiamo rassegnare e anche una grave ipocrisia, quando nei convegni internazionali tanti Paesi parlano di pace e poi vendono le armi a chi è in guerra» (2020) e ancora: «Una guerra è sempre la scon tta dell’umanità. Non esistono le guerre giuste» (2022).

1 Per questa parte si tiene presente il contributo del MIR - Movimento Internazionale della Riconciliazione dal titolo La colomba e il ramoscello. Un progetto ecopacifista (Edizioni Gruppo Abele, Torino 2021).

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La città di Mariupol, in Ucraina, colpita dalle bombe russe, marzo 2022.

6. Diversamente si può

La contraddizione tra un mondo dove pochi hanno tanto (troppo) e la maggioranza delle persone ha poco (o nulla) non è più accettabile. Grazie all’acquisizione di una maggior coscienza critica da parte di molti, questa situazione è ancora più stridente e inaccettabile rispetto al passato. Da una parte, infatti, si assiste ad una corsa sempre più frenetica al consumo e al benessere materiale (che genera gravi problemi di salute e disturbi psichici causati dell’eccesso di cibo e di beni); dall’altra, molto spesso non ci sono nemmeno le minime condizioni indispensabili per sopravvivere. Ecco perché un consumo sobrio, equilibrato, attento ad evitare gli eccessi è uno dei modi per contribuire ad attenuare questi forti squilibri. La vera sfida che oggi abbiamo di fronte non è quella di adeguarci ai modelli del mondo globalizzato, che ci viene imposto dai mercati, ma quella di vivere insieme tra persone e popoli in modo diverso, riconoscendo che ilbenessere individuale non può essere ottenuto a scapito di quello collettivo Prendere coscienza di questo vuol dire rendersi conto che il tenore di vita di molti di noi occidentali, con i nostri sprechi e le cose inutili di cui ci circondiamo, è uno schiaffo alla miseria di tante popolazioni, il cui obiettivo minimo è spesso la pura sopravvivenza.

Alcune cifre

Nel mondo sono le popolazioni più povere a pagare per un’ingiusta ripartizione delle risorse della Terra e per il cambiamento climatico in atto. Paesi come

Il decalogo della solidarietà

« Non dubitare mai che un piccolo gruppo di cittadini coscienziosi e impegnati possa cambiare il mondo. In realtà è quello che è sempre accaduto».

(Margaret Mead, antropologa statunitense)

1. “Non ascoltare il grido dei poveri è una perdita di umanità”: impegnarci per ampliare la nostra prospettiva culturale e politica, aprendoci alla mondialità.

2. “Contro la fame, cambia vita”: adottare un tenore di vita sobrio.

3. “Quello che avanza al ricco appartiene per diritto al povero”: porre mano al portafoglio per sostenere progetti di sviluppo nel mondo.

4. “L’esperienza personale è l’unica forza per aprire gli occhi e puri care il cuore dai pregiudizi che covano sul conto dei paesi poveri”: tramite associazioni di solidarietà, mettersi in contatto con realtà concrete di povertà del mondo.

5. “Se le ricchezze non vanno là dove sono gli uomini, gli uomini vanno naturalmente là dove sono le ricchezze”: accogliere i migranti delle zone povere e disagiate del mondo, aiutandoli ad inserirsi nella nostra società e lottando contro razzismi ed etnocentrismi risorgenti.

6. “Abbandonare i bambini, dimenticando che sono il nostro futuro, è il peggior crimine degli adulti”: adottare e sostenere bambini dei paesi poveri (tramite adozioni legali o sostegni a distanza).

7. “I ricchi aiutano i poveri a liberarsi dalla fame, i poveri aiutano i ricchi a liberarsi dal proprio egoismo”: aderire alle proposte di “gemellaggi di solidarietà” con comunità ed ONG (Organismi Non Governativi) legati a speci ci progetti di sviluppo.

8. “Non c’è amore più grande di chi dà la vita per i propri fratelli”: andarea lavorare con comunità povere del mondo, impegnandosi per la vita (come fanno i missionari) o per un tempo determinato (attraverso campi di lavoro o volontariato internazionale).

9. “Lo sviluppo è il nuovo nome della pace”: impegnarsi perché sia instaurata maggiore giustizia all’interno delle nostre società e nei rapporti (economici, monetari, politici, culturali) tra il Nord ed il Sud del mondo.

10. “Costruire insieme rapporti di giustizia”: aderire (e sostenerli con costanza e coerenza) ad organismi che lottano in favore della liberazione dei poveri del mondo.

(Da Movimento Sviluppo e pace ETS - Per costruire insieme rapporti di giustizia)

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il Bangladesh sono costretti ad affrontare situazioni sempre più drammatiche, per sostenere gli ingenti costi delle distruzioni causate da cicloni e inondazioni. La popolazione rurale spende ogni anno 2 miliardi di dollari per riparare o prevenire i danni dovuti al riscaldamento globale, il doppio dell’importo stanziato dal governo per queste emergenze e dodici volte superiore a quello che il Paese riceve dai donatori internazionali. Nel 2020 sono stati 9,8 milioni i bambini nel mondo che hanno dovuto lasciare il loro Paese a causa dei cambiamenti climatici e 30 milioni circa le persone fuggite dalle loro terre a causa di carestie, guerre e disastri ambientali (Dati Unicef 2022).

Nel mondo c’è posto per tutti

Riportiamo un passo tratto dal celebre discorso finale del film Il grande dittatore (USA 1940), diretto e interpretato da Charlie Chaplin. Un messaggio di pace, dopo che il nazismo e il fascismo avevano scatenato la seconda guerra mondiale, con un numero di morti stimato dai 60 ai 68 milioni, tra militari e civili.

«Tutti noi esseri umani dovremmo aiutarci sempre, dovremmo godere soltanto della felicità del prossimo, non odiarci e disprezzarci l’un l’altro. In questo mondo c’è posto per tutti.

