EikonCultureMagazine

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La Redazione Vito Finocchiaro direttore

Claudia Bobond redattore Teresa Gangemi redattore Marco Scintilla progetto grafico

Foto di copertina: Sergio Tapiro Velasco, Vulcano di Colima, Messico 2015 Tutte le foto e i testi sono presenti in questa pubblicazione sono di proprietà di Eikon Culture e dei relativi autori. Ogni riproduzione, anche parziale, è vietata. Per contattare la redazione scriveteci a: eikonculture@gmail.com

www.eikonculture.com

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Editoriale

Che cos’è EikonCultureMagazine EikonCultureMagazine nasce con lo scopo di raccontare e di condividere,

attraverso le immagini, il proprio percorso artistico e personale. E’una rivista dedicata alla fotografia e ai fotografi, nazionali, internazionali, professionisti affermati e amatori. Un magazine attraverso il quale ognuno ha la possibilità di arricchirsi attraverso le esperienze condivise. Una pubblicazione trimestrale che oltre a favorire la promozione della cultura fotografica vuole condividere eventi, tradizioni, cultura e territori di tutto il mondo. EikoCultureMagazine è un connubio tra Eikon e Logos. Entrambi raccontano una storia, colgono un istante. La fotografia lo fa attraverso lo sguardo, attraverso la luce, attraverso un dettaglio. Le parole raccontano mettendo in risalto un sentimento e tracciando un pensiero. Questo è lo scopo del nostro Magazine: mettere a disposizione di tutti la possibilità di raccontare attraverso

immagini e parole.

Vito Finocchiaro

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Entra anche Tu a far parte di Eikon Culture Join Eikon Culture EikonCultureVisualReflections promuove la diffusione dell’interesse per la fotografia intesa come parte integrante della cultura, dell’arte e del costume del nostro tempo. La rivista offre la possibilità a tutti di dare visibilità ai propri progetti. Come partecipare: Per proporre la pubblicazione di un progetto è necessario inviare una selezione di fotografie accompagnate da un testo, utilizzando Wetransfer e indirizzando a eikonculture@gmail.com Ogni proposta deve possedere i seguenti requisiti: – originalità dell’opera. – piena titolarità dei diritti d’autore e di ogni altro diritto. – eventuali liberatorie dei soggetti ripresi.

L’autore, con l’invio delle immagini, si assume la responsabilità del proprio lavoro riguardo ai suddetti requisiti, escludendo da ogni responsabilità in proposito lo Staff di EikonCultureMagazine.

Ogni progetto dovrà essere composto da: – da 15 a 25 immagini, jpg 1500 lato lungo. – un testo di massimo 4.000 caratteri spazi inclusi (Il testo dovrà fornire al lettore il contesto dei fatti, senza contenere analisi o giudizi). – didascalie per ogni singola foto massimo 2000 caratteri spazi inclusi. – scheda tecnica con nome, cognome, Paese, website dell’autore, camera e ottiche utilizzate.

EikonCultureVisualReflections promotes the spread of interest in photography as an integral part of the culture, art and customs of our time. The magazine offers everyone the opportunity to give visibility to their projects. How to participate: To propose the publication of a project it’s necessary to send a selection of photographs accompanied by a description, using Wetransfer and directing to eikonculture@gmail.com Each proposal must meet the following requirements: - originality of the work. - full ownership of copyrights and all other rights. - possible releases of the subjects taken back. The author, by sending the images, assumes responsibility for his work regarding the aforementioned requirements, excluding the EikonCultureMagazine staff from any responsibility in this regard. Each project must be composed of: - from 15 to 25 images, jpg 1500 long side. - a text of up to 4,000 characters including spaces (The text must provide the reader with the context of the facts, without containing analyzes or judgments). - captions for every single photo maximum 2000 characters including spaces. - data sheet with name, surname, country, website of the author, camera and optics used. The copyright of the images remain the property of the photographer.

