Hmt8g il mio sbaglio preferito

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CHELSEA M. CAMERON

IL MIO SBAGLIO PREFERITO traduzione di Luigi Bertolini


ISBN 978-88-6183-488-0 Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: My Favorite Mistake HQN Books © 2013 Chelsea M. Cameron Traduzione di Luigi Bertolini Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione HM ottobre 2014


Il mio sbaglio preferito


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Il giorno in cui ho conosciuto Hunter Zaccadelli, gli ho dato un pugno in faccia. Va detto che se l'era meritato, su questo non ci piove. Per certi versi, se l'era proprio cercata. Quando la nostra quarta coinquilina ci piantò in asso tre giorni prima che cominciasse la scuola, Darah, Renee e io pensammo che la segreteria avrebbe preso in mano la questione e ci avrebbe piazzato in casa una povera sfigata. Magari una poveretta che aveva deciso di cambiare college all'ultimo momento per seguire l'uomo dei suoi sogni, o una a cui fosse saltato l'alloggio già assegnato. Non sapevamo proprio cosa aspettarci, ma il giorno in cui prendemmo possesso dell'appartamento non avrei mai immaginato di trovarmi davanti un tipo simile, quando aprii la porta. Sapevo che nelle residenze di lusso non si tenevano divisi i maschi dalle femmine, ma non mi sarei mai nemmeno lontanamente sognata che una cosa simile potesse accadere proprio a noi. Invece di una ragazza stanca e disperata, eccolo lì, con un baule, uno zaino e una chitarra. Un tipo così diverso da tutti che non dissi una parola nei tre secondi in cui lo radiografai. Capelli neri cortissimi da sembrare quasi rasato, un velo di barba del giorno prima, due occhi azzurri che ti trapassavano e trenta centimetri buoni più alto del mio metro e sessanta. Un bel sorriso impertinente completava il quadro. Non ci sarebbe sta7


to nulla di sorprendente se avesse avuto la parola guai tatuata sulla fronte. Di tatuaggi, a dire il vero, ne aveva uno sul braccio, ma non riuscivo a leggere cosa c'era scritto. Una stretta T-shirt gli fasciava il torace senza lasciare nulla all'immaginazione. Probabile che se la fosse fatta prestare dal fratello minore. «È qui che stanno Darah, Renee e Taylor? Aspetta, tu devi essere Taylor» disse, squadrandomi dall'alto in basso. Non ero nella mia forma migliore, quel giorno dovevo traslocare oggetti pesanti, così avevo raccolto in qualche modo i capelli sulla nuca e mi ero messa una maglietta blu con la scritta UMaine sopra un paio di pantaloncini neri da calciatore. Mi squadrò un altro paio di volte dalla testa ai piedi, e per qualche motivo il modo in cui mi guardò mi fece arrossire, mettendomi addosso al tempo stesso una gran voglia di dargli un calcio nelle palle. «Mi sa tanto che c'è un errore» dissi. Si sistemò la borsa sulla spalla. «Oh davvero, Miss Sa Tanto? E come fai a saperlo, Missy?» «Me l'ha detto un uccellino.» Fece un largo sorriso. Forse era figlio di un dentista, o qualcosa del genere, perché aveva dei denti praticamente perfetti. Una cosa che notavo sempre avendo subito la mia brava dose di disgrazie ondontoiatriche, tre anni di apparecchi per i denti d'ogni genere. E dovevo ancora mettermi un bite ogni notte. «È lei?» gridò Darah dalla sua stanza, dove stava sistemando delle foto incorniciate in modo che fossero perfettamente allineate. Una vera nevrotica. «A proposito, io sono Hunter. Hunter Zaccadelli.» Ovvio che si chiamasse Hunter. L'unico altro Hunter che avevo conosciuto fino a quel momento era un autentico stronzo. Quello che avevo di fronte non faceva altro che mandare avanti la tradizione. 8


Indicò il baule. «Allora, posso portare dentro la mia roba o...?» Il mio cervello continuava a fare cilecca. «Ma chi è?» Alla fine Darah ci raggiunse. Renee stava ancora scaricando la macchina. «Sono il nuovo coinquilino» disse Hunter. «Il nuovo coinquilino?» Inarcò le sopracciglia facendole praticamente volare sotto la frangetta. Lo squadrò dall'alto in basso come avevo fatto io, ma lui non si scompose. Stava ancora guardando me. «Sì, all'ultimo minuto sono rimasto senza alloggio. Mio cugino doveva lasciarmi casa sua, ma poi non ha più potuto ed eccomi qua. Vi spiace se entro?» «Non puoi stare qui» dissi, incrociando le braccia. «Perché no? A quanto mi risulta, in questa struttura ci possono stare maschi e femmine. Sfoderò nuovamente un bel sorriso e si fece largo con le spalle per entrare, sfiorandomi il seno senza scomporsi minimamente. Sentii nell'aria un profumo d'acqua di colonia. Non quella scadente che ti pizzica il naso, anzi. Sapeva vagamente di cannella. Cercai di opporre resistenza, ma era più alto e più grosso di me. Dalla mia, tuttavia, avevo il fattore sorpresa. «Sempre meglio che dormire sul divano di mio cugino» disse, lasciando cadere lo zaino a terra e guardandosi intorno. Erano piccoli appartamenti, dotati di cucina e di un salottino con un divano e una poltrona reclinabile. La cosa peggiore erano le camere da letto, con due letti a soppalco addossati alle pareti, le scrivanie al di sotto ammassate l'una all'altra, e spazio sufficiente solo per due piccoli armadi. «Posso vedere un tuo documento?» disse Darah, con le mani sui fianchi. «Chi ci assicura che non sei un maniaco o un delinquente?» «Ti sembro forse un maniaco?» Allargò le braccia, e fui finalmente in grado di vedere il tatuaggio sul bicipi9


