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MEGAN HART

SCONOSCIUTI traduzione di Alessandra De Angelis


ISBN 978-88-6183-490-3 Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Flying Mira Books © 2014 Megan Hart Traduzione di Alessandra De Angelis Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione HM ottobre 2014


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Rossetto scarlatto, pelle liscia e morbida, profumo... Molte donne sanno come attirare l'attenzione di un maschio. Agli uomini piacciono i capelli setosi e fluenti, gli abiti aderenti e provocanti, i tacchi alti e i reggicalze, proprio come quello che indossa Stella ora. Quando aveva circa vent'anni aveva imparato cosa fare per apparire sexy agli occhi di un uomo, ma solo con la maturità ha capito che è molto più divertente essere seducente per se stessa. Mette nel contenitore di plastica le décolleté dai tacchi vertiginosi e dalle suole rosse e lo spinge sulle guide, verso il rilevatore a raggi X, poi solleva il bagaglio a mano. Ha soprannominato il suo trolley il Tardis, in onore del telefilm Doctor Who, il preferito di suo figlio. Il protagonista, il Dottore, viaggia nel tempo e nello spazio a bordo di una macchina che dall'esterno sembra una cabina telefonica blu della polizia inglese, ma è molto più grande all'interno... proprio come il trolley di Stella. Sembra un normale bagaglio a mano, ma contiene tutto il necessario per farsi bella per un weekend, e anche un libro... nel caso non trovi nessuno per cui valga la pena farsi bella. Poi si sfila l'impermeabile. Preferirebbe tenerlo addosso, ma anche se le permettessero di passare sotto lo scanner, la fibbia della cintura farebbe scattare l'allarme. D'altronde anche i ganci del reggicalze sono di metallo e Stella si aspetta di sentire i bip del rilevatore e di dover essere perquisita. Ormai conosce per nome quasi tutti gli addetti ai 7


controlli di sicurezza dell'aeroporto di Harrisburg, e palparla è una prassi che è diventata un gioco tanto per loro quanto per lei. «Ciao, Pete.» Si accorge del suo sguardo che indugia sulle gambe inguainate nelle calze con la riga quando si gira per mettere il cellulare in un altro contenitore che spinge sulle guide dietro il primo. Pur non vedendolo, è sicura che le stia guardando il fondoschiena e ne è compiaciuta. Non importa che Pete abbia sicuramente l'età di suo padre e dei baffoni da tricheco, o che sia sposato e le abbia fatto vedere con orgoglio le foto dei nipotini che ha sul cellulare, e neanche che mastichi sempre la gomma per cercare invano di curare l'alitosi. Non fa niente anche se non andrà mai a letto con Pete, quello che conta è che potrebbe se volesse, se ci s'impegnasse. Sa che le basterebbe farlo avvicinare un po' più del lecito, e magari spostarsi e piegarsi quel tanto da fare aprire lo spacco del vestito per rivelare un accenno di coscia nuda sopra il bordo della calza velata. Stella è sicura che per Pete lei sia una squillo di alto bordo o, in alternativa, l'amante di un uomo potente e facoltoso. Per arrivare a quella deduzione basta un'occhiata ai capelli, al suo abbigliamento, alle unghie curate, alle scarpe sexy. Nessuno potrebbe scambiarla per una donna in viaggio per lavoro, a meno che quel lavoro non sia il piacere. Ma Pete non può sapere che non viene pagata per quello che fa; la sua ricompensa non è in denaro. «Dove vai di bello stasera?» le chiede Pete muovendo il metal detector lungo i contorni del suo corpo, mentre Stella allarga le braccia e le tiene tese. Si sentono dei bip quando passa all'altezza delle cosce e Pete lo sposta lentamente in su e in giù. «Scusa, Stella.» «Non c'è problema.» Gli sorride con calore, ma Pete non sa che il suo sorriso è finto come le ciglia e le unghie. L'unica differenza è che non serve la colla per stamparlo sul volto, ma solo un po' di pratica. «Ormai ci sono abituata.» 8