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Sergio Tapiro Velasco— Il Guardiano del Vulcano Saul Leiter -Il genio della street photography a colori Michele Di Donato - Matrin 3 “A Muntagna” - Etna, Le Grotte Vito Finocchiaro - La transumanza

Stefania Di Natale - La fotografia come strumento di cura in psicoterapia Le selezioni di EikonCuture Lishui Photography Festival 2017

La Libreria di EikonCulture - “L’anima fotografata” racconti di Tania Piazza, fotografie di Ivano Mercanzin

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Sergio Tapiro Velasco

Il guardiano del vulcano, così è stato definito Sergio Tapiro Velasco, vincitore del Word Press Photo 2016, per aver trascorso, con pazienza e perseveranza, 15 anni a tu per tu con il vulcano messicano Colima, uno dei coni più attivi del Nord America, nell’attesa di scattare la fotografia perfetta. Nella notte del 13 dicembre 2015 Sergio realizza lo scatto della sua vita e cioè nell’istante in cui l'espulsione dal cratere di ceneri incandescenti viene illuminata da un impressionate fulmine che cade sul fianco della montagna. Il vulcano ricomincia a eruttare. Dal suo cratere esce un fumo denso e alto oltre due chilometri che offusca completamente la notte. Improvvisamente, a circa seicento metri d’altezza, un fulmine nasce al centro della nube e si schianta contro il fianco del vulcano, illuminando il cielo. Un fulmine vulcanico, generatosi dallo sfregamento tra le polveri dell’eruzione e sfogatosi in prossimità del cratere. Un fenomeno che ancora oggi la scienza non è riuscita a spiegarsi pienamente. L’immagine ha davvero dell’incredibile: “L’istante dello scatto è stato il momento più eccitante della mia vita” dice Tapiro. Nato e cresciuto a Colima, cittadina ai piedi del vulcano, ha iniziato a fotografarne le eruzioni a partire dal 2002. «Ho realizzato 350.000 foto di questo prodigio», «Prima di questa foto ho passato un mese intero a osservare e fotografare le eruzioni. Mi portavo un piccolo ombrellone, una sedia da campeggio e l’attrezzatura». Durante la maggior parte dei turni si è tenuto a distanza di sicurezza ma quella notte del 13 dicembre si è avvicinato molto di più. «Mi ero posizionato a 12 chilometri dal monte. Il cielo era limpido, si vedevano solo le stelle e qualche lingua di lava incandescente. Stavo già scattando quando il fulmine mi ha accecato». Solamente il giorno dopo Sergio rivedendo le immagini ha capito di aver scattato la fotografia della sua vita. «Riguardando questa foto capisco di aver ricevuto il regalo più prezioso: dopo anni ai suoi piedi il Vulcano mi ha concesso la sua amicizia». L’idea originaria di Sergio era quella di ottenere immagini diverse da quelle di tanti altri fotografi, sia professionisti che dilettanti. L’ultima spaventosa eruzione del Colima è avvenuta nel 1913, causando enormi danni in quella che è una regione densamente popolata. Gli scienziati si attendono una nuova fase eruttiva e Tapiro Velasco vuole essere pronto, per quel momento.

