Dizionario di enogastronomia in cinque lingue

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Un Dizionario per comunicare di

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i chiamavano dizionari, ma erano dei semplici lessici poliglotti quelli che si diffondono a partire dagli anni Ottanta dell’Ottocento quando la lingua della cucina alberghiera era il francese e la clientela scelta parlava francese. Fra i primi, la Guida gastronomica in quattro lingue, pubblicata a Milano dal popolare editore Carrara nel 1889. Nomi di piatti e di bevande in italiano - francese - tedesco - inglese. Siccome non era ovvio che il cameriere fosse in grado di spiegare in che cosa consistesse una “zuppa alla Windsor”, iscritta nel menu e registrata da questa Guida, nascono altri strumenti che spiegano cosa significasse Windsor (“residenza e castello della regina Vittoria d’Inghilterra”) e in che consistesse la “zuppa” anzi il potage (“fidelini al brodo di pollo e gnocchetti di pollo”). Il gastronomo moderno vademecum ad uso degli albergatori, cuochi, segretari e personale d’albergo di E. Borgarello, manuale Hoepli del 1905, rientra fra questi. Ne esistono di ogni tipo in Europa e possono diventare splendidi repertori enciclopedici come il Meisterwerk di Blüher (Leipzig, 1904) in francese - inglese - tedesco. Anche in cucina si diffondono dei repertori di piatti, ma in questo caso essi sono bilingui, nella lingua nazionale e in quella francese. Il modello è fornito da due allievi

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Alberto Capatti

di Escoffier, Gringoire e Saulnier, con il loro Répertoire de cuisine (Londra, 1913). In Italia sono cuochi di transatlantici come Cesare Picco che lo traducono e adattano (Nuovo lessico di cucina abbreviato, Cappelli 1952). La decadenza del modello alberghiero, e la diffusione della nouvelle cuisine renderanno obsoleti questi strumenti di comunicazione, conosciuti ormai solo dagli storici della cucina. La fine dell’egemonia francese, cambia infatti i termini del problema e impone nuovi usi. Continuano a stamparsi degli strumenti poliglotti aggiornati con piatti regionali italiani, come il Dizionario gastronomico italiano francese inglese tedesco di Elisabetta Neiger, dell’editore Buffetti, alla sua diciassettesima edizione nel 1989, ma cucina e sala, cuochi, camerieri e clienti stanno frattanto cambiando. Si parlano in modo diverso e capita loro di disquisire sugli ingredienti e sui vini. Le cucine regionali italiane sono in via di globalizzazione, e la struttura del pasto non è più quella di una volta. La pizza napoletana non può più esser collocata fra gli antipasti, come faceva Elisabetta Neiger, e gli spaghetti alla bolognese devono essere classificati come appartenenti alla cucina italo-americana.

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