Valsugana News n. 8/2020 Ottobre

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Editoriale di Nicola Maschio

Chi governa, non governa: ecco il quadro italiano completo dopo le elezioni regionali 2020

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er semplificare, in un primo momento potremmo dire che il conteggio finale è di 3 a 3. Centro-destra e Centro-sinistra si distribuiscono uniformemente le elezioni regionali 2020, con alcune vittorie scontate ed altre che invece, almeno sulla carta, non lo erano affatto. Partiamo dal risultato che più di tutti ha sentenziato una vittoria senza appelli: Luca Zaia stravince e (stra)convince, con quasi due milioni di voti a favore (1.883.959 per la precisione) ed una percentuale di consensi pari al 76,79%. A nulla sono valsi i tentativi di Arturo Lorenzoni (centro-sinistra, 15,72%) ed Enrico Cappelletti (Movimento 5 Stelle, 3,25%) di recare un qualche “disturbo” alla cavalcata trionfale di Zaia, il quale ha per l’appunto raggiunto un risultato che non ammette repliche. Anche in Campania, con la vittoria di Vincenza De Luca, il centro-sinistra ha confermato le sensazioni pre-elettorali: quasi il 70% dei cittadini ha infatti premiato l’attuale governatore campano (un totale di 1.789.017 voti), numeri in grado di abbattere la concorrenza di

Luca Zaia

Stefano Caldoro (centro-destra, 18,06%) e della pentastellata Valeria Ciarambino (9,93% di consensi). Cambiando nuovamente sponda, Giovanni Toti si conferma alla guida della Regione Liguria, affermando la supremazia del centro-destra grazie al 56,13% di voti riscossi (383.053 complessivamente), staccando Ferruccio Sansa (centro-sinistra e Movimento 5 Stelle, fermatosi al 38,90%) e Aristide Massardo (2,24%). Riconferme anche in terra pugliese, con Michele Emiliano del centro-sinistra abile nel portare a casa un 46,78% che, al netto dei primi sondaggi che lo davano sconfitto, ha ribaltato la situazione a proprio vantaggio staccando di otto punti percentuali il rivale Raffaele Fitto del centro-destra (38,93%); risultato arrivato non senza qualche sorpresa, tant’è che lo stesso Emiliano ha confessato di “Aver avuto paura di perdere” terminata la tornata elettorale. Tuttavia, il risultato più eclatante della nostra Penisola arriva dalle Marche, dove il candidato di centro-destra Francesco Acquaroli è stato eletto primo presidente di tale orientamento politico alla guida della Regione. Sono serviti ben 361.186 voti per proclamare Acquaroli vincitore, numero che gli ha permesso di terminare la propria volata con un discreto vantaggio sul diretto rivale di centro-sinistra, Maurizio Mangialardi (37,29% ovvero 274.152 voti). Un’elezione già passata alla storia per il proprio risultato, nonostante il Partito Democratico si sia attestato come maggiore forza della Regione (25%), seguito però a ruota dalla Lega (22%) e dalla percentuale record di Fratelli d’Italia (18%), sempre più ago della bilancia in termini di coalizioni. Merito comunque anche del lavoro svol-

to dal Carroccio di Matteo Salvini, che in appena cinque anni (dal 2015 al 2020) ha visto aumentare la propria percentuali di consensi dal 13,2% al 22,38%, limitando la concorrenza del Partito Democratico (dal 35,13% al 25,10%) ed affossando quasi completamente la presenza dei 5 Stelle (dal 18,89% del 2015 all’8,9% del 2020), senza dimenticare l’incredibile apporto di Fratelli d’Italia che dal 6,51% ha addirittura triplicato il proprio elettorato (18,66%). È tuttavia un quadro alquanto insolito quello che si delinea oggi, al termine di questo nuovo appuntamento elettorale: nonostante infatti la spinta del centro-sinistra proveniente dal Governo nazionale, quest’ultimo vede i propri rappresentanti al vertice in sole cinque Regioni nel nostro Paese (precisamente Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Campania e Puglia), mentre sono ben 14 le realtà governate dal centro-destra (ultimi in ordine cronologico i passaggi, tra il 2018 ed il 2019, di Molise, Friuli Venezia Giulia, Abruzzo e le due Province Autonome di Trento e Bolzano).

Vincenzo De Luca

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SOMMARIO VICEDIRETTORE Chiara Paoli - Elisa Corni COORDINAMENTO EDITORIALE Enrico Coser COLLABORATORI Waimer Perinelli - Erica Zanghellini Katia Cont - Massimo Dalledonne - Francesca Gottardi Maurizio Cristini - Laura Mansini - Alice Rovati Giorgio Turrini - Laura Fratini - Patrizia Rapposelli Zeno Perinelli - Adelina Valcanover - Veronica Gianello Giampaolo Rizzonelli - Mario Pacher CONSULENZA MEDICO - SCIENTIFICA Dott.ssa Cinzia Sollazzo - Dott. Alfonso Piazza Dott. Giovanni Donghia - Dott. Marco Rigo EDITORE - GRAFICA - STAMPA Grafiche Futura srl Via della Cooperazione, 33 - Mattarello (TN)

PER LA TUA PUBBLICITÀ cell. 333 28 15 103 direttore@valsugananews.com info@valsugananews.com Registrazione del Tribunale di Trento: nr. 4 del 16/04/2015 - Tiratura n° 7.000 copie Distribuzione: tutti i Comuni della Alta e Bassa Valsugana, Tesino, Pinetano e Vigolana compresi COPYRIGHT - Tutti i diritti di stampa riservati Tutti i testi, articoli, interviste, fotografie, disegni e pubblicità, pubblicati nella pagine di VALSUGANA NEWS e sugli Speciali di VALSUGANA NEWS sono coperti da copyright GRAFICHE FUTURA srl e quindi, senza l’autorizzazione scritta del Direttore, del Direttore Responsabile o dell’Editore è vietata la riproduzione o la pubblicazione, sia parziale che totale, su qualsiasi supporto o forma. Gli inserzionisti che volessero usufruire delle loro inserzioni, per altri giornali o altre pubblicazioni, possono farlo richiedendo l’autorizzazione scritta all’Editore, Direttore Responsabile o Direttore. Quanto sopra specificato non riguarda gli inserzionisti che, utilizzando propri studi o agenzie grafiche, hanno prodotto in proprio e quindi fatta pervenire, a GRAFICHE FUTURA srl, le loro pubblicità, le loro immagini, i loro testi o articoli. Per quanto sopra GRAFICHE FUTURA srl, si riserva il diritto di adire le vie legali per tutelare, nelle opportune sedi, i propri interessi e la propria immagine.

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SPECIALE ELEZIONI Pelo e contropelo A ciascuno il suo In filagrana: referendum taglio parlamentari Elezioni comunali in Valsugana I governatori 2020 I risultati elettorali di ieri e oggi

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Tra passato e presente: Caldonazzo Storie di casa nostra: la Sat Borgo Umana-mente: scuola ritorno con ansia Tra passato e presente: Dolcino e Margherita Ieri avvenne Il passato in cronaca: Corvo, il prete del Gherlenda La concimazione autunnale Conosciamo il territorio: le castagne in cammino Tra passato e presente: la fotografia Tra pensiero e scienza: la legge di Murphy

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Medicina & Salute: Il ritorno a scuola Cose da mamma e da papà Medicina & Salute: essere genitori

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Altroconsumo risponde: bollette errate e inesatte Curiosità trentina: i roccoli in Trentino Accadde in America: fiamme in USA Giocherellando

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La mostra del cinema VENEZIA 2020 Pagina 16

Risate senza tempo Giovannino Guareschi Pagina 34 Ph. Danny Tamanini

ANNO 6 - OTTOBRE 2020 DIRETTORE RESPONSABILE Armando Munaò - 333 28 15 103 direttore@valsugananews.com

L’editoriale Sommario Punto & a capo I 50 anni degli amici Val di Sella Il personaggio: Luca Zaia Qui USA: muore Ruth Bader Ginsburg Economia & Finanza Le fidanzate d’Italia Eleonora Duse: La Divina Pergine e i Francescani Società oggi: piccole lolite crescono Il personaggio: Federico Fellini Tra passato e presente: la guerra della polenta Arte contemporanea: Aldo Pancheri Conosciamo il territorio: Oselera del Mation

Il personaggio Elisa Carvelli Pagina 58

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Punto & a capo di Waimer Perinelli

Pane e lavoro “Pane e lavoro” questo chiedevano gli italiani lo scorso secolo. Nell’antica Roma si accontentavano del pane confezionato con il frumento dell’Egitto o della Sicilia. Noi siamo disposti anche a faticare e la generazione degli anni Sessanta è stata accontentata, mentre quella a venire avrà certamente poco pane, con fatica e scarse certezze. Proprio come negli anni Cinquanta del Novecento.

“S

ono un bambino di 12 anni....fino a poche settimane fa ho lavorato in un bar dove da mattina a sera prendevo 1500 lire a settimana.....poi sono stato male due giorni e quando sono tornato al mio posto c’era un altro ragazzino”. Questo accadeva nel 1957 a Roma(da “Vallone Purgatorio”). Poi il boom economico, e oggi? Oggi l’Italia, ha il tasso di occupazione giovanile più basso a livello europeo (56,3%, contro una media Ue del 76% nella fascia 25-29 anni) e il più alto tasso di giovani che non studiano e non lavorano (29,7%, media Ue 16,6 , siamo in Europa gli ultimi per occupati giovanili e i primi per “neet”, ovvero ragazzi scoraggiati che non studiano e non lavorano (meglio di noi anche Grecia, Bulgaria, Romania). A proposito del fascino estero, oltre 320mila ragazzi e ragazze (20-34 anni) hanno lasciato l’Italia tra il 2009 e il 2018, molti di loro senza prospettiva di ritorno. Nel ricco Trentino, il 30 luglio scorso, l’Agenzia del Lavoro, dovremmo rinominarla della disoccupazione, ha aperto una nuova raccolta di candidature finalizzata a rinnovare la disponibilità di quei lavoratori che si erano iscritti alla precedente lista e a intercettare nuovi candidati per il periodo agosto-novembre 2020. Sono 1.200 le persone attualmente candidate alla lista. Nel felice Veneto, dati Census, prima del Covid si registrava un leggero aumento dell’occupazio-

ne, già superiore alla media nazionale ma non sempre è così, nel Feltrino, in particolare, il tasso di disoccupazione giovanile è superiore al 22% . Ma, a differenza di altre parti d’Italia, i Neet tra 15 e 17 anni sono pochi: fino alla maggiore età i giovani trentini e feltrini vanno a scuola o lavorano subito dopo la formazione professionale. È nella fascia successiva, tra 18 e 29 anni, che la disoccupazione sta aumentando. Aride cifre e mense vuote. Ma c’è di peggio. Lo chiamano lavoro ma è diventato un’altra cosa. La fatica rimane ma scarseggiano orari di lavoro e contratti. Le prime sono dettate, per i più fortunati, di mese in mese, per molti altri di ora in ora. Un ragazzo (?) ventottenne, assunto a giornata da una agenzia internazionale ha consegnato 160 pacchi in un giorno. Poi a casa in attesa di chiamata per il giorno dopo. Un tempo veniva definita disponibilità, inserita nel contratto a tempo indeterminato e compensata. Oggi i giovani si devono accontentare di essere chiamati. Trema la generazione degli anni Sessanta: grazie agli sprechi degli amministratori coetanei, politici e dirigenti, temono per la pensione. Le imprese multinazionali, grazie anche ad Internet, godono un momento di miliardaria ricchezza. Alcuni loro dirigenti accusano i lavoratori, i

giovani in particolare, di pensare solo al divertimento. Si sa, dicono, che i disoccupati hanno la tendenza a scialare divertendosi. E i sindacati stanno a guardare. Non riescono nemmeno a d obbligare gli enti pubblici ad assumere a tempo indeterminato. Lo Stato, gli Enti locali, sono paralizzati da leggi, paragrafi, commi, creati ad arte da chi il lavoro ce l’ha. Concorsi pochi e giornali che titolano, con esecrabile stupore o stomachevole indignazione, 6mila concorrenti per venti posti. Era così anche settant’anni fa ma un bambino allora poteva scrivere: “Quando sarò grande vorrei fare l’ingegnere... spero di riuscirci per guadagnare il pane per me e i miei genitori”. (2febbraio 1956da “Vallone Purgatorio”). Oggi è fortunato se i genitori gli possono dare un pasto caldo e qualche spicciolo per il caffè. E altrimenti? Ci sono le banche, i supermercati, le case...ma bisogna sfondare le porte. Cose da disperati, che sia per questo che aumenta la criminalità?

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Buon compleanno di Massimo Dalledonne

I 50 anni

degli amici Val di Sella Mezzo secolo di vita. L’Associazione Amici della Valle di Sella, infatti, è stata fondata nel 1970. Una ricorrenza che quest’anno, esattamente 50 anni dopo, è stata ricordata dai soci con una giornata speciale. Una vallata, quella di Sella, molto frequentata durante tutti i dodici mesi dell’anno. Ed ancor più vissuta nei mesi più caldi, quelli estivi.

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elle scorse settimane, presso la colonia del Centro Italiano Femminile, si è svolta un’assemblea particolare. E davvero partecipata. Valorizzazione della natura esistente, conservazione e archivio della memoria senza mai dar nulla per scontato. Perché la Val di Sella è un bene comune, una valle beata a disposizione di tutti. Tutti coloro che la vivono, la frequentano e la tengono viva. È stata anche l’occasione per fare un salto nel passato. E non solo per ricordare la costituzione dell’associazione. Il presidente Marina Caumo ha elencato anche tutti i dodici soci fondatori: Giancarlo Costa, Francesco Poli, Gianni Divina, Aldo e Giorgio Masina, Alfredo Cristofoletti, Camillo Dandrea, Carlo Prada, Mariano Dandrea, Oswald von Strobele, Guido Sbetta e Virgilio Colle. Tutti uniti da una grande passione: l’amore per la Val di Sella e l’obiettivo di promuoverne il “lancio” turistico. Una storia raccontata ai presenti dalla stessa Marina Caumo, in carica dal 2011. Dodici soci la fondarono, oggi l’associazione ne conta molti di più. Di quei dodici fondatori, ad ascoltare, in sala, ce n’ erano due: Alfredo Cristofoletti e Camillo Dandrea. Cristofoletti è stato anche il primo presidente degli Amici della Val di Sella: ha guidato l’associazione dal 1970 al 1987. Gli è succeduto Adriano Caumo che ha retto la presidenza fino al 2007.

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Dopo il quadriennio (2008/2011) di Giuseppe Piva, dal 2011 la presidenza è stata affidata a Marina Caumo. “Il nostro obiettivo è quello di continuare a dialogare con gli enti pubblici per riuscire a valorizzare al meglio questi luoghi nel pieno rispetto dell’ambiente e della natura. Perché questa valle è un bene comune – ha ricordato Marina Caumo – e, come nello spirito di chi ci ha preceduto, ci impegneremo per far conoscere ed apprezzare a tutti questi splendidi luoghi”. In che modo? Cinquant’anni fa si era puntato sul rilancio turistico e sullo sport dotando la valle di una adeguata viabilità, infrastrutture quasi del tutto inesistenti e servizi. Oggi promuovendone la conoscenza con incontri, pubblicazioni ed iniziative promozionali. “Il tutto in sintonia con le associazioni presenti sul territorio, in primis Arte Sella – ha concluso Caumo – che ringraziamo per aver realizzato il bellissimo sentiero che ci permette di percorrere in tutta la sua interezza questa nostra valle beata!”. Alla festa era presente anche il sindaco

di Borgo Enrico Galvan. Con lui gli assessori Paolo Dalledonne e Mariaelena Segnana. Per l’occasione ad Alfredo Cristofoletti e Luciana Armellini è stata conferita, dal presidente, la qualifica di soci onorari. L’assemblea si è conclusa con la proiezione del video “Amo Sella perchè” di Michele e Attila Dalla Palma di FotoVideo Academy Italia e la lettura della poesia “Un pensiero per Sella” di Giulio Scoppola dedicata alla “valle beata”. L’attuale presidente dell’Associazione Amici della valle di Sella Marina Caumo oggi si avvale della collaborazione di Benedetto Dordi vicepresidente, Luciana Armellini segretaria e dei consiglieri Alessandra Galvan, Roberta Ballista, Valeria Selina Costa, Lorenzo Osti e Michele Dalla Palma. Il collegio dei revisori dei conti è composto da Giorgio Bonecher, Giorgio Caumo e Nadir Paoli.


Buon compleanno

Alfredo Cristofoletti - Il 1° Presidente

Aldo Masina

Adriano Caumo

Camillo Dandrea

Carlo Prada

Francesco Poli

Giancarlo Costa

Giorgio Masina

Giovanni Divina

Giuseppe Piva

Guido Sbetta

Mariano Dandrea

Marina Caumo

Osvald Von Strobele

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Il personaggio di Waimer Perinelli

Luca Zaia Il Doge Serenissimo Luca Zaia 52 anni. “Il suo papà io lo conosco, dice Camilla Girardi, titolare di una concessionaria automobilistica, è uno che ancora va in giro con la tuta da meccanico operaio. Una persona semplice”. E’ così, una persona alla mano, anche Luca, nato a Conegliano Veneto, in provincia di Treviso, il 27 marzo del 1968. Nella terra del prosecco si è diplomato enologo e all’università di Udine si è laureato in Scienze della produzione animale.

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a sua carriera politica è esemplare. Inizia a 25 anni quando viene eletto consigliere comunale a Godega di Sant’Urbano, suo paese di origine. A trent’anni è già presidente, il più giovane d’Italia, della Provincia di Treviso, incarico lasciato nel 2005 per ricoprire fino al 2008, nell’Era di Giancarlo Galan, il ruolo di vicepresidente della Regione Veneto. A quarant’anni è ministro delle politiche agricole e ambientali del governo Berlusconi. Nel 2010 viene eletto presidente della Regione Veneto. Tutto questo fra la spada e il leone, la Lega nord e la Liga veneta. Due simboli, un solo cuore. Fino ad oggi almeno visto che Zaia, con il 47 per cento delle preferenze personali, ha superato nelle regionali di settembre la lega di Salvini, ferma al 16 per cento, raggiungendo tuttavia con gli alleati del centro destra il 76,79 % dei voti. “ Tutti i miei elettori sapevano che sono della Lega” dice Zaia chiudendo, almeno per ora, alle polemiche che lo vorrebbero contrapposto al leader nazionale del Carroccio. “ La politica, afferma, non è una partita di calcio dove ad ogni sconfitta o vittoria si vuole cambiare allenatore”. Luca Zaia è il nuovo Doge di una Regione che rivendica un glorioso

passato e viene scelta da altri come modello nella lotta al Corona Virus, e dello sviluppo economico. Anche se, su certi capannoni diventati dinosauri abbandonati nella devastata pianura, qualcosa ci sarebbe da recriminare. I capannoni, ora in molta parte abbandonati, sono i testimoni della devastazione del territorio, di un’economia dal rapido sviluppo su cui i veneti si sono divisi ed ora troviamo ricompattati dall’identità politica che, più che all’economia, guarda al territorio attraverso la storia. Secoli di storia comune in una Repubblica avida e spesso arida, ma capace di lottare contro i turchi, gli imperi di Francia, Austria, Spagna e il Papato, difendendo qualche eretico e molti ebrei, pur confinandoli nel ghetto. che dalla città lagunare prende il nome, non possono passare come acqua nel canale, Mille anni di storia sono come i pali di castano e rovere su cui è fondata la Serenissima; sono la forza di un popolo che ha combattuto a Lepanto nel 1571, commerciato nell’estremo Oriente con Marco Polo, divertito il mondo con le commedie di Goldoni, affascinato Shakespeare che vi ha voluto ambientare non a caso, “Il mercante di Venezia” . Una autentica secolare cultura.

Luca Zaia

“Oggi, dice Zaia, quello che serve alla politica è una vera una rivoluzione culturale”. La cultura porta al cambiamento o almeno lo indirizza. Il referendum di settembre ha dimostrato che il processo di mutamento dello Stato è fortemente richiesto. Luca Zaia, da uomo forte in una Regione forte, lo ha capito. “Serve l’ autonomia regionale, dice, e un Senato delle Regioni, sul modello tedesco.” Ma non assomigliava molto a questa la proposta del rampante Matteo Renzi, bocciata nel referendum costituzionale del 2016?

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Qui USA di Francesca Gottardi è nostra corrispondente Usa

Muore Ruth Bader Ginsburg, secondo giudice donna alla Corte Suprema USA Sono giorni intensi negli USA. Il 18 settembre è deceduta Ruth Bader Ginsburg (87 anni) secondo giudice donna a sedere alla Corte Suprema USA. Ginsburg, icona liberale e femminista, è morta di tumore al pancreas nella sua casa di Washington DC. La scomparsa della giudice a meno di due mesi dalle elezioni presidenziali ha dato il via ad un’aspra controversia politica.

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uth Bader Ginsburg, anche conosciuta dagli americani con l’acronimo RBG, era stata nominata alla Corte Suprema dal presidente Bill Clinton nel 1993. RBG passerà alla storia della giustizia USA come giudice progressista e paladina dei diritti delle donne. Se le donne americane possono aprire una carta di credito o fare un mutuo a loro nome senza che il marito debba apporre la sua firma, e se possono avere autonomia decisionale sul proprio corpo è in gran parte merito di RBG. Fin dal principio della sua carriera, Ruth Bader Ginsburg si è battuta a difesa dei diritti delle donne e della loro emancipazione. Quando le venne chiesto quando ci saranno abbastanza giudici donna alla Corte Suprema USA, RBG rispose “quando ce ne saranno 9” (ovvero, quando tutti i giudici saranno donna). Aggiungendo poi “nessuno farebbe una piega se ci fossero 9 giudici uomini!” RBG ha inoltre lottato affinché’ le donne possano fare carriera ed avere una famiglia, e si è battuta a sostegno della parità di retribuzione tra uomo e donna. Cosa significa la morte di Ruth Bader Ginsburg? In primis, significa che il diritto costituzionale all’aborto è ora davvero a rischio. Con una Corte Suprema ad impronta repubblicana, manca una forte difesa di questo diritto, che ad oggi divide l’America. Altri diritti a

rischio sono quelli della popolazione LGBTQ e quello all’accesso alla sanità tramite l’Obamacare. Significa inoltre l’inizio di un’aspra controversia politica sulla nomina del suo successore. Pare che per il futuro degli USA questo sia un momento cruciale. Sul letto di morte, sembra che la giudice abbia detto che il suo “desiderio più forte è non essere rimpiazzata prima che venga eletto un nuovo presidente”. Trump ha dichiarato di voler presto procedere alla nomina del suo terzo giudice alla Corte Suprema USA. Fra i nomi in esame le conservatrici Amy Coney Barrett, Barbara Lagoa e Allison Jones Rushing. È straordinario per un Presidente avere l’opportunità (e la fortuna) di nominare così tanti giudici alla Corte Suprema nell’arco di un solo mandato. La Corte Suprema USA è composta da 9 giudici. I giudici assumono l’incarico a vita, e decidono su questioni, come quella sull’aborto, che hanno il potere di plasmare intere generazioni. Pertanto, la nomina ha conseguenze notevoli, e che vanno ben oltre il mandato presidenziale. Si è ora aperta una battaglia tra democratici e repubblicani. Nel 2016, i repubblicani avevano infatti bloccato la nomina Obama del giudice filo-democratico Merrick Garland alla Corte Suprema USA, giustificando la loro posizione con l’ingiustizia di nominare un giudice a

Ruth Bader Ginsburg

pochi mesi dalle elezioni presidenziali. Trump vinse le elezioni, e nominò il giudice filo-repubblicano Neil Gorsuch al posto di Garland. Ora Trump si trova nella stessa posizione di Obama nel 2016, eppure non ha battuto ciglio alla prospettiva di eleggere subito un nuovo giudice. Si tratta infatti di un’ottima opportunità per mobilitare gli elettori più conservatori alle elezioni del 3 novembre prossimo. I democratici hanno denunciano l’incoerenza del partito repubblicano, e si sono così create ulteriori divisioni tra una popolazione già politicamente frammentata, a poche settimane dalle elezioni. Ora si rimane con il fiato sospeso per vedere quali saranno gli ulteriori sviluppi futuri.

