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ANNO 8 - NR. 5 - giugno 2022
Periodico gratuito
Le coppie trentine
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Contro la guerra di Franco Zadra
Il CORAGGIO di costruire la PACE «M entre quasi tutta l’Europa è trascinata nei vortici di una funestissima guerra, ai cui pericoli, alle cui stragi, e alle cui conseguenze nessuno può pensare senza sentirsi opprimere dal dolore e dallo spavento, non possiamo non preoccuparci anche Noi e non sentirci straziare l’animo dal più acerbo dolore per la salute e per la vita di tanti cittadini e di tanti popoli che ci stanno sommamente a cuore». Scriveva così il papa Pio X, Giuseppe Melchiorre Sarto, il 2 agosto 1914 nella esortazione inviata a tutti i cattolici del mondo, Dum Europa fere omnis, pochi giorni prima di morire. Un “acerbo dolore” che senza dubbio contribuì a, o forse determinò, completare quella passione di padre della Chiesa universale che si compì il 20 agosto 1914. Ma quello che è riconoscibile come “magistero di pace” e riscontrabile nei pronunciamenti di tutti i papi e le conferenze episcopali, a cominciare dall’allocuzione del 29 aprile 1848, con la quale Pio IX ritira la preannun-
Papa San Pio X (da Vatican News)
ciata collaborazione bellica dell’esercito dello Stato Pontificio con il Regno di Sardegna contro l’Austria perché «padre di tutti i fedeli» non poteva fare guerra a un popolo cristiano, è forse tra i più inascoltati e disattesi di sempre. A dire, e ribadire oggi, che con la guerra nessuno vince, a descrivere la tragedia della guerra e del terrorismo, o, di nuovo attuale, la follia criminale delle armi nucleari, per “proteggere ogni vita” in nome del fatto evidente che “voi siete tutti fratelli”, facendosi pastore lungo un “cammino artigianale” sul quale “la fede illumina la nostra ricerca di pace”, è papa Francesco, Jorge Mario Bergoglio, il primo papa giunto dalle Americhe. Nato a Buenos Aires il 17 dicembre 1936, nel 1958 entra nella Compagnia di Gesù e il 13 dicembre 1969 è ordinato sacerdote. Nel 1998 diventa arcivescovo di Buenos Aires e nel 2001 viene creato cardinale. Dal 2004 al 2008 è presidente della Conferenza episcopale argentina. Il 13 marzo 2013 viene eletto papa e sceglie il nome di Francesco. Un Magistero di pace che affonda le sue radici nel patrimonio di umanità della Chiesa e che troviamo raccolto nel volume edito da Solferino e dalla Libreria Editrice Vaticana, lo scorso mese di aprile. Un testo da meditare, scritto a partire dai numerosi interventi a tema della pace, pronunciati da papa Francesco, per accogliere nei fatti l’invito divenuto ancor più
Papa Francesco
pressante e realistico in questi giorni, «La guerra è un sacrilegio, smettiamo di alimentarla!», davanti al quale davvero tutti si possono (e si dovrebbero) sentire interpellati. La realtà di oggi, è infatti descritta da papa Francesco in un modo che dovrebbe poter convincere anche i più riottosi, col suo ultimo appello alla ragionevolezza che mostra chiaramente come sia vero che «ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato. La guerra è un fallimento della politica e dell’umanità. Una sconfitta di fronte alle forze del male». Un ultimo appello per accogliere le parole del Papa e ritrovare il coraggio di costruire quella pace che Cristo ci ha lasciato, e che il Mondo non sa dare, come la sola realistica dimora per l’umanità di oggi, di domani, e di sempre.
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SOMMARIO ANNO 8 - GIUGNO 2022 DIRETTORE RESPONSABILE Armando Munaò - 333 28 15 103 direttore@valsugananews.com VICEDIRETTORE Chiara Paoli COORDINAMENTO EDITORIALE Enrico Coser COLLABORATORI Waimer Perinelli - Erica Zanghellini - Katia Cont Alessandro Caldera - Massimo Dalledonne Emanuele Paccher - Francesca Gottardi - Maurizio Cristini Silvana Poli - Laura Mansini - Alice Rovati Marco Nicolò Perinelli - Francesco Zadra - Erica Vicentini Eleonora Mezzanotte - Laura Fratini - Patrizia Rapposelli Zeno Perinelli - Adelina Valcanover Nicola Maschio - Giampaolo Rizzonelli - Mario Pacher CONSULENZA MEDICO - SCIENTIFICA Dott. Francesco D'Onghia - Dott. Alfonso Piazza Dott. Giovanni D'Onghia - Dott. Marco Rigo EDITORE - GRAFICA - STAMPA Grafiche Futura srl Via della Cooperazione, 33 - Mattarello (TN)
PER LA TUA PUBBLICITÀ cell. 333 28 15 103 direttore@valsugananews.com info@valsugananews.com Registrazione del Tribunale di Trento: nr. 4 del 16/04/2015 - Tiratura n° 7.000 copie Distribuzione: tutti i Comuni della Alta e Bassa Valsugana, Tesino, Pinetano e Vigolana compresi COPYRIGHT - Tutti i diritti di stampa riservati Tutti i testi, articoli, interviste, fotografie, disegni e pubblicità, pubblicati nella pagine di VALSUGANA NEWS e sugli Speciali di VALSUGANA NEWS sono coperti da copyright GRAFICHE FUTURA srl e quindi, senza l’autorizzazione scritta del Direttore, del Direttore Responsabile o dell’Editore è vietata la riproduzione o la pubblicazione, sia parziale che totale, su qualsiasi supporto o forma. Gli inserzionisti che volessero usufruire delle loro inserzioni, per altri giornali o altre pubblicazioni, possono farlo richiedendo l’autorizzazione scritta all’Editore, Direttore Responsabile o Direttore. Quanto sopra specificato non riguarda gli inserzionisti che, utilizzando propri studi o agenzie grafiche, hanno prodotto in proprio e quindi fatta pervenire, a GRAFICHE FUTURA srl, le loro pubblicità, le loro immagini, i loro testi o articoli. Per quanto sopra GRAFICHE FUTURA srl, si riserva il diritto di adire le vie legali per tutelare, nelle opportune sedi, i propri interessi e la propria immagine.
Il coraggio di costruire la pace 3 Sommario 5 La guerra di Putin 7 A parere mio: imprevidenti e non pentiti 10 Ma gli alpini hanno paura? 12 Fatti & Misfatti: il politically correct 15 Accadde nel mondo: Cyberguerra e Hacker 16 L’intervista impossibile: Gabriele D’Annunzio 18 Il senso religioso: la domanda di totalità 21 Turismo in cronaca: è ripresa per l’estate 2022 22 Attori e Oscar in controluce: uno schiaffo 24 Il cognome dei figli: del padre e della madre? 27 Musica oggi: Vasco Rossi al comando 28 I nostri giovani a Trieste 29 Fatti & Misfatti: i suoni di Vaia 30 UNIVERSITÀ POPOLARE TRENTINA 31 Giovani, scuola e lavoro: parla Roberto Bosetti 32 Giovani, scuola e lavoro: parla Andrea Gottardi 33 Sfogliando un libro: Daniela Larentis 36 La Mostra di Venezia 37 Attenti agli incidenti domestici 39 Il personaggio di ieri: Tullio Garbari 40 Fatti & personaggi di ieri: la famiglia Poppi 41 Il personaggio: Alcide Degasperi, amato e odiato 42 Nasce a Trento la Padel mania 46 100 anni fa nasceva Margherita Hack 48 La fontana del Nettuno a Trento 50 Personaggi e Sport: Alyssa Chiara Montan 52 A Castelnuovo il tiro con l’arco 53 Tra Storia, Poesia e Letteratura: Giovanni Pascoli 54 Sport & Società: la passione per il calcio da tavolo 56 I trentini nella guerra di Spagna 58 Le persone di casa nostra: Amedeo Soldo 60 A Paolo Ruffini il premio alla carriera 61 Renato Morelli, il guardiano dei suoni 63 Santi e santuari: Miracoli a furor di popolo 68 Medicina & Salute: bambini e autostima 70 Medicina & Salute: Il Gruppo Romano Medica 72 Salute & Benessere: ALMAMED 73 Uomo e natura: le erbe mangerecce 74 Uomo e natura: la pianta di Rovere a Tenna 75 La storia di Egidio Battisti 77 Conosciamo le leggi: la qualità di coerede 78 Caldonazzo il Galà di Muay Thai e Kick Boxing 80 Pizzeria Vintage: cose buone e genuine 81 Girovagando: i laghi del Trentino-Alto Adige 82 Caldo record in India e Pakistan 2022 84 Trento in cronaca: i numero dei mercatini di Natale 86
LA CIMINIERA
INTERVISTA IMPOSSIBILE
GABRIELE D’ANNUNZIO Pagina 18
A BORGO VALSUGANA
UNA NUOVA SCUOLA PER IL FUTURO DEI GIOVANI Pagina 31
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La Guerra di Putin
di Laura Mansini
E se una Bomba Atomica cadesse su Mosca?
È
un interrogativo che mi sono posta dopo aver visto un telegiornale pubblico della Russia, una sorta di TG1, nella quale non ricordo bene chi dei presenti, ma forse lo stesso Ministro degli esteri Sergey Lavrov, si chiedeva che cosa sarebbe accaduto se un atomica cadesse su New York. Sinceramente mi è sembrata un’affermazione agghiacciante, anche nel vedere i sorrisi divertiti dei giornalisti presenti. Spero sia stata una boutade. Comunque queste affermazioni scatenano una forte reazione anche nelle persone più pacifiste. PACE è l’invocazione più sentita in questi ultimi 3 mesi di conflitto Diceva Bertolt Brecht “Quando i potenti parlano di Pace è perché stanno preparando la guerra”. Mai come in questi giorni si sta parlando di Pace; possiamo credere al Santo Padre, agli 80.000 giovani che si sono ritrovati dopo due anni di chiu-
sura, causa pandemia, all’incontro che papa Francesco ha voluto in Piazza San Pietro a Roma, ad una certa Europa; ma qualche dubbio rimane sui Potenti poiché, sebbene tutti parlino di pace, sembra purtroppo che le grandi nazioni del mondo dicendo di voler aiutare l’Ucraina stiano combattendo in realtà una grande battaglia, neanche troppo sotterranea, per il governo nel nuovo assetto mondiale. Per la generazione nata poco dopo la fine della seconda guerra mondiale, a cui appartengo, la guerra, che la Russia di Putin, sta facendo all’Ucraina, è un fatto sconvolgente. Mai avremmo pensato di ricadere nella bella Europa contemporanea, in quelle tragedie sofferte dai nostri padri, dai nostri nonni, che tuttavia, alla fine, sono riusciti a creare l’attuale società, non perfetta, non priva di problemi, ma libera, costruita con il dialogo e la comprensione. Ora Putin sembra ambire al titolo di Zar,
riportando di fatto la Russia indietro nel tempo , di 200 anni. Zar, da Caeser-imperatore, ma di che? Di chi? Assurdo. Pazzesco. Pensavamo che le novità tecnologiche, normalmente legate all’intelligenza, le missioni spaziali, alle quali partecipano gli scienziati Americani, Russi, Europei, Italiani...ci avrebbero salvato da certe brutture. Siamo tutti connessi, comunichiamo con il mondo e con lo spazio; era pertanto lecito sperare che nascesse una società migliore: che le risorse fossero equamente distribuite. Quando abbiamo festeggiato la fine di un Millennio abbastanza burrascoso, eravamo convinti che si aprisse una nuova Era. Sapevamo che avremmo dovuto combattere per la salvaguardia della natura, del nostro bellissimo Pianeta, ed eravamo convinti che con la coscienza del pericolo atomico non avremmo più visto quello che in questi mesi sta accadendo. Una nazione, nel cuore
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La Guerra di Putin nell’oceano dell’ambizione personale, più che di un popolo. Che questo nostro Lume, conquistato non senza scontri e sacrifici, possa illuminare come un faro la rotta dei grandi e piccoli uomini a cui la “livella” di Totò, un altro attore, renderà giustizia: la tomba dei potenti è più grande di quella degli umili, ma il contenuto è uguale. Quale risultato ha ottenuto finora Putin ? Quello di creare migliaia di morti, la Vladimi Putin
Volodymyr Zelensky
dell’Europa, che stava conoscendo una nuova democrazia per merito di una giovane generazione che aveva voluto come Presidente un attore, all’improvviso è stata attaccata duramente. Volodymyr Zelensky, un attore, sta dimostrando di essere un grande presidente, innamorato della propria gente, della sua patria, usando la Parola, coinvolgendo l’Europa, il Mondo nel dramma che sta distruggendo l’Ucraina. Un presidente attore appartenente cioè, come Reagan e tanti altri, a quella professione bandita nel Medioevo e parte del Rinascimento dalle pubbliche piazze, si trova a gestire la Resistenza alla prepotenza dell’ Orso che, con un piccolo uomo, ha perso pelo e pelliccia e ritrovato ambizioni da basso impero. L’azione di Putin ha fornito al giovane Presidente un palcoscenico, lo stesso sul quale noi tutti ogni giorno faticosamente saliamo, ma che egli gestisce con razionalità e intelligenza risvegliando nella popolazione dell’Ucraina il senso di appartenenza ad una Nazione libera con una democrazia in fieri e perfettibile. La storia, la tradizione, la cultura avvicinano la Russia e l’Ucraina, entrambe territorialmente problematiche, ma è inconcepibile che le identità culturali si debbano difendere a cannonate. Il modello Alto Adige-SudTirol è stato più volte proposto, ma è naufragato
maggior parte dei quali giovani, sia russi che ukraini, e il terrore che la sua follia possa espandersi ha fatto si che nazioni secolarmente neutrali ora chiedano ufficialmente di entrare nella Nato . Inoltre i vincitori dell’ Eurovision Song Contest sono stati la “ Kalush Orchestra” con “Stefania” un brano estremamente coinvolgente che ha rapito il pubblico Europeo; un simbolo per la gente libera che vuole tornare a casa, nonostante le strade siano distrutte, in una nazione libera da una tirannia fuori dal tempo.
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Serge Lavrov
Da Mariupol lettera - appello al Papa: siamo i martiri di oggi (da Avvenire.it)
ABBIGLIAMENTO E INTIMO DA 0 A 99 ANNI
È ARRIVATO TUTTO L’ABBIGLIAMENTO PER LA TUA ESTATE
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Economia & Finanza di Cesare Scotoni
IMPREVIDENTI E NON PENTITI
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e prospettive infauste, chiaramente leggibili fin dalla fine di marzo 2020 dove il Governo, con delle scelte improvvide e finalizzate solo ad indebolire alle radici il Sistema Paese, ha ipotecato il futuro delle prossime due generazioni si sono compiute in un biennio. Lo scontro, mai nascosto fin dal 2002 e da Pratica di Mare, tra i partners dell’Alleanza Atlantica, la vicenda di piazza Maidan a Kiev, con l’abbandono dell’Unione Europea a trazione Tedesca da parte dell’Inghilterra ed il successivo tentativo di golpe ad Ankara lo scontro è diventato evidente e lancinante a fine febbraio 2022, con il naufragare dei due garanti europei degli Accordi di Minsk di fronte alle pretese d’Oltre Atlantico. E l’Italia è stata in tutto ciò, fin dal 2012, il “vaso di coccio”. Anche grazie all’impegno in quel senso di una parte rilevante
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della sua Classe Dirigente. Dopo le tante chiacchiere su una democratizzante Globalizzazione perseguita per 3 decenni a suon di Guerre per Procura indirizzate al controllo delle Materie Prime qualcuno al tavolo del Poker ha “chiamato”. Un’Unione Europea costruita nella NATO e per la NATO ha scoperto che, togliendo mercato all’Export tedesco e perturbando i flussi logistici destinati a fare di quei Paesi dei Campioni
del Manifatturiero, un Modello di Sviluppo costruito su quella Globalizzazione garantita e pagata dall’Alleato d’Oltre Atlantico andava in crisi. Che la Germania senza North Stream2 e senza Nucleare deve ridurre le proprie ambizioni e che il dipendere dagli USA su troppi comparti tecnologici equivale a dipendere per la Produzione Energetica dal gas russo. Ha scoperto che l’assenza di quella Costituzione Europea che troppi eletti nel consesso del Parlamento Europeo han trascurato di rivendicare, ha impedito a quell’ambizioso sogno Politico di darsi una Governance e degli Strumenti per diventare altro che non fosse un Mercato Regolamentato ed uno Spazio Economico. Peraltro è noto a tutti che l’affidare un Sogno Ambizioso a delle persone mediocri non è mai stato un buon viatico e gli italiani su questo hanno una lunga e radicata esperienza. Dunque oggi ci si ritrova con un Paese più povero, depauperato in passaggi precisi, cui è facile dare un nome ed un cognome. Impoverito nei mezzi e nelle competenze, più debole sui mercati e con un peso del disagio sociale che va ben oltre i posti di lavoro bruciati, le aziende chiuse
Economia & Finanza ed i servizi pubblici indeboliti. Un Paese in cui la Politica sembra avere abdicato per un difetto di originalità prima ancora che di progettualità. Chi spera di dare una sostenibilità a quei progetti infrastrutturali che sopravviveranno alla Lotteria di un PNRR che sarà comunque depotenziato sia dalla contingenza internazionale che dalla difficoltà a dare concretezza a quelle troppe ed inattuali Condizionalità accettate dal Governo Conte II, dovrà saper costruire scenari nuovi senza i quali quelle residue risorse saranno volano solo a quelle stesse infrastrutture destinate altrimenti ad assorbire risorse anziché a creare economia. Le famose Condizionalità, al momento tese soltanto a smontare un Sistema Sociale considerato troppo oneroso per mantenersi e senza immaginare come crearne uno nuovo, sono in
gran parte eredità di un Passato che l’ultimo biennio ha archiviato. La tradizione dell’Economia Sociale, che spazia dal Capitalismo Renano fino alla Cooperazione ed alle Imprese per la Promozione Sociale tornano così ad essere un’alternativa concreta a quel Capitalismo Consumista cui oggi, nell’Assemblea dell’ONU, la maggioranza della Popolazione Mondiale sembra opporsi. La Demolizione dello Stato Sociale novecentesco, dei Sistemi di Welfare su cui l’Europa ha costruito un Progresso Sociale che trova il suo radicamento nell’irrompere della Modernità nella seconda metà del XIX secolo, non ha oggi come unica alternativa al “ritirarsi dello Stato” la creazione di spazi per un Mercato dei Servizi destinato al Privato, ma piuttosto, con una distinzione finalmente più netta delle logiche del puro profitto da quelle
cooperative, vede spazi nuovi perché la gestione in Convenzione di quelle tante Infrastrutture destinate ai Servizi Pubblici e finanziate nell’ambito del PNRR in ciò che ne resterà, veda un Pubblico non statale in concorrenza al Privato per offrire quei servizi in modo sostenibile ed indirizzandone parte alle fasce uscite più indebolite da questo lacerante decennio. La Crisi che lo scontro tra Egemonie e Potenze Regionali ci sta regalando è l’opportunità per molti per comprendere che la costruzione di nuove catene del valore è la risposta al mutare della più recente tra le tante Globalizzazioni. Quella che vede la nostra Europa, per la prima volta nella sua storia, viverla ai margini, pur essendo questa fase solo un passo intermedio come tanti di un fenomeno nato sulle rive dei mari e sulle vie delle carovane qualche decina di secoli fa.
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A parer mio di Marco Nicolo’ Perinelli
MA GLI ALPINI NON HANNO PAURA
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onfesso, sono di parte: mio nonno Mario, classe 1912, era alpino sul fronte francese nel 1940. Lo era il mio bisnonno, sul monte Grappa e mio zio Sergio a Gemona. Ecco perché mi è difficile pensare agli alpini come molestatori seriali beccati a Rimini a infastidire le donne. Non credo minimamente, come ha scritto un leghista della prima ora, che ci siano stati degli infiltrati, gente che, secondo la fantasiosa versione, ha comperato il cappello con la penna (e non piuma come erroneamente ha scritto) per avere un alibi nell’attuare le molestie e godere della tradizionale protezione di un corpo che è militare ma e soprattutto sociale. Allora, se colpevoli ci sono, questi vanno individuati e puniti, come hanno dichiarato il presidente nazionale Sebastiano Favero: “Faremo di tutto, insieme alle forze dell’ordine, per individuare i responsabili. E se sono appartenenti alla nostra associazione, prenderemo provvedimenti molto forti” e di Trento, Paolo Frizzi.
Adunata Nazionale Alpini (da Wikipedia)
Detto questo, parliamo dell’attività dei nostri alpini nella comunità. Come cittadino del mondo e sindaco di Tenna, testimonio che gli alpini sono una componente importante, in qualche caso determinante della nostra società. Certo, sono nati come corpo militare in un periodo in cui la specializza-
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zione in teatri bellici di alta quota era fondamentale per poter vincere un conflitto, ma di quella esperienza hanno ereditato i valori più alti: la solidarietà di corpo, la capacità di lavorare in squadra per il bene comune, la resistenza agli elementi naturali, che contraddistingue chi vive la montagna. Caratteristiche che
A parer mio accompagnano le centinaia di volontari trentini quando si trovano ad affrontare le emergenze, sempre in prima linea quando si tratta di aiutare le popolazioni colpite da calamità, così come mio zio Sergio nel 1986 in Friuli, e tanti altri che, in questi giorni soccorrono i profughi di tutti i colori o in fuga dall’Ucraina. E nei nostri Comuni, dal più grande ai più piccoli, la loro presenza è una certezza. Penso a quanto hanno fatto gli Alpini di Tenna, così come quelli di altre località del Trentino, durante il periodo del Covid, portando aiuto alle famiglie, ma anche organizzando eventi che hanno saputo – nel rispetto dei limiti imposti dalla pandemia - mantenere vivo il paese collaborando attivamente con l’amministrazione comunale e le altre, preziosissime, associazioni del territorio. E proprio a Tenna sorgerà, il prossimo anno, il grande Parco della
Memoria al quale aderiscono già molte delle Associazioni presenti in tutto il Trentino. Rimane il fatto che a Rimini all’adunata nazionale del Adunata Nazionale Alpini a Milano - Piazza del Duomo 5-9 maggio fra le migliaia piacere ricordare la confessione di di partecipanti qualche mela “bacata” un lettore del quotidiano l’Adige: c’era e le 500 segnalazioni, con 160 “una ventina d’anni fa ero studente in testimonianze raccolte dalle donne Romagna, ha scritto, quando ad una dell’associazione “ Non una di meno” commessa dal petto prosperoso che sono pesanti come macigni. Ma gli portava affisso ad un seno un cartelalpini non hanno paura, recita la bella lino con scritto Silvia, il suo nome, ho canzone Monte Pasubio, non hanchiesto credendomi spiritoso come si no paura della verità, né temono le chiamasse l’altro e lei senza dire una bugie. parola mi allungò uno schiaffone. Ben In tema di molestie sessuali mi fa dato e ben preso: a ciascuno il suo.
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Fatti & Misfatti di Patrizia Rapposelli
TRA POLITICALLY CORRECT E CANCEL CULTURE Oggi estremismo totalitario nemico della cultura?