La natura è ricca, è su ciente per tutti noi; la vita può essere felice e magni ca, ma noi lo abbiamo dimenticato.

L’avidità ha avvelenato i nostri cuori, ha precipitato il mondo nell’odio, ci ha condotti a passo d’oca fra le cose più abbiette. Abbiamo i mezzi per spaziare, ma ci siamo chiusi in noi stessi.

La macchina dell’abbondanza ci ha dato povertà; la scienza ci ha trasformato in cinici; l’avidità ci ha resi duri e cattivi; pensiamo troppo e sentiamo poco. Più che macchinari, ci serve umanità; più che abilità, ci serve bontà e gentilezza. Senza queste qualità la vita è violenza e tutto è perduto».

(Dal lm Il grande dittatore)

SPUNTI OPERATIVI

● Dopo aver riletto il Decalogo della solidarietà, quali sono i punti che vi sembrano più vicini a voi?

● Attività: si consiglia di vedere in classe il discorso nale del lm Il grande dittatore.

Rivoluzionare abitudini e schemi culturali

«Covid-19 e guerra sono due facce della crisi umanitaria ed ecologica conseguenti all’egemonia di un capitalismo nanziario disumanizzato e smaterializzato. Ora siamo ad un bivio e, per salvare noi stessi e il pianeta, dobbiamo imboccare in tempo utile la via della riappaci cazione, “ecologizzando”, per prima cosa, linguaggio e pensiero. Nonostante il dispiegamento di imponenti e so sticate tecnologie e la disponibilità di ingenti moli di dati, l’impatto dello stile di vita seguito per decenni sarà irrimediabile, se non sapremo “rigenerarci ” in equilibrio con la Natura, rivoluzionando abitudini e schemi culturali».

(Gianfranco Franz, L’umanità a un bivio, Mimesis 2022)

(Gandhi)

393 Tema 14 cittadini r ponsabili
« Apprendere che nella vita si può facilmente vincere
l’odio con l’amore, la menzogna con la verità, la violenza con l’abnegazione dovrebbe essere un elemento fondamentale nell’educazione di una persona».

CONSUMATORI inte igenti

Una nuova sensibilità ambientale è presente ormai nella nostra società occidentale. Anche tra le Chiese cristiane c’è molta attenzione ai bisogni dell’ambiente, richiamando le persone ad una corresponsabilità nei confronti del creato.

In una iniziativa ecumenica di alcuni anni fa, il cui motto era: Ri-crearsi, abitare la terra, custodire la creazione, Simone Morandini, fisico e teologo attento all’ecumenismo, metteva in evidenza che la «salvaguardia della creazione è una sfida ad ampio raggio che domanda un profondo rinnovamento del mondo ecclesiale e della politica, ma anche di quello dell’economia e del lavoro». E sottolineava che in questi ultimi decenni due aspetti stavano riscuotendo particolare attenzione presso le Chiese cristiane: la riscoperta della dimensione ecologica della Scrittura e il rinnovamento degli stili di vita «Si tratta - concludeva - di imparare ad abitare la terra in modo leggero, senza rinunciare a quanto di buono essa ci offre, ma con la capacità di essere consumatori intelligenti, sostenibili, leggeri». Questo invito ad essere “consumatori sapienti”, attenti a conciliare biblicamente “testa e cuore”, non riguarda, ovviamente, solo i credenti, ma tutte le persone che considerano la terra la loro “casa comune”.

Cambiare stili di vita e di comportamento

Il rispetto dell’ambiente è una sfida di ampia portata che interessa vari settori della convivenza civile e costringe a ripensare non solo alcuni principi generali dell’economia di mercato, ma anche gli stili di vita e di comportamento di ognuno di noi.

Per riuscire ad ottenere un consumo intelligente, sostenibile (riducendo al minimo l’uso delle risorse naturali e le varie forme di inquinamento) e leggero (con un impatto il meno pesante possibile sulle risorse del pianeta) è necessario mettere in atto una vera “rivoluzione” (o “conversione”, nel linguaggio religioso) del nostro modo di rapportarci con l’ambiente, sia come società che come individui.

In questa prospettiva «occorre rivedere - ricorda sempre Morandini - l’orientamento di molte pratiche sociali: dalla costruzione delle nostre città, alla gestione dei sistemi agricoli e forestali, così come dei beni ambientali fondamentali come l’acqua o l’energia». Tutto questo comporta delle scelte coraggiose, che coinvolgano un numero sempre più alto di persone e di Paesi, per promuovere una cultura di pace e di solidarietà anche ecologica. Si tratta di un’occasione importante per rinnovare la nostra mente e discernere con più attenzione il bene degli altri e quindi anche “nostro”. In questo rinnovamento sarà importante riscoprire una vita più sobria e essenziale, badando di costruire un vero “ben-essere” per noi e per gli altri, valorizzando

(Henry David oreau, losofo e

Questa è la prima volta che noi tre ci sentiamo costretti ad a rontare insieme l’urgenza della sostenibilità ambientale, il suo impatto sulla povertà persistente e l’importanza della cooperazione mondiale. Insieme, a nome delle nostre comunità, facciamo appello al cuore e alla mente di ogni cristiano, di ogni credente e di ogni persona di buona volontà.

(Papa Francesco, patriarca Bartolomeo di Costantinopoli, arcivescovo anglicano Justin Welby, 2021, Conferenza sul Cambiamento Climatico)

394
7.
« Un uomo è ricco in proporzione al numero di cose di cui può fare a meno».
scrittore statunitense)
«Ci pentiamo dei peccati contro il pianeta»

tutti quei beni immateriali (come la cultura, l’istruzione, le relazioni umane) che ci aiutano a scoprire che la qualità della vita non può essere basata sulla quantità dei beni disponibili. In questo modo sapremo progettare non solo un rinnovamento dei nostri stili personali di vita, ma anche dell’economia, nel segno delle tecnologie a basso consumo, dell’uso delle energie alternative, della limitazione dell’impatto ambientale, nell’attenzione al Sud del mondo e quindi una vera cultura di pace.