Pete le fa cenno di spostarsi di lato, dove ci sono due agenti addetti alle perquisizioni manuali. Stella sa che le spiegheranno per filo e per segno quello che dovranno fare e le chiederanno più volte il permesso per toccarla in parti del corpo che non la mettono più in imbarazzo, come se non le considerasse intime. Stella non fa storie. Dopotutto fanno solo il loro lavoro. L'addetta che si china per fare scivolare le dita lungo i polpacci di Stella è nuova, o comunque non ha mai fatto il turno di venerdì sera, quando parte lei. Sul petto ha appuntata una targhetta su cui è scritto Maria. Ha i capelli neri raccolti in una stretta crocchia; si capisce che sono ricci anche se sono tirati. Gli occhi sono altrettanto scuri e bordati da lunghe ciglia folte; non ha bisogno di ciglia finte e neanche di rossetto perché ha le labbra naturalmente rosse e lucide, carnose. La tasta con efficienza e distacco, senza sorridere. Quando alza gli occhi e fissa Stella che sta guardando verso il basso, lei comprende il motivo della sua serietà. Stella non ha mai fatto sesso con una donna, ma ciò non significa che non ci abbia mai pensato. A volte i suoi giochetti di seduzione hanno effetto anche sulle donne. Per quanto il luccichio interessato del suo sguardo sia appena distinguibile, la stuzzica come se avesse suscitato quella stessa reazione in un uomo. Tutti gli sforzi che Stella fa per essere provocante non sono causati dal suo desiderio per qualcuno in particolare, ma dalla voglia di essere desiderata. Quando Maria le sfiora con la punta delle dita l'interno delle cosce, Stella ha una reazione immediata ma non istintiva. Sente la carne pulsare, coperta dalla seta e dal pizzo. Sposta i piedi sul pavimento, attenta a non smagliare le calze. È un movimento impercettibile ma l'addetta lo nota e incrocia il suo sguardo, poi distoglie in fretta gli occhi. Stella si chiede cosa si provi a doversi nascondere in 9


modo che nessuno possa scoprire una caratteristica tanto importante e distintiva. Però, in fondo, lei può comprenderla. Tutti serbano dei segreti, che per la maggior parte riguardano il sesso. Per tutto il resto dell'ispezione Maria non la guarda più, neanche di sfuggita, e continua a recitare in tono incolore le indicazioni e le richieste che ormai Stella conosce a memoria. Invece Stella si accorge di avere la voce roca ogni volta che dà il permesso a Maria di tastare una parte del suo corpo. Al termine della perquisizione si sente accaldata e fremente. Recupera gli effetti personali con gesti impacciati; Maria deve intervenire per aiutarla a prendere l'impermeabile dal contenitore e le porge la borsetta. «Faccia con comodo» le dice con voce impersonale. «Buona serata.» Stella infila le scarpe e si avvia a testa alta con l'impermeabile piegato sul braccio, trascinando il trolley, senza voltarsi a guardare. Fa dei lunghi respiri per recuperare l'equilibrio interiore e va subito in bagno, dove si chiude in un cubicolo e appoggia le spalle alla porta fredda di metallo. Chiude gli occhi e insinua le mani nello spacco del vestito con l'allacciatura incrociata a vestaglia, fa scorrere le dita lungo l'interno delle cosce, sulle calze e sulla pelle, poi preme i polpastrelli sulla clitoride sopra gli slip mentre protende il bacino in avanti. Ha i capezzoli turgidi e si abbandona alla fantasia per qualche istante, pensando alle sensazioni che proverebbe se quella donna le affondasse il viso contro il pube. Immagina le sue belle labbra tumide sul sesso; di sicuro sarebbe diverso dal contatto con la bocca di un uomo, con la pelle ruvida di barba. Stella sorride di quell'attimo di debolezza, poi emerge dal suo nascondiglio e va al lavabo, inumidisce una tovaglietta di carta e se la passa sulla nuca per rinfrescarsi. Scruta il proprio riflesso, gli occhi sottolineati dalla matita nera che spiccano sulla carnagione chiara come le labbra scarlatte. È una rossa naturale e i capelli ramati le 10