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a tendenza del politicamente corretto è nuovo totalitarismo? Negli ultimi decenni, universitari americani “liberal” hanno cercato di elaborare un codice linguistico rispettoso verso le minoranze non considerate dal discorso politico. Questo per poter parlare liberamente di chi da quel discorso politico era oggetto di pregiudizio. Sostituire le espressioni discriminatorie ha permesso libertà espressiva per trattare i problemi politici in maniera appropriata nei confronti delle categorie svantaggiate, di nominare correttamente gruppi minoritari, evitare il diffondere di pregiudizi e luoghi comuni. Politica e media, oggi, hanno fatto un pasticcio. La sbagliata ricezione e diffusione di questa legittima iniziativa ha portato all’intolleranza e al revisionismo, nemici della cultura e della libertà d’opinione. L’ estremismo di alcune parti politiche, citando il pensiero del libro “Manifesto del libero pensiero” di Paola Mastrocola e Luca Ricolfi, rischia di costruire categorie di vittime per poi poterle difendere. Un tema corrente, dibattuto e di grande attualità: il politically correct. Un atteggiamento sociale che crea schieramenti ben distinti che non ammettono vie di mezzo. Tra fanatismo e repulsione l’invadenza del politicamente corretto è reale. Diventato il mantra del progressismo su scala globale permane e invade la quotidianità. Impone comportamenti e scelte politiche. Processa la tradizione, in alcuni casi, e cancella la storia in altri. Molti fenomeni, nell’ambito della comunicazione e dei media, nascono con uno
scopo, ma la situazione culturale ne cambia il significato originale, distorce la percezione al punto di cambiare l’intenzione originale per cui nasce. Ad oggi la tematica discussa del politicamente corretto tende a sovrapporsi alla Cancel Culture. La cultura della cancellazione è un fatto complesso e sfaccettato che non dovrebbe mischiarsi al politically correct. Quest’ ultimo nasce dalla necessità sociale di sensibilizzare sui linguaggi da adottare, sia sulle parole da evitare che quelle da introdurre nel lessico comune per essere maggiormente rispettosi verso determinate categorie. La crociata alla correttezza sfocia nel fanatismo e nella polemica. Confronto, critica e cultura assistono ad un clima generale di intolleranza e gogna pubblica. L’autocensura preventiva nei confronti di pensieri non allineati minaccia la libertà di parola e l’anticonformismo. L’espressione correttezza politica è un termine che traccia una linea di opinione, un orientamento ideologico allo scopo di rifuggire l’offesa e di tutelare categorie sociali ritenute
in svantaggio. Invece oggi si parla del bacio non consensuale del principe a Biancaneve, l’etichetta omofoba e razzista della tradizione classica. Molto altro è sotto processo. Ricordiamo i centocinquanta intellettuali americani che hanno scritto una lettera aperta su Harper’s Magazine dove denunciano un clima di intolleranza esasperato citando redattori licenziati per articoli controversi, libri ritirati, professori indagati per aver citato particolari opere. Non lontano da noi, poco tempo fa, Paolo Nori denuncia l’episodio di Cancel Culture in Italia a seguito della decisione della Bicocca di cancellare il corso su Dostoevskij a seguito dello scoppio della guerra in Ucraina. La decontestualizzazione è totale. Ogni capolavoro della tradizione non conforme all’attuale idea allineata è colpevole di essere figlio del suo tempo. L’ignoranza si sconfigge con il confronto, la critica e la cultura. Un nuovo puritanesimo nato da idee estreme, forse, porta all’intolleranza verso chi non si adegua ad un unico pensiero totalitario?
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Accade nel mondo
di Guido Tommasini
CYBERGUERRA e HACKER:
UN PANORAMA INQUIETANTE
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a polemologia (scienza della guerra) non è più quella degli anni della Guerra Fredda perché ha subito un’evoluzione che si è tradotta in una serie di realtà belliche di nuovo tipo e dentro di esse un posto particolare spetta alla cosiddetta cyberguerra: di essa si conosce parecchio, ma siccome è un settore in continua evoluzione, non si sa mai tutto. L’avvento della rivoluzione dell’informazione si basa sulla trasformazione digitale che copre ogni settore d’attività e l’arte dell’hacking si è sviluppata all’interno di essa seguendo le sue regole ma anche usandole in modo parassitario. In una brevissima sintesi si può dire che la tecnica hacker è quella di infiltrare le reti inviando delle email d’agganciamento ed attuare il reverse – engineering oppure di realizzare gli exploit che consistono nello sfruttare la falla di un programma per fare in modo che la rete
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bersaglio si comporti come vuole l’hacker anche se quel programma è stato progettato proprio per evitare che ciò avvenga. Solo due parole a livello di principi etici: gli hacker cibernetici sono un fenomeno estremamente negativo che tende a demolire il fondamento libertario dell’informazione in quanto attraverso le loro metodologie piratesche colonizzano i normali rapporti cognitivi mettendo a rischio gli attuali modelli di comunicazione e balcanizzando conseguentemente anche i rapporti di forza. Come ha sintetizzato un esperto francese: la rivoluzione cibernetica ha implicitamente modellato perimetri contestuali di nuove capacità vulneranti. Il panorama è molto vario. C’è la criminalità cibernetica minore dove si trovano i soliti hacker opportunisti che fanno danni limitati come rimozioni di dati e manipolazioni di opi-
nioni con trasversalità perturbanti indotte. Ci sono poi gli attacchi precisi da realizzare dentro ambiti privilegiati come quelli finalizzati ad estrapolare documenti segreti e ciò presuppone non semplici azioni – random – ma una pianificazione precisa, congiunta ad una mascheratura con coperture -phantom - . Se si parla di Stati, in Russia nell’Istituto per la Sicurezza delle informazioni collegato all’Università Lomossonov si studia a fondo questa materia mentre andando in Medio Oriente non è una novità che Israele si dedichi periodicamente al sabotaggio di impianti nucleari iraniani come il Natanz manomettendo le centrifughe attraverso il virus Stuxnet che una volta è anche sfuggito di mano all’agente del Mossad che lo gestiva ed ha infettato computer in tutto il pianeta. Notizie recentissime narrano di un gruppo di hacker filorussi denomina-
Accade nel mondo to Killnet ha colpito siti istituzionali italiani in risposta agli attacchi di Anonymous contro strutture informatiche russe. Il top del dominio si raggiungerebbe però quando gli hacker riuscissero ad asservire gli atout dei settori militari critici come la gestione missilistica e le regole d’ingaggio per le armi nucleari, un settore quest’ultimo dove la soglia d’utilizzazione delle medesime è molto più bassa di quanto lo sia stata ai tempi della Guerra Fredda. Qui si giunge al punto che interessa maggiormente la sicurezza: secondo certi esperti fra i quali Patricia Lewis , la minaccia informatica in campo militare è uno dei più grandi pericoli della nostra epoca anche se la possibile catastrofe non avverrebbe come in certi film dove un hacker s’introduce nel sistema missilistico e fa partire un missile nucleare, ma si attuerebbe attraverso processi sofisticati dove si pianificherebbe una vera e propria compenetrazione organica per arrivare alle strutture di comando al fine di manipolare le informazioni che giungono ai decision makers agendo in modo da far assumere loro delle scelte sbagliate oppure di creare confusione affinché i contendenti
interpretino in modo errato le mosse dell’avversario. Per fare un esempio attuale, con una guerra in Ucraina alle porte dell’Europa tutte le fonti militari che gestiscono informazioni si trovano ora sempre attivate in modo esponenziale con i loro operatori sottoposti ad una considerevole pressione ed in queste condizioni la minaccia informatica degli hacker potrebbe avere un ambiente favorevole per trovare falle nelle quali immettersi. E questo non è tutto perché la minaccia hacker comporta anche interazioni con vari settori strategici.
Per esempio se avvenisse un atto di guerra cibernetica da parte di uno Stato contro un altro e lo Stato colpito non fosse dotato di hacker di uguale livello, ma volesse dare comunque una risposta bellica di tipo convenzionale, come verrebbe allora interpretata questa scelta? Siccome non ci sono né norme, né regole che trattano tale fattispecie, allora si andrebbe verso una situazione caotica. Come ha detto Antonio Guterres Segretario Generale dell’ONU “La cyberguerra crea un livello di minaccia più alto e per il quale non si è trovata una risposta adeguata”
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L’intervista impossibile di Waimer Perinelli
D’ANNUNZIO Il comandante, l’eroe e poeta G
abriele d’Annunzio, avvolto in un’ampia vestaglia grigia, siede sul ponte della nave militare Puglia nella sua villa, il Vittoriale, affacciata sulla baia di Gardone sul lago di Garda. Lo sguardo alla prua rivolta all’Adriatico, alla Dalmazia. E’ il primo marzo del 1938. Il poeta da molto tempo si è ritirato a vita quasi privata, accudito dalla grande pianista e amante fedelissima Luisa Baccara, che gli perdona ogni trasgressione e tradimento. Da due anni si è dichiarato ostile al fascismo pur ricevendo dal duce ogni sorta di aiuto economico. Non concede interviste, custodisce gelosamente i propri ricordi. D’Annunzio si può odiare o amare, ma non ignorare: ha composto la Pioggia nel Pineto, la più musicale lirica dell’Italia inizio 900, moltissimi racconti, commedie e romanzi fra i quali spiccano Il Piacere e L’Innocente dove amore, sentimento e sesso s’intrecciano in una lode alla vita con le sue bellezze e tragedie. Infine ha vissuto come eroe predestinato sfidando sempre la morte, la legge, il destino. Saluto militarmente e il Vate , mi guarda con l’ unico occhio, penetrante, magnetico seppure velato da troppe droghe e antidolorifici assunti. Quell’occhio che mal sopportava la luce del sole era protetto dalla penombra creata da una barriera di siepi. Comandante, vi ringrazio. “Di che cosa? Lei è giovane e nella lettera inviatami mi ricorda Andrea Sperelli, il mio autoritratto. Appassionato, ambiguo, amante delle donne.
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Magari nel vestirsi si è ispirato proprio al personaggio de” Il Piacere”. Anche, ma in realtà mi sono riconosciuto in quel giovane come carattere o come aspirazione. “Siamo tutti così nello spirito poi la vita ci fiacca e la morte ci finisce. Lo sa? la sento, mi circonda. Non ho paura, tante volte l’ho sfidata, e sempre era la prima e l’ultima volta. A Vienna, lei avrà letto, era il 9 agosto del 1918 e ho sorvolato la capitale dell’impero morente d’Austria. Con me l’eroe Natale Palli . Abbiamo lanciato più di 300 mila volantini tricolori. Arrendetevi c’era scritto: VIENNESI!Imparate a conoscere gli italiani. Noi voliamo su Vienna, potremmo lanciare bombe a tonnellate. Non vi lanciamo che un saluto a tre colori: i tre colori della libertà. Noi italiani non facciamo la guerra ai bambini, ai vecchi, alle donne. Verrà un tempo dove gli aerei ripeteranno l’orrore di Guernica, dell’aprile 1937, nella guerra civile di Spagna dove i nazisti soldati di Hitler, quel Pagliaccio Feroce, e i fascisti hanno bombardato e massacrato civili inerti. Accadrà ancora e ancora...ne sono
Gabriele D'Annunzio
certo, con maggiore violenza e crudeltà. Comandante, voi l’ultimo dei cavalieri? Mi piace questa definizione, ma non l’ultimo: il solo. Lei ha letto dell’ impresa Fiumana del 1919: quando entrai nella città dell’Istria arrivarono da Trieste e da ogni parte d’Italia combattenti, irredentisti, repubblicani,rivoluzionari che inseguivano un’utopia, che non volevano cedere un briciolo della terra italiana. Voglio sperare che in futuro altri popoli troveranno la forza di respingere
L’intervista impossibile gli invasori e avranno il coraggio per difendere la loro martoriata terra da quanti fingendosi amici li invitano ad arrendersi nel nome della pace. Ma non cedono la loro terra, preferiscono invitare gli altri a farlo. Comandante all’ordine di arrendervi a Fiume voi rispondeste: Disobbedisco! Si ho disobbedito alle intimazioni di resa del governo italiano e ai generali. Ci hanno bombardati dal mare. Fiume era un luogo di emancipazione femminile e di riscatto per un’intera generazione. Un cattivo esempio per il potere. A Fiume è nato il fascismo? Assolutamente no! Per quanto l’idea del super uomo, che filosoficamente non mi appartiene, possa avere ispirato certi maestri elementari presuntuosi, il fascismo mi ha solo rubato qualche utopia. Non dimentichiamoci che sono stato un socialista della prima ora e che in fondo ho solo utilizzato e sono stato usato dal fascismo con il cui potere ho arricchito la mia esistenza anche in questa meravigliosa villa. Con Mussolini poi il rapporto non è mai stato né semplice né lineare, diciamo di reciproca convenienza. Per lui ero uno strumento
di propaganda, ed egli mi temeva perché sono stato e sono imprevedibile, autonomo, rivoluzionario ,senza se e senza ma. E’ stato Mussolini a tradire i socialisti e lo stesso fascismo. Comandante, voi avete intensamente vissuto. Qualche rimpianto? Io vivo in un’epoca meravigliosa. Ho attraversato la Belle Epoque, ho conosciuto e amato donne straordinarie, a loro ho dedicato poesie e scritti, con loro sono immortalato nella letteratura. Ho avuto il dono della scrittura, dell’avventura e ogni donna è stata un capitolo fondamentale della vita. Spero così per loro. Non ho rimpianti e nemmeno pentimenti. Come preferite essere ricordato, Comandante o Vate? Comandante mi ha fatto la storia, poeta mi hanno creato gli dei come Omero di cui Ugo Foscolo scrisse: Poeta, in quanto il tono elevato, talvolta profetico, della sua poesia, o l’ispirazione civile, gli conferiscono un carattere sacro, quasi sacerdotale: il sacro vate, Placando quelle afflitte alme col canto, I prenci argivi eternerà. Si gira nuovamente verso il lago dove il sole rosso-arancio del tramonto si specchia. Io per lui non esisto più,
Mausoleo e tomba di Gabriele d'Annunzio (Gardone Riviera - Lago di Garda)
Gabriele D'annunzio (da Centro Studi dannunziani)
sono stato solo un refolo di umanità. L’incontro è finito, ma mi concede di visitare la casa e il museo che ha preparato con i cimeli della sua vita: l’autovettura con la quale fece l’ ingresso a Fiume, la bacchetta che il famoso direttore d’orchestra Arturo Toscanini donò a Luisa Baccara corredata del programma del concerto di Fiume del novembre del 1920 e la maestosa bandiera tricolore (6 metri x 4 ) utilizzata dal Comandante nell’atto riconciliatore del ricoprire le bare – di rivoluzionari e soldati insieme – caduti nel Natale di sangue del 1920 che segnò la fine dell’autoproclamata repubblica del Quarnaro e dell’esperienza di Fiume. Sono uscito dalla villa all’imbrunire e ancora ignoravo che quel giorno al tramonto terminava anche la vita del Vate come egli aveva predetto nel romanzo Il trionfo della morte. I giornali riportando le commosse di Mussolini scrissero è morto l'eroe, soldato e poeta. Aveva 75 anni e il suo corpo è ora sepolto nel Mausoleo della villa.
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Il senso religioso di Franco Zadra
La nostra domanda
di totalità L
a lettura progressiva de “Il senso religioso” di don Luigi Giussani nel centenario della sua nascita, ci porta ora ad affrontare il quinto capitolo sulla natura del senso religioso. Un approfondimento più che mai necessario in questo nostro tempo dove il frastuono della vita sociale ottunde in maniera sistematica domande “esistenziali” radicate da sempre nell’animo umano, come «quale è il significato ultimo dell’esistenza?», «perché c’è il dolore, la morte, perché in fondo vale la pena vivere?», o anche «di che cosa e per che cosa è fatta la realtà?». L’autore de “Il senso religioso” ci accompagna passo passo alla scoperta della realtà stessa del nostro io, dimostrando come queste domande documentino quel radicale, necessario, e ineludibile impegno con la nostra vita che coincide di fatto con il senso religioso, quella «capacità che la ragione ha di esprimere la propria natura profonda nell’interrogativo ultimo». Occorre, infatti, andare al fondo del nostro essere per scoprirvi l’esigenza di una risposta totale nell’esperienza, anche faticosa, che più uno s’addentra nel tentativo di rispondere alle domande di cui sopra, «tanto più ne percepisce la potenza, e tanto più scopre la propria sproporzione alla risposta totale», tanto che «fra un milione di anni la questione posta da quelle domande sarà caso mai esasperata, non risposta». Diveniamo così consapevoli di quel “desiderio di un bene assente”
– come lo ha definito san Tommaso d’Aquino – che fa maturare in noi la coscienza della statura della vita con il sentimento del suo destino, anche se, come sembra insegnarci Google, sembra sia sufficiente allineare dati per avere tutte le risposte, senza più necessità di spiegarli o interpretarli Per dire come questa ricerca sia “strutturale” nell’uomo, Giussani propone un “dialogo tra nonna e nipote” tratto dal testo, ancora molto attuale, di James Baldwin, “Blues per l’uomo bianco”. «Lo sai che non credo in Dio, nonna»; «Tu non sai quello che dici: non è possibile che tu non credi in Dio, non sei tu a decidere»; «E chi altro decide?»; «La vita. La vita che è in te decide. Lei sa da dove viene e crede in Dio». Senza nemmeno occuparsene direttamente, il testo di Giussani sbaraglia del tutto il tanto propagandato, insanabile conflitto tra scienza e fede, affermando in conclusione che «solo l’ipotesi di Dio, solo l’affermazione del mistero come realtà esistente oltre la nostra capacità di ricognizione corrisponde alla struttura originale dell’uomo», e la domanda di totalità costitutiva della nostra ragione è una «implicazione inevitabile», per cui «per ciò stesso che l’uomo vive pone questa domanda, perché è la radice della sua coscienza del reale». La ragione, per ciò stesso che si mette in moto afferma «una realtà ultima di cui
tutto consiste; un destino ultimo, senso di tutto». Ma una risposta esiste, ed è «implicata nel fatto stesso della domanda», provare per credere. Se ancora sospettiamo che la fede sia un salto nella irrazionalità, diamo una occhiata alla biografia di Francesco Severi (Arezzo, 13 aprile – Roma, 8 dicembre 1961) il grande matematico e accademico italiano, fra i maggiori rappresentanti della Scuola italiana di geometria algebrica, amico di Einstein che, agnostico, dopo cinquant’anni di alta esperienza scientifica ha finalmente e convintamente abbracciato la fede. Fermarsi e pensare a partire dalla nostra esperienza è il grande compito che dobbiamo assumerci nella vita. Suggeriamo allora il testo del 2013 di Massimo Introvigne, edito da Passione Educativa, “Le domande dell’uomo. Filosofia per chi ha fretta”.
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Il turismo in cronaca di Patrizia Rapposelli
È RIPRESA PER L’ESTATE 2022 I
l made in Italy punta sull’ esaurito. Dopo due anni tragici, tirando le somme, dalla 72esima assemblea di Federalberghi emerge un Italia dal netto margine di miglioramento sul fronte turismo. Aprile, maggio e giugno hanno visto un tasso di riempimento delle strutture ricettive di dieci punti superiore alla Spagna, tradizionale competitor. I primi dati a disposizione fanno pensare ad una stagione estiva ottimista con il ritorno del turismo straniero, principalmente americano,e quello degli italiani che restano e fanno vacanza nel Paese. L’Italia deve fare a meno di altri mercati internazionali, in primis la Russia, seguita da Cina, Taiwan, Corea e Giappone. Queste ultime sono assenti causa Covid. In questo clima di speranza per il mercato turistico italiano non manca l’allarme per le difficoltà delle imprese, che fanno i conti con il rincaro dell’energia, il peso del fisco e della burocrazia, l’abusivismo e la carenza di personale. Secondo il rapporto emerso da Federalberghi nel 2021 la spesa dei viaggiatori stranieri in Italia è diminuita di oltre 22,5 miliardi di euro, con un calo del 50,9 per cento rispetto al 2019. L’inizio del nuovo anno ha visto un peggioramento. Quando si sono allentate le misure di sicurezza l’Italia è tornata competitiva con gli altri Paesi. Bocca (presidente di Federalberghi) afferma che è ora di dare forza al processo di ripartenza spingendo su investimenti e innovazioni. L’industria del turismo italiano vede la luce, ma la stagione, nel concreto, non sarà priva di difficoltà. Dall’Osservatorio di Confturi-
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smo-Confcommercio arrivano le stime sulle vacanze degli italiani, sono previsti 23 milioni di italiani tra i 18 e i 74 anni intenzionati a partire nel periodo estivo e un indice di propensione al viaggio ai livelli prepandemia, quota 67 punti su 100. Lo scenario è positivo, ma ci sono dei punti bui per il settore. Sempre secondo quanto riportato dalle precedenti stime, dei 23 milioni previsti in viaggio, solo 4 su 10 hanno prenotato. Il restante lo farà più tardi o all’ultimo. Oltre a questo, esiste un reale sentimento di cautela da parte della domanda, con 6 italiani su 10 che si dichiarano preoccupati per le conseguenze dell’inflazione e del caro energia. In base al rapporto di Confturismo-Confcommercio, i vacanzieri preferiranno il mare, davanti a montagna e mete culturali. È previsto un aumento del raggio di spostamento. L’85 per cento degli italiani sceglierà mete nazionali, 6 casi su 10 al di fuori della propria regione,
il 15 per cento restante è propensa a un viaggio all’estero. Inoltre, ritorna una logica meno influenzata dal Covid nella scelta delle strutture ricettive. Un anno fa in aprile il 34 per cento sceglieva una casa in affitto per la villeggiatura e il 26 per cento l’albergo, oggi la tendenza è rovesciata. Il 31 per cento preferisce la residenza in albergo e il 21 per cento una casa in affitto. Codacons commenta questi numeri e stima una vacanza di 10 giorni più costosa del 15 per cento, passando da una media di 996 euro a persona del 2021 ai 1.145 euro del 2022. L’opinione del presidente del Codacons avverte che gli operatori turistici scaricano sui consumatori finali i maggiori costi energetici del carobollette. In generale le prospettive per l’estate sono positive, ma guerra, inflazione e caro energetico preoccupano. Un clima di ottimismo respirato a metà, è ripresa del turismo.
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Attori e Oscar in controluce di Katia Cont
UNO SCHIAFFO! U
n schiaffo a Chris Rock. Tanto è bastato a rovinare il sogno e il punto più alto della carriera di uno dei più amati attori di Hollywood. Dell’accaduto ormai ne abbiamo sentito parlare tutti: una battuta fuori luogo del comico presentatore ha profondamente offeso Will Smith, più della moglie Jada Pinkett che di quella infelice battuta era la diretta interessata. Si, perché probabilmente il problema sta proprio li, nell’essersi sentito coinvolto nel dover difendere la moglie affetta da alopecia, trascinata in una similitudine con il soldato Rayan da parte di Chris Rock, noto uomo di satira dello star system americano. La moglie Jada, che probabilmente avrebbe soprasseduto all’accaduto rimandando i chiarimenti ad altro
Will Smith
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luogo, non ha chiarito la defaillance del marito che suo malgrado ha messo in ombra tutto il resto della manifestazione organizzata annualmente dagli Accademy Awards. Cosa è accaduto nella mente di Will? È evidente che in quel momento la parte di lui più istintiva abbia preso il sopravvento, ottenebrando la ragione. Ha agito come se tutto il resto attorno a lui non esistesse. L’Oscar, la carriera, il pubblico. Non contava più nulla! Will Smith per molte donne (e anche uomini) ha fatto un gesto degno di stima. Ce ne fossero di più come lui. Ma come si fa, nell’epoca del politicamente corretto a giustificare qualcosa che dovrebbe essere completamente in opposizione con tutti i principi morali? Per di più, in un momento dove il mondo ha gli occhi puntati al conflitto bellico e inconsciamente cerca il buon esempio da chi con la visibilità acquisita potrebbe insegnarlo a tutti. Allora dove lo troviamo questo limite, questa linea di confine che delimita l’errore? Perché Will da grande uomo quale è non ha saputo fermarsi, meditare e risolvere il tutto con un commento piccato che avrebbe imbarazzato molto di più Chris Rock che invece ora vive di quest’onda rifles-
Chris Rock (da Biografieonline)
sa e da martire? “Nel momento più alto devi stare attento, è lì che il diavolo viene a cercarti” dice l’amico Denzel Washington a Will Smith prendendolo in disparte durante lo stacco pubblicitario. Il problema forse è che a quei livelli ci si perde, non esiste più l’uomo, ma l’attore e il personaggio e si rimane intrappolati nell’immagine di sé stessi che si fornisce al pubblico. Recentemente era emersa la crisi di coppia tra i due, lui tradito dalla moglie e la manifestazione pubblica di vivere una relazione aperta. Non possiamo sapere tutto e soprattutto non possiamo immaginare quale sia la vera natura di quell’azione che va a nascondersi in chissà quali crepe dell’anima, possiamo solo pensare che la violenza non è mai giustificabile, che l’amore e la sofferenza portano a chissà quali meccanismi.