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Economia & Finanza di Cesare Scotoni

Ristrutturare:

pubblico o privato ma trasparente Quante volte abbiamo sentito spiegare, fin dalla Scuola, l’organizzazione dei “mercati” distinguendo tra Monopolio, Oligopolio e Libero Mercato con un accento fin dall’inizio degli anni ‘80 su come quest’ultimo sia quello che riserva maggiori benefici? E più recentemente con la Crisi “da Deregulation” messa a nudo nel 2008 dalla vicenda Lehman Brothers, sentiamo invocare una sua maggiore regolamentazione?

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ascio a chi legge il rispondere e sollevo tre questioni. 1) il Monopolio su alcuni beni è un modo per garantire delle Entrate ed un Controllo sulla presenza, prezzi e distribuzione di alcuni beni e quindi una forma di Sovranità che lo Stato esercita e, dopo decenni che si discute senza successo di “costi standard” in quella Sanità che prevede una gratuità delle prestazioni per il cittadino. Un servizio di equità di cui si dovrebbe rivalutare l’importanza visto che CONSIP ha mostrato su quello limiti evidenti ed i costi degli acquisti sono ancora oggi dei fattori di disparità. 2) gli oligopoli hanno ormai una dimensione sovranazionale e sono tradizionalmente legati a settori ad elevata intensità di capitale e, piuttosto che avere dei regolatori nazionali che rincorrono singole contestualità, sarebbe preferibile che il quadro normativo fosse uniformato a livello continentale, per evitare che i singoli players possano sfruttare, oltre ad un vantaggio dimensionale, le pieghe dei regolamenti e la debolezza già mostrata dai tanti oligopolisti nostrani. 3) il Cittadino è altra cosa dal Consumatore ed i suoi Diritti non rientrano solo tra quelli regolati in modo privatistico, per cui nel caso del Libero Mercato esso dovrebbe portare beneficio ai cittadini, attivi o già inattivi, lavoratori

o imprenditori. E ciò prevede che vi sia una Convergenza tra ciò che è beneficio e ciò che è un vantaggio. Questa premessa, pur lunga, per sottolineare che lo spreco di Risorse Pubbliche ha un valore che va sempre ben oltre il danno erariale e che il Libero Mercato (che poi così libero non è) per poter esercitare quella “funzione regolatrice” che nasce dalla Concorrenza e che non può essere auto regolatomentativa, richiede alcuni attributi, primo dei quali la Trasparenza dei Meccanismi che lo rendono contendibile e pari opportunità di accesso alle Informazioni che lo determinano. Un esempio facile, stando la contingenza della detrazione al 110% sulle spese per l’efficienza energetica che è stata introdotta sull’esempio del precedente super ammortamento sugli investimenti. Una Pubblica Amministrazione, godendo magari di uno sconto sulle forniture dalla multiutility che poi lo girerà come costo su altri utenti, spreca acqua, luce e gas, con un impatto a bilancio che, pur con lo sconto rispetto ad un utente ordinario, non riduce il valore dello spreco di Risorse Naturali che sono Pubbliche. Vista la crisi ed una contrazione del gettito in una situazione del Debito Nazionale già compromessa, se non vi sono risorse il debito potrebbe essere una strada. Se però il mondo del

Credito ha interesse a gestire il finanziamento ai privati e l’Amministrazione intende offrire quella opportunità al Libero Mercato perché l’Economia possa sfruttare l’abbrivio legato alla detrazione ed al “mercato” degli sconti in fattura e delle cessioni di credito, si può “creare” un Mercato che ieri non c’era. Purché questo sia però Libero, ovvero Trasparente e Contendibile. La Pubblica Amministrazione dovrà offrire alle Imprese e Professionisti tutte le informazioni tecniche necessarie ad individuare al meglio le opportunità più consone a ciascuno ed un processo trasparente per favorire e standardizzare le Collaborazioni tra Pubblico e Privato. Importante poi è il valutare se in alcune proprietà pubbliche, i costi legati agli ammortamenti, in assenza di utilizzo di un bene e quindi come assets generatori di una perdita, non siano già una buona ragione per cercare occasioni di partnership per “muovere” un mercato dell’Edilizia. Si crea così quel Mercato Trasparente e Contendibile degli interventi sui Beni Pubblici in Collaborazione tra Pubblico e Privato come leva per far partire un’Economia in affanno. Dimenticando una volta per tutte, la “Via Italiana” alle Dismissioni per fare cassa. L’ Ingegnere Cesare Scotoni è Consigliere di Amministrazione della Patrimonio Trentino spa.

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Tra passato e presente di Katia Cont

La mostra del cinema di Venezia compie 77 anni

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rganizzata tradizionalmente tra la fine del mese di agosto e l’inizio di settembre, la Mostra del Cinema di Venezia è giunta quest’anno alla sua 77esima edizione. Primo tra i festival di prestigio (e seconda manifestazione cinematografica dopo gli Oscar), la Mostra nacque nel 1932 nell’ambito della XVIII Biennale d’arte, con la denominazione di “Esposizione internazionale d’arte cinematografica”. La prima edizione, non competitiva, si svolse dal 6 al 21 agosto sulla terrazza dell’Hotel Excelsior al Lido di Venezia, ma il concorso (con Coppa Mussolini per il miglior film della kermesse) fu introdotto a partire da quella successiva, organizzata nel 1934. Diventata manifestazione annuale l’anno seguente, nel 1936 la Mostra del Cinema di Venezia vide un’altra ‘prima volta’, quella della giuria internazionale. Nella storia della manifestazione non sono però mancati periodi di crisi, come quello dal 1969 al 1972, e successivamente nel 1979, anno nel quale l’edizione tornò ad essere nuovamente una rassegna non competitiva, mentre dal 1973 al 1978 non fu nemmeno organizzata. I premi tornarono solo nel 1980, con la vittoria ex aequo per “Atlantic City, U.S.A.” e “Una notte d’estate – Gloria”. Da allora sono passati 40 anni: oggi il premio che viene assegnato al Lido, il Leone d’Oro, è considerato uno dei più importanti dal punto di vista della critica cinematografica, al pari di quelli delle altre due principali rassegne cinematografiche europee, la

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Palma d’Oro di Cannes e l’Orso d’Oro di Berlino. Fino al 1942, il massimo riconoscimento della rassegna era la Coppa

Festival di Venezia (da wikipedia.it)

Mussolini, destinata sia al miglior film italiano che a quello straniero. Attualmente, invece, i principali riconoscimenti assegnati al termine della


Tra passato e presente

Cate Blanchett (da wikipedia.it)

Alessandro Gassman (da wikipedia.it)

Pierfrancesco Favino (da wikipedia.it)

Mostra del Cinema di Venezia sono il già citato Leone d’Oro, assegnato per il miglior film, il Leone d’Argento (Gran premio della giuria e Premio speciale per la regia) e la Coppa Volpi per il miglior attore e attrice. La 77 esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia si è svolta al Lido dal 2 al 12 settembre scorso, nello storico Palazzo del Cinema sul lungomare Marconi e in altri edifici della città lagunare. Le padrone di casa, Cate Blanchett (presidente della giuria internazionale) e Anna Foglietta (presentatrice), hanno accompagnato il pubblico tra il film d’apertura, “Lacci” di Daniele Luchetti, e quello di chiusura, “Lasciami andare” di Stefano Mordini. Come ogni manifestazione che si rispetti, anche quella di quest’anno ha suscitato non poche polemiche, tra i giurati e i critici cinematografici, tanto da essere stata addirittura definita come l’edizione che ha riservato uno dei verdetti più sgangherati e disarmanti della storia. Non è infatti piaciuta l’assegnazione del Leone d’Oro al film “Nomadland” della regista cinese trasferita a quindici anni negli Usa, Chloé Zhao, che ha come protagonista Frances McDormand, famosa tra le altre cose per “Fargo” e “Tre manifesti a Ebbing, Missouri”. Tratto da un libro di Jessica Bruder, il film è ambientato nel Nevada e racconta il mondo dei nomadi, viaggiatori per scelta o per necessità, che sui loro camper o van attrezzati attraversano il Paese. Il film è stato in seguito criticato dalla stampa e dai cineasti come un qualunque filmetto occidentale d’essai, ottimamente recitato ma diretto da una regista che sembra chiedersi solo se è meglio inquadrare un tramonto oppure scegliere l’alba. Viene da pensare che le critiche non hanno tenuto conto delle reali motivazioni che stanno alla base di questi premi.

Se analizziamo i 2 premi più importanti sono stati assegnati forse non a caso, a due film pieni delle ombre del presente come Nomadland appunto e, e Nuevo Orden di Michel Franco (Leone D’Argento - Gran Premio della Giuria) che più che un film distopico sembra un’opera sul domani, sui possibili scenari del dopo-Covid. Una guerra tra ricchi e poveri piena di sangue. Per quanto riguarda il nostro Paese, l’Italia, esce da questo festival stringendo due premi importanti: il primo a Pietro Castellitto, regista esordiente per “I predatori”, come premio per la miglior sceneggiatura nella sezione Orizzonti, e il secondo a Pierfrancesco Favino, attore e produttore di “Padrenostro”, in cui è l’alter ego del padre del regista Claudio Noce, che si è ispirato all’attentato subito da suo padre, il vicequestore Alfonso Noce negli Anni di piombo. A Favino una Coppa Volpi decisamente meritata. Altri riconoscimenti sono andati ad Emma Dante, in concorso con Le Sorelle Macaluso, film premiato per l’intero cast al femminile, e ad Alessandro Gassman per la migliore interpretazione maschile nell’opera prima di Mario Mancino, “Non Odiare”, in occasione della Settimana internazionale della Critica, che accompagna il Festival. Si può dire che un mare di critiche è piovuto addosso alla giuria di questo Festival del Cinema, che ha però funzionato dal punto di vista organizzativo, in un periodo caratterizzato dal distanziamento sociale e dalla presenza dei vip in mascherina sul red carpet. Ci si potrebbe però fermare a riflettere sulle ragioni che spingono i giurati a privilegiare il glamour al posto delle competenze e delle tematiche trattate, togliendo di fatto al cinema la sua funzione principale, ossia quella di far riflettere.

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Storie di casa nostra di Waimer Perinelli

Le fidanzate d’Italia Politici importanti hanno spesso una vita affettiva tormentata. Amori segreti o volti noti, belle donne, desiderabili, da podio nei concorsi di bellezza. Non è possibile conoscere tutti gli amori della politica, ma alcuni non possono essere ignorati.

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n posto in prima fila spetta a Benito Mussoli i cui occhi “erano di fuoco, fosforescenti” come li descrisse Rachele, la prima moglie, appena diciottenne, quando Benito la portò a vivere poco prima di partire per Milano a dirigere l’Avanti. Gelosissimo di Rachele, tanto da chiuderla a chiave in casa, la tradì ripetutamente. Nella città della Madonnina conosce e ama, Angelica Balabanof. Poi è a Trento dove ama ed è riamato Ida Dalser, che gli darà un figlio. Seguono, Margherita Sarfatti l’amante intellettuale, che avrebbe pagato il biglietto del treno con cui il futuro Duce, compì la “marcia su Roma”. Il gossip ci racconta poi di numerose donne, prese e lasciate. Ma a segnare il suo destino sarà Claretta Petacci fucilata assieme a lui a Dongo. Storie d’amore, passione e potere, sono anche quelle di Silvio Berlusconi. Come ignorare i disinvolti amori del leader di Forza Italia. Tralasciamo le avventure

Clara Petacci

sentimentali in qualche caso con escort e parliamo solo dei più significativi amori. La prima moglie Carla Elvira Dall’ Oglio da cui divorzia nel 1985 quando da almeno 5 anni “frequenta” Veronica Lario che sposa nel 1990. La loro unione, fra alti e bassi, dura fino al 2009. L’anno dopo conosce Francesca Pascale, lei 24 anni lui 73, da cui ufficialmente si è separato quest’anno. Ora, 83 anni, scampato al Covid, i più accreditati lo dicono fidanzato con la trentenne deputata Marta Fascina. Tra donne famose e passeggere, Berlusconi è senza dubbio il più ricco di “fidanzate” d’Italia. Il quotidiano Libero nel 2013 ne indicò approssimativamente 130. Ben lontani da questi record due protagonisti oggi della vita politica e dei giornali specializzati. Il primo piano nella classifica, non per numero ma per importanza, merita il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Il Capo del Governo è uomo molto riservato e conduce vita irreprensibile. Ama le donne giovani e le sposa.

Silvio Berlusconi e Veronica Lario

La prima moglie è stata Valentina Fico, appartenente alla Roma “bene “, figlia direttore del Conservatorio Santa Cecilia. La compagna attuale è Olivia Paladino, di 15 anni più giovane, e figlia di Cesare Paladino, proprietario dell’Hotel 5 stelle Plaza di via del Corso, e di Ewa Aulin, attrice e cantante svedese. Conte ha avuto con Valentina Fico un ragazzo che oggi ha 11 anni. Olivia dal precedente matrimonio una figlia di 12 anni. Nelle riunioni di classe dei due ragazzi sarebbe sbocciato l’amore. Valentina e Olivia hanno in comune la giovane età e i capelli biondi. Amano vestirsi alla moda e frequentano gli ambienti giusti. Un altro personaggio, ancora giovane e irreprensibile è Luigi Di Maio, “Giggino” per gli amici, ministro degli Esteri del governo Conte e già leader del Movimento Cinque Stelle. Nato ad Avellino il 6 luglio del 1986, è probabilmente il più giovane ministro passato dalla Farnesina. La sua vita sentimentale appare tutto il contrario di quella politica che inizia al liceo nel 2004. La storia d’amore è invece fresca della passata estate. Un fulmine a ciel sereno rivelato da Virginia Saba, giornalista ed assistente parlamentare della deputata pentastellata Emanuela Corda. La coppia Luigi-Virginia è stata immortalata poco tempo fa in Spagna. Del tutto casualmente dicono, scarsamente creduti, i due interessati. Virginia, nata nel 1982 a Selargius in Sardegna, intervistata da un settimanale nazionale, ha confessato di avere manifestato a Luigi il desiderio di diventare mamma. Il fidanzamento sarebbe ufficiale e smentirebbe ogni altra indiscrezione.

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Le grandi donne del Teatro di Laura Mansini

Eleonora Duse: La Divina Considerata una delle più grandi attrici di tutti i tempi, fu il simbolo della nascita del Teatro Moderno. “ Taci: su le soglie/ del bosco non odo / parole che dici / umane,/ ma odo parole più nuove / che parlano gocciole e foglie/ lontane./ Ascolta. Piove /Dalle nuvole sparse./Piove su le Tamerici / Salmastre ed arse...”

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i piace iniziare il piccolo ritratto di Eleonora Duse con questi primi versi de “La pioggia nel Pineto” che Gabriele D’Annunzio scrisse per la Divina ed inserita nella raccolta di poesie del suo terzo libro “Alcyone” (1902/1903). Le rime sono un inno alla passione amorosa che travolse i due artisti nelle torride estati trascorse in toscana, e rappresentano la miglior produzione poetica di D’Annunzio. Fra queste ricordiamo “Sera Fiesolana” ed appunto la “Pioggia nel Pineto”, uno stupendo inno all’amore dedicata ad Ermione (ovvero Eleonora Duse). I due innamorati si perdono nel bosco di mirto e di pino, quando sono colti da una pioggia improvvisa che li bagna “piove sui nostri volti silvani,/piove sulle nostre mani /ignude, sui nostri vestimenti leggieri…”.Immagini di grande sensualità nelle quali il poeta e la sua amata si fondono con la

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natura divenendone parte integrante ,il famoso “panismo dannunziano”. La Passione, non solo amorosa, ma una passione travolgente per il teatro, per la vita, può essere la chiave di lettura che ci aiuta a capire la grandezza di questa donna, nata in una compagnia di attori “girovaghi”. Figlia di Alessandro Vincenzo Duse, attore capocomico, originario di Chioggia e di Angelica Cappelletto, prima attrice della compagnia, nacque su una carrozza di un treno, vicino a Vigevano, il 21 Aprile del 1858. Per lei recitare era un fatto naturale, stava sempre dietro le scene imparando i testi a memoria. Fin da giovanissima, osservava le attrici, sapeva le loro parti, ed il teatro era la sua casa, il suo gioco ed alla fine la sua grande, unica vera passione. Si narra che a quattro anni fosse già di scena in piccole parti. A 12 anni sostituì con successo la madre ammalata, interpretando “Francesca da Rimini” di Silvio Pellico. Nel 1873, a soli 15 anni ottenne il suo primo ruolo stabile nella compagnia del padre e recitò nell’Arena di Verona una straordinaria “Giulietta” di Shakespeare . A 20 anni lasciò la famiglia, ed entrò nella compagnia “Pezzeri -Buratti” come “pima amorosa”. Iniziò così il s percorso teatrale professionistico, trovando negli studi, nella conoscenza, nella ricerca di nuove tecniche di recitazione un proprio modo di interpretare i ruoli femminili. Dirà Silvio D’Amico: “ La Duse, di

media statura , di voce aerea, ma incomparabilmente espressiva, rivelò sulla scena una “verità nuova”, grazie ad una recitazione fuori d’ogni regola ed a una tecnica che sembrava consistere nell’assenza di ogni tecnica: con una tale veemenza, da stravolgere quanto fatto fino ad allora dai vari attori, per giungere ad una passione travolgente, ed a una stupenda nuova bellezza”. Il suo camminare nervosamente sulla scena, le sue larghe braccia sapevano abbracciare il pubblico. Nel 1879 interpretò in modo struggente “Teresa Raquin” di Emile Zolà. A ventitrè anni diventa prima attrice e capocomica ed a 29 anni si occupa della produzione, del repertorio della Troupe, portando al successo autori come Verga con “Cavalleria Rusticana”, nel 1884 e poi “La signora delle Camelie” di Dumas. È proprio negli anni 80 che la Duse compie la scelta di un repertorio che mette in discussione i valori


Le grandi donne del Teatro combattere con la sensualità e l’infedeltà del poeta. Nell’ultimo periodo della sua via acquistò ad Asolo, ridente cittadina veneta, un elegante palazzetto nella splendida via Canova, dove visse per pochi anni perché dovette riprendere a recitare. L’attrice, infatti durante una tournee morì di polmonite a Pittsburg il 21 aprile 1924, e lasciò scritto di voler essere sepolta nel cimitero di Asolo, rivolta verso il Monte Grappa per amore dell’Italia e dei soldati che aveva assistito nella prima guerra mondiale. Sulla sua lapide D’Annunzio dettò l’epitaffio: “ Figlia ultimogenita di San Marco”

L'amora-mito tra Duse e d'Annunzio (da Gazzetta del Sud)

borghesi di una società apparentemente perbene, ma in realtà ipocrita, egemonizzata dal dio denaro. Recitò molto in Italia, ma anche all’estero. Vastissimo il suo repertorio, da Giacosa ad Ibsen, a Shakespeare. L’incontro con il poeta Gabriele D’Annunzio, avvenuto quando lei era al massimo del successo e lui stava imponendosi con la propria scrittura intensa, fu la risposta alla ricerca dell’attrice. Egli infatti deve proprio alla Duse i suoi maggiori successi teatrali, come “La figlia di Iorio” che seppero superare il teatro realistico e borghese dell’800 per giungere alla sublime bellezza. Vissero anni di grande passione, di tormento per l’attrice che dovette

La casa diove visse Eleonora Duse ad Asolo (da Asolo)

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Girovagando in Valsugana di Chiara Paoli

Pergine e i Francescani La chiesa dei francescani a Pergine sorge insieme al convento agli inizi del XVII secolo, grazie alla generosità della famiglia a Prato. I Frati Minori Riformati veneti, dopo aver avuto c ontatti con il nobile Giovanni Giacomo a Prato e con l’amministrazione comunale, giungono in paese nell’estate del 1606, con l’intento di chiedere alle autorità il permesso di costruire un convento con annessa chiesa. Il nobile darà loro ospitalità “il tempo sufficiente a far toccare con mano il bene spirituale della loro presenza e attività”

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’11 agosto viene data risposta positiva; il sindaco e il consiglio accolgono la richiesta rivolta loro: “volentieri di bon core et con ogni prontezza gli abbraciamo et riceviamo”. Anche il principe vescovo di Trento, il cardinale Carlo Madruzzo esprime parere favorevole alla fondazione del convento e il 18 settembre 1606, giunge l’autorizzazione della Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari. Il 5 dicembre seguente il nobile Giovanni Giacomo a Prato effettua un’importante donazione a favore dei frati, donando loro una casa con orto e il terreno circostante cinto da mura in località santa Margherita. L’anno seguente nel mese di agosto prendono avvio i lavori di costruzione della chiesa; il canonico Gerolamo Roccabruna viene delegato dal vescovo di Trento a benedire la prima pietra. La consacrazione avviene a distanza di 7 anni, il 14 maggio 1614, alla presenza del vescovo di Feltre mons. Agostino Gradonico con dedicazione a San Francesco d’Assisi. Il campanile eretto nel 1612 viene innalzato ulteriormente a distanza di pochi anni e nel 1651 grazie alla generosità di Alessandro a Prato, figlio del primo benefattore, viene costruita la cappella intitolata a Sant’Antonio da Padova. Nel 1720 Anna Caterina Lener, nata a Prato finanzia le stazioni della Via

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Crucis all’esterno del convento e nove anni più tardi il suo contributo è volto alla costruzione della cappella detta del Santo Sepolcro, che va a collocarsi di fronte all’altra preesistente. Nel 1749 sono necessari lavori di risanamento per riparare i danni causati dall’alluvione del Fersina dell’anno precedente. Agli albori del XIX secolo, chiesa e convento vengono chiusi a causa delle soppressioni napoleoniche che si abbattono sugli ordini religiosi presenti nei territori sottomessi dall’esercito francese. La situazione viene ripristinata a distanza di pochi anni, quando nel 1815 il Trentino viene annesso all’Impero Austroungarico che consentirà ai francescani di ritornare nella loro sede e alle loro attività. Tra il 1847 ed il 1848 viene costruita l’ala ovest del convento che si collega alla più antica costruzione del 1714, che comprendeva il lanificio, dove venivano confezionate le tonache dei Frati Minori Riformati della zona. Agli inizi del XX secolo si decide di abbat-

tere l’antico edificio, per fare spazio ad una moderna costruzione, perché la vecchia appare compromessa nella sua stabilità, soprattutto a causa delle alluvioni del torrente Fersina, verificatesi nel 1748 e nel 1757. Nel frattempo viene costruita una chiesa temporanea in legno per ospitare gli arredi e garantire regolarmente le funzioni. La posa e benedizione della prima pietra del rinnovato complesso avviene il 20 maggio nel 1906 alla presenza del Ministro provinciale frate Anselmo Rosat. Modello per la nuova facciata sarà quella della basilica di San Babila a Milano. I lavori sono terminati in tempi brevissimi e la chiesa viene benedetta il 4 agosto dell’anno seguente e le celebrazioni riprendono


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regolarmente. Il 30 ottobre del 1908 avviene la consacrazione e l’intitolazione al Santissimo Redentore con la benedizione del vescovo di Pulati in Albania, Nicola Marconi. Una nuova campagna di lavori sull’edificio prende avvio nel 1958.

Il convento custodiva un tempo una ricca biblioteca, onorata dalla presenza di 123 cinquecentine, pregevoli volumi a stampa del XVI secolo che sono andati ad arricchire le collezioni di San Bernardino a Trento. Tra i quadri più pregevoli

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è presente una “Crocifissione” di Lorenzo Fiorentini del 1623 e un “Cristo morto” opera di Giambattista Chiocchetti, datato 1886, oltre a diverse opere sei e settecentesche di autori ignoti, diverse opere sono di ambito tedesco. Un grave furto avvenne tra il 17 e il 18 giugno del 1978, con la depredazione di diversi dipinti a tema sacro. Dopo lunghi secoli di attività oggi i frati presenti nel convento dei francescani di Pergine sono poche unità e vi è il forte rischio di chiusura. Il 4 ottobre viene celebrato San Francesco, patrono d’Italia insieme a Santa Caterina da Siena e nel ricordare questa celebre figura spirituale, ci auguriamo che il convento perginese possa portare avanti ancora per lungo tempo il proprio operato e che le porte di questo luogo storico non vengano chiuse definitivamente.