arrivano alle spalle. Di solito li porta con le punte girate in su, ma stasera ha la scriminatura da una parte e li ha puntati dietro un orecchio con una barretta lasciandoli sciolti dall'altro lato. È sola in bagno, quindi si concede il tempo di esaminarsi e di rivolgere un sorriso sornione alla donna che la guarda dallo specchio. Non lo fa perché è vanesia, ma per sapere come la vedono gli altri, per assicurarsi di adottare espressioni verosimili, credibili, di modulare il sorriso in modo da trasmettere cordialità, o seduzione, indulgenza o comprensione, e non una pallida imitazione di emozioni che non prova. Non vorrebbe dare l'impressione di avere una paresi facciale... Prima non si preoccupava mai del proprio aspetto, ma da allora è passato tanto tempo e lei era diversa, non le importava del trucco, dei capelli o del rischio di spaventare il prossimo con un sorriso di una fissità maniacale. Sta diventando brava a fingere. Si ritocca il rossetto e si incipria il naso e le guance, sistema il bordo delle calze e aggiusta il seno nelle coppe del push up, apre un po' di più la scollatura del vestito, poi infila l'impermeabile e allaccia la cintura. Quando arriva al cancello d'imbarco, c'è già una lunga fila per salire sull'aereo e Stella attende pazientemente che tutti siano a bordo per occupare un posto rimasto libero. A volte le capita di scoprire che la destinazione non è quella che immaginava, o che l'aereo è pieno e deve aspettare un'altra partenza, ma sa che deve accettare quegli inconvenienti; è il prezzo che si paga per viaggiare gratis. Per fortuna non succede spesso; anche se l'aeroporto di Harrisburg è uno scalo internazionale, è comunque piuttosto piccolo ed è affollato molto di rado. Stasera, per esempio, tutto fila liscio. Stella sta andando ad Atlanta. È fine settembre e ad Atlanta sarà più caldo che nella Pennsylvania centrale. Le va bene così, d'altronde non ha in programma giri turistici e non le importano le condizioni meteo. Metterà il piede fuori dall'aeroporto giusto per 11


recarsi in albergo e ha sempre il suo libro se dovesse andare in bianco... ma non le capita quasi mai. Le piace l'aeroporto di Atlanta. Ci sono due bei bar dove può prendere un caffè, un tè freddo o qualcosa di più forte, se dovesse servire, anche se di solito non beve alcolici. Come ogni aeroporto che ha visitato, ha diversi alberghi nelle vicinanze, raggiungibili con una pratica navetta dal terminal. Stella è registrata a tutte le catene come cliente convenzionata e ha diritto a sconti e prelazioni. Le basta solo una semplice telefonata per trovare una camera. Sta ancora pensando a Maria quando si accomoda su uno sgabello al bancone del bar all'aeroporto di Atlanta e posa il trolley accanto a sé. Trascinarsi sempre dietro il bagaglio a mano è una seccatura, ma le offre anche una facile scappatoia, se necessario. Può sempre dire che sta per partire se ha bisogno di eludere attenzioni maschili indesiderate. A volte ha sfruttato questa scusa, per quanto sussista sempre la possibilità di essere colta sul fatto, se l'uomo da cui cerca di sfuggire dovesse vederla poi in un bar diverso, con un altro. Però, in fondo, che le importa? Non deve niente a nessuno, anche se si lascia offrire un drink, o due... o tre, anche se si sporge un po' troppo verso la preda adocchiata battendo le lunghe ciglia, oppure accavalla sapientemente le gambe per lasciare intravedere promesse voluttuose dallo spacco dell'abito. Questa sera non è la prima volta che ha attirato l'attenzione di una persona del suo stesso sesso. Le donne si guardano in continuazione, si scrutano attentamente con occhi penetranti che trasmettono ammirazione, invidia, disprezzo, superiorità. I trucchi a cui fanno ricorso non servono tanto ad attirare gli uomini quanto a fare colpo sulle proprie simili. Anche se Stella esamina il proprio riflesso per verificare se il volto trasmette quello che vuole esprimere, sa che le basta guardare le altre donne per capire se il suo atteggiamento è altrettanto indicativo. Però c'è una certa differenza tra essere scrutata con oc12


