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Brenda Novak

DEBITO DI SANGUE


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Perfect Murder Mira Books © 2009 Brenda Novak Traduzione di Alessandra De Angelis Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Nuovi Bestsellers Special gennaio 2011 Questo volume è stato impresso nel dicembre 2010 presso la Rotolito Lombarda - Milano I NUOVI BESTSELLERS SPECIAL ISSN 1124 - 3538 Periodico mensile n. 112S del 22/1/2011 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 369 del 25/6/1994 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


Prologo Di tutti gli uomini che uccidevano le mogli non ce n'era uno che avesse idea di come riuscirci senza finire dietro le sbarre! Quei cretini non sapevano proprio come escogitare il delitto perfetto, pensò Malcolm Turner scuotendo la testa, irritato da tanta inettitudine. Sullo schermo del televisore che aveva in camera stavano scorrendo i titoli di coda del programma che illustrava casi autentici di crimini che avevano fatto scalpore. Nella puntata appena terminata era stata raccontata la storia di un infermiere che aveva assassinato quella bionda decerebrata e chiacchierona di sua moglie. Secondo Malcolm, la donna si era senz'altro meritata quella fine; era davvero una stronza. Ma chi è l'idiota che va in giro parlando a vanvera delle proprietà della succinilcolina proprio prima di usarla per provocare un decesso? «Imbecille» borbottò Malcolm, guardando sua moglie che dormiva a letto accanto a lui prima di puntare il telecomando come un'arma contro il televisore e spegnerlo. L'avrebbe uccisa, si disse, deciso. Avrebbe fatto fuori sua moglie e il figlio adolescente di lei, e nessu5


no lo avrebbe sospettato di niente. Tutti avrebbero creduto esattamente ciò che lui voleva far credere, perchÊ sapeva quello che faceva. Ci mancherebbe altro, pensò con orgoglio. Da quindici anni era nella polizia...

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1 Mary era proprio bella. Era migliorata dai tempi delle superiori. Le curve si erano riempite, il viso era diventato più signorile e il sorriso più intenso. Ma Malcolm si era accorto che era stanca. Il divorzio l'aveva sfinita; inoltre i suoi due figli la impegnavano molto. Malcolm si abbassò quando sentì il rumore di un motore. Un'auto stava passando in strada. Per fortuna lui era coperto da un grande pioppo e, a giudicare dal volume della musica che usciva dai finestrini abbassati, probabilmente il conducente era un ragazzo distratto e disinteressato al mondo circostante, com'era anche lui a quell'età. Non lo avrebbe mai notato, Malcolm ne era sicuro. Comunque non poteva correre il rischio che qualcuno lo vedesse sbirciare all'interno della casa di Mary dalla finestra. La vettura passò senza rallentare; il ritmo del basso era come una successione di tonfi sordi e regolari che risuonavano dagli altoparlanti. Poi il frastuono si affievolì in lontananza e il quartiere addormentato tornò silenzioso. Era l'ora preferita di Malcolm per spiare Mary, anche se a volte veniva a sorvegliarla anche di giorno, quando tornava a casa dal lavoro. Ora che era disoccupato gli era difficile trovare qualcosa da fare per ingannare le giornate. La sua 7


nuova vita non si era rivelata neanche lontanamente simile a come l'aveva immaginata quando aveva deciso di voltare pagina e ricominciare daccapo. Sentiva la mancanza di tutte le persone che conosceva prima; avrebbe voluto mettersi in contatto con qualcuno dei vecchi amici, ma tutti pensavano che fosse morto e Malcolm voleva che continuassero a crederlo. Forse era per questo motivo che, dopo tanti anni, aveva cercato di rintracciare la sua vecchia fiamma del liceo e l'aveva trovata in California. L'impulso di contattarla non avrebbe avuto senso, altrimenti. D'altronde per vent'anni aveva continuato a vivere tranquillamente anche senza di lei. Si era sposato due volte; il primo matrimonio era finito con un divorzio, e il secondo... Preferiva evitare di pensare a quello che aveva fatto alla sua seconda moglie. Non si era pentito di averla uccisa, insieme al figlio di lei. Meritavano di morire. Ma dopo aver rubato tutti i risparmi di sua moglie, che aveva messo da parte una sostanziosa liquidazione riscossa dall'assicurazione per un incidente, Malcolm aveva lasciato il New Jersey e aveva scialacquato quasi tutto il gruzzolo. Da allora era costretto ad abitare in fetidi casolari presi in affitto e ad accontentarsi degli impieghi che riusciva a trovare presso ditte di sorveglianza di bassa lega, che lo pagavano il salario minimo sindacale per fare il metronotte o il custode. Era ancora arrabbiato al ricordo dell'ultimo lavoro che aveva avuto. Non era lo stipendio misero che lo aveva infastidito, quanto la mancanza di rispetto. Insopportabile, specialmente per uno che era stato un vero poliziotto. Malcolm portava ancora il distintivo sempre con sÊ. Si spostò di soppiatto sotto la finestra accanto per poter avere una visuale migliore di Mary che era al 8