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Piccole lolite

nel girone dei lussuriosi

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igito su Google come guadagnare soldi facili e scorrendo le molte voci correlate compaiono qua e là annunci bollenti, pornografia e siti d’incontri; il tutto ben visibile da chiunque utilizzi il web, ragazzini compresi. Mi chiedo poi quanto possa essere semplice per una minorenne avviarsi nel mondo della prostituzione. Basta un sito d’incontri on line, cliccare accetto sull’opzione dichiarando la maggior età, facile dire il falso, ed il gioco è fatto. Pubblico l’annuncio sugli appositi siti, cominciano le chat, piovono le risposte di uomini sposati, professionisti, uomini il cui nome li protegge in una nicchia e scattano gli “acquisti”. Dettagli scabrosi sull’aspetto fisico della ragazza, richieste di appuntamento in camere d’albergo, domande sulle tariffe; chi fa il gentile e chi offre uno Smartphone e quell’alibi del cliente di non sapere fossero “bambine”. Storie diventate normali, spietatamente normali. Di quelle che si ripetono, con poche diversità sul tema, in molte città d’Italia; sono quei racconti di sesso, droga, internet e soldi. Sono le storie delle Piccole Lolite. I recenti fatti di cronaca rievocano scandali e morbosa curiosità, dalle vicende passate ai Parioli ai festini nel bolognese, per quel mondo silenzioso Una cam-girl della prostituzione

minorile. Nuovo allarme baby squillo? Negli anni passati c’era stata un’impennata di casi, soprattutto dopo la vicenda che vide coinvolte due studentesse di un liceo a Roma di 14 e 15 anni. Adescate su internet da tre uomini, sono state avviate al mercato del sesso in un appartamento del quartiere bene dei Parioli. Da 2013 ad oggi di casi eclatanti non ve ne sono stati, se non quest’ultima nottata nell’emiliano consumata tra cocaina e sesso, ma un noto pubblico ministero della procura capitolina, alla guida dei pool dei magistrati che si occupano dei reati contro la violenza di genere e contro i minori, riscontra nuovi dati inquietanti. La prostituzione minorile esiste, fatica a venire alla luce, ma è una condizione generale che si sta verificando nel tempo, con dinamiche simili, in tutto il Paese. Il fenomeno è variegato nella sua organizzazione e non circoscritto, da una parte lo sfruttamento e il ricatto, dall’altra l’idea che lavorare con il

proprio corpo possa garantire facili e veloci guadagni. La fascia oscura della società italiana vede come protagonisti gli over 40 che cercano emozioni forti e quelle adolescenti che vivono il sesso in una maniera inedita. Uomini e ragazzine ridotti a merce di scambio, senza valore, nemmeno quello della trasgressione che fu. Forse è segno di un fallimento di due generazioni, un brivido forte per sostituire l’assenza di progetti e prospettive. Nascono ragazze smaliziate, spinte dalla molla del consumismo da una parte e dall’altra dal bisogno di ottenere ciò che si vuole a qualunque prezzo. Alla base una debolezza morale, un sistema di valori che cambia, una mancanza di personalità e di coesione sociale che porti ad apprezzare il tempo dell’attesa. Una società usa e getta. Il tempo della conquista graduale e dell’attesa non sono valori accettati. Tutto e subito. È una società “Just Time”. Le baby squillo sono l’offerta e hanno intercettato una domanda di mercato, ossia un pubblico che le usa, le desidera e ne vuole usufruire. La domanda ha alimentato un’offerta, perché la platea è diventata vasta. Semplice, il mercato del sesso è ormai paragonabile al mercato del lavoro. Si dimentica che stiamo parlando di “bambine”. Il principio in base a cui scegliere le azioni nella nuova idea generazionale si impoverisce nel guadagno. È questa la conquista della capacità educativa?

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Il personaggio di Veronica Gianello

Fellini: immortale genio visionario

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i sono storie di uomini che difficilmente dimentichiamo, ci sono parole, colori e sapori che sono solo nostri, che ci danno forma e radici e dichiarano al mondo chi siamo. Capita, a volte, che queste immagini che ci portiamo dentro diventino bagagli di immagini di una nazione intera, capaci di trascendere tempo e spazio. Perché ciò accada c’è bisogno di una mente permeabile, aperta e affamata: una mente come quella di Federico Fellini. Il suo mondo onirico e assolutamente originale ha creato immagini che sono entrate naturalmente a far parte dell’immaginario non più del singolo, ma di una collettività che supera anche i confini del Paese, diventando universalmente note e riconoscibili fino a meritare l’invenzione di un apposito aggettivo per descriverle: felliniano. “Mia madre voleva che facessi l’ingegnere… E invece sono diventato un aggettivo.” scherzò in un intervista lo stesso Fellini. Eppure la sua arte riporta il cinema a un mondo che si tocca con mano, non c’è più una patina finta a creare distanza tra il pubblico e l’attore: il cinema di Fellini racconta la verità di una nazione. Sul vocabolario Treccani leggiamo infatti sotto la voce felliniano che essa è “caratterizzata da un forte autobiografismo, dalla rievocazione della vita di provincia con toni grotteschi e caricaturali, da visioni oniriche di grande suggestione”. Federico Fellini, sceneggiatore, regista, fumettista, attore, scrittore, e soprattutto visionario, nasce a Rimini il 20 gennaio 1920 e proprio in occasione del centenario dalla sua nascita, la sua città gli ha dedicato una mostra

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Federico Fellini

Amarcord di Fellini inaugura Cinemadivina (da Il Friuli)


Il personaggio

Mastroianni e Ekberg - La doce vita

Sandra Milo e Marcello Mastroianni - 8 ½

che ha girato il mondo e che tornerà nella sua Rimini per prendere posto in maniera permanente negli spazi del neonato Museo Fellini, che aprirà al pubblico a gennaio 2021. Figlio di Urbano Fellini, rappresentante di liquori e generi alimentari e di Ida Barbiani (1896-1984), una casalinga originaria di Roma, Federico trascorre un’infanzia tranquilla tra Rimini e la vicina campagna dove vivevano i nonni e che influenzò fortemente l’immaginario delle sue pellicole successive. Altra grande influenza del giovane Fellini fu il disegno. Iscritto al Liceo classico “Giulio Cesare” passava molte lezioni creando vignette e caricature di compagni e professori. Attentissimo a chi gli stava intorno, spesso ne imitava i gesti. Nella sua camera da letto aveva costruito con

la fantasia un mondo inventato, nel quale immaginava di ambientare le storie che voleva raccontare e vedere al cinema. Ai quattro montanti del letto aveva dato i nomi dei quattro cinema di Rimini: da lì, prima di addormentarsi, prendevano forma le sue storie immaginifiche. Fellini, fin dall’età di sedici anni, mostrava una grande attrazione per il cinema: usciva di casa senza permesso dei genitori ed entrava nei cinema nella sua città. Già prima di terminare la scuola, nel 1938, Fellini invia le proprie creazioni ai giornali. La prestigiosa Domenica del Corriere gli pubblica una quindicina di vignette nella rubrica “Cartoline del pubblico”. Nel 1939 Fellini si trasferisce a Roma con la scusa di frequentare l’Università: non darà mai un singolo esame a Giurisprudenza, ma inizierà invece le prime collaborazioni con giornali e riviste, collaborazioni che si riveleranno fondamentali per il suo futuro nel cinema. Di lì a poco infatti, Fellini verrà chiamato per collaborare alla stesura di alcune sceneggiature e copioni che apriranno la grande stagione del Neorealismo. Nel 1950 decide che è tempo di esordire come regista. La sua prima produzione Luci del Varietà è un

fiasco. Due anni più tardi ci riprova con Lo sceicco bianco in cui l’attore protagonista è il giovane Alberto Sordi. Di nuovo, gli incassi al botteghino si rivelano un insuccesso. La critica lo stronca e mette in dubbio le sue capacità artistiche, ma Fellini non si scoraggia e fa bene. Il 1954 vedrà nascere La Strada che, con i viaggi strampalati di Gelsomina e Zampanò nell’Italia del primo dopoguerra, lo porterà per la prima volta ad essere riconosciuto come stella del cinema fino a vincere l’ambito Oscar come miglior film in lingua straniera. Seguono anni difficili, in cui i suoi lavori sembrano non essere apprezzati proprio nella sua patria. Tutto cambia negli anni ’60, quando la creatività e il genio felliniano toccano i punti più alti della carriera del Maestro. Sono gli anni de La Dolce Vita e di 8 ½. Chi non ricorda le celebre scena di Anita Ekberg nella Fontana di Trevi che invita Marcello Mastroianni a raggiungerla? È probabilmente con Amarcord però che scopriamo davvero l’uomo dietro all’artista. Fellini in questa produzione torna con la memoria alla sua Rimini, alle sue bellezze ma soprattutto ai suoi contrasti, a un amore difficile da vivere e da raccontare. Un amore che richiama quel radicamento alla Romagna che rimarrà sempre e comunque la più forte spinta creativa del regista. Un amore amaro e nostalgico come suggerisce il titolo, preso proprio dal dialetto “A m’arcord”, mi ricordo, diventato poi neologismo della lingua italiana. Da qui in avanti nessuno metterà più in dubbio la grandezza del Maestro Fellini, che dopo La Strada, oltre a molti altri riconoscimenti, vincerà nella sua carriera altri quattro Oscar. Nel 1993 in seguito a complicazioni dovute a due ictus che lo colpirono nello stesso anno, morì. L’eredità che ha lasciato è inestimabile e lega ancora oggi indissolubilmente fondamenta e futuro del cinema ben fatto.

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Tra passato e presente di Waimer Perinelli

La guerra della polenta tra Feltre e Trento

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uest’anno i Feltrini resteranno senza polenta. Quest’anno causa Covid, non si è svolta infatti in piazza a Trento la tradizionale disfida dei Ciusi e dei Gobj che vede, da trentasei anni, i feltrini assalire le mura, simboliche, della città dell’aquila per impossessarsi della farina gialla. La disfida ha storia antica anche se fino al 1984 era rappresentata solo come mascherata, una forma carnevalesca spostata dall’ inverno al 26 di giugno nel giorno della celebrazione di San Vigilio patrono della città e del Trentino. Un modo per rendere omaggio al santo evangelizzatore del territorio i cui abitanti pagani, siamo nel 405 dopo Cristo, anziché ringraziarlo preferirono lapidarlo. Alla mascherata tradizionale, di cui si ricordano in particolare le edizioni del 1875 e del 1902, i feltrini partecipavano simbolicamente indossando vestiti ideati dai trentini che, generalmente preferivano affollare il Teatro Oseli alla fine del Settecento e il Sociale dal 1819, per assistere alle opere di Rossini, Verdi, Mascagni.... e, se possibile, fare quat-

Ciusi e Goby - Feste vigiliane 2018 (da L'Adigetto)

tro salti con le danze dette Cavalline. Nel 1984 il Comune di Trento, con felice intuizione, decise di rievocare una guerra tra feltrini e trentini che sarebbe avvenuta nel 493 dopo Cristo: un conflitto tra poveri per la disputa di un po’ di pane, farina ed altro cibo, sicuramente non di granoturco per la cui comparsa nella nostra cultura dovremo aspettare altri mille anni. Dice la leggenda, suffragata da un po’ di storia che fu Re Teodorico, il condottiero dei Goti, a invitare i feltrini

I Ciusi vincono la disfida e si portano la polenta a Feltre (da L'Adigetto)

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a Trento per impiegarli nella costruzione delle mura cittadine. I veneti sfruttati ed affamati un bel giorno si ribellarono. Non è noto come finì lo scontro ma ogni anno grazie al Gruppo storico della Confraternita dei Ciusi e dei Gobj, esso si rinnova in Piazza Fiera, davanti al palazzo del Principe Vescovo. “Una guerra simbolica”, chiarisce Sandro Bottura che al 2010 al 2014, è stato presidente della Confraternita. I feltrini o Ciusi indossano una divisa giallo-rossa con bolli neri; i Gobj trentini una tuta grigia e nera. Le due squadre si affrontano davanti alla polenta fumante che gli uni difendono e gli altri assalgono. Le due schiere si contendono la polenta preparata dalle strozzere, disponendosi nel seguente modo: i Gobj formano un cerchio a difesa del paiolo tenendosi vicendevolmente alle corde saldamente cinte attorno alla loro vita, volgendo la schiena al paiolo stesso. Al centro del cerchio prendono posto le strozzere, armate di grandi ramazze che servono per difendere la loro


Tra passato e presente polenta dagli assalti. I Ciusi devono disporsi in fila indiana a gruppetti di cinque, per cercare, nel rispetto delle regole del gioco, di rompere la catena degli avversari spezzando il cerchio e conquistando così la polenta. “Un regolamento particolare, dice Bottura, impedisce che i contendenti si facciano del male e alla fine una fetta di polenta c’ è per tutti”. Tutti affamati però quest’anno, pubblico, sempre numeroso, e contendenti, rimasti a bocca asciutta a causa del Covid mentre le celebrazioni si sono svolte, in forma ridotta ed elegante, nell’austero castello cittadino. In verità i feltrini la polenta di Trento non l’hanno mai assaporata perché non hanno mai partecipato alla disfida. Sono stati sempre i convitati di pietra e il loro ruolo è stato affidato a figuranti locali. La rappresentazione è entrata a far parte di un circuito di

feste medievali folcloristiche, da noi ancora rare, ma molto praticate in Germania e in Sud Tirolo, in Val Venosta, a Glorenza in particolare. “Uno spettacolo in forma ridotta, ricorda

Bottura, l’abbiamo portato a Milano ed è stato un successo”. Probabilmente lo gradirebbero anche nel Feltrino, protagonista, suo malgrado, di un pezzo di storia trentina.

La disfida tra Ciusi e Gobj (da Geosnews)

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Arte contemporanea di Waimer Perinelli

Opere scelte di

Aldo Pancheri Nella Rassegna Arte al Grand Hotel per trenta giorni a contatto con Aldo Pancheri l’artista fondatore dell’Arte Timbrica . Ottant’anni compiuti da poco, 70 dei quali dedicati alla pittura.

“A

vessi avuto l’idea trent’anni fa, l’Arte Timbrica sarebbe una realtà diffusa. Ora è ancora poco conosciuta. Ma, è noto, le ispirazioni, anche nell’arte, vengono quando vogliono”. Aldo Pancheri parla della sua intuizione come di un neonato, con affetto, e tenerezza. In realtà MAT, Movimento Arte Timbrica, di anni ne ha sei e gode di ottima salute. Genericamente si deve intendere come l’unione del lavoro artigianale dell’artista al quale si sovrappone e si fonde, con la tecnica antica del timbro, un segno, il “marchio” che diventa esso stesso arte. “ L’arte timbrica, spiega Pancheri, ha lo scopo principale di fare dialogare artisti di diverse provenienze culturali, accomunati dall’invenzione grafica di un proprio timbro. Offre la possibilità di potersi servire di questo strumento del tutto personale, utilizzabile in un’infinità di modi differenti. È l’incontro di diverse possibilità espressive derivanti da percorsi anche lontanissimi fra loro. “ La mostra, all’ Hotel Trento, dismessa a metà mese, è stata un viaggio nella sua lunga carriera, iniziata quando, ancora adolescente, con l’aiuto del padre Renato anch’egli pittore, allestì una personale della quale il poeta ermetico salernitano Alfonso Gatto, scrisse: “ “Il bambino Aldo Pancheri ha una breve carta d’identità, quale possono dargliela i suoi tredici anni vissuti tra scuola e casa, con in mano qualche volta libri d’arte più grandi di lui...Un giorno ci ricorderemo con tenerezza di questo biglietto di

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auguri scritto per lui in occasione della Venezia, Regione e Provincia Autonoma prima mostra, del nostro incontro col di Trento, Università Bocconi “Grafica” e suo volto di bambino triste e stupito.” Da Istituto Takagi Nagasaki Giappone. quel lontano 1954 la strada percorsa è Ottant’anni ma non li dimostra. “Non mi stata intensa. Era partito con un stilema sento vecchio, dice magari vissuto”. L’unico lamento che gli ho sentito pronunlegato al frottage di Max Ernst e con ciare in tanti anni di amicizia, è quello una pittura ad olio principalmente su di non avere conosciuto abbastanza tela; negli anni successivi propose sia lo zio Gino, morto quando Aldo aveva opere figurative che opere astratte e solo tre anni, la cui fama, ha aiutato e lavori dedicati alla poesia visiva, con un po’ oscurato la sua crescita. Ma non l’uso soprattutto di pigmenti inerti di è finita, ci sono progetti per il futuro.: origine minerale, pastelli, colori e paste «I progetti futuri si basano soprattutto acriliche. Ha collaborato con alcuni sull’arte timbrica, sto lavorando fra l’altro artisti locali ma si è legato prevalentemente a Milano, sua città di adozione. a un catalogo generale, mi auguro poi di Per molti anni ha studiato tecniche e riuscire presto ad esporre a Tokyo e a New sperimentazioni con lo stampatore York, purtroppo il diffondersi della pandemia ha bloccato le esposizioni all’estero.» Giorgio Upiglio. Presenza costante per Nell’attesa lavora ad un grande evenl’attività dell’artista è stato l’architetto to a Milano. Ma per ora non lo vuole Luciano Baldessari. svelare. Fra i molti critici che hanno parlato della sua opera ricordiamo Gabriella Belli, Roberto Sanesi, Giorgio Mascherpa, Marco Valsecchi, Elena Pontiggia, Claudio Cerritelli e l’artista Sergio Dangelo. Fra le molte sedi pubbliche dove si trovano le sue opere ricordiamo Raccolta Bertarelli-Civici Musei Castel Sforzesco Milano, Autostrade del Brennero, Banca d’Italia, Intesa San Paolo Milano, Mart Rovereto( TN), Museo Denon Francia, Centro InternaAldo Pancheri e Waimer Perinelli ritratti di bimbe (Hotel Trento) zionale della Grafica a


Serramenti (in pvc, legno/alluminio e alluminio), porte interne, portoncini d’ingresso (blindati e di sicurezza), porte da garage e basculanti (in metallo e legno) portoni ad ante e libro (in metallo e legno), sezionali (in metallo e legno), cancelli e recinzioni Tutti i prodotti e manufatti di VALSUGANA SERRAMENTI rientrano in quelli soggetti a deducibilità fiscale del 50% che può arrivare anche al 90% a seconda della specifica tipologia del prodotto.

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Conosciamo il territorio di Fiorenza Malpaga

“Oselera del Mation” sulla collina di Tenna Balcone storico sulla strada romana Claudia Augusta Altinate Nella parte meridionale della collina di Tenna, con una splendida vista su Levico, la piana di Caldonazzo, la Valsugana e i due laghi di Caldonazzo e Levico, in posizione strategica c’è la cosiddetta “oselera del Mation”, a quota 553 s.l.m., raggiungibile a piedi con tre bellissime passeggiate salendo da Brenta, o dal sentiero che si diparte dalla strada SP 16 nei pressi del campeggio Lago di Levico, altrimenti percorrendo la comoda stradina che si snoda sul crinale, partendo dal forte di Tenna, e passando a fianco della chiesetta di San. Valentino

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l manufatto, di proprietà privata, ristrutturato una ventina di anni orsono, è ubicato su una collinetta che riveste una notevole rilevanza di carattere storico, come attestato dalle ricerche d’archivio e dai vari testi, ad opera soprattutto di Luciano Brida, autore e coautore di vari saggi sulla storia locale. Come si nota ( foto 1) tutta la collina di Tenna era interessata, fin dalla preistoria e poi nell’epoca romana, a vari insediamenti, per la favorevole posizione al centro dei due laghi di Caldonazzo e Levico, in posizione sopraelevata rispetto al fondovalle, paludoso e soggetto ad esondazioni del fiume Brenta, e con il livello dei laghi più elevato rispetto all’attuale. Nella collinetta del “Mation”, viene evidenziata la cronologia storica degli insediamenti, prima un castelliere preistorico, poi un fortilizio romano e quindi Castel Vecchio. Il toponimo “Mation” deriva probabilmente dal termine “mastione” parte alta e fortificata di un castello, afferma il Brida e in base a documenti storici di Desiderio Reich “I castellieri del Trentino” 1904, la collinetta era stata interessata in epoca romana dalla costruzione di un fortilizio denominato

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“Castrum Vetus – Castel Vecchio”. La strada romana Claudia Augusta Altinate, proveniente da Quarto d’Altino vicino a Venezia e giungeva fino ad Ausburg (Augusta), in Germania, nel suo percorso lungo la Valsugana, transitava sulla collina di Tenna, come ne è indiscussa testimonianza Trincee al Mation I guerra mondiale storica il miliare romano rinvenuto nel 1878 nei vigneti sotto il paese, con indicata la epigrafe XXXXI° milia, esattamente 60 km da Feltre, tappa importante del percorso. Lungo dette vie, venivano infatti costruite delle torri di avvistamento e di controllo; sul dosso del “Mation” è documentata la Mation in stato abbandono presenza di tale manufatto. Nel medioevo, esattamente nel 1258, è data per certa la presenvegetazione. za del Castel vecchio sulla collinetta Verso la fine del 1800, il proprietario del “Mation” , probabilmente una del bosco costruì sul cocuzzolo una propaggine di Castel Brenta, sito nei casetta per scopi forestali, poi destipressi della chiesetta di S. Valentino, nata a roccolo, la cosiddetta “oselera”, come confermato in vari documenti dove venivano collocate le reti, gabdal Montebello nel 1743, ripreso da bie, lacci per la cattura dei numerosisDesiderio Reich nel 1907 e Carl Aussimi uccelli che in quegli anni passaserer nel 1915. vano nel transito dalla Valsugana. Il manufatto è stato poi nei secoli Attorno al dosso, e lungo il crinale abbandonato, diroccato e ricoperto di verso la chiesetta di San Valentino,


Conosciamo il territorio

Oselera Mation attuale dal basso

erano collocate le reti, e gli uccelli rimanevano imbrigliati nel volo e catturati; in quel periodo era una forma di caccia consentita. Durante la prima guerra mondiale, “l’oselera del Mation” era stata utilizzata quale punto di osservazione e comunicazione fra i vari forti della zona quali quello di Tenna, delle Benne, Pizzo di Levico. Nelle vicinanze, sono ancora presenti tre “Utestan”, depositi utilizzati durante la grande guerra; nel paese di Tenna sono ancora presenti alcuni di questi depositi. Attorno al roccolo, sono presenti ancora le trincee, dove venivano collocate le fuciliere, rivolte verso le truppe italiane provenienti dalla Valsugana. La casetta subì poi uno stato di abbandono, al punto che era crollato il tetto, e nel locale interno erano cresciute robinie, rovi ed altre sterpaglie;

solo i muri perimetrali di sassi resistettero alle intemperie. Alcuni anni orsono il proprietario ha provveduto al recupero del manufatto, rispettando la sagoma ed il sedime dell’antico roccolo, per conservare la memoria e la storia di una struttura, che ha rivestito, nel corso dei secoli, una notevole valenza storica, come ho cercato di indicare in questo scritto. Ne cito alcuni: -“Caldonazzo contributi storici” ed. Associazione Amici della storia anno 2000 -“Tenna cenni storici” ed Associazione Amici della storia anno 1993 Oltre ad altre fonti quali “Castel Brenta e la chiesa di San Valentino sul colle di Tenna” ed. Associazione Castelli del Trentino 2004 e “I Castellieri preistorici del Trentino “ ed. Associazione Castelli del Trentino 2010.

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Risate senza tempo di Veronica Gianello

Guareschi il “Don Camillo e Peppone” “Le dittature fanno apparire grandi le piccole cose, l’umorismo fa l’esatto contrario”, affermò in un’intervista Guareschi, perfetto ritratto di un genio libero da vincoli, schieramenti e risentimento post-bellico. In questo pensiero risiede la forza più grande di quest’uomo: il suo essere provinciale per nascita ma soprattutto per scelta e al contempo aperto al mondo. Solo da una visione ampia e approfondita di ciò che sta fuori dai nostri confini si può creare il cambiamento. Guareschi fu innovatore e visionario. Fu tante cose, ma soprattutto fu, in maniera naturale e vera, un grande umorista.