chio critico ed essere guardata con desiderio. Il barlume di attrazione che ha acceso un lampo fuggevole negli occhi di Maria e i suoi modi professionali e distaccati hanno risvegliato una familiare sensazione d'eccitazione e compiacimento in Stella. A volte le piace flirtare, fare la civetta, provocare ma lasciare nell'incertezza i corteggiatori. Altre volte, come stasera, vuole spingere qualcuno a superare il limite che forse non sa neppure di avere. Un uomo si siede accanto a lei. Finisce sempre così. Non cerca neanche di nascondere il suo sguardo di chiaro apprezzamento. È attraente in maniera convenzionale; ha le mascelle squadrate, un buon taglio di capelli con le tempie leggermente brizzolate e delle rughette sottili agli angoli degli occhi. Probabilmente è un imprenditore o un manager; si capisce dal completo impeccabile, con la cravatta e una camicia candida. Ha un bell'orologio di marca, un anello con l'emblema universitario all'anulare della sinistra e ha anche un buon profumo. Non è quello che vuole; in altre circostanze forse andrebbe bene, ma non stasera. Stella si gira di lato dandogli le spalle e si concentra sullo schermo del cellulare. Lui capisce l'antifona, ordina da bere e dedica la propria attenzione alla donna seduta dall'altro lato. Stella origlia mentre lui attacca bottone; in un'altra sera i suoi modi avrebbero funzionato e sarebbe riuscito a rimorchiarla. D'altronde vanno bene quasi tutti. Poi punta finalmente lo sguardo su quello che fa al caso suo. È seduto all'altro capo del bancone e ha una birra davanti a sé. Ha gli occhi puntati sullo schermo sopra il barista; sta guardando lo sport alla televisione. È piuttosto giovane, ha qualche anno meno di lei, i capelli scuri tagliati corti, l'aria perbene. Indossa pantaloni neri come la camicia a maniche lunghe; Stella cerca con lo sguardo e trova subito il collarino rigido bianco che fa capolino dalla tasca dei calzoni. È diventata un'esperta osservatrice, non le sfugge niente. 13


Lo scruta con attenzione e nota la cartella nera acquattata ai suoi piedi come un cane fedele. È il genere di borsa portadocumenti di plastica che danno in omaggio alle conferenze, e infatti reca impresso uno stemma con una colomba circondata dalle parole Conferenza della Chiesa Episcopale. È un episcopale, non un cattolico, quindi non ha fatto voto di castità ma è comunque un sacerdote, il tipo d'uomo che non dovrebbe fare quello che Stella vorrebbe da lui. Uffa... Non si guarda intorno neanche quando gli passano accanto due ragazze dirette in bagno, non le nota neppure quando una delle due lo sfiora con la borsetta. Si sposta leggermente temendo d'intralciare il passaggio tra il bancone e il bagno, perciò non è completamente estraniato dall'ambiente circostante e ipnotizzato dai risultati sportivi, ma è chiaro che è qui solo per mangiare qualcosa e bere una birra, non per rimorchiare. L'indizio rivelatore non è solo il collarino bianco, ma il fatto che stia gustando tranquillamente degli anelli di cipolla fritti... Stella beve l'ultimo sorso di acqua tonica e prende le sue cose, poi va a sedersi accanto a lui, che le lancia una rapida occhiata e le fa un abbozzo di sorriso cortese, che Stella ricambia con la stessa mancanza di calore e d'interesse. Ordina un tè freddo e, quando il barista la serve, si guarda intorno cercando lo zucchero. «Mi scusi.» Gli sorride cordiale ma non troppo, e non lo guarda dritto negli occhi per non intimidirlo. «Mi passerebbe lo zucchero?» Gli indica un contenitore pieno di bustine; ha già notato che sono di dolcificante. Lui lo fa scivolare verso di lei. «Certo» mormora. Stella aggrotta le sopracciglia e stavolta incrocia il suo sguardo poi gli sorride di nuovo, con maggiore intensità. «Non c'è vero zucchero?» Lui non la delude; si guarda intorno poi fa un cenno al 14