Credere nelle utopie

Quanto descritto sopra potrebbe sembrare piuttosto ingenuo o utopistico. Ma forse vale la pena ricordare che le “utopie” (letteralmente “ciò che non ha luogo oggi”) potrebbero invece trovar “luogo” domani, se tante persone avranno il coraggio di credere in esse. D’altronde la storia ci insegna che certe utopie, come l’abolizione della schiavitù, la parità dei diritti tra bianchi e neri, quella tra uomini e donne e molto altro sono oggi una realtà. E allora perché non usare in senso positivo una parola che, come il termine “utopia”, ha in sé una grande forza di cambiamento?

L’inquinamento del cuore e dello spirito

In ogni caso, questa nuova attenzione al creato che è in atto non può limitarsi soltanto all’inquinamento ecologico e al rispetto generale dell’ambiente. Richiede anche una forte azione contro «l’avvelenamento del cuore e dello spirito», come ebbe a dire Benedetto XVI nella Pentecoste del 2009. Infatti, anche lo spirito è a rischio di “inquinamento”: si pensi al continuo bombardamento di immagini che dai mass media spettacolarizzano il superfluo, il piacere fine a se stesso, la violenza gratuita, lo scherzo e l’ironia su tutto e tutti senza distinzioni, il sottile disprezzo per quelli che non hanno raggiunto un certo standard di vita. Inoltre, vi è l’antica tentazione del peccato biblico delle origini, quella di mettersi al posto di Dio. È innegabile che il progresso abbia portato enormi progressi in vari campi (nella medicina, nella tecnologia, nelle comunicazioni), ma abbiamo assistito anche ai rischi e ai danni provocati da un atteggiamento troppo spavaldo e senza limiti.

È sufficiente ricordare le tragedie delle bombe su Hiroshima e Nagasaki, durante l’ultima guerra mondiale, per testimoniare come è facile per l’uomo deviare il progresso verso obiettivi distruttivi. Il progresso e la tecnologia attuali, se non sono accompagnati da un grande rispetto e attenzione dei limiti, possono diventare pericolosi, ritorcendosi contro la vita e l’umanità stessa, come la storia spesso ha dimostrato.

SPUNTI OPERATIVI

● A ermava lo scrittore russo Dostoevskij: «Abitiamo in un paradiso, ma non ci curiamo di saperlo». È così?

● Perché si dice che l’inquinamento del cuore e dello spirito non sono meno dannosi di quello dell’ambiente?

Come invertire la crisi climatica?

L’ultimo Rapporto dell’Ipcc (lntergovernmental Panel on Climate Change) è chiaro: il cambiamento climatico più che una minaccia è ormai la realtà, destinata a peggiorare senza drastici interventi. Lo studio rileva come molti cambiamenti del clima siano senza precedenti da migliaia di anni e alcune conseguenze, come l’innalzamento del livello dei mari, siano irreversibili. (…) Il cambiamento del clima sta portando mutamenti che aumenteranno con l’ulteriore riscaldamento. Una situazione seria ma anche nota. Per questo riduzioni forti e durature delle emissioni di anidride carbonica e di altri gas serra potrebbero limitare il cambiamento climatico, portando bene ci anche rapidi. Ma si deve agire in fretta (Enrico Panero, Scarp de’ tenis, novembre 2021)

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8. RIPENSARE le priorità

Di fronte alla crisi ecologica, già in atto da tempo, con i forti cambiamenti climatici, l’aggravarsi della crisi sociale che crea fasce di povertà e di miseria in molti Paesi del mondo, con conseguenti forti flussi migratori, la crisi sanitaria, dovuta alla pandemia, e la grave crisi politica mondiale, causata dalla guerra in Ucraina, non possiamo negare che le emergenze nel mondo negli ultimi anni si sono fatte sempre più pressanti.

Se è vero - come osserva papa Francesco citando il suo predecessore Benedetto XVI - che «le modalità con cui l’uomo tratta l’ambiente e il mondo influiscono sulle modalità con cui tratta se stesso e viceversa» (Caritas in veritate, n. 51) è anche vero che, come ha scritto nell’introduzione della Laudato si’, «le “crisi” sono comunque “finestre di opportunità”: occasioni per riconoscere e imparare dagli errori del passato, per trasformare in riflessione personale quello che accade al mondo, e riconoscere così qual è il contributo che ciascuno di noi può portare». Sì, le crisi possono trasformarsi in un tempo per ripensare al nostro modo di vivere, soprattutto di mettere in discussione le nostre priorità. Come ricorda sempre papa Francesco nell’ultimo documento citato, «È tempo di cambiare marcia, di modificare le nostre cattive abitudini al fine di essere capaci di sognare, co-creare e agire insieme per realizzare futuri giusti ed equi. È ora di sviluppare una nuova forma di solidarietà universale che sia fondata sulla fratellanza, sull’amore, sulla comprensione reciproca: una solidarietà che valorizzi le persone più del profitto, che cerchi nuovi modi d’intendere sviluppo e progresso».

È possibile uscire migliori dalle gravi crisi, che abbiamo elencato all’inizio e che stanno caratterizzando in negativo il nostro tempo, ma a patto che si metta in atto una “conversione” (una “inversione a U”, come invita a fare la voce registrata del navigatore dell’auto, quando uno sbaglia strada). La speranza risiede soprattutto nei giovani che, prima di tutti, hanno capito la portata e l’enormità delle sfide che la società ha di fronte.