Attori e Oscar in controluce Per questo non possiamo pensare di condannare Will come non abbiamo condannato Rock, che comunque si è spinto troppo in là superando il sottile limite tra satira e offesa. L’Accademy invece lo ha fatto, lo ha allontanato per 10 anni, e i film che aveva in programma sono stati sospesi. La moglie lo ha fatto al punto che i due non si parlerebbero quasi più. Avrebbe potuto rispondere diversamente Will, e non per una questione etica. Avrebbe potuto rispondere con classe, in maniera sottile, durante la premiazione con un discorso che facesse riferimento alla battuta, o in un’intervista successiva, o personalmente con Chris. Insomma c’erano modi migliori per farsi valere. Queste le sue pubbliche scuse: “La violenza in tutte le sue forme è velenosa e distruttiva. Il mio comportamento la notte degli Academy Awards è stato inaccettabile e imperdonabile. Le battute fanno parte del lavoro, ma a era una battuta sulle condizioni mediche di Jada ed è stato difficile per me da sopportare e ho reagito emotivamente. Vorrei scusarmi pubblicamente con te, Chris. Ero fuori di testa e ho sbagliato. Sono imbarazzato e le mie non sono indicative dell’uomo che vorrei essere. Non c’è posto per la violenza in un mondo di amore e gentilezza.” Poche settimane prima dell’accaduto, Will Smith era stato ospite allo show di David Letterman, e durante l’intervista l’attore aveva rivelato di aver fatto un terribile sogno durante la pratica dell’Ayahuasaca (una bevanda psicoattiva che viene consumata da oltre mille anni e che è stata scoperta per la prima volta tra le tribù del bacino amazzonico) in cui la sua carriera andava letteralmente in fumo. Se condanneremo l’uomo invece dell’azione anche questa sarà stata un’occasione sprecata per uscirne migliori.
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Attualità italiana in controluce di Emanuele Paccher
COGNOME DEI FIGLI:
la Consulta abbatte un altro tabù
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bi societas, ibi ius: dove c’è società c’è diritto. Si potrebbe arrivare addirittura a dire che non serve una vera e propria società, visto che il diritto sorge con il semplice incontro di due persone. Di sicuro è ben presente nel momento della nascita di un figlio, in particolare nello stabilire le regole per l’assegnazione del cognome. L’art. 262 del codice civile prevede una complessa disciplina, la quale si differenzia per più ipotesi: riconoscimento del figlio da parte di un solo genitore, riconoscimento prima di un genitore e poi dell’altro, riconoscimento contestuale. Ed è proprio in quest’ultima ipotesi che sorgono i problemi, visto che la norma, prima dell’intervento della Consulta del 27 aprile, prevedeva un automatismo: nel caso di riconoscimento effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio avrebbe assunto il cognome del padre. La Corte costituzionale ha dichiarato che tale automatismo è illegittimo. E ciò vale per tutti i figli, nati sia fuori che dentro il matrimonio, sia adottivi che naturali. La Corte poi è intervenuta su un altro aspetto, ossia sull’impossibilità di attribuire al figlio unicamente il cognome della madre, anche qualora vi fosse stato l’accordo di entrambi i genitori. D’ora in poi anche ciò sarà possibile. La motivazione principale della sentenza è che quelle parti dell’art. 262 ledono il principio di uguaglianza dei
coniugi, creando una discriminazione e ledendo l’interesse del figlio. D’ora in poi il figlio assumerà il cognome di entrambi i genitori nell’ordine da essi concordato, salvo che essi decidano di comune accordo di attribuire solo il cognome di uno dei due. A questa storica sentenza si è arrivati dopo un lungo cammino. Già nel 2016 la Consulta era dovuta intervenire riconoscendo la possibilità di aggiungere il cognome della madre a quello del padre. Va ricordato che la Corte costituzionale non è un legislatore, e quindi non può che limitarsi a rispondere alle questioni che le vengono sollevate dai giudici, e nei termini che da questi gli vengono posti. La responsabilità per l’incredibile lentezza con cui si è raggiunto questo traguardo è da imputarsi primariamente al Parlamento. Questo, infatti, è stato più volte
richiamato dalla stessa Corte costituzionale a deliberare sul punto, ma si è sempre mostrato incapace di varare riforme al passo coi tempi. Ma d’altronde nell’effettuare una riforma si rischia di non piacere a parte del proprio elettorato. Meglio quindi attendere e scaricare su altri queste responsabilità. Per fortuna i nostri padri costituenti avevano previsto un organo di chiusura del sistema, chiamato, talvolta suo malgrado, ad intervenire su disposizioni legislative per adeguarle al mutare dei tempi. L’assegnazione automatica del cognome al padre è un retaggio del passato, di una società patriarcale. Oggi la società esprime nuove esigenze, e piano piano ci si sta muovendo verso un’effettiva parità di genere. Il 27 aprile 2022 è stato fatto un altro piccolo, ma importante, passo in avanti.
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Musica oggi di Gabriele Biancardi
VASCO AL COMANDO
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asco Rossi, un mito della musica e della trasgressione. Oltre centomila nell’Arena costruita per l’ evento che ha riaperto alla vita comunitaria e speriamo non al Covid. Bravo il sindaco di Trento Franco Ianeselli che, rischiando poco ha politicamente raccolto molto. Non tutto è andato bene ma tutto sommato :è andata bene! I conti poi si fanno a bocce ferme. E si pensa a futuri eventi “ridotti”. Come dicevano i nostri nonni: si facciamolo grande, ma non troppo. (W.P.) Abemus Vasco! E infine il “Comandante” ha fatto tappa a Trento. Lo aveva già fatto in anni in cui in pochi avevano avuto la voglia di vederlo. Primi anni 80, uno sparuto gruppo di rockettari della provincia ad ascoltare un cantante nemmeno tanto dotato dal punto di vista canoro. Ma la forza di Vasco non è nella voce, lui ha trovato quello che tanti suoi colleghi hanno cercato invano per anni e anni. La chiave. Esatto, quella che permette di entrare in simbiosi con chi ascolta, quella che scardina le serrature più
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recesse. Di fronte ai suoi testi, si aprono come nodi a fiocco. Sono diverse le generazioni che nelle canzoni del Blasco, si sono riconosciute, sono diventate colonna sonora di una vita intera. Il suo non è un concerto per nostalgici di un tempo che fu. No, la sua innegabile qualità è quella di saper fare da collante tra generazioni molto lontane, anche culturalmente
e di differenti estrazioni sociale. Nelle file di coloro che hanno affollato la “Music Arena”, (vedremo che fine farà), ci potevi trovare dall’avvocato di grido, al manovale, dal commerciante al dipendente pubblico. Ma lì, a cantare a squarciagola le sue canzoni, non ci sono 730 che tengano. Non ci sono proprietà immobiliari che contino. Importante è rivolgere lo sguardo verso il palco, grande come
Musica oggi un condominio, che da lontano senza i megaschermi, sarebbe come una versione dell’Italia in miniatura. Sono passati decenni da quei concerti fatti con le casse impilate una sopra le altre. Eppure Vasco è ancora credibile. Non ha mai voluto insegnare nulla, ha solo riportato quelle che erano le sue e nostre vicende. I nostri sogni. Certo,ha fatto un pochino strano ascoltare “vita spericolata”, da un signore di oltre sessanta anni che viaggia in elicottero o limousine e ha per la sua corsa mattutina un intero parco di hotel dove solo lui può passeggiare. Ma in quella vita spericolata, noi tutti ci siamo trovati a sognare di poterla percorrere. In quella “Sally”, credi che non si possa scrivere un testo così toccante e bello. Vasco Rossi può non piacere per carità, ma non si può rispettare quello che ha fatto in tanti
anni di carriera. Non si è mai svenduto, non ha ceduto alle facili lusinghe di comparsate tv giusto per...nel 2006 decise che basta, mai più nessuna canzone sua sarebbe stata usata per pubblicità. Fino ad allora solo la Fiat aveva avuto il permesso, lautamente pagato ovviamente, di usare qualche brano suo. Da oltre 16 anni ha deciso di essere solo il brand di se stesso. Eppure abbiamo vissuto il rischio che questo evento potesse essere davvero troppo “pesante” per la nostra piccola provincia. Da una parte un mastodontico quanto scartavetrante assedio mediatico con notizie più o meno, soprattutto meno, interessanti. Sono usciti a galla pure quelli che volevano approfittare dell’evento per fare due euro. Garage in affitto a 200 euro! Biglietti “rivenduti “a più del doppio. Appartamenti affittati due giorni per
650 euro. (tutto verificabile sui social), insomma un caleidoscopio di umanità che si affaccia solo in determinate occasioni. Naturalmente ora passata l’euforia, ci saranno corvi e cornacchie che con le zampine sfregolanti, non vedono l’ora di massacrare questo incredibile evento. Certo, ci sono state tensioni, sicuramente alcune decisioni piuttosto discutibili. Ma, per una volta, vorrei soltanto lasciarmi trasportare dalla gioia che traspariva nei volti, nei sorrisi e nelle lacrime, nelle urla e della tristezza alla fine della serata. Viviamo anche per questo, per avere quelle ore dove lo spazio è completamente occupato dalla musica, dal far parte di un popolo unito, dove importa zero quello che voti o sostieni. Sei lì, ti guardi intorno e ti illudi che tutto possa avere lo stesso livello di felicità ed empatia.
I nostri giovani a Trieste sognano il futuro delle Alpi Lo scorso 3 maggio una delegazione di giovani trentini e valsuganotti ha raggiunto Trieste per partecipare al workshop "The future digitalization in the Alps". Un tavolo di lavoro in cui hanno potuto confrontarsi con altri coetanei, provenienti da tutto l'arco alpino, circa le sfide che attendono l'ambiente montano nei prossimi anni, e le opportunità che la digitalizzazione può creare per le nuove generazioni. L'evento, rigorosamente in lingua inglese, era inserito nel programma della Digital Alps Conference, convegno annuale sotto l'egida dell'Eusalp, la macroregione europea che coinvolge 48 territori montani, comunitari e non (dalla Provenza alla Slovenia, passando per Svizzera, Trentino e Baviera), la cui presidenza di turno è quest'anno ricoperta dalla regione Trentino-SüdTirol, rappresentata nel capoluogo friulano dall'assessore Mirko Bisesti. Il Grand Hotel Savoia, a due passi dalla pittoresca Piazza Unità d'Italia, è stato la cornice in cui si sono svolte le sedute congressuali, aperte da Sebastiano Callari, assessore della regione Friuli, che ha sottolineato l'importanza del confronto d’idee per creare, tutti assieme, "una UE più solidale e vicina alle esigenze dei territori". Al termine del convegno, i giovani partecipanti hanno prodotto una serie di considerazioni e proposte inerenti al tema "Alpi e Digitalizzazione" (spaziando dal mondo dell'educazione fino alle digital industries) che verranno ampliate da un ulteriore brainstorming previsto a Trento nel mese di giugno, per poi finire sul tavolo dei decisori politici durante il forum annuale dell'Eusalp, ospitato sempre nel nostro capoluogo il prossimo novembre. (Francesco Zadra)
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Fatti e misfatti di Waimer Perinelli
I SUONI DI VAIA:
TRAGEDIA ED EMOZIONI
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omeriggio del 26 ottobre 2018, lago di Caldonazzo. L’acqua si era leggermente increspata e il vento era sostenuto ma non troppo, l’ideale per incoraggiare alcuni surfisti indifferenti al fresco autunnale. Poi rapidamente, all’improvviso da sud est il vento rinforzava e il lago si ricopriva di una leggera schiuma bianca. Sembrava il palpitare di scaglie di mare. Poi il cielo è diventato nero e dense nuvole anticipavano il crepuscolo mentre la forza del vento aumentava paurosamente e dalla riva di Calceranica si staccava il gommone dei vigili del fuoco chiamato in soccorso dei surfisti. Tutto accadeva in nemmeno mezzora ed era solo, l’anticipo, il prologo del fenomeno atmosferico passato alla storia come la Tempesta di Vaia. Il quadro descritto in questa piccola parte della Valsugana, è in realtà solo il tassello di un puzzle che ha coinvolto buona parte dell’Italia nord orientale. In Trentino come in Veneto, il vento ha soffiato per quattro giorni schiantando al suolo milioni di alberi distruggendo migliaia di ettari di foreste alpine, di conifere e scoperchiando centinaia di tetti. L’unità di crisi della Regione Veneto ha definito la Tempesta di Vaia come disastro naturale, peggiore perfino dell’alluvione di Venezia del novembre 1966 e quella pur vasta di tutto il territorio, del 2010. Il vento di Scirocco ha soffiato quasi senza interruzione alla velocità di oltre 100 chilometri all’ora, con raffiche di quasi duecento. E al vento si è unita la pioggia scrosciante. La sera dl 30 ottobre è iniziata la conta dei danni: le pareti delle montagne
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delle valli di Fiemme, Valsugana, in particolare il colle di Tenna, Tesino, Vanoi e Primiero erano spennacchiate come pulcini appena nati. Ma quello che la maggior Sradicamenti - Altopiano di Piné (ottobre 2018) parte delle una catasta scomposta di altri alberi persone investiabbattuti al suolo come bastoncini di te dalla Tempesta di Vaia ne ricorda il un enorme Shanghai, altri alberi piesuono, anzi i suoni, perché sono stati gati e cime di dossi spennacchiati o molteplici in un crescendo di ritmo e pettinati dalla natura barbiere come fracasso secondo gli schianti o il pieteste di frate con la chierica. garsi di rami e il frullare delle foglie. Lo stesso Besana con l’ideazione di Sono proprio i rumori che il Museo Davide Grecchi e i testi di Mimmo degli Usi e Costumi della Gente Sorrentino ha realizzato il video sul Trentina(MUCGT) di San Michele rapporto fra uomo e natura che all’Adige ha voluto riprodurre e riproaccoglie il visitatore nell’apposita porre attraverso l’idea dell’architetto sala dove, grazie alle musiche di Elisa Claudio Lucchin, concretizzata in una Pisetta e Cristian Postal, le testimomostra di pannelli fotografici ed in un nianze audio di Ines Bastiani, Alessanpercorso uditivo. Un evento chiamato dra Frisanco, Paolo Nicoletti, Marco I Suoni di Vaia e I Segni di Vaia Pisetta e Angelica De Girardi, vengoche, dice il presidente del Museo, Ezio no proposti rumori e suoni capaci Amistadi, “ è un’occasione preziosa di suscitare emozioni, ricordi, brividi, per riflettere sul rispetto della natura la cui drammaticità è attenuata solo e su quanto l’uomo sia a essa legato. dall’ambiente confortevole della Ricordiamoci sottolinea, che questo sala e dell’allestimento costruito con disastro naturale, ha causato anche pannelli montati come la chiocciola la perdita della vita ad otto persone della lumaca. Il buio e l’amplificazione e seminato tantissima paura fra tanta molto ricercata e funzionale, aiutano gente.” la concentrazione e il ricordo. Sono i La mostra “concerto” inizia nel chioSuoni di Vaia entrati trasformati da stro dell’antico convento, ora parte ricordo personale in memoria collettiintegrante del museo, con l’esposiziova attraverso cui passa l’elaborazione ne di 11 fotografie scattate da Roberdel disastro. to Besana montate su pannelli leggeri L’evento sarà visitabile fino al 29 appositamente costruiti. Ritraggono ottobre. alberi spelacchiati ancora ritti fra
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Università Popolare Trentina - Scuola di logistica
Giovani, scuola e lavoro
di Armando Munao’
Parla ROBERTO BOSETTI Presidente Interbrennero di Trento
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oberto Bosetti, ingegnere in pensione di A22, è l’attuale Presidente di Interbrennero. Bosetti guida la società controllata dalla Provincia per la gestione dell’Interporto di Trento Nord che organizza la partita dell’intermodalità per il trasporto di merci da gomma a rotaia. Per la società sono in calendario molti cambiamenti. Nelle intenzioni della Provincia, una volta ottenuta la nuova concessione per la gestione dell’A22 Interbrennero sarà in futuro incorporata in Autobrennero con un grande sviluppo della logistica. La nostra intervista all’ingegnere Bosetti. La logistica è un settore in grande espansione a livello internazionale ed è sempre più centrale anche per le nostre aziende locali. Quando si parla di logistica, comunemente, si riconduce tutto questo complesso e delicato processo alla semplice movimentazione della merce all’interno di un magazzino. Contrariamente a questa convinzione, la logistica è molto più che il semplice trasporto merci. La logistica si occupa dell’approvvigionamento delle materie prime e dei componenti, del loro stoccaggio, del rifornimento all’interno dei reparti produttivi e a prodotto finito si occupa dell’imballaggio dello stesso e del suo trasporto attraverso la rete distributiva. A cosa è dovuto l’attuale sviluppo e accelerazione? Non dimentichiamo che al tempo del Covid-19, in particolare durante la prima ondata, tutto si era fermato,
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eccetto la logistica. Durante la pandemia l’e-commerce ha avuto invece un grande sviluppo e il suo successo è stato reso possibile su un sistema di logistica avanzata inimmaginabile sino a un decennio fa. Per certi aspetti si tratta della versione aggiornata del Postal Market del secolo scorso. Oggi si tratta di un sistema che riesce a coniugare gli interessi dei vari attori (consumatore, produttore, venditore, trasportatore e distributore finale), nel pieno rispetto dei termini previsti (tempo e prezzo). Il nostro territorio e la nostra economia di quali servizi di logistica hanno bisogno per poter affrontare le sfide future? Vorrei sottolineare che la situazione geopolitica attuale, caratterizzata da una forte tensione, avrà un’importante ricaduta sulla crescita economica dell’intero paese e, in particolare, sull’andamento del settore trasporti. Sulle attività logistiche e interportuali della nostra Regione sarà necessario prendere coscienza dei limiti intrinsechi della svolta green, così come è stata concepita, e dare nuovo impulso all’intermodalità ferroviaria e marittima. Ci racconta un servizio di logistica che rappresenti per Interbrennero SpA una linea di attività pregiata? Tanto per rimanere in valle, da alcuni mesi è attivo il servizio di trasporto stradale delle billette prodotte dall’acciaieria di Borgo Valsugana sino all’Interporto di Trento. Il trasporto avviene tramite containers speciali che giunti
L'ingegnere Roberto Bosetti
a Trento vengono caricati direttamente su carri ferroviari e spediti alle aziende trafilatrici preminentemente lombarde. Ogni convoglio si compone di 18-23 vagoni e nella filiera logistica Interbrennero SpA agisce come luogo di concentrazione dei containers di carico sui carri ferroviari e, due volte in settimana, di spedizione. Il profilo del logistico sembra essere più richiesto sul mercato del lavoro. Quale consiglio si sente di dare ai giovani che desiderano avvicinarsi a questa funzione aziendale? Le competenze richieste per poter svolgere questo ruolo sono sempre più trasversali. Trovare occupazione in questo campo significa lavorare in ambienti in costante evoluzione, al passo con l’innovazione e non basta la patente di mulettista o qualche attestato di frequenza a corsi specifici per agire da protagonista. In linea generale la persona deve studiare e conoscere almeno una lingua straniera.
Università Popolare Trentina - Scuola di logistica
Giovani, scuola e lavoro
di Armando Munao’
Parla ANDREA GOTTARDI Presidente della Sezione Trasporti e Logistica di Confindustria Trento
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residente quali sono gli investimenti in logistica che le aziende locali si trovano ad affrontare? Le aziende di trasporto e logistica si trovano oggi difronte a nuovi scenari e nuove sfide. Per poter essere competitivi bisogna investire su tre fronti: 1. Capitale umano: cercando di attrare giovani ed incrementando le competenze all’ interno delle imprese. 2. Tecnologia: il mercato richiede sempre più mezzi green e connessi. Oggi è normale che un cliente chieda di essere aggiornato sulla posizione del mezzo, di ricevere real time copia dei documenti firmata o un messaggio di avvenuta consegna della merce. 3. Dimensioni aziendali: le sfide di oggi impongono dimensioni aziendali sempre più grandi con al loro interno più competenze. Bisogna avere il coraggio di guardare oltre e mettere da parte gli egoismi. Que-
Andrea Gottardi a Lione al Solutrans
sto porterà ad un miglioramento della qualità della vita dell’imprenditore e più stabilità e serenità per i collaboratori a tutti i livelli. Come si stanno trasformando i servizi di logistica negli ultimi anni e dopo il difficile periodo della pandemia? La pandemia prima, la guerra in Ucraina adesso hanno stravolto il mondo della logistica; la carenza di materie prime ha imposto la necessità di stoccare più merce aumentando la richiesta di magazzini, sempre più ci si trova a consegnare just in time e sono cresciuti esponenzialmente i servizi di consegna a domicilio, fondamentali nella pandemia, ma cambiando il modo di acquistare dei consumatori vanno alla grande anche ora. La prossima apertura del Tunnel del Brennero e altre opere infrastrutturali possono diventare occasione di sviluppo di servizi logistici? Il Tunnel del Brennero e tutte le grandi opere danno in primis opportunità di lavoro e sta a chi è nel territorio attraversato coglierle. Sia la mia azienda, sia la STS di Castel Ivano stianno lavorando alla realizzazione del Tunnel. L’entrata in esercizio del Tunnel fra qualche anno non solo permetterà ad un lavoratore trentino di andare a lavorare a Monaco di Baviera facendo ritorno a casa in giornata, ma per il mondo della logistica porterà un impulso importante. Saranno disponibili molte nuove tracce orarie ed i convogli saranno più lunghi degli
Andrea Gottardi
attuali (500 mt. lunghezza) e questo permetterà di spostare più merce su ferrovia, scelta che sarà obbligata per le lunghe percorrenze visto la cronica carenza di autisti. Mi piace portare l’esempio delle Acciaierie Venete di Borgo Valsugana che dovendo spostare importanti quantitativi di prodotto finito (billette) hanno scelto il treno rispetto alla gomma, l’entrata in esercizio del Tunnel incrementerà sicuramente questa modalità. A Borgo Valsugana aprirà una nuova scuola per Operatori e Tecnici dei Sistemi e dei Servizi logistici. Come accoglie questa iniziativa formativa? Sono felicissimo, abbiamo avuto già degli incontri come Confindustria con i dirigenti scolastici. Noi abbiamo dato la disponibilità a mettere a disposizione le nostre competenze imprenditoriali, i nostri collaboratori, i nostri consulenti, l’obiettivo finale è ambizioso, ma sono certo che lo raggiungeremo. L’ UPT è un unicum a livello scolastico, questo nuovo indirizzo di studio ci permetterà, volendo, anche di formare e far crescere i nostri collaboratori.
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Sfogliando un libro di Waimer Perinelli
I DESTINI DI
DANIELA LARENTIS I l destino gioca uno scherzo a due fratelli africani, nati nel Mali, costretti dalle circostanze a lasciare separati il proprio villaggio salvo poi farli rincontrare nel vecchio Continente. Sekou e Naninju sono i protagonisti del romanzo “Destini oltre il mare” di Daniela Larentis persona educata, rispettosa, affabile che ama scrivere perché, ha affermato alla presentazione del romanzo, “voglio ribadire il diritto alla felicità”. E così dopo avere pubblicato da sola o in collaborazione con altri almeno quattro romanzi ne ha scritto un quinto dove il coautore è l’artista Matteo Boato pittore ricco di fantasia e armonioso nel tratto con il quale, in bianco e nero, conduce il lettore nel mondo magico di Daniela. “Destini oltre il mare”,Reverdito editore, presentato nella sala degli affreschi della biblioteca di Trento, dalla professoressa Luciana Grillo, è un
romanzo sociologico nel quale si specchia la complessità di un mondo diviso geograficamente, politicamente, economicamente; dove a fare la differenza è spesso il colore della pelle ma a determinare le circostanze sono sempre i problemi economici. Il Mali è una ex colonia francese, un paese dove si vive prevalentemente di agricoltura e allevamento, con una forte propensione all’emigrazione che la scoperta di alcuni giacimenti d’oro non ha frenato di molto. Si sa, come ci dice l’autrice nel romanzo, che ad arricchirsi non sono quasi mai gli abitanti del luogo bensì altri, soprattutto gli “uomini bianchi”. Ma da due italiani di pelle chiara viene adottata Naninju dopo la morte della madre. Un’adozione fortunata perché i nuovi genitori sono entrambi medici pronti e capaci nel
Trento Sala Affreschi Biblioteca presentazione da sinistra Daniela Larentis, Luciana Grillo, Matteo Boato
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sostenerla in un viaggio fra ricordi e speranze dove incontrerà il fratello, meno fortunato, emigrato avventu-
La scrittrice gioralista Daniela Larentis
Sfogliando un libro rosamente come tanti africani, in Europa e diventato protagonista della street art in Francia. Nella fanciulla adolescente, alle prese con un nascente amore, rivivono nella mente i bei giorni passati nel natio villaggio: una vita agreste, fatta di affetto , di tradizione e sentimento, dove “ il canto del gallo sveglia tutti all’alba, fra poco si andrà tutti a lavorare negli orti”. La storia, come s’intuisce, è un intreccio tra la realtà e l’ immaginazione, il desiderio di un destino buono. Come in tutti i romanzi traspare, consapevolmente o meno, la vita di chi scrive, i suoi sentimenti, i desideri, le aspettative, le speranze. Le diverse culture, africana ed europea, fanno da sfondo alla realtà di un mondo tormentato dalle guerre dai fondamentalismi di ogni tipo. Soprattutto dalle opinioni perché, ci dice l’autrice, nel mondo occidentale non ci sono verità: “ la verità non la puoi riconoscere perché è confusa dentro a un certo numero di bugie”. Più che un intreccio il romanzo è un groviglio che l’autrice scioglie con delicatezza lasciandoci speranzosi e di buoni sentimenti. Lo fa un po’ da cronista e molto da scrittrice. Daniela Larentis, laureata in scienze della comunicazione, appassionata di arte e filosofia ci obbliga ad interrogarci sulla società che cambia, le nuove emigrazioni, i confronti culturali e l’etnocentrismo. Lei scrive per il piacere di raccontare ma le sue parole sono tanti flash, istantanee, nelle nostre menti.