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u grande perché il suo “regime della risata” era fatto di sostanza e quotidiano, era un umorismo utile alla comunità. Egli stesso ha sempre affermato che il compito dell’umorista dev’essere innanzitutto quello di porsi nel presente ma con uno sguardo al futuro poiché proprio a lui spetta il compito di mettere in guardia le persone. L’umorista deve avere una funzione civile e una responsabilità che non sempre è scontata in chi di mestiere fa ridere la gente. Parlare di Guareschi solo in questi termini tuttavia sarebbe riduttivo. Lui, uomo libero che mai accettò compromessi, e che per questa sua indipendenza fu soggetto di diverse condanne, tra cui l’internamento militare nei campi tedeschi e polacchi durante la Seconda Guerra Mondiale. Ma Guareschi fu anche scrittore e da questa esperienza regalò al mondo piccole perle letterarie tra cui su tutte va ricordata La Favola di Natale. “Non abbiamo vissuto come i bruti”—racconta l’autore in un intervista dopo il suo rilascio—“Noi prigionieri non ci siamo rinchiusi nel nostro egoismo. La fame, la sporcizia, il freddo, le malattie, la disperata nostalgia delle nostre mamme e dei nostri figli, il cupo

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dolore per l’infelicità della nostra terra non ci hanno sconfitti. Non abbiamo dimenticato mai di essere uomini civili, con un passato e un avvenire”. Proprio da questa fede nell’avvenire e dalle solide radici, Guareschi riesce a ricostruirsi una vita, fatta, da quel momento in poi, soprattutto di giornalismo, ma ancora di più: fu fatta di un’idea messa su carta, diventata poi un successo. Quell’idea si intitolava Don Camillo. Giovannino Guareschi Dice l’autore: “Così vi ho detto, amici miei, come sono nati il mio pretone e il mio grosso sindaco della Bassa emiliana. [...] Chi li ha creati è la Bassa. Io li ho incontrati, li ho presi sottobraccio e li ho fatti camminare su e giù per l’alfabeto.” La naturalezza nella stesura di questa serie di racconti è dichiarata dall’autore che, come molti altri, ha bisogno

dell’arte e delle parole per ridare ordine e coraggio alla dura vita del dopoguerra. Siamo nel 1948, e I racconti di Don Camillo segnano l’inizio del ciclo di Mondo Piccolo, ambientato in un paesino di campagna indecifrato in quella Bassa pianura emiliana che si stende ai lati del fiume Po, un microcosmo dove Guareschi incen-


Risate senza tempo

Fernandel - Don Camillo

Gino Cervi - L'On.le Beppone

tra le vicende sui due protagonisti: don Camillo, il parroco, e il sindaco comunista (nonché meccanico del paese), Peppone, amici-nemici nell’Italia segnata dai conflitti del primo dopoguerra. La storia si costituisce di tanti episodi, pubblicati prima sul settimanale umoristico Candido, fondato, insieme a Giovanni Mosca, dallo stesso Guareschi. Successivamente vennero raccolti in otto libri, dei quali solo i primi tre pubblicati quando l’autore era ancora in vita. È subito un grande successo, che troverà la consacrazione definitiva con la trasposizione cinematografica del 1952 che, grazie ai volti dei noti attori Fernandel e Gino Cervi, farà entrare, con affetto, Don Camillo e Peppone nell’immaginario collettivo. Politica e Chiesa si intrecciano tra le pagine e sullo schermo in maniera unica e, ancora una volta innovativa. Le sfaccettature di un paese, che potrebbe essere uno qualunque, raccontano l’eterna

lotta tra le due parti che spesso sono complementari: Don Camillo è un prete grande e grosso, poco incline ad essere inquadrato negli stereotipi del prete di provincia, molto incline invece all’uso della forza fisica e di un linguaggio diretto. Un prete che possiamo definire in qualche modo “politicizzato”, che esce dalle mura sicure dalla sua Chiesa per consigliare e guidare “quel testone del sindaco”. Il sindaco Peppone, a sua volta, non è quasi mai descritto solo come primo cittadino. Certo, la sua ammirazione per il comunismo è cosa nota, ed è ciò che più di tutte preoccupa e infastidisce Don Camillo, eppure dietro al politico, all’istituzione, a quei baffi folti e allo sguardo burbero, c’è un uomo con una grande fede, che rispetta il Signore e ad egli si affida per essere uomo, padre e sindaco migliore. Il rapporto con Dio che passa attraverso fedeli e ministri terreni è completamente nuovo: spesso vengono

eliminati filtri e barriere, e lo stesso Signore interviene nella quotidianità di Don Camillo rompendo quel sacro confine tra cielo e terra. Il sacerdote infatti parla con Dio attraverso il crocefisso della chiesa. Lo fa sempre con grande rispetto e umiltà, tuttavia l’intimità e l’esclusività di questo rapporto riporta a un ambiente amicale. Questo particolare infastidì parecchio una parte della comunità cristiana che additò Guareschi come peccatore e paragonò i dialoghi con Dio alle bestemmie. Anche questa critica non toccò minimamente l’autore, ormai affermato e tradotto in tutto il mondo, che continuò a farsi compagnia con i suoi due amici e compaesani fino alla morte. Non avrebbe potuto immaginare, forse, che la grandezza che risiede nell’unicità, nella semplicità e nell’onestà della sua arte avrebbero continuato a vivere e ad essere riproposte con invariato affetto anche nelle generazioni future.

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Pelo e contropelo di Armando Munao'

E’ davvero finita tre a tre?

P

arafrasando un termine calcistico, le elezioni regionali hanno documentato che tra Centro Destra e Sinistra è finita con un pareggio: 3 a 3. Questo dicono le bandierine sistemate nelle sei Regioni chiamate al voto per eleggere o confermare i nuovi governatori. Certo, sembrerebbe un pareggio, ma in realtà non lo è perché all’inizio della tornata elettorale le Regioni governate dalla Sinistra erano 4 contro le due della Destra. Ora i risultati ci dicono che una di queste, le Marche, per decenni della Sinistra, è passata al Centro Destra. E quindi pareggio non c’è stato. È finita 3 a 3 e la Sinistra, per “cantare” vittoria, una motivata ragione potrebbe anche avercela perché, prima del voto, in molti pensavano che il risultato elettorale sarebbe finito 4/2, 5/1 se

non addirittura con un 6/0 tennistico a favore di Salvini, Meloni & C.. Così non è stato e la Sinistra a ragione festeggia, ma non per una reale vittoria bensì per lo scampato pericolo che avrebbe causato uno sconquasso politico dentro le stanze del Governo e del PD. Per la verità, una vera e indiscussa vincitrice c’è stata: Giorgia Meloni che ha ottenuto un successo senza Nicola Zingaretti precedenti, impensabile alla vigilia. E, per la cronaca e secondo gli ultimi “ondivago” e, per i più, incoerente sondaggi, Fratelli d’Italia, è diventato il comportamento. terzo partito in Italia, dopo PD e Lega, “Ce l’abbiamo fatta”, ha detto Di Maio accreditato di circa il 16% di consensi commentando il risultato del SI e del elettorali. Apprendiamo anche che NO referendario. Poco o niente dice, Giorgia Meloni è stata eletta presidenperò, sul fatto che in due anni circa i te dei Conservatori e riformisti europei. 5 Stelle hanno perso molti, moltissimi È la prima italiana a guidare un partito milioni di voti. E se ciò è avvenuto europeo. Succede al ceco Jan Zahradil, sono del parere che i massimi espoche è stato in carica per ben 11 anni nenti dovrebbero chiederselo, con Il Movimento 5 Stelle invece merita un discorso a parte perchè per i grillini si è concretizzato un indiscutibile disastro elettorale che in alcune regioni ha di fatto quantificato il loro più che dimezzamento in termini percentuali, in altre addirittura ridotti ai minimi termini. Un risultato che dovrebbe fare riflettere i “grandi” capi del Movimento affinchè capiscano che gli elettori forse, e Centrosinistra magari senza forse, si sono stufati del Centrodestra loro, non di rado,

2014

Matteo Salvini

Giorgia Meloni

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Pelo e contropelo

2015

Centrodestra

Centrodestra

Centrosinistra

Centrosinistra

umiltà e onestà, con un serio, dovuto e accurato esame di coscienza, e magari anche con un sonante “mea culpa”. Predicare bene con i “vaffa” di “Grillina” memoria è facile, ma se poi si razzola male, questi sono i risultati che si ottengono nel tempo. Mi preme anche sottolineare che nel corso della lunga campagna elettorale, che ha preceduto il voto del 20 e 21 settembre, le posizioni di numerosi esponente del PD e del Centro Sinistra (e per la verità anche moltissimi giornalisti schierati) quasi sempre miravano non tanto ad un confronto su loro programmi e progetti specifici e su quelli del Centro Destra, quanto alla demonizzazione di questo schie-

Luigi Di Maio

2020

ramento e in particolare di Salvini, Giorgia Meloni & C.. Su tutti, però, mi ha veramente colpito una delle tantissime frasi dette dal segretario PD Zingaretti quando ha urlato: “Noi siamo e saremo il vero baluardo all’avanzata delle Destre. E quindi italiani pensate bene a come voterete”. Rispetto l’opinione di Zingaretti, mi permetto, però, solo un piccola considerazione a lui rivolta e che certifica, al di la di ogni ragionevole dubbio, che non sono le Destre che avanzano bensì le Sinistre che indietreggiano e che i loro elettori, ad ogni tornata elettorale, fanno veramente fatica a sostenerli. Ne è d’esempio la Toscana, terra rossa per eccellenza, dove la candidata della Lega, Susanna Ceccardi, supportata da Forza Italia e Fratelli d’Italia ha chiuso con un 40,46%, una percentuale politicamente straordinaria in una terra da sempre governata dai “compagni” di ieri e di oggi. E, a conferma del mio scrivere, vorrei ricordare che nel 2014 il PD e tutta la Sinistra governava ben 16 regioni su 19 e la Destra soltanto 3. Dopo circa 6 anni la situazione si è completamente ribaltata a vantaggio delle Destre con una quantificazione che poco spazio

lascia alle discussioni: 13 a 6 prima del voto. E ora, dopo la tornata di settembre, 14 a 5 sempre per il Centro Destra. E allora mi domando e vi domando: sono le Destre che avanzano oppure è la Sinistra che continuamente perde terreno e posizioni politiche strategiche? Sono le Destre che per merito loro conquistano Regioni oppure è La Sinistra che perde continuamente consensi ed elettori, magari a causa del suo malgoverno? Vorrei ricordare, al segretario Zingaretti, che da sempre le partite e i confronti, di qualsiasi tipo e a qualsiasi livello, si possono vincere solo in due casi: per merito proprio o per demerito dell’avversario. La risposta al giudizio dei lettori.

Silvio Berlusconi

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A ciascuno il suo di Waimer Perinelli

Il pallone nel sacco: la politica nel pallone Caro direttore leggo il tuo editoriale elettorale contenente tanti riferimenti ai risultati calcistici e confermo l’impressione che i due mondi siano più vicini di quanto normalmente si pensi e si tema.

T

re a tre il risultato parziale della partita nazionale di settembre con il referendum ai tempi supplementari. Quattordici a cinque la classifica generale. Già il 22 settembre è iniziato il girone di ritorno e sono state aperte le scommesse sulla legge elettorale, nuove regole con la soglia percentuale del fuorigioco. Il Parlamento, il Governo: tutte partite da giocare. Speriamo con maggiore correttezza e civiltà di quanto accaduto prima e durante i giorni 20 e 21 settembre scorsi.. La disfida di fine estate, in particolare alle elezioni comunali, ha registrato una serie di scorrettezze, con insulti al limite della diffamazione, e in qualche caso, collaterali scontri fisici: prove muscolari e scarso utilizzo dei muscoli del cervello. Tutto questo mi ha ricordato il mitico Nereo Rocco, triestino, classe 1912, centrocampista ed attaccante della Triestina subito dopo la seconda Guerra Mondiale, poi allenatore della stessa squadra,

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del Padova e del Milan. Fu Rocco ad importare dalla Svizzera all’Italia il “catenaccio” ovvero la scelta difensiva estrema “Perché, diceva el Paron, primo obiettivo è non prendere gol, poi con un po’ di fortuna centrare la rete avversaria. In fondo, concludeva, el balon l’è tondo e rugola”. La sua regola era la modestia senza negare l’ambizione. Fu lui da allenatore del Milan a regalare ai meneghini due scudetti, tre Coppe Italia, due Coppe dei Campioni, due Coppe delle Coppe, una Coppa Intercontinentale. Una sua battuta ha fatto sorridere almeno due generazioni di appassionati di calcio. Era il 1955 e, dopo varie esperienze Nereo era approdato in serie A con il Padova. Una squadra compatta, agguerrita, ma inferiore alle blasonate. E fra queste c’era il Milan. Una domenica, da non dimenticare, i padovani scendevano in campo contro i nero rossi. Lungo il corridoio che porta dagli spogliatoi al campo

Nereo Rocco

di gioco, una schiera di giornalisti e uno di loro, tifoso del Padova, disse a Rocco “ In bocca al lupo! e aggiunse con enfasi: Vinca il migliore”. Nereo si fermò, lo guardò e borbottò: “ Eh no, speremo de no!”. Un auspicio che nel calcio ci sta tutto, allo stadio siamo pronti ad accettare pur brontolando, che non vinca il migliore. Ma in politica dobbiamo essere più esigenti, maggiormente severi. La cosa giusta è che vinca sempre il migliore, dotato di senso civico, onestà intellettuale e morale, capacità di sintesi e dialogo. I tifosi stiano in curva, sostengano civilmente i preferiti, ma poi alla fine sappiano dialogare fra di loro deponendo le armi e riconoscendo, facendo ammenda, quando hanno superato i limiti imposti dal vivere civile. Solo così a vincere sarà tutta l’Italia e inizierà la difficile ma non impossibile partita amministrativa. Altrimenti la politica sarà nel “pallone” e la democrazia rischierà il cul de sac.


In “filagrana” di Nicola Maccagnan

Referendum sul taglio dei parlamentari

Gli Italiani dicono “sì” Sarà vera gloria (ovvero riforma)?

I numeri, si sa, contano. Almeno quelli non sono, in teoria, opinabili. E in una consultazione popolare, un’elezione diretta o un referendum contano ancora di più. Che cosa ci dicono dunque, questi numeri, del referendum costituzionale degli scorsi 20 e 21 settembre?

I

“sì”, ovvero i favorevoli alla riforma costituzionale sul taglio dei parlamentari, si sono imposti a larga maggioranza, quasi il 70% dei votanti, ma questo era ampiamente prevedibile, visto che quasi tutto lo scacchiere politico, almeno nei proclami ufficiali della vigilia, si era detto a favore. La Camera dei Deputati passerà quindi da 630 a 400 esponenti; il Senato della Repubblica da 315 a 200. Meno 345 teste o meglio, come ha sostenuto in questi mesi una fetta dei promotori del “taglio”, di pance da riempire. Risparmio totale per le casse dello Stato, ovvero per i contribuenti italiani? Circa 100 milioni di euro all’anno secondo alcuni promotori del referendum, poco più della metà secondo l’Osservatorio di Carlo Cottarelli, uno che di “numeri” se ne intente abbastanza. Cottarelli fa infatti riferimento ai soli introiti netti dei parlamentari e non già al lordo (in cui sono ricompresi tasse e contributi previdenziali che costituiscono per le casse statali quella che si definisce una partita di giro). Insomma, secondo sempre il nostro Cottarelli, il risparmio effettivo finale per gli italici costi della politica, e quindi per le casse statali, sarebbe pari allo 0,007% della spesa pubbli-

ca nazionale. “Poca roba, propaganda a buon mercato”, secondo i detrattori della riforma, che si chiedono: “Non sarebbe ad esempio molto più incisivo - sia sul piano economico che della qualità finale dei lavori – riparametrare le retribuzioni dei parlamentari in base alle loro effettive presenze in aula e alla quantità e qualità del loro operato?”. “Comunque, finalmente, un taglio ed un risparmio, un inizio e l’avvio di un percorso virtuoso”, secondo invece i sostenitori del referendum, che brindano alla caduta della prima pietra di un totem monolitico. Sin qui i numeri che si vedono. Ci sono però anche delle cifre che occorre guardare in controluce, o… in filigrana se preferite, soprattutto in ordine agli effetti che la riforma produrrà. I sostenitori del “sì” sbandierano da tempo il fatto che un numero di parlamentari ridotto di oltre un terzo darà ai lavori d’aula un ritmo più snello e veloce, organismi più agili, inutili ridondanze. I contrari ribattono che in verità, restando immutato il bicameralismo “perfetto” (ovvero quello per cui entrambi i rami del Parlamento fanno sostanzialmente le stesse cose) cambierà molto poco. Anzi, aggiungo questi ultimi,

si profilano alcuni rischi di non poco conto per l’effettiva rappresentanza democratica, con i territori marginali destinati a “contare” ancora e sempre meno. Guardando un poco oltre, volendo, si scorgono altre insidie, ad esempio quella data dal fatto che le segreterie di partito, già potentissime, potranno così controllare ancora più facilmente (con o senza listini bloccati) i “loro” parlamentari, oramai spesso lontani da un rapporto di relazione con le comunità dei territori. Si starebbe insomma instaurando, secondo i detrattori della riforma, una sorta di cortocircuito della casta per alimentare se stessa. Staremo a vedere, potremmo concludere con formula non proprio originalissima. Che questo sia un inizio è auspicabilmente vero; che sia una riformina (o riformicchia, sostengono i più salaci) dagli esiti tutti da valutare, probabilmente altrettanto. Sul fatto che questo Paese abbia bisogno di riforme radicali, vere, concrete, coraggiose e profonde a parole sono tutti d’accordo, da decenni. E allora speriamo che, una volta tanto, la montagna non partorisca il topolino. Tutto tricolore, naturalmente.

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Elezioni comunali in Valsugana 2020 di Nicola Maschio

Oss Emer nuovo sindaco Senza rivali a Pergine

I

l cerchio delle elezioni comunali si chiude anche in Valsugana. Anzi, meglio sarebbe dire che, per qualcuno, il cerchio si è chiuso solo in parte. Si perché non tutte le zone del territorio valsuganotto hanno espresso una preferenza chiara e dunque, come previsto per simili casi, solo il ballottaggio potrà eleggere il Primo cittadino. Va detto che in tanti Comuni in realtà non ci sarà bisogno della seconda votazione, “merito” anche della mancanza di avversari per alcuni Sindaci e dunque corse solitarie che, una volta raggiunto il quorum, si sono rivelate una formalità. Incremento inoltre della rappresentanza femminile in Valsugana, mentre in tanti Comuni la differenza di percentuale tra i candidati è stata notevole. Ma andiamo con ordine: partiamo da Pergine, dove Roberto Oss Emer si conferma Sindaco con il 60,23%. Cinque le liste civiche a sostengo del già rappresentante della comunità perginese, che per la terza volta guiderà la legislatura nel segno della continuità. Nulla da fare per Roberto Valcanover, fermo al 26,47%, e Giuseppe Facchini, ultimo a quota 13,31%. A Castel Ivano invece la scelta ricade nuovamente su Alberto Vesco (60,48%) (ovvero 1296 consensi) che supera il diretto rivale Armando Floriani (39,52%). Negli altri Comuni, netta vittoria per Claudio Voltolini, che a Grigno conquista il 63,11% delle preferenze, poi per Giorgio Mario Tognolli (67,06% a Bieno), Edy Licciardiello (65,04%) a Ospedaletto) e Andrea Giampiccolo, con il 61,88% a Samone. Vittorie sotto al 60% invece per Nicoletta Trentinaglia a

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Carzano (54,78%), Graziella Menato a Castello Tesino (51,05%), Matteo Degaudenz a Telve (51,58), Claudio Ceppinati a Castelnuovo (57,46%), Leonardo Ceccato a Cinte Tesino (53,44%) e Daniela Campestrin a Torcegno (55,87%). Riconferma a pieni voti invece per coloro che hanno “semplicemente” dovuto sfidare il quorum, ovvero Diego Margon a Novaledo, Oscar Nervo a Pieve Tesino, Mirko Montibeller a Roncegno Terme, Federico Maria Ganarin a Ronchi Valsugana, Lorenza Ropelato a Scurelle, ed infine Giampaolo Bonella a Telve di Sopra. In Alta Valsugana diventano sindaci al primo turno, Francesco Roberto Oss Emer Fantini a Bedollo, Cristian Uez a Calceranica, Mauro Stenico a te cinque le riconferme su un totale Fornace, Franco Moar a Palu’ del di 17 Sindaci eletti, con il numero di Fersina 52,53%), Andrea Fontanari a S. donne che raddoppia e passa dalle Orsola Terme( 53,32%), Nicolo’ Marco precedenti due del 2015 alle attuali Perinelli a Tenna (55,83%), Lorenzo quattro. Per quanto riguarda la zona Moltrer a Fierozzo (55%). del Primiero invece, Daniele Depaoli Servirà invece il ballottaggio per elegsi impone con il 79,46% (2.410 voti in gere il nuovo Sindaco di Caldonazzo: tutto) contro gli appena 623 dell’avi cittadini, trascorse le due settimane versario Bruno Simion (20,54%). A di rito, sono stati richiamati alle urne Canal San Bovo invece Bortolo Rattin per scegliere tra Elisabetta Wolf di s’impone nei confronti del quorum, Siamo Caldonazzo (ferma al 32,82% mentre a Imer passa Antonio Loss al primo turno dopo gli 878 voti ricecon il 60,82%. A Mezzano Giampiero vuti) oppure Riccardo Giacomelli di Zuliani fa il 73,24% ed infine a Sagron Vivere Caldonazzo, arrivato a 693 conMis è ancora una volta il quorum a sensi per un totale del 31,43%. Esclusi farla da padrone, con Marco Depaoli dalla corsa invece Francesco Minora confermato nel Comune più picco(Caldonazzo cambia passo, terzo con lo. Come detto, il cerchio si chiude 344 voti) e Cesare Viola (Lega Salvini attorno alla Valsugana, lasciando però e Insieme per Caldonazzo, stoppato qualche ultimo spiraglio di brivido ed a 290 consensi). Complessivamente incertezza tipico delle elezioni. dunque, in Valsugana sono solamen-


Speciale Elezioni 2020

SPECIALE ELEZIONI

I GOVERNATORI ELETTI GOVERNATORE

2020

SECONDO

TERZO

STEFANO CALDORO

VALERIA CIARAMBINO

CENTRO DESTRA

M 5 STELLE

VOTI 1789017

464.921

255.714

69,48%

18,06%

9,93%

LIGURIA

FERRUCCIO SANSA

ARISTIDE MASSARDO

GIOVANNI TOTI (CENTRO DESTRA

CENTRO SINISTRA+ M5S

PSI+EUROPA+IV

VOTI: 383053

265.506

16.546

56,13%

38,90%

2,42%

MAURIZIO MANGIALARDI

GIANMARIO MERCORELLI

CENTRO SINISTRA

CIVICA+M5S

VOTI: 361.186

274.152

63.355

49,13%

37,29%

8,62

RAFFAELE FITTO

ANTONELLA LARICCHIA

CENTRO DESTRA

M 5 STELLE

VOTI: 871028

724.928

207.038

46,78%

38,93%

11,12%

SUSANNA CECCARDI

IRENE GALLETTI

CENTRO DESTRA

M 5 STELLE

VOTI: 863.611

718.605

113.692

48,62%

40,46%

6,40%

VENETO

ARTURO LORENZONI

ENRICO CAPPELLETTI

(CENTRO DESTRA)

CENTRO SINISTRA

M 5 STELLE

VOTI: 1.883.959

385.768

79.662

76,79%

15,72%

3,25%

CAMPANIA VINCENZO DE LUCA

(CENT. SINI.)

MARCHE FRANCESCO ACQUAROLI (CENTRO DESTRA)

PUGLIA MICHELE EMILIANO (CENT. SINI.)