computer. Con ogni probabilità stava controllando la posta elettronica perché aspettava sue notizie. Sostenendo di averla conosciuta superficialmente, Malcolm l'aveva contattata tramite il suo sito Web. Mary creava gioielli e li vendeva su Internet. Malcolm era riuscito ad avviare una corrispondenza via mail con lei e poi a entrare in chat. Ma nascondersi dietro uno pseudonimo e lo schermo di un computer non gli bastava più, non quella sera... Era irrequieto, annoiato... Dopo aver passato qualche minuto alla tastiera, Mary si alzò e cominciò a spegnere le luci in giro per casa. Con i figli a scuola e il lavoro all'ospedale, era assolutamente prevedibile. Malcolm sapeva a che ora sarebbe andata in camera, avrebbe abbassato le serrande e lo spettacolo sarebbe finito. A meno che non avesse dimenticato le serrande alzate. Erano mesi che Malcolm la sorvegliava, e le era capitato solo una volta, però lui ci sperava sempre. Si avvicinò con circospezione all'altro lato della casa, si acquattò tra i cespugli e aspettò che Mary entrasse in camera. Lei non lo fece attendere. Varcò la soglia, accese la TV, mise a posto dei vestiti che erano piegati su una sedia, poi si avvicinò alla finestra. Erano a pochi centimetri di distanza; erano così vicini che Malcolm poté notare il mascara sbavato, segno che si era strofinata gli occhi sovrappensiero. Poi la tapparella si abbassò. Merda. Malcolm incurvò le spalle. E ora? Forse poteva andare ad ammazzare il tempo al casinò. No, aveva bisogno di un passatempo più eccitante e adrenalinico, di una sferzata di energia, uno sfogo che gli ricordasse il potere che aveva un tempo. Si trastullò con l'idea di introdursi di soppiatto in casa sua, per esplorare le stanze vuote, toccare le sue 9


cose, magari rubare un paio di mutandine o addirittura guardarla mentre dormiva. La tentazione di intrufolarsi nella sua camera era sempre più forte. Ultimamente Malcolm ci pensava spesso. Però aveva paura di essere colto sul fatto e compromettere la possibilità di avere un vero rapporto con lei una volta che si fosse fidato abbastanza di Mary da rivelarle la sua vera identità. Aveva fatto troppi progressi per rischiare di rovinare tutto per colpa della sua impazienza. Doveva andarsene, non c'era altro da fare. Però questo non significava che la sua serata fosse finita lì. Nel suo furgoncino aveva ancora la luce lampeggiante azzurra della polizia. Avrebbe potuto metterla sul tetto della vettura e giocare al poliziotto in borghese con qualche passeggiatrice per spaventarla e assicurarsi dei favori sessuali gratis. Non avrebbe concluso la nottata nel letto di Mary, ma avrebbe comunque potuto procurarsi un po' di eccitazione... Tre settimane dopo... Jane Burke sapeva riconoscere al volo un'opportunità con i fiocchi quando le si presentava davanti. Da quando lavorava a Insieme aspettava l'occasione giusta, sperando che arrivasse prima o poi il caso che le avrebbe permesso di dimostrare quanto valeva. Era sicura che quel momento fosse arrivato: la sua cliente ideale aveva appena varcato la soglia. «Mi hanno detto che lei avrebbe potuto aiutarmi» esordì la ragazza di colore, bassina e molto in carne, ferma sulla porta dell'ufficio di Jane. Si asciugò gli occhi velati di lacrime e Jane le fece cenno di avvicinarsi, poi le porse una scatola di fazzoletti di carta che teneva sempre a portata di mano per ogni evenienza. 10