te. Un numero sette elaborato e pieno di fronzoli. Alzai lo sguardo sul suo volto. «Come facciamo a saperlo?» Darah gli si avvicinò, potendo contare sulla propria statura. Erano praticamente alti uguale. «Senti, tutto quel che so è che ho mandato un modulo di richiesta e che mi hanno risposto con un'e-mail dandomi un numero di appartamento e i vostri nomi. Eccolo qui, me lo sono stampato. Trattate sempre i vostri ospiti come fossero dei criminali?» Tirò fuori un foglio di carta ripiegato e lo porse a Darah. Lei gli diede un'occhiata, sospirò e lo passò a me. «Perché non ci hanno avvisato?» dissi dopo averlo letto. Era tutto scritto lì sopra, nero su bianco. «Chi lo sa?» disse Darah, guardando Hunter con una punta di diffidenza. «Oh mio Dio, giuro che non farò mai più un trasloco» sbuffò Renee dalle scale, con le braccia piene di scatole e due borse che le pendevano dalle braccia. «Chi ha lasciato le sue schifezze davanti alla porta?» Scavalcò il baule e la custodia della chitarra con un'occhiata di disgusto. «È arrivata la quarta incomoda?... Oh, salve.» Da brusca e irritata la sua voce si fece dolce e mielosa nell'attimo in cui vide Hunter. «Scommetto che la chitarra all'ingresso è tua.» Depose a terra borse e scatole, e si mise anca in fuori con aria di sfida. Ma per favore! «Lui» dissi, indicando Hunter, «è l'incomodo.» «Non se ne parla nemmeno.» Renee ci guardava con gli occhi sbarrati. Aveva un volto sottile, sembrava una bambola di porcellana bionda e con gli occhi azzurri, tirata giù dallo scaffale e infilata in una canottiera di Victoria's Secret. «Mi state prendendo per il culo?» «Che bella accoglienza» disse Hunter. «Tu sta' zitto» gli intimai. Sorrise. Dio, come avrei voluto fargli passare la voglia di ridere con uno schiaffo. 10


«Forse è meglio se tiro via la mia roba dall'ingresso» rispose, e andò a prendere il baule, sollevandolo come fosse una scatola di scarpe. Puro esibizionismo. Dovette farsi strada fra scatoloni, cuscini e tutto il resto che copriva il pavimento, ma si mosse con notevole grazia. Trovò uno spazio libero e posò il baule, guardandoci. «Con chi dormo, allora?» disse, appoggiandosi alla porta della mia stanza. Siccome Darah e Renee avevano già condiviso una stanza l'anno precedente, mentre io ero l'ultima arrivata nel gruppo, avevamo deciso che la nuova coinquilina sarebbe stata in camera con me. Ma tutto cambiava ora che la presunta ragazza era diventata un uomo. «Credi di essere spiritoso?» lo apostrofai. In quello stesso momento Darah disse: «L'unico letto libero è quello in camera di Taylor». «Neanche per sogno!» esclamai bruscamente, incrociando di nuovo le braccia in modo da coprirmi le tette. Da quando aveva fatto la sua domanda, non mi aveva più tolto lo sguardo dal seno. Non che fosse un seno particolarmente bello, ma questo non sembrava dissuaderlo dal tenerci gli occhi incollati. «Adesso telefoniamo in segreteria e la facciamo fuori» dissi, brandendo il cellulare. «Tay, il lunedì è chiusa» osservò Renee. «Me ne frego. Ci sarà pure qualcuno, è il giorno degli arrivi.» Presi l'elenco telefonico del campus che avevamo trovato sullo zerbino al nostro arrivo, quella mattina, e lo sfogliai fino a trovare il numero che cercavo. «Dai, Missy, non vuoi davvero stare con me?» Ma chi credeva di essere? Ci conoscevamo da appena dieci minuti e già mi aveva dato un soprannome facendomi delle avance. «Chiamami così un'altra volta...» tuttavia non finii la 11