BIENNALE VENEZIA 2022
IL LATTE DEI SOGNI
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a Biennale di Venezia 2022 è stata inaugurata il 23 Aprile 2022 presso i Giardini e all’Arsenale. É stata questa la 59° edizione e ha avuto la particolarità di ospitare 191 artiste e 22 artisti provenienti da 58 diverse nazioni. Ventisei gli artisti Cecilia Alemanni (da www.ceciliaalemani.com) italiani e le artiste che vi hanno partecipato. Una biennale che in alcuni momenti ha denotato quanto il femminismo, per certe caratteristiche e soltanto per certi aspetti, abbia superato le migliori aspettative. Questa biennale è stata significativa anche perché, guardando a tutto il passato della storia dell’arte e per quanto la presenza femminile non sia mai mancata del tutto, è stata chiaramente subordinata a un atteggiamento maschilista nell’arte così come nel vivere quotidiano. Non senza ragione la mostra è stata intitolata “Il latte dei sogni” ed è anche la prima edizione curata da una donna italiana: Cecilia Alemani. Ai Giardini, all’Arsenale e nel centro storico di Venezia erano presenti per la prima volta la Repubblica del Camerun, Namibia, Nepal, Sultanato dell’Oman e l’Uganda. Repubblica del Kazakhstan, Repubblica del Kyrgyzstan e Repubblica dell’Uzbekistan hanno partecipato, sempre per la prima volta, con un proprio Padiglione. Eugenio Viola ha curato il Padiglione Italia alle Tese delle Vergini in Arsenale, sostenuto e promosso dal Ministero della Cultura, Direzione Generale Arte e Architettura Contemporanee e Periferie Urbane. I temi attorno a cui la Biennale è stata costruita sembravano avere in comune il particolare momento storico in cui la sopravvivenza dell’umanità stessa è minacciata. Le aree tematiche sono state “la rappresentazione dei corpi e le loro metamorfosi, la relazione tra gli individui e le tecnologie i legami che si intrecciano tra i corpi e la Terra”. L’augurio per questa 59° edizione post pandemia, e nonostante i forti venti di guerra, possa preludere anche alla 60esima edizione in un contesto storico-sociale più sereno del presente. (di Sabrina Chababi) Esposizione Internazionale d'Arte (da Arte in Campania)
Matteo Boato - Destini oltre il mare la vita semplice
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BENVENUTI A CASATUA RELAX CasaTua Relax è il nuovo brand nato dalla passione e dalla dedizione del Gruppo Paterno che negli anni ha creato importanti realtà come Eurobrico, CasaTua Arredo, Xlam Dolomiti, Funivie Lagorai e Melagorai. CasaTua Relax focalizza la propria attenzione sul mondo del riposo e del comfort: divani, poltrone, letti e materassi dall’alta qualità che si presentano come le soluzioni ideali per rigenerarsi e riscoprire il piacere del proprio benessere.
Casatua Relax, dopo aver visto la nascita del suo primo store a Milano, il 28 ottobre 2021 inaugura con grande successo il secondo negozio nella città di Feltre, in Viale Monte Grappa, 8/D, all’interno della galleria commerciale “Altanon”. 800 mq di puro Relax in cui poter scegliere tra differenti modelli di prodotti 100% Made in Italy, personalizzabili in base alle proprie esigenze. Molti sono i servizi messi a disposizione dei clienti all’interno di Relax Feltre: trasporto e montaggio, ritiro e smaltimento dell’usato, finanziamenti e incentivi fiscali, garanzie e un’assistenza post vendita sempre attenta alle varie esigenze. CasaTua Relax offre tutto questo: voglia di innovazione, prodotti dal design italiano e servizi di qualità studiati per un riposo e un benessere a 360°.
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Gli infortuni nelle civili abitazioni di Enrico Coser
ATTENTI AGLI INCIDENTI DOMESTICI
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li incidenti domestici, nel nostro paese, costituiscono una vera documentata emergenza che come sottolinea l’Istat, coinvolgono in primis le donne, perchè sono loro a prendersi cura della casa, poi gli anziani e infine i bambini. Secondo una delle ultime indagini il numero degli incidenti domestici supera addirittura quello degli incidenti stradali. Numeri, purtroppo che non accennano a diminuire. E i dati ci dicono anche che ogni anno, nelle case degli italiani, sono oltre 3 milioni gli incidenti che caratterizzano la nostra quotidianità con un numero di persone coinvolte che supera i tre milioni e mezzo, tra cui circa 600mila casalinghe. In base alle analisi condotte la stragrande maggioranza degli infortuni, quasi sempre, sono legati ad aspetti quali cadute dalla scale o da sgabelli, ferite da taglio, scivolamento, urti, schiacciamenti, ecc. Quelli, però, che sono cima alla “classifica”e che riguardano oltre io 40% del totale, avvengono in cucina che vedono come grandi protagoniste le ferite da taglio, più o meno gravi e le scottature. Particolare menzione meritano anche gli infortuni dovuti a scosse elettriche perchè, ogni anno coinvolgono oltre 200mila italiani. E l’istituto di statistica ci dice che gli infortuni tendono, sempre di più, a colpire anziani e bambini. Ma dove avvengono prin-
cipalmente gli incidenti domestici? Secondo i dati Istat e Siniaca tra i luoghi con maggiore frequenza c’è la cucina (36%), camera da letto (14%), scale (8%), bagno (8%, soprattutto a causa di scivolamenti su superfici bagnate, oppure mentre si esce dalla doccia o vasca). Infine nei giardini e cortili (6%). Purtroppo gli infortuni e gli incidenti domestici hanno un effetto decisamente diretto anche e soprattutto sulla nostra sanità in termini di cure, ricoveri e, non di rado di veri e costosi interventi chirurgici. Ma quali i consigli utili a prevenire gli incidenti più comuni? Molti sono i consigli e tra questi: fare grande attenzione quando si maneggiano coltelli o attrezzi da taglio o quando si esce dalla doccia o dalla vasca con i piedi bagnati; buona abitudine è
quella di usare sempre il corrimano quando si scendono le scale, specialmente se non si è in possesso di una buona mobilità e/o deambulazione; fare molta attenzione quando i bambini si avvicinano alle prese elettriche o in cucina, specialmente quando il il forno è acceso o ci sono pentole sul fuoco. Ed è buona abitudine conservare tutti gli oggetti pericolosi e taglienti impedendo ai bambini di prenderli e usarli. Idem per tutti i prodotti di una certa pericolosità quali i detergenti o sostanze tossiche in grado di provocare delle pericolose intossicazioni. Inoltre è sempre consigliabile avere in casa una fornitissima cassetta di pronto soccorso utile per agire con tempestività in caso di piccoli incidenti dovuti a un qualsiasi infortunio domestico.
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Il personaggio di ieri di Andrea Casna
TULLIO GARBARI Un artista europeo di primo Novecento T
ullio Garbari, uno dei principali artisti trentini del Novecento, nasce nel 1892 a Pergine Valsugana. Era il fratello maggiore di Ezio e Mario con i quali condivideva l’amore per l’Italia e per l’irredentismo. Tra il dicembre 2019 e febbraio 2020 le sale del Palazzo delle Albere di Trento avevano ospitato una mostra dedicata proprio a Tullio Garbari dal titolo «Tullio Garbari. Primitivismo modernità». Vittorio Sgarbi, Presidente del Mart, scrisse che «la originalità dell’artista segna il punto di congiunzione tra primitivismo e modernità, senza alcuna indulgenza per le avanguardie, ponendosi in equilibrio fra le nuove riflessioni di Carlo Carrà su Giotto, il doganiere Rousseau, Alberto Magri, Lorenzo Viani. Tutti spiriti indipendenti, la cui autenticità è, letteralmente, originaria. Non è un caso che, con la parola ‘primitivo’, si indichi un mondo che non è solo quello dell’arte africana, che ispirò Picasso, ma anche quello delle origini della pittura moderna, tra Cimabue, Giotto e Duccio di Buoninsegna. Primitivi sono, in questa periodizzazione, i pittori del Trecento e del Quattrocento, il cui nitore e candore l’opera di Garbari riproduce, più per istinto che per ragione». Ma chi era Tullio Garbari? La sua fu un’istruzione ottima: negli anni 1903-1908 frequenta la Scuola Reale Elisabettiana di Rovereto, ad indirizzo tecnico e nell’autunno del 1908 si iscrive all’Accademia di belle arti di Venezia. È in questa fase che entra in contatto con alcuni giovani pittori dell’avvanguardismo novecente-
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sco. Erano giovani artisti, noti poi come Ribelli di Ca’ Pesaro, che volevano scardinare i principi della pittura accademica. Nel dettaglio si tratta di un circolo di artisti composto da: Umberto Boccioni, Teodoro Wolf Ferrari, Felice Casorati, Gino Rossi, Arturo Martini, Umberto Moggioli. Nel 1910 Garbari partecipa alla mostra di Ca’ Pesaro, per la quale viene incaricato di preparare il manifesto e l’anno successivo espone un dipinto alla prima mostra internazionale d’arte di Valle Giulia a Roma. La sua prima mostra personale a Trento è del 1912 nella sala della Filarmonica. La guerra e la morte del fratello Mario. Nell’agosto del 1914, da vero irredentista, fugge in Italia passando la frontiera clandestinamente come i fratelli Ezio e Mario. Nel maggio 1915 si arruola nell’esercito italiano, ma viene congedato nel luglio dello stesso anno perché malato di tifo. Durante la guerra si dedica all’arte e nel 1917 espone a Carrara. Il fratello Ezio prende parte a molti combattimenti sul Monte Valpiana, Monte Carbonile in Valsugana, Marter, S. Osvaldo, Broccon. Nel 1917 è comandante della compagnia complementare del Batt. Val Cismon, con la quale prende parte al combattimento sul Tomatico presso Feltre nell’ottobre 1917. Il 15 dicembre, ferito in battaglia, viene ricoverato all’ospedale militare di Treviglio (Bergamo). Il fratello minore Mario morirà suicida il 13 dicembre
Tullio Garbari - La siblla cumana (1930 - MART)
1917: «durante i combattimenti in Val Calcino (Monte Grappa), vistosi accerchiato e destinato ad essere fatto prigioniero -si legge sul portale 900trentino.museostorico.it - si uccide con un colpo di pistola, conscio del fatto che, una volta catturato, sarebbe stato giustiziato per alto tradimento». La fine della guerra e la morte a Parigi. Nel gennaio 1919, a guerra finita, torna a Pergine riunendosi alla famiglia. Gli anni dal 1919 al 1927 sono dedicati alla lettura e allo studio. Nel 1927 riprende a dipingere esprimendo dei caratteri completamente diversi, autonomi e indipendenti. Sempre nel 1927 espone a Milano, Amburgo, Berlino, L’Aia, Amsterdam e nel gennaio 1928 a Lipsia. Si dedica alla raffigurazione di scene di vita contadina e popolare. Lavora con assiduità fino alla morte, avvenuta improvvisamente a Parigi l’8 ottobre 1931, a 39 anni di età.
Fatti & personaggi di ieri di Massimo Dalledonne
DA GRIGNO A BORGO:
LA STORIA DELLA FAMIGLIA POPPI
P
er ben 12 volte la famiglia Poppi ha ricoperto, nei secoli scorsi, la carica di sindaco nel comune di Borgo. Un cognome, quello di cui parla don Armando Costa nel suo ultimo libro “Cives Burgi Ausugi memoria digni”, che altro non è un soprannome, affibbiato nella prima metà del ‘500 al capostipite Bortolo “Popo” quando, da Grigno dove lavorava come pellicciaio, deciso di trasferire l’attività di famiglia a Borgo Valsugana. Come scrive don Costa “Bortolo, uomo destro e onesto, avviò il figlio Baldassare alla professione del notariato rendendosi utile alla Magnifica Comunità del Borgo che lo volle
sindaco nel 1547 e nel 1567”. Successivamente la carica venne ricoperta anche da altri membri della famiglia. I Poppi, con il passare del tempo, vennero elevati al rango di nobili. Ciò avvenne il 20 maggio del 1575 quando, l’allora imperatore Massimiliano II concesse il diploma imperiale ed il blasone di nobiltà a Leonardo, Giovanni e Andrea Poppi, i tre figli del notaio Baldassare. “Il grado nobiliare – scrive ancora don Armando Costa – aprì al ramo della famiglia rimasto al Borgo la via delle cariche politiche al servizio del castello e della giurisdizione di Telvana posseduta fino dal 1462 dai baroni Welsperg”.
Massimiliano II (fonte Wikipedia)
Stemma dei Conti di Welsperg
Tra i discendenti di Baldassare Poppi senior è da ricordare la figura di Baldassare junior. Nato nel 1608, quando nel 1621 morì Giacomo Annibale dei conti Welsperg, all’età di 28 anni, gli fu affidato l’incarico di Commissario arciducale con il preciso compito di tutelare gli interessi della famiglia. In primo luogo quelli del piccolo erede barone Marco Sigismondo e della vedova contessa Beatrice di Lodron. “Con il passare degli anni – si legge ancora nel volume di don Costa – Baldassare Poppi junior seppe attirarsi la stima e l’affetto del giovane barone tanto che, quando poté farlo avendo raggiunto l’età che gli concedeva di fruire i pieni diritti legali, lo nominò Capitano della Casata”. Baldassare Poppi junior morì nel 1658, all’età di 58 anni, in Primiero. Lo stemma di famiglia ancora oggi è visibile in un banco in legno che si trova all’interno della chiesa arcipretale di Borgo Valsugana. Raffigura un bambino in fasce ripetuto sul cimiero racchiuso da una piuma di struzzo. “Una raffigurazione che allude al cognome – conclude don Costa – espresso in latino Popus, de Poppis; in italiano prima Popo e poi costantemente, per diversi secoli, trasformatosi in Poppi”.
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Il personaggio di Francesco Zadra
Degasperi, amato e odiato
“A
pre la processione, con il messale in mano, Alcide buon Degasperi scagnozzo americano”, recitava una vecchia canzonetta intonata in ambienti filo comunisti. Ebbene sì, vi fu un tempo in cui Alcide Degasperi, lo statista per antonomasia, il deus ex machina della neonata Repubblica, il padre nobile dell’Europa unita, nonché abile negoziatore del Piano Marshall, veniva attaccato, vilipeso e sbeffeggiato da larga parte dell’agone politico italiano. Austriacante, cecchino di Truman, baciapile del Vaticano. Sono solo alcuni dei teneri nomignoli che gli appioppavano i suoi avversari. Ne scrive Francesco Agnoli nel suo ultimo saggio edito da Cantagalli: “Alcide Degasperi, vita e pensiero di un antifascista che sconfisse le sinistre.” Prof. Agnoli, che uomo era Degasperi? Un mortale come noi, ma retto, potentemente idealista e al contempo
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realista. Un uomo che credeva di doversi schierare, sempre, a qualunque costo, dalla parte del bene, senza essere un litigioso, un fanatico, un fazioso, anzi! Per certi versi era un vero trentino: solido, schivo e fiero come i montanari. Oltre che grande statista, era un uomo di fede e di famiglia, che trovava riposo tra le sue donne (la moglie e le figlie), le sue preghiere (amava molto i salmi, che conosceva a memoria), il suo amato popolo trentino e i prati della Valsugana. In Trentino si fece le ossa anche il giovane Mussolini, che sangue scorreva tra i due? Mussolini odiava Degasperi, lo accusava di essere l’esponente trentino più autorevole della “destra clericale”. Allora Mussolini era un socialista, ateo e anticlericale. Alcide invece sposava il “cattolicesimo sociale” di Leone XIII e don Guetti, lontano dal liberismo borghese, ma anche dal socialismo. Mussolini riteneva di incarnare la modernità contro il “passato”. Instaurato il regime continuò a vedere in Degasperi un avversario pericoloso, anche quando questi era rinchiuso nella biblioteca vaticana, protetto dal papa. Dopo averlo incarcerato per alcuni anni,
il duce voleva fargli ancora del male, ma Pio XI gli rispose così, nel 1931: “Il S. Padre non si pente e non si pentirà di aver dato ad un onesto uomo e onesto padre di famiglia un poco di quel pane che voi gli avete levato…”. Cosa può insegnare Degasperi a tanti politici (o politicanti) di oggi? Era colto, aveva vissuto due guerre, aveva gioito e sofferto, amava il suo Trentino, l’Italia, l’Europa: per lui la politica era una forma di carità, di servizio, mai per sé, sempre per il bene comune. Il suo era uno sguardo lungo, al futuro del paese. Dovrebbe insegnarci la serietà, la sobrietà, la lungimiranza, il senso delle istituzioni, il rispetto per gli avversari, perché Degasperi era un fiero avversario dei
Il personaggio fascisti e delle sinistre, ma rimaneva sempre, nei modi, nei toni, nei rapporti personali, un signore.
chiaro che il vero pericolo non veniva più da lì, ma dalle sinistre più o meno camaleontiche
Alla luce dei drammatici fatti in Ucraina e delle crescenti tensioni tra Nato e Russia come agirebbe “il nostro”? Credo che sarebbe sconcertato. Anzitutto perché la Nato di oggi non è più quella dei suoi tempi: già durante la guerra contro la Serbia essa ha assunto tratti offensivi, e non più difensivi. In secondo luogo perché lui, anticomunista di ferro, non impostò mai il suo rapporto con l’URSS al dileggio e al disprezzo. In terzo luogo Degasperi, che avrebbe tanto voluto la CED (Comunità europea di difesa), vedrebbe nell’Europa di oggi un ectoplasma, senza una politica estera, senza ideali né visione. Parlando della CED disse che l’Europa avrebbe dovuto diventare “un terzo elemento tra i due grandi (Usa e URSS, ndr), una forza la quale al momento decisivo sappia far cadere la bilancia dalla parte della pace”. Oggi in Ucraina si sta svolgendo una guerra per procura tra Usa e Russia, e l’UE appare non “unita”, bensì divisa, impotente, incapace di “far cadere la bilancia dalla parte della pace”.
Ma venne criticato anche dal MSI… Alla fine della sua carriera Degasperi si trovò ancora una volta contro comunisti e missini, che infatti non gli votarono la fiducia. Anche riguardo all’unità europea, erano loro i suoi avversari: i missini in nome del nazionalismo, le sinistre perché contrarie ad un’Europa forte, che avrebbe dato fastidio all’URSS.
Aveva veramente “il viso girato a sinistra”? Questo lo dissero i suoi avversari
Francesco Agnoli
interni, la sinistra Dc, dopo averlo disarcionato, per intestarselo. I fatti parlano chiaro: finchè Degasperi fu vivo, il centro sinistra non nacque mai! Poi, ad osteggiarlo per anni, furono i degasperiani più fedeli, da Piccioni a Scelba, mentre lo realizzarono coloro che gli avevano sempre fatto la guerra, Fanfani, La Pira ecc. Degasperi voleva che la DC rimanesse un partito alternativo sia al MSI (ma aperto alla destra liberale e monarchica) sia alla sinistra socialista e comunista, rappresentata da quelli che lui chiamava i “fascisti rossi”. Di più: diceva sempre che per guardare alla questione sociale, agli ultimi, non serviva affatto amoreggiare con la sinistra, bensì con la dottrina sociale della Chiesa. Egli non accettava la subalternità culturale di alcuni nella DC, né verso destra, né verso sinistra. Inoltre, lui che era stato un fiero avversario del fascismo, nel secondo dopoguerra aveva ben
Ci ha da poco lasciati la figlia Maria Romana, fu politicamente impegnata? Bellissima figura, consigliera devota del padre. In una occasione le ho chiesto come fosse stato possibile che la DC non l’avesse mai portata in Parlamento. Mi fece capire che non la vollero, perché assomigliava al padre, poi si fermò: non voleva parlare male di nessuno, ma si sentiva quello che voleva dire: suo padre era stato tradito tante volte, in vita e dopo la morte, dal suo stesso partito. Ma Degasperi ha messo l’Italia sulla strada della ricostruzione. Tutto ciò che di buono ha vissuto l’Italia in questi 75 anni si deve un po’ anche a lui e ai suoi collaboratori e amici. Tanti errori che sono stati fatti, lui, forse, li avrebbe evitati.
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Attualità trentina di Nicola Maschio
A TRENTO È PADEL MANIA: ecco la prima arena indoor a Martignano
A
Trento è esplosa da tempo la “padel mania”, lo sport che sta attirando sempre più appassionati di tutte le età. E così anche la nostra città, sull’onda di quanto fatto in altre regioni come Veneto, Piemonte o Lombardia, ha deciso di adeguarsi ai tempi, aprendo a Martignano il primo, grande campo indoor del comune di Trento. Una vera e propria arena, una struttura assolutamente all’avanguardia realizzata grazie al coraggioso investimento del circolo tennis Calisio, capitanato dal presidente (nonché insegnante anche di padel oltre che di tennis) Sisto Fusco, il quale ha spiegato: «Diciamo che questa disciplina è arrivata tardi in Trentino. Poco più di due anni fa il nostro circolo e quello di Arco hanno cominciato a gettare le prime basi per un’attività più continuativa, realizzando alcuni campi in cui sono sempre venute a giocare molte persone. La strada da fare però è ancora molta: pensiamo solo che a Torino i campi disponibili sono sette, nelle altre grandi città del nord Italia se ne contano a decine e all’estero ancora di più. Nessun altro si è mosso in questa direzione, mentre il nostro
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circolo, soprattutto il sottoscritto e la vice-presidente Roberta, ha voluto rischiare e ad oggi i risultati sono assolutamente positivi». La grande struttura coperta infatti, aperta al pubblico da qualche settimana, sta riscontrando un grandissimo successo: nel weekend trovare un posto per giocare è veramente difficile, mentre durante la settimana gli atleti preferiscono la pausa pranzo per cominciare, salvo poi alternarsi in modo continuo dalle 15 o 16 del pomeriggio e addirittura fino alla mezzanotte. Ma, per chi non lo sapesse, che cos’è il padel? Si tratta di una disciplina sportiva simile al tennis in tantissimi aspetti, soprattutto nel regolamento, anche se si gioca con una racchetta diversa e si possono utilizzare le sponde. In questo modo, ha aggiunto il presidente Fusco, gli scambi sono molto più ravvicinati e vicini alla rete, con tante corse avanti e indietro per
reggere i ritmi di gioco. Non è complesso come il tennis, ma permette sicuramente di tenersi in esercizio, consentendo anche ai meno pratici di passare un’ora o più di divertimento. E l’arena di Martignano sembra già essere al centro dell’attenzione tanto dei più esperti quanto dei meno bravi: un serio investimento il circolo lo ha compiuto un paio di anni fa, spendendo tra i 40 e i 50 mila euro, per realizzare il primo campo; poi grazie anche al sostegno di un bando della Provincia Autonoma di Trento (circa 200 mila euro rivolti però a tanti lavori portati avanti dall’associazione) e all’utilizzo di altri fondi propri, dopo Pasqua è stata realizzata tutta la parte superiore con materiali di ultima generazione. «A fine mese installeremo il nuovo manto, quello ufficiale del World Padel Tour – ha concluso Fusco. – Infine, faremo un torneo nazionale federale, a settembre ospiteremo una tappa del Cupra Padel Tour e speriamo, in autunno, di poter creare la prima scuola per ragazzi a Trento».
