Feltrino News n. 4/2022 Aprile

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ANNO 3° - N° 04 - Aprile 2022 - Supplemento del periodico Valsugana News - www.feltrinonews.com

Periodico GRATUITO di Informazione, Cultura, Turismo, Attualità, Tradizioni, Storia, Arte

Nostra intervista esclusiva alla mamma del Beato Carlo Acutis Pag. 7


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Punto a Capo di Waimer Perinelli

La DEMOCRAZIA L'ARMA che VINCE LA FOLLIA al POTERE

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tiamo combattendo due guerre, una contro il Covid, l'altra contro la disumanità della guerra. La battaglia è mediatica e l'informazione gioca un ruolo fondamentale. La "stampa" in tutte le sue espressioni carta, televisione, radio blog,web..è cambiata. Nella sua capacità di raggiungere un pubblico sempre più vasto, come

dimostra una dichiarazione ironica del presidente ucraino Zelensky che in piena guerra ha detto" Abbiamo vinto su Tik Tok" . Cambiata nella programmazione. Nell'informazione sulle due guerre vengono largamente impiegati gli "esperti", persone informate sui fatti, principalmente sulle cause e sui mezzi in campo per combatterle. Più tardi, se i conflitti avranno fine, interverranno gli storici per spiegarci cosa è accaduto e perché abbiamo sbagliato. Gli esperti sono i protagonisti dei nostri media, un po' perché abbiamo bisogno di credere che qualcuno abbia capito qualcosa e soprattutto perché alleggeriscono il lavoro del giornalista, diventato soprattutto intervistatore, ruolo un tempo non del tutto apprezzato da tanti direttori, ricordo fra tutti Guglielmo Zucconi, il quale mi disse che ogni intervista è tempo sottratto all'informazione. Dobbiamo ammettere che intervistare non è facile e implica spesso l'obbligo di tacere lasciando parlare l'intervistato. Anche quando non è d'accordo con quanto pensa l'intervistatore. Gli esperti sono graditi agli editori, pubblici e privati, perché alleggeriscono il palinsesto e le impaginazioni, evitando investimenti in servizi, rubriche e programmi d' intrattenimento. Le due guerre hanno in comune i morti, ammazzati dalla pandemia da Covid 19 e dalle armi di quella che sciaguratamente potrebbe diventare la terza guerra mondiale combattuta con armi nucleari: l'ultima come ha detto Einstein perché la quarta i sopravvissuti

la dovrebbero combattere con le pietre. Hanno in comune, come detto gli esperti, con la differenza che sono o sono stati numerosi e polemici nella pandemia e pochi sul piano militare dove prevalgono gli inviati giornalisti. In attesa di una soluzione pacifica delle due guerre già si esprimono alcuni storici indifferenti alla regola che la scrittura della storia richiede una doverosa distanza di tempo ed emotiva dai fatti. Sui media gli storici ci spiegano l'evoluzione socio-economica degli eventi attribuendo di volta in volta ai diversi protagonisti colpe e meriti. La guerra fredda, il muro di Berlino, il dominio dell'economia capitalistica, di stato o privata. In questo si rischia di cadere nella trappola della colpa di tutti, della Società", come si fece in Italia nella non piccola ma locale guerra dei terrorismi, nero e rosso. Allora qualcuno come il sociologo Franco Demarchi ci richiamò alla "responsabilità" individuale. se lo ascoltassimo scopriremmo l'incapacità e la follia di alcuni leader. La nostra difesa sarà sempre la democrazia, sia pure imperfetta, capace di frenare la follia al potere. La storia ci dirà se la democrazia, fatta spesso di compromessi, è riuscita a sopravvivere. A questo Punto ci riesce difficile andare a Capo;

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La storia di Roberta e Ludovica 2022

Roberta 35 anni

Ludovica 8 anni

Roberta iscrive Ludovica ad un fondo pensione

…Ludovica proseguirà la contribuzione con un importo ponderato sulle sue future disponibilità economiche…

SII AMBIZIOSO NEL GUARDARE AL FUTURO E PRUDENTE NEL TUTELARLO


Sommario DIRETTORE RESPONSABILE Prof. Armando Munaò - 333 2815103 direttore.feltrinonews@gmail.com CONDIRETTORE dott. Walter Waimer Perinelli - 335 128 9186 email: wperinelli@virgilio.it REDAZIONE E COLLABORATORI dott.ssa Katia Cont (Cultura, arte, cinema e teatro) dott.ssa Elisa Rodari (Curiosità, cultura e tradizioni). dott. Emanuele Paccher (politica, economia e società) Laura Paleari (moda e costume) dott.ssa Alice Vettorata - dott.ssa Francesca Gottardi (Esteri- USA) dott.ssa Laura Mansini (Cultura, arte, tradizioni,attualità) dott. Nicola Maschio (attualità, politica, inchieste) Patrizia Rapposelli (attualità, cronaca) dott. ssa Chiara Paoli (storia -cultura e tradizioni) dott.ssa Eleonora Mezzanotte (Arte, storia e cultura) Francesco Zadra (Attualità) dott.ssa Sonia Sartor (Cultura, arte, attualità) Ing. Grazioso Piazza - dott. Franco Zadra (politica, attualità) dott.ssa Monica Argenta - dott.ssa Erica Zanghellini (Psicologa) dott. Casna Andrea (Storia, cultura, tradizioni) Francesco Scarano (Attualità, storia) Caterina Michieletto (storia, arte, cultura) dott.ssa Beatrice Mariech (Cultura, arte, storia) dott.ssa Daniela Zangrando (arte, storia e cultura) Alex De Boni (attualità e politica) dott.ssa Erica Vicentini (avvocato) CONSULENZA MEDICO - SCIENTIFICA dott. Francesco D’Onghia - dott. Alfonso Piazza dott. Marco Rigo . dott. Giovanni D’Onghia RESPONSABILE PUBBLICITÀ: Gianni Bertelle Cell. 340 302 0423 - email: gianni.bertelle@gmail.com IMPAGINAZIONE E GRAFICA : Punto e Linea di Alessandro Paleari - Fonzaso (BL) Cell. 347 277 0162 - email: alexpl@libero.it EDITORE E STAMPA GRAFICHE FUTURA SRL- Via Della Cooperazione, 33- MATTARELLO (TN) FELTRINO NEWS Supplemento al numero di Aprile di VALSUGANA NEWS Valsugana News – Registrazione del Tribunale di Trento: n° 5 del 16/04/2015. COPYRIGHT - Tutti i diritti riservati Tutti i testi, articoli, intervista, fotografie, disegni, pubblicità e quant’altro pubblicato su FELTRINO NEWS, sono coperti da copyright GRAFICHE FUTURA srl - PUNTO E LINEA, quindi, senza l’autorizzazione scritta del Direttore Responsabile o dell’Editore, è vietata la riproduzione e la pubblicazione, sia parziale che totale, su qualsiasi supporto o forma. Gli inserzionisti che volessero usufruire delle loro inserzioni pubblicitarie, per altri giornali o pubblicazioni, posso farlo richiedendo l’autorizzazione al Direttore Responsabile o all’editore. Quanto sopra specificato non riguarda gli inserzionisti che utilizzando propri studi o agenzie grafiche, hanno prodotto in proprio le loro grafiche e quindi fatto pervenire alla redazione o all’ufficio grafico di FELTRINO NEWS, le loro pubblicità, le loro immagini, i loro testi o articoli. Per quanto sopra GRAFICHE FUTURA srl, si riserva il diritto di adire le vie legali per tutelare, nelle opportune sedi, i propri interessi e la propria immagine.

Aprile 2022

La democrazia vince la follia

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Rajio Taiso, ginnastica alla radio

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Il sommario

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Attualità: sediamoci sul giallo

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Il Beato Carlo Acutis

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Conosciamo le leggi: il reato di diffamazione

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I giovani sono cari a Dio

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L’arte in controluce

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In filigrana: che cos’è la guerra

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Vally al servizio dei piccoli amici

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La crisi energetica mondiale

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Viva le donne e... poveri maschi

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Ieri avvenne: i partigiani e la resistenza

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Il personaggio di ieri: il Conte Cagliostro

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Conosciamo l’AIGO

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Lettera al Direttore

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I Lions: le donne e la società

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UPT, scuola, lavoro e società

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La giornata dell’Autismo

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Dalla parte del cittadino: i servizi bancari

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La politica e l’informazione

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Ieri avvenne: Cà Tasson

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Storie di casa nostra: Siccone Polenton

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A parere mio: il valore dell’effimero

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Il conflitto Russia Ucraina

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Racconti d’arte: Doris Salcedo

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Storia di oggi e di ieri

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L’Italia in Cina: la colonia di Tientsin

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Girovagando nell’arte: Luigi Cima

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Non solo animali

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Il turismo di montagna e il COVID

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Le piante e le erbe aromatiche

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Le interviste impossibili: Giulio Cesare

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Quattro passi in tavola: la grappa

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Limana in cronaca

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Casa dolce casa: i supporti per tende

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Quando l’arte ritorna alla natura

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Curiosità dal mondo: la Pasqua

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Personaggi di casa nostra: Giovanni da Vidor

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Lo sapevate che: il baccalà è italiano?

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Speciale Sedico

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Sport e società

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Lo sport veneto in cronaca

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Conosciamo le leggi: si paga solo con PagoPa

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Il Beato Carlo Acutis Pagina 7

Speciale Comune di Sedico Pagina 47

UPT Futuro per i giovani Pagina 68

Inizia con questo numero la collaborazione della dott.ssa Eleonora Mezzanotte. Dopo la Laurea Triennale in Beni Culturali, ha conseguito anche quella magistrale in Arte, sempre presso la facoltà di Lettere e Filosofia di Trento. Attualmente coordina e presenta il programma “Tapis roulant”, su RAI3 Trentino e un programma radiofonico su RAI Trentino. Alla dott.ssa Mezzanotte, che curerà alcune specifiche rubriche su arte e cultura, i nostri migliori auguri di buono lavoro. 5


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Beati e Santi del nostro tempo di Armando Munaò e Waimer Perinelli Carlo Acutis, “l’innamorato di Dio”, ha vissuto questa forte presenza del divino nella sua vita terrena e ha cercato in tutti i modi di trasmetterla generosamente anche agli altri e tuttora, continua a intercedere affinché tutti possano mettere Dio al primo posto nella propria vita e dire come Carlo: ”Non io ma Dio”; “Non l’amor proprio ma la gloria di Dio”; “La tristezza è lo sguardo rivolto verso se stessi, la felicità è lo sguardo rivolto verso Dio”.

IL BEATO CARLO ACUTIS

Il 24 novembre 2016, con l'intervento dell'allora Arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, si è chiusa la fase diocesana del processo di beatificazione di Carlo Acutis iniziato il 15 febbraio 2013. Il 5 luglio 2018 viene dichiarato venerabile da Papa Francesco. Con questo titolo la Chiesa riconosce che Carlo Acutis “ha vissuto in grado eroico le virtù cristiane”. Nel novembre 2019 la Consulta Medica ha espresso parere positivo sul presunto miracolo attribuito alla sua intercessione. Il 21 febbraio 2020 Papa Francesco ha riconosciuto il miracolo. La celebrazione della beatificazione è avvenuta ad Assisi il 10 ottobre 2020 ed è stata presieduta dal cardinale Agostino Vallini, in rappresentanza del Papa. Nostra intervista esclusiva ad Antonia Salzano, mamma del Beato Carlo.

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arlo Acutis aveva 15 anni quando morì il 12 ottobre del 2006 stroncato da una leucemia fulminante, tanto rapida quanto inattesa. Da tutti ma non da lui che alla madre e al medico curante, qualche anno prima, aveva predetto la propria morte: Morirò, aveva detto, per un'emoraggia cerebrale quando peserò 70 chilogrammi. La sua vita era stata fino ad allora molto normale. Un'esistenza apparentemente tranquilla per un giovane destinato però a diventare Santo, il primo Santo Millenial. Il 10 ottobre del 2020, infatti, la Chiesa lo ha riconosciuto Beato accogliendo il parere della Consulta Medica della Congregazione delle Cause dei Santi, che ha accertato come veritiero il miracolo avvenuto, per intercessione, a un bambino brasiliano di sei anni afflitto da una gravissima malattia al pancreas e guarito completamente dopo che la nonna aveva pregato Carlo Acutis e il ragazzino aveva toccato con mano una reliquia, un pezzo di pigiamino mac-

chiato di sangue. Una beatificazione straordinariamente rapida se pensiamo che per Papa Giovanni Paolo Primo, il bellunese Albino Luciani, la beatificazione avverrà nel settembre di quest'anno, a 40 anni dalla morte. Carlo era nato a Londra, dove il padre Andrea lavorava, il 3 maggio del 1991, primo figlio di Antonia Salzano. La famiglia si era trasferita a Milano e Carlo era stato allievo per le scuole elementari e medie dalle suore Marcelline e i pochi anni del liceo presso i padri Gesuiti. Come detto la vita apparentemente normale anche se tanti piccoli segni indicavano in lui una predestinazione. Ci dice la madre Antonia, un ragazzino

vispo allegro, ma con alcune particolarità. Carlo ci ha colpiti perchè sin dalla tenera età ha mostrato aspetti e segni veramente particolari. A tre mesi 7


Beati e Santi del nostro tempo ha detto la sua prima parola, a 5 mesi ha incominciato a parlare e poi tutto ciò che faceva dimostrava di essere

molto avanti rispetto ai suoi coetanei. E già a tre anni e mezzo ha mostrato una particolare predisposizione per la religione, la fede e i principi della bontà e carita', evidenziando il desiderio di voler conoscere la Bibbia, i santi e avvicinarsi maggiormente a Dio. Ed era veramente attratto dalle chie-

se. Entrava in Santa Maria Segreta a Milano, la chiesa della sua Parrocchia, sostava presso l’altare e il crocifisso, baciava le immagini sacre e s’inginoc8

chiava a dire le preghierine e non voleva andare via nonostante io lo sollecitassi a uscire. Spesso ripeteva che “quando ci si mette di fronte al sole ci si abbronza, ma quando ci si mette dinnanzi a Gesù Eucaristia, si diventa santi perché l’Eucarestia è la sola strada per il Cielo”. A sette anni, con tre anni di anticipo, fu ammesso alla Prima Comunione, ricevuta con un permesso speciale. E in quella occasione scrisse su un foglietto “ Io ora appartengo per sempre a Gesu ed essere sempre unito “Lui” è il mio programma di vita". E tutti i giorni, o prima o dopo la messa, faceva l'adorazione eucaristica. Fin da piccolo, ci dice la madre Antonia, ha vissuto la fede in ogni aspetto della sua vita. E la stessa fede lo ha supportato nel momento della sua morte quando, alla sofferenza della malattia, ha sostituito la certezza di vivere la pace, la serenità e la gioia nella vicinanza di Cristo. Osservando Carlo nella sua quotidianità, continua la madre, sembrava essere già programmato e scelto per essere una voce profetica e per raggiungere un qualcosa che a noi era incomprensibile. E siamo stati colpiti quando una volta, in giovanissima eta' e dialogando con lui ci disse che la “conversione” altro non era che spostare lo sguardo dal basso verso l'alto con un semplice movimento degli occhi. E si poteva ammirare la magnificenza del creato. Nell'omelia della messa di beatificazione, il cardinale Agostino Vallini,

legato pontificio per le basiliche di San Francesco e Santa Maria degli Angeli ad Assisi, ha parlato di "Un ragazzo spontaneo, simpatico che amava gli animali, giocava a calcio..." "E' vero, dice la madre, ma era anche molto attento alla gente, soprattutto ai poveri. Quando davamo del denaro per acquistare la merenda, lo donava ai poveri. Tutti i giorni recitava il Rosario e girava la città alla ricerca di poveri e senza tetto che aiutava. Il suo amore per Dio lo ha avvicinato a queste persone bisognose. Prestava servizio di volontariato alle mense dei poveri delle suore di Madre Teresa di Calcutta e dei Cappuccini. " Sembra la storia romantica di un giovane del lontano passato ma in realtà Carlo appartiene al suo tempo. "Si, dice Antonia, Carlo era attivissi-


Beati e Santi del nostro tempo mo sui Social dove diceva che si può fare del bene e testimoniava la propria Fede. Oggi in rete ci sono oltre duecento blog dedicati a lui, in tutte le lingue. Attraverso la comunicazione multimediale molte persone hanno testimoniato, sui siti, di essersi convertite alla Chiesa Cattolica seguendo il suo esempio. Io stessa che in gioventù non ero particolarmente devota ho

compreso l'importanza della fede e della preghiera". Carlo si era avvicinato all'informatica

da autodidatta proprio per parlare di Dio e del suo rapporto con la religione e con l'Onnipotente. Un rapporto particolare da predestinato. "Un rapporto singolare, sottolinea la madre, iniziato già da ragazzino quando in collaborazione con l'Istituto San Clemente primo Papa e Martire, aveva organizzato la mostra sui Miracoli eucaristici nel mondo allestita poi in cinque Continenti. Una mostra ospitata nei santuari di Lourdes e della Madonna di Fatima oltre che in numerose parrocchie: ben diecimila negli Stati Uniti". Per questa sua capacità comunicativa Carlo viene chiamato Santo Millenial capace di comunicare il Vangelo con l'uso dei mezzi multimediali. La madre ricorda: Carlo ha scritto la frase “tutti nasciamo come degli originali, ma molti muoiono come

fotocopie." Un messaggio, un invito a non sprecare i doni, gli evangelici denari, e Carlo non li ha gettati facendoli fruttare. Vicino alla morte chiese di essere sepolto ad Assisi, la città di Francesco, dove il suo corpo è stato traslato nel Santuario della Spogliazione, il 6 aprile del 2019, dove i fedeli possono venerarlo. "Ora, ricorda Antonia Salzano, all'attenzione della Congregazione ci sono altri miracoli attribuiti a Carlo e al primo che verrà riconosciuto come veritiero il giovane potrà essere consacrato Santo".