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Saul Leiter

“Devo ammettere che non sono un membro della scuola del brutto. Ho grande rispetto per certe nozioni di bellezza anche se per alcuni sono ormai idee vecchio stile. Certi fotografi pensano che, ritraendo la tristezza delle persone, stiano trattando un tema serio. Io non penso che l’infelicità sia più profonda della felicità.” Saul Leiter nasce a Pittsburgh nel 1923. Figlio di un rabbino, inizia a interessarsi all’arte a 23 anni quando si trasferisce a New York per dedicarsi alla pittura. Nella Grande Mela conosce il pittore Richard Pousette-Dart, appassionato di fotografia. E’ così che il giovane Leiter comincia ad interessarsi alla fotografia, ma a scatenare la sua passione furono l’amicizia con il fotoreporter americano Eugene Smith e la mostra al MoMa su Henri Cartier-Bresson. Nonostante fosse diventato un brillante fotografo, la pittura ha continuato a far parte della sua vita e a caratterizzare anche le sue foto. Leiter comincia a scattare in bianco e nero ma passa ben presto al colore. Si occupa di moda per un ventennio, continuando però a fare foto, con la sua Leica, per le strade di New York. Della Grande Mela riesce a cogliere una sorta di armonia del caos metropolitano, sovrapponendo piani e accostando colori come se dovesse dipingere un quadro. Nel 2005 viene allestita la prima mostra composta esclusivamente da fotografie a colori alla Howard Greenberg Gallery di Manhattan. Nel 2006 viene stampato Early Color, che lo consacra come esponente di punta della New Color Photography. La sua fotografia ha attraversato stili e movimenti diversi. Leiter ha sperimentato cromatismi a tinte piene, influenzato dalla pittura e dal movimento dell’Espressionismo astratto di Richard Pousette-Dart, componendo i suoi soggetti, nell’inquadratura, secondo un gusto del tutto personale, scattando molto spesso in verticale e incorniciando i soggetti con attente scelte stilistiche ed estetiche. Tipiche del suo stile le macchie di rosso, in contrapposizione con il bianco della neve newyorkese, un accento che colpendo l’attenzione riesce a creare un fulcro visivo nella composizione. Con i suoi giochi di specchi, le riflessioni, i livelli di profondità e le cornici, fu un grande innovatore per la sua epoca. I suoi soggetti sono spesso sfocati e confusi in mezzo alla pioggia o alla neve, sono riflessi in vetrine appannate dal vapore, sono sfuggenti, circondati sempre da un aura di mistero, di loro solo dettagli, non è mai chiaro chi sono o cosa stanno facendo. Sono queste le caratteristiche che rendono le sue immagini poetiche e affascinanti. Non fu un fotografo famoso e celebre in vita ma d’altra parte amava dire... “In order to built a career and to be successful, one has to be determinated. One has to be ambitius. I much prefer to drink coffee, listen to music and to paint when i feel like it.” (Per costruire una carriera e per avere successo, uno deve essere determinato. Bisogna essere ambiziosi. Preferisco di gran lunga bere un caffè, ascoltare musica e dipingere quando ne ho voglia). 26


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Michele Di Donato

www.micheledidonato.net

Pugliese di nascita, siciliano di adozione, nasce nel '68 in una famiglia dove si è sempre stati abituati a storicizzare i vari momenti di vita, le feste, le riunioni con delle immagini. Suo padre fotografava qualsiasi cosa con la sua Voigtlander VITO C e filmava in Super 8 con una cinepresa Ricoh. A 9 anni riceve in regalo la sua prima macchina fotografica: una Diana F. Da allora non ha più smesso di fotografare e di cercare immagini nuove. Ama la fotografia di reportage e quella concettuale, così come ama esprimersi in bianconero, più confacente al suo modo d'intendere l'immagine. Non disdegna l'uso del colore, sempre molto tenue, appena abbozzato, quando necessario. "La fotografia non mostra la realtà, mostra l'idea che se ne ha. E' per questo che fotografo. Ho deciso di fare delle foto invece di parlare. Fotografo per esprimermi, per non dimenticare ma, soprattutto, per non smettere di guardare."