Si tratta, come invita il pontefice, «di seguire i ragazzi perché sono saggi nonostante l’età e di sognare in grande, di ripensare a che cosa diamo valore, che cosa vogliamo, che cosa cerchiamo, e di ripianificare il nostro futuro, impegnandoci ad agire nella vita quotidiana verso ciò che abbiamo sognato. È tempo di agire, e di agire insieme!»

(Henry David oreau, losofo e scrittore statunitense)

Il più in do dei peccati

Il peccato di omissione è considerato dalla religione cristiana il più in do dei peccati ed è anche il più attuale. Così lo descrive san Paolo «Faccio il male che non voglio fare e non faccio il bene che vorrei». Vedo un’ingiustizia e non dico nulla. Non reagisco. Mi allontano. Mi faccio da parte. Questo è il peccato di omissione, che oggi va tanto di moda.

(Tahar Ben Jellooun, Non fare il bene è il nostro male, in La Repubblica del 13 luglio 2022)

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« «È ora di prendersi cura di ciò che conta davvero per noi, nutrire l’essenziale, tagliare il superfluo».

Se si gioca da soli non si vince

Dinanzi a tutto questo, la sfida che si prospetta esige di guardare alla crisi ecologica e a quella sociale in atto in un’ottica globale, attenti non solo ai nostri diritti, ma anche ai doveri nei confronti degli altri e dell’ambiente. Giustamente il cardinale Matteo Zuppi, rivolgendosi ad una platea eterogenea riunita in un luogo sportivo, diceva: «Qui siamo su un campo di pallacanestro e dovremmo fare come i giocatori che, per saltare di più, si liberano del peso inutile. Anche noi dobbiamo liberarci delle tante cose che ci sembrano utili e in realtà non lo sono per rimettere al centro l’uomo. Dobbiamo avere la stessa umiltà che hanno i giocatori delle squadre vincenti. Sanno benissimo che se giocano da soli possono vincere, se va bene, una partita, ma per il successo finale devono giocare insieme mettendo da parte l’orgoglio. Quello che ci ha costretti a fare la pandemia, perché per salvare me stesso devo salvare anche gli altri» (presentazione del libro Fratelli tutti, davvero nel dicembre 2021). Il gioco di squadra a cui richiama l’arcivescovo di Bologna è sempre la ricetta vincente per riscoprire i valori vincenti su cui puntare. Anche se la maggior parte di noi vive a stretto contatto con gli altri (a scuola, in palestra, oratori e nei vari luoghi di ritrovo) e si è costantemente connessi sui social, in realtà si tratta spesso di contatti piuttosto superficiali o virtuali che non ci mettono in una vera “relazione con l’altro”. Insomma non è un “giocare in squadra”. Invece è proprio con un reale spirito di squadra che dovremmo affrontare le varie “crisi” che stiamo approfondendo. Abbiamo un solo Pianeta che dovremmo conservare e abitare con cura, cercando di migliorarlo e non di rovinarlo. Bisogna lavorare insieme e non “contro” (né contro la natura né contro gli altri), perché siamo “fratelli” e non avversari.

La scuola può essere il luogo adatto per imparare a “giocare insieme”, come una vera squadra, rivedendo le nostre priorità e guardando al futuro.

SPUNTI OPERATIVI

● «Il bene esiste, ma occorre costruirlo»: siete d’accordo con questa a ermazione?

● Cosa suggerite per far diventare la scuola sempre più “una nestra sull’umanità”?

A scuola di inclusione e di umanità

L’intercultura e l’inclusione rappresentano i campi privilegiati e in grado di farci fare passi importanti verso la conoscenza di noi stessi. Trasportare tutto ciò dentro le nostre classi, dalla Materna alla Superiore di 2° grado, signi ca aprire le nestre alla diversità. Per conoscere se stessi e gli altri occorre contaminarsi, incrociarsi, abbracciare, allontanarsi, viaggiare insieme per un “pezzo di vita. Ecco perché la scuola è oggi un laboratorio di umanità.

(Aladino Tognon, docente universitario e dirigente scolastico)

397 Tema 14 cittadini r ponsabili

Anche in Italia la società è sempre più pluralista: incontriamo e conviviamo con persone, culture e religioni differenti da quelle che conosciamo e possono scattare paure, chiusure e diffidenze nei confronti degli altri. Pensiamo che le religioni, più di altre realtà, siano chiamate a favorire l’incontro e il dialogo perché arricchente per tutti, e tutt’altro che uno svantaggio. Infatti le religioni, proprio perché dialogano con la parte più sensibile e profonda dell’essere umano, possono diventare degli straordinari strumenti di unione

Ma perché le religioni siano dei ponti tra culture e civiltà - e non dei muri - è necessario che le differenti fedi imparino a dialogare tra loro, senza arroganza e pregiudizi. Allo stesso tempo, da parte della società civile è altrettanto importante che si riconosca il ruolo attivo che possono avere le tradizioni religiose per la pace nel mondo. In questo senso l’insegnamento della Religione a scuola non solo è l’occasione per una conoscenza reciproca tra culture e religioni, ma anche il “luogo” più idoneo per l’educazione al dialogo.

Che signi ca “dialogare”?

Nel dialogo interreligioso la prima regola è quella di riconoscere all’altro la stessa dignità e rispetto che si pretende per se stessi e per le proprie tradizioni religiose. Subito dopo è bene prendere atto delle non poche diversità dottrinali, culturali e locali tra le varie fedi religiose, senza però chiudersi al dialogo. È infatti sbagliato nascondere le difficoltà sotto un generico e pericoloso “non importa”» o “vogliamoci bene”, mettendo tutto e tutti sullo stesso piano. Questo non è dialogo, ma un nascondere i problemi.