«Farò del mio meglio» le promise. «Ma prima ho bisogno di sapere qualcosa di più sul motivo che l'ha condotta qui.» La ragazza era obesa, per cui era difficile indovinare la sua età, ma Jane pensò che dovesse avere ventiquattro o venticinque anni. Gerald, il volontario che aveva annunciato a Jane il suo arrivo, le aveva solo detto che due sue sorelle erano scomparse. Jane non sapeva se la notizia fosse passata al telegiornale, ma non era strano. Ultimamente era stata tanto impegnata che non aveva neanche acceso il televisore. «Come si chiama?» La donna prese un fazzoletto e si soffiò il naso. «Gloria Rickman.» «Io sono Jane Burke. Posso darti del tu, Gloria?» La ragazza annuì. «Accomodati pure» la invitò Jane. «Così parliamo un po'.» Non le capitava spesso che qualcuno sedesse davanti a lei dall'altro lato della scrivania. Era ancora una tirocinante, il che significava che nei sei mesi in cui aveva lavorato lì aveva passato il tempo a fare noiose ricerche. Aveva trascorso interminabili giornate immersa fino al collo nella burocrazia o in giro in tribunale e nei vari uffici per conto delle tre socie che avevano aperto quel centro di assistenza alle vittime di maltrattamenti e abusi. Tuttavia Jane aveva la sensazione che il corso di diritto penale che aveva frequentato e tutto quello che aveva imparato in quei mesi di praticantato stessero per dare i loro frutti. Sheridan Granger era in maternità, e Skye Willis e Ava Trussell erano in Sudamerica, impegnate in uno dei rari incarichi a pagamento che avevano accettato: 11


cercare di rintracciare un uomo che aveva sottratto il figlio alla sua ex moglie. Perciò Jane era rimasta a capo dell'ufficio, essendo l'unica impiegata a tempo pieno. Gli altri volontari non facevano altro che sbrigare la corrispondenza o occuparsi della raccolta fondi. Insomma, era il momento perfetto per affrontare il suo primo caso. Jane prese un blocchetto e una penna. «Ora raccontami come mai sei così sconvolta.» La sedia di legno scricchiolò sotto il peso della ragazza quando si accomodò davanti a Jane. Il sedile era troppo stretto per contenere il suo voluminoso fondoschiena, ma Jane non vi fece caso. Anche lei, un tempo, aveva avuto parecchio grasso in eccesso, anche se non quanto la sua cliente. Grazie all'incoraggiamento di Skye che le aveva fatto cambiare vita, la psicoterapia, l'esercizio fisico quotidiano in palestra e un corso di autodifesa l'avevano resa molto diversa dalla donna in sovrappeso, depressa e forte fumatrice che era quattro anni prima. Ora Jane correva un'ora al giorno, pesava cinquanta chili e non si avvelenava più i polmoni con la nicotina. Del suo terribile passato le era rimasta solo la voce roca da ex fumatrice, oltre alle cicatrici nel corpo e nell'anima. Quelle non sarebbero mai sparite del tutto, specialmente quelle invisibili. «Sono venuta per le mie due sorelle. Sono scomparse tre settimane fa» esordì Gloria. «Tre settimane fa?» ripeté Jane, sbalordita. Con gli occhi lucidi, Gloria annuì. «Da sabato» precisò. Era lunedì mattina, pensò Jane. Il che significava un altro giorno in più, quasi due. «Non ne ho saputo niente. La notizia è stata resa pubblica?» 12