barista e gli chiede dello zucchero. Il barista si china sotto il bancone e gli porge una manciata di bustine bianche che si spargono sul bancone. Stella ride e le mette nel contenitore vicino al dolcificante. «Grazie» gli dice. Pensa che possa bastare. L'ha già guardato negli occhi un po' più a lungo di prima, tanto per metterlo leggermente a disagio ma non troppo. Stavolta lui sorride davvero. «Prego.» Stella apre due bustine, versa lo zucchero nel tè, lo mescola poi lecca il cucchiaino dal manico lungo e lo posa sul bordo del piattino. L'uomo distoglie lo sguardo, ma non abbastanza in fretta da non farsi notare. Lei si protende appena verso di lui; è come un balletto in cui bisogna prestare la massima attenzione ai passi. Forse lui conosce la coreografia e forse no, ma Stella sì, ed è molto accorta a dove mette i piedi. «Detesto il sapore chimico del dolcificante.» Fa una smorfia e ostenta un brivido esagerato. «È orribile.» «Sì, capisco.» La guarda ma resta rigido e stringe il bicchiere. Stella ha l'impressione di aver gettato la lenza in acqua; sta facendo dondolare l'esca davanti al pesce, nella speranza che abbocchi, attratto dal luccichio. Abboccherà? «Che tempo, eh?» Appena apre la bocca, Stella esulta mentalmente. Non importa quello che ha detto, conta il fatto che sia stato preso all'amo. Indica lo schermo del televisore. Dopo i risultati delle partite, ci sono le previsioni meteorologiche. C'è un'allerta meteo per un tornado che si è abbattuto sul Midwest e anche in zone della costa orientale degli Stati Uniti in cui simili fenomeni sono rarissimi. Anche se non lo guarda, Stella sa che la sta fissando con la coda dell'occhio. Finge noncuranza e tarda a reagire al suo commento, come se fosse distratta. «Come? Ah, sì. Un tempaccio...» dice infine, corrugando 15


la fronte, vagamente preoccupata. «Spero che non ci siano state ripercussioni gravi.» «Ci sono stati dei morti, purtroppo» dice lui con sincero rammarico. «E non oso pensare ai costi del disastro, con tutte quelle case distrutte...» Stella si gira impercettibilmente verso di lui. «Già, terribile... Le è mai capitato di trovarsi in mezzo a un tornado?» La domanda l'ha preso alla sprovvista; d'altronde Stella l'ha fatta di proposito. Scuote la testa e si piega verso di lei. «No, e a lei?» Stella fa un cenno di diniego. «No, e spero che non mi capiti mai. Con la sfortuna che ho, finirei nel mondo di Oz con la mia casa che schiaccerebbe la perfida strega dell'Est, come Dorothy.» La sua battuta lo fa ridere. Ha dei bei denti bianchi e regolari. Socchiude le palpebre e gli si formano delle rughe agli angoli degli occhi da cui Stella deduce che è più maturo di quanto le era parso a un primo sguardo. Ora la fissa veramente, con un luccichio riluttante ma carico di tentazioni nelle iridi, che le suscita un fremito d'eccitazione. «Piacere, Glenn» si presenta porgendole la mano. Lei gliela stringe brevemente, con educazione e riserbo. «Maria. Devo chiamarla padre Glenn?» Lui rimane sorpreso per un istante. Le lascia la mano e si tocca la gola. Poi si palpa la tasca. «No, non è necessario.» Lei inclina il capo di lato e sorride più a lungo del dovuto. «Ma vorrebbe che lo facessi?» insiste suadente. Per una frazione di secondo teme di averlo giudicato male, ma poi... «No, può chiamarmi solo Glenn. Anzi, possiamo darci del tu... Maria?» Lei acconsente con un cenno regale del capo. Poi c'è una parentesi di chiacchiere futili. Si parla ancora del tempo, di sport, e Glenn è sbalordito dal fatto che lei ne sappia abbastanza da sostenere una conversazione intelligente 16