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“Matrin 3” è il gene che si ritiene essere l’origine della SLA. Lo scopo di questo portfolio è quello di mostrare la realtà delle persone con una qualche forma di invalidità. Sarebbe stato troppo semplice e, per certi versi, banale mostrare le situazioni quotidianee catturare le luci e le ombre delle persone con disabilità. Io ho cercato di indagare il “daemon” dei disabili, cioè a dire: quando si parla di disabilità, di cosa si sta parlando? Io penso che la disabilità sia una condizione costitutiva dell’essere umano, un periodo (che può essere anche definitivo, purtroppo) di disequilibrio che ognuno può trovarsi ad affrontare nel corso della propria esistenza. La condizione, intrinseca e vera, della disabilità è qualcosa di molto sottile e invisibile. Ci si sente vulnerabili, nudi, non si sta bene col mondo e si incrina la visione stessa della realtà. E’ come stare nudi , allo scoperto e senza riuscire a coprirsi. Tuttavia, il concetto stesso di fragilità nella disabilità è anche una dimensione di delicatezza e bellezza che richiama alla mente le ali di una farfalla; sono delicate e belle, ma anche fragili ad un semplice tocco. Per mettere in scena tutto questo ho deciso di mettere i soggetti dietro un telo di cellophane trasparente che rappresenta, allo stesso tempo, il bozzolo dove i disabili vivono ma anche il confine con il mondo esterno. In questo lavoro ci sono le urla soffocate, le paure non affrontate, le emozioni; inquietudini e armonie intrappolate nelle pieghe delle loro stesse esistenze e che continuamente pongono queste persone di fronte ai loro limiti.

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Vito Finocchiaro

"La montagna è come un sentimento, un luogo dove ha senso quello che gli occhi non vedono ma l’anima sente...." A Muntagna… maestosa, monumentale, con i suoi paesaggi mozzafiato ci regala stimoli ed emozioni che scuotono il profondo più intimo dell’anima...ci fa sentire liberi… ma ci insegna anche il rispetto di tempi e ritmi. Aurore e crepuscoli avvolgono la sua essenza con un gioco di luci e ombre, creando contrasti forti e delicati al contempo e investono fantasia e psiche dando vita ad Immagini surreali e sfuggenti. A Muntagna, la nostra grande e possente signora… per amarla devi viverla, devi ascoltare ogni suo più piccolo respiro, devi coglierne l’odore, devi catturare ogni suo “gesto”. Nel silenzio dei suoi sentieri, in mezzo al paesaggio lunare delle sue valli, con il sibilo del vento che ti sferza il viso, i sensi si allertano, i battiti accelerano, l’adrenalina sale. E’ un sentimento che ti esplode dentro e cresce con il trascorrere del tempo… degli anni. La voglia di conoscerne i segreti, di esplorarne i fianchi, di calarsi nei suoi meandri, annulla interminabili ore di cammino sotto il sole rovente o nel buio freddo della notte, con i muscoli indolenziti e i piedi lacerati, con il sudore e la polvere che ti impastano il corpo... L’amore per l’Etna lo devi sperimentare. La sua storia devi imparare a raccontarla vivendola attimo dopo attimo...anno dopo anno! 2017 © vito finocchiaro

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Etna - Le grotte Tra le viscere del Vulcano L’Etna... la cui immensa bellezza si canta da secoli e il cui “essere”, da sempre, affascina noi uomini, avidi di conoscere i suoi più intimi meandri. Numerose le grotte o gallerie di scorrimento lavico che contraddistinguono il fascino misterioso del vulcano più attivo d’Europa. A caratterizzare queste cavità sono le stalattiti da rifusione, la formazione di sublimazione dei gas della colata lavica e la formazione dei rotoli di lava ai lati della stessa grotta di scorrimento. Tra le più importanti ricordiamo: • la Grotta degli Archi, famosa in passato come serbatoio naturale di neve; • La Grotta dei Lamponi; • La Grotta del Santo; • La Grotta del Gelo, considerata il ghiacciaio più a Sud d'Europa; • La Grotta dei Tre Livelli, la più lunga tra le grotte dell'Etna; • La Grotta di Aci; • La Grotta di Cassone.

Grotta dei Tre Livelli

© Francesco Bartolotta 56


Š Leo Pappalardo

Š Francesco Bartolotta 57


Grotta dei Lamponi

© Saro Sgroi Il Cimitero delle Coccinelle Così viene chiamato il fondo del canalone della Grotta dei Lamponi, tra le più lunghe gallerie di scorrimento dell’Etna, dove migliaia di coccinelle trovano la morte, dopo esservi entrate, senza avere più la forza di uscirne in volo.