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Il personaggio di Chiara Paoli
Un secolo fa nasceva
MARGHERITA HACK I l 12 giugno 1922 nasce a Firenze Margherita Hack, la prima donna direttore di un osservatorio astronomico italiano e scienziata di fama mondiale. Papà contabile protestante di origini svizzere, mamma cattolica e miniaturista agli Uffizi, entrambi abbandonano la loro religione per dedicarsi alle Società Teosofica Italiana. Margherita studia al liceo classico, gli esami di maturità saltano a causa della guerra, ma tra le sue passioni oltre allo studio c’è lo sport con la pallacanestro e l’atletica, con il salto in alto e in lungo che la portanno a gareggiare e vincere a livello nazionale. È l’epoca fascista e vincendo i Littoriali, deve pronunciare il giuramento fascista, ma come dice lei stessa: "Si era tutti nazionalisti, si andava alle adunate, si faceva sport, ci si divertiva un mondo. Sono stata fascista fino al 1938, fino al giorno in cui entrarono in vigore le leggi razziali”. Durante gli studi universitari ritrova l’amico d’infanzia Aldo De Rosa, che nonostante il suo ateismo sposa nella chiesa di San Leonardo in Arcetri il 19 febbraio 1944. Nel 1945 ottiene la laurea in fisica all’Università di Firenze, con una tesi di astrofisica sulle Cefeidi, stelle giganti e pulsanti che possono variare il loro diametro; le sue ricerche vengono effettuate presso l’osservatorio di Arcetri, sotto la direzione di Giorgio Abetti, che diviene per lei un modello di studioso da emulare. Come tanti giovani di oggi inizia una fase di precariato che la vede inizialmente assistente presso il già citato osservatorio e insegnante all’Istituto di ottica
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Margherita Hack (da Wikiquote)
dell’Università di Firenze, due anni dopo è a Milano con il marito dove l’industria ottica Ducati le ha offerto un lavoro, ma ben presto decide di tornare in Toscana e all’ambiente universitario. Nel 1954 ottiene la libera docenza, inizia l’attività di divulgatrice scientifica e lavora all’osservatorio di Merate vicino Lecco, collaborando per alcuni corsi con l’Università di Milano e successivamente come ricercatrice in visita in diverse facoltà straniere: Berkeley (California), l’Institute for Advanced Study di Princeton (New Jersey), l’Institut d’Astrophysique di Parigi (Francia), gli Osservatori di Utrecht e Groningen (Olanda) e l’Università di
Città del Messico. Dal 1964 è professore ordinario all’Università di Trieste, con la cattedra di astronomia diviene anche direttrice dell’Osservatorio astronomico della città che guida per oltre 20 anni, portandolo ad ottenere risonanza internazionale. Le sue ricerche hanno portato all’istituzione nel 1980 di un Istituto di Astronomia, mutato 5 anni dopo in un Dipartimento, da lei diretto sino al 1990 Molti sono gli scritti che ha dato alle stampe, alcuni scientifici, altri a carattere divulgativo e nel 1978 ha fondato la rivista “L’Astronomia”, di cui è stata direttrice per tutta la sua
Il personaggio vita, Molti anche i premi che hanno “costellato” la sua vita: nel 1980 il premio “Accademia dei Lincei”, nel 1987 il premio “Cultura della Presidenza del Consiglio”. L’Unione Astronomica Internazionale ha dato il nome “8558 Hack” ad un asteroide scoperto dall’astronomo Andrea Boattini e l’astrofilo Luciano Tesi. A lei è stata intitolata anche la via del Planetario di Reggio Calabria. Nel 1994 le è stata conferita la Targa Giuseppe Piazzi per l’apporto dato alla ricerca nel campo dell’astrofisica e l’anno seguente ha ottenuto il Premio Internazionale Cortina Ulisse per la divulgazione scientifica. Margherita Hack è stata affiliata all’Accademia dei Lincei, all’Unione Internazionale Astronomi e alla Royal Astronomical Society. Da sottolineare il suo lavoro presso numerosi osservatori americani ed europei e la sua
Margherita Hack (da Wikipedia)
partecipazione ai gruppi di lavoro dell’European Space Agency e della National Aeronautics and Space Administration (NASA). Contraria a superstizioni e pseudoscienze, dal 1989 fu garante scientifica del CICAP (Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sulle pseudoscienze); atea da sempre nel 2002 viene eletta presidente onoraria dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (UAAR) e tre anni dopo entra a far parte dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di
ricerca scientifica. Animalista convinta e vegetariana sin dalla nascita, Margherita è favorevole all’eutanasia, si schiera per sostenere i diritti civili delle coppie gay ed ha contribuito al docu-film Lunàdigas, uscito nel 2016, parlando della sua scelta di non avere figli. Favorevole al nucleare, ma consapevole che tale tipologia di energia non può essere gestita dallo stato italiano, promuove l’uso delle energie rinnovabili. Convinta dell’esistenza di altre forme di vita nell’universo, ma senza alcuna possibilità di contatto viste le distanze e scettica sugli avvistamenti degli ufo. Tra gli onori conferitigli la medaglia d’oro ai benemeriti della scienza e della cultura e cavaliere di gran croce dell’ordine al merito della Repubblica italiana. La signora delle stelle si è spenta il 29 giugno 2013 a Trieste.
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I monumenti di casa nostra di Eleonora Mezzanotte
LA FONTANA DEL NETTUNO a Trento
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ono i primi versi di una canzone d’applauso a descrizione della magnifica fontana eretta sulla Piazza grande di Trento, in occasione della festa patronale di San Vigilio, nel 1769. Simbolo di Trento, ambiziosa opera idraulica del XVIII secolo nonché monumento di straordinaria bellezza: la Fontana del Nettuno, maestosa in Piazza Duomo a Trento, rappresenta la città nel tridente impugnato sulla sua sommità dal Dio del mare, strumento di potere il cui nome latino si ricollega al nome originario di quella Tridentum di fondazione romana. Tra il 1767 e il 1769 la magistratura consolare di Trento commissiona l’opera a Francesco Antonio Giongo, architetto e progettista originario di Lavarone. Non solo motivo di abbellimento del centro storico, ma importante e finale tappa di un progetto idraulico che mirava a far arrivare in centro città una grande quantità
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S’erge superbo fonte Dell’arte un bel portento Nella città di Trento Che alletta l’occhio e il cor. Alza l’ondosa fronte In su la piazza grande E da più bocche spande Il cristallino umor. di acqua potabile dalle montagne circostanti. Giongo progettò un sistema di scorrimento dell’acqua senza interruzioni, grazie all’allacciamento idrico ad una sorgente sopra l’abitato di Cadine, che garantiva un approvvigionamento cum acquarum perpetuo cursu (con eterno flusso d’acqua). Lo stesso Giongo scolpì le vasche, il fusto e i cartigli e fu affiancato nella decorazione plastica da Stefano Salterio da Como, il quale scolpì la statua del Nettuno e gli altri gruppi statuari composti da tritoni, cavalli marini,
putti e centauri. Nel 1872 un intervento di restauro a cura dello scultore Andrea Malfatti riportò alla bellezza originaria i gruppi scultorei che risultavano “mutili e guasti” in più parti. Gli attuali gruppi scultore che adornano la fontana sono opere originali dello stesso Malfatti, mentre la statua del Nettuno è un’opera in bronzo realizzata nel 1942 da Davide Rigatti, in sostituzione della statua originale in pietra del Salterio, ora collocata nel cortile di Palazzo Thun in via Belenzani a Trento. La fontana è stata oggetto di un recente restauro che ha richiesto circa sei mesi, finalizzato a recuperare l’estetica originaria, compromessa dal trascorrere del tempo, dai fenomeni atmosferici e di erosione e dall’inquinamento. È stata interamente ripulita dalla patina inorganica di colore grigiastro e dalle alghe che ne hanno ricoperto la superficie, coprendo così il candido colore bianco-rosa che caratterizza la pietra di Arco. È ora possibile ammirarla in tutto il suo splendore, di fronte al maestoso cantiere romanico del Duomo di Trento.
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Personaggi e sport di Massimo Dalledonne
Alyssa Chiara Montan T
ra le bellissime montagne che circondano la Valsugana in questi ultimi anni c’è stato un fiocco di neve che, di volta in volta, impegno dopo impegno, è cresciuto via via sempre di più: quel fiocco altro non è che la giovanissima atleta Alyssa Chiara Montan, 19 anni, iscritta alla facoltà di Giurisprudenza e con un futuro luminoso tutto davanti a sé. Una atleta che, soprattutto in queste ultime due stagioni, ha fatto parlare di sé nella specialità del pattinaggio artistico di figura su ghiaccio. Alyssa vive a abita in Valsugana: a Castelnuovo, con la sua famiglia. Ed è proprio qui che l’abbiamo incontrata, per farci raccontare la sua storia. Come è nata la passione per il pattinaggio artistico? “In maniera del tutto casuale. Galeotta fu una gita a Gardaland dove – ci racconta – rimasi impressa da alcune esibizioni. Tornata a casa, chiesi ai miei genitori di provare a fare questo sport. E da lì poi è iniziato tutto!”.
Lasciata la materna Trento (dove si è allenata per quasi sette anni facendo avanti e indietro dalla sua casetta di Castelnuovo) a soli sedici anni, per poter intraprendere un’impegnativa carriera di pattinatrice professionista (nella specialità di coppia di artistico), si trasferisce a Bergamo dove tutt’ora pattina per la rinomata società Icelab. E in questi ultimi due anni Alyssa ha ottenuti risultati di altissimo livello. “A livello nazionale mi sono fatta conoscere assieme all’altoatesino Manuel Piazza, il mio primo partner, ottenendo il titolo di vice-campionessa italiana junior nel 2018-2019 e di campionessa nei due appunta-
Alyssa Chiara Montan in coppia - Castelnuovo
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Alyssa Chiara Montan - Castelnuovo
menti successivi del 2019-2020 e del 2020-2021”. Tricolori in Italia, altre bellissime prestazioni anche all’estero. “A livello internazionale – prosegue Alyssa - ho ottenuto alcuni podi internazionali, come al Bavarian Open 2020 e all’Egna Spring Trophy dell’anno precedente, ma sono arrivata anche a partecipare ai Mondiali Junior di Tallinn del 2020, qualificandomi in entrambi i segmenti di gara e portando a casa un grintoso sedicesimo posto”. Alla fine di un’estate faticosa, trascorsa in quarantena, e dopo un’altra vittoria ai Campionati italiani assoluti Junior a coronamento della stagione 2020-2021, un po’ logorante per via
Personaggi e sport delle pochissime opportunità competitive, Alyssa si è dovuta rimettere nuovamente in gioco con un cambio di rotta: posto fine alla partnership con Manuel Piazza, infatti, ne ha stretta una nuova con il comasco Filippo Clerici, altro pattinatore uscente dalla sua primissima stagione di coppia. “Con lui, dopo solo qualche mese di prova, ho ottenuto da subito ottimi risultati per la nuova stagione 20212022: convocazione ai Grand Prix Junior di Linz e di Kosice (il girone di gare internazionali più rinomato del panorama sportivo, esclusi Mondiali e Olimpiadi), terzo posto al Budapest Trophy, ennesima vittoria ai campionati italiani assoluti Junior (tenutisi ad Aosta nel febbraio 2022)”. Davvero brava Alyssa. Tanto che a questa bra-
Manuel Piazza e Chiara Alyssa Montan
vissima atleta valsuganotta, si deve una delle due top ten più importanti della stagione all’interno della nazionale italiana di pattinaggio artistico di figura: nelle quattro giornate dedicate ai mondiali junior alla Tondiraba IceHall Arena di Tallinn (Estonia), appuntamento ritardato che ha chiuso la stagione di gare 2021-2022, si è dimostrata regolare in entrambi i segmenti di gara, concludendo con
un bellissimo ottavo posto assieme al suo partner. Ora sta riposando. A Castelnuovo, dedicandosi agli studi e programmando il proprio futuro. E adesso, terminata anche la partnership con Filippo, cosa farai? “Ho davanti un’estate piena di emozioni e impegnativa – conclude Alyssa – che trascorrerò tra stage in giro per l’Italia e weekend di riposo nella sua amata Valsugana! Ci sarà tempo per preparare bene la prossima stagione. Ma qualsiasi decisione la prenderò a ragion veduta”. A soli 19 anni Alyssa Chiara Montan ha le idee ben chiare. Una campionessa con la C maiuscola, come quella del suo paese di residenza e del suo secondo nome. Un’atleta di cui, e di questo ne siamo sicuri, ne sentiremo presto ancora parlare!
CASTELNUOVO IN CRONACA
LA 1° GARA FIDASC DI TIRO CON L’ARCO Nei giorni 14 e 15 maggio 2022, si è svolta nei boschi del monte Civerone del Comune di Castelnuovo la 1° edizione della gara FIDASC interregionale di tiro con l’arco, organizzata dal gruppo arcieri del Moronar 05 di Povo. La gara si è svolta nell’assoluto rispetto della natura, e ha potuto contare su una massiccia partecipazione, con la presenza di circa 135 arcieri provenienti da tutto il Nord Italia. Questa prima edizione ha suscitato molta curiosità in tutta la popolazione, con molte persone che si sono interessate alla disciplina. Oltre allo svolgimento della gara FIDASC, è stata allestita una piazzola di tiro con l’arco in ricordo di Alessandro Guerzoni, cittadino di Castelnuovo. Il vincitore di questa competizione è stato premiato con una coppa ricordo di questo 1° Memorial. La buona riuscita della manifestazione è stata resa possibile La premiazione grazie al gruppo alpini di Castelnuovo che, assieme al proprio presidente Osvaldo Ceppinati, ha allietato tutti i presenti con un’ottima cucina. Fondamentali poi sono stati tutti i volontari, in particolare i membri del gruppo arcieri, Amerigo Marcon, Bruno Penocchio e il Presidente dell’associazione Andrea Adami, i quali per oltre un mese hanno dedicato il proprio tempo per l’organizzazione della gara. Un ringraziamento finale va all’amministrazione comunale di Castelnuovo, la quale ha permesso e creduto nella realizzazione di questo evento, agli sponsor e a tutti i partecipanti. (E.P.)
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Tra Storia, Poesie e Letteratura di Silvana Poli
GIOVANNI PASCOLI
alla ricerca del “nido perduto”
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iovanni Pascoli è stata una delle figure di riferimento della poesia italiana tra Ottocento e Novecento. Come docente universitario e autore di saggi, si è affermato nel mondo letterario, come poeta si è radicato nel cuore di generazioni di italiani. Infatti, per decenni, i libri di lettura erano scanditi dalle poesie del Pascoli, poesie che descrivevano il mondo contadino nello scorrere delle stagioni. Giovanni Pascoli nacque nel 1855 a San Mauro di Romagna, quarto di dieci figli. Suo padre amministrava una tenuta agricola e Giovanni visse la sua infanzia in campagna, in una famiglia patriarcale e agiata. A otto anni venne mandato in collegio a Urbino. Quando Giovanni Pascoli aveva 12 anni la sua vita venne sconvolta. Infatti il 10 agosto del 1867, mentre tornava a casa da una fiera, suo padre venne assassina-
Giovanni Pascoli
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to. Quel delitto rimase impunito e la famiglia sospettò sempre che l’assassino fosse proprio il fattore che aveva preso il posto del padre di Giovanni. La morte di Ruggero Pascoli ebbe come prima conseguenza che la sua famiglia dovette lasciare la tenuta; ma le sventure erano solo iniziate. Infatti l’anno successivo morirono anche la madre e uno dei fratelli e negli anni successivi la stessa sorte toccò ad altri fratelli. Sopravvissero solo Giovanni Maria e Ida. Nonostante queste tragedie, Giovanni riuscì a terminare il liceo e a iscriversi alla facoltà di lettere. Il mondo universitario lo introdusse alla politica e Pascoli venne a contatto con i circoli socialisti. La giustizia sociale divenne il suo obiettivo. Partecipò quindi a comizi e manifestazioni che gli costarono prima la borsa di studio e poi anche un arresto. Finì in carcere e, quando uscì, qualche mese dopo, decise che avrebbe abbandonato la politica, e così fu. Rientrato all’università, si laureò nel 1882. Divenne insegnante di greco e latino, prima nel Sud Italia, poi pian piano si avvicinò alle sue terre. Ebbe addirittura l’onore di succedere a Giosuè Carducci, poeta famoso e docente di letteratura italiana, a Bologna. Ma a Giovanni Pascoli la cattedra universitaria non bastava: infatti due erano le sue grandi passioni: la poesia e la natura. Quel mondo campagnolo dal quale era stato strappato violentemente, lo chiamava. Giovanni sognava, in tutto il suo girovagare tra licei e università, di ritornare nelle vallate romagnole, per vivere a contatto con la natura, nel succedersi delle
stagioni e nelle azioni sempre uguali dei contadini. E, appena gli fu possibile, affittò un casale a Castelvecchio di Barga, in provincia di Lucca. Lì andò a vivere assieme alle due sorelle: Ida e Maria. Tutti e tre si sentivano soli e maltrattati dal mondo, ma insieme erano ancora una famiglia. Qualche tempo dopo però, Ida decise di sposarsi e Giovanni e Maria rimasero soli. I manuali di letteratura spiegano che quei due fratelli, non essendo riusciti a farsi una vita, abbiano cercato di ricostruire assieme quel nido lacerato violentemente anni prima. I pettegolezzi raccontano invece un’altra storia: sembra che Maria abbia fatto di tutto per tener legato a sé il fratello, che lui abbia provato più volte a farsi una famiglia, ma che la sorella abbia allontanato tutte le possibili cognate con determinazione. I maligni rincarano che è per questo
Tra Storia, Poesie e Letteratura che Pascoli alzava spesso il gomito, si consolava con i buoni vini che la sua tenuta produceva, una tenuta che nel tempo era riuscito ad acquistare. Indipendentemente dalle opinioni, quello che sappiamo con certezza è che il “nido” è uno dei temi caratteristici della produzione poetica pascoliana; gli altri due argomenti che troviamo nella sua produzione poetica sono “morte” e “natura”. Insieme o separati, questi tre elementi si possono individuare in quasi tutte le liriche del Pascoli. E cosa intende per “nido”? Il “nido” è un luogo sicuro, il luogo degli affetti più cari, il luogo dove ognuno può trovare pace e conforto, dove si è protetti dal male del mondo. Pascoli sente di aver bisogno di un porto sicuro nella vita, perché il male serpeggia e può travolgere all’improvviso: lui lo aveva sperimentato. Il poeta ritiene però che, per trovare aiuto e conforto, non sia necessario che esista un legame di sangue tra le persone, basta che tra loro si crei
un rapporto affettivo, basato sul desiderio comune di sostegno e di protezione. Nella poesia “Orfano” troviamo un bambino che piange, una vecchia che lo culla e che gli canta una canzone, per farlo addormentare mentre fuori nevica. Non sappiamo se i due protagonisti sono nonna e nipote, nel qual caso condividerebbero il lutto, perché l’autore non lo dice. Lui ci mostra solo un quadretto, come se fosse un dipinto impressionista: fuori, la neve che scende lenta, bianca e fredda, dentro la tenerezza affettuosa che scalda e consola, fuori il silenzio, dentro i suoni della vita: il dondolo di una culla, un pianto di bimbo, un canto di donna. In molte poesie Pascoli ci spiega che per fare famiglia, non è indispensabile la forma del legame quanto la sostanza degli affetti; questo fa la differenza. E una qualche forma di famiglia è necessaria per sopravvivere. Il secondo tema che attraversa tutta
la sua poesia è quello della “morte”, del “male” che incombe, inesorabile, sull’umanità. Il male è ovunque e Pascoli ce lo mostra attraverso immagini diverse: il temporale estivo, il lampo e il tuono, raccontano il terribile potere della natura che, in un attimo può travolgere e distruggere tutto. Ma la natura è anche il luogo della vita, con i suoi passeri che seguono il lavoro dei contadini e rubano le sementi, con le limpide giornate novembrine in cui il cielo terso profuma di primavera e sembra quasi di vedere i mandorli in fiore, con i fragranti gelsomini che si schiudono di notte. Pascoli ha scritto poesie per ogni stagione, ha celebrato ogni festa, ha raccontato il lavoro dei contadini e delle lavandaie. Il suo sguardo sulla vita è come quello di un bambino, un fanciullino che, con stupore, osserva le formichine per strada, che sa ridere nei momenti tristi e mitigare l’eccessiva allegrezza e che sa gioire delle piccole cose della vita.
Ultima abitazione di Giovanni Pascoli a Bologna
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Sport e società di Claudio Girardi
CRESCE LA PASSIONE PER IL
CALCIO DA TAVOLO N
on solo calcio a undici, non solo calcetto, in tutte le sue varianti, ora anche calcio al tavolino. Insomma si può giocare con i piedi ma anche con mani e testa e allora il gioco si chiama Subbuteo. In Trentino il Subbuteo è arrivato nel 1977 quando un gruppo di amici capitanati da Massimo Facchinelli, Giorgio Maistri e Aldo Boschetti ben presto seguiti da Giovanni Ravanelli, Luca Masini e Daniele Ropelato, attratti dal fascino di questo gioco e con la volontà di giocare assieme in uno spazio sociale dedicato, fondano l’Orange Club Subbuteo Trento, aderendo subito alla F.I.C.M.S. la Federazione Italiana Calcio in Miniatura Subbuteo con l’intento di promuovere questo sport a Trento e in Trentino Alto Adige. Ora con Giorgio Manfioletti presidente, stanno lottando per portare Trento in serie B. “Un obiettivo ambizioso ma giusto,
Subbuteo campionato italiano da Repubblica
dice il presidente, la storia del subbuteo nella nostra regione ha infatti diversi risvolti. Negli anni 80, grazie al progressivo incremento di giocatori tesserati, i trentini si muovono anche fuori dai confini regionali, militando in serie A e con la partecipazione ai maggiori tornei italiani come quello di Mestre, Ve-
Giocatori di subbuteo in azione
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rona, Genova, Milano, Bologna, Torino oltre ai campionati italiani individuali”. Non solo gioco ma anche organizzazione. Dal 1982 al 1987 viene organizzato il torneo “Città di Trento”, con la partecipazione dei più forti giocatori del Nord Italia. Gli anni 90 furono gli anni del cambiamento, ci fu l’innovazione dei materiali, del regolamento di gioco e un cambio di federazione. E’ in quegli anni che inizia l’era dei videogames e dell’elettronica, e l’attività dell’Orange club divenuto nel frattempo Trentottanove vede un forte calo fino a chiudere i battenti. Poi il riscatto negli anni duemila quando nasce l’Asd Trento. “Una vera rivoluzione culturale, dice Manfioletti, quello che era chiamato Subbuteo è diventato Calcio da Tavolo e allora nascono due movimenti ben distinti, da una parte il Subbuteo vecchio stampo (denominato “Old”) che riprende regolamento e materiali anni '80 e dall’altra il Calcio da Tavolo con nuovi materiali e nuovo regolamento.” E’ nel luglio del 2013 che Riccardo
Sport e società
Il cambio del presidente. Da sinistra il vecchio presidente Massimo Mura e l'attuale Manfioletti
Panella, Massimo Mura, Maurizio Iacono e Roberto Ravagni fondano l’A.S.D. Trento Subbuteo, abbracciando come attività principale e agonistica il Calcio da Tavolo ed affiliandosi alla F.I.S.C.T. mentre il Subbuteo “Old” viene relegato ad attività marginale. Quando arrivano i primi risultati? “Nell’aprile 2014, la Trento Subbuteo-dice Manfioletti- conquista una storica promozione in serie C piazzandosi dietro Treviso nell’Interregionale Nord di Calcio da Tavolo. I ragazzi gialloblu del Trento Subbuteo sono infatti una solida realtà e si sono consolidati anche come squadra grazie anche al tesseramento di un campione della caratura di Enrico Giannarelli”. Nel settembre 2015 Fabio Mura, giovanissimo atleta della ASD Trento Subbuteo è Campione del Mondo di Calcio da Tavolo Subbuteo a squadre nella categoria Under 12, il dodicenne trentino nel palazzetto dello sport “Bernardo Speca” di San Benedetto del Tronto, conquista con i suoi compagni di squadra il titolo iridato organizzato dalla Federazione Internazionale Sport Calcio Tavolo (F.I.S.T.F.), e riporta in Italia la Coppa, battendo in finale le furie rosse del
Squadra attuale del Trento
Belgio per 3-1. “Non c’è dubbio conclude Manfioletti ,che il posto in serie C è di nostra spettanza e va difeso ai prossimi campionati italiani a squadre dove dopo un’andata estremamente soddisfacente (siamo 4^ in classifica) possiamo puntare ad ottenere un piazzamento di assoluto prestigio, facendo un piccolo pensiero anche alla B, magari per la prossima stagione 2023. La pandemia ha reso più complesso tutto ma siamo certi che gli amici trentini troveranno nuovamente la forma pre-pandemia e l’entusiasmo che li ha contraddistinti.” L’ASD Trento gioca attualmente nel palazzetto Sanbapolis di Trento tutti i mercoledì dalle 20,00 alle 23,00. Il gioco si articola sulle regole del calcio; è previsto che ogni miniatura possa giocare al massimo tre volte la pallina, poi deve subentrare un nuovo giocatore, e i giocatori mantengono il possesso della palla finché la miniatura colpita entra in contatto con la palla e quest’ultima non tocca successivamente una miniatura dell’avversario. I tiri in porta possono essere effettuati una volta che la palla supera la “linea di tiro”, una linea parallela alla linea di
fondo distante da questa una trentina di centimetri. I portieri sono attaccati ad un’asticella che spunta dietro la rete della porta; il giocatore deve, maneggiandola, impedire che la palla tirata superi la linea di porta. Insomma una volta imparato è un gioco appassionante. Il gioco è conosciuto e praticato anche in Valsugana. dove il campione locale è Luigi Romano, di origini campane ma da molti anni residente a Pergine. Il calcio tavolo soffre qualche difficoltà promozionale. “ Soprattutto perché seguire il gioco del subbuteo senza una adeguata telecronaca risulta difficile, per i non addetti ai lavori, dice Luigi Romano, A tale proposito la federazione da quest’anno, sta facendo grossi progressi creando, in accordo con piattaforme importanti come YouTube ed Eleven Sports, canali video dedicati dove si possono vedere in diretta eventi nazionali ben commentati da esperti del circuito. Ultimamente sono stati seguiti i campionati nazionali a squadre, con la speranza che qualche altro giovane e perché no, anche meno giovane, si possa interessare a questa sana e divertente pratica ludico sportiva magari anche in Valsugana.”