«Ci sono stati degli articoli sul giornale. Ho sporto denuncia alla polizia lo stesso giorno in cui sono scomparse, ma il detective che si occupa del caso non ha ancora scoperto niente. Si è impegnato parecchio, ma nessuno ha idea di dove possano essere le mie sorelle e io... ho tanta paura!» singhiozzò Gloria. Si soffiò il naso e riprese: «Ecco perché sono venuta qui. Voglio fare qualcosa, non posso restare seduta ad aspettare. Le mie sorelle hanno solo me al mondo!». «E i vostri genitori?» «Io e le mie sorelle abbiamo tutte padri diversi, ma nessuno dei tre è un granché. Nostra madre frequentava brutta gente, non so se mi sono spiegata. È morta di overdose quando avevo ventitré anni. Essendo la maggiore vivevo già da sola, per cui ho portato le mie sorelle a vivere con me quando è successo.» Jane annuì. Poteva capire perfettamente cosa si provasse a essere allevati da familiari, per quanto stretti, invece che dai propri genitori in una famiglia normale. I suoi erano morti in un incidente stradale quando lei aveva sei anni, lasciandola alle cure di un'anziana zia zitella, che ora era morta anche lei. «Dove vivi?» «In un bilocale in Marconi Avenue. Mi sono trasferita lì quando le mie sorelle sono venute a stare con me. È un appartamento di piccole dimensioni, ma ci basta. Non voglio traslocare di nuovo e sballottare le mie sorelle da una parte all'altra come faceva mia madre con me.» «Sei stata brava a offrire loro una certa stabilità» le disse Jane. «Da quanto tempo ti occupi di loro?» «Ormai sono circa tre anni. Le mie sorelle hanno diciotto e diciassette anni. Si sono diplomate entrambe a giugno. Latisha, la minore, andava un anno avanti perché è molto intelligente. Si è diplomata con la lode 13


e ha vinto una borsa di studio per la Statale di Sacramento.» Jane rifletté. Il fatto che le sorelle fossero già grandi spiegava in parte il motivo per cui la loro scomparsa non aveva avuto grande risalto sui mezzi di comunicazione, oltre al fatto che non c'erano elementi di rilievo su cui basare le indagini. «Avevate litigato prima della loro scomparsa? Le avevi punite, o era successo qualcosa per cui potevano essere tanto arrabbiate da voler andare via di casa?» «Io e loro litighiamo in continuazione, se è per questo» rispose Gloria scrollando le spalle. «Ma non sono scappate, ne sono sicura. Non sono mai andate via prima d'ora. Sanno che sono severa con loro perché vorrei che avessero qualcosa di più dalla vita di nostra madre e diventassero migliori di lei. Voglio che vadano all'università, mentre loro intendono lasciare gli studi per mettersi a lavorare e aiutarmi a tirare avanti. È difficile mantenere me e loro lavorando come commessa in un piccolo supermercato. Faccio anche gli straordinari, ma devo pagare le tasse scolastiche di Marcie, le bollette, l'affitto... È dura, molto dura. Però non mi lamento, ne vale la pena, perché so che loro avranno una vita migliore della mia se mi impegno per aiutarle. Non posso perderle!» Ora le lacrime scorrevano copiose sul viso di Gloria. «Ne abbiamo passate troppe. Non può finire così.» Jane cominciava a sentire le sottili dita gelide del panico che le stringevano il cuore. Temeva di essersi imbarcata in un'impresa troppo complessa per le sue forze. Si rimproverò per aver desiderato ardentemente un caso tutto suo. Aveva tormentato Skye affinché le affidasse qualche caso, e Skye continuava a ripeterle che non era ancora pronta. Però, senza il suo aiuto, Gloria avrebbe dovuto attendere il ritorno di Skye e 14