TOSCANA EUGENIO GIANI (CENTRO SINISTRA)

LUCA ZAIA

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43


SPECIALE ELEZIONI

Speciale Elezioni 2020

SPECIALE ELEZIONI

DATI ELETTORALI REGIONALI DATI ELETTORALI REGIONALI ANNO 2015 ANNO 2015

PARTITO

VENETO

PARTITO

PUGLIA

VENETO

AFFLUENZA

57,15%

AFFLUENZA LEGA NORD

51,15%

57,15%

LEGA NORD

VOTI VOTI

38.661 38.661

329,966

17,82 17,82

MARCHE

TOSCANA

2.29 2.29

LIGURIA

MARCHE

48,28%

51,15%

329,966

PERCENTUALE PERCENTUALE

TOSCANA

PUGLIA

LIGURIA

49,78%

48,28%

49,78%

214.430

69.065

214.430

69.065

16,15 16,15

13.02 13.02

CAMPANIA CAMPANIA

50,68%

50,68%

VALLE D'AOSTA

VALLE D'AOSTA

51,93%

51,93%

109.209

109.209

NP

20,25 20,25

NP

PARTITO DEMOCRATICO PARTITO DEMOCRATICO

VOTI 308.438 308.438 316.876 316.876 VOTI PERCENTUALE PERCENTUALE

16,66 16,66

614.869 614.869

18,81 18,81

186.357 186.357 138.257 138.257443.879 443.879

46,34 46,34

35.13 35.13

25,63 25,63

19,4919,49

MOVIMENTO 5 STELLE

MOVIMENTO 5 STELLE

VOTI

VOTI

PERCENTUALE

192.630

275.114

200,771

100.202

120.219

387.546

16,33

15,13

18,89

22.29

17,01

69.884

68.286

405,773

192.630

275.114

10,40

16,33

10,40

PERCENTUALE FORZA ITALIA

FORZA ITALIA VOTI

110.573

181.896

VOTI 110.573 PERCENTUALE 5,97

PERCENTUALE FRATELLI D'ITALIA

VOTI

FRATELLI D'ITALIA PERCENTUALE

15,13

120.219

18,89

112.658

387.546

22.29

17,01

112.658 8,49

69.884 9.40

68.286 12,66

405,773 17,81

5,97

10.80

8,49

9.40

12,66

17,81

48.163

39.164 2,32 39.164 PAG

48.163

PERCENTUALE

100.202

181.896 10.80

2,60

VOTI

200,771

2,60

2,32 PAG

51.152

34.538

3,86

6.51

51.152

34.538

3,86

16.562

124,543

3.07

5,46

16.562

6.51

124,543

3.07

5,46

1

1 DATI ELETTORALI REGIONI

ANNO 2018 ELETTORALI CAMERA DEI DEPUTATI DATI REGIONI

PARTITO ANNO 2018

VENETO

AFFLUENZA

PARTITO LEGA NORD

79,04%

VENETO

AFFLUENZA

VOTI

PERCENTUALE

LEGA NORD

PARTITO DEMOCRATICO

VOTI

VOTI PERCENTUALE PERCENTUALE

PUGLIA

CAMERA DEI DEPUTATI TOSCANA

69,01%

PUGLIA

560.625

77,03%

MARCHE

CAMPANIA

72,01%

71,03%

LIGURIA

CAMPANIA

371.396

153.742

171.352

85.162

6,2

17,4

17,3

19,9

5,8

560.625

135.125

32,3 16,1

LIGURIA

135.125

69,01%

280.283

77,05%

TOSCANA

79,04%

32,3

MARCHE

298.710

6,2 13,7

77,05%

371.396

632.507

17,4 29,6

77,03%

153.742

189.724

17,3 21,3

72,01%

171.352

169.766

71,03%

85.162

209.939

19,719,9

14,2

5,8

PARTITO DEMOCRATICO MOVIMENTO 5 STELLE

VOTI 280.283 414.990 VOTI PERCENTUALE PERCENTUALE

23,9 16,1

981.580 298.710

577.013 632.507

44,9 13,7

24,7 29,6

316.417 189.724 259,264 169.766659.143 209.939 35,5 21,3

30,119,7

44,5 14,2

FORZA ITALIA

MOVIMENTO 5 STELLE

VOTI

186.956

N

d’informazione e cultura

18,7

9,9

9,9

12,6

18,4

43.431

32.517

65.823

44,9

PERCENTUALE

augana

272.779

23,9

10,8

77.926

VOTI 186.956 PERCENTUALE 4,5

Periodico gratuito

108.907

PERCENTUALE

FORZA ITALIA VOTI

EWS

88.163

981.580

FRATELLI D'ITALIA

44

212.281

414.990

PERCENTUALE

50

409.401

VOTI

10,8

82.098

577.013 24,7

77.926

35,5

89.093

259,264

30,1

659.143 44,5

409.401 3,8

212.281 4,2

88.163 4,9

108.907 3,8

272.779 4,4

18,7

9,9

9,9

12,6

18,4

82.098

89.093

43.431

32.517

65.823

PAG

FRATELLI D'ITALIA

VOTI

316.417

1


SPECIALE ELEZIONI Speciale Elezioni 2020 SPECIALE ELEZIONI

DATI ELETTORALI EUROPEE

DATI ELETTORALI EUROPEE ANNO 2019

ANNO 2019

PARTITO PARTITO

VENETO

VENETO

AFFLUENZA

PUGLIA

TOSCANA

PUGLIA

TOSCANA

MARCHE

LIGURIA

MARCHE

LIGURIA

CAMPANIA

CAMPANIA

VALLE D'AOSTA VALLE D'AOSTA

63,70%

49,80%

65,80%

62,10%

58,50%

47,60%

51,91%

VOTI VOTI

1.234,610 1.234,610

403.424 403.424

588.727 588.727

291.061 291.061

251.696 251.696

419.623 419.623

18.525 18.525

PERCENTUALE PERCENTUALE

49,88 49,88

25,29 25,29

31,48 31,48

37,98 37,98

33,88 33,88

19,21 19,21

37,17 37,17

VOTI VOTI

468.789 468.789

265.412 265.412

622.934 622.934

170.596 170.596

185.260 185.260

417.396 417.396

8.083 8.083

PERCENTUALE PERCENTUALE

18,94 18,94

16,64 16,64

33,31 33,31

22,26 22,26

24,94 24,94

19,11 19,11

16,22 16,22

AFFLUENZA LEGA LEGA NORD NORD

63,70%

49,80%

65,80%

62,10%

58,50%

47,60%

51,91%

PARTITO DEMOCRATICO DEMOCRATICO PARTITO

MOVIMENTO 5 STELLE

MOVIMENTO 5 STELLE

VOTI

220.429

419.344

237.109

141.239

122,536

739.542

4.830

VOTI

220.429

419.344

237.109

141.239

122,536

739.542

4.830

PERCENTUALE FORZA ITALIA

9,91

26,29%

12,68

18,43

16,49

33.85

9,69

PERCENTUALE

FORZA ITALIA

VOTI

VOTI PERCENTUALE

PERCENTUALE

FRATELLI D'ITALIA

9,91

149.636

149.636 6,05 6,05

26,29%

177.303

177.303 11,11 11,11

12,68

18,43

108.793

42.381

108.793 5,82

42.381 5,53

5,82

5,53

16,49

57.887

57.887 7,79 7,79

33.85

9,69

298.254

2.684

298.254 13,65

2.684 5,38

13,65

5,38

FRATELLI D'ITALIA VOTI

167.394

141.865

92.233

44.644

42.118

127.254

1.618

PERCENTUALE VOTI

6,76 167.394

8,89 141.865

4,93 92.233

5,83 44.644

5,67 42.118

5,82 127.254

3,25 1.618

8,89 PAG

4,93

5,83

5,67

5,82

3,25

PERCENTUALE

6,76

PAG

1

1 DATI ELETTORALI REGIONALI

DATI ELETTORALI REGIONALI ANNO 2020 PARTITO

VENETO

AFFLUENZA PARTITO

VENETO

61,14%

LEGA NORD

AFFLUENZA

PUGLIA

TOSCANA

56,43%

PUGLIA

59,69%

MARCHE

53,46%

LIGURIA

68,38%

VALLE D'AOSTA

107.371

132.999

55,54%

68,38%

PERCENTUALE LEGA NORD

16,95

9,57

21,78

22,38

17,14

5,64

23,9

PARTITO DEMOCRATICO

VOTI

348.187

160.507

351.976

139.414

107.371

132.999

15.837

PERCENTUALE VOTI

16,95 244.769

9,57 289.188

21,78 560.981

22,38 156.358

17,14 124.586

5,64 398.382

23,9 10.106

PERCENTUALE

11,91

17,25

34,71

25,10

19,89

16,91

15,24

MOVIMENTO 5 STELLE VOTI

244.769

289.188

560.981

156.358

124.586

398.382

10.106

55.240 11,91

165.243 17,25

113.386 34,71

44.325 25,10

48.722 19,89

233.875 16,91

2.589 15,24

55.240

165.243

113.386

44.325

48.722

233.875

2,69

9,86

7,02

7,12

7,78

9,92

PERCENTUALE

2,69

9,86

FORZA ITALIA

VOTI

VOTI PERCENTUALE PERCENTUALE

FORZA ITALIA FRATELLI D'ITALIA

73.224 3,56

149.399 8,91

7,02

con UDC

69.216 4,28

7,12

36.709 5,89

53,46%

55,54%

CAMPANIA

VALLE D'AOSTA

139.414

MOVIMENTO 5 STELLE

59,69%

CAMPANIA

351.976

VOTI PERCENTUALE

62,64%

LIGURIA

160.507

PARTITO DEMOCRATICO

56,43%

62,64%

TOSCANA

MARCHE

348.187

VOTI

61,14%

ANNO 2020

SANSA+ARTUNO

SANSA+ARTUNO

7,78

33.040 5,27

15.837

9,92

3,91

con

2.589

121.657 Fratelli

3,91

5,16 d'Italia

con

con UDC

FORZA ITALIA

VOTI VOTI

73.224 196.261

149.399 211.693

69.216 218.161

36.709 116.196

33.040 68.062

121.657 140.836 Fratelli 3.761

PERCENTUALE PERCENTUALE

3,56 9,60

8,91 12,63 PAG

4,28 13.50

5,89 18,66

5,27 10,87

5,16 5,98 d'Italia 5,68

FRATELLI D'ITALIA

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FINO AL 31 OTTOBRE

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Tra passato e presente di Beppe Toller

Percorrere la storia, conoscerla ed amarla è come vivere due volte.”

Caldonazzo: la rivoluzione del XVIII secolo I 50 anni che hanno cambiato la struttura e l’economia del paese e del suo territorio.

S

ì, perché i due storici avvenimenti del 1700 furono proprio, in senso buono, una vera rivoluzione per tutta la popolazione caldonazzese e non solo. Parliamo dell’abbandono di Caorso con la deviazione del Centa e della “faticosa” realizzazione del “nuovo” Brenta che fino ad allora nasceva prevalentemente dal Lago di Levico raccogliendo dal Lago maggiore solo poche acque reflue in occasione delle grandi alluvioni. CAORSO Assunse la nomea di villaggio sicuramente fin dall’inizio del secondo millennio. Le prime notizie risalgono ad alcuni atti del 1200 ove si parla di tali “Odoricus Abriani ed Hendrigus Faber de Cavortio” il che fa pensare che l’attività di un fabbro facesse parte di nuclei plurifamigliari che occupavano i primi ondulati rilievi del Monte Cimone. Giulio Marchesoni nel suo “ La distruzione di Caorso” cita anche vari cognomi del tempo; Baldessari, Marchi, Tartarotti, Suester (titolare fin dal ‘500 di un’ osteria), Curzel, Gaspari ed altri. Gran parte delle case erano raggruppate in 5 colmei: Cioli, Martinelli, Perati (poi Prati), Boghi e Pradi. Operavano anche sicuramente anche alcuni modesti mulini. Il grosso problema dell’abitato era costituito dal Centa (dial. La Zénta), un torrente a volte imprevedibile le cui acque

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scorrevano per lo più disordinatamente in tutto il conoide da tempo immemorabile. Ma veniamo a Caorso. Fin dai primi insediamenti gli abitanti della frazione avevano realizzato a monte un robusto argine di sassi e fascinali al fine di regimentare le acque e costringerle a scorrere lungo il Monte Rive Borgo Valsugana - Il fiume Brenta per poi, in prossimità del Castello, spargersi un po’ Piazza del Municipio – Levico, attuale ovunque ed in parte anche nel Lago. Via Roma, ma in passato chiamata Ma il letto del Centa col passare degli appunto Via delle Ca’ Nove, bonificananni continuava a salire, fino a quando l’area del Prà delle Roze, deviando do nel primo ‘700 i Colmei, i masi ed il torrente Centa sulla fascia prima i terreni agricoli adiacenti iniziarono abitata lungo le propaggini dei monti ad essere sconvolti da ricorrenti ed di mezzogiorno e sbarrando la valle incontrollabili alluvioni che portacon un potente argine in muratura su rono alla drastica decisione del loro progetto definitivo dell’ Ing. F. Bassi.” abbandono. Per tali realizzazioni il Comune doRiporta Luciano Brida, apprezzatisvette ricorrere ad onerosi prestiti per simo autore caldonazzese, nel suo un totale di 15000 fiorini estinti nel “Caldonazzo, contributi storici”: “Casuccessivo decennio. orso fu abbandonato dagli abitanti nel 1758 in base ad una convenzione La definitiva bonifica delle paludi con il Comune di Caldonazzo che di Caldonazzo e Pergine s’impegnava a ricostruire le nuove Pensiamo alla parte nord – est della case dei caorsiani lungo la direttrice piana Caldonazzese nei secoli antece-


Tra passato e presente

Laghi di Caldonazzo e Levico. Col di Tenna. A sinistra letto del Centa. A destra letto della Brenta che nasce dal lago di Caldonazzo (Foto Saverio Sartori)

denti alla realizzazione dell’opera su citata. Una vasta palude che dal Lago, le cui acque rasentavano periodicamente l’attuale Via Andanta che si snodava fra Calceranica e la frazione di Brenta, interessava un centinaio di ettari fino al fondovalle Levicense. Altre notevoli superfici di acquitrini da S. Cristoforo si estendevano inoltre fino alla periferia di Pergine ( Piazza delle Oche). Anche qui nelle stagioni piovose un gorgogliare di acque che dal Lago alimentavano il Fersina. Un paradosso per gli osservatori attuali affermare che il Centa ed il Lago erano, tramite il Fersina appunto, affluenti dell’Adige! Ma era così. Comunque tutto il fondovalle fino a Borgo ed oltre era un susseguirsi di terreni sortumosi ed acquitrinosi come i famosi “Laghi morti” di Novaledo. Tutte queste paludi, oltre a sottrarre vasti terreni all’agricoltura, erano state nei secoli territorio ideale per la diffusione delle zanzare portatrici della malaria una vera pestilenza citata da vari autori fin dal tardo Medioevo. Scrive Umberto Mattalia, nel suo “Cronache e Storie Valsuganotte” a proposito di questa malattia: “La morte usciva dai canneti sulle ali delle zanzare”; un riferimento lugubre ma significativo. La malaria veniva anche chiamata “il male dei poveri”, perché imperversava ove le condizioni di vita

erano misere e precarie. Ma veniamo quindi agli ultimi decenni del ‘700. L’idea di realizzare un razionale emissario del Lago non era nuova. Più volte in precedenza gli amministratori di Caldonazzo e Pergine, sollecitati dalla Curia Trentina e dai feudatari locali, avevano intrapreso iniziative singole e congiunte per una progettazione esecutiva dell’opera stessa; ma i termini del relativo (e costoso) finanziamento portavano inevitabilmente a frizioni e ripensamenti. Riporta un documento redatto dal Cancelliere di Caldonazzo Giovanni Tamanini del 1772: “Questa Comunità, avendo risolto di fare un nuovo alveo alla Brenta per abbassare il Lago, chiede al comune di Pergine di concorrere alle spese d’ esecuzione dei lavori utili anche per eliminare la Palù di S. Cristoforo, ecc.”. In riferimento alla Brenta v’è da sottolineare che fin dagli anni 500 si provvedeva saltuariamente a delle provvisorie canalizzazioni delle acque lungo l’area paludosa a valle, che avevano portato, dopo la peste del 1630, ad un consistente abbassamento del livello lacustre di ca. 60/70 cm. Ma i veri lavori del nuovo alveo ove scorre attualmente l’emissario del lago iniziarono solo nel 1794. Ancora Luciano Brida riporta in dettaglio le vicende legate alla realizzazione dell’opera il

cui costo fu di 3590 fiorini a carico in prevalenza dei due Comuni (Caldonazzo e Pergine). Il collaudo dell’opera, compreso il ponte tutt’ora esistente in prossimità della frazione di Brenta, si fa risalire comunque al settembre del 1820. Nei decenni precedenti anche più a valle, nei Comuni di Levico, Novaledo e Borgo, si era provveduto alla definitiva canalizzazione del fiume eliminando così paludi ed acquitrini. Così il Brenta venne anche utilizzato per il trasporto i mercanzie in tutto il suo lungo percorso (km. 174). Interessante a proposito un documento del1798 ove si legge: “Il fu Gio Batta Ogniben detto Schir di Centa fece una condotta di legnami levati nel monte del paese e condotti per il Brenta nello Stato Veneto…”. Tali interventi portarono all’affermarsi in quegli anni di un importante settore agricolo: la gelsicoltura per l’allevamento del baco da seta; quello che il famoso entomologo Giuseppe Dalla Beffa in uno dei suoi trattati chiamò “il miglio amico dell’uomo”. Tale attività fin dalla metà del ‘700 trovò a Caldonazzo, ma anche a Pergine Levico ed in altri centri, un fervore d’iniziative mai visto nel passato con la relativa nascita nel paese di ben 16 piccole filande, il cui prodotto veniva in gran parte indirizzato verso il Roveretano, ove l’attività della filatura della seta incrementò decisamente l’esportazione non solo del grezzo ma anche del semilavorato. Oggi il Brenta scorre tranquillamente in un moderno alveo ricevendo, in loc. Maines di Levico, l’abbraccio del “nuovo” Centa che dopo lo scampato pericolo dell’alluvione risalente al novembre 1966 la Provincia ha definitivamente regimentato (costruzione di 13 nuove briglie– dial. Zàmbei – larghezza minima dell’alveo m. 50), lasciando finalmente alle spalle i lontani e turbinosi secoli della sua storia.

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Storie di casa nostra di Massimo Dalledonne

SAT BORGO un secolo di vita

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ent’anni e non sentirli. In sole cinque parole è racchiuso lo spirito con cui i satini della sezione di Borgo si stanno avvicinando ai festeggiamenti in programma in paese venerdì 6, sabato 7 e domenica 8 novembre. Tre giorni di festa, una ricorrenza che, a causa dell’emergenza sanitaria, è stata rimandata in autunno. Una lunga attesa per raccontare e ripercorrere un secolo di vita, altrettante storie di uomini e donne che hanno fatto dell’amore della montagna, della natura e dell’ambiente quasi una vocazione, una passione che ha tenuto insieme in tutto questo tempo la sezione di Borgo. “La montagna è sinonimo di bellezza, passione, dedizione, impegno, amicizia e solidarietà”. Così il presidente Andrea Divina che, da diversi mesi, con l’intera direzione sta lavorando ad un intenso programma. Per festeggiare nel migliore dei modi questo “speciale compleanno” è stato dato alle stampe anche un volume. Edito da Litodelta, s’intitola “Sat Borgo, cent’anni e non sentirli”. Come si legge nella prefazione “si tratta di un album storico della locale famiglia satina” dove trovano posto racconti e una parte storica dedicata alle cinque distinte ripartizioni temporali che hanno caratterizzato la vita della sezione. Ma, soprattutto, un album fotografico e documentario con scatti inediti messi a disposizione dall’archivio storico sezionale, da quello della sede centrale e della biblioteca Sat di Trento e da tanti soci. Non mancano le vecchie fotografie e gli scatti di don Cesare Refatti, Gigi Cerbaro e Franzi Vitlacil “che testimoniamo anche i radicali mutamenti ambientali, paesag-

gistici e culturali occorsi nell’arco di un secolo. La metamorfosi dei luoghi e della toponomastica alpina, il tramonto di certe attività e le trasformazioni tecnologiche e culturali legate alla frequentazione della montagna moderna. In altre parole – conclude la prefazione – cento candeline che guardano al passato per celebrare il presente e aiutarci a programmare il futuro!”. Il volume è stato realizzato da un gruppo di persone con il coordinamento editoriale e testi di Franco Gioppi: con lui hanno collaborato lo stesso Andrea Divina, Luca Alberini, Maria Elisa Galvan, Carlo Galvan e Riccardo Segnana. L’appuntamento con i festeggiamenti della Sat di Borgo è per il secondo fine settimana di novembre. Venerdì 6 si parte con il concerto, in serata, del Coro Valsella presso il Tempio Civico di Sant’Anna. Il giorno seguente, sabato 7 novembre, dalle 16 il momento ufficiale presso l’auditorium dell’oratorio parrocchiale di Borgo. Alla presenza delle autorità locali e provinciali, dei vertici trentini della Sat e dei rappresentanti delle sezioni di tutto il Trentino verrà presentato il volume dedicato al centenario. Spazio anche alla premiazione del concorso di disegno che si è svolto, durante lo scorso anno scolastico, in paese con il coinvolgimento delle classi della locale scuole elementare. A chiudere l’inaugura-

zione della mostra fotografica sulla storia della sezione Sat di Borgo presso lo Spazio Klien in piazza Degasperi. Mostra che resterà aperta per una decina di giorni. I tre giorni di festa si concluderanno domenica alle 10.30 con la celebrazione della Messa presso la chiesa arcipretale di Borgo ed allietata dal Coro Valsella. A chiudere il pranzo presso il palasport in via Gozzer con la premiazione dei soci più anziani. La partecipazione è aperta a tutti, a pagamento, con le prenotazioni che si raccolgono telefonando al 336/466876 (Andrea). Dopo la presentazione, sarà possibile anche acquistare il volume “Sat Borgo, cent’anni e non sentirli”. Sarà messo in vendita al costo di 15 euro, copie disponibili presso la sede in piazza Degasperi, in biblioteca comunale, presso la Libreria Il Ponte e diversi esercizi commerciali di Borgo Valsugana. Excelsior e buona festa del centenario alla Sat di Borgo!

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Umana-Mente di Chiara Paoli

Scuola, ritorno con ansia Tutti i genitori, soprattutto le mamme, attendevano con ansia settembre e il ritorno dei figli a scuola, dopo 6 mesi dalla chiusura dei plessi. Un rientro sudato, nell’attesa di ricevere, perlopiù all’ultimo minuto orari e indicazioni utili all’ingresso scaglionato e distanziato dei bambini e ragazzi. Nel mio caso una comunicazione è avvenuta nel primo pomeriggio del venerdì, mentre per la figlia più grande abbiamo trattenuto il fiato fino a sabato mattina, in attesa di notizie.

D

opo tanti mesi di chiusura, un rientro ancora amaro, fatto di mascherine e gel disinfettante, ma soprattutto rattristato dal distanziamento imposto. Sappiamo bene quali siano i rischi e in questo periodo in cui i numeri dei contagi tornano a salire, ogni febbre, colpo di tosse o minimo raffreddore (facile in questi giorni di sbalzi termici) mettono ansia ai genitori. A pochi giorni dalla riapertura sono già stati fatti numerosi tamponi, molti dei quali fortunatamente negativi. Per evitare i controlli c’è chi ha pensato di tenere i propri figli a casa, optando per la scuola parentale o home schooling al fine di “salvaguardare” la salute della prole. Si tratta di un tipo di istruzione rivolto ad un cerchio più ristretto e che può sicuramente avere i suoi vantaggi, ma i bambini con questa modalità perdono una fetta di socialità, il confronto con la realtà e il contesto scuola come istituzione. In realtà molti genitori hanno già dovuto sopperire a tre mesi di didattica a distanza, ingegnandosi e faticando a gestire anche il proprio lavoro e comprendendo quali siano le fatiche di un insegnante, preferendo quindi delegare ad altri l’incombenza dell’istruzione. Le regole sono molte e per i bambini sono sicuramente difficili da interiorizzare e soprattutto da capire; è arduo spiegare loro perché non possono giocare insieme, toccarsi o stare semplicemente

vicini. Nonostante ciò i più piccoli si sono adattati anche a questa strana e anomala situazione, sono rientrati a scuola felici di potersi rivedere e di ritornare a una parvenza di normalità. La normalità però in questo momento rimane soltanto utopia, un’illusione, un sogno a occhi aperti, un ricordo ormai lontano. La scuola mostra tutta la sua fragilità, gli insegnanti devono seguire severi protocolli e le regole la fanno da padrone, sarà un anno scolastico difficile per tutti, sia studenti che docenti. Le mascherine coprono il viso, nascondono il sorriso e le espressioni, quasi a trattenere le nostre stesse emozioni. Quanto era bella la scuola della

condivisione dei materiali quando a qualcuno mancava la gomma o anche della merenda, perché qualcuno se l’era dimenticata. Ricordo con occhi lucidi la scuola dell’amicizia, fatta di rincorse durante la ricreazione, di scambio di giochi e di chiacchiere con il vicino di banco. C’era una volta una scuola fatta di bambini che si prendevano per mano per darsi coraggio l’un l’altro, ma oggi tutto questo non c’è più. Spero immensamente e con tutto il cuore che questa scuola possa ritornare a risplendere, a vivere di relazioni, di scambi e anche di abbracci, perché l’educazione è anche sostenersi, volersi bene e dimostrarselo con la vicinanza, anche fisica.

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Tra passato e presente di Chiara Paoli

Dolcino e Margherita: anime ribelli Il tragico, appassionato, amore di fra Dolcino e Margherita torna alla vita con un nuovo romanzo ambientato a Pergine.