Occorre invece cercare di conoscere chi ci sta di fronte con oggettività e realismo. Allora si scoprirà che alcune “diversità” sono semplicemente modalità esteriori di esprimere se stessi e le proprie tradizioni, mentre altre “differenze”, invece, sono radicate nel tempo e potrebbe non avere senso pretendere di modificarle. Altre ancora, infine, esprimono un profondo modo di concepire e pensare la vita, la spiritualità, il rapporto tra uomo e donna, la concezione del mondo e del tempo che possono essere comprese, ma non necessariamente condivise.

Alcuni punti fermi

Perché il dialogo tra religioni e comunità di fede differenti continui nel tempo è bene tener presente i seguenti principi, proprio per non scoraggiarsi di fronte ai piccoli o grandi fallimenti che inevitabilmente incontreremo su questa strada:

Dialogare per costruire insieme

“Negoziare” è cercare di ricavare la propria “fetta” della torta comune, mentre dialogare è cercare il bene comune per tutti. (...)

Il modo migliore per dialogare non è quello di parlare e discutere, ma quello di fare qualcosa insieme, di costruire e fare progetti: non da soli, ma insieme a tutti coloro che hanno buona volontà. (...) Non costruite mai muri né frontiere! (Papa Francesco ai delegati della Chiesa italiana a Firenze nel 2015)

398 9. DIALOGARE
importante
è

● La diversità è una ricchezza. Pur con i vari problemi che ogni tentativo di convivenza o confronto comporta, bisogna evitare che la diversità divida, facendo nascere paure e intolleranze. Le difficoltà devono essere attraversate, ragionando criticamente sulle proprie e altrui differenze; ma senza creare muri o barriere insormontabili.

● Il dialogo ha bisogno di tempi lunghi. Il cammino dell’integrazione multietnica e multireligiosa è appena agli inizi; occorre favorire un profondo cambiamento di mentalità per dare a tutti la possibilità di esprimere liberamente i propri valori e la propria fede, anche esteriormente (abbigliamento, luoghi di culto, centri di ritrovo e molto altro).

● Evitare fanatismi reciproci. Pur favorendo il mantenimento dell’identità culturale e religiosa di ciascuno, occorre evitare tutte quelle forme di fondamentalismo o di integralismo che nascono da chiusure e rigidità reciproche. Le prese di posizione ideologiche, la contrapposizione, il ricorso alle leggi non servono e producono spesso l’effetto contrario. Un esempio: definire il velo islamico un simbolo della sudditanza della donna nei confronti dell’uomo e vietarlo per legge rischia di non promuovere di fatto l’emancipazione femminile e può essere visto come un modo arrogante di giudicare le tradizioni altrui.

● Educare al rispetto della cultura e delle tradizioni religiose del paese in cui si è venuti a vivere. Spesso manca un atteggiamento positivo di “educazione al dialogo”, mentre invece questo è di fondamentale importanza per una sana convivenza civile, che rispetta la cultura del luogo in cui ci si trova a vivere, e in particolare la religione.

SPUNTI OPERATIVI

● Tra i “punti fermi” sul dialogo quali vi sembrano, in genere, i più trascurati?

● Cosa ne pensate dell’iniziativa interreligiosa illustrata nella foto? La considerate valida o suscita in voi delle perplessità? Se sì, quali?

Piccolo decalogo del dialogo interreligioso

1. Riconoscere la spiritualità come una componente essenziale ed importante di ogni essere umano, e riconoscere a ciascuno il diritto di esprimerla.

2. Imparare ad esprimere la propria fede in maniera rispettosa delle sensibilità e dei principi altrui.

3. Imparare a rispettare la fede, le convinzioni, le idee e le opinioni degli altri.

4. Conoscere e approfondire sempre bene la propria fede e le proprie tradizioni prima di esprimersi.

5. Ascoltare sempre in maniera diretta la storia degli altri veri cando altresì le fonti di informazione.

6. Porre sempre con serenità e ducia tutte le domande di fede che più stanno a cuore.

7. Ascoltare con interesse e con curiosità gli altri senza emettere pareri o giudizi frettolosi.

8. Non deridere o non prendere in giro gli altri per le diverse idee o tradizioni.

9. Crescere ogni giorno nella fede sapendo anche sorridere dei propri limiti.

10. Riconoscere sempre la conoscenza della fede dell’altro come occasione non di scontro ma di incontro e di dialogo. (Dal Tavolo delle Appartenenze Religiose di Trento)

Un sacerdote cristiano, un rabbino e un imam sul luogo dove nascerà una chiesa, una moschea, una sinagoga, tutte e tre sotto lo stesso tetto. Nasce nel cuore di Berlino House of One (“Casa dell’Uno”): un edi cio che è molto più della somma delle singole parti. «Ognuna delle tre fedi abramitiche - spiega l’architetto Simona Malvezzi - si vedrà riconosciuta la propria casa di preghiera autonoma, caratterizzata da una diversa pianta, un diverso design dei punti luce e dalla presenza dei tipici elementi liturgici. Il cuore pulsante dell’edi cio sarà però l’atrio centrale, sovrastato da una loggia circolare ed illuminato da una volta alta 32 metri. Lungi dall’essere un mero luogo di passaggio, quest’area comune svolgerà la funzione di spazio di incontro tra religioni, ospitando un tto calendario di seminari, conferenze e persino sedute collettive di meditazione, di grande interesse anche per il popolo dei non credenti».

399 Tema 14 cittadini r ponsabili

de o so Padre

Il Padre nostro è la più importante preghiera cristiana, perché insegnata dallo stesso Gesù e perché è comune a tutte le Chiese che si riconoscono in Gesù Cristo.

La maggior parte delle invocazioni presenti in questa preghiera si trovano già nella tradizione ebraica, ma con un significato nuovo. Per esempio Dio viene chiamato “Padre”, anzi “papà” (in aramaico “abbà”), e tutti gli esseri umani sono “fratelli” e “sorelle”, in quanto figli dell’unico Dio. Si tratta di concetti innovativi che hanno inciso profondamente non solo nella storia del cristianesimo, ma anche in quella umana.