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Giovani, Santi e Beati di Waimer Perinelli

I GIOVANI SONO CARI A DIO

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Muore giovane chi è caro agli dei" questo dicevano gli antichi e noi spesso, troppo spesso, lo ripetiamo per consolarci. Ma Dio ha cari i giovani anche da vivi. Non a caso nella storia della Chiesa e dei santuari i ragazzi sono protagonisti, testimoni di eventi miracolosi. A Fatima, in Portogallo, nel 1917 la Madonna apparve a tre pastorelli e nacque così il Santuario di Nostra Signora di Fatima. A Lourdes in Francia nel dipartimento degli Alti Pirenei, la Madonna apparve nel 1878 alla contadinella quattordicenne Bernardette Soubirous. Nacque così il Santuario di Nostra Signora di Lourdes. A Medjugorje in Bosnia Erzegovina, nel 1981, la Madonna sarebbe apparsa, uso il condizionale perché l'inchiesta non è conclusa e i dubbi sono molti, ad un gruppo di ragazzi, almeno sei, con età compresa fra i 10 e 16 anni. Anche il Trentino ha alcune apparizioni

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mariane. La più celebre e importante sull'Altipiano di Pinè, dove in località Comparsa la Madonna sarebbe apparsa alla contadina Domenica Targa, nella leggenda appena quattordicenne, in realtà di almeno 30 anni. A Bosentino, ai piedi della Vigolana, nel 1620 la Madonna sarebbe apparsa a Janesel, un pastorello dodicenne, raccomandandogli l'edificazione di una cappella a Lei dedicata. Il successivo santuario è detto della Madonna del Feles poiché sorge in una zona ricca di felci. A Ospedaletto, in Valsugana, la Madonna, sarebbe apparsa nel 1640, ad un giovane pastorello sordomuto. La chiesa del Santuario della Madonna della Rocchetta (piccolo fuso) fu edificata nella seconda metà del Seicento sul luogo dove fin dal 1625 c'era una cappella. Nel giugno del 2018 è morta a Londra, all'età di 93 anni, Anna Agnolet l'ultima veggente delle apparizioni mariane a Voltago nell'Agordino. Il 5 luglio del 1937 a lei, appena undicenne, e ad altri sette adolescenti, la Madonna raccomandò di pregare. I giovani furono interrogati dall'Arcidiacono di Agordo e dal suo cappellano don Albino Luciani diventato quarant'anni dopo Papa Giovanni Paolo I. La Chiesa non ha mai riconosciuto come veritiera quest’apparizione ma

da tutto il bellunese iniziarono i pellegrinaggi verso il luogo che sarebbe stato chiamato "il "Sas de la Madona". Ancora oggi persone provenienti anche dall'estero, si ritrovano presso il Sas per pregare. Fra i giovani testimoni della Fede morti drammaticamente per affermarla, ci sono Giovanna D'Arco, appena ventenne e Maria Goretti. Giovanna D'Arco (1412-1431), iniziò ad avere le visioni mistiche a 13 anni, disse ai suoi familiari di parlare con Dio e morì a soli vent'anni. Oggi è il simbolo di coraggio e generosità, avendo disse, per "mandato divino Salvato la Francia". Santa Maria Goretti (1890-1902) all'inizio del 900 resistette ad un tentativo di stupro e non ancora dodicenne, venne barbaramente uccisa. Oggi è il simbolo della castità e della virtù. Carlo Acutis è fra noi un esempio della possibilità di usare i mezzi multimediali a fin di bene perché, come ricorda la madre " Sui Social ci sono tante cose brutte ma si possono inviare messaggi evangelici, si può fare del bene come testimoniano le molte lettere che ancor oggi comunicano conversioni ed esempi di solidarietà"


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In filigrana di Nicola Maccagnan

Che cos'è la “guerra”?

Quando le parole nascondono significati profondi...

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iviamo tempi difficili, molto complicati. E, potremmo aggiungere, estremamente crudeli. Quanto accade in Ucraina, relativamente vicina ai nostri confini, ha riportato all'attenzione di noi occidentali, spesso invece molto distratti per quanto accade in altre parti del mondo, lo spettro della guerra, con tutte le sue conseguenze. E così un termine spesso usato in maniera soprattutto metaforica per indicare situazioni di contrasto e contrapposizione torna a riempirsi del suo significato più

antico e terribile. Ma che cos'è la GUERRA e da dove trae origine questa parola? A molti di noi, magari con qualche infarinatura di studi latini o classici, non sfugge che il termine usato dagli Romani (grandi interpreti dell'“ars bellica”) era, per l'appunto “bellum”, rimasto nel nostro vocabolario in forma di aggettivo o avverbio (bellico, bellicoso, belligerante, …). Una breve ricerca storica e linguistica disvela uno scenario quanto mai chiaro e significativo.

La parola “guerra”, deriva infatti dall'antico germanico werra e prese piede in ambito latino in corrispondenza della fine dell'Impero Romano, ovvero quando questo cominciò a sgretolarsi sotto i colpi delle invasioni barbariche. Ed è tutt'altro che banale la distinzione nel modo di definire il conflitto tra il mondo latino-occidentale e quello rappresentato dalla visione brabaro-germanica. Se la rappresentazione della guerra da parte dei Romani (come ben sappiamo un popolo tutt'altro che pacifista) era

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In filigrana infatti legata ad un dispiegarsi ordinato e programmato di legioni, con i relativi accampamenti, il termine werra incarna invece una visione di conflitto violento, selvaggio, improvvisato e cruento, ben identificato dalla lotta “corpo a corpo” all'ultimo sangue. Nello scontro di due mondi ha quindi prevalso, militarmente sul campo e lessicalmente nel nostro vocabolario, il termine – “guerra” appunto – che rappresenta il lato più distruttivo e sanguinario dell'andare “gli uni contro gli altri armati”. Ne deriva una considerazione di cui noi, generazioni che da oltre 70 anni viviamo al riparo, almeno nel nostro Paese, dalle brutture della guerra dovremmo riappropriarci. Ovvero che la guerra, qualunque siano le motivazioni reali o presunte che la scatenano, è un luogo di morte e di violenza, dove la ragione lascia spazio all'istinto

e ad un gesto ne corrisponde un altro o molti altri di pari o maggiore violenza. “Si sa quando comincia, ma non si sa dove e quando finisca”, commentava qualcuno giustamente. Ben lo sapevano i nostri Padri Costituenti che, ancora impresse nella mente le brutture del secondo conflitto mondiale, hanno sancito a caratteri cubitali il ripudio della guerra nella nostra Carta Fondamentale che, all'articolo 11 – ovvero tra i Principi Fondamentali – recita: “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Se non bastasse, chiunque di noi abbia

avuto modo di parlare con un genitore, un nonno o un conoscente che ha vissuto la guerra sul campo o in trincea sa benissimo di quale terribile spettro stiamo parlando. Per tutti gli altri basterebbe una visita ad un cimitero militare (ve n’è più di qualcuno anche nei nostri paesi), dove interminabili si ergono piccole croci o minime lapidi dotate di una piccola lastra che - quando possibile - ricorda il nome di ragazzotti mandati al massacro, oggi deposti l’uno accanto all’altro, senza distinzione di bandiera o confine. O ancora, per qualche smemorato, basterebbe una camminata silenziosa tra i monti, magari tra le trincee del Grappa o sul Lagazuoi, giusto per toccare con mano il dolore mortifero della guerra. Possibile che per mantenere viva la memoria di un passato anche così recente serva ancora il sibilare delle bombe alle porte di casa?

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Europa, Russia e Italia in controluce di Nicola Maccagnan

La crisi energetica mondiale

L’ aumento vertiginoso dei costi per famiglie e imprese: quali sono le cause e quando ne usciremo?

Siamo nel bel mezzo di una vera e propria tempesta economica e soprattutto energetica. Ce ne siamo accorti noi tutti, bollette alla mano, già da qualche mese. Inutile dire quali sono le reazioni che ci accompagnano ogni qualvolta dobbiamo avvicinarci a una pompa di benzina. Una crisi acuitasi con lo scoppio della guerra in Ucraina, anche se – a dire il vero – avvisaglie concrete e preoccupanti si erano avute già da alcuni mesi. Per orientarci nel dare una lettura il più razionale possibile a questa situazione, tanto complicata quanto pesante per i nostri bilanci familiari, abbiamo chiesto aiuto al dottor Simone Tagliapietra, studioso esperto di dinamiche del settore energetico in ambito internazionale, attualmente ricercatore ed associato del Gruppo di studio politico-economico internazionale Bruegel di Bruxelles.

L’intervista esclusiva

Dottor Tagliapietra, quali fattori influiscono, in estrema sintesi, sulla gravissima crisi energetica in atto? Il problema principale è dato dal fatto che l'Europa importa il 40% del gas e il 25% del petrolio che consuma dalla Russia; questo dato ci fa capire quale sia l'esposizione dei paesi europei nei confronti delle fonti russe e come la Russia possa usare questo strumento come un'arma geopolitica di ritorsione

nei confronti dell'Europa. Noi siamo peraltro gli unici in questa posizione: gli Stati Uniti - ad esempio - non importano gas dalla Russia e da lì proviene solo il 5% del petrolio di cui hanno bisogno, mentre il Canada ha smesso di importare petrolio russo da parecchi anni; è proprio per questo che USA e Canada hanno posto l'embargo sul petrolio proveniente da Mosca. L'allarme principale per i governi è dunque legato ad una eventuale inter-

ruzione dei flussi di energia dalla Russia verso l'Europa: questo preoccupa sia i Paesi Europei perché richiede strategie alternative, sia a livello planetario, perché nel caso si verificasse un blocco i prezzi di gas e petrolio schizzerebbero ulteriormente con ripercussioni per tutto il sistema economico mondiale. Il problema principale è peraltro legato proprio al gas, anche perché questa commodity si sposta attraverso gasdotti e quindi su infrastrutture rigide e non 15


Europa, Russia e Italia in controluce facilmente modificabili, mentre il mercato del petrolio, che si muove essenzialmente su navi, è molto più fluido, con possibili alternative di approvvigionamento. L'aumento dei prezzi era partito però alcuni mesi fa, ben prima dello scoppio della guerra in Ucraina... L'impennata dei prezzi è partita in effetti già l'estate scorsa, ma ancora una volta per iniziativa della Russia, che ha tagliato l'invio di gas in Europa di circa il 40%. All'epoca ci si interrogava sul perché di questa drastica riduzione, provando a dare spiegazioni di varia natura; oggi - alla luce di quanto è successo - forse abbiamo la spiegazione: Mosca ha messo l'Europa in una posizione di grande vulnerabilità già da tempo e su questo si è poi inserito il conflitto. La cosa a prima vista assurda, ma che in realtà ha una sua logica, è che da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, Mosca è tornata ad alzare di molto le quantità di gas inviato ai paesi europei, addirittura ai livelli storici più alti; questo significa che le riserve c'erano ed ora hanno bisogno di incassare gli introiti in grado di finanziare la guerra, anche a seguito delle sanzioni applicate alle banche e alla banca centrale russa.

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Questi fattori giustificano il fortissimo aumento dei prezzi registrato su quasi tutte le fonti energetiche o c’è di mezzo anche la speculazione? E se sì, da parte di chi? Questo è quello che ci si chiede soprattutto in relazione al petrolio: il prezzo della benzina, ad esempio, non è indicizzato al prezzo quotidiano della materia prima, ma si basa su contratti stipulati anche con largo anticipo e quindi l'aumento dovrebbe essere

molto più lento. Al riguardo il presidente di Assopetroli ha fatto notare alcuni giorni fa come alcuni operatori della distribuzione, da cui i rivenditori finali comprano la benzina, hanno aumentato di molto i propri costi di gestione. Alcune procure hanno avviato al riguardo delle indagini per verificare se vi siano comportamenti illeciti; resta il fatto che il vero grande motore degli aumenti per i consumatori è dato dalle dinamiche geopolitiche. Quali reali timori dobbiamo avere come cittadini italiani sull’andamento dei prezzi dell’energia e soprattutto dell’approvvigionamento futuro? Per quanto riguarda la sicurezza energetica, ovvero il pericolo di andare incontro ad un vero e proprio blackout dovuto alla mancanza di gas, io penso che l'Italia sia messa meglio di altri Paesi europei. Questo perché abbiamo diversificato nel tempo e oltre alla Russia, che copre circa il 40% del fabbisogno, abbiamo canali aperti di approvvigionamento con l'Algeria, la Libia, l'A zerbaigian, la Norvegia; abbiamo inoltre diversi rigassificatori che ci consentono di essere dipendenti dalla Russia in maniera minore rispetto ad altri Paesi, come la Polonia e la stessa Germania.


Europa, Russia e Italia in controluce

Il governo ha inoltre in atto una strategia che mira ad avviare forniture da altri paesi, come il Qatar, e ad acquistare dei piccoli rigassificatori mobili, fluttuanti nel mare, dove stoccare forniture di gas liquefatto in arrivo dall'estero. Vi è inoltre un piano di emergenza che, in caso si arrivasse a una situazione limite, porterebbe alla riattivazione di 7 centrali a carbone per sopperire alle necessità nel breve termine. Cosa può fare ogni singolo cittadino, ovvero ognuno di noi, per dare il proprio contributo a questa battaglia epocale? Su questo abbiamo tutti un ruolo importante, anzitutto nell'utilizzare l'energia nel modo più responsabile possibile. Studi qualificati hanno dimo-

strato che se tutti noi abbassassimo nelle nostre abitazioni il termostato del riscaldamento domestico anche solo di 1 grado, riusciremmo a tagliare la domanda di gas del 7% e non è davvero poco. Questa è l'azione più semplice e diretta che tutti possiamo mettere in atto. Poi c'è la questione legata alle imprese e qui trovare una soluzione è oggettivamente più difficile. Molte aziende hanno già rivisto il proprio ciclo produttivo rimodulandolo su orari diversi, in cui il costo energetico è minore. In questo caso il problema centrale è rappresentato dall'energia elettrica, che in Italia è prodotta ancora in gran parte con il gas. Viviamo, in ultima analisi, una grande crisi legata ai combustibili fossili. Soprattutto per l'Europa, come ha ricordato il ministro tedesco all'energia, le rinnovabili rappresentano veramente l'”energia della libertà”; la crisi in atto dimostra ancora una volta come sia necessario accelerare sul percorso della transizione ecologica verso le fonti rinnovabili.

Come fare? Il problema non è quello tanto quello del denaro (sono molte le imprese disposte a investire nel settore), bensì, spesso, quello della burocrazia e dei processi decisionali e amministrativi troppo lenti, soprattutto nel nostro paese. La buona notizia è però che nel Recovery Plan l'Italia, anche su input dell'Europa, ci sta mettendo finalmente mano: ci attendiamo cambiamenti importanti, con procedure più snelle e veloci, a breve termine.

CHI E' Simone Tagliapietra, 34 anni, Feltrino di Arten di Fonzaso dove risiede la sua famiglia, è un senior fellow presso il think-tank economico europeo Bruegel di Bruxelles. È anche professore a contratto di Politica energetica, climatica e ambientale all'Università Cattolica del Sacro Cuore e alla Johns Hopkins University - School of Advanced International Studies (SAIS) Europe. La sua ricerca si concentra sulla politica climatica ed energetica dell'Unione Europea e sull'economia politica della decarbonizzazione globale. Con numerose pubblicazioni politiche e scientifiche all’attivo, è autore di Global Energy Fundamentals (Cambridge University Press, 2020) e L'Energia del Mondo (Il Mulino, 2020). Le sue rubriche e i suoi lavori sono pubblicati e citati dai principali media internazionali come il Financial Times, The New York Times, The Guardian, The Wall Street Journal, Le Monde, Die Zeit, Il Corriere della Sera, Il Sole 24 Ore e altri. Simone Tagliapietra ha conseguito inoltre un dottorato di ricerca in Istituzioni e Politiche presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore.

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Ieri avvenne di Chiara Paoli

Partigiani e resistenza, per un’Italia Liberata «Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l'occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire».

