Prefazione bio radicale di rotta per quel che riguarda l’Informatica a scuola: il focus è stato posto sull’alfabetizzazione all’uso di sistemi operativi e software da ufficio (spesso proprietari), o sull’uso del computer come strumento per fruire di contenuti multimediali. Sebbene questi utilizzi siano importanti, hanno in parte allontanato bambini e insegnanti da quell’idea di Informatica come elaborazione di informazioni e risoluzione creativa di problemi, ovvero come strumento per pensare, imparare e imparare ad imparare. L’importanza del pensiero computazionale è stata, negli anni, compresa dalle università e dalla ricerca scientifica: così oggi esistono branche delle varie discipline (come biologia computazionale, archeologia computazionale, eccetera) che si avvalgono, in modo intensivo, non solo dell’uso della tecnologia, ma anche del pensiero informatico per i loro studi. Purtroppo l’istruzione di massa non è andata nella stessa direzione, ignorando quasi completamente il pensiero computazionale. Il problema è stato portato all’attenzione della comunità scientifica nel 2006 da un breve ma influente articolo3 di Jeannette Wing (allora direttrice del Dipartimento di Informatica della Carnegie Mellon University) che fa riemergere l’importanza del pensiero computazionale come “abilità indispensabile per tutti, non solo per gli informatici, che può essere usata nella vita di tutti i giorni oltre che nel lavoro e nelle scienze”. La Wing propone che il pensiero computazionale venga insegnato come “quarta abilità di base”, insieme a leggere, scrivere e calcolare. Da quel momento università, associazioni di insegnanti, governi e ministeri dell’istruzione in tutto il mondo si stanno occupando di rivedere programmi e di introdurre strumenti tecnologici e metodologici affinché il pensiero computazionale sia oggetto di insegnamento nelle scuole. Cerchiamo di analizzare un po’ più nel dettaglio le motivazioni che stanno alla base di questo interesse crescente. Come già detto, viviamo in un mondo in cui le tecnologie sono pervasivamente presenti attorno a noi. Viviamo nella “società dell’informazione”, eppure la conoscenza della tecnologia che ne permette l’elaborazione e la manipolazione è molto bassa. Così come a scuola si studiano le altre discipline per comprendere il mondo che ci circonda, così dovrebbe essere - a maggior ragione oggi - per l’Informatica. L’accesso all’informazione e agli strumenti per elaborarla è oggi anche la principale distinzione tra nord e sud del mondo: il digital divide. Nella nostra società è sempre più difficile comunicare con le pubbliche amministrazioni, cercare lavoro, ma anche socializzare e svagarsi e in generale informarsi senza avere accesso alle nuove tecnologie. L’informatica pervade il mondo del lavoro: è difficile immaginare un mestiere del futuro che non richieda almeno un minimo di conoscenze informatiche (come prevede il co-fondatore di Code.org, Hadi Partovi, ci saranno presto “robot che gireranno hamburger o guideranno camion per il trasporto merci”). Si prevede ad esempio che da qui al 2020 ci saranno 150.000 nuovi posti di lavoro che richiederanno laureati in Informatica, ma le attuali iscrizioni a tale corso di laurea non coprono (se non in piccola parte) tale fabbisogno4. Se non esponiamo fin da gio3 Wing, J. M. (2006). Computational thinking. Communications of the ACM, 49(3), 33-35. 4 Rebooting the pathway to success - preparing students for computing workforce needs
7