Non è un caso se la terza parola-simbolo dell’Occidente è proprio “fraternità”, dopo “libertà e “uguaglianza”. Infatti ogni volta che si invoca Dio come “Padre”, immancabilmente affiora anche la domanda di Dio a Caino: «Dov’è tuo fratello?». Per tutti questi motivi si può ritenere che il Padre Nostro non appartenga solo ai cristiani, ma sia la “preghiera” di tutti. Ecco le rilettura della preghiera proposte da un noto teologo e da un politico Premio Nobel.

La preghiera cristiana a Dio Padre

Padre nostro, che sei nei cieli, sia santi cato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male.

Amen.

Abbà

Nella lingua aramaica usata da Gesù, questo termine indica un modo a ettuoso e informale di rivolgersi a Dio, che possiamo tradurre con il nostro “papà”. Nella sinagoga ebraica non si usava questo termine così familiare per indicare Dio (che, infatti, non si trova nella Bibbia ebraica, o Antico Testamento per i cristiani).

Dacci il tuo futuro

Padre,

(Voltaire)

Tu ci hai dato la vita per vivere insieme e noi tutto lo trasformiamo in morte, guerra, competizione e indifferenza.

Tu ci hai dato alberi e boschi e noi li stiamo abbattendo.

Tu hai dato la primavera agli uccelli e i fiumi ai pesci, e noi li stiamo contaminando con i residui delle nostre industrie.

Tu ci hai dato l’equilibrio della creazione e noi l’abbiamo sconvolto e ci avviamo alla distruzione. Il nostro tempo va passando, Signore.

Dacci il tuo tempo perché possiamo vivere.

Dacci la capacità di servire la vita e non la morte.

Dacci il tuo futuro, a noi e ai nostri figli. Amen. (Jurgen Moltmann, teologo)

Donaci pace

Sia santificato il tuo nome, non il mio.

Venga il tuo regno, non il mio.

Sia fatta la tua volontà, non la mia.

Donaci pace con te pace con gli uomini pace con noi stessi e liberaci da ogni timore. (Dag Hammarskjöld)

400
FIGLI
10.
« Possano tutti gli uomini ricordarsi che sono fratelli!».

Preghiera e precarietà

«Penso che pregare insieme diventi possibile quando le religioni compiono un passo indietro (o in avanti?) mettendosi al servizio della pura e nuda umanità alle prese con la fatica di vivere. La vita è troppo grande per essere racchiusa da qualsivoglia religione, o da qualsivoglia filosofia o teoria scientifica. Percepire tale eccedenza della vita significa poter sperimentare la forza umana della preghiera.

Il verbo “pregare” viene dal verbo latino “precor” il cui infinito è “precari”, termine oggi molto diffuso per designare chi è instabile e insicuro. La preghiera è quindi strettamente collegata con la precarietà: si prega perché ci si sente precari, provvisori, non assicurati, in balia di forza più grandi. È la situazione sperimentata dagli esseri umani fin dai primordi: per questo non c’è mai stata civiltà priva di riti e di liturgie. Vi sono persino religioni senza Dio, ma nessuna senza preghiera».

(Vito Mancuso, losofo e teologo, in Padre nostro che sei in terra)

Perché pregare?

«Pregare - spiega papa Francesco - è quello che fa il bambino quando si sente limitato, impotente, [dice] “papà, mamma”. Pregare significa guardare i nostri limiti, i nostri bisogni, i nostri peccati. Pregare è entrare in contatto con qualcosa che va oltre il nostro orizzonte. Per noi cristiani pregare è incontrare “papà”. E il bambino non aspetta la risposta del papà, quando il papà incomincia a rispondere va a un’altra domanda. Quello che vuole il bambino è che lo sguardo del papà sia su di lui. Non importa la spiegazione, importa solo che il papà lo guardi, e questo gli dà sicurezza» (intervista Rai 3 a Che tempo che fa del 6 febbraio 2022).

Dag Hammarskjöld

(1905–1961) è stato un politico svedese dalla profonda spiritualità, eletto per due mandati Segretario generale dell’ONU. È morto nel 1961 in un sospetto incidente aereo, nell’attuale Zambia, dove si recava in missione di pace. Nel 1961 gli fu conferito il Premio Nobel per la Pace alla memoria.

SPUNTI OPERATIVI

● Dopo aver scritto la parola “Preghiera” al centro della lavagna o su un cartellone, scrivete attorno ad essa tutto ciò che vi passa per la testa secondo la tecnica del brainstorming ed esaminate insieme al prof ciò che ne è uscito fuori.

● Quali considerazioni vi suscita l’atteggiamento di persone che nella loro vita non hanno un rapporto con Dio, ma nei momenti di pericolo o particolarmente importanti (gli studenti prima di un compito o interrogazione, ad esempio, o gli atleti prima di una gara) si fanno un segno di croce o si raccomandano a Dio?

401 Tema 14 cittadini r ponsabili

Il contributo de e religioni

Con le argomentazioni riportate accanto, il teologo cattolico Hans Küng già nel 1990 proponeva - con molta lungimiranza rispetto ad altri settori della società - un progetto per un’etica mondiale (in tedesco Weltethos), cercando di coinvolgere un po’ tutte le religioni.

L’idea iniziale era quella di favorire la pace e la solidarietà nel mondo, proponendo una base minima condivisa da tutte le tradizioni religiose. In quest’ottica nel 1993 si era riunito a Chicago (USA), il Parlamento delle Religioni mondiali, un’assemblea interreligiosa con più di 6000 partecipanti e oltre 200 partecipanti di tutte le fedi del mondo. In quella occasione fu sottoscritta una Dichiarazione - ancora oggi alla base delle attività della Fondazione per un’etica mondiale - che ha l’unico scopo si favorire l’incontro e la collaborazione tra le religioni, aderendo a due regole fondamentali:

1. il principio di umanità: ogni persona deve essere trattata in modo umano;

2. la regola aurea comune a tutte le religioni, che chiede di non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te

Non c’è pace tra le nazioni, senza pace tra le religioni!