Q

ueste le parole del comandante Sandro Pertini nell’appello radiofonico volto a proclamare lo sciopero generale a Milano, il 25 aprile 1945. La lotta partigiana ha avuto inizio 20 mesi prima, esattamente l’8 settembre 1943, il movimento di resistenza muove i suoi passi per contrastare il governo fascista e l'occupazione nazista. Quello che viene definito anche come Secondo Risorgimento ha inizio quindi con la firma dell’armistizio di Cassibile, avvenuta il 3 settembre nella località di Siracusa dove il generale Castellano firma per l’Italia, stringendo la mano al generale Eisenhower. L’annuncio agli italiani della cessazione delle ostilità nei confronti dei governi alleati viene comunicata ai microfoni dell'EIAR (antenata della RAI), solo cinque giorni dopo dal maresciallo Badoglio. Il giorno successivo nasce il Comitato di Liberazione Nazionale che al suo interno ingloba differenti e contrapposti orientamenti politici dai comunisti, ai monarchici, socialisti, democristiani, liberali, repubblicani, e anarchici. Dopo mesi di lotte, giunge il 25 aprile 1945 il proclama che incita all'insurrezione generale, sancito dal Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia. Le forze partigiane che componevano il Corpo Volontari della Libertà vengono sollecitate ad assaltare le guarnigioni fasciste e tedesche intimando la resa, precedendo così l'arrivo delle truppe alleate. Oltre a ciò il Comitato promulgò alcuni decreti legislativi, prendendo il potere «in nome del popolo italiano», e condannando

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a morte tutti gli alti funzionari fascisti, Benito Mussolini compreso. Il Duce verrà catturato e ucciso tre giorni dopo a Giulino di Mezzegra, a 21 chilometri da Dongo, in provincia di Como, assieme alla sua amante Claretta Petacci. I loro corpi, assieme a quelli di Alessandro Pavolini, Nicola Bombacci, e del generale Achille Starace, verranno esposti al pubblico ludibrio in piazzale Loreto a Milano, dove l’anno precedente, in data 10 agosto erano stati giustiziati quindici partigiani. La folla si accanisce con insulti, sputi, percosse, e spari sui cadaveri, in particolare quello di Mussolini; partigiani e vigili del fuoco che dovevano garantire l'ordine, risolvono appendendo i cadaveri a testa in giù, penzolanti dalla tettoia del vicino distributore di benzina. Un epilogo orrendo che ha scatenato molte critiche, lo stesso Pertini affermò che «A Piazzale Loreto l'insurrezione si è disonorata». Nel giro di pochi giorni tutta l'Italia del nord viene redenta, Bologna in anticipo assieme a Genova, liberate rispettivamente il 21 e il 23 aprile, segue Verona il 26 e Venezia il 28 dello stesso mese. La liberazione di Roma era avvenuta già l’anno precedente tra il 4 e il 5 giugno, mentre un po’ in ritardo giunge quella del Trentino, che accoglierà gli alleati soltanto il 4 maggio 1945. Vale la pena ricordare che dopo la resa di Caserta, firmata il 29 aprile, e il cessate il fuoco entrato in vigore tre giorni

dopo, continuano gli scontri nella nostra regione. Le stragi di Ziano, Stramentizzo, e Molina di Fiemme, si consumano proprio in quei giorni tra il 2 e il 4 maggio 1945 e causano altre 45 vittime, tra sparatorie e incendi. Una data simbolica quella del 25 aprile che costituisce il culmine della Resistenza e vede avviarsi una nuova fase di governo che condurrà al referendum per la Repubblica del 2 giugno 1946. È il presidente del Consiglio Alcide De Gasperi che propone di celebrare questa data invitando il principe Umberto II a promulgare il 22 aprile 1946 un decreto che testualmente riporta: «A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale». La Liberazione ha sancito la fine del capitolo fascista dopo una dittatura protrattasi per 20 anni. Quello che ancor oggi noi celebriamo è la genesi della Repubblica Italiana, perché è proprio dagli esponenti del Comitato di Liberazione Nazionale che ha preso vita l'Assemblea Costituente.


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Medicina & Salute di Alex De Boni

CONOSCIAMO L'AIGO

I

l dottor Flavio Valiante, dirigente medico con incarico di alta specializzazione & prevenzione e diagnosi precoce delle neoplasie colorettali presso l'U.O.C. di Gastroenterologia di Feltre è stato nominato Presidente della Sezione Veneto e Trentino-Alto Adige della Associazione Italiana Gastroenterologi ed Endoscopisti Digestivi Ospedalieri (AIGO). Un incarico di grande prestigio che Valiante ricoprirà per i prossimi due anni. Il medico, in forza all'Ulss Dolomiti dal 2004, in questi anni si è occupato prevalentemente della patologia neoplastica intestinale e dello screening del cancro-colorettale, sindall'istituzione del programma Regionale e all'interno del gruppo degli Endoscopisti dello Screening del Veneto. La sua attività ed impegno ha riguardato non solo i percorsi assistenziali ma anche la ricerca clinica, come dimostrato dalle numerose pubblicazioni scientifiche. Dal 2009 al 2014 è già stato consigliere della Sezione Veneto e Trentino-Alto Adige della Associazione Italiana Gastroenterologi ed Endoscopisti Digestivi Ospedalieri (AIGO). Al dottor Valiante

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i complimenti dell’Azienda e l’augurio di buon lavoro. AIGO: LA STORIA L'Associazione Italiana Gastroenterologi ed Endoscopisti Digestivi Ospedalieri (AIGO) si è costituita a Roma nel novembre del 1969. Negli anni 1979-1982 si realizzano i primi contatti dell'AIGO con la Società Italiana di Gastroenterologia (SIGE) che portano alla partecipazione dell'AIGO alle prime due edizioni della "Settimana Italiana delle Malattie Digestive" (SIMAD) di Roma nel 1979 e di Bologna nel 1981. La collaborazione fra le due Società Scientifiche è ratificata con un protocollo di intenti comuni, il famoso "libretto verde", nel 1983 che porta ad una partecipazione sempre più consistente dell'AIGO alle successive edizioni della SIMAD tenutesi nel 1983 a Bari, nel 1986 a Verona e nel 1992 nuovamente a Bologna. Anche il Congresso Nazionale delle due Società viene tenuto congiuntamente a Padova nel 1993 nel corso del quale i rispettivi Presidenti si impegnano ad affrontare unitamente i problemi della gastroenterologia a livello nazionale e regionale. L'esperienza positiva del Congresso Nazionale congiunto fra

SIGE ed AIGO viene ripetuta a Firenze nel 1994. Nel 1995 a Torino si tiene il primo Congresso Nazionale Congiunto con la partecipazione sia della SIGE che della SIED, che in occasione del Congresso di Napoli nel 1997, decidono di costituire la Federazione delle Società Italiane delle Malattie Digestive con lo scopo di realizzare una forza unica in grado di promuovere il ruolo della gastroenterologia nella formazione, ricerca ed assistenza. Con questo spirito vengono organizzati anche i Congressi di Bologna nel 1998 e di Milano nel 1999. Dal 1991 rappresentanti dell'AIGO entrano a far parte della Commissione del Servizio Studi e Documentazione del Ministero della Sanità (Commissione di Studio sulla Prevenzione Diagnosi e Cura delle Malattie dell'Apparato Digerente) che


Medicina & salute affronta problematiche di rilievo quali la "Prevenzione e cura delle malattie dell'Apparato Digerente" gli "Standards ospedalieri per la gastroenterologia" i "Moduli in gastroenterologia" il Dipartimento di Gastroenterologia, i DRG in Gastroenterologia, le linee guida per le principali e più frequenti malattie gastroenterologiche, l'accreditamento delle strutture. Sempre nel 1991, grazie al supporto di una importante Azienda Farmaceutica, si intraprende un vasto programma di informazione e sensibilizzazione dell'opinione pubblica sui problemi delle malattie digestive che si conclude con la 1° Conferenza Nazionale della Malattie Digestive presso la Sala della Camera dei Deputati. In occasione del Congresso di Torino tenutosi nel 1995 si verifica una sorta di passaggio del testimone ai vertici dell'Associazione in quanto escono di scena i padri fondatori dell'AIGO dando cosi inizio a

"nuovo corso dell'AIGO". Nel 2005 e nel 2007 AIGO partecipa all'interno di FISMAD al primo e secondo protocollo d'Intesa Ministero della Salute-FISMAD , dai quali si ottengono dati ministeriali importanti per il giudizio dell'attività assistenziale gastroenterologica italiana. Nel 2011 AIGO, in collaborazione con SIED e SIGE, promuove la stesura del Libro Bianco della Gastroenterologia Italiana, primo documento ufficiale della disciplina, basato sull'analisi dell'attività assistenziale a livello nazionale. Tale documento viene presentato ufficialmente a Montecitorio il 14 luglio 2011, alla presenza del Vice Presidente della Camera e del Ministro della Salute. A partire dal 2012 AIGO ha evidenziato la necessità di effettuare un censimento delle U.O. di Gastroenterologia e degli specialisti, al fine di avere una base dati aggiornata che permettesse una

pianificazione delle risorse che tenesse conto delle reali esigenze della specialità. Nel febbraio 2013 il Ministero della Salute ha stipulato una convenzione con AIGO che ha pertanto effettuato il primo censimento delle U.O. e degli specialisti gastroenterologi italiani. Parallelamente, AIGO ha iniziato a collaborare anche con l'Agenzia Nazionale Servizi Sanitari Regionali (AGENAS). Nel gennaio 2014, AIGO e AGENAS hanno stipulato una convenzione per approfondimenti analitici nel settore della gastroenterologia. Il 18 febbraio 2016 AIGO presenta al Ministero della Salute il Rapporto sui ricoveri per malattie dell’apparato gastroenterico nel quinquennio 2010-2014. AIGO ha contribuito alla presidenza della FISMAD con i suoi illustri associati Franco Pacini, Massimiliano Claar, Renato Cannizzaro e Elisabetta Buscarini.

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I Lions, le donne e la società di Alex De Boni

I LIONS dalla PARTE delle GIOVANI DONNE

Chiamata a raccolta di Istituzioni ed Enti della provincia di Belluno

I

l progetto Po.W.E.R., acronimo di Possibility for Women Equality and Right (Possibilità per l’uguaglianza e il diritto delle donne) pensato per le studentesse delle scuole superiori e stato presentato lo scorso 8 marzo e ha dato il là ad un percorso proficuo per un confronto dialettico e operativo sulla parità di genere e l’empowerment femminile. L’incontro ha visto la partecipazione di Roberto Padrin e Flavia Monego, rispettivamente Presidente e Consigliera di Pari Opportunità della provincia di Belluno, i rappresentanti istituzionali dei Comuni di Belluno, Feltre, Pieve ed Auronzo di Cadore, e la presenza di Confindustria Belluno Dolomiti, nella persona della sua Presidente Lorraine Berton, che fin dall’anno scorso ha appoggiato e sostenuto l’iniziativa insieme alla Fondazione Marisa Bellisario, a Belluno Donna e alla New Voices dei Lions a cui quest’anno si sono aggiunte Confcommercio e Confartigianato, Donna Impresa Belluno e la Commissione pari opportunità del Comune di Feltre. Il successo che sta riscontrando sul territorio dolomitico il progetto Po.W.E.R. è la riprova che i Lions hanno colto nel segno le esigenze territoriali e la speranza è che dall'unione delle forze che si sono create si amplino le possibilità formative e lavorative delle giovani bellunesi. Questa è un’iniziativa lionistica nata nel 2020 in e per il Cadore dalla prolifica mente del suo

ideatore, l’avvocato Roberto Granzotto di Pieve di Cadore, socio Lions che ha saputo riproporla nel proprio territorio d’origine ed espanderla fuori i confini delle cime cadorine, “regalandola” ai Lions contermini di Belluno e Feltre Castello di Alboino assieme al Leo Club Feltre diventando in tal modo Service della Zona “I” del Distretto 108Ta2 che

quest’anno è presieduto da Manuela Crepaz di Primiero San Martino di Castrozza. A prenderere parte all'iniziativa sono state una settantina di ragazze tra i 15 e i 19 anni che sono state affiancate da una formatrice professionale, la dottoressa Eleonora Pinzuti, nel rafforzare la loro autostima ed essere pienamente consapevoli dei loro diritti, anche per difendersi da episodi e situazioni di violenza. La forza del service è quanto di più lionistico ci possa essere: la capacità di coinvolgere diversi enti ed istituzioni, nel segno della collaborazione per un fine comunitario di crescita su tutti i fronti. Il service Po.W.E.R. è stato condiviso anche fuori provincia, coinvolgendo quest’anno i territori dei Lions di

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I Lions, le donne e la società Vittorio Veneto e Trieste Alto Adriatico, tessendo nuovi rapporti privilegiati con sempre più realtà che condividono l’assioma che la parità di genere, intesa come uguale facilità di accesso a risorse e opportunità, è ricchezza da sfruttare in positivo in ogni campo. COSA SONO I LIONS Lions Clubs International è l’organizzazione di club di assistenza più grande del mondo e conta 1,4 milioni di soci in oltre 47.000 club in tutto il mondo. Sono anche tra le organizzazioni più efficienti: i loro soci sono pronti a fare tutto ciò che è necessario per proprie comunità locali. Ovunque lavorano, trovano nuovi amici: bambini che hanno bisogno di occhiali, anziani che hanno fame, persone afflitte da problemi di salute o colpite da calamità naturali. Questo perché portano il loro aiuto con impareggia-

bile integrità ed energia ovunque sia necessario, nelle loro comunità e in tutto il mondo. I Lions sono ovunque. Sono uomini e donne impegnati in progetti comunitari in oltre 208 Paesi e aree geografiche. I Lions hanno una storia ultracentenaria. Fondata nel 1917, la loro associazione è conosciuta principalmente per la lotta alla cecità che è parte della loro storia e anche del loro lavoro quotidiano. Inoltre, si dedicano al volontariato sostenendo diversi progetti comunitari, tra cui protezione dell’ambiente, lotta alla fame e assistenza agli anziani e ai disabili. IL MULTIDISTRETTO IN CIFRE Nel corso dell’anno sociale 2020/21, i Lions italiani hanno lavorato alacremente per le comunità di riferimento impegnandosi nelle 5 sfide umanitarie globali: fame, vista, diabete, ambiente,

cancro pediatrico con eccellenti risultati. I numeri sono importanti: complessivamente si tratta di 9 milioni di euro donati alle comunità, oltre 2.700.000 persone servite, 24.000 mila attività di service, 580.000 ore di volontariato. L’intervento più significativo è stato effettuato nel settore “fame” che registra oltre 2 milioni di euro donati in generi alimentari, 350 mila persone servite in Italia, più di 2 mila attività di service realizzate, 50 mila ore di volontariato. Borse della spesa, generi alimentari di prima necessità per bambini e adulti, aiuti alle associazioni assistenziali che si prendono cura dei meno fortunati, fidelity card utilizzate per rifornire le “mense dei poveri”: i Lions non hanno lasciato nulla di intentato per aiutare le famiglie bisognose e i soggetti in difficoltà. “Dove c’è bisogno c’è un Lion”, un motto che ancora una volta si è trasformato in realtà.

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Società oggi di Nicola Maschio

La Giornata dell’Autismo:

il 2 aprile un’occasione per comprendere

L

’autismo passa spesso inosservato, forse perché nella maggior parte dei casi non presenta “sintomi” evidenti nell’aspetto fisico ma si riflette, soprattutto, negli atteggiamenti e nei comportamenti delle persone che ne sono affette. Eppure, la problematica esiste e ne sono testimonianza tutti coloro che, quotidianamente, la affrontano. Il 2 aprile è internazionalmente riconosciuto come la Giornata Mondiale per la consapevolezza sull’autismo: un momento importante per capire quali siano gli aspetti più o meno indagati di questa particolare condizione di vita. Istituita nel 2007 dall’Assemblea Generale dell’ONU, la ricorrenza richiama l’attenzione di tutti sui diritti delle persone autistiche, con l’obiettivo innanzitutto di spiegare a cosa si riferisca la stessa parola “autismo”. Su questo aspetto è intervenuto il Ministero della Salute, che ha spiegato come “in questo modo vengono identificati i disturbi dello spettro autistico (Autism Spectrum Disorders, ASD), ovvero un insieme diverso di complicazioni inerenti il neurosviluppo, caratterizzate da una compromissione qualitativa nelle aree dell’interazione sociale e della comunicazione”. In sintesi, chi è affetto da una qualche patologia autistica, ha problemi nel relazionarsi con gli altri e nel comunicare la propria condizione. “Inoltre – ha aggiunto il Ministero, - sono presenti anche modelli ripetitivi e stereotipati di comportamento, interessi e attività. I sintomi e la loro severità possono manifestarsi in modo differente da persona a persona, in relazione ai bisogni specifici e, per quanto riguarda

le necessità di sostegno, queste ultime sono variabili e possono mutare nel tempo”. Il Ministero della Salute italiano ha inoltre fornito alcuni numeri rispetto alla presenza di soggetti autistici e alla loro “diffusione” nel mondo: “La prevalenza del disturbo è stimata essere attualmente di circa 1 su 54 tra i bambini di 8 anni negli Stati Uniti, 1 su 160 in Danimarca e in Svezia, 1 su 86 in Gran Bretagna. In età adulta pochi studi sono stati effettuati e segnalano una prevalenza di 1 su 100 in Inghilterra. In Italia si stima che 1 bambino su 77, nella fascia di età 7-9 anni, presenti un disturbo dello spettro autistico”. Ancora, l’Osservatorio Nazionale Italiano per il monitoraggio dei disturbi dello spettro autistico (progetto finanziato nel 2016 dalla Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute e coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità e dal Ministero della Salute) ha aggiunto qualche dettaglio a quanto spiegato poche righe fa: “In Italia 1 bambino su 77 (età 7-9 anni) presenta un disturbo dello spettro autistico con una prevalenza maggiore nei maschi, che sono colpiti 4,4 volte in più rispetto alle femmine. Questi dati sottolineano la necessità di politiche sanitarie, educative e sociali atte a incrementare i servizi e migliorare l’organizzazione delle risorse a supporto delle famiglie”. Inoltre, è anche l’Associazione Nazionale Genitori persone

con Autismo a completare il quadro: “In Italia, tenendo conto di questi dati e anche assumendo il valore minore, l'1% della popolazione (1 su 100 persone), si possono stimare, per una popolazione residente in Italia di oltre 60 milioni, almeno 600 mila le persone e quindi famiglie interessate direttamente dall'autismo. Sulla base degli stessi valori, rispetto a 435 mila nuovi nati in Italia nel 2020, i bambini che potrebbero trovarsi nello spettro autistico ogni anno sarebbero oltre i quattromila”. Insomma, anche quest’anno sarà importante onorare questa ricorrenza “con il blu addosso”, come spiegato dalla stessa ANGSA, ovvero il colore che rappresenta proprio l’autismo.

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La politica e l'informazione di Emanuele Paccher

Libera manifestazione del pensiero:

diritto o privilegio per pochi?