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© Leo Pappalardo

© Saro Sgroi

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Grotta dei Rotoli

© Leo Pappalardo

© Saro Sgroi 60


Š Francesco Bartolotta

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Grotta di Serracozzo

Š Leo Pappalardo

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Š Francesco Bartolotta

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Grotta del Gelo

Š Francesco Bartolotta

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© Saro Sgroi

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Vito Finocchiaro

Un percorso spirituale alla ricerca di un passato che affonda le radici in tradizioni ancestrali, quelle che hanno accompagnato nei secoli l’essere umano. Un cammino introspettivo in un mondo in via di estinzione. Un’esperienza intensa, in mezzo ad una natura incontaminata e selvaggia, dove affiorano le emozioni più nascoste dell’anima, forti e difficili da spiegare. Un viaggio quasi primordiale, spogliati dal logorio del mondo reale. Un salto indietro nel tempo dentro quella civiltà agropastorale che tanto ha significato e tanto ancora significa in molte Regioni d’Italia. Un legame di complicità instaurato con una famiglia di mandriani, una decina tra giovani e veterani, che, da generazioni, rinnova il rito della transumanza, portando i bovini verso i pascoli del Monte Raga sull’Appennino calabrese. Un lavoro duro, faccia a faccia con i cambiamenti del presente e perennemente assoggettato alla

ciclicità del tempo, in un continuo confronto tra progresso e tradizione. Una migrazione che si svolge in due periodi dell’anno, per garantire i pascoli migliori agli animali e la speranza di un futuro a questa gente. Circa un centinaio le mucche, tutte di razza podolica. Una razza dalle origini lontanissime, con una capacità di adattamento unica e in grado di camminare sui sentieri più impervi e scoscesi. Ogni partenza è carica di adrenalina, il fermento serpeggia nell’aria; le stesse vacche sanno quando arriva “l’ora”. Al calare del sole, avvolti dalla calura estiva, i mandriani inseguono il bestiame per metterlo in fila. Concitazione, fatica e gesti si mescolano alla polvere che esala sotto uno scalpitare fitto e continuo. Una carovana impaziente aspetta di muoversi ad un segnale. Molti i chilometri da fare attraverso antichi sentieri e tanti i borghi da attraversare. Pochissimi i momenti di riposo davanti al fuoco dei bivacchi rischiarati dalla luce biancastra della luna. Non si dorme quasi mai perché agli animali bastano pochissime ore di riposo. Un incedere lento e costante, scandito dal suono dei campanacci e accompagnato dall’odore fortissimo del bestiame che ti penetra le narici e non ti abbandona mai. Sotto il calore del sole, il vapore esala dai corpi e il cammino si trasforma in un unico affannato respiro. Le mucche più anziane guidano il lungo cordone, di uomini e bestie, insieme ai mandriani più esperti. Conoscono ogni angolo di quelle montagne. Da anni conducono le compagne verso la meta, aspettando pazientemente che tutta la mandria sia radunata lungo il percorso. Una passione per gli animali, quella di questi

uomini, che è come una vocazione; un attaccamento alle origini che li lega a doppio filo con la loro terra. Una lotta, la loro, per la sopravvivenza. Una cura interiore per chi, come me, immerge i sensi in un rituale che si perde nella notte dei tempi e che, come un fotogramma rallentato, rievoca storia e tradizioni.

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Stefania De Natale La fotografia come strumento di cura in psicoterapia Giacomo è un ragazzo di 14 anni accompagnato in terapia dai genitori perché non vuole uscire di casa. La diagnosi infantile è di dislessia. Oggi però Giacomo non esce, e se lo fa, per andare a scuola, deve impegnare tutte le sue risorse ed energie per affrontare la strada che lo porta da casa a scuola e tutti i visi delle persone che incontrerà. Soffre di fobia sociale. Teme il giudizio delle persone, crede di essere diverso e che gli altri si accorgeranno della sua diversità. Questo lo porta a provare sentimenti di profonda vergogna e livelli elevati di ansia al punto da bloccarsi completamente, perciò tende ad isolarsi. Scendiamo in strada (luogo temuto), gli affido la macchina fotografica (nikon d80),dopo avergli spiegato che il suo compito sarà, accendere, inquadrare ciò che del mondo lo colpisce, mettere a fuoco e fare click.