Ava. Jane non sapeva come stessero andando le cose in Sudamerica; avrebbero potuto risolvere la questione in una settimana o dieci giorni, ma forse ci sarebbe voluto anche di più. Con l'attuale crisi economica, le donazioni si erano ridotte notevolmente e un incarico a pagamento significava risollevare le magre finanze dell'associazione. Dovevano portarlo a termine se volevano evitare di chiudere i battenti. Questo era l'unico motivo per cui il marito di Skye le aveva permesso di andare tanto lontano. Era stato lui a insistere affinché Ava l'accompagnasse, perché lui non poteva assentarsi dal lavoro. Skye e Ava sarebbero tornate solo quando la donna che le aveva assunte avrebbe riavuto suo figlio. Quanto a Sheridan, l'altra socia, sarebbe stata a casa in maternità almeno per tre o quattro mesi. «Hai sentito i loro amici?» chiese Jane a Gloria. «Avete parenti in zona?» «Ho parlato con tutti quelli che le conoscono. Sono rimasta giorno e notte attaccata al telefono. Nessuno sa niente.» «Quand'è l'ultima volta in cui le hai viste?» «Lo stesso sabato in cui sono sparite. Latisha dormiva e io ho chiesto a Marcie di accompagnarmi al lavoro. Latisha doveva andare a lavorare a mezzogiorno e Marcie alle tre. Latisha serve ai tavoli in un ristorante e Marcie fa la cameriera al Marriott. Comunque Latisha non si è mai presentata al ristorante. Io non lo sapevo perché nessuno mi ha chiamato. Invece, quando Marcie non ha preso servizio, l'albergo mi ha chiamato per avere sue notizie. Ho provato a chiamarla al suo cellulare, ma era spento.» «Quindi, secondo te, sono scomparse da casa tua?» «No, non credo. Appena ho potuto lasciare il supermercato, sono tornata a casa in autobus e ho trovato tutto in ordine. La porta era chiusa a chiave. Ma la 15


macchina non c'era più. Abbiamo un'Honda Civic.» Jane prese nota. «È possibile che le tue sorelle si droghino?» «Oh, no, no!» esclamò Gloria in tono enfatico. «Le tengo sotto stretto controllo. Non glielo permetterei mai dopo che nostra madre si è uccisa con quella roba. Con tutti i sacrifici che ho fatto per crescerle bene, non oserebbero mai darmi un simile dispiacere. Sanno che andrei su tutte le furie.» Jane annuì. «Hai idea di dove possano essere andate?» Gloria scosse la testa. «Non hanno abbastanza soldi per la benzina per andare lontano. Dobbiamo tirare la cinghia per arrivare a fine mese. Prendiamo quasi sempre l'autobus. Ma forse Marcie ha preso una ciambella, di quelle che le piacciono tanto, perché l'auto è stata ritrovata vicino alla sua pasticceria preferita.» Jane riassunse mentalmente la situazione, cercando di capire cosa potesse essere successo. «In che condizioni era l'auto? Aveva una gomma a terra, un guasto, era senza benzina?» «No, no, era parcheggiata nei pressi della pasticceria. L'ha trovata la polizia, ma non aveva problemi.» «Dentro c'era qualcosa che potesse dare indicazioni sui posti in cui erano state le tue sorelle quella mattina? Che so, scontrini, sacchetti di un supermercato, un bicchiere di carta di Starbucks o cose del genere...» «No, solo le cose che loro lasciano sempre in macchina. Sa come sono i ragazzi, dimenticano libri, felpe, ombrelli dappertutto... Anche se io continuo a raccomandarmi di riprendere tutto quando scendono, perché c'è sempre qualcuno che può sfondare il vetro per rubare quello che c'è dentro, e il vetro costa molto più di una felpa!» Jane pensò che Gloria non aveva neanche trent'anni 16


ma si comportava quasi come se fosse sua coetanea. Anche a quarantasei anni, Jane avrebbe avuto delle difficoltà a vivere con tante responsabilità sulle spalle fin da ragazzina, per cui immaginava come potesse sentirsi angosciata Gloria. «E i cellulari? La polizia ha controllato le chiamate per vedere se le tue sorelle hanno fatto delle telefonate di recente?» «I cellulari erano entrambi in macchina.» Gloria si passò una mano sugli occhi e soffocò un singhiozzo disperato. «Anche per questo sono sicura che non siano scappate. Non avrebbero mai lasciato il cellulare. Anche se dobbiamo fare economia, preferirebbero digiunare che risparmiare sul telefonino.» Jane cercò di mantenere l'espressione neutra per non lasciar trapelare la sua ansia. «Dove sono i telefoni? Dobbiamo controllare le chiamate effettuate e ricevute. Magari conoscevano qualcuno di cui tu non sapevi nulla. Forse quella persona le ha viste di recente.» «La polizia ha trattenuto i cellulari. Il detective sta indagando sulle chiamate.» «Chi è?» «Un bianco, un certo Willis. Molto bello, per quel che ricordo.» «Willis, eh?» «Sì.» Jane sospirò. Willis era il marito di Skye, per cui lei non avrebbe potuto nascondere alle sue superiori il fatto che si era occupata di un caso in loro assenza. Non sarebbero state contente di sapere che non le aveva aspettate e aveva preso un'iniziativa senza il loro permesso. Tuttavia, avere la collaborazione di David Willis le sarebbe stato d'aiuto, perché il marito di Skye aveva 17