L

a gestione dell’informazione e della propaganda in guerra è tutto. Raccontare i fatti in una sola versione è essenziale per gestire l’opinione pubblica e mantenere il controllo della popolazione. Se ci si pensa bene, tutti i regimi totalitari del novecento hanno soppresso immediatamente il pensiero critico, o per meglio dire la manifestazione del dissenso. Il mondo si era illuso che il sancire su carta alcuni diritti fondamentali, come la libera manifestazione del pensiero e la libertà di informazione, fosse sufficiente per evitare gli abomini del passato. I fatti in Russia ci raccontano però un’opposta realtà. Lo sanno bene, tra i tanti, Alexey Pivovarov e Marina Ovsyannikova. Il primo costretto da anni a rivolgersi ad una piattaforma come YouTube, poiché i canali di informazione russi lo

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avevano censurato. Ora pure questo canale traballa, con la possibilità che la censura si estenda a numerosi social. Marina, invece, nei primi giorni di marzo ha innalzato un cartello contro la guerra durante una diretta di un’importante emittente russa. Poco dopo è stata prelevata dagli studi. Di lei si sono perse le tracce finché non è ricomparsa in tribunale. Insomma, la Russia non è certamente un Paese per giornalisti. Vista la situazione geopolitica era doveroso partire da tale Paese. Ma la situazione non migliora se ci si rivolge alla Cina, alla Corea del Nord, all’Eritrea, al Turkmenistan. Tutti Stati che si collocano nelle ultimissime posizioni nel calcolo dell’indice della libertà di stampa. È giusto ricordare Chen Qiushi, cittadino cinese, ex avvocato e poi giornalista, il quale nei primissimi giorni di pandemia decise di narrare la situazione di Wuhan, portando testimonianza della rapida diffusione della malattia e della sua mortalità. Non andava bene al regime in quel momento. Di lui non si sa più nulla. E qui la memoria torna alla “Rosa Bianca”, gruppo di resistenza tedesco contro la dittatura del nazismo. Questi giovani ragazzi e ragazze frequentanti l’Università non fecero altro che lanciare degli opuscoli in cui prendevano posizione contro Hitler e il suo regime. Il 18 febbraio 1943 una di loro, Sophie Sholl, lanciò dei volantini dalla cima di una scalinata di una scuola. Venne vista da un bidello nazista che la inseguì e la placcò. Venne

consegnata alla Gestapo. L’esercizio del diritto di informazione e di critica, forse il più importante diritto costituzionalmente garantito oggi, portò quella giovane ragazza alle decapitazione. Di Sophie oggi ci ricordiamo il suo coraggio. Le abbiamo reso onore dedicandole qualche scuola. Ma il mondo dal suo gesto non ha poi imparato così tanto. Cristicchi direbbe: “Ma che ci insegna la storia?”. Tali storie veramente non si sarebbero più dovute pensare come ripetibili. Dopo secoli e secoli di atrocità si sperava che la libera manifestazione del pensiero fosse considerata per quello che è, ossia una manifestazione dell’uomo nella società, espressione della bellezza della diversità di idee. Non è così. Fortunatamente non in tutto il pianeta la situazione è così drammatica. Il mondo occidentale sembra aver imparato qualcosa. Il sopra citato indice della libertà di stampa ci dice che l’America del Nord, l’Europa e l’Australia non sono poi messe così male. Anche l’Italia è, tutto sommato, un Paese virtuoso. Ma nel complesso possiamo certamente dire che il diritto di manifestare liberamente le proprie idee è un privilegio per pochi.


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Storia di casa nostra di Waimer Perinelli

SICCONE POLENTON E LA CATINIA

S

iccone è figlio di un capitano di Ventura appartenente alla famiglia dei Rizzi che alla fine del 1200 si trasferì da Padova a Levico in Valsugana. Il padre, Bartolomeo, detto Polenton, figlio di Mancadente, aveva davanti una vita tranquilla, oggi diremmo borghese, con la carriera di notaio da più generazioni appartenente alla famiglia, quando decise di dedicarsi alle armi. Fu condottiero al servizio dei i Visconti, Veneziani, gli Scaligeri, gli imperiali e con tutti si distinse per coraggio e intelligenza tattica, tanto da acquisire il grado di capitano. Due documenti del 1363

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e del 1368, appartenenti all'archivio storico di Borgo Valsugana, testimoniano che Bartolomeo fu in quegli anni al servizio di Siccone, signore di Castelnovo e di Caldonazzo, in onore del quale battezzò con lo stesso nome il diciannovesimo figlio avuto nel 1376 dalla moglie Iacopa. Fatto questo, decise di tornare in Veneto dove aveva combattuto, tra Feltre, Vicenza, Verona e Padova. Siccone, figlio di Bartolomeo, crebbe nella città del Santo affidato per gli studi a Conversino da Ravenna e dedicandosi alla filosofia e ai classici romani, affermandosi con molti studiosi e fra questi Vittorino da Feltre. A lui si deve anche un'ampia digressione sulle presunte ossa ritrovate dello storico padovano Tito Livio ( Patavium 59a.c-17 d.c.) autore fra l'altro dell'opera Ab Urbe Condita nella quale si racconta di Roma, dalla fondazione alla morte di Druso, figliastro di Ottaviano Augusto ucciso in uno scontro con i germani nel 9 d.c. In Veneto, come in Trentino, si distinse ricoprendo importanti incarichi oltre che per alcune opere retoriche quali “Argumenta super aliquot orationibus et invectivis Ciceronis” e altre di carattere religioso come De Confessione. Morì tra i il 1446 e il 1448 e fu sepolto nella chiesa di san Leonardo dove gli venne eretto un monumento dello scultore Pietro Danieletti recante l'iscrizione “ Xiconi Riccio Polentono Tridentino... Philologo erudito qui

primus post renatas litteras latinam comoediam restituit”. Ebbe anche la fortuna di essere fra i primi studiosi le cui opere furono pubblicate con i caratteri della nascente stampa. Fra queste la sua commedia in sette quadri “ Catinia” scritta in latino nel 1419 ed edita nel 1482. Catinia non è come subito pensate il nome di una donna, bensì il titolo dell'opera ispirata da un venditore di catini, non per caso chiamato Catinio, frequentatore ambulante delle fiere stagionali dove arrivava carico di merce. Sicco Polenton la dedicò al nobile Giacomo Peragino della famiglia veneziana Badoer erede da Pietro da Peraga, con il raffinato proposito di criticare quanti, poveri di spirito, pensano solo a mangiare, bere e divertirsi. Nobile intento spiritosamente raccolto dalla compagnia


Storia di casa nostra teatrale Club Armonia di Trento che rappresentò la commedia sia in Trentino che nel Veneto. La commedia ebbe una prima trasposizione dal latino al volgare nel 1482 e in dialetto trentino nel 1980 a cura di Silvio Castelli, drammaturgo e regista del Club Armonia, che la pubblicò in una sua collana e la portò in scena. Io ebbi la fortuna d'incontrare la Catinia, commedia in tre atti, al suo debutto, con attori e capocomico, proprio nel primo allestimento, presso il teatro dell'Oratorio del Duomo di Trento allora sede della storica compagnia, fondata nel 1924 da una costola del Club Mandolinistico. Silvio Castelli era attore e regista, intelligente ed accorto, che godette nell'allestimento di attori, caratteristi indimenticabili, come Lino Lucchi, Giuseppe Agostini, Gaetano Castelli, Maria Pedrolli, Franco Frisanco. La

commedia inserita in un contesto chiamato "La pu bela de tute" vinse il primo premio alla rassegna Sipario d'Oro ideata da Paolo Manfrini. Sicco Rizzi Polenton l'aveva ambientata in un'osteria di Anguillara Veneta, sulle rive dell'Adige al confine fra i territori di Padova e Rovigo. I protagonisti intrecciano un dialogo composto dalle miserie quotidiane di un quattrocentesco villaggio dove la gente è tuttavia dotata di brio non privo di popolare filosofia. La commedia, a metà strada fra la commedia, la farsa e la filosofia, è cronologicamente la prima umanistico- rinascimentale. L' ambientazione è quella campagna pavana dove 500 anni dopo troverà vita il Ruzante personaggio popolare a volte volgare, ideato da Angelo Beolco. Catinia con sottotitolo (bevamo, manzamo, galdemo) tornerà in scena

a Padova nel 1919, in occasione del seicentesimo anniversario dalla prima edizione, come produzione teatrale di Abracalam. Fu un successo.

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Il conflitto Russia - Ucraina di Emanuele Paccher

Cosa sono e che effetto hanno le sanzioni alla Russia?

N

ella notte tra il 23 e il 24 febbraio la Russia ha invaso militarmente l’Ucraina. A ciò è seguita prontamente la condanna di quasi tutta la comunità internazionale. Nell’assemblea generale delle Nazioni Unite 141 Paesi si sono apertamente schierati contro il Governo di Mosca, 35 si sono astenuti e solo 4 si sono schierati a favore. Tuttavia, secondo l’art. 5 del trattato istitutivo della NATO, un intervento armato è possibile solo per proteggere i Paesi facenti parte dell’Alleanza Atlantica, e l’Ucraina non ve ne fa parte. A questa

considerazione si aggiunge il fatto che un intervento militare potrebbe seriamente causare la terza guerra mondiale. La strada prescelta è stata quindi quella, più cauta, delle sanzioni. Ma cosa sono esattamente? Va innanzitutto detto che si tratta di misure molto variegate. Si è partiti con il congelamento dei beni di cinque banche russe e con il blocco delle esportazioni di nuove tecnologie e attrezzature industriali. Poi si è proseguito con l’interruzione di alcuni voli commerciali, con sanzioni personali a deputati e oligarchi, e così via.

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Il conflitto Russia - Ucraina Alle misure economiche si sono aggiunte anche quelle sportive. Molte federazioni internazionali, infatti, hanno deciso di bandire atleti e dirigenti russi dalle manifestazioni sportive. Nel complesso la Russia al giorno d’oggi deve sopportare oltre cinque mila diversi tipi di sanzioni, alcune delle quali, in realtà, sono in vigore dall’annessione della Crimea del 2014. Va segnalato che in meno di un mese il Paese di Putin ha superato il numero di sanzioni di Iran, Siria e Corea del Nord. E quali conseguenze possono avere? Alcuni effetti si possono già osservare. Dall’inizio del conflitto, il rublo è crollato di oltre 1/3 del suo valore. Si stima che in pochi giorni si siano polverizzati circa 30 miliardi di dollari di PIL. Gli obiettivi nel medio – lungo termine sono quelli di far crescere l’inflazione, creare instabilità, malcontento e rotture tra le persone più vicine e fidate di Putin,

al fine di creare un’opposizione interna, e, in generale, di mettere in difficoltà il mondo finanziario russo. Tuttavia va considerato che l’introduzione delle sanzioni verso la Russia potrebbe scatenare una controreazione da parte del Governo di Putin. Il viceministro degli Esteri russo, Sergei Ryabkov, ha infatti dichiarato che la Russia è pronta a bloccare l’export verso i Paesi ostili di circa 200 prodotti. L’Italia ha un grosso bisogno dei prodotti russi: si pensi al petrolio, al gas, all’alluminio, al nickel, al potassio, ai cereali. Anche nella nostra parte di mondo si possono osservare le prime conseguenze indirette della guerra, fra tutte il rincaro del carburante e l’aumento del costo di alcune materie prime, conseguenze che stanno già mettendo in ginocchio numerosi consumatori e numerose imprese.

Insomma, lo strumento delle sanzioni è un’arma a doppio taglio. Da un lato è incontestabile che la Russia rischi seriamente il default. L’Occidente confida che ciò sia sufficiente per fermare l’armata di Putin, volendo evitare a tutti i costi un intervento militare. Dall’altro lato, è evidente che comunque l’introduzione delle sanzioni è un segnale forte di vicinanza all’Ucraina e di condanna dell’azione del Governo russo. E ciò ha conseguenze sugli stessi Stati che hanno introdotto le sanzioni, con conseguenze che si ripercuotono sulle nostre economie.

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Storia di oggi e di ieri di Alvise Tommaseo

EMIGRANTI TORNATI IN PATRIA A COMBATTERE

U

na coppia di giovani entra in armeria tra le province di Treviso e Belluno. Lei ha superato i 30 anni, è una bella ragazza, bionda, spigliata che parla molto bene l’italiano. Lui è più giovane, di circa 23 – 24 anni, piuttosto alto, magro, fisico atletico; mascherina, sciarpa e cappellino con la visiera gli nascondono quasi completamente il volto, si intravedono solo dei capelli lisci e chiari. Sempre silenzioso, non pronuncia mai parola. Entrambi hanno una caratteristica in comune: due bellissimi occhi azzurri. A una precisa domanda dell’armiere circa la loro nazionalità, la donna risponde tranquillamente “siamo ucraini.” Vogliono informazioni per l’acquisto di fucili a pallettoni. Marzo non è periodo di caccia. Il negoziante spiega le caratteristiche delle armi che

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espone nella vetrina blindata, precisa il loro prezzo, ma aggiunge che possono essere acquistate solo da chi è in possesso di regolare porto d’armi rilasciato dalle autorità italiane. Anche i due avventori presenti in quel momento nell’armeria capiscono a cosa servirebbero quei fucili: non certo per sparare a cinghiali e più in generale ad ungulati, ma per fermare gli uomini di Putin. Sicuramente quel giovanissimo ucraino si trovava in Veneto da pochi giorni, molto probabilmente non parlava, né capiva l’italiano. Il suo intento era quello di tornare al più presto in Ucraina armato di fucile di precisione. La ragazza, ascoltate le spiegazioni del titolare del negozio,

dopo avere ringraziato e salutato i presenti, si dirigeva verso l’uscita, sempre seguita dal silenziosissimo connazionale. Ma veniva richiamata da uno dei due avventori il quale, dopo avere manifestato solidarietà alla loro causa, stringeva ad entrambi calorosamente le mani, subito imitato dall’altro cliente lì presente e dall’armiere. Numerosissimi cittadini ucraini, emigrati in svariati Paesi europei, e non solo, hanno lasciato, nel giro di pochissimi giorni, le comode e tranquille città che li ospitavano per raggiungere il suolo natio con l’intento di unirsi alla Resistenza, lasciando famiglia, casa e lavoro. Secondo Reznikov, il ministro della


Storia di oggi e di ieri

Difesa dell’Ucraina, sarebbero 66 mila i cittadini tornati in patria per combattere. Questo fenomeno, forse in parte inaspettato, è stato, in queste terribili giornate, documentato in vari reportage giornalistici, nei quali sono stati ripresi ed intervistati non solo uomini di tutte le età che hanno preso questa decisione, ma anche tantissime donne coraggiose. Fenomeno non nuovo, che ha interessato anche il nostro Paese. Poco più di un secolo fa, anche gli emigrati italiani furono protagonisti di una simile tragica e gloriosa testimonianza. All’indomani del 24 maggio 1915, data dell’ingresso dell’Italia nella Prima Guerra mondiale, moltissimi emigrati che si trovavano nei più disparati Paesi del mondo, la maggior parte nelle Americhe, sentirono forte il richiamo della difesa della Patria e tornarono nella Penisola per combattere gli Austro - Ungarici prima sul Carso, poi sul Piave e sul Grappa. Secondo i dati ufficiali, a compiere questo coraggioso e nobile gesto furono più di trecentomila persone. Erano emigranti della prima, ma anche della seconda generazione, alcuni nati alla fine dell’Ottocento in Argentina, Uruguay, Brasile e Stati Uniti, da

genitori precedentemente approdati dalle più svariate regioni italiane, molti anche dalle province del Veneto e, quindi, dal bellunese. Le cronache dell’epoca raccontano di tanti ragazzi e uomini maturi, che invece, di rimanere tranquilli nei nuovi Paesi ospitanti, preferirono investire i loro pochi risparmi per tornare in patria al fine di arruolarsi e vestire la divisa grigio – verde dell’esercito del loro amato Paese. Tra loro va ricordato il veneziano Cesare Mainella, classe 1885, noto ritrattista e paesaggista della prima metà del ‘900. “Mi imbarcai in un piroscafo a Buenos Aires – ha lasciato scritto nelle sue memorie – erano i primi giorni del dicembre 1915. Sul molo con me una moltitudine di Italiani abbandonava il lavoro ed anche la famiglia per andare a combattere a migliaia di chilometri di distanza.” Tra i tanti va ricordato anche il fante Tommaso Gabrielli, la cui madre originaria del bellunese era arrivata in Brasile alla fine dell’Ottocento. Il ragazzo, dopo la disfatta di Caporetto, lasciò la cittadina sud americana di Belo Horizonte per raggiungere l’Italia ed arruolarsi nell’esercito. Un suo compagno di viaggio tale Piacen-

tino Melosi, nativo di Lucca, a bordo del bastimento, durante la traversata dell’oceano, gli raccontò “cinque anni fa arrivai in America e quando la mia classe fu chiamata alle armi, non essendomi presentato, fui dichiarato disertore. Ma adesso sento il richiamo della Patria e torno. Mio cugino mi ha scritto che posso entrare nella sanità, ma preferisco un’Arma combattente voglio fare il mio dovere, per il mio onore e per quello della mia famiglia.” In Ucraina, come ci raccontano le cronache, la gran parte del popolo è ancora disposta a dare la vita per difendere il proprio Paese. Eloquenti le parole di una coppia di giovanissimi fidanzati ucraini che, fino a metà febbraio, erano studenti universitari I Beatles - da Wikipedia in Italia. Intervistati, nei primi giorni di guerra, a bordo di un treno diretto in Polonia dichiararono “in un giorno non lontano speriamo di avere dei figli e quando saranno cresciuti vogliamo poterli guardare negli occhi senza vergogna. Dovranno sapere che i loro genitori, quando erano poco più che ventenni, non sono fuggiti di fronte all’invasore, ma anzi sono tornati in Ucraina per difendere la loro Patria e con lei i sogni delle future generazioni.”