sul campionato di football. Tutti gli uomini se ne stupiscono, e questo a volte la diverte e altre volte la infastidisce. Parlano anche di musica, dei concerti a cui hanno assistito, e scoprono di avere dei gusti in comune. A Glenn piacciono alcune delle sue canzoni preferite. In capo a un'ora, lui si fa sempre più vicino mentre parla. Le offre un anello di cipolla e ride quando Stella rifiuta inorridita. Ordinano una porzione di mozzarelline fritte da dividersi e Glenn paga anche il suo conto. Non fanno più alcun accenno al collarino bianco o al fatto che se lo sia tolto. Stella si aspetta che da un momento all'altro lui le dica che deve andare. Dopotutto sono in aeroporto. Ma poi Glenn le spiega che il suo volo ha subito un ritardo proprio per colpa dei tornado; Stella gli dice che anche il suo volo partirà in ritardo per colpa delle condizioni meteorologiche. Le ha offerto la bugia su un piatto d'argento. C'è un istante decisivo in cui si rende conto che potrebbe cambiare tutto. Potrebbe ringraziarlo per averle offerto il tè e le mozzarelline, poi alzarsi e andarsene, lasciandolo ai segreti che già ha invece di causargliene un altro. La sua coscienza le impone di augurargli buonanotte e Stella l'ascolta, ma anche Glenn si alza e le chiede dove alloggia. L'occasione di comportarsi bene è passata; chi può dire cosa sia giusto e cosa sia sbagliato? Glenn è maggiorenne e lei non lo sta certo costringendo a fare nulla. Gli ha semplicemente offerto una tentazione; lui non deve coglierla per forza. Però mentre prende la borsetta e Glenn l'aiuta a mettersi l'impermeabile, Stella sa che l'ha già afferrata al volo. «Io sono al Marriott» la informa, quando lei non risponde. «Anch'io.» Stella si scusa e va al bagno, dove si affretta a prenotare una stanza nello stesso albergo. Quando arrivano alla reception, Stella prende la chiave mentre Glenn esamina i quadri anonimi che ritraggono 17


fiori e cavalli con l'intensità che meriterebbero le opere esposte al Louvre. Al telefono, Stella ha chiesto una camera al pianterreno per evitare le lungaggini di dover prendere l'ascensore o salire le scale; un brevissimo tragitto lungo un corridoio che odora di disinfettante non lascia il tempo ai dubbi e ai ripensamenti. Glenn l'accompagna alla porta e lei si gira a salutarlo con un sorriso. «Buonanotte e grazie di tutto.» «Prego.» È Stella la prima a porgere la mano. La stretta è lunga e lenta; palmo contro palmo, le dita si sfiorano e si agganciano. Stella lo attira delicatamente a sé... un passo avanti, poi un altro. Ora sono divisi dallo spazio di un respiro; con quelle scarpe alte, le basta inclinare il capo e offrirgli le labbra, fargli credere che sia lei a tirarlo, e invece è lui ad avanzare. Però non lo bacia; sa quanto sia importante che sia lui a prendere l'iniziativa. È Glenn a baciarla e anche a staccarsi per primo mentre Stella ha gli occhi chiusi ma non riesce a trattenere un sorriso. Senza sollevare le palpebre, si appoggia alla porta e infila la mano di Glenn, ancora stretta alla sua, all'interno del vestito per fargli sfiorare la pelle e il pizzo dell'intimo. Lui la bacia di nuovo, stavolta con maggiore ardore. È bravo a baciare; intreccia la lingua alla sua e fa scivolare la mano libera lungo il corpo di Stella, sul seno e sul collo fino a posarla sulla nuca. Stella si protende verso di lui. È questo che le piace, a cui anela, è ciò di cui va a caccia: essere desiderata così tanto che l'uomo non pensi più a niente e sia disposto a fare qualsiasi cosa, a infilarle un dito dentro, magari addirittura a possederla contro la porta, in corridoio, con il rischio di essere visti, perché non gli interessa altro che penetrarla. «Entriamo» le sussurra Glenn con le labbra sulle sue. Stella infila la chiave nella serratura senza girarsi, apre 18