“A

nime ribelli. Margareta e Dolcino al rogo,” questo il titolo del primo romanzo di Alessandra Sebastiani, insegnante in pensione e scrittrice che risiede a Sant’Orsola Terme. Un romanzo storico che affonda le sue radici agli inizi del ‘300, ma che intreccia la sua trama con le vicende, datate 2017 di alcuni giovani studenti del liceo di Pergine Valsugana. I ragazzi sono accompagnati dalla loro carismatica professoressa di storia alla scoperta delle terribili vicende legate all’eresia dolciniana, all’Inquisizione, alla tortura giudiziaria e morte sul rogo. Attraverso le loro ricerche si dipana la matassa: 520 pagine che narrano la triste storia di questi perseguitati, che denunciavano giustamente l’ostentata e intollerabile corruzione della Chiesa e professavano invece la fede dei semplici, come fecero gli ordini mendicanti a partire dal XII secolo. I seguaci di fra Dolcino da Novara predicano il Vangelo, la povertà e la preghiera nelle strade, fra la gente più umile, vivendo nella semplicità, senza denaro e nella condivisione dei beni materiali. Margherita lascerà la sua casa, la sua vita agiata e la cittadina di Arco per amore, affrontando numerose avversità e la morte sul rogo, seguendo un richiamo interiore che la guida in questa esperienza di straordinaria spiritualità. E non sarà sola in questa avventura, diverse sono le sue compagne che verranno additate

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come streghe e accusate di blasfemia per la loro capacità di guarire con erbe curative. Marcello ed Eloisa, i protagonisti delle vicende della Biella medievale trovano nella contemporaneità degli alter ego all’interno dell’istituto superiore Marie Curie di Pergine. Attraverso il sogno e una serie di casualità essi “riallacciano” i rapporti con il passato, facendo riaffiorare i ricordi di una vita precedente. La loro stessa insegnante è connessa con la Brunilde trecentesca, che con il suo prezioso evangelario miniato farà da tramite per il ricongiungimento familiare della giovane Eloisa, che per lungo tempo era rimasta all’oscuro delle proprie origini e delle vicende che l’hanno portata a nascere e crescere senza i suoi genitori naturali. Un volume che mescola storie d’amore ed elementi mistici, cucito su connessioni e spiritualità molto forti, quasi palpabili, una ricerca introspettiva che invita a meditare su di sé. Riflessioni su un tempo ormai lontano, che trovano spazio sulle bocche di studenti adolescenti, immersi nel loro linguaggio gergale e connessi al mondo attraverso lo smartphone, ma anche frequentatori di biblioteche e aperti a nuove e sorprendenti esperienze. Vicende medievali che narrano di personaggi tormentati, alimentati dal fuoco interiore

della passione, visionari, ribelli che affrontano con coraggio l’esistenza nonostante i duri colpi subiti, modelli di vita per la loro fede incorruttibile e per la smisurata umanità. Una conclusione positiva e felice che ripercorre le parole di San Paolo nella lettera a Tito: “Tutto è puro per i puri. Il regno di Dio è giustizia pace e gioia”. E in questo periodo tormentato dalla pandemia molti sentono forse il bisogno di aggrapparsi nuovamente alla fede per trovare risposte che possano rincuorarci; o forse c’è semplicemente bisogno di credere in un disegno più grande, confidando nel fatto che gli avvenimenti più nefasti avvengano per una opportuna ragione.


Ieri avvenne di Elisa Corni

Ha ucciso: si taglino la testa e una mano Grazie ai documenti d’archivio è stato possibile ricostruire, seppur parzialmente, un episodio giudiziario avvenuto agli inizi del Settecento in Valsugana. Si tratta del rendiconto delle spese sostenute per organizzare la cattura, il processo e la condanna alla pena capitale di un assassino; con poche carte, qualche riflessione e un po’ di fantasia si può ricostruire una piccola, piccolissima storia.

C

orreva l’anno 1711; era il 31 luglio e a Caldonazzo Pavolo Chilicer, accusato dell’omicidio di Antonio Petribone di Schio, è incarcerato. Pavolo Chilicer abitava a Canezza, in Valle dei Mocheni, ma era probabilmente figlio di immigrati di seconda o terza generazione; il suo cognome è infatti tipico dalla Moldavia - regione nella quale è ancora presente - regione dalla quale la sua famiglia si era con ogni probabilità trasferita alla ricerca di impiego come contadini o minatori. Non sappiamo di preciso né quando né dove fu commesso il delitto ; è certo però che Chilicer fu catturato probabilmente nel vicentino da “sbirri stranieri”, e da questi tradotto alla Corte Trapp. Il rapinatore e omicida fu rinchiuso in una cella del castello che a quanto pare era in disuso da tempo, dato che la prima spesa che risulta è quella di un falegname per la ricostruzione della porta. Per ottenere la clemenza della Corte Pavolo Chilicer confessò dove aveva nascosto il denaro rubato, ma ciò non fu sufficiente per scampare alla dura sentenza: il taglio della testa e della mano. Secondo l’arcaico principio della “legge del taglione”, infatti, era legittimo infliggere ai colpevoli lo stesso male da essi provocato e dunque il taglio della mano ai ladri, della lingua agli spergiuri, la condanna

capitale agli assassini, agli adulteri, ai falsari. La certezza dell’esecuzione, fissata per il 6 novembre, spinse Chilicer a tentare negli ultimi giorni di ottobre una disperata evasione. Provò inutilmente a demolire la porta della cella: i fori furono prontamente richiusi, l’uscio rinforzato con altri due catenacci e foderato dall’interno con una miriade di chiodi come risulta proprio dal rendiconto preso in esame. Tre giorni prima della fatidica data prese avvio il rituale che accompagnava le esecuzioni capitali. Fu fatto venire un carnefice da Merano; furono allestite la forca, alla quale sarebbe stata appesa con delle catene la mano del decapitato, e la “chiesuola”, un piccolo altare dove il condannato avrebbe avuto l’ultima occasione per pregare e chiedere perdono a Dio; si andò a prendere a Trento la tavoletta, dipinta con una scena sacra, che i due “confortatori” designati avrebbero dovuto tenere davanti agli occhi del condannato per impedirgli di vedere chicchessia mentre veniva condotto al patibolo e favorirne il ravvedimento. Dopo 98 giorni di carcere Pavolo Chilicer fu decapitato, non prima però che gli venisse concesso di bere un bicchiere di vino malvasia. L’iter giudiziario costò alla Corte Trapp quasi 400 fiorini: 50 andarono al boia e 80 alle figure istituzionali che a vario titolo parteciparono al processo,

più di cento servirono per assicurare i pasti al condannato, a sbirri, carnefici, servitori, testimoni. In seguito al dibattito innescato dal libro di Cesare Beccaria, “Dei delitti e delle pene” pubblicato nel 1764, il primo ad abolire la pena di morte fu nel 1786 il granduca di Toscana, seguito nell’anno successivo dall’imperatore austriaco Giuseppe II; in Italia fu cancellata nel 1889 per poi essere reintrodotta nel 1926 da Mussolini e dall’allora ministro della Giustizia Alfredo Rocco per punire reati contro la Stato. Nella nostra Costituzione la pena di morte è abolita dall’articolo 27 se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra. Decapitazione - Caravaggio David con la testa di Golia

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Il passato in cronaca di Massimo Dalledonne

Corvo, il prete del Gherlenda In paese i suoi compaesani lo chiamavano affettuosamente don Bepi Gobo. Quel 10 ottobre del 1944 stava per essere arrestato in occasione della retata tedesca a Castello Tesino, Ma don Francesco Giuseppe Sordo riuscì fortunosamente ed in modo a dir poco avventuroso a scappare. Con altri partigiani del battaglione Gherlenda si rifugiò in località Celado. Sono passati 76 anni da quei fatti, un mancato arresto per don Corvo, così ribattezzato da Giuseppe Sittoni nel suo volume dedicato agli uomini ed ai fatti del Gherlenda, che quei anni li visse in maniera davvero rocambolesca.

E

ra nato a Castello Tesino, in via Terrasanta, nel 1908 ed all’età di 21 arriva il richiamo della vocazione. Si confida con l’allora arciprete del paese don Giuseppe Biasiori e prosegue gli studi in Piemonte. Esattamente ad Asti, presso i Giuseppini, un ordine che occupa degli emigranti, Diventa sacerdote nel 1935, tenente cappellano militare nell’Arma dei Carabinieri- Lo troviamo nel 1940 impegnato nella campagna di Albania, successivamente in Sicilia per essere poi trasferito, a causa di un intervento chirurgico, presso l’ospedale militare di Ferrara. Qui vi rimane fino all’agosto del 1943 per essere catturato, il 9 settembre, dai tedeschi dai quali, però, riesce a fuggire.

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L’accusa era di aver aiutato soldati e ufficiali della Divisione Piave a scappare. Come scrive Giuseppe Sittoni “cercato in tutta Italia dai nazisti scappa in bicicletta da Ferrara arrivando fino alla conca del Tesino e, successivamente, ad Alano di Piave dove si unisce ai partigiani del Montello”. Nel maggio del 1944 combatte i repubblichini “con la spada della parola” nel varesotto per finire poi, sempre al fianco dei partigiani, in Val d’Ossola. Catturato, viene portato in carcere a Verona da dove, però, monsignor Casonato riesce a liberarlo per trasferirlo nel Novarese. Ma don Corvo non riesce proprio a stare fermo e decide di voler raggiungere dal Piemonte il suo amato Tesino. Durante il viaggio, però, viene arrestato da un repubblichino sul lago di Garda e tradotto, sempre in carcere, a Riva del Garda. Per l’ennesima volta riesce a fuggire e raggiunge tra mille pericoli e avventure il Tesino dove diventa cappellano militare del battaglione Gherlenda. Fuggito al rastrellamento di Castello Tesino del 10 ottobre 1944 lo troviamo pochi giorni dopo a Trento ed a Malè dove cerca di ricongiungersi con i partigiani. In Val di Sole viene ospitato nella casa di monsignore Giuseppe Biasiori, l’ex arciprete di Castello Tesino, per raggiungere, attraverso il passo Tonale, il paese di Trecate e la Valtellina. Come scrive nel suo libro Giuseppe Sittoni “riesce ad

arrivare in Svizzera, sfuggendo anche ad un posto di blocco dei fascisti sul lago d’Orta dove “si mangia” alcuni documenti davvero compromettenti per la resistenza”. Alla fine del 1944 si ammala di bronchite ed è ospite del vescovo di Lugano. Nel corso del mese di febbraio dell’anno successivo viene invitato, come cappellano militare, a visitare vari campi di ufficiali e partigiani in terra svizzera. Durante gli anni della guerra don Francesco Giuseppe Sordo fa amicizia con il generale Raffaele Cadorna, divenuto poi comandante del CVL e con il generale Magliano, comandante dei partigiani della Val d’Aosta. Dopo la Seconda Guerra Mondiale decide di congedarsi dall’Arma dei Carabinieri e va missionario tra gli emigrati italiani in California e Pennsylvania. Muore negli Stati Uniti, nel 1959, all’età di 51 anni, vittima di un incidente stradale in Pennsylvania.


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Il personaggio di Luca Dell’Orco

Elisa Carvelli Professionalità e sensualità Miss, fotomodella e giornalista sportiva con quel pizzico di sensualità capace di “bucare” lo schermo e conquistare il popolo maschile. Più di 10mila followers su Instagram, una laurea in tasca e tantissima voglia di emergere in campo televisivo e fotografico. Elisa Carvelli spazia dalla moda alla fotografia, dalla tv ai social network. Dalla sua Torino – la città in cui è nata, ma da anni ormai Trento l’ha accolta e qui vive attualmente – ha saputo farsi largo nel campo dello spettacolo ed ora è in cerca del definitivo salto sotto le luci dei riflettori che contano. Presenza fissa di un programma di Instagram, Elisa Carvelli ha saputo unire una sensualità che spicca al primo sguardo ad una professionalità che è il frutto di ore ed ore di lavoro per farsi trovare preparata. Oltre alle gambe, insomma, c’è molto di più. E anche se al primo sguardo il fisico conquista ogni sguardo, Elisa viaggia con i piedi ben piantati per terra, umile e semplice. La voglia di farcela non manca. Persone e trasmissioni hanno iniziato a credere in lei, dapprima magari convinte dall’aspetto fisico e poi stupite dalla professionalità. 58

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Ph Daniel Gazzani

Come nasce questa voglia di entrare nel mondo dello spettacolo? Ho sempre sognato di far parte di questo mondo, poi dopo i primi shooting ho avuto la certezza che potevo farcela. Non mi pongo limiti, sogno la tv e lavoro per farcela a conquistare il mio spazio. Tutto è nata dalle passerelle… Ho iniziato con i concorsi di bellezza, le fasce vinte le custodisco ancora gelosamente! Col passare degli anni, ho scelto di dare spazio sia al mio fisico che al mio cervello. Alcuni brand se ne sono accorti e io collaboro con loro. Ma non ho intenzione di fermarmi qui… Nel frattempo tutti i lavori sono sul tuo profilo Instagram che continua a crescere di numeri…

Mantenere aggiornato un profilo Instagram è un lavoro, parlo per chi vuole approfittare di quello che i social hanno da offrire, altrimenti è un passatempo come tanti altri. Il vantaggio di Instagram sta nell’essere una piattaforma che permette di farti conoscere tantissimo, e per il lavoro che faccio io è importante postare ogni giorno contenuti nuovi. Hai mai ricevuto proposte… indecenti? Tutti i giorni mi arrivano proposte indecenti… e per questo voglio dare una piccola recensione positiva ad Instagram, che spesso e volentieri ne archivia parecchie nella sezione “richieste” in modo tale da lasciare all’utente la facoltà di decidere se visualizzare o meno.


Il personaggio fa parte del “pacchetto”. Se decidi di metterti in mostra devi valutare molte cose e fra le tante anche questa. Chi si mette sotto i riflettori, in fin dei conti, è perché lo desidera. Come ha reagito Trento al tuo boom sui social e alle tue fotografie magnetiche? So che la gente ne parla parecchio, cerca di sapere sempre qualcosa di più o di troppo. E io lascio che se ne parli… CONTATTI SOCIAL https://www.instagram.com/elisacarvelli27/ Ph Danny Tamanini

Proposte di ogni genere… tu come reagisci? Semplicemente, ci sto facendo l’abitudine. Vado oltre il rimanerci male, guardo a tutti gli aspetti positivi che Instagram può offrirmi. Per chi come te si mette in gioco a livello di immagine, i giudizi e i pregiudizi da affrontare sono molti. Esattamente, sono tantissimi, e so che dovrò affrontarne altrettanti per proseguire nel mio cammino. Ma è la conseguenza di questo lavoro: puoi decidere di rimanerci male o fregartene. Se la risposta fosse la prima, quella che soffrirebbe sarei solo io: e questo non lo permetterò mai, a niente e a nessuno, è una delle promesse che mi sono fatta.

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Eppure il tuo personaggio piace perché non è solo sensuale, ma anche preparato e accattivante. Per me la sensualità non è semplicemente una gamba scoperta o un abito scollato: una persona sensuale cattura con la mente e con lo sguardo, ce l’ha nel sangue, è una cosa spontanea, del tutto naturale. Anche un uomo può essere volgare, magari semplicemente nel modo di parlare. Dico solo che la volgarità non c’entra nulla con l’essere femminile. I tuoi outfit sono quelli che hanno contribuito al tuo successo su Instagram. Avendo frequentato una scuola di moda mi baso parecchio sulla struttura dell’outfi, e quindi scelgo accuratamente colori, tessuti, fantasie, dettagli... Cosa ti piace indossare per sentirti elegante e femminile? I tacchi esprimono la femminilità, così come gli anelli e gli orecchini: non riuscirei a stare senza, soprattutto per una persona vanitosa come me Ti capiterà spesso di sentirti gli occhi addosso… Certo, e non ne faccio un problema. Alcune volte può succedere un pizzico di soggezione, però lo sguardo

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I consigli di

agricoltura orticoltura giardinaggio

L’importanza della concimazione autunnale La concimazione influisce in modo determinante sulla qualità del raccolto. Contrariamente a quanto avviene tradizionalmente, dovrebbe essere effettuate sia in primavera che in autunno. Abbiamo chiesto ad Ermanno Murari, agronomo, di parlarci dell’efficacia della concimazione frazionata. 1. Bisogna concimare un vigneto tutti gli anni? Certamente sì. Partiamo dal presupposto che il viticoltore ha ASPORTATO elementi fisici della pianta come l’uva. Per produrre il grappolo la pianta ha utilizzato elementi chimici che dovranno essere REINTEGRATI. Se oltre a questo pensiamo anche al cambio climatico e ai fenomeni piovosi di questi ultimi anni, vediamo come le piogge sono state abbondanti e in un breve lasso di tempo, quindi con una grande azione negativa di dilavamento dei suoli. Per non parlare delle esondazioni dell’Adige che hanno avuto probabilmente un’azione ancor più negativa. Circa per produrre 150 q.li di uva la pianta “spende” 87 kg di Azoto (N), 46 kg di Fosforo (P2O5) e 128 kg di Potassio (K2O) per non parlare degli altri microelementi. 2. Come faccio a sapere quanto concime apportare al mio vigneto? Intanto sarebbe opportuno sapere quanto ne è presente. Sono molti i laboratori che possono eseguire ad un costo più che accettabile un’analisi del suolo, che ci indica il tenore degli elementi nutritivi e ammendanti. 3. Che differenza c’è tra elemento nutritivo e ammendante? Iniziamo dall’ammendante: è la sostanza organica presente in un suolo ed è “il tramite” tra l’elemento nutrizionale e la pianta. Un tempo era sostenuta dagli apporti dati dai contadini

Vigneto ben concimato varietà pinot grigio (foto di Diego Tomasi)

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con le deiezioni degli animali nelle stalle. Oggi possiamo utilizzare ammendanti pellettati facili da distribuire. Dobbiamo accertarci che nel nostro terreno ci sia sempre almeno un 2% di sostanza organica. 4. E questa quando e come la distribuisco? La sostanza organica sarebbe bene che fosse interrata. È utile distribuirla nel periodo autunnale in modo che possa integrarsi nel suolo con efficacia entro la primavera successiva. Una buona integrazione di ammendante organico pellettato con un quantitativo di Azoto (N) organico di circa il 2% è nell’ordine di 9/10 q.li/ettaro. 5. Ma la pianta assorbe sempre quello che gli dò? La pianta della vite assorbe poco in inverno quando non ha le foglie, assorbe bene durante il periodo estivo, ma ha un’intensa attività radicale in primavera e verso la fine dell’estate fino alla caduta delle foglie (Fregoni). 6. E assorbe un po’ tutto? Prima abbiamo parlato di Azoto (N) Fosforo (P) e Potassio (K). È interessante sapere che la vite non è come noi che utilizziamo ciò che mangiamo, la vite può assorbire in un periodo un elemento e poi utilizzarlo in un secondo tempo. L’Azoto (N) è l’elemento principale per la crescita, interviene nella fotosintesi, nella produzione di proteine ed enzimi e nella formazione delle gemme. L’Azoto (N) ha un picco di assorbimento in autunno, ma non lo utilizza, mentre non viene assorbito all’inizio della primavera, ma alla pianta serve perché lo utilizza per crescere e svilupparsi. Un po’ funziona così anche il Fosforo (P), viene assorbito in autunno e utilizzato in primavera. Il Potassio (K) invece è più lineare: l’assorbimento e il suo utilizzo da parte della pianta più o meno coincidono. (D. Porro)

Vigneto di pinot grigio con problemi di concimazione (foto di Diego Tomasi)

7. Quindi devo concimare in autunno? Sì, la pianta avrà assorbito dentro di sé gli elementi nutritivi e a primavera il nutrimento sarà pronto per essere utilizzato e sfruttato per la crescita e lo sviluppo. 8. E le foglie? È importante sottolineare che l’apparato fogliare sia sempre in ordine. Se vogliamo un ottimo assorbimento radicale foglie e soprattutto femminelle devono essere attive. Quindi sarebbe bene non abbandonare la difesa e lasciare che la peronospora ci rovini un polmone verde e efficace della pianta. 9. Con una buona concimazione ho anche una migliore qualità delle uve? Sì. È stato dimostrato che una buona concimazione amplifica gli aromi. Sul Pinot grigio, per esempio, ha raddoppiato gli aromi fruttati e floreali, raddoppiandone la gradevolezza. (D. Porro) 10. Si può quindi fare solo concimazione sul terreno? No occorre sempre considerare le stagioni. Ovviamente in autunno ci concentriamo su quella a terra, ma durante lo sviluppo vegetativo è meglio verificare la piovosità e eventualmente alternare gli apporti. È inoltre da considerare che il terreno deve essere pronto ad accogliere gli elementi fertilizzanti, quindi non deve essere troppo compattato. (P.R.)


Conosciamo il territorio di Chiara Paoli

Valsugana:

Castagne in cammino Il Sentiero del Castagno Valsugana è un percorso, frutto dell’impegno di 10 amministrazioni comunali della Valsugana Orientale, la cui vegetazione è fortemente caratterizzata dalla presenza del frutto più gustoso dell’autunno. Questo progetto è stato ideato e ha preso forma grazie al sostegno e al finanziamento del Progetto Leader Plus Valsugana e dei comuni di Roncegno Terme, Ronchi Valsugana, Torcegno, Telve di Sopra, Carzano, Scurelle, Spera, Samone e Strigno.

S

e un tempo si riteneva che la castanicoltura fosse stata importata in Europa, oggi la scienza ci ha aiutato a chiarire che si tratta di un frutto che si trova nelle nostre zone da tempi lontanissimi ed era già noto ai greci e ai romani per le sue proprietà nutritive e non solo. Il castagno nell’antichità si era rivelato utile per realizzare pali e come cibo utile a sfamare i poveri nel corso dell’inverno. Nel medioevo verrà fatta una selezione che permetterà di dare spazio alle varietà più produttive, mentre in tempi più recenti il legno inizia a essere utilizzato anche per la realizzazione di arredi e travature. Questa pianta ha attraversato un periodo difficile, in parte per l’ingente uso di legname utile a produrre carbone e tannino richiesti dalle industrie, e poi per le malattie, come il “Mal dell’inchiostro” e il “Cancro corticale” che hanno danneggiato per lungo tempo i raccolti. Oggi le coltivazioni tornano a essere produttive e spuntano nuovi e originali prodotti a base di castagna come creme spalmabili e birre artigianali. Ora grazie all’iniziativa, dei nove comuni valsuganotti, sono anche decoro e colore per un originale percorso. I tracciati percorribili all’ombra dei castagni sono 9 e invitano residenti e turisti a riscoprire la ricchezza paesaggistico-ambientale offerta

da questa pianta da frutto, offrendo anche l’occasione di immergersi nel foliage autunnale. Il più breve e semplice è lungo 1,6 km e prende avvio dal paesino di Carzano passando per la chiesa della Madonna della Neve e il torrente Maso per giungere alla centrale idroelettrica, toccando i luoghi della memoria legati al “Sogno di Carzano”. Il secondo sentiero per lunghezza è quello che permette di passeggiare tra i masi alti di Roncegno con i suoi 2,65 km, mentre il percorso che parte da maso Rozzati con una lunghezza di 3,28 km, porta alla scoperta di due splendide chiesette, quella dedicata a San Nicolò e quella affrescata di Santa Brigida. Sempre a Roncegno si colloca il percorso di 3,7 km con partenza nei pressi della chiesa per attraversare il torrente Larganza, passando per il sito delle “Antiche Fonti”, note un tempo per le acque arsenicati e ferruginose del “Monte Tesobbo”, dove si scorgono ancora i resti di un antico maniero. Dall’abitato di Torcegno e più precisamente dal Centro Lagorai Natura, si dipana un sentiero di 4,1 km con visita al castagno secolare passaggio alla cappella dedicata a Maria Ausiliatrice, costruita nel 1836 come voto per essere stati salvati dall’epidemia di colera. L’itinerario numero 7 parte dall’incrocio di Telve per il passo Man-

ghen e conduce all’antico maniero di Castellalto (5,5 km). Sulla cartina sono poi proposti: il giro dei masi di Ronchi Valsugana (5,8 km) con partenza dalla chiesa dei “7 dolori” e quello denominato “tra antichi masi e foreste di conifere” (6,7 km) che parte dal cimitero di Telve e conduce al colle di Santa Giustina con il suo splendido punto panoramico sulla Valsugana. L’ultima proposta per lunghezza con i suoi 7, 1 km porta “sui sentieri della Grande Guerra”, con partenza da Telve di Sopra alla grotta della Madonna di Lourdes e passaggio a Torcegno dove è possibile ammirare il castagno secolare più imponente del Trentino. La mappa in pdf è scaricabile online al sito: https://www.visitvalsugana. it/documenti/Cosa%20Fare/ Passeggiate%20e%20trekking/ cartina%20strada%20del%20castagno.pdf

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Tra passato e presente

di Elisa Corni

La fotografia, dal dagherrotipo allo smartphone Il 9 luglio del 1839, quasi due secoli fa, nasceva uno strumento che avrebbe cambiato il rapporto che abbiamo con l’immagine: il dagherrotipo. Oggi lo conosciamo con un altro nome, macchina fotografica.