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Girovagando nell'arte di Alex De Boni

LA MOSTRA "LUIGI CIMA"

I

l 12 marzo scorso è stata inaugurata l’attesissima mostra intitolata “Luigi Cima tra i maestri del vero”, un viaggio itinerante che vede interessate tre località in Sinistra Piave: il Palazzo delle Contesse sito nel centro storico di Mel, la sala Tina Merlin a Trichiana e l’Oratorio parrocchiale di Lentiai. L'evento che si protrarrà fino al 5 giugno, era inizialmente stato programmato per il 2020 per ricordare il 160° della nascita dell’artista, poi rinviato per la causa pandemica. “Crediamo molto in questo evento e siamo molto soddisfatti della formula utilizzata nell’organizzazione, che si caratterizza per una solida base scientifica coniugata con una marcata apertura a tutte le risorse del territorio, in un clima di continua condivisione”, ha sottolineato l’assessora alla cultura di Borgo Valbelluna, Monica Frapporti che ha ringraziato la curatrice Antonella Alban e ArtDolomites con tutto il suo staff, ma anche tutto il mondo del volontariato e le attività commerciali, che hanno risposto con entusiasmo. “Speriamo che un evento

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così diffuso possa aiutare a far capire che la nostra comunità ha grandi potenzialità, ma se ne vedranno i frutti solo se sapremo unire le forze». La mostra “Luigi Cima tra i maestri del vero”, con l’esposizione delle opere al Palazzo delle Contesse di Mel, proietta il visitatore alla scoperta del percorso artistico intrapreso dal Cima che si formò alla scuola dei maestri dell’Accademia a Venezia e fu a contatto con i movimenti artistici europei. Inoltre si potranno cogliere anche gli aspetti più personali, più intimi dell’artista e calarsi nella realtà culturale del suo tempo. Un viaggio a ritroso fino al presente grazie agli scatti fotografici di Walter Argenta e Dario Tonet che hanno saputo cogliere le atmosfere paesaggistiche fonte di ispirazione per l’artista presenti nell’esposizione in Sala Tina Merlin a Trichiana. Un altro aspetto poco conosciuto di Luigi Cima è rappresentato dalla produzione dei ritratti e del sacro che è presente a Lentiai. Per il critico d’arte Antonella Alban, sono «due risvolti di un mondo immaginativo fatto di cose semplici, di famiglia, di legami affettivi e interiori sicuramente importanti per comprendere appieno anche l’aspetto umano e personale del maestro. Si tratta infatti di una pittura apprezzata per le atmosfere suggerite da improvvise vibrazioni di luce, per la serenità mai enfatizzata dei personaggi, per la suggestione dei toni cromatici. L’artista ha eliminato i risvolti retorici per concentrarsi su una dimensione di presa diretta, senza filtri intellettuali e ci colpisce la naturalezza con cui si muovono i

personaggi, la gestualità composta delle azioni, l’intensità degli sguardi». L’evento è anche l’occasione per conoscere il territorio di Borgo Valbelluna a 360 gradi, il medesimo in cui ha vissuto l’artista Zumellese, quel territorio immortalato ad eterna memoria per noi posteri nelle sue opere. Un territorio che negli anni è mutato, a volte in maniera imprevedibile, spesso per mano dell'uomo, a volte per mano della Natura stessa. Un territorio che in alcune zone e in un certo modo ha però conservato quel fascino

bucolico di quasi un secolo fa. Un territorio nuovo ma incredibilmente antico, tutto da scoprire, lontano dalla calca, immerso nella natura e nell'arte. Orari:venerdì 15.00-19.00; sabato, domenica e festivi 9.00 - 12.00 e dalle 15.00 -19.00 Sedi espositive: PALAZZO DELLE CONTESSE – Piazza Papa Luciani, Mel di Borgo Valbelluna SALA TINA MERLIN – Piazza Toni Merlin, Trichiana di Borgo Valbelluna NUOVO ORATORIO – via Toni Piccolotto, Lentiai di Borgo Valbelluna Per informazioni: cima2022@artdolomites. it – TEL: 3290706878



Il turismo di montagna e l'impatto del Covid-19 di Elisa Rodari

Due realtà a confronto

Faloria Cortina_d'Ampezzo- foto Kallerna da Wikipedia

A

due anni di distanza dal primo lockdown e dagli effetti provocati da quella che conosciamo come pandemia da Covid-19, molteplici sono le aree che il virus è andato a colpire: parliamo di vita quotidiana, attività commerciali e interi settori produttivi ed economici. Come conseguenza diretta del diffondersi di questo nemico invisibile, abbiamo dovuto tutti rinunciare alle nostre libertà tra cui gli spostamenti e quindi a viaggiare. Il turismo, in questi due anni, è stato il settore maggiormente colpito dall’impatto del Covid-19, per via delle continue limitazioni e restrizioni imposte. Andando ad investigare da vicino le dinamiche che hanno interessato il settore turistico, abbiamo orientato la nostra attenzione verso il turismo di montagna. Abbiamo selezionato due realtà montane, per coglierne similarità, diversità e peculiarità in questi ultimi due anni di pandemia. In particolare, per le due destinazioni identificate,

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Primiero San Martino di Castrozza e Cortina D’Ampezzo, abbiamo rivolto una serie di domande ad un gruppo eterogeneo di soggetti, con l’obiettivo finale di ottenere un quadro generale di quella che è stata la situazione pandemica che le due destinazioni hanno dovuto affrontare, sempre dal punto di vista della gestione del turismo. Dopo poco tempo dalla comparsa del virus e la necessità sempre più imminente d’imporre un lockdown per arginare l’avanzata del virus, le destinazioni turistiche si sono trovate ben presto senza turisti, dovendo fronteggiare una situazione mai vissuta prima. La prontezza nel reagire da parte dei soggetti coinvolti nell’organizzazione turistica del territorio è stato l’elemento fondamentale per far sì che l’inizio della pandemia non fosse la fine per il settore turistico, ma piuttosto un nuovo inizio, anzi un nuovo modo di concepire questo settore. Il periodo del lockdown da marzo a

maggio 2020 è stato fondamentale per ripensare a quelle dinamiche che con l’avvento della pandemia non potevano più esistere. Nel contesto di Primiero San Martino di Castrozza, l’APT (azienda di promozione turistica) è stata il soggetto cardine, in quanto tramite la sua attività di coordinamento e supervisione, ha permesso la creazione di una rete di collaborazione tra diversi soggetti presenti sul territorio. Innanzitutto, l’APT stessa ha dovuto rimodulare la sua attività come ad esempio il suo “calendario eventi”, chiamandolo “calendario appuntamenti”, dato che a seguito delle restrizioni diventò sempre più difficile se non impossibile organizzare eventi con numeri elevanti di partecipanti. Per questo motivo venne scelta la parola “appuntamenti”: questi infatti prevedevano un numero limitato di partecipanti ma venivano riproposti più volte al giorno se non più volte alla settimana per permetterne la fruizione


Il turismo di montagna e l'impatto del Covid-19 ad un numero più ampio possibile di persone. In altri casi come nell’ambito Cortina d’Ampezzo, gli eventi sono stati trasformati, rendendoli fruibili solo online come è stato per il Fashion Weekend organizzato a dicembre 2020, riscontrando un ottimo livello di partecipazione da parte del pubblico. In generale, i soggetti intervistati di entrambe le destinazioni hanno puntato a proporre una vacanza attiva nella natura, con la possibilità di svolgere attività all’aperto come trekking, mountain bike e passeggiate, sempre evitando la creazione di assembramenti. Dopo mesi rinchiusi in casa a seguito del periodo del lockdown 2020, lo

stesso turista ha cercato fin da subito spazi ampi all’aria aperta dove poter trascorrere la propria vacanza e in questo la montagna ha saputo offrire la giusta combinazione di elementi. Il turismo internazionale nel 2020 è stato invece del tutto cancellato per poi tornare timidamente in crescita nell’estate 2021. Pertanto tutti, dagli albergatori, agli enti del territorio fino ai responsabili del turismo come l’APT si sono rivolti soprattutto a turisti italiani, spesso di prossimità per via delle limitazioni vigenti sugli spostamenti. Il Direttore del Parco Naturale Regionale delle Dolomiti d’Ampezzo ha inoltre segnalato un vero e proprio assalto

alla montagna, dettato dall’uso quasi spropositato dei mezzi propri, creando anche livelli elevati di inquinamento, e da comportamenti poco rispettosi nei confronti del fragile ecosistema alpino. Gli albergatori invece hanno dovuto investire molto in cartellonistica, formazione del personale, riorganizzazione degli spazi interni delle proprie strutture e in criteri di pulizia elevati. Insomma, la pandemia ha permesso di apportare modifiche al settore turistico, spesso innovative, che hanno saputo catturare la curiosità del turista. Ciò che invece la pandemia non ha cambiato è la montagna stessa, un ambiente unico da preservare e tutelare.

Inizia con questo numero la collaborazione della dott.ssa Elisa Rodari. Dopo la Laurea Triennale in Lingue moderne - percorso per l'intermediazione turistica e d'impresa all'Universita di Trento, ha conseguito anche la Laurea Magistrale, sempre a Trento in Mediazione linguistica, turismo e culture. La dott.ssa Rodari, che parla tre lingue, curerà alcune particolari rubriche quali...”Curiosita' dal mondo”, “Girovagando” e “Lo sapevate che”. Alla dott.ssa Rodari i nostri migliori auguri di buon lavoro.

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Interviste impossibili di Waimer Perinelli

GIULIO CESARE...

LO SPIETATO IMPERIALISTA

È

una bella giornata di marzo. A Roma è noto che la natura si sveglia presto dall'inverno che non è mai troppo rigido e i colli sono di un bel colore verde punteggiato di cespugli di biancospino. Siamo alle Idi, il giorno 15 del mese. Gaio Giulio Cesare indossa la tunica per recarsi in Senato dove l'attendono incontri con postulanti e clienti. Una giornata ordinaria. Sono nell'atrium della domus in compagnia di Calpurnia, la terza moglie, ed il console Decimo Giunio Bruto Albino. Io sono Spurinna, un auspice che gode di buona stampa. Calpurnia mi ha chiamato. "Ho fatto un brutto sogno, dice. Nel sonno la casa mi è crollata addosso e io tenevo tra le braccia Cesare, morente"

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Calpurnia ha fama di donna tutt'altro che superstiziosa ma sembra terrorizzata. Lei non è superstiziosa ma la superstizione è il mio lavoro: sventro animali per trarre auspici. Gaio Giulio Cesare non è superstizioso ma quando ha forti dubbi mi consulta e io cerco sempre la risposta che gli fa comodo. Proprio ieri Artemidoro di Cnido gli ha predetto la morte alle Idi di Marzo. Ci sono a Roma dei rumors, dei pettegolezzi, un po' di invidia ed astio perché Cesare è ormai dittatore a vita e qualcuno dice, a mezza voce, che voglia farsi proclamare re. Per tre Volte Marco Antonio gli ha offerto la corona e per tre volte Cesare ha rifiutato. Ma..... le chiacchere portano in molti casi a fatti tragici e Calpurnia ed io, sappiamo

che Cesare è in pericolo. Pochi giorni fa, all'inizio di marzo, c'erano stati cattivi presagi. Il più impressionante fu opera dello stesso Cesare che mentre compiva un sacrificio non riuscì a trovare il cuore della vittima. Uscendo dallo studio diretto al Senato mi si fermò accanto: "Tu credi alle paure delle donne? mi disse. "Io credo a quello che vedo" E cosa vedi? Nulla che non possa vedere anche tu. Oggi diventerai re, ma i nemici sono tanti. Ne ho uccisi più di un milione, in Gallia, al di qua e al di là del Reno, in Britannia, in Grecia ed Egitto. Volevi essere re? No, volevo Roma libera, sicura e grande. Questa la mia ambizione.


Interviste impossibili Quanto vale l'ambizione? Tutta una vita. Se hai un sogno gli sacrifichi tutto. A proposito di sogni, Calpurnia ne ha fatto uno terribile. Anch'io ho sognato: mi libravo nell'etere e volando sopra le nuvole, ho dato la mano a Giove. Non solo sogni ma anche predizioni. Artemidoro di Chino, l'indovino, ti ha detto che morirai alle Idi di Marzo, e questo è il giorno. Ogni giorno è buono per morire. Proprio ieri sera, tu lo sai perché c'eri, al banchetto mi hanno chiesto che morte avrei voluto avere e ho risposto, qualsiasi purché sia diversa dall'agonia della vecchiaia. Quale morte ti ha maggiormente colpito? I morti sono tutti uguali. Quando ero sulle palizzate di Alesia ho visto morire di fame e sete centinaia di donne a bambini che Vercingetorige, il condottiero dei Galli, aveva fatto uscire dal suo forte assediato e io non avevo fatto entrare nel mio. Lui aveva finito i viveri e voleva liberarsi delle bocche inutili, io avevo cibo solo per i soldati. Io stesso ero assediato, e poi, erano solo barbari. Fra i romani quale morte ti ha impressionato? Sicuramente Gneo Pompeo, un vero grande condottiero, l'unico che a Roma poteva fermarmi. Siamo stati parenti, amici e poi l'ambizione sua e di molti

senatori ne fece un avversario. Ero veramente furioso quando gli assassini al servizio di Tolomeo, mi consegnarono la sua testa. Non meritava di essere ucciso a tradimento da romani che considerava amici e invece erano al soldo del faraone. Il tradimento: questo io odio. I tuoi nemici temono la fine per la Repubblica di Roma. I nemici della Repubblica sono loro che non capiscono che essa è già morta, che il Senato non ha più un vero scopo se non quello di garantire loro una poltrona con vantaggi e onori. Gente che senza scranno non saprebbe di che vivere. Non ti seccava essere deriso dai legionari che ai tuoi trionfi cantano: Cesare ha sottomesso il Mondo, Mitridate di Bitinia ha messo sotto Cesare. I legionari sono uomini duri. Achille amava Patroclo io ho amo solo Roma. Calpurnia si era avvicinata e pregava, ancora una volta, Cesare di non andare in Senato. Cesare era quasi convinto perché aveva un leggero malessere, ma Bruto Albino lo spronò ed egli si s'avviò. Giunto in prossimità del Foro di Pompeo, Cesare vide Artimidoro. Vedi caro amico, gli dice, sono le Idi di Marzo ed io sono ancora qui. E' vero , risponde il filosofo, ma il giorno è solo all'inizio, e gli consegna un messaggio che Cesare, nella calca, non legge. Contiene i termini di una

congiura e i nomi dei congiurati.Cesare entra e si avvicina alla statua di Pompeo. Lì sotto colui che fu ucciso da traditori, Cesare viene pugnalato a morte. Ho cercato di proteggerlo ma sono stato subito ferito. Cadendo accanto a lui l' ho sentito chiaramente esclamare in greco Kai su teknòn (Anche tu figlio). L'ultimo respiro per il figlio,il più amato dei traditori. Gli storici Appiano, Svetonio e Plutarco non ci sono più: io si!

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Limana in cronaca di Alex De Boni

Una nuova strada per la comunità

I

l comune di Limana renderà accessibili i boschi siti nelle aree più in quota del comune con un investimento di 375 mila euro che sarà finalizzata alla realizzazione di una nuona strada silviopastorale. Dopo aver portato a casa nei giorni scorsi un contributo di 44.000€ per interventi di ripristino dei boschi schiantati dalla tempesta Vaia, l'amministrazione De Zanet ha raggiunto un altro importante traguardo ottenendo un finanziamento di ben 200.000,00€ a valere sul Piano di Sviluppo Rurale della Regione del Veneto nell’ambito della misura per la creazione ed il potenziamento di infrastrutture viarie silvopastorali per la quale la scorsa estate la Giunta Regionale aveva aperto un apposito bando di gara. “Da tempo”, afferma il Sindaco“, l’Amministrazione ragionava su come raggiungere con un’idonea viabilità le zone del Monte Cor e del Col delle Poiatte, sul crinale prealpino al confine con il Comune di Revine Lago, dove detiene vaste peccete.” L’occasione si è presentata con un bando regionale, ma l’individuazione della soluzione non è stata affatto semplice. “Ci siamo subito rivolti ad un professionista, il Dott. Forestale Luca Soccal,” prosegue il Sindaco De Zanet “con il quale abbiamo

inizialmente esplorato la possibilità di raggiungere Malga Cor da Malga Van attraverso Valle Cor, dove prima di Vaia si sviluppava uno dei più bei sentieri del crinale ancor oggi impercorribile per la presenza di schianti su terreni comunali e privati il cui recupero è estremamente complesso. La costruzione della strada in quella zona tuttavia si è rivelata tecnicamente incompatibile ai criteri strutturali imposti dal bando”. Il Comune ha lcambiato decisamente progetto prevedendo di costruire una strada silvopastorale per il passaggio in sicurezza di mezzi pesanti a pieno carico, mezzi di vigilanza, di soccorso e antincendio nonché per fornire servizio ai turisti che percorrono la zona. La strada avrà uno sviluppo lineare di 1345,75m; partirà dalle prossimità del Monte Frascon, in Comune di Revine Lago, ad una quota di 1.200m s.l.m. collegandosi all’esistente strada silvopastorale del Troi dei Cavai che sale da Montegal e penetrerà nei boschi del Comune di Limana fino alla quota di 1.252m s.l.m. “Per ora si tratterà di una strada a fondo cieco” spiega ancora De Zanet. “L’opera infatti costituisce già in questo stadio un investimento di 371.618,92€ di cui 263.883,00€ di lavori. L’ambizione di

raggiungere Malga Cor (collegandoci alla viabilità esistente che sale dalla strada che da Vittorio Veneto porta alla cima del Col Visentin) rimane, ma per ora è un traguardo economicamente al di fuori della nostra portata. Tuttavia già con questo primo intervento riusciremo a servire ampie porzioni del bosco comunale sulle quali urgono interventi colturali e prelievi rimaste finora irraggiungibili ed intonse rendendo semplice e veloce il prelievo anche di masse di legname consistenti che aumenteranno di per sé il proprio valore. Un ringraziamento particolare” conclude De Zanet, “va in primis ai proprietari dei terreni privati che verranno attraversati dalla strada che ci hanno accordato il permesso di realizzare l’opera nelle loro proprietà senza alcun onere per il Comune; quindi al Comune di Revine Lago e all’U.M Valbelluna per la collaborazione, al progettista, il dott. Luca Soccal, all’Ufficio Tecnico Comunale nelle persone dell’ing. Ardillo e dell’Arch. Baruffolo, alla guardia boschiva ed agli uffici comunali, e alla Regione del Veneto con le proprie strutture per aver creduto in questa progettualità”.