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Ieri avvenne di Andrea Casna
I TRENTINI NELLA GUERRA DI SPAGNA
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onsultando il sito http://900trentino.museostorico. it/ si trova una interessante banca dati che oggi ci permette di conoscere uno spaccato nuovo della nostra storia. Si tratta del database dedicato ai «Legionari trentini in Spagna (1936-1939)» nato per fare chiarezza sulla partecipazione dei trentini, arruolati fra le fila del Corpo Truppe Volontarie schierato al fianco del generale Francisco Franco, durante la guerra civile spagnola. Per ogni militare, infatti, si trova una scheda biografica. Si tratta di una ricerca curata dal Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto. Allo stato attuale il portale riporta 567 schede totali. Di queste i caduti sono 38; i feriti 181 e i decorati 154. LA GUERRA CIVILE SPAGNOLA. Nel 1936 in Spagna a vincere le elezioni politiche fu il Partito Popolare, composto da una coalizione di sinistra, che vinse con il 47% dei voti. Dall’altra, all’opposizione, il Fronte nazionale (una colazione di conservatori), con il 46% delle preferenze. Furono le forti tensioni fra alcuni esponenti radicali del fronte popolare e nazionale a portare allo scoppio della guerra civile. Il 17 luglio del 1936 vi fu infatti il colpo di stato da parte dei militari a danno del governo democraticamente eletto. Alla guida dei militari si pose subito il futuro dittatore spagnolo, Francisco Franco, il quale ottenne l’appoggio delle campagne. I grandi centri come Madrid, Barcellona rimasero fedeli alla Repubblica. Il conflitto militare fu lungo e sanguinoso. Da una parte il fronte democratico, composto da socialisti, comunisti
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e anarchici, sostenuto dall’Unione Sovietica. Dall’altra il fronte nazionale composto da conservatori e cattolici, sostenuto dalla Germania nazista e dall’Italia fascista. Francia e Regno Unito decisero di rimanere a guardare per non destabilizzare i delicati equilibri internazionali. Anche in questo conflitto i morti sul campo furono migliaia. Le stime attuali parlano 175 mila morti fra le file dell’esercito repubblicano e di 110 mila caduti per l’esercito nazionale. Fu una guerra sanguinosa che anticipò in tutto e per tutto la Seconda Guerra Mondiale. L’INTERVENTO ITALIANO. Quella dell’Italia fu, in un certo senso, una crociata per fermare il comunismo e il socialismo. Ma fu anche una “esercitazione” per testare sul campo nuove tecnologie e nuove tecniche di attacco. L’Italia di Mussolini intervenne al fianco di Francisco Franco inviando 1930 pezzi di artiglieria; 1496 mortai, 3400 mitragliatrici; 157 carro armati; 734 aerei e 80 mila uomini, tutti volontari. Sul campo caddero circa 3 mila uomini; i feriti 12 mila. Ma dall’Italia partirono anche circa 4 mila volontari, di questi 46 erano trentini, che andarono ad ingrossare le fila dell’esercito repubblicano. Erano socialisti, comunisti, anarchici e antifascisti che andarono a costituire la Brigata Garibaldi. Quella di Spagna fu quindi una guerra fortemente ideologica: fascisti contro antifascisti. Un copione che si ripeterà in Italia all’indomani dell’armistizio del 1943. I TRENTINI NELLA GUERRA DI SPAGNA. Fra i 70mila legionari italiani troviamo anche i 567 trentini: 38
caduti e 181 feriti. Erano uomini fra i 18 e i 50 anni che parteciparono alla guerra per difendere gli ideali fascisti contro l’antifascismo o per proteggere la religione cattolica dal comunismo. Per quanto riguarda nel dettaglio il caso del Trentino, i legionari volontari in Spagna avevano un livello di scolarizzazione alto. In alcuni casi i volontari trentini si sentivano i continuatori, e in un certo senso gli eredi, degli irredentisti; vale a dire di quei trentini che nel 1915 andarono volontari nell’esercito italiano. Un caso interessante è quello di Arturo Avancini, nato a Levico nel 1894, professione impiegato, e volontario nell’esercito italiano durante la Grande Guerra e decorato con la croce di guerra. Nel 1936 andrà volontario in Spagna, per difendere “l’ideologia fascista”, da dove non farà mai più ritorno.
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Persone di casa nostra di Laura Mansini
AMEDEO SOLDO: una vita da geometra
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uello che mi ha sempre conquistato nel mio lavoro di giornalista durante i quarant’anni di attività è stata l’opportunità di incontrare Persone. In campo professionale sono stata molto fortunata. Ho potuto parlare di libri, di scrittori, di Teatro a tutto tondo. Ora che sono libera da impegni professionali posso incontrare e scrivere storie di vita. Oggi incontriamo il geometra Amedeo Soldo, una figura che sento molto affine, perché ritrovo in lui e riconosco il profondo legame con questa terra, l’amore per la gente, il territorio Trentino. Amedeo Soldo, non è un geometra è il “geometra” di Caldonazzo e dintorni, perché per molti anni ha lavorato nel territorio diventandone la memoria storica. Residente da quando aveva 4 anni a Caldonazzo, è nato a Rovereto nel 1938, quarto di cinque figli (3 maschi e due femmine) da una coppia di insegnanti elementari. Il padre Francesco Paolo, sospeso l’insegnamento,
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ha partecipato volontario alla Campagna in l’Africa Orientale dal 1935 al 1937, poi nel 1940 ha combattuto nella Seconda guerra mondiale da cui è tornato con il grado di capitano. La mamma Anna Francio ha invece continuato ad insegnare. Nel 1942 la famiglia si è trasferita a Caldonazzo. “Qui ho trascorso la mia infanzia che è stata molto divertente, ci racconta,ero un vero monello, e la gente so che diceva – e si che l’è fiol de do maestri.. ” I ricordi di quel periodo si susseguono e con la leggera ironia che gli è propria; fra le altre cose, ci dice, che per poco tempo aveva fatto anche il chierichetto; “ Io non sono mai stato molto alto, neanche da bambino naturalmente, e una volta, durante la vecchia messa, i chierichetti, sull’altare, dovevano portare il Messale, un libro grande e pesante, dalla parte destra del sacerdote alla sinistra, e io credo a causa delle dimensioni del libro, sono rovinosamente caduto- un sorriso divertito- dopo questo sono stato esentato dal fare il chierichetto “. Sulla sua statura scherza con gli amici dicendo che non ha impedito a Vittorio Emanuele terzo di diventare re. Nel 1961 si iscrisse all’albo dei geometri ed Centa S. Nicolò reaturo chiesa geometra Soldo in cantiere iniziò a lavorare
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Geometra Amedeo Soldo
come responsabile del cantiere Scuola, una trentina di operai preposti per lavori impartiti dall’Amministrazione comunale, entrando così a far parte della vita sociale del paese. Un paese che egli ama profondamente e nel quale ha costruito la propria vita. Nel 1973 infatti ha sposato Vittoria Battisti, giovane infermiera di Aldeno: ”Devo dire che Vittoria è una Compagna di vita straordinaria – affermauna donna di grandissima generosità ed intelligenza, infatti ha accudito e sostenuto la mia famiglia d’origine, inizialmente assai numerosa, per più di vent’anni, inoltre abbiamo avuto due figli, Annamaria, nata nel 1974 e Matteo nel 1977. Eppure lei è sempre stata disponibile e sorridente”. E’ bello sentire un uomo parlare con tanto amore della propria sposa, una signora davvero gentile e brava in tutto quello che fa, come ad esempio ricamare col Tombolo, una arte antica e preziosa che ha saputo insegnare anche alle signore di Caldonazzo. Parlare con Amedeo è stato oltremodo interessante. Ho scoperto progetti, racconti fatti con la sua bella ironia delle battaglie politiche fra la Demo-
Persone di casa nostra
Caldonazzo - Restauro del campanile
crazia Cristiana e la sinistra del paese; è stato come aprire un libro sulla vita di una Caldonazzo che poi ho avuto modo di conoscere a fondo dal 1995 in poi. Egli mi ha raccontato dei molti lavori eseguiti in collaborazione con i vari amministratori comunali, ma, sot-
tolinea che non è mai stato geometra del Comune, ha preferito la libera professione, ponendo la propria professionalità anche al servizio delle varie associazioni delle quali ha fatto parte. Nel 1963 il giovane geometra, in accordo con l’ispettore scolastico Vittorio Marchesoni, è stato tentato uno dei primi accordi di programma tra i comuni di Caldonazzo, Calceranica e Lavarone per il ripristino viario della Valcaretta, un tentativo risultato dai calcoli fatti troppo oneroso. La Valcaretta è ancora in attesa. Certamente dotato di una forte personalità, attento al territorio ed al Lago che negli anni sessanta era fortemente inquinato dalle discariche fognarie dei paesi insistenti sullo stesso, iniziò una seria battaglia col neo costituito Comitato Turistico lo-
cale, del quale è stato Presidente per oltre 20 anni, contro il progetto dello Studio Dolzani, incaricato dalla PAT per la fognatura Circumlacuale. Nel 1970 ha redatto la documentazione tecnica per la realizzazione del Parco Centrale fortemente voluto dall’allora assessore, professor Mario Pola. Per molti anni ha fatto parte delle commissioni edilizie di Caldonazzo, Tenna, Centa San Nicolò e Vigolo Vattaro . Amedeo inoltre è stato nel direttivo del Corpo Bandistico di Caldonazzo, della scuola materna, dell’associazione sportiva Audace, dell’associazione culturale Monte Cimone, del Centro d’Arte La Fonte, ha fatto parte del Coro La Tor e della Sat. Tante cose in così poco tempo. E’ vero non è la statura che rende un uomo importante.
LA 25A EDIZIONE DI RELIGION TODAY FILM FESTIVAL
A Paolo Ruffini il premio alla carriera “Mass media e spiritualità” Roma il 24 maggio 2022, alla Grand Opening della mostra “Emozioni per generare il cambiamento!" alla sede dell’ACI, Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede, riceve il premio alla carriera “Mass media e spiritualità” della 25a edizione di Religion Today Film Festival. A consegnare il premio, creato dall’artista Mastro7, sono stati il presidente Alberto Beltrami e il direttore artistico Andrea Morghen. Il premio alla carriera viene consegnato a Paolo Ruffini “per l’impegno di una vita nel ricercare la verità e comunicare i valori portanti dell’umanità”. Durante la cerimonia è stato svelato il poster per la 25a edizione di Religion Today: un’opera dell’artista iraniano Ali Vazirian, che ha donato il suo lavoro come contributo per favorire il dialogo. 25 anni di dialogo, così si chiamerà la nuova edizione del festival.Ali Vazirian è un artista di Tehran, Iran, grafico e regista. Ha esposto le sue opere nel mondo, vincendo premi e riconoscimenti. Nel 2006 il suo film “God is close” ha vinto il gran premio a Religion Today. Quest'anno si celebrano i 25 anni di Religion Today Film Festival. Festival indipendente, organizzato dall'associazione BiancoNero. Il festival è il primo al mondo dedicato al dialogo inter religioso. E' nato nel 1997 con l'obiettivo di promuovere le differenze anche religiose come valore universale, di creare un luogo di incontro per i registi di diverse religioni, per riflettere sui temi della pace, dell'ambiente e della convivenza in armonia. In questi anni sono arrivati più di 18.000 film e documentari, si sono incontrati 2.200 artisti e registi di tutto il mondo, gli spettatori sono stati più di 50.000. Il festival ha una dimensione itinerante, di pellegrinaggio tra i popoli, è partito da Trento e ha fatto tappa a: Bologna, Ravenna, Roma, Camerota, Milano, Nomadelfia, Gerusalemme (per oltre 10 anni), Teheran, Mar Musa in Siria, Cambridge, San Paolo Brasile, Dhaka, Kazan, Los Angeles, Tailandia.
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Personaggi internazionali di casa nostra di Waimer Perinelli
RENATO MORELLI: IL GUARDIANO DEI SUONI
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na sera di febbraio del 1981 ad Alba di Canazei in valle di Fassa. Il leggero nevischio scende come zucchero a velo sulla neve caduta abbondante i giorni precedenti e ghiaccia sul fondo della strada da poco pulita. La luna piena illumina la via sovrapponendosi alla fioca luce del lampione fissato sull’angolo della casa. Silenzio. Apro la porta d’ingresso di una casa antica e precipito nella festa. E’ la sera del carnevale fassano e sono stato invitato da Renato Morelli, trentunenne regista programmista della Rai. Nella grande ma non vasta sala foderata di pino cimbro, riscaldata dalla stufa a legna e dal fiato dei festaioli. Il Bufon, la maschera del carnevale, saltella e s’inchina, sgrida gli astanti con salaci battute denunciandone le molte debolezze e le poche virtù. Attorno a lui i Lacchè e altre maschere con in cerchio il pubblico festante. Avevo conosciuto Renato nel 1976 all’università dove io seguivo una ricerca sui santuari trentini e lui si occupava di etnomusicologia, un settore del quale era competente e appassionato. Poche parole, qualche amico in comune e fra questi il professor Giorgio Braga, lui era entrato in Rai, io avevo scelto la strada nel giornalismo. Renato era l’uomo giusto nel posto giusto. Aveva studiato musica al Conservatorio di Trento e per la tesi di laurea aveva scelto uno studio su Max Weber, casualmente lo stesso autore da me prediletto per la comparazione religiosa. “Una folgorazione, ricorda Renato, lo studio di Weber mi ha spalancato la porta sul mondo inesplorato
Big Swing Orchestra al sax alto Renato Morelli (1977)
Carnevale Penia Ziliotto e Morelli sullo sfondo (1981)
della musica”. Poi, grazie ad Andrea Mascagni, vinse una borsa di studio a Budapest che trasformò l’amore in passione, “Una vera sbandata, sottolinea, una folgorazione che come vedi che ancor non m’abbandona.” E come potrebbe? Non provo nemmeno a sintetizzare il suo lungo curriculum, stampato nelle
molte pubblicazioni, in cui primeggiano gli studi sulla identità musicale magiara, ebraica, balcanica e naturalmente italiana nelle varie regioni. Un’immersione totale fatta di analisi, parole stampate e musica. Poco dopo la laurea matura l’idea di un Centro di studi per utilizzare inedite sinergie culturali tra università e conservatorio
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Personaggi internazionali di casa nostra “Un ponte ideale, dice, fra due istituzioni all’epoca distanti e reciprocamente impermeabili.” L’idea piace a Mascagni e al rettore Paolo Prodi e nasce il Centro per l’Educazione musicale e la sociologia della musica, un vestito ideale per Morelli appassionato interprete di entrambe. La direzione è affidata a Luigi Del Grosso Destreri, mentre per la ricerca etno musicologica è chiamato Pietro Sassu. Il Centro svolge subito intense ricerche nelle valli con registrazioni fonomagnetiche. Purtroppo scatena molti appetiti. “ Proprio così, ricorda Morelli, le diverse concezioni non sempre scientifiche portano dopo alcuni anni alla chiusura”. Lasciano tuttavia una forte curiosità che Morelli, abbandonato il Centro ed approdato alla Rai, approfondisce sul campo. Nascono filmati e registrazioni non solo in Trentino ma anche in Sardegna, Sicilia, Campania, Liguria. Nel mare delle produzioni cito i Canti liturgici popolari italiani e il film Canto a Cuncordu-Settimana santa a Santulussurgiu e altri saggi sull’ identità musicale della Valle dei Mocheni. Dal 1992 al 1996 insegna antropologia all’università di Trento. Nel 1998 fonda APTO (Archivio provinciale della tradizione orale); nel 1999 fonda il progetto culturale-musicale (Klezmer,Tziga-
Morelli Renato - Premio Ostana Foto Sergio Beccio (2016)
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Renato Morelli alla fisarmonica con FigliaBice (2011)
no, trentino) Destrani Taraf (Orchestra della nostalgia) effettuando numerosi concerti all’estero dalla Scozia alla Tunisia, Messico partecipando a festival, rassegne, progetti teatrali, musicali.... Lui sempre presente con l’immancabile fisarmonica alla quale alterna a piacere altri strumenti e fra questi il sassofono.
Un vero ciclone di musica, idee, progetti, libri. Questa avventura non sarebbe stata possibile senza la presenza di Alessandra Litta Modignani, la moglie. “ Una donna paziente, dice, L’ho conosciuta alla scuola del Piccolo Teatro di Milano e subito molte cose ci hanno uniti. Una donna paziente, capace di aiutarmi nel mio girovagare.
Mravalzhamier International georgian choir (2017)
Personaggi internazionali di casa nostra
Ziganoff Jazzmer band Renato Morelli alla fisarmonica (2018)
Ziganoff Renè e Fisarmonica (2019)
E io collaboro con lei”. Nel turbinio etnomusicale Renato ha trovato il tempo di generare due figlie. “ Splendide, entrambe, dice, appassionate di musica e pronte a collaborare. Livia è stata il fonico nel filmato che ho girato sui Cantori di Cuglieri (Cullieri) dove Bice si è occupata delle riprese”. Un gruppo, un quartetto familiare con Bice affascinata dai segni zodiacali che si è laureata a Milano in psicologia e specializzata in astro psicologia una scienza che coniuga l’astrologia e la scienza di Freud diventando strumento di analisi. Ma tu ci credi ai segni zodiacali? “ Si e no, ci sono tante corrispondenze o coincidenze. Bice, per esempio, è capricorno con ascendente capricorno, un carattere deciso che ha dato del filo da torcere a me che sono pure segno di terra ma del toro”. Se vogliamo credere agli astri anche il toro è ben tosto e Renato Morelli giunto a 70 anni, l’8 maggio, sembra ancora all’inizio della vita. Non contento di avere realizzato sessantacinque film etnografici, vincendo venticinque premi internazionali, fondato gruppi musicali, raccolto ed interpretato musiche popolari di ogni parte del mondo, prosegue l’insegnamento universitario e presso i conservatori di Trento e Bolzano. Oggi insegna a Brescia. Della sua irrequieta ma costruttiva vita amici e colleghi hanno scritto un ricco volume dal titolo: Il guardiano dei suoni studi e memorie in occasione del 70° compleanno di Renato Morelli, presentato lo scorso luglio a Vermiglio con accompagnamento del Gruppo I Cantori de Vermei, guarda caso fondati proprio da Renato. Narrano le cronache che alla serata ha partecipato attivamente anche Renato Morelli perché egli non è solo studioso ma anche interprete della musica della quale ha cercato e ancora cerca lo spirito, la fonte, il fine. Insomma nel teatro della vita non è solo ispiratore ma anche interprete e sul palcoscenico sale sempre con entusiasmo.
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Conosciamo le aziende di casa nostra
SARTOR 1956
Evoluzione e creatività nell'arredamento. Un'azienda che guarda al futuro, dove la tradizione si tramanda di padre in figlio. Competenza, professionalità, genialità e conoscenza del proprio mestiere.
Sono questi i quattro elementi portanti che caratterizzano l'insegna di SARTOR ARREDAMENTI, una azienda che, per effetto delle innovazioni tecnologiche che ha saputo concretizzare, brilla oggi di luce propria. Un'azienda che, dopo aver lavorato per decenni il legno, in tutte le sue forme, presenta sul mercato una nuova concezione dell'arredare che guarda al futuro.
L
‘azienda nasce con mio padre Urbano nel 1956, ci dice Giuliano, l'attuale titolare che si avvale della fattiva collaborazione dei figli, e prende il nome di “Sartor Arredamenti” nel 1983 quando abbiamo aperto il primo negozio di mobili, in via Fenadora a Fonzaso. Da quella inaugurazione, e grazie agli unanimi consensi, il nostro negozio è diventato un nome storico e punto di riferimento per il Feltrino, il Primiero e per la Valsugana fino ai primi anni 2000. Oggi, proprio a fianco alla storica sede, sempre in via Fenadora a Fonzaso, per effetto di una nostra desiderata evoluzione rinasce lo showroom “Sartor Arredamenti”, dove oltre ad una proposta di arredamenti tradizionali, abbiamo voluto
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affiancare il nostro nuovo Brand “Sartor 1956”, che punta ad offrire arredamenti di nuovissima generazione ricercati ed innovativi, con la particolarità che ci caratterizza della sospensione di tutti i mobili. Una tipologia di arredamento, mi permetta di sottolinearlo, che abbiamo brevettato e che oggi ci caratterizza coma l'unica azienda capace di realizzarlo. Il nuovo sistema “Sartor 1956” rispetta a
pieno le caratteristiche di libertà nel posizionamento che contraddistinguono e differenziano le nostre cucine, poiché abbiamo previsto il passaggio di tutti i collegamenti tecnici attraverso una struttura autoportante, non richiedendo quindi lavori di muratura. Ciò ci permette (in particolare per immobili storici o comunque non oggetto di ristrutturazione) di inserire le nostre cucine e in ogni spazio, senza modificare l’impiantistica ed evitando di toccare le superfici esistenti. Questo si deve alla ricerca di ottenere per ogni ambiente il massimo in termini di praticità, funzionalità, ergonomia e facilità di pulizia, senza mai andare a penalizzare il lato estetico.