la porta ed entrano restando vicini. Appena Stella chiude l'uscio si dirigono senza indugio verso il letto. Glenn ha ancora la mano sul suo sesso e la bocca incollata a quella di Stella; la sua presa ferma dietro il collo le impedisce di cadere. È lui a staccarsi per primo; poggia la fronte contro quella di Stella, tenendo gli occhi chiusi. Si umetta le labbra e stavolta è lei a racchiudergli la nuca nel palmo, provocandogli un brivido. Non gli tiene più la mano tra le gambe ma Glenn non l'ha spostata e distende le dita infilandole sotto il bordo di pizzo degli slip. È già bagnata; d'altronde è eccitata da ore. Sente i polpastrelli di Glenn scivolare sulla sua carne e sfiorarle la clitoride. Non tenta di soffocare il gemito roco che le sfugge dalle labbra; vuole fargli percepire con la voce il desiderio che Glenn sente accarezzandola. Non vuole trattenersi, perché è proprio questo ciò che desidera veramente, ciò di cui ha bisogno, questo improvviso legame spoglio, privo di tutto, quasi disperato, tra due persone che sanno l'una dell'altra solo il nome di battesimo, ma si conoscono più intimamente attraverso il gusto dei loro baci. Glenn sa di fervore appassionato e di sensi di colpa. Stella si chiede se abbia lo stesso sapore o se il suo sia più amaro, venato di segreti e dolore. Ha voglia di divorarlo e di farsi sbranare a sua volta, perciò apre la bocca e invita la lingua di Glenn a insinuarsi tra le sue labbra. Non dovrebbe sorprendersi quando Glenn si inginocchia davanti a lei mormorando delle parole indistinte, come se stesse recitando una preghiera fra sé e sé. Però è così sconcertata da quel gesto che forse indietreggerebbe se non avesse il letto proprio dietro di sé. Non può muoversi e, anche se potesse, lui sposta le mani mettendogliele dietro le cosce per bloccarla. Non solleva lo sguardo verso il volto di Stella quando slega la cintura dell'allacciatura a 19


vestaglia che chiude il vestito e ne scosta i lembi, scoprendo il reggiseno push up di pizzo celeste abbinato agli slip e al reggicalze di cui va tanto fiera, perché adora portare le calze. Ora non le importa più di nulla, né dei capelli e del trucco, né delle scarpe e della biancheria intima. Quando si espone allo sguardo di un uomo per la prima volta, e per lei ci sono sempre e solo prime volte che sono anche le ultime, non vuole pensare al seno, al sesso, alle natiche. Vorrebbe coprirsi con le mani, consumare l'amplesso al buio in modo da fare svanire il corpo e lasciare il posto solo a calore, fragranze, contatto, sensazioni in cui dissolversi e sparire... per non fare vedere le cicatrici. Ormai Stella ha capito che agli uomini non interessano le cicatrici; quando riescono ad averla nuda davanti a loro, hanno il pene eretto e la bocca avida. Di lei vedono solo curve voluttuose, carne da possedere e nient'altro. Stella lo sa, ed è per questo che resiste all'impulso di coprirsi e si offre nuda alla luce pur preferendo il buio; sente di meritare le occhiate con cui la scrutano e, per quanto sia frutto di un ragionamento contorto e morboso, le piace provare il tormento che le provocano, anela a quella sottile e perversa agonia. Glenn le bacia il sesso sopra il pizzo degli slip, ha un fremito e solleva le mani per allargare le dita sulle natiche di Stella e avvicinarla ancora di più, poi sposta una mano davanti per scostare l'orlo degli slip in modo che la lingua possa raggiungere la clitoride. È bravo, pensa Stella; è così bravo che gli tuffa le dita tra i capelli con un gesto istintivo e muove il bacino verso la sua bocca prima ancora di rendersi conto di cosa stia facendo, mentre lui le succhia delicatamente la carne tumida. Poi Glenn alza lo sguardo verso il suo viso; ha la bocca lucida, bagnata, gli occhi scintillanti di desiderio, l'esatta sfumatura che Stella vuole vedere nel suo sguardo, venato 20