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L'arte contemporanea in controluce di Eleonora Mezzanotte

Art in nature, quando l’arte ritorna alla natura

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a notizia del maestoso Drago Vaia, opera lignea dell’artista veneto Marco Martalar, ha fatto il giro del web e non solo. Le immagini suggestive e splendide di questa creatura mitologica avvolta dalla nebbia, coperta da una candida coltre di neve o immersa nello spettacolare paesaggio soleggiato di Magrè hanno riscosso un interesse particolare e diffuso, attirando sull’Alpe Cimbra un gran numero di visitatori incuriositi. Un’opera che nasce dall’intento nobile del suo artefice di ridare vita al legno recuperato dagli arbusti abbattuti dalla furia della tempesta Vaia, che si scagliò disastrosamente sui boschi del Triveneto nell’ottobre del 2018. Duemila scarti di arbusti e tremila viti, due mesi di incessante lavoro tra ottobre e novembre dello scorso anno per creare il drago ligneo più grande d’Europa. Arte che nasce dalla natura, che nobilita un materiale tanto

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comune quanto prezioso come il legno, che sorge sulle ceneri di un disastro ambientale per dare forma e contenuto ad un gesto, ad un’intenzione artistica. Drago Vaia appartiene a quel filone dell’arte contemporanea che prende il nome di Art in Nature e che nasce sul finire degli anni Sessanta in Europa dagli impulsi della Land Art americana. Le opere d’arte che si riconoscono sotto quest’insegna sono, proprio come Drago Vaia, opere che instaurano con il luogo in cui sono inserite un dialogo simbiotico e armonico; prendono dal sito i materiali per la loro realizzazione e si accomodano con garbo e discrezione nello scenario naturale di cui sono come un prolungamento. La bellezza delle opere di Art in Nature non risiede soltanto nel valore estetico del risultato finale a cui pervengono, ma nello scopo non dichiarato di far torna-

re alla natura ciò che è nato grazie a lei. I lavori plasmati dal genio creativo e dalla manualità di questi artisti, infatti, non hanno ambizione di vita eterna, ma considerano il tempo, le condizioni atmosferiche e ambientali variabili strettamente connesse al modificarsi dell’opera. Gli artisti impiegano materiali recuperati dal luogo, entrano in contatto con i ritmi della natura, ne rispettano gli equilibri, in uno scambio reciproco di azioni, movimenti, sguardi. La natura che fornisce l’idea, la materia prima e lo sfondo, l’artista che dona alla natura il frutto del suo lavoro, fatto di pazienza, concentrazione, rispetto. Con questi presupposti e sotto questi auspici è nata l’avventura di Arte Sella nel 1986, parco d’arte contemporanea tra i più conosciuti e apprezzati a livello internazionale. L’idea di tre amici, Emanuele Montibeller, Enrico Ferrai e Charlotte Strobele fu foriera di fortunati risvolti nell’ambito dell’Art in Nature, non solo in Trentino ma anche in Italia e in Europa. L’approccio europeo alla natura, soprattutto a partire dalla seconda metà del secolo scorso, ha risentito molto delle teorie ecologiste e della lotta ai cambiamenti climatici, tanto che pure


L'arte contemporanea in controluce l’arte diventa uno strumento attraverso il quale sublimare un rousseauiano ritorno alla natura. La Land Art americana, di cui si è accennato sopra, prevedeva opere immense di distruzione o parziale modificazione dell’ambiente originario, dove si legittimava l’uso di dinamite, bulldozer ed escavatori per realizzare interventi di dimensioni e costi spropositati. Tuttavia, i risultati raggiunti dagli esponenti della Land Art americana non trovarono in Europa il giusto terreno d’approdo per proseguire nei loro intenti. Per citare un esempio, si pensi alla celebre Spiral Jetty di Robert Smithson del 1970, per cui si trasportarono quasi settemila tonnellate di terra e basalto dalla spiaggia alla

riva del Great Salt Lake nello Utah per creare l’iconica forma a spirale. Il vecchio continente conservava e conserva tutt’ora un rapporto diverso con la natura e con il paesaggio, inteso come territorio e manifestazione dell’incontro tra l’uomo e l’ambiente. È chiaro che per gli europei il paesaggio ha una valenza culturale molto

più ampia; per secoli è stato luogo di incontro, terreno di battaglia, celebrato e dissacrato, venerato e profanato. I presupposti della Land Art in Europa non si sarebbero potuti realizzare parimenti che dall’altra parte dell’Atlantico: estesi luoghi incontaminati e intatti, con i quali non vi era alcun legame storico che ne conferisse un’aura di spiritualità e intoccabilità, erano a libera disposizione degli artisti americani che ne fecero gli scenari per le proprie performances artistiche su vasta scala. Gli europei non accolsero le modalità di “sfregio” al territorio legittimate dalla Land Art. In Europa la natura integra e inviolata delle grandi distese desertiche

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Personaggi e territorio di casa nostra di Alice Vettorata

Giovanni da Vidor

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ontinuiamo a passeggiare nella parte storica del centro di Feltre tenendo come punto di riferimento Piazza Maggiore, citata negli altri episodi della rubrica. Questa volta però, cambiamo rotta. Anziché dirigerci verso Port’Oria percorrendo via Luzzo, ora nota, proseguiamo nella direzione opposta imboccando via Paradiso. Questa via, sulla quale sorgono il Museo Diocesano e la Galleria di Arte Moderna dedicata all’artista Carlo Rizzarda, ha una strada parallela visibile dal piccolo piazzale intitolato al battaglione alpini. Da questo punto si può scorgere la salita protagonista di questo articolo, la via Giovanni da Vidor. È situata in uno dei punti più panoramici e suggestivi di Feltre ed è accomunata ad un’altra salita molto nota presente in zona. Parliamo di quella ristrutturata nel corso del 1800 dall’architetto feltrino Giuseppe Segusini che conduce al santuario di SS. Vittore e Corona, sul monte Miesna. Un aspetto che verrà approfondito più avanti nel corso di questo articolo, ma ora andiamo per gradi. Chi è stato Giovanni da Vidor? Quali aspetti lo legano al nostro territorio tanto da onorarlo con la denominazione di un’arteria della città? Giovanni da Vidor de Cattanei fu un

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crociato di spicco vissuto tra l’XI e il XII secolo. Probabilmente fu il componente più celebre della famiglia da Vidor. Gli vengono infatti attribuite diverse valorose imprese, tanto che si è giunti a ipotizzare che potrebbero essere state personalità differenti a compiere tutte le gesta raccontate. Si narra di lui, o loro, in quanto celebre feudatario reduce dalla prima crociata (1096-1099). Al ritorno da quest’ultima si promise di rendere la sua città natale, Vidor, un fulcro di sviluppo, capace di influire su tutto il territorio circostante. Iniziò così a fare delle donazioni a favore della realizzazione diverse chiese sparse nel Veneto, come ad esempio, tra le altre, l'abbazia di S. Bona che fondò a Vidor nel 1107. La prima crociata alla quale partecipò è uno snodo rilevante anche per la storia inerente alla nostra provincia. Durante il corso della Crociata in Terra Santa, oltre a recuperare le reliquie di Santa Bona e portarle a Vidor, si narra che rinvenne anche quelle dei Santi Vittore e Corona. È doveroso sottolineare che, come è possibile constatare studiando la letteratura che si basa sull’agiografia, le storie che celebrano le vite dei martiri sono molto spesso discordanti o non verificabili. Una delle versioni che ha a che fare con i

due Santi prevede la presenza di Giovanni da Vidor come colui che recuperò le reliquie decidendo di far costruire a partire dal 1096 un sito apposito dedicato alla loro conservazione. Nella chiesa presente in questo complesso, sopra la porta della sagrestia è situato un sarcofago in stile bizantino, nel quale sono preservate le spoglie del fondatore della struttura. Il testo epigrafico posto ai piedi della tomba di da Vidor, recita: “Nel 1096 Giovanni, padre di Arpone, fonda su uno sperone roccioso sul monte Miesna l’aula di San Vittore e Corona e il figlio, quale segno di devozione in vista della sua partenza in crociata o per il transito a miglior vita, lo affida ai Martiri Feltrini, le cui reliquie erano giunte miracolosamente nel sito”. Per un fedele in pellegrinaggio, ma anche per il visitatore, il fulcro del sito è il martyrium, dove si colloca l’arca in stile romanico contenente le reliquie dei martiri Vittore e Corona. A circondare il punto nevralgico della struttura è stato realizzato un loggiato affrescato, contenente alcuni riferimenti alla provenienza orientale dei Santi, divulgando così il valore della vicinanza tra i popoli. Altri punti d’interesse che sono stati aggiunti in un secondo momento sono il convento e il chiostro, quest’ultimo nel 1495, curato inizialmente dai padri fiesolani, poi dai Somaschi e dai Francescani, nell'‘800. In questo spazio vengono raccontate la storia della nascita del santuario e della città di Feltre mediante un ulteriore ciclo di affreschi. Nel sito dei SS. Vittore e Corona è quindi possibile rilevare alcune tracce del passaggio di Giovanni da Vidor nel territorio bellunese. Che si tratti di una sovrapposizione di identità o che sia stato un solo uomo, ciò che è rilevante in questo contesto è che, il Giovanni da Vidor legato con certezza a Feltre è colui che ha contribuito alla realizzazione del santuario intitolato ai patroni della città di Feltre, divenendone un simbolo.


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centro moderno e dinamico lungo la valle del Piave.

a collocazione baricentrica rispetto all'asse della Valbelluna e ai due centri principali di Belluno e Feltre e un notevole sviluppo industriale ed economico hanno fatto di Sedico, in particolar modo negli ultimi 30 anni, una delle cittadine più dinamiche della provincia di Belluno e non solo. Lo testimonia, un dato per tutti, il forte incremento demografico che – contrariamente a quanto avviene in gran parte del Bellunese – ha visto la popolazione residente crescere in maniera significativa sino a superare di slancio le 10.000 unità; Sedico è così oggi, per numero di abitanti, il terzo Comune della provincia di Belluno. Una crescita andata di pari passo con la forte espansione economica che ha interessato varie zone commerciali, artigianali ed industriali del territorio grazie allo spirito

imprenditoriale che contraddistingue molti nuclei della zona e che ha avuto la sua punta di diamante, in tempi relativamente recenti, nell'imponente investimento di Luxottica; qui il colosso mondiale dell'occhialeria con matrice ancora fortemente bellunese ha insediato il proprio principale polo logistico. Una presenza, quella di Luxottica, che con la sua significativa offerta di lavoro, ha rappresentato un vero e proprio acceleratore nello sviluppo demografico e non solo di tutto il comprensorio. Sedico non tradisce però, ancor oggi, le sue origini, legate alla coltivazione della terra e alla presenza diffusa su un territorio costellato di frazioni che spaziano dall'uscita della valle agordina sino al fiume Piave e al suo incrocio con il torrente Cordevole. Qui le piccole comunità locali, custodi del patrimo-

nio di tradizioni storiche e culturali, sono in molti casi ancora estremamente vivaci. Ne sono testimonianza le molte iniziative e manifestazioni, alcune delle quali (prima delle inevitabili restrizioni dovute alla pandemia) hanno fatto conoscere e apprezzare Sedico negli anni anche ben oltre i propri confini comunali: dal coloratissimo Carnevale alla frequentatissima “Sagra dei Per”, solo per citarne un paio. Sedico custodisce però a beneficio di residenti e visitatori, anche alcune vestigia del proprio passato più remoto: è il caso della fortificazione presente in località Noal, dove il parco archeologico realizzato attorno al Castelliere racconta di una presenza antropica risalente a oltre 3.000 anni fa... una sorta di vedetta ideale su tutta la comunità locale, sul suo passato e sul suo futuro.

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realtà dinamica e produttiva Nostra intervista al primo cittadino Stefano Deon Sindaco, come ha vissuto il comune di Sedico la difficile crisi socio economica determinata dalla pandemia Covid. La pandemia ha pesantemente condizionato la vita di tutti noi, ha reso difficile il vivere quotidiano ed ha minato alcune certezze che credevamo consolidate. La presenza di un tessuto economico sano e molto sviluppato, ha sicuramente aiutato a superare i momenti più difficili, molte aziende infatti, nonostante il momento di forte difficoltà hanno tenuto duro e con impegno e sacrificio sono riuscite ad andare avanti garantendo buoni livelli di occupazione. L’Amministrazione Comunale ha fatto la sua parte, mettendo in campo aiuti concreti alle famiglie ed alle attività economiche in difficoltà. Tutto questo ha contribuito alla tenuta del tessuto sociale. Purtroppo dopo due anni così difficili non ci voleva la guerra in corso tra Russia e Ucraina. Potrebbe significarci quali progetti di sviluppo sociale sta attuando o pensa di attuare la giunta comunale da Lei presieduta? La pandemia ci sta insegnando quanto sia difficile dare risposte ai problemi di salute e di assistenza delle persone più fragili. Per questo come amministrazione stiamo lavorando per riorganizzare e potenziare i servizi sociali per essere sempre più vicini ai bisogni dei cittadini, ai problemi delle persone sole anziane ma autosufficienti, delle famiglie in difficoltà nel trovare casa. Costruiremo infatti un nuovo edificio in prossimità del centro servizi alla persona anziana dove troveranno posto una serie di servizi (ambulatori per i medici di base, infermiere di comunità, supporto psicologico per i casi di demenza, servizi domiciliari).


SPECIALE SEDICO Questa operazione consentirà una maggiore integrazione tra i processi sanitari e socioassistenziali, realizzeremo una vera e propria centrale operativa dei servizi sociali. Il progetto prevede anche di realizzare alloggi di housing sociale e cohousing per anziani. Questi contribuiranno a dare risposte ad una fascia importante della popolazione, soprattutto anziana che potrà vivere ed invecchiare senza essere sradicaticata dalla propria comunità, in un ambiente dove ci sarà il giusto mix tra spazi privati e comuni dove coltivare comunque la socialità. In questi ultimi anni Sedico, da centro agricolo-commerciale è diventato una vera realtà industriale. Quali le motivazioni? Sedico è sempre stata una realtà molto dinamica dal punto di vista produttivo. In passato era molto sviluppato il comparto artigianale, soprattutto nel campo della lavorazione del legno. Grazie alla posizione favorevole all’interno del contesto provinciale, crocevia di importanti vie di comunicazione, ha attratto nel tempo importanti realtà industriali che hanno trovato un ambiente molto favorevole per insediarsi. Le amministrazioni comunali che si sono succedute hanno sempre avuto particolare attenzione nei confronti del tessuto imprenditoriale, creando le condizioni ideali per fare impresa a Sedico. E come sta di salute il turismo che indubbiamente, in questi anni Covid è stato penalizzato? Sicuramente il turismo come anche altri settori economici è stato fortemente penalizzato dalla pandemia. L’auspicio è che il 2022 sia veramente l’anno della ripartenza e dall’uscita dal tunnel e che quindi anche questo settore possa riprendersi, rivedendo magari alcuni paradigmi e puntando di più sulla sostenibilità e su attività maggiormente compatibili con l’ambiente. In questi anni in Provincia si stanno investendo parecchi soldi per cercare di migliorare l’offerta turistica, mi riferisco ad esempio al progetto di sviluppo della rete ciclabile, investimenti che mi auguro servano da stimolo per i privati ad investire per moltiplicare i benefici che il denaro pubblico può portare. Spero che anche nel mio Comune, che non ha una vocazione prettamente turistica, in quanto basa la sua economia prevalentemente sull’industria manifatturiera, si possa sviluppare un tessuto imprenditoriale, soprattutto formato da giovani, che veda nel turismo sostenibile una risorsa per preservare e valorizzare il territorio.

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LA PROLOCO DI SEDICO “Siamo gente dalla testa dura”, solo così Claudio Mezzavilla presidente della Proloco di Sèdico, spiega la tenacia e costanza con la quale i cittadini di questa comunità hanno resistito alla pandemia da Covid. “Era il febbraio del 2020 e avevamo appena sfilato per il carnevale lungo le vie di Belluno, racconta Mezzavilla, quando il presidente Luca Zaia, ha ordinato la sospensione immediata di ogni manifestazione pubblica causa Covid”. Il carnevale per Sèdico è una tradizione antica che coinvolge i diecimila abitanti e altri dei vicini paesi. Ci sono l'elezione dei signori, le offerte gastronomiche, la sfilata in costume e con i carri. Tutto perso anche nel 2021 ma nulla è perduto quest'anno quando, dice Mezzavilla, “ sfideremo la fortuna organizzando il carnevale per il 14 maggio. Lo abbiniamo all'altra grande Festa di Primavera, annullata lo scorso anno causa pandemia, ma ora in calendario per domenica 15 maggio”. Presidente della Proloco da sette anni, Claudio Mezzavilla, 64 anni, può vantare un'associazione composta da oltre duecento volontari, impegnati nell'allestimento di altre feste importanti. “ Lo scorso anno, dice, siamo riusciti a programmare cinque appuntamenti cinematografici estivi, due per ragazzi e tre per tutti e a fine settembre abbiamo aperto la fiera, mostra mercato, d'autunno

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con, unici in Italia, la mostra dei cavalli grazie alla quale con la presenza di una quarantina di animali, ci siam o guadagnati l'appellativo di Piccola Verona, la città dove si volge una delle fiere più importanti degli equini”. E' stato un grosso impegno organizzativo ed economico perché i cavalli vanno accuditi, nutriti, ospitati in appositi box. “ Ma, dice Mezzavilla, è stato un bel successo, che speriamo di ripetere quest'anno, con la presenza di diecimila persone. Il numero per le prima volta è certo perché nessuno degli ospiti è sfuggito al controllo anti covid: temperatura, green pass...” Ai successi la Proloco di Sèdico è abituata. Con una sola impiegata a tempo pieno e tanti volontari, riesce a gestire per conto della Provincia di Belluno, anche la villa De Manzoni, un complesso della fine del Settecento ricco di dipinti ed affreschi. La villa viene affittata per cerimonie particolari, matrimoni, convegni, riunioni. La stessa struttura ospita il museo del Settimo Alpini, gestito dalle stesse penne nere e gli uffici di Veneto strade. Ricche le offerte per i turisti. La Proloco organizza le visite guidate ai dipinti

murales di Prapavei e Boscon, le passeggiate lungo le antiche rogge del torrente Cordevole, le visite al sito archeologico di Noal. Tanti impegni ma anche molte soddisfazioni. Un solo cruccio, la burocrazia: ” Avremmo bisogno di meno scartoffie, dice Mezzavilla, per fare una sagra ci vuole un sacco di carte, da paura; tante associazioni hanno abbandonato per questo gli impegni. Noi resistiamo perché siamo un po' testardi e, piano piano, andiamo avanti.”


