Adò - Laboratorio Adolescenza - Vol. 2 - n. 1 - 2019

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DICONO DI NOI

CHE COSA NE PENSA EINSTEIN A cura della redazione di Scripta Restant, giornale del Liceo Einstein di Milano Sara Caneri, Ylenia Genovese, Adelina Marcu, Carolina Sole Panella, Giuseppe Reschigna

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’inchiostro sulla pelle

facciamo a noi stessi (sempre se i soldi sono nostri, altrimenti, il minorenne dovrà prepararsi a una lunga battaglia per ottenerli). Vogliamo sentirci a proprio agio con il nostro corpo e se nella nostra mente ce lo rappresentiamo con un dragone cinese rosso e giallo ,che parte dalla coscia e percorre tutto l'arto inferiore, che sia. L'importante è essere sicuri e avere le idee chiare su quello che si sta facendo.

È più forte di noi, a volte, mostrare quello che siamo o come vorremmo essere considerati. Il modo più semplice passa attraverso i social, sui quali condividiamo ogni sciocchezza che ci capita, per dimostrare, spesso più a noi stessi che agli altri, che siamo diversi da come appariamo. Ma per moltissimi questo non basta. Occorre un'ulteriore prova, un'altra conferma che possa essere visibile a tutti, che possa apparire ogni giorno davanti ad uno specchio. Qualcosa di permanene. Mentre prima veniva considerata una pratica da "duri", ora anche le bellezze raffinate si affidano all'inchiostro sia per disegni polisemici, sia per schizzi che possano arricchire unicamente la figura a livello estetico. E ci sono poi quelli che agiscono in modo empirico e impulsivo, per cui scelgono un disegno artistico carino e poi ci costruiscono l'impalcatura di un complesso pensiero filosofico. Solamente per dare un senso a quello che può essere considerato semplicemente un capriccio. Questi ultimi, di solito, sono quelli che si stancano prima del pezzo di carne macchiato a vita... ed allora sono dolori, in tutti i sensi. Altro ci sembra il discorso dei piercing. Bucare zone cartilaginee e non (ora pare che stia spopolando la famigerata moda del dermal, ovvero un brillante incastonato sulla pelle, come se fosse un bottone cucito sull'epidermide) per incastrarci un orecchino, che il più delle volte rimarrà coperto dai capelli o dalle magliette, appare più che altro inutile. Nell’uno e nell’altro caso poi, spesso questa scelta estetica e psicologica è affrontata con superficialità, senza seguire le precauzioni e le cure che bisogna prestare alla zona del corpo interessata, ultrasensibile per giorni e giorni dopo la perforazione (sono sempre aghi che iniettano inchiostro o segmenti metallici in fin dei conti); e quasi mai poi viene chiesto consiglio al dermatologo. Ma vale davvero la pena dormire su un fianco solo anche per mesi, nell’attesa che guarisca l'helix (che voi ci crediate o no, ogni piercing è contrassegnato da un nome specifico) o spalmare quintalate di crema solare sulla cute tatuata, con il rischio di non avere un'abbronzatura uniforme o vedersi rincorrere dal nonno schifato da tale obbrobrio su una così bella carnagione? In una società dove il senso comune suggerisce che ognuno può fare quello che gli pare, la risposta non può che essere affermativa. È uno dei tanti regali che

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ell’oceano del lavoro

Non possiamo fingere che i nostri parenti non ci indirizzino a scegliere una scuola piuttosto che un’altra e non possiamo mentire a noi stessi che la suddetta scelta non ci spinga in una direzione piuttosto che in un’altra, dopo la maturità. Ovviamente ci sono anche casi in cui, armati della più grande ed ammirevole forza di volontà, ci si ribella all’equazione banale liceo = università e istituto tecnico = azienda. Ma volenti o nolenti, prima o poi ci si ritroverà nel freddo oceano del mondo del lavoro, a tentare di non annegare spingendo giù gli altri in lotta per lo stesso scopo: essere assunti. E i casi sono due: o si aspetta l’agognato call back” o ci si reinventa, soprattutto ora, nell’era in cui si può dare più sfogo alla creatività per costruire dal nulla nuovi impieghi e nuove professioni. Una a caso? L’ influencer”: uno scheletro con una colonna vertebrale di prime impressioni, dalle falangi sempre attive nella scrittura di post (ed in generale self-promoting” sui social network) e un osso sacro, che nessuno nota, di sana recitazione e robusta finzione. Ma il percorso, in mancanza di veri e propri legamenti e muscoli, può solo avere un raggio limitato all’hic et nunc e non va molto lontano. Eppure, nei nostri coetanei, sentiamo come se la tensione verso l’erudizione, il progresso e la ricerca sia stata sostituita da una ricerca viscerale per il divertimento nel senso dell’ entertainment”. L’avere successo ha ceduto il passo all’avere fama, ovvero all’essere famosi senza aver necessariamente contribuito a costruire qualcosa. Accontentandosi di essere al centro delle chiacchiere di corridoio. Perché? Forse siamo troppo disillusi e siamo convinti di che non saremo noi quelli che cambieranno il mondo? Forse, sconcertati dalla situazione attuale, non siamo troppo disposti a mettere davvero la mani in pasta e sporcarcele? Forse siamo disinteressati a quelle carriere che non rappresentano il nostro sogno ideale?

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Adò - Laboratorio Adolescenza - 2019; 2,1.


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