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uel giorno così lontano Louis Jacque Mandè Daguerre (1787- 1851), scenografo e creatore di diorami francese,riuscì a brevettare all’Accademia delle Scienze di Parigi il metodo di sviluppo fotografico che aveva elaborato con lo scienziato Joseph Nicéphore Niepce (1765-1833). Si trattava di una lastra ricoperta d’argento che, era esposta ai vapori dello iodio (ioduro d’argento), poi messa in camera oscura e posizionata infine davanti al soggetto da riprendere. Solamente dopo una posa decisamente lunga e un lavaggio in sale marino e mercurio ecco la magia: sulla lastra compariva l’immagine ripresa durante l’esposizione. Tutto ciò rivoluzionò, in primo luogo, l’arte del ritratto. Oggi siamo sovraesposti alle nostre immagini, che siano selfie o scatti fatti da altri, ma all’epoca la maggior parte delle persone non possedeva nessuna immagine di sé. Solo le fasce più ricche della popo-

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lazione potevano permettersi un ritrattista. Questo fu il primo grande cambiamento sociale introdotto dallo strumento di Daguerre. Ma questa possibilità era nell’aria: contemporaneamente altri scienziati come William Henry Fox Talbot (1801-1877) e Sir John F.W. Herschel (1738-1822) sperimentano altri sistemi di fissaggio dell’immagine anche attraverso

Jacque Mandè Daguerre

dei primitivi negativi. In particolare questi si cimentano nella stampa, che avveniva per contatto e non per proiezione, come oggi, con il grosso limite che il positivo aveva sempre le stesse dimensioni del negativo. Altro scoglio era la carta, spesso opaca, aveva una resa qualitativa molto bassa. Con la carta all’albumina (1850–1885ca.), inventata da Blanquart-Evrard (1802-1872), si ha un passaggio fondamentale: grazie alle chiare d’uovo si aveva una finitura lucida e compatta e poteva essere conservata per molto tempo prima dell’uso. Stampa e negativi rimangono inalterati fino alla fine dell’Ottocento quando tecniche più moderne soppiantano materiali e sistemi delicati e di bassa resa. Nella seconda metà di quel secolo le lastre di vetro sono sostituite da infrangibili lastre di ferro e le macchine diventano più piccole e quindi più facili da trasportare. Così il fotografo può iniziare a viaggiare, testimoniando importanti momen-


Tra passato e presente ti storici come le guerre. È il caso a esempio di Roger Fenton (1829-1869) che seguì la guerra in Crimea. Altro ambito d’azione dei moderni fotografi sono le campagne scientifiche o le ricerche geografiche. Il Mediterraneo, l’Europa e tutti gli altri continenti sono esplorati e immortalati in modo sistematico al punto che oggi possiamo vedere come era il mondo più di un secolo fa. La fotografia inizia a rivestire un’importanza capitale come documentazione geografica, etnografica e sociologica; monumenti, chiese, palazzi o paesaggi sono immortalate in scatti per i turisti. Nascono associazioni fotografiche, premi, riviste dedicate. Per tutto il Novecento, mentre le tecniche si susseguono e le macchine diventano sempre più compatte e definite - dalla prima fotografia a colori di Gabriel Jonas Lippmann (1845-1921) nel 1891

che gli valse il premio nobel nel 1908; il primo rullino brevettato nel 1921; la prima fotografia istantanea negli anni Settanta; la prima macchina fotografica digitale nel 1981 con il suo supporto di floppy disk. E così l’immagine, lo scatto, il flash hanno pervaso la nostra vita quotidiana. Oggi è quasi impensabile passare un’intera giornata senza che una fotografia (ormai quasi esclusivamente digitale) fissi noi o il nostro vissuto sotto forma di pixel e codici. Alcuni sociologi e fotografi ritengono che il nostro modo di vivere la fotografia sia cambiato al punto che in realtà le immagini rappresentano per noi degli “appunti visivi quotidiani”. Questo perché gli smartphone che quasi tutti possediamo hanno integrati apparecchi fotografici che sono costantemente alla nostra portata. Pensate che nel 2018, ormai due anni fa, ogni giorno

erano condivise sul popolare social network per giovani Instagram oltre novantacinque milioni di fotografie; secondo alcune recenti stime, ogni anno sono scattate oltre 1.000 miliardi di immagini. Insomma, nel tempo che avete impiegato a leggere questo articolo nel mondo ci sono stati molti più scatti di quelli realizzati nei primi decenni del Novecento. .

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Tra pensiero e scienza di Elisa Corni

È la legge di Murphy

Perchè la corsia vicina va più veloce Sicuramente vi è capitato che, puntualmente, quando avete fretta e non vedete l‘ora di finire la spesa, arrivati alle casse vi trovate inesorabilmente nella fila più lenta di tutto il supermercato. Bene, sappiate che c’è un motivo per tutto questo, ed è la legge di Murphy.

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on è un vero e proprio principio matematico o probabilistico, ma deriva da quell’insieme di detti popolari, spesso scaramantici, provenienti dalla cultura occidentale che sono riassumibili in una formula ben precisa: “se qualcosa può andar male, lo farà”. Da questa frase, studiosi più o meno seri hanno sviluppato moltissimi assiomi. A cavallo tra matematica e umorismo, il cosiddetto pensiero ‘murphologico’ è codificato nel 1988 quando lo scrittore e umorista statunitense Arthur Bloch pubblicò “La legge di Murphy”, un libro che vanta numerose riedizioni. Ma a cosa è dovuto l’incredibile successo di questo testo e del suo contenuto? Forse è l’amalgama tra le complesse leggi matematiche delle probabilità e dei grandi numeri con la vita di tutti i giorni. E forse per l’inesorabilità che veicola: per quanto indesiderabile e improbabile che un determinato evento accada, state pur certi che si verificherà. Ma perché si chiamano così? Perché il suo primo postulatore è stato un ingegnere aeronautico statunitense, Edward Murphy. L’incarico suo e del suo team era quello di verificare la tolleranza del corpo umano all’accelerazione attraverso sedici diversi accelerometri sull’imbragatura degli astronauti. Questi accelerometri potevano essere montati in due modi diversi e, sistematicamente venivano montati in modo errato. Durante uno di questi esperimenti, pare, Edward Murphy pronunciasse la storica frase che diede il via a tutto: «se ci sono

due o più modi di fare una cosa, e uno di questi modi può condurre ad una catastrofe, allora qualcuno la farà in quel modo.» Quella prima frase diede origine a una vera e propria enciclopedia contenente detti popolari tradotti in leggi matematiche grazie all’applicazione della probabilità. Molte sono ironiche e divertenti, come la famosissima: “la probabilità che una fetta di pane imburrata cada dalla parte del burro su un tappeto nuovo è direttamente proporzionale al valore del tappeto stesso”. Oppure la famosissima: “l’altra fila è sempre la più veloce”. Quanto è vero! Ma siamo sicuri che ci sia della matematica sotto e non sia solo il caso di una interpretazione a nostro sfavore della realtà? A quanto pare no, visto che due matematici del nostro tempo Paul Krugman e Steven Strogatz ne hanno dibattuto su Twitter. Il risultato è stato

davvero interessante ipotizzando un tratto di autostrada suddiviso in quattro tratte veloci e quattro lente. Se di fatto in entrambe le corsie si impiega lo stesso tempo per percorrere la distanza prevista, i tratti nei quali si procede più lentamente il tempo di percorrenza è più lungo. Di ipotetici sedici minuti di viaggio ne passiamo solo un quarto sereni perché si procede spediti, mentre 12 sono spesi a lamentarsi e a brontolare per la sorte avversa. In questo senso l’altra fila ci sembra più veloce quando di fatto non lo è. È dunque solo una questione di percezione? nel caso dell’autostrada sì, ma non vale la stessa cosa per quanto riguarda la fila al supermercato: lì, ci dicono i matematici, potete appellarvi solo alla fortuna: il vostro cassiere sarà il più veloce? La persona davanti a voi avrà dimenticato di pesare il pane? Lo potrete scoprire solo facendo una scelta!

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Il ritorno a scuola

L'

anno scolastico è appena iniziato e i dubbi che attanagliano grandi e piccini sono numerosi. Tante informazioni, a volte troppe, e la confusione che si viene a creare tra le persone è inevitabile, così come sono molteplici le reazioni . Il COVID-19 ha aperto al mondo uno scenario incerto, ciò ha fatto entrare in crisi molte persone che inevitabilmente si sono trovate a fare i conti per la loro prima volta con emozioni forti e molto intrusive difficili da gestire. La scuola in primis è stata quella più colpita dalla chiusura di marzo e migliaia tra ragazzi e bambini si sono ritrovati in una bolla di incertezza, a settembre gli istituti hanno riaperto le porte con regole e protocolli abbastanza rigidi che hanno messo in un frullatore tutti: studenti, genitori e insegnanti. La categoria dei bambini è quella che più riesce ad adattarsi alle novità ma allo stesso modo quella che fa fatica a mantenere un trend costante. Possiamo dividere le categorie in “trepidanti’’ del rientro a scuola e i “gli indifferenti’’, che addirittura stavano meglio con la didattica online, sicuramente ciò che a lungo andare unisce tutti è la voglia di ritorno alla normalità. Molte paure sono apprese dai nostri modelli di riferimento: la nostra capacità di rassicurazione è pari al sentirsi al sicuro, ovvero non possiamo darci ciò che noi stessi non possediamo. Se non ho mai imparato la rassicurazione perché i miei cargiver a loro volta non hanno saputo rassicurarmi, non sarò capace di mettere limiti alle mie emozioni negative. È importante quindi lasciare i bambini liberi di parlare, di chiedere e di esprimere emozioni, anche in modo ripetitivo. Il

loro cervello ha bisogno di lavorare sulle informazioni e di comprendere bene ciò che accade. Una fase di assestamento transitoria è fisiologica. I bambini possono avere comportamenti regressivi, ovvero fare i capricci “da bambino piccolo”, come, per esempio, richiedere di venire vestito e imboccato. Se le difficoltà permangono, bisogna intervenire cercando di capire con il bambino o con il ragazzo come si senta e tornare a essere più autorevoli nel ripristino delle regole precedenti alla chiusura delle scuole. Se non ci sono problemi sottostanti, questo può bastare, altrimenti bisogna ricorrere all’aiuto dell’esperto. La scuola di per sè ha un ruolo importante soprattutto in questa fase di ripresa e di novità, Il ruolo degli insegnanti sarà determinante nella ripresa delle attività didattiche. A loro spetterà anche il compito di spiegare le regole che si dovranno seguire in classe per abbassare il rischio di contrarre il virus. Fortunatamente il cervello dei bambini è flessibile. Per loro sarà facile adattarsi dopo un periodo iniziale di confusione. La situazione deve sempre considerare l’età e la capacità del bambino di integrare le regole e di farle sue. Agli insegnanti spetterà anche il difficile compito di rassicurare i genitori più ansiosi? No! Il ruolo degli insegnanti è di seguire il processo di apprendimento degli studenti. Non possono assumersi anche il ruolo

di rassicurare i genitori più ansiosi. Saranno madri e padri a dover dare maggior significato al motivo del loro allarme o delle loro paure e, laddove non riuscissero ad autoregolarsi, a farsi aiutare o dall’altro genitore o da uno psicoterapeuta qualora non ci riuscisse da solo. A fronte di questo, Sulla base di una Convenzione tra Ministero dell’Istruzione e il Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi, si promuove così un sostegno psicologico per fronteggiare situazioni di insicurezza, stress, ansia dovuta ad eccessiva responsabilità, timore di contagio, rientro al lavoro in “presenza”, difficoltà di concentrazione, situazione di isolamento vissuta. La figura dello psicologo nelle scuole ha da sempre avuto la funzione di aiutare gli studenti e gli insegnati nelle difficoltà riscontrate, rivolgersi in ogni caso ad uno psicoterapeuta è importante per tutti qualora si riscontrasse un forte disagio che condiziona la nostra quotidianità. * Dott.ssa Laura Fratini Psicologa-Psicoterapeuta Studio, Piazzale Europa, 7 - Trento Tel. 339 2365808

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Cose da mamme e da papà di Elisa Corni

I pannolini lavabili Fino a qualche decennio fa, i pannolini lavabili, erano l’unica soluzione per evitare di cambiare il bambino dalla testa ai piedi a ogni pipì, oggi rappresentano una scelta consapevole e sostenibile da parte dei genitori per il benessere dell’ambiente, del proprio bambino ma anche del portafogli.

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erto non è una scelta per tutti ed è fondamentale farsi dare qualche consiglio da chi ci è passato, o li sta usando. Avvicinarsi al mondo dei pannolini lavabili può spaventare -sono tante le informazioni da digerire- ma superati alcuni scogli il percorso è in discesa. La prima domanda che sorge spontanea è: perché se esistono i comodi usa e getta dovremmo tornare indietro a ciripà e pannolini lavabili? Le motivazioni sono molteplici. Tra tutte spicca, ovviamente, quella legata all’ambiente. Certo, un neo-genitore zero waste questi sono una scelta ovvia, ma anche chi non ha ambizioni così ecologiste può comunque mettersi in gioco di fronte ai numeri impressionanti collegati all’usa e getta. In generale si calcola che dalla nascita allo spannolinamento (attorno ai due anni e mezzo di età) per ogni bambino vengano utilizzati circa 4.000 pannolini usa e getta. Tutto ciò si traduce in più o meno una tonnellata di rifiuti (una giraffa di immondizia, più o meno). Ma l’impronta digitale dei pannolini, come tutto, non si limita al mero rifiuto; bisogna infatti tener presente anche il costo in energia, risorse e CO2 nel processo produttivo. Pensate che la produzione e lo smaltimento di ogni singolo pannolino usa e getta costa in CO2 145g per circa 550kg a bambino di anidride carbonica (quasi quanto 2500 cappuccini al bar). Teniamo anche conto che inoltre resteranno in eredità alle prossime otto generazioni di bambini!

Certo, anche i pannolini lavabili hanno un costo di inquinamento in CO2. Il costo di un pannolino lavabile è di 89g di CO2, purché sia lavato al massimo a 60° e asciugato all’aria aperta. Se si alzano le temperature di lavaggio e l’utilizzo dell’asciugatrice, dal punto di vista della CO2 prodotto è di 280g. Un’altra obiezione spesso mossa ai fan di questi pannolini è che sono complessi da usare e che possono complicare la vita a chi magari lavora e ha poco tempo libero. Il consiglio è questo: parlate con chi li usa abitualmente, vi potrete rendere conto che è tutto meno complicato di quanto sembra. I modelli non sono più come i ciripà degli anni Ottanta. Alcuni modelli non sono più difficili da indossare rispetto a quelli usa e getta, altri più da esperti, ma nessuno è impossibile. E poi basta provare le diverse tipologie e scegliere quella più pratica. I lavaggi e le asciugature possono essere gestite con facilità anche in piccoli appartamenti. Esistono molti gruppi online ma anche dal vivo che possono fornire aiuto ai principianti. Ci sono poi vantaggi per la salute dei nostri bimbi. O meglio, per la loro pelle. Molti dei genitori che utilizzano i pannolini di stoffa sono testimoni del rarissimo utilizzo di creme per l’arrossamento, ridotti

problemi dermatologici e infezioni alle vie urinarie, perché nei pannolini di stoffa la pelle è a contatto con materiali traspiranti, che prevengono la proliferazione batterica e il diffondersi di irritazioni. Infine non possiamo in questo elenco non considerare i benefici economici. Se infatti i costi dei pannolini lavabili possono spaventare a una prima visita dei siti online che li vendono (dai 10 ai 20 € l’uno) bisogna ripensare il tutto in chiave di durata: con un “parco pannolini” di 1-20 pezzi si coprono i tre anni indicativi di utilizzo; al contrario un pacco da 30 pannolini dura 5-6 giorni. Si stima un risparmio di 500-700 €, che con un ipotetico secondo figlio raggiunge il 100%. E poi tra incentivi, sgravi sugli scarichi e acquisto dell’usato, possiamo davvero dire che si tratti di una scelta economicamente vincente. Senza dimenticare che sono colorati, divertenti e bellissimi da vedere!

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Medicina & Salute

di Erica Zanghellini *

Essere genitori

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ssere genitori, è veramente difficile, e non si può nemmeno immaginare prima di diventarlo, quanto ti cambierà. Tutto si modifica: le priorità, i propri spazi e le proprie routine. Cercare di portare a termine tutti i compiti della giornata potrebbe diventare un’impresa. Si cerca di fare tutto al meglio, ma la perfezione non esiste e quindi potremmo dover fare i conti anche per esempio con momenti di sconforto, o di tristezza, o ancora avere la sensazione che la situazione sia più grande di noi e di non farcela. Non per forza queste emozioni e sensazioni saranno dovute al ruolo genitoriale, ma come genitori sicuramente dobbiamo farci i conti. Il come ci sentiamo infatti, si riversa immancabilmente nella capacità di gestione della vita quotidiana, con manifestazioni di diverso tipo, come per esempio una diminuzione della pazienza o ancora a scoppi di pianto improvviso e

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questo di certo verrà notato dai nostri cari. Se pensiamo che poi i figli, in questi casi sono meglio di un detective, e rilevano qualsiasi incongruenza, potremmo ritrovarci a dover gestire la richiesta esplicita di cosa c’è che non va. E come va gestita questa situazione? Ci troviamo incuneati tra quello che proviamo e quello che vorremmo essere. Potremmo per cui entrare in confusione. Mentire o essere sinceri e spiegargli che cosa succede?... dire o non dire? E magari ci si rende conto a posteriori di aver detto troppo. Qual è la scelta migliore? Innanzitutto voglio dirvi che se questo “malessere” dura da un po’, forse è il caso di chiarire la motivazione che lo tiene vivo. Se è vero ed inevitabile che una persona attraversi momenti di sconforto, di tristezza o di deflessione dell’umore e anche vero che se non c’è una motivazione importante, come può essere un lutto, credo sia

il caso di approfondire e cercare una soluzione, in primis per se stessi e poi per i propri figli. Una circostanza che tende a cronicizzarsi potrebbe portar con sé delle conseguenze, anche importanti e che idealmente dovrebbero essere individuate il prima possibile per evitare che si instaurino stabilmente. Può infatti succede, che i bambini in casi granitici sviluppino dei blocchi emotivi specifici, per cui come conseguenza non riusciranno a sperimentare il mondo emotivo. Potrebbero quindi non riuscire più a manifestare il proprio disagio, oppure le proprie debolezze perché per loro significherebbe far star male o preoccupare ulteriormente, i propri genitori. Ma ritorniamo a noi, come affrontare e gestire le situazioni di malessere temporanee? Comincio col dire che tutte le emozioni sono sane e naturali, il problema si crea solo quando uno stato umorale negativo perdura


Medicina & Salute tanto tempo e crea disagio nella vita di tutti i giorni. Anche la tristezza quindi è naturale provarla, dobbiamo “attraversarla” per metabolizzarla, non possiamo fare finta di niente. I figli, richiedono attenzione ed energia, soprattutto ai più piccoli ne dobbiamo riservare di più e quindi in questi momenti in cui vengono meno saranno i primi ad accorgersi che qualcosa non va. Sarà importante essere sinceri con loro, dire che la mamma o il papà sono un po’ tristi per quel motivo. Logicamente le parole dovranno essere calibrate per l’età del bambino e soprattutto non dovremmo andare troppo nello specifico. La cosa importante da trasmettere sarà un senso di normalizzazione della cosa, far capire al minore che è naturale provare anche le emozioni negative e soprattutto che si può manifestare quello che si ha dentro. Un altro punto importante sarà quello di comunicare che questa situazione è temporanea, che come è arrivata passerà, serve solo un po’ di tempo. Dobbiamo avere un occhio di riguardo, soprattutto per i bambini ipersensibili, ovvero quei minori che riescono a percepire un maggior numero di stimoli e soprattutto con maggior intensità. Con loro dovremmo aver qualche attenzione in più, loro vivono di emozioni per cui può risultare molto impattante quello che gli diciamo. A loro la sintesi e una forma delicata nel spiegare le cose è dovuta. Dobbiamo essere accordi, non dobbiamo investire i bambini di eccessiva preoccupazione, dobbiamo essere chiari e soprattutto ricordargli che loro non centrano nulla. Una cosa fondamentale da sapere è, anche se per noi adulti sembra impossibile, che loro possono conferirsi colpe anche per situazioni in cui non centrano nulla. Fa parte del “normale” sviluppo questa fase, per cui mi raccomando siate chiari su questo punto. Meglio

ripeterlo più volte che una sola. Ed infine ricordiamoci che se ci rendiamo conto di aver agito le nostre emozioni e che in qualche modo sia stato lui o lei a pagarne il conto, possiamo anche chiedere scusa. Spieghiamo che il nostro essere stato troppo nervoso, irascibile o magari assente e dipeso dal nostro vissuto non da lui/lei. Anche perché è normale che se noi siamo a disagio, nostro figli diventi più richiedente. La sua figura di riferimento gli può appa-

rire incerta, assente o non disponibile nei suo confronti. Questo causerà stress e incertezza anche in lui/lei per cui aumenterà le richieste di attenzione e di cura per aver conferma che noi siamo ancora il suo porto sicuro.

* Dott.ssa Erica Zanghellini Psicologa-Psicoterapeuta Riceve su appuntamento Tel- 3884828675

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lookocchiali.it


Altroconsumo risponde di Alice Rovati *

Bollette errate e inesatte Ho contestato (nei termini previsti) una fattura al mio fornitore di luce e gas perchè mi è stato addebitato un importo non corretto e non dovuto. Non ho ricevuto nessuna risposta ma poco dopo la mia contestazione sono stata contattata da una società di recupero del credito. Come devo comportarmi e cosa devo fare?

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’errore di fatturazione è uno tra i più comuni motivi più comuni che possono sfociare in un reclamo. Si tratta di una situazione insidiosa, dal momento che contestare l’importo di una bolletta non congela il pagamento della stessa fino alla risoluzione della controversia, e ci espone a comunicazioni spiacevoli da parte dell’azienda, come è successo alla nostra lettrice. Dopo il reclamo, rimasto senza risposta, è stata contattata da una società di recupero credito per il pagamento immediato della bolletta. Questo comportamento da parte del fornitore di energia non è conforme alle regole dettate dall’Autorità. Poiché la nostra lettrice ha contestato la bolletta nei termini previsti (entro dieci giorni dalla sua scadenza), il fornitore deve compiere due passi: il primo è fornire una risposta al reclamo, il secondo è mettere in mora il cliente, cioè assegnargli un termine ultimo entro il quale pagare la bolletta. Inoltre, la messa in mora deve avvenire con raccomandata o posta elettronica certificata (pec). Se questi passaggi non sono avvenuti nei modi e nei tempi appena descritti, il cliente ha diritto ai cosiddetti “indennizzi automatici” (direttamente in bolletta). Nel caso della lettrice sono indennizzi dovuti per non aver ricevuto risposta al suo reclamo entro trenta giorni solari (25 euro); per non aver ricevuto l’avviso di messa in mora al corretto indirizzo (30 euro).

Un’indagine di Arera rivela che solo 7,9% degli utenti sa che esistono gli indennizzi automatici ed è in grado di citarne alcuni. Errori in bolletta, disservizi, variazioni contrattuali…purtroppo raramente un reclamo scritto, men che meno uno al telefono, sortisce sùbito l’effetto sperato. A volte le aziende non si degnano neanche di rispondere, non resta che passare alla fase 2: la conciliazione. Si tratta di una procedura che offre la possibilità di risolvere la questione in modo bonario, cioè senza arrivare alle carte bollate, agli avvocati e alle aule del tribunale. È possibile tentare la conciliazione rivolgendosi all’apposito sportello messo a disposizione dall’Autorità per l’energia (Arera) o a uno dei conciliatori abilitati, tra

cui Altroconsumo. La procedura è gratuita. Il conciliatore non dirime la controversia, perché non è un giudice; è un facilitatore, cioè aiuta le parti a raggiungere un accordo. Nel 2019 Altroconsumo ha gestito oltre 600 conciliazioni, con un tasso di soddisfazione dell’85% (verbali positivi). * La dott.ssa Alice Rovati, docente di diritto, rappresentante provinciale di Altroconsumo. Laureata in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Trento, con una tesi sui diritti umani. Ha frequentato diversi corsi di specializzazione in materia consumeristica e ha partecipato, in qualità di relatrice, a numerosi incontri informativi e a progetti dedicati alla tutela del consumatore. Dal 2016 è membro del Consiglio di Altroconsumo

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Curiosità trentine di Mario Pacher

L’antica tradizione dei roccoli in Trentino L’uccellagione è un’attività venatoria di antica origine che nel corso degli ultimi decenni ha subìto una notevole decadenza. Un declino che è stato fra l’altro accelerato dall’emanazione di varie disposizioni legislative, sia nazionali che regionali, che hanno sancito il progressivo divieto di ogni forma di uccellagione.