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Lo sport veneto in cronaca di Alex De Boni

Belluno, CAMPIONE d'ITALIA

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elluno torna ad essere campione d'Italia del Broomball. E' il 4° scudetto per la formazione guidata da mister Kupec che in un intensa finale giocata al palaghiaccio di Feltre supera ai rigori la squadra bolzanina dell'Egna. Il broomball (letteralmente "palla-scopa") è uno sport di squadra giocato su una superficie ghiacciata dove le due formazioni composte da sei giocatori ciascuna, utilizzando una speciale scopa, si affrontano cercando di segnare il punto nella porta avversaria. Gli incontri durano due tempi di 20 minuti ciascuno. Chiamato in alternativa "scopone" dai poco avvezzi ai termini inglesi. I giocatori oltre alla scopa sono dotati di parastinchi e altre protezioni idonee a ridurre i danni dalle inevitabili cadute sulla superficie dura del campo. In particolar modo le scarpe, che sostituiscono i pattini dell'hockey, devono garantire una buona presa per gli scatti e le frenate. L'abilità dei giocatori sta nel trovare l'equilibrio sul ghiaccio. I bolzanini rappresentavano un ostacolo ostico tra il Belluno ed il sogno tricolore in quanto sono stati gli unici avversari a sconfiggerli nella stagione regolare.

Al palaghiaccio sono arrivati molti tifosi che tra slogan e fumogeni hanno scaldato l'ambiente e reso ancor più sentita questa finalissima. Dopo una prima fase a favore dell'Egna, il Belluno prende campo e domina. La supremazia gialloblù viene premiata dopo due minuti e mezzo di gioco con la rete del meritato vantaggio: sull’esterno si accentra l’ottimo Appamea, che offre su un piatto d’argento un pallone che Farenzena con un tocco di rapina non può sbagliare. I padroni di casa hanno diverse opportunità per aumentare il proprio vantaggio ma Pierobon, Farenzena e Da Rold non inquadrano la porta avversaria. Nel momento migliore del Belluno arriva l'inaspettato pareggio dell'Egna ad opera di Mayr che sfrutta un erroraccio in fase difensiva bellunese per involarsi tutto solo da metà campo e superare con un pallonetto Ampezzan in uscita. La gara diventa equilibrata, ma sono gli ospiti a galvanizzarsi dopo la rete del pareggio e provano

a mettere in difficoltà i bellunesi. Nei due minuti finali della prima frazione di gioco è Ampezzan a compiere due interventi miracolosi salvando il risultato. Nella ripresa la gara prosegue nell'equilibrio e termina sul risultato di 1-1 che porta le squadre a giocarsi altri 10 minuti di overtime. La stanchezza colpisce entrambe le squadre e i calci di rigori sono l'epilogo piu emozionante di una finale combattuta a viso aperto dai due team. Ai tiri dal dischetto hanno la meglio i grifoni bellunesi grazie alle reti di Farenzena e Danilo Canei, prima del decisivo errore degli ospiti con la palla che si spegne a lato. Belluno si laurea per la 4° volta campione d'Italia!

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Ieri avvenne di Monica Argenta

Rajio Taiso: il programma di ginnastica via radio più vecchio al mondo.

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ajio Taiso è un programma radiofonico giapponese che viene trasmesso ininterrottamente dal 1928. Di cosa si tratta? Niente meno che indicazioni per eseguire esercizi fisici per tenersi in forma. Incredibile vero? Noi che pensavamo di acquistare “pacchetti” di lezioni ginniche via web piuttosto che “scroccare “qualcosa via youtube per rifarci gli addominali, non avremmo mai pensato che invece bastava sintonizzarsi gratuitamente sulla radio Giapponese ed avere un vero e proprio programma di “fitness”. E' infatti questo programma, il più antico al mondo radiofonicamente parlando in assoluto, potrebbe accompagnare tutti noi e gratuitamente verso un rapporto più salutare con il nostro corpo. Tutte le mattine alle 6,30 ora locale e quindi poi su altri 4 appuntamenti per venire incontro ai diversi utenti che vivono in diversi fusi orari, l' NHK (ovvero l'emittente pubblica

giapponese) trasmette e propone una serie di esercizi fisici. Anzi due: perché la programmazione è prevista per “utenti basici” e “utenti performanti”. A seconda dell'età e dello stato di salute individuale quindi vi si potrà trovare il piacere di allenarsi ascoltando la voce dell'istruttore di turno e che ovviamente in questi quasi 100 anni è cambiato più volte. Incredibilmente l'idea nipponica del programma ha origini negli Stati Uniti, dove negli anni 20 del secolo scorso erano popolari programmi di ginnastica accompagnati dalla musica del pianoforte. Da lì l'idea anche in Giappone di fare ginnastica via radio e anzi l'idea di un popolo sano e proattivo divenne vero e proprio mezzo di propaganda nelle celebrazioni per l'ascesa al trono dell'imperatore Hirohito. Negli anni '30 e durante la Seconda Guerra Mondiale il programma di ginnastica divenne particolarmente emblematico

per consolidare l'identità nazionale e, nonostante la sconfitta bellica, sopravvisse anche oltre le macerie lasciate dalle due bombe nucleari. Con costanza e fermezza, la radio non smise mai di proporre il programma di esercizi fisici. Il popolo giapponese quindi fu certo almeno di potersi ritrovare a quell'appuntamento che ben presto fu assimilato anche nelle fabbriche, nelle scuole e in ogni occasione di assembramento. Da allora, i programmi di ginnastica collettiva divennero esportati in tutta l'Asia, da Taiwan alla Cina. Ora, accanto alla radio, ci sono proposte simultanee o alternative anche sui canali TV. Chiunque sia stato in estremo Oriente sa quanto il culto dell'allenamento fisico collettivo sia quotidianità e convivialità: nelle grandi città ci si ritrova nei parchi all'alba per esercitarsi. E' sicuramente un modo salutare di affrontare il quotidiano, sia a livello individuale che sociale e che andrebbe forse proposto anche qui in Italia. A fianco ai tanti programmi culinari, perché non trasmettere sui canali nazionali anche un po' di sana ed allegra attività fisica? Perché non spingere le persone ad incontrarsi, oltre che per l'aperitivo, anche nel parco locale ad allenarsi? Perché lasciare la sola opzione di iscriversi in palestra per restare un po' più in forma? Tutto infondo può diventare tradizionale, normale e gratuito, come ci insegna l'oramai quasi centenaria esistenza di Rajio Taiso. Prima del “cappuccio e brioche”, oramai divenuti a loro volta internazionali, non gradireste anche voi un po' di allungamenti e rafforzamenti per meglio affrontare il vostro capo ufficio?.

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Attualità di Alex De Boni

SEDIAMOCI SUL GIALLO

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l comune di Borgo Valbelluna è il secondo nel Veneto ad aver installato la "panchina gialla" in riferimento all'iniziativa “Sediamoci sul giallo, ENDOPANKTM”, promossa dall’associazione “La voce di una è la voce di tutte” ODV, per la sensibilizzazione al problema dell’endometriosi. "Da tempo eravamo alla ricerca di “un qualcosa” che rimanesse nel visibile per sempre. Un qualcosa che fosse visibile a chiunque, in ogni città italiana. Un qualcosa che non avesse una durata di un’ora, un giorno, una settimana, un mese, ma che continuasse nel futuro, per noi che viviamo nel presente e per le generazioni a venire", affermano i membri dell'associazione. L'auspicio è quello di vedere il progetto“SEDIAMOCI SUL GIALLO: ENDOPANK™” una panchina gialla in ogni città, paese, borgo italiano, una panchina con una targhetta esplicativa che informerà i passanti sul perchè della panchina colora-

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ta. "Siamo certe che la curiosità nel sapere il motivo della colorazione di giallo delle ENDOPANK™ (e magari la loro collocazione nei pressi delle scuole) avvicinerà soprattutto le nuove generazioni e ci permetterà di arrivare al nostro principale obiettivo: informare, aiutare le adolescenti di oggi che saranno le donne di domani ad ottenere una diagnosi precoce per evitare danni permanenti ed invalidanti, conseguenze delle diagnosi tardive". Questa malattia femminile colpisce circa 3 milioni di donne in Italia. Dati nazionali stimano che in Italia sono affette da endometriosi il 10-15% delle donne in età riproduttiva; la patologia interessa circa il 30-50% delle donne infertili o che hanno difficolta a concepire. Le donne con diagnosi conclamata sono almeno 3 milioni. All’inaugurazione erano presenti il Sindaco del Comune, Stefano Cesa, l’assessore alle politiche Sociali, Educative e Scolastiche Marilisa Corso, il medico di

medicina generale dott.ssa Elena Guerra, l’Ostetrica Sabrina Galantin e le tutor referenti per l’associazione Evita Savi e Greta Bez. Sulla panchina è stata apposta una targhetta recante il QCODE che permette di collegarsi al link che trasmette informazioni rilevanti in merito alla malattia e i riferimenti utili per la prevenzione. “Si tratta di una iniziativa molto importante” afferma l’assessore Corso “per la sensibilizzazione a questa malattia così diffusa e dalla sintomatologia a volte sfumata e misconosciuta. Ogni iniziativa che può contribuire a migliorare la salute di ogni singolo cittadino è per noi importante e ben accetta. Ringrazio tutti coloro che hanno permesso che ciò si realizzasse, in primis l’associazione di volontariato “La voce di una è la voce di tutte”, chi ha offerto la panchina e l’ha colorata e l’ha installata, la gioielleria per la targa e le figure sanitarie che sono intervenute”.


Conosciamo le leggi di Erica Vicentini*

Il reato di diffamazione e l’uso dei social network

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rmai l’uso di Internet e dei social network nella vita quotidiana è un elemento costante, che caratterizza pressoché ogni decisione e comportamento delle nostre giornate, tanto che si parla ormai da tempo di realtà virtuale, domicilio digitale e social-life. Ne è derivato che, con il dilagare dell’uso dei social network quali piattaforme attraverso cui l’utente può interagire con terzi soggetti comunicando pensieri, immagini o video è diventato sempre più frequente l'accertamento nelle aule dei tribunali di condotte penalmente rilevanti perpetrate attraverso un uso improprio e illecito degli stessi. Dato che, ovviamente, Internet e i social-network come Facebook non possono essere considerati zona franca, ove tutto è concesso, va in primo luogo evidenziato come ormai è assodata la considerazione di Facebook, Instagram o TikTok come veri e propri luoghi pubblici, seppur virtuali, di interazione sociale. Con ciò determinando il fatto che, l'uso improprio di tali strumenti può portare alla sussistenza dei presupposti del reato di cui all'art. 595 c.p. vale a dire della diffamazione, peraltro in forma aggravata dall’utilizzo del mezzo di comunicazione assimilabile alla stampa. Trattasi di un reato moderatamente grave, di competenza del Tribunale Ordinario e non del Giudice di Pace, che nella forma aggravata prevede una sanzione da sei mesi a tre anni di reclusione o della multa non inferiore a cinquecentosedici euro. Il delitto di diffamazione è posto a tutela dell’onore, della reputazione e prestigio individuale, che possono essere minati dalla comunicazione con terzi di offese o fatti denigratori inerenti un determinato

soggetto. L’onore, infatti, in senso lato rappresenta un bene individuale, protetto dalla legge per consentire all'individuo l’esplicazione della propria personalità morale: esso si identifica, da un lato, con il sentimento che ciascuno ha della propria dignità morale e designa quella somma di valori morali che l'individuo attribuisce a se stesso; dall’altro, rappresenta anche la stima o l'opinione che gli altri hanno di noi stessi, dunque il patrimonio morale che deriva dall'altrui considerazione. Trattandosi di un reato in cui la norma non prevede una specifica forma di condotta, esso si consuma ogni volta che viene proferita offesa alla reputazione di una determinata persona, in assenza del soggetto passivo, con qualsiasi mezzo idoneo comunicando con più persone. Dall’analisi del reato emergono tre requisiti costitutivi dell'elemento oggettivo della diffamazione: - offesa all’altrui reputazione; - assenza dell’offeso; - comunicazione a più persone. È evidente come siano elementi facili da mettere insieme e quindi che non sia poi così difficile incappare in questo reato. La giurisprudenza di legittimità ha poi più volte confermato che la comunicazione di contenuti diffamatori attraverso la bacheca Facebook di un utente, visualizzabile da tutti coloro che hanno accesso al profilo, costituisce diffamazione aggravata ai sensi dell'art. 595, comma 3 c.p. e ciò comporta un rischio di sanzione elevato. In una nuova sentenza, la Cassazione è tornata a parlare di diffamazione allargando ancora l’interpretazione dei presupposti. Per integrare il reato di diffamazione aggravata a mezzo Facebook non occorre, come precisa la sentenza n. 10762/2022,

che nel post si faccia nome e cognome della persona a cui sono rivolte le offese. Si è ritenuto sufficiente fare riferimento alla professione della persona offesa e a elementi qualificanti della persona che la rendano univocamente individuabile da parte di consentire ad amici, collaboratori, o vicini a diverso titolo. Oltre al rischio di condanna penale, poi, permane l’obbligo al risarcimento del danno alla persona offesa, con rischio di ulteriore (cospicuo) esborso. *Avvocato Erica Vicentini, del Foro di Trento, Studio legale in Pergine Valsugana, Via Francesco Petrarca n. 84) , Chi desiderasse avere un parere su un problema o tematica giuridica oppure una risposta su un particolare quesito, può indirizzare la richiesta a: direttore@valsugananews.com 57


L'arte in controluce di Alice Vettorata

Naïf: L’arte spensierata che l’Ucraina porta in salvo

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e ad oggi ci serviamo del termine naïf per identificare qualcosa di ingenuo, primordiale e spensierato, lo facciamo spesso con accezione negativa, di disprezzo. Il termine però abbraccia anche un significato vicino all’arte, identificandone una linea di pensiero e la successiva realizzazione di opere. Una delle peculiarità che molto spesso accomuna le artiste e gli artisti che aderiscono a questo movimento è il fatto di essere autodidatti, e quindi, di non seguire gli schemi e convenzioni accademiche. Prospettiva, proporzioni matematiche e verosimiglianza lasciano lo spazio ad una narrazione più favolistica e d’impatto. Nata

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al termine del XIX secolo, l’arte naïf riconobbe tra i suoi massimi esponenti Henri Rousseau, conosciuto come Il Doganiere. Le sue opere, inizialmente rifiutate dai più prestigiosi luoghi espositivi parigini, vennero accolte presso il Salon des Indépendants ricevendo ampi consensi da colleghi del calibro di Gauguin, Redon, Kandinskij e Picasso. Quest’ultimo, che nelle opere di Rousseau trovava un ritorno alla primordialità esecutiva a discapito del rigore, ammirò anche le tele realizzate da altri componenti del movimento naïf, come quelle di Maria Prymachenko. Nei suoi confronti dichiarò: “Mi inchino davanti al miracolo artistico di questa brillante ucraina”. La ricerca dell’ingenua spontaneità riscosse un ampio successo nell’est Europa a partire dal 1966, anno in cui nacque la Triennale di Arte naïf a Bratislava. Nello stesso anno la Prymachenko, ottenne il Premio Nazionale ucraino intitolato a Taras Ševčenko, artista poliedrico simbolo della cultura ucraina. La Prymachenko nel 1936 e nel 1937 aveva già ottenuto un alto riconoscimento durante la mostra d’arte nazionale dell’URSS e la medaglia d’oro all’Esposizione Universale di Parigi. Alle spalle di questo successo c’è stata una bambina capace di osservare ciò che la circondava con estrema curiosità. Dai ricami realizzati dalla madre alla natura nella quale viveva piena di fiori, animali, sabbia e onde, punti saldi dai quali trarre ispirazione per iniziare a dipingere. Crescendo, dovette scontrarsi con aspetti meno idilliaci della vita, interfacciandosi con gli orrori della guerra e la conseguente perdita del marito, mentre lei stava aspettando il loro primo figlio, e del fratello, ucciso dai nazisti. Il legame della pittrice con la guerra sfortunatamente non terminò in

quelle circostanze. Ad oggi, quando la sua terra è nuovamente sotto attacco in un clima di conflitti, le sue opere dai colori vibranti contenute nel Museo di storia locale di Ivankiv hanno subito alcuni danni. Lo scorso 27 febbraio in seguito a un attacco da parte dell’esercito russo, il museo è andato a fuoco. Si stima una perdita ingente di opere, tra le quali venti pezzi realizzati dalla Prymachenko. Anastasija Prymachenko, la pronipote dell’artista, qualche giorno dopo l'offensiva dichiarò però ai giornalisti del The

Times che almeno dieci delle venti opere sono state fortunatamente tratte in salvo. Un cittadino, alla visione delle fiamme si è precipitato all’interno dell’edificio per recuperare alcune tele, altrimenti destinate alla carbonizzazione. A seguito di questo danno il ministro della cultura dell'Ucraina Oleksandr Tkačenko ha esposto la richiesta di eludere la Russia dall’adesione all’UNESCO. Il tentativo di eliminazione dell’identità culturale di un Paese consiste anche nel cancellare le testimonianze artistiche, ma in questo contesto, il desiderio di aggrapparsi a un briciolo di spensieratezza naïf, ha salvato un pezzo della storia dell’Ucraina e del mondo dell’arte.