Lo scopo è di distrarlo dai suoi pensieri intrusivi concentrandosi sul mezzo (reflex) e comunicare i suoi vissuti attraverso le immagini. Il compito ha inizialmente alzato i livelli di ansia da prestazione (paura di non riuscire, di rompere la macchina fotografica, di fare brutta figura), dopo circa 20 minuti però è completamente assorbito dal mezzo, e va in esplorazione. Giacomo si sente in grado di comunicare attraverso le immagini quello che vede e che prova (aumento della autostima). La terapia continua e il ragazzo si sta appassionando a qualcosa che gli permette di “sentirsi” e sta imparando gradualmente a approcciarsi al mondo. Il percorso successivo prevede la lettura delle sue fotografie e la possibilità per Giacomo di “rivedersi” e “raccontarsi” attraverso la visione dei suoi scatti (comunicazione emotiva verbalizzata). Questo percorso porterà Giacomo di gestire la sua ansia, di prendere contatto con i suoi vissuti, dargli la possibilità di imparare a comunicarli a chi guarderà le sue foto (esposizione) oltre a sentirsi parte di un mondo, quello della fotografia, che potrebbe anche diventare il suo se deciderà di proseguire (facendo ad esempio un corso) una volta terminato il percorso terapeutico. In sintesi: La fotografia in questo caso ha avuto una funzione catalizzatrice. Si è rivelata essere uno strumento utile per guidare il paziente verso l’accettazione di situazioni difficili e sentimenti insostenibili, laddove era necessario consolidare un’alleanza terapeutica che andava oltre la comunicazione verbale.

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Inoltre lo strumento (macchina fotografica) è diventato lo strumento tecnico artistico che ha funzionato da “modulatore” della relazione terapeuta-paziente, non fungendo solo come mero strumento di espressione della emotività e/o creatività. “La forza catalizzatrice dell’immagine fotografica non è dovuta tanto alla sua validità artistica che anzi risulta essere irrilevante per il suo utilizzo come strumento terapeutico, ma è data dalla sua efficacia di rievocare il simbolico personale del paziente, di aiutarlo a far riemergere emozioni e vissuti” (Weiser, 2010). Oggi diversi studi mostrano la validità del medium fotografico nel percorso di cura di pazienti affetti da disturbi alimentari (Wessells Jr.,1985), disturbi ossessivo-compulsivi (Mancini, 2006), depressione e stati ansiosi (Seifert, 2014), in interventi sociali (DeCoster e Dickerson, 2014), di formazione (Hogan, 1998) e di empowerment (Levin et al., 2007).

Dott.ssa Stefania de Natale Psicologo clinico e di comunità Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale Fotografo dilettante

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Le Selezioni di EikonCulture