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ella nostra Provincia la cattura degli uccelli attraverso le reti, è stata abolita dalla Legge regionale n. 19 del 31 agosto 1970, mentre la Legge Provinciale n. 24 del 19 dicembre 1991 ha vietato ogni forma di uccellagione, con la sola eccezione dei prelievi per scopo scientifico. Precedentemente all’emanazione di queste normative, la cattura degli uccelli in Trentino ha rappresentato per lungo tempo un’attività anche sotto il profilo strettamente economico. La più importante tecnica di cattura degli uccelli nella nostra Provincia è stata sicuramente il cosiddetto “roccolo”. Questo metodo, come riportato anche nella pubblicazione di Christoph Gasser “L’uccellagione nel Trentino” che si trova presso il Museo degli usi e costumi della gente trentina di San Michele all’Adige, venne introdotto nella nostra provincia verso la prima metà del 17^ secolo da parte di cacciatori bresciani, poiché questo sistema si adattava perfettamente alle nostre zone montane, interessate periodicamente dal passaggio di uccelli mi-

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gratori di vario specie, specialmente nel periodo autunnale, e per questo ebbe una forte e rapida diffusione. L’impianto consisteva in una doppia fila di alberi, solitamente a forma circolare oppure a ferro di cavallo, che partendo dalla torre di osservazione racchiudeva una superficie interna con un diametro di alcune decine di metri. Gli alberi venivano piantati a intervalli regolari e tagliati in modo che con i rami formassero un viottolo coperto con finestre laterali. Su questo pergolato, di solito alto 4 o anche

5 metri, venivano appese delle reti. La larghezza delle maglie delle reti variava a seconda delle dimensioni degli uccelli da catturare. Nella parte interna del roccolo venivano piantati alberi ad alto fusto che dovevano sovrastare il viottolo alto al massimo un metro e mezzo, che decresceva poi in maniera uniforme verso l’esterno fino ad eguagliare l’altezza della pista stessa. Per invogliare gli uccelli ad abbassarsi sul roccolo si utilizzavano dei rami secchi collocati in cima a degli alberi centrali. Il com-


Curiosità trentine

pito di richiamare i volatili veniva di solito affidato agli uccelli da richiamo, mentre in certi casi si usava anche il cosiddetto schiamazzo. Le gabbie con i richiami venivano distribuite in punti fissi fra gli alberi all’interno del viottolo stesso. Anche lo schiamazzo veniva posto nelle vicinanze della torre da dove veniva manovrato. Spesso si usavano anche le cosiddette “spie”, cioè quei richiami avvisatori posti in gabbie in cima a lunghe aste

innalzate nelle vicinanze del roccolo. La torre era costituita solitamente da un “casotto” e veniva sempre costruita all’estremità superiore del roccolo stesso, per avere una visione completa dell’intero impianto. Generalmente era solida perché fatta in muratura, anche se in molti casi si utilizzava il legno. Era formata da almeno due piani perché al pianterreno venivano tenuti gli uccelli da richiamo e gli strumenti di cattura, mentre il piano superiore costituiva il punto di osservazione. Per attirare gli uccelli spesso venivano utilizzati pure i fischietti da richiamo. Quando i pennuti stavano per scendere sugli alberi all’interno del roccolo o anche quando vi erano già posati, l’addetto lanciava lo spauracchio che di solito era fatto con bacchette di salice intrecciate, chiamato lo “sgiavel”. Si usava qualche volta anche un altro tipo di spaventacchio detto “strambai” che era fatto con un legno al quale erano legate piume, vecchi stracci ed altro ancora. Altra forma era quella usata prevalentemente nel Trentino e denominato “pezzola”. All’estre-

mità di una lunga pertica a forma di leva venivano applicati pezzi di stoffa, campanelli e rami secchi, con l’aggiunta anche di ali di gallina o di falco. Tirando una corda, l’uccellatore faceva muovere su e giù questa stanga che era fissata in cima alla torre. Lo spauracchio veniva lanciato in modo da cadere quasi verticalmente sugli alberi e contemporaneamente l’uccellatore imitava col fischietto il verso di un rapace. Gli uccelli spaventati volavano in picchiata verso il basso e nel tentativo di fuggire restavano impigliati nelle reti. Come attestato da numerosi documenti storici, l’uccellagione tramite i roccoli era diffusa sull’intero territorio trentino. Molti uccelli catturati nella nostra provincia finivano sulle tavole delle famiglie ma la maggior parte venivano commercializzati sui vari mercati. A seconda della dimensione, gli uccelli catturati venivano venduti a pezzo oppure a dozzine. Quelli più piccoli venivano legati assieme tramite un filo, formando una “filza”. Anche in Valsugana come in tutte le altre vallate del Trentino, si contavano diversi roccoli. Nel distretto di Borgo Valsugana i più conosciuti si trovavano a Roncegno, Telve, Torcegno e Novaledo, mentre nel distretto di Levico, oltre alla stessa Levico, si trovavano a Caldonazzo, Calceranica e a Lavarone. Altri ancora a Strigno e in alcuni centri del Tesino.

COMUNICATO DI REDAZIONE Nel numero di settembre abbiamo pubblicato l’articolo “L’arrivo del mais in Trentino” a firma Mario Pacher. Il nostro collaboratore, ha riportato integralmente molti testi e riferimenti di una particolare pubblicazione dal titolo “Il mais in Trentino: dall’arrivo al primo dopoguerra” (di Franco Frisanco) nella monografia “Il mais, una storia anche trentina” realizzata da M. Bertolini, R. Franchi e F. Frisanco edita nel 2005 dall’Istituto Agrario di San Michele all’Adige. Mario Pacher ha omesso di citare sia la fonte e sia i nomi degli autori della pubblicazione. Per quanto sopra ci scusiamo sentitamente con il sig. Frisanco, con i coautori Sigg. Marco Bertolini e Roberta Franchi e con l’editore della pubblicazione.

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Accadde in America di Giampaolo Rizzonelli

USA 2020

Fiamme all’ovest mai tanto intense

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fine settembre sono ancora numerosi i vasti incendi ancora attivi che da settimane devastano l’ovest degli Stati Uniti in particolare gli stati di California, Oregon e Washington, ma non hanno risparmiato nemmeno gli stati di Idaho, Montana, Utah, Wyoming, Nevada, Colorado e Arizona. Al 15 settembre secondo i dati della National Interagency Fire Center, 87 Fig. 1

Questo dimostra quindi che gli incendi estivi del 2020 sono stati particolarmente intensi ed estesi (molti degli incendi ancora in atto non verranno spenti prima di diverse settimane). Per dare un’idea dell’estensione di un solo incendio, al 20 settembre nella foresta nazionale di Mendocino era ancora in atto un incendo le cui fiamme hanno interessato una superficie di 3.000 km quadrati, praticamente esteso come mezzo Trentino, controllato solo per il 34%. Un dato oggettivo che dimostra

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grandi incendi boschivi stavano ancora bruciando 4,7 milioni di acri, ovvero 1,9 milioni di ettari (19.000 km2), per fare un paragone il Trentino ha una superficie di 6.200 km2, la Lombardia di 23.863 km2 quadrati. Dalla stessa fonte risulta che al 20 settembre 2020 gli ettari bruciati da inizio 2020 negli USA in 43.556 incendi, sono 2.802.526 (28.025 km2), quindi una superficie pari a quattro volte e mezza l’intero

Trentino andata in fumo. Interessanti sono anche le statistiche relative al numero di incendi che hanno colpito gli USA per fare un confronto con gli anni precedenti e devo dire che la sorpresa è stata forte, in quanto pensavo che il 2020 fosse stato un anno del tutto eccezionale per numero di incendi e di superfici bruciate, ma ho dovuto in parte ricredermi, i dati sono riportati nei grafici 1 e 2.

Fig. 2

l’intensità degli incendi 2020 sono le rilevazioni effettuate dal progetto CAMS (Copernicus Atmosphere Monitoring Service), (https://atmosphere.copernicus.eu/cams-monitors-smoke-release-us-wildfires) che ha monitorato la portata e l’intensità degli incendi e il trasporto del fumo risultante, il quale non è rimasto negli USA, ma li ha attraversati così come l’Atlantico fino a raggiungere il nord Europa (oltre 8.000 km di viaggio). Confrontando l’attività degli incendi negli Stati Uniti con gli anni

precedenti, CAMS ha rilevato che gli incendi quest’anno negli USA sono stati da decine a centinaia di volte più intensi rispetto alla media 2003-2019. Gli incendi stanno inoltr emettendo molto fumo e inquinamento nell’atmosfera; quelli in California e Oregon hanno già emesso molta più anidride carbonica nel 2020 rispetto a qualsiasi altro anno da quando hanno iniziato le rilevazioni nel 2003. (vedi grafico di figura 3) Il CAMS ha stimato che gli incendi sulle coste occidentali degli Stati


Accadde in America Uniti delle ultime settimane abbiano provocato l’immissione in atmosfera di più di 30 milioni di tonnellate di anidride carbonica, Mark Parrington, scienziato del progetto CAMS spiega “che per capire l’intensità del fumo bisogna prendere in considerazione la profondità ottica dell’aerosol (AOD), quest’ultima è una misurazione della luce solare che viene bloccata dalle particelle di aerosol all’interno dell’atmosfera a causa della presenza di fumo. I fumi prodotti dagli incendi negli Stati Uniti occidentali hanno raggiunto un livello di AOD più elevato di sette volte rispetto ad incendi “normali”, già un valore di AOD pari a 1 implica un cielo coperto e una qualità dell’aria potenzialmente già scarsa. Parlando di fumo e degli effetti degli incendi, le concentrazioni di pm 2,5 hanno raggiunto livelli elevatissimi in tante città degli Stati Uniti Occidentali con picchi fino a 290 µg/m³ a Portland in Oregon (il valore limite annuale per la salute umana è pari a 20/25), secondo i dati della Stanford University, negli ospedali i ricoveri per asma sono aumentati del 10% e quelli per problemi cerebrovascolari del 23%. Le immagini di San Francisco del 9 settembre sono eloquenti (fig. 4). Nella mappa di figura 5 sono riportati gli incendi in corso nella giornata del 17 settembre 2020 (US wildfire reports, Esri wildfire report) nel West USA. Mentre in figura 6 l’immagine del satellite NOAA / NASA Suomi-NPP che mostra il fumo (quello di colore più grigio e in parte a volte trasparente) sopra gli Stati Uniti occidentali l’11 settembre 2020. I punti arancioni mostrano gli incendi attivi. La domanda ora che ogni lettore si starà facendo è “perché si stanno verificando questi incendi e con questa intensità?” La risposta non è una sola. Innanzitutto parliamo di cambiamenti climatici che hanno modificato le date in cui si verificano gli incendi anticipando e prolungando le stagioni degli incendi, la California e in genere l’Ovest degli USA sono interessati ormai da oltre un decennio da una siccità intensa che ha avuto solo una “pausa” nel 2019, le precipitazioni sono in costante diminuzione, mentre le temperature (così come per il resto del Pianeta) sono in aumento, questo provoca un’aridità che favorisce gli incendi, la vegetazione secca infatti diventa un ottimo combustibile Da cosa sono innescati quindi gli incendi? Un breve ma esaustivo elenco: a) Fulmini con temporali senza pioggia (Thom Porter, capo della Cal Fire, ha dichiarato che in California sono caduti ad agosto 12.000 fulmini senza essere accompagnati da precipitazioni, su terreni aridissimi). b) Piromani. c) Disattenzione da parte dell’uomo. d) Gli incendi sono poi favoriti nel loro propagarsi anche da venti intensi (vendi di Santa Ana a sud della California ad esempio).

Fig. 3 - Emissioni anidride carbonica

Fig. 4 - San Francisco

Fig. 5 - Incendi 17 settembre 2020

Fig. 6 - Fumo visto da satellite (Nasa)

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o d n a l l e r e h c io

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Cristini io iz r u a M a cura di

CRUCI...TRENTINO CRUCI... TRENTINO

QUESTIO A SCHEMA

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QUESITO A SCHEMA

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ti, to, to, u, u, via, vo Trovate le parole rispondenti alle definizioni date, aiutandovi con le sillabe qui elencate alla rinfusa. Dalle lettere nelle colonne a sfondo colorato, si otterrà una domanda quale dovretealle daredefinizioni la risposta. date, aiutandovi Trovate le paroleallarispondenti con le sillabe qui elencate alla rinfusa. Dalle lettere nelle

1. Giusto, imparziale - 2. Pianta che simboleggia la pace - 3. E’ un emerito colonne a sfondo colorato, si otterrà una domanda alla quale farabutto - 4. Oggi, prima di mezzogiorno - 5. Il cosmetico costituito da dovrete dare la risposta. microscopici frammenti colorati e iridescenti che riflettono la luce - 6. Non ha paura del pericolo - 7. Un sogno irrealizzabile - 8. Donna che ha lo stes1. nome Giusto, imparziale - 2. Pianta che lontane simboleggia la pacea -fondo 3. E' i so di un’altra - 9. Predicano in terre - 10. Conosce funghi - 11. Nessuno lo accecò! - 12. Un mesedi estivo - 13. Erba chiamata un emerito farabutto - 4 . Oggi, prima mezzogiorno - 5 . Il volgarmente de canda o Denti di leone - 14. Le indossano giudicieo cosmetico Denti costituito microscopici frammenti colorati magistrati 15. Scrivere pag. anziché pagina 16. Calciatore italo-brasiliano iridescenti che riflettono la luce - 6. Non ha paura del pericolo che ha militato nel Cesena, Empoli, Brescia, Sampdoria e Inter. - 17. Il più 7. Un sogno irrealizzabile 8. Donna che ha lo stesso nome di comune solvente - 18. Una delle- gemelle Kessler.

un'altra - 9. Predicano in terre lontane - 10. Conosce a fondo i funghi - 11. Nessuno lo accecò! - 12. Un mese estivo - 13. Erba chiamata volgarmente Denti de can o Denti di leone - 14. Le indossano giudici o magistrati - 15. Scrivere pag. anziché pagina - 1 6 . Calciatore italo-brasiliano che ha militato nel Cesena, Empoli, Brescia, Sampdoria e Inter. -BRUSAFER 17. Il più comune solvente CRUCI...TRENTINO: - 18. Una delle gemelle Kessler.

SOLUZIONI NR. DI SETTEMBRE 2020 CRUCI... TRENTINO

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VERTICALI: 1. Concime naturale - 2. La moneta di Maria Teresa d’Austria - 3. Le... ali dell’emù! - 4. Lussuosa auto inglese (sigla) - 5. Una cima nel Gruppo del Bondone - 6. Molti lo chiamano “lockdown” - 8. La capitale della Turchia - 9. Fiume del Tirolo - 10. Un canide come lo sciacallo - 11. Una varietà di giallo - 13. Nere di rabbia - 18. Allontanato, messo in disparte - 24. Le belve che mangiano di tutto, come gli orsi - 26. Articolo indeterminativo - 29. Quattro palme e un pozzo nel deserto! - 34. Un simbolo di Venezia - 37. Cambiano l’alice in elica - 38. La... discoteca dei romagnoli - 40. La più popolosa città della Provincia di Bologna dopo il capoluogo - 41. Un colore rosa-violaceo - 45. Segue la lettera effe - 46. Altro nome del lago Sebino - 48. Azienda Sanitaria Locale - 49. Il simbolo tra i fattori 50. La Anna cantante di origini albanesi - 52. Sono vocali in più!

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tempo che fa con Fabio Fazio (iniz.) - 20. Un peccato capitale - 21. Aprono e chiudono l'album - 22. Lungo fiume siberiano - 23. Il nome dell'attore Gullotta - 25. Un bene mondiale da proteggere - 27. La bevanda... delle cinque! 28. Il

ORIZZONTALI: Arbusti e -ramaglie secche - 7. per scandole tetto fiume che scende dal 1. Monte Falterona 30. Indugiar... col can per l'aiaConifere - 31. Articolo spagnolo - 32. Unda passo alpino tra Lombardia e Trentino - 33. Cantava del Cerutti Gino (iniz.) - 35. Isernia - 36. Lo è una tipica giornata novembrina - 12. Generoso vino rosso Campano 14. Noi... a Malaga 15. Il nome di Capone milanese - 39. C'è quella Egizia e quella Micenea - 42. La Barbara cantata dai Beach Boys - 43. Detersivo in polvere tra i Iprimi negli anni '50-60 - 44. Il sottoscritto Le classiche spade dei legionari romani - 47. Un orale... senza fine! - 16. signori... per l’oratore - 17. Lo- 45. Stato con Nairobi - 19. Conduce Che tempo - 49. Può esserlo uno stato - 51. Il Nielsen attore comico del film Una pallottola spuntata - 53. Famosa marca di costosi cheortologi fa con Fazio - 20. Un peccato capitale - 21.pariAprono - 54.Fabio Si ripetono nella (iniz.) barba - 55. Può essere breve o magistrale - 56. Sono in tavola. e chiudono l’album - 22. 1.Lungo Il Teresa nome dell’attore Gullotta Un auto VERTICALI: Concimefiume naturale siberiano - 2. La moneta- di23. Maria d'Austria - 3. Le... ali dell'emù! --4.25. Lussuosa inglese (sigla) - 5. Una nel Gruppo del 6. Molti lo chiamano La capitale dellache Turchia bene mondiale dacima proteggere - Bondone 27. La -bevanda... delle"lockdown" cinque!- 8.28. Il fiume 9. Fiume del Tirolo - 10. Un canide come lo sciacallo - 11. Una varietà di giallo - 13. Nere di rabbia - 18. Allontanato, scende Monte Falterona - 30. diIndugiar... col l’aia - 31. Articolo spa-palme messo indal disparte - 24. Le belve che mangiano tutto, come gli orsican - 26. per Articolo indeterminativo - 29. Quattro e un pozzo nel deserto! - 34. Un simbolo di Venezia - 37. Cambiano l'alice in elica - 38. La... discoteca dei romagnoli gnolo 32. Un passo alpino tra Lombardia e Trentino 33. Cantava del Cerutti 40. La più popolosa città della Provincia di Bologna dopo il capoluogo - 41. Un colore rosa-violaceo - 45. Segue la lettera effe - -46. Altro nome del lago Sebino 48. Azienda Locale - 49. Il simbolo milanese tra i fattori - 50. La Anna Gino (iniz.) 35. Isernia - 36. Lo è -una tipicaSanitaria giornata novembrina - 39. cantante di origini albanesi - 52. Sono vocali in più! C’è quella Egizia e quella Micenea - 42. La Barbara cantata dai Beach Boys - 43. Detersivo in polvere tra i primi negli anni ‘50-60 - 44. Il sottoscritto - 45. Le classiche spade dei legionari romani - 47. Un orale... senza fine! - 49. Può esserlo uno stato - 51. Il Nielsen attore comico del film Una pallottola spuntata - 53. Famosa marca di costosi ortologi - 54. Si ripetono nella barba - 55. Può essere breve o magistrale - 56. Sono pari in tavola.

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A gioco risolto, leggendo di seguito le lettere nelle caselle a sfondo colorato, si otterrà il ORIZZONTALI: 1. Arbusti e ramaglie secche - 7. Conifere per scandole da tetto - 12. Generoso vino rosso Campano nome una pregiata di mela coltivata in -Trentino. - 14. di Noi... a Malaga - 15. Ilvarietà nome di Capone - 16.molto I signori... per l'oratore 17. Lo Stato con Nairobi - 19. Conduce Che

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A gioco risolto, leggendo di seguito le lettere nelle caselle a sfondo colorato, si otterrà il nome di una pregiata varietà di mela molto coltivata in Trentino.

ab, ac, bre, co, co, der, e, e, el, fan, fe, fur, ghe, glio, glit, go, len, li, li, ab, ac, bre, co, co, der, e, e, el, fan, fe, fur, ghe, glio, glit, go, lo, lu, ma, mat, me, mi, mis, mo, mo, na, na, ni, o, pia, po, qua, quo, ra, len,re, li,ri,li,rio, lo,sa, lu,sio, ma, me, na,vona, ni, o, ras, sta,mat, ta, te, te, mi, ter, mis, ti, to, mo, to, u,mo, u, via,

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ANNO 6 - OTTOBRE 2020

gratuito Periodico azione e cultura d’inform

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A gioco risolto, leggendo di seguito le lettere nelle caselle a sfondo colorato, si otterrà il nome del forte austro-ungarico eretto presso Vigolo Vattaro a difesa di Trento nel primo conflitto mondiale.

E' ORA DI CAMBIARE: GIARDINO D’EUROPA (CINTE TESINO) ORIZZONTALI: 1. Un animale come M 49 - 5. Ricevono le riviste per Posta - 10. Avviare l'attività del negozio dopo il periodo di quarantena COVID - 12. Sigla da treni Inter City - 13. La prima parola del "5 Maggio" - 14. A volte si desta quella generale - 18. Un piccolo e simpatico roditore molto diffuso nei boschi trentini - 20. L'esclamazione di Archimede - 21. Vive nella garzaia - 23. La Terra nei prefissi - 24. Gruppo Sportivo - 26. Messina - 27. Attributo per... killer - 29. Comando che arresta - 30. Fa accendere ... una lampadina! - 32. Fu la più nota diva sex symbol francese (iniz.) - 33. Sacrilego - 35. L'articolo di Cordobes - 36. Era inutile portarne a Samo! - 37. L'inizio di un'aria - 38. Vende gioie e preziosi - 40. Si formano sulla pelle in seguito a irritazione o a punture di insetti - 41. La troppa confidenza non le giova! - 43. I confini dell'...Uganda - 44. Il più famoso eresiarca - 45. Spesso si cita con l'uno - 48. Quello di Guinizelli era "dolce e novo" - 49. Bagnati fino alle ossa - 51. Le prime tre vocali - 52. Cima del Lagorai nella zona del Vanoi.

ALBERTO - ALBERGO = G SPACCIO - SPICCIO = I EFFETTO - AFFETTO = A CANTONE -CARTONE= R FONTINA - FONDINA = D CRONICO - IRONICO = I BURROSE - BURRONE = N CASELLA - CASELLO = O

ONORARE - ODORARE = D ACCESSO - ECCESSO = E SPRAZZO - SPRUZZO = U SOVENTE - ROVENTE = R PADRINI - PADRONI = O CORROSO - CORPOSO = P BOMBOLA - BAMBOLA = A

VERTICALI: 1. L'arte giapponese del creare oggetti piegando fogli di carta - 2. Inoltrare una domanda - 3. Salerno 4. Alacre, affaccendata - 5. Si ripetono negli animali - 6. Un candido e tenero formaggio francese - 7. Pregiata varietà di caviale - 8. Il nome del Rocco che allenò il Milan - 9. Il peccato capitale... più breve! - 11. Un nucleo di abitazioni come il "Furo" di Levico Terme - 15. Vi appassiscono le uve Nosiola destinate alla produzione del Vin Santo Trentino - 16. Il cuore di Mike - 17. Le porte resistenti agli incendi, caratterizzate da un "numero REI" - 19. Trasformano molto in mirto! - 22. Il tipico sentore olfattivo che caratterizza i vini Merlot e Cabernet - 25. Materia scolastica con tante date - 28. Il più famoso drammaturgo norvegese - 29. La provincia più a sud nelle Marche (sigla) - 31. Alta, svettante - 34. Ne' tuo ne' suo - 36. Maschi, gagliardi - 39. Non si vede l'ora che arrivino! - 40. Vi parte il traghetto per La Maddalena - 42. La città del Maraschino - 46. Le consonanti dei Tudor - 47. Minuscoli ruscelletti - 49. Cantava Tutto il resto è noia (iniz.) 50. Articolo per bimbo.

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Il numero di ottobre di Valsugana News è stato chiuso in redazione il 5 ottobre 2020


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