Non c’è pace tra le religioni, senza dialogo tra le religioni!

Non c’è dialogo tra le religioni, senza norme etiche globali!

Non c’è sopravvivenza del nostro pianeta, senza un’etica globale, un’etica mondiale, portata avanti in comune da persone religiose e non religiose!

(Hans Küng, Progetto per un’etica mondiale)

1. una cultura della non violenza e del rispetto di ogni forma di vita;

2. una cultura della solidarietà e un giusto ordine economico;

3. una cultura della paci ca convivenza vissuta nella sincerità;

4. una cultura dell’eguaglianza e della condivisione tra tutti.

Lavorare al cambiamento della coscienza individuale e collettiva è il solo modo che abbiamo come esseri umani per costruire realmente un mondo più equo e solidale, salvaguardando così la sopravvivenza del nostro pianeta. Alla base delle tante iniziative promosse da più parti e non solo dalla Fondazione citata, c’è la consapevolezza che le religioni potranno dare un contributo essenziale al cambiamento del mondo, se avranno il coraggio di cercareciò che unisce e non ciò che divide, come suggerisce la “Regola aurea”. La dimensione religiosa ha infatti la capacità di operare nelle profondità dell’animo umano e di contribuire alla formazione della coscienza dell’individuo e della società.

Se questi due principi, secondo quanto auspicato dalla Fondazione e dal suo ideatore, saranno messi in pratica da tutti - iniziando proprio da coloro che si riconoscono nelle varie tradizioni religiose - allora sarà possibile realizzare un mondo diverso, non basato sulla violenza e la sopra azione (di cui, in parte, anche le religioni sono responsabili), ma su l’impegno speci cobasato su questi quattro principi-guida:

Sogniamo insieme

Da soli si rischia di avere dei miraggi, per cui vedi quello che non c’è; i sogni si costruiscono insieme. Sogniamo come un’unica umanità, come viandanti fatti della stessa carne umana, come gli di questa stessa terra che ospita tutti noi, ciascuno con la ricchezza della sua fede o delle sue convinzioni, ciascuno con la propria voce, tutti fratelli!

(Papa Francesco, Fratelli Tutti, n. 8)

Do ier 402

Anche noi, come autori e collaboratori di questo testo, pensiamo che le religioni avranno nell’immediato futuro un ruolo tutt’altro che secondario, così come crediamo nell’importanza che ha la scuola nell’educare a questa

Camminare insieme verso il centro

Terminiamo il nostro “cammino insieme” con un disegno che vuole essere una sintesi e un augurio. Lo facciamo prendendo a prestito le parole con cui Doroteo di Gaza, un santo monaco del VI secolo d.C., invitava i suoi monaci a guardare alle varie espressioni religiose del mondo come a tanti punti o realtà che sono in una ruota, il cui centro è Dio. «Immaginate – diceva loro – che il mondo sia un cerchio, che al centro sia Dio, e che i raggi siano le di erenti maniere di vivere degli uomini. Quanto più si avvicinano al centro, tanto più si avvicinano a Dio e tra di loro; tanto più si allontanano dal centro e più si allontanano da Dio e tra loro».

Questa metafora del cerchio ci o re l’opportunità di guardare al variegato mondo delle religioni come tanti cammini spirituali in cammino verso il centro: più si avvicinano al centro (che è Dio), più si avvicinano anche tra di loro. L’autentica ricerca religiosa, anche se fatta di tante strade di erenti tra loro, conduce verso quel centro, misterioso e ina errabile, che chiamiamo “Dio”. Questo cammino ‒ se fatto con rispetto e sincerità ‒ ha la capacità di far ritrovare vicini tutti quelli che lo intraprendono. Avvicinandosi al centro, tutte le persone che credono possono sperimentare che è possibile incontrarsi e conoscersi, confrontandosi e arricchendosi a vicenda, pur non rinunciando alle proprie speci cità, perché ciò che diventa prioritario è l’incontro

consapevolezza. Anche per questo abbiano cercato di presentare la “religione” e le “religioni” in modo corretto, mostrando le potenzialità positive che potranno avere sull’individuo e la società.

SPUNTI OPERATIVI

con il “mistero”.

Ma è vero anche il contrario: più ci si allontana dal centro, più le distanze e i contrasti si fanno più evidenti e profondi, no a diventare scontri aperti, se non vere e proprie forme di violenza e di guerra, come la storia ‒ purtroppo – ci dimostra.

● Siete d’accordo sull’importante ruolo che possono avere le religioni per cambiare la mentalità e la coscienza delle persone

● Dopo aver osservato e letto con attenzione le spiegazioni al disegno, quali sono le vostre ri essioni e impressioni?

Do ier 403 Tema 14 cittadini r ponsabili
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NON STARE a guardare IL PUNTO

(Albert Einstein, sico)

Alb t Ein ein

(1879-1955), Premio Nobel per la sica (1921), è considerato il più grande sico del XX secolo. È conosciuto da tutti per la teoria della relatività, un po’ meno per il suo impegno per il rispetto della natura, per la pace, e per la sua posizione contro le armi nucleari.

Siate giovani rigenerativi

Siate capaci di generare nuove idee, nuove visioni del mondo, dell’economia, della politica, della convivenza sociale; ma non solo nuove idee, soprattutto nuove strade, da percorrere insieme.

(Dal messaggio di papa Francesco alla Conferenza Europea dei Giovani a Praga nel 2022)

SPUNTI OPERATIVI

● Capita anche a voi, di fronte a certe situazioni, di limitarvi a guardare, come denunciava il sico Einstein?