© Alberto Cicchini

© Alen Kerties 94


© Alex Taylor

© Angelo Ferlisi 95


Š Carla Roganti

Š Morena Bellini

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© Massimo Badiali

© Edy Jack Herwansyah 97


Š Giuseppe Brunelli

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© Emily Luchini

© Georgy Kozerodov 99


© Eli DL

© Leo Pappalardo

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© Joanna Tomaszewska

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© Prianca Ray

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Š Marco Scintilla

Š Miriam Taibi

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Š Ottavia Tagliatti

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© Leng Kiat Tay

© Marco Borzacchi 105


© Gaetano Racanelli

© Stefi Ste

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© Kristinn Gudmundsson

© Vito Dell’Orto

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Š Keico Ninagawa

Š Masahiro Murakami

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© Rene Stuardo

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© Gianna Pen

© Nedim Ozer Hosol

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© Joanna Cholewinska Erzac

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© Luca Faranfa

© Roberta Manzin 112


© Stefi Ste

© Vito Dell’Orto 113


Š Holger Morgenstern

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Š Wess Nibarger

Š Holger Morgenstern 115


Š Marcelo Lopez

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© Sonja Marinsek

© Roberto Cabral 117


Š Morena Bellini

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© Roberta Marras

© Mehmet Albayrak 119


Eventi

15 – 19 novembre Lishui Photography Festival 2017, Cina. Si è concluso uno dei più importanti appuntamenti fotografici asiatici. Centinaia di mostre, un seminario internazionale, proiezioni, dibattiti, conferenze, letture portfolio, workshop, aste, per questa ottava edizione del Festival fotografico cinese. Epicentro della scena fotografica internazionale, la città di Lishui attira, durante ogni festival, migliaia di fotografi, professionisti e non, cinesi e non, che hanno l’opportunità di esporre, visionare, visitare, e scambiare opinioni ed esperienze. Musei, centri d’arte, accademie, ex industrie, le sedi espositive. Di grandissimo fascino i siti espositivi nelle tre aree della “città vecchia”, dove gli stessi abitanti sono i protagonisti degli scatti in mostra...gesti, visi, attimi di vita vissuta, catturati tra queste antiche strade dal fascino secolare. Una grande piattaforma operativa, il festival di Lishui, che vede riuniti insieme tutti i protagonisti della scena fotografica: fotografi, curatori, editori, collezionisti, ecc. Tema di quest’ultima edizione “Images in the Era of Hypermedia”. Oltre alla fotografia tradizionale, punto focale è stato quello della creatività nella società contemporanea. Una grande esperienza per EikonCulture che, con due dei suoi membri, Vito Finocchiaro e Michele Di Donato, premiati dalla giuria del 6th china international digital photography, ha portato sulla scena cinese la fotografia italiana e ottimo punto di incontro tra l’Associazione stessa e molti Editor e Curatori del panorama internazionale 120


Li Yu ha detto che i fotografi internazionali in questa sala venivano da tutti gli angoli del mondo, si spera che attraverso questo scambio, possiamo stimolare nuovi punti di vista, ampliare nuovi orizzonti, promuovere efficacemente la teoria della fotografia cinese e l'integrazione internazionale, e costruire un sistema di teoria fotografica che si accorda con le condizioni nazionali cinesi ed è altamente internazionalizzato. Insieme per lo sviluppo accademico fotografico mondiale e il progresso per fare sforzi. Ha detto che questa è una piattaforma di esplorazione di linguaggio di ontologia visiva, mi auguro che gli esperti e gli studiosi intorno al tema del Festival di fotografia "ipermedia era immagine", con l'osservazione unica e intuizioni, sentimenti e pratica, per parlare delle loro opinioni.

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I premiati al 6o China International Digital Photography Art Exhibition di Lishui

La Sicilia e la sicilianità ancora una volta “conquistano” il Mondo. Sabato 18 Novembre la Cerimonia di Premiazione a Lishui per il 6th China International Digital Photography Art Exhibition. Consegnato a Vito Finocchiaro il Bronzo per “The sacred spirit of Sicily”. Le immagini di grande impatto emotivo, sono frutto di un progetto a cui l’artista mascalese lavora da tempo per la valorizzazione del territorio siciliano. Ambasciatore della fotografia italiana in Cina, Finocchiaro ritira anche la Menzione d’Onore, per "Frame of a disaster", assegnata a Michele Di Donato, membro dell’Associazione EikonCulture, di cui Finocchiaro è presidente. Due eccellenze italiane nel mondo!