Conosciamo le aziende di casa nostra
Mi permetta anche di evidenziare che tutte le nostre cucine, con le adeguate accortezze, possono essere utilizzata non solo per abitazioni, ma anche in strutture alberghiere e di ristorazione in generale. È vero, ci precisa Giuliano, che noi offriamo anche gli arredamenti tradizionali, ma cerchiamo sempre di offrire un qualcosa in più inserendo, ove possibile, gli elementi della nostra creatività. In conclusione, ed è nostro motivo di orgoglio, mi permetta di
evidenziare il fatto che non solo abbiamo avuto unanimi consensi per quanto da noi creato, ma il marchio “Sartor 1956” ha ricevuto particolari interessi da parte di numerose testate nazionali ed internazionali presenti nel mondo degli arredamenti. Nel 2020 inoltre, siamo stati scelti per rappresentare a Shanghai il settore dell’arredamento italiano per lo svolgimento della “Italian Design Masterclass 2020/2021”. (P.R.)
Sartor Arredamenti
FONZASO (BL) - Via Fenadora, 51/6, - Zona Industriale Tel. 0439 1998412 - 335 7631973 www.sartor1956.com – info@sartor1956.com
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Santi e santuari di Waimer Perinelli
MIRACOLI A FUROR DI POPOLO S
ono più di trenta i santuari dedicati al culto di Maria madre di Cristo, nelle diocesi di Feltre, Trento e Bolzano un tempo unite amministrativamente. La diocesi di Feltre, poi Belluno-Feltre, curava fino all’Ottocento, i fedeli del territorio bellunese e buona parte della Valsugana, fino a Caldonazzo del Primiero e Tesino. Trento si espandeva, fino al 1964 in molte zone dell’Alto Adige Sudtirol. I santuari mariani sono caratterizzati da apparizioni della Madonna o ritrovamenti di statue e dipinti e sono tanto più importanti nella fede quanto maggiori sono i miracoli attribuiti all’intercessione di Maria, la cui magnanimità è testimoniata da migliaia di ex voto, appesi e conservati in apposite sale.
Leonardo Campochiesa - Immacolata concezione (1866)
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A Montagnaga di Pinè nell’ Alta Valsugana come al santuario della Madonna di Vedoia di Ponte nelle Alpi (Belluno) a Santa Maria degli Angeli di Feltre e a Pietralba-Weissenstein in SudTirolo, tessuti ricamati, cuori d’argento e soprattutto pitture raccontano di carri rovesciati e conducenti illesi, muratori precipitati dal tetto, bimbi travolti da carretti o automobili, ammalati gravi guariti. Miracoli! I miracoli testimoniano la Fede, la preghiera la volontà, il furore del popolo. Alessandro de Franciscis, italiano, presidente del Bureau de Constatationes Medicales di Lourdes, in pratica la commissione che valuta la veridicità scientifica dei miracoli, riferisce che i pellegrini arrivano al Santuario per ringraziare delle grazie ricevute più che per chiederne. Il loro ringraziamento è quasi sempre un ex voto non molto diverso, forse maggiormente curato, ma semplice come lo sono le migliaia risalenti alla millenaria storia della Chiesa. Molte opere pittoriche quasi sempre meglio eseguite rispetto a quelle del passato giunte fin a noi i cui realizzatori sono in maggioranza sconosciuti perché non usavano firmare le loro opere.Si tratta di pittori itineranti ai quali i fedeli affidavano la rappresentazione delle grazie richieste e ottenute “Il tentativo di tracciare un identikit del pittore di ex voto, scrive Domizio Cattoi nel saggio contenuto in “Affidarsi al Cielo” 2015, cozza inevitabilmente contro l’ostacolo difficilmente aggirabile,-tranne rarissimi casi- dell’anonimato che avvolge
Leonardo Campochiesa - Ritratto
l’opera di questi artigiani illustratori”. Non mancano lavori degni di nota di artisti che hanno affrescato facciate di abitazioni private, conventi e chiese. Vincenza Rovisi, sul finire del 700 e Giuseppe Boldini nell’Ottocento sono due fra i molti pittori itineranti noti a cui si contrappongono altri artisti minori pellegrini fra i pellegrini nelle feste mariane fra i fedeli ai santuari. Fra di loro Cattoi, archivista presso il Museo Diocesano Tridentino Fra i più bravi è noto Leonardo Campochiesa che ha avuto l’accortezza di firmare molte delle proprie opere. Leonardo, nato FeldKicher nel 1823 a Fuera di Primiero, quando a governare era l’Impero austro ungarico,
Santi e santuari ha operato soprattutto in trentino. La sua formazione inizia però in una scuola di disegno a Feltre e si perfeziona al collegio don Mazza di Vero-
na. Giovanissimo si aggrega ad una compagnia di burattinai girovaghi e per loro dipinge le marionette e gli scenari, girando in Veneto fra Vicenza, Feltre e Treviso. A ventisei anni si trasferisce a Trento, in via santa Croce ed esercita con successo la professione di pittore imparata anche con lo studio dei maestri toscani. Dalla sua bottega escono ritratti, pale d’altare, gonfaloni, dipinti devozionali ed ex voto. Alcuni di questi sono conservati nelle sale del santuario della Madonna di Caravaggio di Pinè.Domizio Cattoi, pur sottolineando la difficoltà di valutazioni artistiche evidenzia, la bella composizione del tutto e le raffinate tecniche esecutive.“...I contorni del disegno, scrive, sono stati fittamente perforati con un ago al fine di riportarli sulla superficie del dipinto, attraverso la tecnica dello spolvero che consiste nel sovrapporre il foglio alla
tela tamponando con carboncino, grafite o sanguigna le parti bucherellate”. E’ la tecnica classica usata anche dai grandi maestri per gli affreschi. I “cartoni” bucherellati potevano esser usati per produzioni in serie. D’altra parte i miracoli tutti un po’ s’assomigliano. Ammalati nei letti, fedeli in preghiera, immagini della Madonna, rappresentazioni dove a mutare sono spesso i colori degli abiti o i decori delle stanze. I dipinti e disegni del lascito al Museo Diocesano Tridentino sono stati soggetti di una mostra realizzata nella sede di piazza Duomo a Trento ed esiste un catalogo che la ricorda. Leonardo Feldkircher-Campochiesa, muore nel 1906 non certo ricco ma stimato e ricordato dai molti personaggi ritratti ma e soprattutto da coloro dei quali con la pittura ha raccontato storie di vita, di morte e di miracoli.
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Medicina & Salute
di Erica Zanghellini *
Bambini e autostima T
endenzialmente i genitori di oggi sono molto attenti ai propri figli, e una delle domande che spesso mi chiedono è come capire se i loro eredi hanno una buona autostima. La bassa autostima porta spesso ad un circolo vizioso che a livello tecnico è detto “impotenza appresa”, ovvero: aver svalutato per tempo le proprie capacità fa si che il ragazzo, abbia creato delle aspettative negative su quello che saprà fare anche in futuro e queste credenze saboteranno veramente le prove che la vita gli presenterà. Se sono convinto che non ce la farò mai, magari non ci proverò con tutte le mie forze, oppure non mi ritaglierò un tempo adeguato per svolgere il compito e inevitabilmente non riuscirò ne sarò soddisfatto di quello che ho fatto o non fatto. Per questo ho deciso di scrivere questo articolo dedicato proprio ai
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più frequenti campanelli d’allarme da tener sott’occhio che ci fanno capire quando il bambino soffre di bassa autostima e quindi intervenire il prima possibile. Questo perché in tali casi la prontezza d’intervento può fare la differenza. Una premessa però, l’intento è quello di dare degli strumenti di osservazione ed eventualmente rilevazione, non andare in ansia. Ricordatevi che il problema sussiste nel momento in cui ci sono più campanelli d’allarme attivi e che si manifestano in più ambiti di vita del bambino/ragazzo. Il criterio di pervasività e il grado di incidenza sono le cose che possono far ricadere il bambino in problemi di bassa autostima o meno. Se la sfiducia in se stessi fosse occasionale, o legata a un tale ambito o ad un particolare periodo è una cosa bene diversa. Partiamo dagli evitamenti: una cosa
che spesso è alla luce del sole sono proprio quei comportamenti di ritiro nelle attività. Di solito vengono rilevati facilmente soprattutto se si prende in considerazione l’ambito scolastico. Vengono visti come evitamenti del compito, praticamente il bambino/ragazzo pensa di non essere capace di svolgere quel lavoro e in maniera più o meno esplicita tenderà a ritirarsi. Ci saranno per esempio ragazzi che lo verbalizzeranno, ma ce ne saranno altri che metteranno in atto condotte come il mettersi a parlare di altro cercando di distrarre l’adulto pur di non cominciare quell’incombenza o procrastinando proprio quel compito che lo sentono come particolarmente difficile. Altra cosa a cui l’adulto può stare attento è verificare se ci sono delle interruzioni dell’attività, intese come comportamenti rinunciatari per pau-
Medicina & Salute ra di non avere adeguate risorse per fronteggiarli fino alla fine, per cui per esempio un bambino inizia a giocare ma, dopo un po’ interrompe o si ritira. Questo avviene perché secondo il suo punto di vista non sarà capace a portarlo a termine o a vincere. Dal lato caratteriale dobbiamo stare attenti, alla troppa timidezza, soprattutto negli ambienti più formali. Questo vuol dire che magari a casa non si rilevano difficoltà di questo tipo, ma forse nei contesti esterni, come a livello scolastico o sportivo si. Oppure sempre a livello caratteriale, dobbiamo essere accorti a rilevare esplosioni di capricci, rabbia, o ancora disubbidienza quando l’ambiente diventa richiestivo. Questi tipi di manifestazioni possono nascondere, emozioni/ sensazioni difficili da gestire come il senso di frustrazione, di impotenza o ancora di sentirsi inadeguati.
Questi ragazzi inoltre, fanno fatica ad accettare i complimenti e come se non li sentissero veri, che chi lì fa è troppo gentile o che non ha “visto bene”. Di contro fanno molta molta fatica a gestire le critiche, nei casi più importanti possono anche arrivare a protestare con manifestazioni di rabbia. Spesso e volentieri cercano di minimizzare i propri errori o ancora, danno la colpa agli altri per cose che invece dovrebbero essere state attribuite a loro, tutto questo per cercare di preservare quella poco autostima che possiedono. Se li ascoltiamo bene, sentiremo frequentemente anche commenti su di sé autocritici e generalizzati, come per esempio “non sono capace a far niente”, “sono sempre il solito” e mostreranno estrema fragilità sui giudizi che gli altri possono avere nei loro confronti.
La paura del giudizio è uno di quei temi molto spinosi, perché può avere a cascata sulla vita di tutti i giorni diverse manifestazioni. Si può passare da uno stato d’ansia specifico per alcune situazioni, a uno stato d’ansia generalizzato fino ad arrivare a un vero e proprio blocco e ritiro. Queste logicamente sono informazioni generali, per capire meglio bisognerebbe parlare col bambino/ ragazzo e capire come si declina per lui e nella sua vita, ma di certo come accennavo prima un intervento tempestivo fa si che il bambino possa recuperare velocemente la stima di se, e aumenta la probabilità di superamento completo della difficoltà. Dott.ssa Erica Zanghellini Psicologa-Psicoterapeuta Riceve su appuntamento Tel- 3884828675
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Salute & Benessere
ALMAMED
La persona al centro tra medicina tradizionale e medicina integrata
A
lmaMed è un sogno che nasce dall’incontro tra Mariella Micarelli, musicoterapeuta, e Aram Schmid Poffo, infermiere professionale. Entrambi volevano creare un luogo dove diversi professionisti si mettessero al servizio del benessere della popolazione. Aram, infermiere professionale, formato per operare in diversi ambiti sanitari, si è dedicato alla salute, al benessere psico-fisico non solo degli ammalati, ma anche di persone che vivevano forme diverse di disagio: dalla malattia cronica alle tossicodipendenze, dai minori in abbandono agli anziani soli. Mariella, flautista, insegnante, musicoterapeuta specializzanda in musicoterapia oncologica e cure palliative, incontra la musica quando è ancora bambina e se ne innamora. Scopre presto il potere benefico della musica sull’animo umano e diventa musicoterapeuta. Entrambi sognano di portare ben-essere nelle persone in condizione di disagio e il sogno si realizza in AlmaMed. AlmaMed è tante cose assieme: è una clinica e un albergo, un ristorante e una pizzeria, un bar, un luogo di terapia e di relax, di ristoro per il corpo e per l’anima. La Mission di AlmaMed è quella di mettere al centro il benessere della persona, non della patologia, ma della persona indebolita dalla patologia. Qui le persone sono accolte in un ambiente in cui possono trovare tutto quello che serve per recuperare energie e forze. Abbiamo scelto un albergo e non una clinica, con le sue 37 stanze pronte
Aram Schmid Poffo
per gli ospiti e con gli ambulatori del personale che opera nell’ambito della medicina tradizionale e della medicina integrata. AlmaMed propone un modello di intervento sanitario integrato per la parte medica e per tutte le altre discipline e tecniche volte a favorire il benessere della persona. AlmaMed accoglie diverse tipologie di persone: – pazienti nel post intervento chirurgico, – soggetti con patologie croniche, – malati oncologici, – soggetti che necessitano di recupero psicofisico. Ma AlmaMed Hotel San Leonardo non
Mariella Micarelli
è solo una struttura medicalizzata; è una realtà integrata dove unire medicina e vacanza. La struttura è aperta anche a persone che vogliano portare i congiunti con salute precaria a trascorrere un periodo di cura e relax e godere della nostra splendida terra, tra piste da sci e laghi, tra montagne innevate o prati fioriti. Nello staff di AlmaMed operano diversi medici specializzati in: chirurgia generale, proctologia, chirurgia bariatrica, ortopedia, psichiatria, oncologia, urologia, medicina legale, odontostomatologia, chirurgia plastica. Da AlmaMed operano professionisti dell’ambito sanitario come l’osteopata, il fisioterapista, la nutrizionista, l’ostetrica. La medicina integrata si avvale di musicoterapia, arteterapia, massaggio cranio sacrale, counseling e coaching, trattamenti reiki, trattamenti shiatsu, yoga e tai-chi, vocologia, pianoforte terapeutico. AlmaMed garantisce la presenza H24 di un infermiere professionista che si occupa di misurazione dei parametri vitali, assistenza sanitaria post-chirurgica, medicazioni, tamponi nasali e vaginali, prelievi, infiltrazioni, elettrocardiogramma, ecografie, consulti infermieristici. Si offrono anche visite infermieristiche domiciliari e assistenza sanitaria a domicilio. (P.R.)
AlmaMed Hotel San Leonardo 6-8, 38123 Vigolo Baselga TN 0461 525914 - 353 436 8942 Riceviamo solo su appuntamento. Per urgenze sanitarie 388 979 6425
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Uomo e natura di Chiara Paoli
Erbe mangerecce, come riconoscerle e cucinarle Nostra intervista alle autrici “Andar per erbe, piccola guida di raccolti e ricette con specie selvatiche” questo il titolo del volume ideato e realizzato da Paola Barducci accompagnatrice di media montagna, soprannominata ForestPaola, assieme a Daniela Dalbosco dell’azienda Danimpasta. Entrambe vivono nell’incantata valle dei Mòcheni, in quel di Sant’Orsola e dopo essersi dedicate con successo ai Picnic selvatici, hanno messo insieme i loro saperi per creare questa simpatica pubblicazione che conduce alla scoperta delle erbe selvatiche e degli usi che se ne possono fare in cucina. Da dove nasce l’idea di scrivere questo libro? Questo piccolo libretto nasce dalla richiesta delle molte persone che negli anni sono venute a provare l’esperienza dei picnic selvatici, in cui io, Paola, accompagno a riconoscere le erbe più semplici e Daniela propone un assaggio delle piante appena individuate. E così abbiamo deciso di mettere su carta le nostre conoscenze, focalizzandoci sulle piante davvero più facili nel riconoscimento. Perché tornare ad utilizzare le erbe selvatiche, quali sono i benefici? Le erbe selvatiche sono da sempre state utilizzate in cucina per il loro sapore particolare ma anche per i numerosi benefici che da secoli sono noti, come digestivi, disintossicanti, sfiammanti, diuretici. Ciò che ci premeva maggiormente era evitare la perdita della memoria;
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perciò, abbiamo realizzato una piccola raccolta di erbe che le nostre nonne e bisnonne usavano e che rischiavano di perdersi nella vita frenetica di tutti i
giorni. Senza considerare che imparare a riconoscere le erbe selvatiche edibili permette di recuperare anche alcuni sapori che nell’industria alimentare ormai sono andati persi. Quali sono le specie più “raccolte” e usate nella cucina locale? Indubbiamente il tarassaco (Taraxacum officinale) è una delle piante più utilizzate, per la facilità di riconoscimento e di reperimento nei campi. Ma non possiamo non menzionare anche il luppolo (Humulus lupolus) detto in Trentino “bruscandolo” oppure la silene (Silene vulgaris) più nota come “strigolo” o “sciopet”, per l’uso che da bimbi si faceva di scoppiare il fiorellino sulle mani. A volte è difficile riconoscere alcune tipologie di erbe spontanee, che possono essere scambiate con specie non commestibili e persino velenose, a quali soprattutto bisogna fare attenzione? Assolutamente la raccolta va fatta con moltissima attenzione e prudenza. Quello che noi consigliamo è di seguire corsi di riconoscimento, studiare, confrontarsi e nel dubbio….lasciare nel campo! Ad esempio una delle piante più gradite in primavera è sicuramente l’aglio orsino (Allium ursinum), davvero delizioso per creare bruschette ma anche risotti e condimenti di pasta, ma attenzione! Perché si può confondere con il mughetto (Convallaria majalis) oppure il colchico (Colchicum autumnale), due specie altamente tossiche, il cui consumo può avere anche conseguenze letali.
Uomo e natura di Fiorenzo Malpaga
La pianta di Rovere a Tenna
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l rovere è un tipo di quercia, con foglie di forma ellittica; le sue foglie, sono caduche, quindi cadono in inverno per poi rinascere in primavera. Il suo tronco è eretto, robusto e slanciato, i suoi rami sono nodosi e la chioma si espande verso l’alto, raggiungendo, dopo i cent’anni di vita, anche i 40 metri di altezza. Quest’albero imponente può vivere anche 500-800 anni. Il suo frutto è la ghianda, lunga, gialla e lucente, di forma ovoidale. In Italia è presente nelle vallate alpine e prealpine e nell’Appennino, sino ad un’altitudine di circa 1100 metri; preferisce i terreni drenati, e con le sue radici molto profonde può assorbire l’acqua in profondità. E’ un albero molto resistente ai parassiti e alle malattie in genere.La moltiplicazione del rovere avviene attraverso la semina delle ghiande. Le piante giovani vengono potate per eliminare dei difetti nella forma della chioma. Il legno di rovere è molto pregiato e ricercato, e viene utilizzato per la realizzazione di travature, mobili e doghe per botti destinate all’invecchiamento del vino. Il Rovere e il suo rapporto con Tenna Cerchiamo di capire quale sia il rapporto tra questo maestoso albero e la Comunità di Tenna, ripercorrendone la storia. La pianta di rovere era diffusa sulla
collina di Tenna fin dai tempi antichi, soprattutto nella zona di Alberè e nei terreni verso Ischia, quindi nelle aree maggiormente esposte al sole. Ne è testimonianza storica il rinvenimento, nel corso dei lavori di drenaggio della zona paludosa di Alberè, di numerosi tronchi di quercia che riaffioravano dallo scavo; fu in quel periodo che venne creato il noto Laghetto di Alberé (1959). I tronchi riemersi erano assemblati tramite legamenti lignei; una sorta di zatterone di fusti di rovere della lunghezza di 6 mt e del diametro di 30 cm, creando una superficie di circa 400 mq. Gli esperti lo interpretarono come un insediamento palafitticolo, analogo a quello di Fiavè o Ledro. I tronchi vennero sottoposti all’analisi al radiocarbonio presso l’università di Padova da parte del prof. Vittorio Marchesoni, ordinario di botanica, e
vennero fatti risalire a circa 1500 a.C. Questo rinvenimento testimonia la diffusione del rovere sulla collina di Tenna fin dai tempi antichi. Dai boschi di querce esistenti sul pendio che da Alberè digrada verso Ischia sarebbe derivato il nome di origine romana del paese di Ischia (da aesculus, tipo di quercia). Le assi ricavate dalle piante di rovere erano utilizzate diffusamente sulla collina di Tenna per realizzare le botti per l’invecchiamento del vino; la produzione vinicola rappresentava, fino al secolo scorso, l’introito economico prevalente per il paese. “El mas dei rori” Oggi la pianta di rovere sulla collina di Tenna è quasi scomparsa, sostituita in Alberè da abeti e larici piantati negli anni trenta del secolo scorso; a livello degli altri pendii del colle sono cresciute diverse tipologie di piante spontanee (robinie ecc. ), utilizzate per ricavare la legna da ardere. E’ rimasta una testimonianza umana della presenza dei roveri a Tenna: il bellissimo “Mas dei rori”( Maso dei roveri) , un grande caseggiato che sorge tra la pineta di Alberè e Ischia, che richiama nel suo nome gli alberi che più caratterizzavano il territorio. Nel terreno che lo circonda sono oggi presenti alcune maestose querce secolari, che rimangono a testimonianza storica della pianta un tempo più caratteristica del colle.