● Quali sono, a vostro avviso, le nuove strade di cui ha bisogno il nostro mondo? Provate a farne un breve elenco.

404
« Il mondo è quel disastro che vedete, non tanto per i guai combinati dai malfattori, ma per l’inerzia dei giusti che se ne accorgono e stanno lì a guardare».

Un mondo di tu i SINTESI INCLUSIVA

QUATTRO SFIDE EPOCALI

MIGRAZIONI POVERTÀ/PANDEMIA CONFLITTI AMBIENTE

ricorda

UNA COSCIENZA PLANETARIA

UMANESIMO NUOVO (Fraternità/Solidarietà/ Responsabilità)

CONSUMATORI INTELLIGENTI

«Abbiamo bisogno di un umanesimo rigenerato, che attinga alle sorgenti dell’etica: la solidarietà e la responsabilità».

DIBATTITO

Discutete tra voi la seguente affermazione: «Il mondo appartiene a tutti. Le frontiere esistono, ma sono tutte nella mente degli esseri umani» Ognuno porti argomenti pro o contro.

DOMANDE

Le migrazioni sono sempre esistite nella storia dell’umanità.

C’è bisogno di un umanesimo rigenerato che attinga alle sorgenti dell’etica

Individua le due affermazioni errate, barrandone la frase.

1. Nel mondo non c’è ormai posto per tutti.

2. La cultura dominate oggi nel nostro mondo è troppo spesso egoista e indifferente.

3. Ce lo vogliono far credere, ma non è affatto vero che è in atto una grave crisi ambientale.

4. Il dialogo interreligioso ha bisogno di tempi lunghi.

405 Tema 14 cittadini r ponsabili
□ V □ F
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FIGLI DELLO STESSO PADRE

PRATICA#MENTE

Dibattito

FRAMMENTI PER RIFLETTERE

Attività interdisciplinarI

Che ne pensate di questa a ermazione? La condividete?

Prendendo spunto dalla realtà:

«Il pluralismo religioso è una dimensione della nostra società multiculturale di cui la scuola italiana può essere lo specchio. L’insegnamento della religione come elemento sociale può divenire un percorso per un’educazione alla cittadinanza e, come elemento personale, può essere una strada per formare al dialogo» (Carlo Macale, Educazione alla cittadinanza e al dialogo interreligioso, Anicia, Roma 2020). Condividete anche voi questa a ermazione? ............................................ ...................................................................................................

E le altre discipline che ne pensano? Provate a confrontarvi. ...................................................................................................

Dal mondo della musica

(Appunti verso la ne del mondo, e Sun)

10 dicembre 1997: Julia Hill, una ragazza di 23 anni, si arrampicò su una gigantesca sequoia in un parco della California settentrionale per evitare l’abbattimento di quell’albero millenario e protestare contro l’impresa che doveva disboscare la zona. Rimase a vivere su una piccola piattaforma di neppure due metri per due, a 54 metri dal suolo, per circa 2 anni (738 giorni per la precisione), scendendo solo quando le fu garantito che la monumentale sequoia non sarebbe stata abbattuta, lasciandole anche una sorta di cintura di sicurezza naturale attorno. Scrive a chiusura del libro in cui ricorda la sua impresa: «Una persona può fare la di erenza. Ciascuno di noi la fa» (La ragazza sull’albero). Certo Julia ha resistito no all’incredibile (in quella zona d’inverno i venti so ano anche a 110 chilometri orari e la neve cade copiosa); non tutti sarebbero stati in grado di resistere così tanto, ma è vero che la di erenza la fanno sempre le persone, con le loro azioni. E voi che ne pensate di tanta “resilienza”? Ne è valsa la pena?

Questo il ritornello del singolo della più nota rock band di ispirazione cristiana italiana. Uscito alla ne del 2020 il brano è divenuto molto popolare. Anche voi siete convinti che è importante per salvare il pianeta? ...................................................................................................

406
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« Io non lo so dove sarò / quando brucerà la nostra terra / Ma, ovunque sarò, combatterò / Perché è possibile un’altra storia».
« La bellezza salverà il mondo».
Michajlovič Dostoevskij, scrittore russo)

Buone notizie

Bledar Xhuli aveva 16 anni quando nel 1993, con un amico, è sbarcato in Italia insieme a tanti albanesi ammassati sulla nave Vlora. Cercava una nuova vita in un Paese diverso da quello in cui era cresciuto, devastato da cambiamenti epocali dopo il crollo del muro di Berlino e la caduta dei regimi dittatoriali del blocco sovietico. Ma anche in Italia la vita non è facile per lui. Bledar è minorenne, clandestino, chiede la carità per sopravvivere. Bussa a tante porte, anche a quella di don Giancarlo Setti, vicino a Firenze, che gli apre, restituendogli una vita dignitosa. Oggi Bledar è don Bledi (nella foto), come lo chiamano i suoi parrocchiani di Campi Bisenzio (FI). Adesso è lui che apre le porte della sua parrocchia, sull’esempio di chi lo ha aiutato.

Un Film

Dal lm Quanto basta, di Francesco Falasci, Italia2018, 92’: uno chef di alto livello, ma dal pessimo carattere, dopo essere nito in carcere scopre la solidarietà, tenendo corsi di cucina in un centro di ragazzi autistici. Uno di loro, Guido, è uno straordinario talento dei fornelli.

Frammenti di SAGGEZZA

Qual è la “saggezza” che ci insegna questo proverbio?

Autovalutazione

Ho trovato questo Tema:

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Ho imparato che ................................................................................................................................................................................ Molto interessante Interessante Poco interessante Noioso Di cile
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« Quando soffia il vento del cambiamento alcuni costruiscono dei ripari, altri dei mulini a vento» (Proverbio cinese)

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