sempre sostenuto e incoraggiato l'operato di Insieme. Non tutto il corpo di polizia era solidale con il loro centro di assistenza, perché dava l'impressione alla comunità che la polizia non fosse efficace nell'occuparsi dei reati di violenza contro le donne. Spesso gli agenti erano ostili e ostacolavano le loro indagini, che secondo loro erano appannaggio esclusivo dei detective. Jane sapeva di non essere una poliziotta e di non avere neanche l'esperienza per essere all'altezza di Skye, Ava o Sheridan. Ma in quei sei mesi aveva imparato che con la forza, la determinazione e l'impegno si poteva sopperire alle proprie carenze. «E cosa dice il detective Willis?» chiese a Gloria, tornando a concentrarsi sul caso. «Ho sentito che si è occupato dei casi di omicidio del fiume American qualche anno fa.» Gloria si asciugò le lacrime, poi fissò Jane con un'espressione angosciata. «Pensa che possano essere collegati?» Jane la guardò allibita sentendo nominare quei casi. Non erano collegati alla scomparsa delle due ragazzine, pensò; non era possibile. Jane ne era sicura perché conosceva il colpevole. A quell'epoca viveva con lui, che ora non era più in vita. Oliver Burke era morto, ma il ricordo di ciò che aveva fatto quando erano marito e moglie la faceva ancora rabbrividire. Era bravo a dividere la sua vita alla luce del sole dal lato oscuro della sua mente e delle sue azioni, così bravo a recitare il ruolo dell'uomo qualunque, per non essere sospettato, da aver ingannato tutti fino alla fine, anche lei. Era proprio questa la sua marcia in più, il motivo per cui era diventata una collaboratrice di Insieme. Poteva dare un contributo prezioso che nessuno avrebbe potuto offrire. Lei sapeva come ragionava uno psico18


patico, come si comportava, quanto potesse essere furbo, subdolo e manipolatore. Non solo aveva trascorso dieci anni della sua vita con Oliver, ma aveva avuto una figlia da lui... e c'era mancato poco che Oliver non uccidesse anche lei. «Telefonerò al detective Willis» disse a Gloria. «Lo conosco bene, è un amico.» La sedia scricchiolò quando Gloria sistemò meglio la sua mole contro lo schienale. «Spero che non siano morte... Non saprei proprio cosa fare senza di loro! Non penserà che siano morte, vero?» Jane avrebbe voluto rassicurare Gloria, ma Latisha e Marcie erano scomparse da tre settimane senza lasciare traccia. Avevano abbandonato l'auto e i cellulari, per cui Jane non se la sentiva di escludere che non fossero state uccise e abbandonate nei boschi. L'unico aspetto positivo della faccenda era il fatto che erano scomparse insieme; c'erano più possibilità che fossero vive che non se fosse sparita solo una di loro. Ma se erano state uccise, Gloria le avrebbe perse entrambe contemporaneamente. «Le troveremo, vedrai» la rassicurò. «Hai una loro foto?» «Sì, ne ho portata qualcuna con me.» Tirò fuori diverse fotografie dalla borsa, insieme a un volantino fatto alla buona. «Ho fotocopiato la loro foto e ho messo l'avviso dovunque mi sia stato permesso.» Jane prese il materiale e osservò i visi delle ragazzine scomparse. Una era più scura dell'altra, aveva un piercing al naso e una pettinatura a treccine serrate che le partivano dall'attaccatura dei capelli e percorrevano tutto il capo. Sotto la sua immagine era scritto MARCIE a pennarello. L'altra, Latisha, aveva occhi a mandorla, un bel sorriso e i capelli a caschetto. «Hai fatto bene a diffondere il più possibile la loro 19