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Per non dimenticare di Massimo Dalledonne
La storia di Egidio Battisti
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urante la Seconda Guerra Mondiale i caduti ed i dispersi italiani sul fronte jugoslavo furono in tutto 15 mila. Ben 6.800 i caduti, 4.400 i dispersi solo all’interno dello Stato indipendente croato. Uno di questi era Egidio Battisti, nato a Strigno il 19 aprile del 1912. Una vicenda, la sua, raccontata nelle scorse settimane dalla figlia Silvia, un’artista che ha esposto i suoi lavori in occasione della mostra “Per non dimenticare” nello Spazio Klien di Borgo Valsugana. Come scrive Adriana Lotto nella pubblicazione “Protagonisti” del dicembre 2009 “era figlio primogenito di Silvio, disperso in Russia nel 1916 e Maria Giovanna Tea di Servo di Sovramonte dove si stabilì con la madre profuga (le avevano bruciato la casa) e il fratello Silvio. Nel 1938 sposò Domenica Eufemia Zannini, detta Ninetta, e con lei andò a vivere a Cairo Montenotte, in provincia di Savona, dove da due anni lavorava come capo-operaio nella locale fabbrica della Montecatini”. Nel 1939 nasce Silvia ma una denuncia anonima li fece perdere il lavoro: aveva sottratto del carburo per darlo
La battaglia della Neretva (fonte Wikipedia)
a una famiglia bisognosa. Quando, per la terza volta venne richiamato alle armi, finì inquadrato nella sezione sanità della Divisione “Murge” e nel marzo del 1942 salpò da Bari: destinazione Bosnia-Erzegovina che a quell’epoca faceva parte dello Stato indipendente croati di Ante Pavelic, Il quadro di Silvia Battisti dedicato al papà Egidio Battisti occupato dai tedeschi Tito diretti nel Montenegro. “Si pree dagli italiani. Della sume che proprio in quei giorni, tra sua vita di soldato si sa ben poco: il 15 ed il 21 febbraio, quando metà molto è stato recuperato dalle lettere della Divisione Murge venne messa che la figlia Silvia ha recuperato e fuori combattimento, Egidio Battisti che ha utilizzato per esporle in questi scomparve. Che fine abbia fatto non ultimi decenni al pubblico. Ancora è dato a sapere. Si può ipotizzare per Adriana Lotto. “Nessun riferimento estensione che sia stato catturato e geografico, men che meno alla guerusato per il trasporto dei feriti e che ra civile che funestava l’Erzegovina, sia quindi deceduto, come il 50% dei ai cetnici e agli ustasa, ai domobrani prigionieri italiani, di malattia e di ed i paesi devastato e bruciati nel ’42. stenti”. Non si parla nemmeno della deportaLa notizia della sua morte venne zione selvaggia dei civili nei campi di recapitata dal messo comunale a don concentramento”. Giovanni Sebben, parroco di Servo. Nel mese di agosto del 1942 Egidio Fu lui a portarla alla moglie Ninetta torna in licenza a casa. Poi riparte. assieme ad altre donne del paese. Moglie e figli non lo videro mai più. Nelle sue lettere emerge come i solCome si legge nelle sue lettere “i dati italiani vivevano la guerra lontasoldati prendevano 9 lire al giorno: un no da casa: con il pensiero fisso della limone ne costava 9, di lire, per una famiglia dei soldi da inviare a casa e birra ce ne volevano 20”. L’Erzegovina le fotografie da ricevere. Nostalgia era una terra poverissima, tantissimi e speranza per sopportare il peso morivano per inedia. Egidio Battisti, di una guerra che non apparteneva come scrive ancora Adriano Lotto a loro. In Erzegovina gli italiani non “si può dedurre che fosse utilizzato combattevano contro un esercito anche per la costruzione dei presidi regolare ma bande di veri e propri lungo la Neretva, lavori di fortificazioguerriglieri. Il 14 ottobre del 1955 Egine promossi dagli italiani all’insegna dio Battisti di Strigno viene insignito dell’impreparazione e dell’improvvidella Croce al Merito di Guerra dal sazione”. I presidi sulla Neretva, eretti comandante militare territoriale di per difendere Mostar, vennero travolti Bolzano, generale Carlo Vacchelli. nel febbraio del 1943 dai partigiani di
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Conosciamo le leggi di Erica Vicentini*
La qualità di coerede,
la comunione e la divisione ereditarie
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uando muore una persona cara, pur nel dolore e nella difficoltà del momento, si presenta la necessità per coloro che sono chiamati a ereditarne il patrimonio di gestire tutti gli incombenti relativi alla c.d. successione. Infatti, nell’ambito della successione, se più soggetti risultano titolari del diritto a subentrare nel patrimonio del deceduto, pur se in misura fra loro diversa, si parla di coeredi. A stabilire chi sono gli eredi può essere il defunto tramite la redazione di testamento. Il testamento è un documento che va a contenere tutte le volontà di un soggetto per il tempo in cui avrà cessato di vivere, includendo anche propositi e indicazioni di tipo morale o personale (ad esempio, oltre alle disposizioni patrimoniali, possono essere previste indicazioni su come deve avvenire il funerale o la eventuale cremazione); esso può essere redatto in forma solenne e pubblica, di fronte ad un Notaio, oppure in modo privato, quale testamento c.d. olografo, scritto a mano dal testatore nel rispetto di alcuni requisiti di forma. Solo in pochi tuttavia muoiono dopo aver fatto testamento. Così, in assenza di testamento, è la legge a definire a chi debba andare il patrimonio e come esso debba essere gestito. Il Codice civile prevede una serie di regole precise che individuano delle quote di patrimonio rispetto alle quali i coeredi hanno diritto di succedere in base al grado di parentela di ciascun soggetto vivente. Di regola, la disciplina privilegia i parenti di grado più stretto: i figli, il coniuge, i genitori,
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i fratelli. Così, ad esempio, in presenza di tre fratelli quali unici eredi del padre, a ciascuno di questi spetterà il 33% di ciascuno dei beni paterni. Quando più coeredi diventano assieme titolari di quote sul patrimonio ereditario, si verifica quella che viene chiamata comunione ereditaria. La comunione ereditaria è anche definita comunione pro indiviso ossia una condivisione dei diritti e doveri di più persone sullo stesso bene, da esercitarsi secondo delle precise quote. In altri termini, ciascun coerede è titolare di una quota ideale e non fisica su tutto il patrimonio del soggetto deceduto, la c.d. massa ereditaria. è importante sottolineare come la massa ereditaria contempli tutti i beni che erano nella titolarità del decuius (beni immobili, mobili, gioielli, denaro) inclusi eventuali debiti e, in certe casi, le donazioni. Così, ad esempio, ciascun fratello, titolare di un terzo della casa paterna, non ha diritto a utilizzare solo un terzo dell’immobile (ad esempio, tre
camere su nove o un piano su tre) ma un terzo dell’intero immobile: tale quota non ha un suo riscontro fisico nella realtà, anche perché, come detto, contempla tutti i beni lasciati dal decuius, inclusi tutti i più piccoli oggetti raccolti negli anni (ad esempio la fede nuziale). È evidente come tale situazione possa creare non poche difficoltà, soprattutto se i coeredi faticano ad andare d’accordo fra loro o, più semplicemente, sono in un numero elevato sparsi per il mondo: il codice civile, infatti, impone a tutti e ciascuno dei coeredi il dovere di gestire insieme la massa ereditaria, curando la manutenzione e quindi tutti gli adempimenti connessi all’ordinaria amministrazione, con conseguente ripartizione, appunto pro quota, delle relative spese. Ne deriva, dunque, spesso, la necessità per gli eredi di procedere alla c.d. divisione ereditaria. Con la divisione ereditaria, la comunione pro indiviso che viene a crearsi
Conosciamo le leggi all’apertura della successione trova la materiale spartizione fra i coeredi, ciascuno per la quota che gli spetta in base alla legge o al testamento. Se gli eredi vanno d’accordo, la divisione può tranquillamente essere raggiunta con un atto notarile, forma necessaria nel caso in cui la massa ereditaria contempli beni immobili: di regola, in tali casi, è opportuno che gli eredi procedano insieme alla quantificazione del valore di tutti i beni che compongono l’asse ereditario, accordandosi poi fra loro per capire a chi spetterà cosa, nel rispetto, appunto, della quota di ciascuno. In tal caso, sono gli eredi che, fra loro, decidono a chi spettano, ad esempio, i terreni, gli immobili, i gioielli, il denaro che erano appartenuti al decuius. Laddove i coeredi non siano in grado di raggiungere una divisione ereditaria in accordo fra loro, l’unica opzio-
ne è il processo civile. Il Tribunale procederà alla quantificazione precisa del valore della massa ereditaria, attraverso – di regola – la nomina di un perito e procederà poi alla spartizione dei beni agli eredi secondo le quote di spettanza. Nei casi di accesa conflittualità, in presenza di beni immobili non comodamente divisibili (ad esempio, un appartamento) l’opzione di regola seguita è la vendita con successiva ripartizione del ricavato. Si tratta, all’evidenza, di soluzioni di tipo salomonico che spesso non conducono ad una dispersione del patrimonio ereditario, che per essere diviso viene liquidato anche con terzi
soggetti per ottenerne un ricavato spartibile. Il consiglio è certamente quello di gestire il momento della successione in modo attento rivolgendosi a professionisti, al fine di evitare successive liti poco proficue.
Nota: chi desiderasse ulteriori informazioni in merito a quest’articolo può contattare la dott.ssa Vicentini. * Avvocato Erica Vicentini, del Foro di Trento, Studio legale in Pergine Valsugana, Via Francesco Petrarca n. 84)
Chi desiderasse avere un parere su un problema o tematica giuridica oppure una risposta su un particolare quesito, può indirizzare la richiesta a: direttore@valsugananews.com
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Un calcio alla pandemia di Marco Nicolo’ Perinelli
Grande successo a Caldonazzo
per il primo Galà di Muay Thai e Kick Boxing
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entoventi atleti provenienti da oltre venti team dal Trentino-Alto Adige, Veneto ed Emilia Romagna con una ottantina di accompagnatori e circa duecentocinquanta ospiti paganti sugli spalti. Ottantacinque incontri disputati dagli atleti, dei quali i più piccoli di dieci anni di età. Sono i numeri del Galà di Muai Thay, Kickboxing, Arti Marziali miste (MMA) e Grappling, discipline cosiddette “di contatto”, che stanno prendendo sempre più piede nel nostro territorio e che anche in Valsugana trovano decine e decine di appassionati. Ad organizzare l’evento, che si è tenuto lo scorso 22 maggio a Caldonazzo, l’ A.S.D. Tridentum Fighting, con sede a Vigolo Vattaro, da qualche anno ormai realtà affermata che ha portato a casa sei risultati utili su dieci match disputati. Durante il Galà di Caldonazzo si sono distinti gli atleti trentini Giovanni Piazzera, Elisa Caumo, Mattia Vicentini, Bojan Vincic, David Pola, Emiliano Ferrari e Katia Trentin. La Muay Thai è una disciplina marziale nata in Thailandia: il nome significa deriva dalla parola Muay, un antico vocabolo di origine sanscrita che indica il combattimento, e da Thai, “il popolo libero”. E’ nota come “l’arte delle otto armi” o “la scienza degli otto arti” perché consente ai due contendenti che si sfidano di utilizzare combinazioni di pugni, calci, gomitate e ginocchiate, quindi otto parti del corpo utilizzate come punti di contatto rispetto ai due del pugilato, oppure ai quattro della kick boxing, con un’intensa preparazione atletica e mentale. “A livello regionale – spiega l’ex atleta
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e allenatore Roberto Tomasi - quello degli sport da ring è un movimento in crescita pur rimanendo sempre relegati nell’ambito di quelli che vengono purtroppo definiti come “sport minori”. Manifestazioni come questa vogliono essere soprattutto una “vetrina” per queste discipline che nascono come arti marziali, e quindi legate al combattimento, ma che sono soprattutto oggi uno sport completo, al quale le persone si avvicinano per diversi motivi. Non solo l’autodifesa, ma anche benessere personale, meditazione, sicurezza in sé stessi, conoscenza del proprio corpo. Non è un caso, infatti, se quello che un tempo era considerato un campo prettamente maschile, oggi sta conquistando sempre più donne”. Una passione, quella di Tomasi, che lo ha portato a studiare queste discipline fino a diventare istruttore e a volerne conoscere le radici: “Ho iniziato ormai più di vent’anni fa e, con dedizione e pazienza, sono
riuscito a diventare istruttore e ad aprire, insieme all’Istruttore ed amico Luigi Gaspari una palestra cresciuta molto nel corso degli anni. Momenti importanti di questo cammino sono state le esperienze fatte in Thailandia, proprio là dove è nata la Muay Thai e dove sono molti i campioni che si trovano per allenarsi insieme. Ciò che più colpisce chi non conosce questo mondo e ci si avvicina le prime volte, è quella dimensione legata alla concentrazione, al controllo. Le arti marziali non sono sinonimo di violenza, ma semmai di un uso responsabile della forza e di conoscenza di sé stessi”. Il Galà ha dunque rappresentato un momento per far vedere le promesse di questi sport di contatto, ma soprattutto far conoscere una realtà che sta crescendo in Valsugana, una valle straordinaria, capace di offrire moltissime opportunità ai suoi abitanti e non solo, grazie alle eccellenze che qui si trovano.
Pizzeria Vintage a Borgo Valsugana
GUSTO PER LE COSE BUONE E GENUINE
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ndiamo a farci una pizza? Spesso è questo l'invito che gli italiani fanno quando desiderano gustare uno dei piatti tradizionali della nostra cucina.In questi ultimi anni, però, l'evoluzione dell'arte culinaria e l'ospitalità “mangereccia” ha subito tantissime trasformazioni e integrazioni, specialmente, in quei locali, appunto le pizzerie dove alle tradizionali pizze sempre di più si sono aggiunte nuove e gustosissime specialità Ne è d'esempio la Pizzeria VINTAGE a Borgo Valsugana, dove oggi il cliente può deliziarsi e saziarsi con nuovi
piatti particolarmente graditi, specialmente in questo inizio estate. Il riferimento non è solo per la scelta tra una grande varietà di insalatone (sette e più) ma anche tra particolari manicaretti quali: il Cestino Pizza con insalata di polipo; la Caprese in Cestino Pizza con imburrata di bufala e i tanti diversi Burgher con tartara di manzo che davvero soddisfano il palato, anche quello più esigente. Piatti originali che bene ed egregiamente integrano tutte le altre
specialità (pizze, primi e secondi piatti, contorni) che caratterizzano la Pizzeria Vintage e che si potranno gustare anche negli spazi esterni particolarmente attrezzati.
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Girovagando di Chiara Paoli
I più incantevoli specchi d’acqua del Trentino-Alto Adige
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uasi 300 i laghi del territorio Trentino e più di 400 quelli dell’Alto Adige, non c’è da stupirsi quindi se non la nostra regione viene definita la Finlandia d’Italia. Un’ampia varietà contraddistingue questi specchi d’acqua, dislocati a differenti altitudini, con colori e caratteristiche uniche. Tutti i bacini lacustri hanno un loro fascino, ma alcuni in particolare meritano una visita e possono essere definiti dei veri e propri gioielli. Partendo da quelli trentini, non si può far a meno di menzionare il lago di Tenno che con le sue acque di un azzurro intenso ammaliano i visitatori, molto carino anche per l’isolotto che si staglia al centro e nell’itinerario vale la pena di includere una bella e breve passeggiata fino al borgo medievale di Canale di Tenno. Un altro magico specchio d’acqua è quello di Ledro, che accoglie il turista con tanto verde d’intorno e un profondo salto nel tempo, grazie alle palafitte ricostruite sull’acqua che assieme a quelle di Fiavè sono entrate a far parte del patrimonio Unesco nel 2011. Anche se le sue acque non si tingono più di colore rosso, il lago di Tovel è sempre un luogo incantevole da visitare, molto frequentato nel periodo estivo, quando diventa difficile trovare parcheggio nei pressi, volendo è raggiungibile con navette messe a disposizione dall’azienda di promozione turistica della Valle di Non. Esistono in alternativa diversi itinerari per raggiungere il lago di Tovel, come l’affascinante sentiero delle Glare che parte dalla località Capriolo oppure attraverso la sempre fresca e buia galleria di Terres, per cui si consiglia di portare con sé una torcia. Consiglio di
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Lago di Resia
lago di Tenno
lago di Anterselva
Girovagando fare il giro del lago e con una piccola deviazione è possibile ammirare anche la cascata del torrente Rislà. Un altro bellissimo lago, caratterizzato da una bellissima forra percorribile a piedi e da un colore verde intenso che ha contribuito a dargli il nome di Smeraldo; per chi avesse tempo e voglia di avventura merita una visita il vicino Canyon Rio Sass, visitabile soltanto con l’accompagnamento di una guida, pagando un biglietto d’ingresso. Il lago di Erdemolo ha un posto speciale nel mio cuore, i ricordi di quando bambina vi trovavo la neve in pieno agosto, come per magia, hanno lasciato spazio ad uno specchio d’acqua sempre più affollato di bagnanti visto il mutamento climatico e l’innalzamento delle temperature. Un luogo da raggiungere rigorosamente a piedi, con percorsi abbastanza impegnativi e non adatti a tutti, splendido sempre ma soprattutto nel periodo della fioritura dei rododendri alpini. Un’altra chicca tra i laghi del Trentino è quello di Antermoia, ritenuto uno tra i più belli delle Dolomiti e meta estiva di moltissimi escursionisti che si recano in Val di Fassa per ammirarlo tra le vette del Catinaccio, raggiungendo i 2500 metri di altitudine. Tra i laghi dell’Alto Adige, impossibile non citare il celebre Braies, la cui fama è dovuta alla serie tv “A un passo dal cielo” con protagonista Terence Hill. Letteralmente preso d’assalto nel periodo estivo, se si vuole raggiungere è meglio prenotare con largo anticipo il parcheggio. Di questo luogo si apprezzano i colori, il contrasto tra l’azzurro delle acque ed il grigio delle montagne che lo circondano e la possibilità di fare romantici giri in barca. Altra meta molto quotata il lago di Carezza (Karer See) in val d’Ega, soprannominato “Lago dell’Arcobaleno”, leggenda narra che una bellissima sirenetta vivesse nelle profondità delle sue acque e che di lei si
Lago Erdemolo
Lago Smeraldo
fosse innamorato il mago Masarè. La strega Lanwerda avrebbe consigliato a Masarè di camuffarsi da mercante di gioielli e con essi dare vita ad un arcobaleno che andasse dal Catinaccio fino al Latemar per conquistare il suo amore. Così fece il mago ma si scordò di travestirsi, la sirenetta lo riconobbe e sparì per sempre nel lago. Maserè andò su tutte le furie e gettò nel lago i frammenti dell’arcobaleno. Spettacolare anche il lago di Anterselva in val Pusteria e abbracciato dal Parco Naturale Vedrette di Ries-Aurina; qui è possibile fare numerose escursioni, ma se non si vuole camminare troppo, è possibile seguire il percorso didattico che si snoda attorno al bacino e permette di conoscere la flora e la fauna locale.
Famoso anche grazie ad una serie su Netflix il lago di Resia (Reschensee) a Curon in val Venosta, peculiare per la presenza di un campanile che spunta dall’acqua, invitando i turisti a chiedersi che cosa sia accaduto. In realtà fino al 1950 lassù si trovavano ben 3 laghi, quello di Resia, quello di Curon e quello di San Valentino alla Muta; la realizzazione di una grande diga tra il 1947 ed il 1949 portò all’unificazione dei primi due bacini che sommersero il piccolo borgo di Curon Venosta e buona parte del paese di Resia che vennero evacuati. Solo il campanile rimane a memoria di questa vicenda e molte leggende nel tempo si sono diffuse, si narra che ancora oggi si odano in alcune occasioni le sue campane suonare.
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Che tempo che fa di Giampaolo Rizzonelli
PRIMAVERA 2022:
CALDO RECORD IN INDIA E PAKISTAN
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ome spesso accade dipende molto dalla “potenza mediatica” di un Paese a dare il peso a una notizia, se fa caldo negli USA o in Europa se ne parla ovunque, se c’è un caldo infernale in India e Pakistan ne parlano pochi. Eppure questa primavera è stata davvero epocale per India e Pakistan, un’ondata di caldo con temperature record che si sono attestate intorno ai 50°C, lungo il confine dei due Paesi. Il caldo estremo minaccia la salute di milioni di persone considerato che l’India ha 1,4 miliardi di abitanti e il Pakistan 220 milioni. In particolare secondo L’Hindustan Times l’India nord-occidentale a marzo ha registrato la temperatura più alta degli ultimi 122 anni, con una media di +30,73°C, la media delle massime per il Paese è stata pari a +33,1°C, ancora una volta la più alta dal 1901. Ma ad aprile non è andata meglio secondo quanto pubblicato sul Times of India, il 25 aprile, a Wardha, nello stato del Maharashtra dell’India centrale, il termometro ha raggiunto i 45°C, mentre nel West Rajasthan, a Barmer vicino al confine con il Pakistan, il giorno successivo si è arrivati a 44,4°C. Ma le temperature rilevate il 29 aprile sono state ancora più “infernali” come ben evidente nell’immagine di fig. 1 “un tweet” dove si vede che la temperatura al suolo (non dell’aria, sono due cose totalmente differenti) misurata da satellite ha addirittura superato i 63°C. Ma l’ondata di caldo non si è attenuata nemmeno a maggio, il tutto è ben evidente nella fig. 2 dove si vedono le anomalie di temperatura in rosso fino oltre i 15°C. Si è trattata di un’ondata di calore senza precedenti e anomala per il periodo. Il
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Fig. 1 - Temperature suolo India 29 aprile 2022
subcontinente indiano conosce sì temperature molto elevate, ma tra maggio e giugno, appena prima dell’arrivo dei monsoni, e non in questa stagione. The Guardian riporta la testimonianza di Nazeer Ahmed che ad aprile ha vissuto in uno dei luoghi più caldi della Terra, la sua casa a Turbat, nella regione
pakistana del Balochistan, ha sofferto per settimane di temperature che hanno ripetutamente raggiunto quasi 50°C. La gente del posto rimane in casa incapace di lavorare tranne che durante le ore notturne più fresche, e si trova ad affrontare gravi carenze di acqua ed elettricità. È stato qui, nel 2021, che è
Che tempo che fa stata registrata la temperatura più alta del mondo per maggio, l’incredibile cifra di 54°C. Quest’anno, ha detto, è ancora più caldo. “La scorsa settimana è stata follemente calda a Turbat. Non sembrava aprile”, ha detto. Poiché l’ondata di caldo ha esacerbato la massiccia carenza di energia in India e Pakistan, Turbat, una città di circa 200.000 residenti, ora riceve a malapena elettricità, il che significa che i condizionatori d’aria e i frigoriferi non possono funzionare. “Viviamo all’inferno”, ha detto Ahmed. L’ondata di caldo ha già avuto un impatto devastante sui raccolti, compreso il grano e vari tipi di frutta e verdura. In India, la resa dei raccolti di grano è scesa fino al 50% in alcune delle aree più colpite dalle temperature estreme, aggravando i timori di carenze globali a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina, che ha già avuto un impatto devastante sulle forniture.
Fig. 2 - Anomalie temperatura 2 maggio 2022
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Dati e numeri in evidenza di Nicola Maschio
MERCATINO DI NATALE 2021-2022: ecco i dati dell’indagine sulle imprese
È
bastato un solo anno di stop, quello del 2020, per far capire ai trentini (cittadini e imprese) quanto il mercatino di Natale fosse importante. Quest’ultima edizione però ha fatto nuovamente registrare tante presenze sul nostro territorio, nonostante alcuni momenti di alti e bassi dovuti a una fase più acuta della pandemia. I dati finali sono stati presentati da Confapi Trentino, che nel report “Voce alle imprese” ha voluto porre l’attenzione sulle risposte fornite da ben 516 attività dell’area di Trento, con i giudizi, le reazioni, le segnalazioni e gli appunti avanzati dagli operatori economici della città e non solo. Un campione rappresentativo che è stato poi distinto sulla base di tre fattori: età degli intervistati, zona in cui risiede l’attività e tipo di impresa intervistata. «Raccogliere queste testimonianze è importante non solo in termini di ascolto, ma anche per sviluppare nuove strategie in unione con le istituzioni locali – ha spiegato la presidente di Confapi, Monica Mosna. – Il nostro obiettivo è uno solo: dare voce alle piccole e medie imprese locali, soprattutto per dimostrare il nostro sostegno in un momento non facile, ma anche per dare alla città il miglior ritorno possibile rispetto ai dati emersi. Sono numeri oggettivi e fondamentali, sulla base dei quali scegliere azioni di sicuro successo in quanto derivanti proprio dalle analisi». Vediamo dunque quali sono gli elementi più interessanti emersi dall’indagine. In premessa, va detto che circa l’80% degli intervistati ha tra i 35 e i 64 anni, che il 57% delle imprese intervistate hanno sede nel centro storico di Trento (il 20% circa nelle vie
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limitrofe al mercatino) e che nel 35% e nel 28% dei casi si tratta rispettivamente di bar e ristoranti (seguono le imprese commerciali, il 24% dei rispondenti). La collocazione temporale del mercatino di Natale risulta ottimale per la metà degli intervistati, mentre il 30% riterrebbe necessaria una riduzione delle giornate. In merito alla promozione dell’evento, è stata ritenuta “Buona” nel 29% dei casi e “Discreta” per il 14,5% dei rispondenti, tuttavia un numero elevato di attività (36%) ha detto di non essere in grado di dare un giudizio. In generale, il 53% delle attività ha giudicato positivo il mercatino (6% “Ottimale”), ma c’è anche un notevole 23,5% di intervistati che lo ha etichettato come “Negativo” e addirittura un 8% che vorrebbe eliminarlo: complessivamente, il 35% dei rispondenti non è rimasto soddisfatto dell’appuntamento. Sono il 75% degli over 65 e l’82% dei 45-64enni ad aver avuto un giudizio positivo, mentre le opinioni negative sono arrivate per il 62% dal-
la fascia d’età 35-44 anni. Si nota un peggioramento del gradimento man mano che ci si allontana dall’area del mercatino: il 73% dei rispondenti in centro è rimasto contento (dato che scende al 39% nella “prima periferia”), il 56% di quelli che si trovano più esterni la pensa al contrario. Ristorazione e commercio hanno apprezzato particolarmente il mercatino, mentre giudizi meno convinti sono arrivati dalle imprese artigiane (66%) e dai servizi in generale (58%). Anche bar e hotel si dicono soddisfatti nel 66% dei casi. Complessivamente, il 43% delle imprese era molto d’accordo con la realizzazione del mercatino, ma l’11,6% invece per nulla: rispetto ai contrari, ha inciso pesantemente la situazione Covid. Un ultimo dato rilevante arriva dalla ricaduta commerciale del mercatino sulle imprese: il 70% riferisce di un’influenza poco o per nulla rilevante, mentre i disagi maggiori sono stati quelli del parcheggio e dei problemi di viabilità a Trento.
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ALTA PREVIDENZA Cassa Rurale Alta Valsugana. Altamente tua. C’é un presente e c’è anche un futuro che tutti ci auguriamo possa essere più sereno possibile. Per questo puoi contare sulla competenza ed esperienza dei nostri Consulenti, persone in grado di assicurarti il migliore piano previdenziale. Alta Previdenza, Alta Valsugana.
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