dei sensi di colpa che ha già percepito nei suoi baci. Deglutisce, poi sussurra: «Maria, io...». «Ssh.» Stella fa scivolare la mano dalla testa alla guancia di Glenn. «Stai tranquillo, non lo saprà mai nessuno.» Tranne Dio, pensa, ma non lo dice. Non crede in Dio e la fede di Glenn non la riguarda, è una faccenda tra lui e il suo Creatore. Glenn è scosso da un violento brivido e le poggia la guancia contro la coscia, conficcandole con forza le dita dell'altra mano nella natica. Il suo respiro caldo le accarezza la carne, Stella sente i denti che premono sulla pelle e si prepara alla fitta di dolore del morso. È alquanto delusa quando Glenn non la morde. Stella ha imparato il trucchetto di mettere gli slip sopra i ganci del reggicalze in modo da poterli sfilare senza togliersi le calze. Oltre a essere più sexy, permette di fare sesso in posti in cui si rischia di essere visti ed è più prudente non spogliarsi più dello stretto necessario. Glenn fa scivolare gli slip lungo le cosce. Stella solleva un piede e poi l'altro per toglierli e lui accompagna il suo movimento facendola sedere sul bordo del letto. Restando in ginocchio, scosta con le dita le pieghe del suo sesso e riprende a leccarle la clitoride. Stella sente di nuovo i denti; anche se non la morde, la pressione è sufficiente per farla sobbalzare. Allarga le gambe e ne poggia una sulla spalla di Glenn. Muove i fianchi e si morde il labbro per soffocare i gemiti ma non trattiene un grido quando lui le infila un dito dentro. Si copre gli occhi con una mano e si abbandona al piacere che si accumula, si accumula, come una molla pronta a scattare. Tutto il mondo si restringe e si concentra nella bocca abile di Glenn e nelle sue dita esperte che la provocano, senza assecondare la frenesia di Stella che si contorce sotto di lui. È sempre più vicina all'orgasmo ma lui continua a fermarsi e a rallentare per mantenerla sull'orlo del precipizio 21


in un delirio ebbro, fremente, finché Stella non sussurra con voce strozzata: «Oh, ti prego... Ti prego...». Anche se è accecata dall'eccitazione, l'udito non è ottenebrato dal desiderio, e sente perfettamente il trasalimento improvviso di Glenn prima che ceda infine alle sue suppliche e cominci a muovere la mano e la lingua a un ritmo più incalzante. Stella sente il piacere che esplode in un orgasmo violento, brutale, che la squassa lasciandola ansante e languida, con puntini di luce che le danzano davanti agli occhi. Ancora completamente vestito, Glenn si siede sul letto senza parlare e senza toccarla. Stella riprende fiato e solleva il busto puntellandosi sui gomiti per guardarlo. A testa china e spalle leggermente curve, Glenn bisbiglia: «Ero sposato, ma abbiamo divorziato e con il mio lavoro è difficile trovare qualcuna che... È quasi impossibile frequentare una donna... Mi dispiace». Stella voleva vederlo riluttante, non pieno di rimorsi. «A me no, perciò non hai motivo di scusarti.» Glenn alza infine lo sguardo su di lei e le sorride debolmente ma con sincerità. «Ti offenderesti se ti ringraziassi?» Stella fa una risatina e scuote la testa. «No, certo. Anzi, dovrei essere io a ringraziare te.» Gli mette una mano sulla coscia e lo sente irrigidirsi. Fa scivolare le dita leggermente verso l'alto ma lui la ferma coprendole la mano con la propria e Stella non oppone resistenza. «Posso ricambiare il favore» gli sussurra, pregustando già la sensazione del suo pene. Ma Glenn fa un cenno di diniego. «Mi è bastato.» «Ma...» Lievemente imbarazzato, le dice: «È passato tanto tempo e tu... sei molto sexy». Fa scorrere lo sguardo sul corpo di Stella così lentamente e avidamente che quando arriva al suo volto, Stella ha 22


le gote rosse. Vorrebbe coprirsi, invece lo ringrazia. Glenn si sporge verso di lei per baciarla e Stella gli prende il viso tra le mani per prolungare il bacio, poi lo stringe forte. Lui le accarezza la schiena con tenerezza prima di staccarsi. Non le fa capire che vorrebbe restare; meglio così, perché le risparmia di dover cercare il modo di chiedergli di andarsene. Dopo che è uscito, Stella va a fare la doccia e solleva il viso verso il getto d'acqua, apre la bocca per liberarsi del sapore di Glenn. Prima o poi uno degli estranei che seduce le chiederà qualcosa a proposito delle cicatrici e forse, prima o poi, lei gli racconterà la sua storia.

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