© Vito Finocchiaro - The Sacred Spirit of Sicily Bronze

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Š Michele Di Donato - Frame of a disaster Honorable mention

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La Libreria di EikoCulture In questa rubrica diamo spazio e visibilità alle pubblicazioni dei nostri autori. Vi invitiamo a segnalarci le vostre pubblicazioni scrivendoci a eikonculture@gmail.com

“L’anima fotografata” racconti di Tania Piazza, fotografie di Ivano Mercanzin Edizioni Divinafollia

“Dedicato a tutte le voci che, ogni giorno, senza saperlo, mi narrano la loro storia.” (Tania Piazza) “La fotografia racconta storie, rilascia memorie, echeggia emozioni. Perpetuamente.” (Ivano Mercanzin) “Due autori singolari, eclettici, capaci. Lei, con la scrittura, d’una densità umana tanto spessa da poterla sentire addosso; lui, in questa raccolta di brevi narrazioni, come fotografo dei dettagli e animatore delle storie con fotogrammi rubati ai momenti salienti, sono l’uno il braccio destro dell’altra. Questo libro è stato concepito proprio così, come si procrea un figlio e occorrono due DNA, la parola e l’immagine(…) (…)L’anima fotografata è un libro originale e coraggioso, che propone un nuovo modo di raccontare, unendo la suggestione dei componimenti brevi all’estemporaneità degli scatti fotografici; le sue pagine accompagnano il lettore in un viaggio emotivo che si snoda tra parole e immagini, come quando si accorda uno strumento, ogni nota al suo posto, ogni suono sulla sillaba adatta, tra le unità memoriali che formano il nucleo di questo volume, in sinergia precisa con tutti i sensi di cui l’essere umano dispone” (…) (dalla prefazione di Silvia Elena Denti, scrittrice, poetessa ed editrice.) Disponibile in tutte le librerie, anche online, Edizioni Divinafollia, pp.150. 124


DA CHE PARTE

(…) Ho visto e fotografato per te questo spiraglio di vita, rubandolo per sempre all’oblio. Me lo sono portato a casa, stretto tra l’anima e il cuore, perché quando sarai pronto sapremo dove trovarlo. E quando sarai abbastanza grande, potrò spiegarti l’abisso che separa il buio dalla luce. Così, potrai scegliere da che parte stare (…)

LUCE (…) E’ bello non sentire il suo rumore. La luce arriva all’improvviso, e riempie il cuore. Dopo questi incontri con lei mi ritrovo sempre un po’ più ubriaco di vita, e rimango inebetito, in attesa della nuova sbornia. So che ci sarà, mi basterà porre attenzione ai segnali: il mondo si fermerà per un attimo, e subito dopo lei, nuovamente, cadrà (…)

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A CASA DI NUOVO (…) “C’è qualcosa di irrisolto, tra noi.” Lei lo guardò: sospeso tra i loro sguardi passò un attimo infinito e largo, come se ci fosse un ponte e, sopra, a camminarci, i loro pensieri, da una sponda all’altra (…)

Tania Piazza Nata e cresciuta nella provincia vicentina, è da sempre una grande appassionata di letteratura classica, moderna e contemporanea. La scrittura nasce presto, come naturale evoluzione alla lettura, e diventa lo strumento per dare voce alle emozioni e narrare della Vita, perché scrivere è un altro modo per parlare, solo più silenzioso. Nella fotografia coglie la stessa attitudine: ecco perché ama osservarla e mettersi all’ascolto dei vari suoni che produce, per trasformarli in racconti. Nel 2013 ha pubblicato il romanzo “La cura delle parole”; nel 2015 il secondo, “Com’è bella la nebbia quando cade”. www.taniapiazza.com

Ivano Mercanzin Inizia il suo percorso artistico nel 2012 quando la passione per la fotografia arriva d’improvviso. Osservando paesaggi e metropoli, strade e persone, raccoglie ricordi e narra storie con le sue immagini. “Venezia”, “Terra Madre”, “Coney Island”, “The Face (s) of NYC”, “21 grammi” sono alcuni dei suoi progetti. Numerose le mostre: a Vicenza, Verona, Roma, Bologna, Taranto, Malta, New York, Bangkok, Marsiglia. www.ivanomercanzin.it

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