UNA POESIA IN PROSA
cl ass¡ 4ª - 5 ª
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Il linguaggio della poesia è sintetico, allusivo, ricco di immagini… A volte per capire un testo poetico bisogna “tradurlo” usando un linguaggio più semplice, quotidiano; e anche dare qualche spiegazione. Ecco un esempio. Dal “Gelsomino notturno” di Giovanni Pascoli: Da un pezzo si tacquero i gridi: là sola una casa bisbiglia. Sotto l’ali dormono i nidi, come gli occhi sotto le ciglia.
Un’ape tardiva sussurra trovando già prese le celle. La Chioccetta per l’aia azzurra va col suo pigolio di stelle.
È da tanto tempo ormai che c’è un grande silenzio. In una casa però le persone sono ancora sveglie, ancora parlano, ma piano. Dentro i nidi gli uccellini nati da poco dormono, ben protetti sotto le ali dei genitori. I nidi vengono perciò paragonati agli occhi chiusi, protetti dalle palpebre, di una persona che si abbandona al sonno.
Un’ape ritardataria torna all’alveare, dove già si sono ritirate le sue compagne. Ronzando, esplora una celletta dopo l’altra e le trova tutte già occupate. In cielo brilla la costellazione delle Pleiadi, che i contadini chiamano “Chioccetta”. La luce pulsante ricorda il tremulo pigolio dei pulcini che seguono la chioccia in giro per l’aia; un’aia azzurra, in questo caso, perché è appunto il cielo.
Ora fai tu la parafrasi di “La mia sera”, sempre di Giovanni Pascoli.
Il giorno fu pieno di lampi, ma ora verranno le stelle, le tacite stelle. Nei campi c’è un breve gre gre di ranelle. Le tremule foglie dei pioppi trascorre una gioia leggera. Nel giorno, che lampi ! Che scoppi ! Che pace, la sera ! È, quella inf inita tempesta, f inita in un rivo canoro. Dei fulmini fragili restano cirri di porpora ed oro.
I poeti a volte scelgono parole un po’ difficili oppure, se sono vissuti nel passato, che non si usano più; può aiutarti conoscere il significato di alcuni termini: tacite = silenziose; ranelle = ranocchie; trascorre = attraversa; rivo = piccolo corso d’acqua; canoro = che canta; cirri = grandi nuvole rigonfie. Scrivere una parafrasi.
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