frase mentre, come una furia, componevo il numero. Darah e Renee gli sussurrarono qualcosa, però non a voce così bassa da impedirmi di sentire. «Meglio lasciarla perdere quando fa così» sibilò Renee. «Ma io non voglio mica farla arrabbiare» rispose Hunter, mentre io ero in ascolto al cellulare. Alla fine mi rispose un messaggio registrato, con gli orari e i numeri interni a cui rivolgersi. Provai il primo. Nessuna risposta, solo una segreteria telefonica. Lasciai un messaggio, spiegando la situazione e l'urgenza, e provai a rifare il numero iniziale. Andai avanti così finché non ebbi lasciato un messaggio in ognuna delle cinque segreterie telefoniche indicate. A quel punto buttai il cellulare sul ripiano della cucina. «Ti senti meglio adesso?» chiese Hunter. «No.» Scaraventai l'elenco sul divano. Darah e Renee mi guardavano con l'aria preoccupata, come temendo che potessi esplodere da un momento all'altro. E infatti ci mancava poco. «Se tu fossi un gentiluomo ti offriresti di dormire sul divano» gli dissi seccamente. «Cara Missy, ti toccherà scoprire che non sono un gentiluomo. Ho intenzione di approfittare quanto più possibile di questa situazione.» Rimasi a bocca aperta. Nessuno mi aveva mai parlato in quel modo. «Non vi pare che faccia un po' caldo qui dentro? Lasciatemi aprire la finestra» intervenne Renee, precipitandosi verso l'unica finestra della casa, di fianco al divano. Darah mi guardò, poi guardò Hunter e di nuovo me. «Be', per ora non possiamo fare niente» disse. «Fagli portare dentro la sua roba, poi magari facciamo un salto a vedere se c'è qualcuno in segreteria.» Darah era sempre quella che faceva da paciere. «Mi sembra una buona idea» commentò Hunter, entrando in camera mia come se fosse il padrone di casa. 12


«Non posso credere che sia vero» dissi, chiudendo gli occhi. Sentii la musica di Back in Black degli AC/DC dalla mia stanza. Era la suoneria del cellulare di Hunter. «Ehi, ciao... No, sono appena arrivato. Stanza 203. Sì, sarebbe bellissimo...» Chiuse la porta col gomito. Fissai Renee e Darah. «Non pensavo che avremmo dovuto farlo così presto, ma sento che dobbiamo proprio riunirci» dissi. Avevamo deciso di fare una breve riunione una volta alla settimana per esprimere le nostre lamentele. Ero dell'idea che tirare fuori tutto quello che non andava ci avrebbe evitato di odiarci. L'anno prima mi era toccata una compagna di stanza insopportabile e non volevo ripetere l'esperimento. Ascoltai, ma Hunter sembrava ancora impegnato al telefono. Sentivo che stava rovistando in giro e pregai che non rompesse niente. Perché a quel punto l'avrei ammazzato. «Non vedo il problema» disse Renee. «Voglio dire, è come se una di noi si portasse qui un fidanzato. Paul è rimasto qui un sacco di volte quando io e Darah stavamo qui l'anno scorso.» «Ma perché tu andavi a letto con lui» ribattei. «Magari andrò a letto anche con Hunter» replicò. Renee si era appena lasciata con Paul e andava in cerca di un sostituto. Sapevamo tutti che lei e Paul erano fatti uno per l'altra e che alla fine l'avrebbero capito anche loro, tuttavia Renee era ancora nella fase della rabbia. «Ti dà fastidio stare con lui, Taylor? Non ci sarebbe niente di strano» disse Darah. «Chissà perché dovrebbe darmi fastidio dividere una stanza minuscola con un tizio che conosco da appena mezz'ora e che continua a fare commenti irritanti? Chissà perché dovrebbe essere un problema?» 13


«Se vuoi, Renee e io possiamo far cambio. Io sto con lui e Renee può stare con te» disse Darah. «Per quale motivo non posso stare io con lui?» si lamentò Renee. «Perché finiresti col violentarlo mentre dorme» risposi io. «Non si può violentare uno che ci sta, Tay» disse lei, strizzando l'occhio. «Sei disgustosa.» «E se tirassimo a sorte?» propose Darah. «Come?» chiese Renee. «Facciamo a testa o croce, o che altro? Ecco» aggiunse, afferrando un bloc notes dell'Università del Maine che qualcuno aveva lasciato sul ripiano della cucina, insieme a una biro. «Scriviamo qui i nostri nomi e li mettiamo in...» Afferrò il berretto da baseball che avevo eliminato poco prima. «Sarà Hunter a pescare. Ecco fatto, problema risolto.» In quel momento si aprì la porta della mia camera e ricomparve Hunter, col suo sorriso stampato sulle labbra. «Non stavate parlando di me, vero?» Come se non lo sapesse. Roteai gli occhi mentre Renee iniziava a scrivere i nostri nomi su dei pezzetti di carta, che poi buttò nel mio berretto. Coprì il tutto con una mano e diede una bella scrollata. «Pescane uno» disse, mettendogli il berretto sotto il naso. «Okay» fece lui, infilando una mano ed estraendo un bigliettino. Renee lo aprì lentamente e fece una pausa per aggiungere un po' di suspense. «Taylor» disse alla fine, girando il biglietto e mostrandocelo perché potessimo leggere tutti il mio nome. «Cazzo!» esclamai.

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