foto» annuì. «Farò tutto quello che posso per aiutarti.» «Grazie.» Gloria si asciugò gli occhi. «Non ho soldi, ma la ripagherò in ogni modo. Se devo lavorare...» cominciò. Jane la interruppe. «Non preoccuparti.» Posò le foto e il volantino sulla scrivania. «I nostri servizi di assistenza sono gratuiti.» Jane notò che Gloria aveva assunto un'espressione leggermente più sollevata a quella notizia. «Grazie.» «Dovremo risentirci man mano che procederò nelle indagini. Perciò ho bisogno che tu mi dia i tuoi recapiti.» Gloria le diede indirizzo e i numeri di telefono del cellulare e del supermercato in cui lavorava, che Jane annotò sul blocchetto. «Puoi darmi anche il nome e il numero dei padri delle tue sorelle, e del tuo?» Gloria fece una smorfia. «A che servirebbe?» borbottò. «Solo per annotare tutte le informazioni utili.» «Non voglio sentire mio padre, ma se lei ritiene che sia importante...» Gloria sospirò e aggiunse: «Si chiama Timothy Huff. Non ho il suo numero, ma tutti i venerdì può trovarlo alla sala biliardo di Florin Road, ubriaco perso». «E il padre di Marcie?» «È in carcere. Chiama di tanto in tanto.» «Per cosa è dentro?» «Possesso di droga.» Almeno lui era escluso dai sospettati, pensò Jane. «Come posso contattare il padre di Latisha?» Gloria scosse la testa. «Quello è meglio lasciarlo perdere. Si chiama Luther Wilson ed è un tipo che si infiamma facilmente. Lo abbiamo soprannominato Lucifero, questo le fa capire che tipo è.» 20


«Sa che sua figlia è scomparsa?» «No, non gliel'ho detto. Perché dovrei? Non si è mai preoccupato di lei, non gliene importa nulla.» Jane posò la penna e intrecciò le dita sul piano della scrivania. «Come ha conosciuto questi uomini vostra madre?» «Sul lavoro, per così dire.» «Cioè era una prostituta?» «Doveva pur pagarsi la droga in qualche modo.» «Perché Luther vi fa tanta paura da chiamarlo Lucifero?» «Era il suo protettore e gliele dava di santa ragione un giorno sì e l'altro pure.» Questa notizia diede la conferma a Jane di aver messo le mani su un caso che difficilmente sarebbe riuscita a gestire. Le faceva piacere credere che avere i capelli decolorati e un paio di tatuaggi la facesse sembrare una donna tosta e aggressiva, ma come poteva tenere testa a un protettore irascibile dal basso del suo metro e sessantadue? «Lo terrò presente.» Si alzò e si sforzò di sorridere a Gloria. «Grazie di esserti rivolta a noi. Ti chiamerò appena avrò fatto qualche controllo.» Jane l'accompagnò alla porta e Gloria la ringraziò con calore. Il suo abbraccio la colse di sorpresa; sentendo le spalle della ragazza tremare tra le sue braccia, fu invasa dal desiderio di impegnarsi al massimo per aiutarla. Era determinata a fare il possibile per darle una mano, anche se non era sicura di esserne in grado. Drogati, protettori, prostitute... Facevano parte di un mondo che le era estraneo. Aveva sposato uno psicopatico, ma ora che Oliver era morto lei era al sicuro, ormai da quasi cinque anni. Affrontare il caso di Gloria era come andare a cercarsi i guai con il lumicino. Sapendo che spesso le 21


persone scomparse erano state rapite o uccise da familiari o amici, Jane non poteva evitare di contattare il padre di Latisha. Era necessario parlare con chiunque avesse avuto dei rapporti con le ragazze scomparse per condurre delle indagini scrupolose. Ma se Luther fosse stato veramente coinvolto nella scomparsa di sua figlia e della sorella, di sicuro non avrebbe gradito che qualcuno facesse il ficcanaso...

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