Vally sas - Via Meassa, 270 - Belluno - Cell. 346 0737269 CREMAZIONE ANIMALI D'AFFEZIONE Il nostro servizio offre cremazioni collettive oppure singole e personalizzate. Le nostre urne sono comprese nel prezzo della cremazione e fabbricate in legno; Vengono costruite da noi artigianalmente con possibilità di incisione di foto, nome o dediche a Vs piacere.

Il sevizio è attivo H 24 e 7gg su 7. Chiamateci al n° 346 0737269

AMBULANZA VETERINARIA BELLUNO

Altro importante servizio che la ditta Vally sas di Belluno, ha messo a disposizione dei bellunesi: l’ambulanza per il trasporto degli animali da compagnia.

Disponibile 24 ore su 24, sette giorni su sette, chiamando il n° 375 5400304

RECUPERO ANIMALI

La Vally è Nucleo Cinofilo Provinciale e si occupa non solo degli animali d'affezione che vengono a mancare ai loro cari, ma anche di recuperare gli amici a 4 zampe che decidono di andare a farsi un giro senza portarsi dietro i loro padroni.

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PENSIONE PER CANI

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Vally sas è pensione con ampi alloggi, ombreggiati ed interamente coperti. Spazi per giocare liberamente, Asilo diurno, Servizio di Taxi Dog ed apprezzati servizi di:

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La Vally sas negli anni si è specializzata come educatore cinofilo. Si occupa di aiutare l’animale e il padrone a stabilire una buona intesa tra loro, andando a correggere i comportamenti sbagliati del cane ed insegnando al proprio padrone le modalità e le tecniche per interagire in modo corretto e piacevole con lui. E’ stata la grande passione per i nostri amici a quattro zampe ed il saper stabilire con loro un legame dato dalla propria sensibilità che ha portato Vally ad impegnarmi in questo ambito.

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Mondo Animale di Armando Munaò

Vally... al servizio dei nostri piccoli amici Diagolo aperto con Sheila D'Alto che di Vally è la dinamica titolare.

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resentare ai nostri lettori l'azienda Vally, con sede a Belluno, è compito estremamente facile. E non tanto per i numerosi servizi che offre e che hanno come soggetto portante i nostri “piccoli amici” ma anche e principalmente per la competenza, professionalità e conoscenza del proprio mestiere che nel corso degli anni ha saputo maturare e concretizzare. Un'attività principalmente motivata e supportata da un grande amore che la titolare, sin da piccola, ha avuto per tutti gli animali e che ancora oggi è il pilastro fondamentale della sua azienda. Una struttura, che come evidenzia Sheila, che della Vally è la titolare, ha saputo

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crescere, svilupparsi e potenziarsi, e visti i progressivi attestati che le sono stati rivolti, ha deciso di aggiungere altri e più completi servizi rivolti sempre agli animali domestici. “Anni fa, ci dice, abbiamo acquistato una pensione per cani già esistente, e poi con il tempo, alla pensione si è aggiunto il servizio a domicilio, seguito dal recupero animali d'affezione. Purtroppo ancora oggi assistiamo, continua Sheila con una punta di tristezza, al comportamento di molte persone che trattano i loro animali come veri oggetti arrivando addirittura a veri e crudeli maltrattamenti seguiti spesso da abbandoni anche in tenerissima età”.

Osservando poi il depliant dei servizi che Vally offre ai suoi clienti ci si accorge che, di là dell'aspetto meramente economico, questa azienda esercita di fatto una vera funzione sociale a vantaggio sia degli animali e sia dei proprietari che spesso vedono risolti i loro piccoli o grossi problemi nella gestione, anche temporanea e anche un caso di dipartita del loro “piccolo amico”. “E' vero, ci sottolinea Sheila, la perdita di un animale domestico rappresenta un vero momento doloroso e traumatico che spesso è motivo di tristezza. Ed è forse anche per questo che abbiamo deciso di iniziare anni fa il servizio di cremazione che sempre di più trova riscontro perchè, una volta effettuata la cremazione, i proprietari possono riavere le ceneri del loro “piccolo” compagno di vita e, averlo sempre presente tra le mura domestiche, rappresenta un vero conforto. Certo molti preferiscono la sepoltura ma a mio modesto avviso la cremazione è forse un qualcosa che merita particolare attenzione. E mi creda, continua Shela, il momento della cremazione rappresenta un qualcosa di veramente emozionante, specialmente quando i proprietari accarezzano per l'ultimo saluto i loro “amico” dicendogli grazie per tutto queelo che hai saputo darci. Un momento questo che rimarrà nella loro mente e nel loro cuore. In merito poi agli altri due aspetti garantiti dalla Vally, ovvero il recupero animali e il servizio di autoambulanza per particolari urgenze, Sheila ci sottolinea che il servizio autoambulanza è stato da lei creato viste le numerose chiamate da parte di anziani o di persone che, per i più svariati motivi, erano nella concreta


Mondo Animale

impossibilità di spostarsi per portare il loro piccolo amico dal veterinario. Un servizio che nel tempo ha dimostrato la sua validità specialmente nei piccoli comuni di periferia. “E il nostro servizio. ci dice, garantisce

la sua funzionalità sia nelle ore notturne e sia in tutti i festivi. A tal proposito mi preme sottolineare, che la provincia di Belluno è stata da noi suddivisa in tre zone dove ci avvaliamo di tre veterinari (uno nel Cadore, uno a Belluno e uno nel feltrino)”. Il merito al randagismo la Vally ha un particolare appalto con l'USL che permette, a chi trova un animale d'affezione, di chiamare qualsiasi numero d'emergenza delle forze dell'ordine che contatteranno il canile sanitario oppure la ditta convenzionata in questo caso noi della Vally. Successivamente si cerca di individuare il proprietario, se il l'animale ha il microchip, oppure in mancanza del microchip, il cane viene portato al canile sanitario che provvederà, con successive

fotografie di reperire il legittimo proprietario che potrà riprenderlo. E infine, con una punta di orgoglio, Sheila ci sintetizza la funzionalità della sua pensione per cani e per piccoli animali. “ Nella nostra struttura sono presenti molti box interni (riscaldati) ed esterni che possono essere utilizzati sia dalle famiglie che vanno in ferie per periodi più o meno lunghi, sia per una possibile emergenza o per particolari esigenze.”

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W le donne e... poveri maschi!

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aschilismo e femminismo sono due “ismi” differenti, spesso usati come contrapposti sono un vero ostacolo alla comprensione e all’approfondimento culturale. Non si dovrebbe, infatti, contrapporre “maschilismo” a “femminismo” poiché il primo indica un atteggiamento socio-culturale basato sull'idea di una supremazia maschile e sulla continuità del sistema patriarcale, il secondo, usato già nella letteratura medica francese anche per riferirsi a un indebolimento del corpo maschile, diventa corrente nel contesto delle mobilitazione per il diritto di voto in Francia. Hubertine Auclert lo utilizzò, nel senso che gli attribuiamo oggi, nella sua rivista La Citoyenne, pubblicata dal 13 febbraio 1881. Con tale nome il movimento femminista è venuto alla ribalta internazionale negli anni sessanta del Novecento, con l'intento di modificare radicalmente la divisione sessuale dei ruoli femminili e maschili, e quindi di rimettere in discussione, in tutti gli aspetti del vivere associato, una gerarchizzazione umana che riteneva gli individui di maggiore o minore valore sulla base dei rapporti di potere basati sul genere e sulle relative proiezioni sociali e politiche. A “femminismo” dovremmo opporre piuttosto il termine “mascolismo”, definito dal Gran dizionario terminologico dell'Ufficio del Québec della lingua francese, come designante il «movimento che si preoccupa della condizione maschile». Il movimento mascolista crede nell'uguaglianza dei sessi e combatte le varie forme di discriminazione contro gli uomini, ritenendo che i diritti

del genere maschile (quindi sia degli uomini eterosessuali che omosessuali) siano stati eccessivamente sacrificati o criminalizzati dalla cultura occidentale, nonché dalla giurisprudenza dominante (per esempio nel diritto di famiglia o in altri ambiti), in nome di un femminismo che avrebbe a loro detta tradito la finalità egalitaria e invece perseguito suprematismo del genere femminile e un sentimento e un conseguente atteggiamento di avversione e ostilità nei confronti del genere maschile contro cui questi gruppi invece si battono, riferendosi anche al “ginocentrismo” come termine per identificare la maggior tutela della società nei confronti delle donne e la sacrificabilità maschile. Fatta un po’ di rotta in questo guazzabuglio di termini, risulta evidente che se esiste una “questione femminile” ve n’è un’altra, paritetica, “maschile”, e appare come un’ovvietà il dire che là dove vi è uno sbilanciamento, una rivalsa forzosa, da una parte o dall’altra, le conseguenze nefaste dello squilibrio le pagherà la parte più debole. E non è detto che sia sempre quella fem-

minile. Tanto più che, come si evince dal “classico” del 1999 di Susan Faludi, vincitrice di un premio Pulitzer e allora direttore aggiunto di Newsweek, dal titolo “Bastonàti!” che descrive la crisi del maschio contemporaneo, conati di maschilismo esplodono là dove gli uomini (maschi) non riescono più a gestire l’ansia derivante dal vedere infrante tutte le allettanti promesse che la società ha fatto loro, riducendoli a lavoratori “in esubero”, tifosi traditi dai loro idoli, ex combattenti senza più guerre, dirigenti senza direzione, divi del cinema e attori porno con alle spalle disastri famigliari. Tutti accomunati dalla sensazione di aver perduto qualcosa: competenze, ideali, passioni, ruoli. Uno stato d’animo che a sua volta è solo il sintomo di un più vasto e profondo fallimento culturale. Dal quale però partire per superare il vecchio paradigma della lotta tra i sessi, liberarsi dal perso di una virilità ridotta a ornamento, porre le basi per una nuova cultura del rispetto, e aprirsi finalmente a una vera emancipazione che coinvolga tutti, uomini e donne. 63


Il personaggio di ieri di Andrea Casna

Il Conte Cagliostro

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assone, impostore. È passato alla storia come avventuriero, esoterista e alchimista. Questa è una delle tante descrizioni del Conte Cagliostro, uno dei personaggi più interessanti e controversi, non solo della massoneria, ma dell'Europa di fine Settecento. Cagliostro fu considerato come uno dei più geniali truffatori del Settecento. Cagliostro era una sorta di “nome d'arte”. All'anagrafe era Giuseppe Balsamo. Studiò nozioni di chimica presso il convento di Caltagirone, e le sue prime truffe erano legate a evocazioni di spettri e alla realizzazione di fenomeni telepatici. Perfezionò le sue conoscenze chimiche ed alchemiche a Malta nel 1768 e nel 1775, dove lavorò nel laboratorio del Gran Maestro dell'Ordine dei Cavalieri di Malta Manuel Pinto de Fonseca. Nel 1776 fu iniziato massone a Londra con il nome di Conte Cagliostro. Viaggiò per tutta Europa guadagnandosi da vivere facendo il mago e il taumaturgo. Inventò un suo culto massonico, detto Egizio, ricco di elementi magici, alchemici e occulti. In Francia fu coinvolto, a sua insaputa, in uno scandalo di corte: l'affare

della collana. Fu catturato e imprigionato presso la fortezza della Bastiglia. Liberato perché innocente, fu comunque espulso dal regno di Francia da Luigi XVI in persona. Riparò a Londra dove scrisse il suo ultimo messaggio profetico: la Lettera al popolo francese, preannunciando la caduta della Bastiglia, la convocazione degli Stati Generali. Nel 1788 nel bel mezzo delle riforme illuminate promosse dall'imperatore Giuseppe II, Cagliostro, durante il suo eterno peregrinare, giunse a Rovereto, in Trentino, dove ebbe un grande successo come taumaturgo e curatore. Il suo arrivo fu annunciato dalle gazzette dell'epoca. A Borgo Sacco, presso la villa Felice Baroni, iniziò alla massoneria egizia Giuseppe Festi, Giovanni Giusto Todeschi, l'abate Giuseppe Venturi e altri cinque massoni veronesi. I medici di Rovereto ben presto però insorsero e protestarono contro le pratiche mediche esercitate dal Cagliostro, appellandosi alla legge imperiale che prevedeva, per l'esercizio dell'arte medica, il conseguimento di un regolare diploma e l'iscrizione alla corporazione dei medici. Abbandonò quindi Ro-

vereto e riparò a Trento (21 ottobre) dove visse per quasi un anno sotto la protezione del barone Giangiacomo Cresseri e del principe vescovo Pietro Vigilio Thun; quest'ultimo, inoltre, fu curato dallo stesso Cagliostro. La sua attività di taumaturgo, nel capoluogo trentino, riscosse il classico successo e strinse importanti rapporti con i massoni locali come il medico Giacomo Bacca e Domenico de Gummer di Bolzano. Il decano Sigismondo Manci, nella sua cronaca del 1789 descrive l’attività del Cagliostro: «giunse a Trento il famoso Cagliostro colla moglie, quello che dopo esser stato celebre per tutta l’Europa bandito da Svizzeri accolto in Argentina qual Escolapio e per cagione della famo-

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Il personaggio di ieri sa collana chiuso nella Bastiglia. Costui prese l’alloggio nella casa Tabacchi principiò a medicar gratuitamente onde grande era il concorso dei creduli ma il consiglier Lutti sotto la sua cura morì e non si sa chi provasse gran vantaggio. Il Magistrato lo avvertì delle patrie leggi onde s’astenesse dal medicare per non subir l’esame, il Principe lo vide volentieri lo trattò più volte e suo fratello con molti altri signori frequentarono moltissimo quando ad un tratto si unì col Padre Pievano Comasco poi partì per Roma ove poco dopo fu posto in Castel sant’Angelo e sua moglie in convento e chiusi in carcere il capucino ed altri complici ed ivi inquisiti dal sacro inquisitore». Attirò l'attenzione delle gazzette dell'epoca. Sulle Notizie Universali stampate a Rovereto, sull'edizione di martedì 18 novembre 1788, si legge: «Lettere di Trento notificano che il Celebre Signor

Conte di Cagliostro con ottimo successo continua colà le sue mediche cure, e vi riesce felicemente operando guarigioni simile a quella qui eseguita nella persona di Paolo Lionelli Ufficiale Civico Magistrato di questa Città, il quale trovandosi per più di cinque mesi obbligato a letto per un escrescenza Ossea Carriosa nell'osso tibia d’una gamba soffrendo dolori continui senza trovare riposo, ne rimedio; dopo le visite del prelodato Signor Conte, e dopo le medicine da lui caritatevolmente somministrateli, non solo li cessò interamente i dolori ma fu interamente ristabilito in perfetta salute come al presente si ritrova». Ma alcune sue cure non ebbero l'esito sperato. Fu abbandonato da molti massoni che scoprirono i suoi inganni. Cagliostro, invecchiato e solo, decise di andare a Roma dove, grazie alle indagini svolte dalla polizia francese per il caso della collana, erano al corrente della

vera identità di Cagliostro. Giuseppe Balsano, infatti, era accusato di truffa, falsificazione di documenti. Giunse a Roma nella seconda decade di maggio. Fondò una loggia massonica di rito egiziano, ma fu arrestato e imprigionato dalle autorità pontificie. La prigionia si concluse con la condanna a morte del 21 aprile 1791 nella rocca di San Leo.

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Lettera al direttore Da parte di una nostra lettrice, la Sig.ra Liliana Vadagnin, ci giunge questa sua testimonianza che molto volentieri pubblichiamo.

Tempo di economia

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ta tornando il tempo di fare economia in casa, nel tempo libero, nei viaggi. Essendo nata nel 1940 ho qualche ricordo della II Guerra Mondiale. In casa eravamo in sette: sei figli e nostra madre. Papà era in guerra, anche in Abissinia, poi prigioniero non ricordo in quale Paese. Mi raccontava di essere riuscito a fuggire dal campo di prigionia 10 giorni prima della fine della guerra, coprendo tutto il tragitto a piedi con mille precauzioni. Fare economia in quei tempi era obbligatorio data la grande penuria di ogni genere di conforto. Ricordo l'illuminazione era al limite, se si accendevano due lampadine contemporaneamente, saltava il contatore. Il pane era razionato, si comperava con una tessera piena di bollini nella piccola bottega gestita dalla signora Maria che aveva molta simpatia per me, ogni tanto mi diceva che poteva darmi due panini in più visto che eravamo tanti bambini. Il cibo era limitato, non tanto nella quantità ma nella qualità. A mezzogiorno sempre polenta e formaggio. Non cerano certo “le merendine”, io ero golosa di pane e lardo che mia madre aveva sempre in casa e lo

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usava al posto del burro. D'estate noi bambini eravamo “la grandine dei frutteti” e permettevamo a ben pochi frutti di arrivare alla naturale maturazione! Per cena, sempre minestrone. Ricordo ancora quanto era buono, cotto sopra la stufa economica, ne potevamo mangiare a volontà ma era pur sempre lo stesso minestrone tutti i giorni! A Natale solamente c'era buon brodo di gallina, piena di “occhi” di grasso. In casa mancava l'acqua corrente ed ero io, la maggiore dei miei fratelli, ad andare alla fontana con due secchi. Per quanto facessi attenzione, i secchi oscillavano e l'acqua usciva e prima di essere a casa, era dimezzata. Il bagno si faceva nella tinozza del bucato solo il sabato, tutti i 6 bambini nella stessa a turno nella stessa acqua. Altro che oggi: bagni e docce in continuazione con enormi sprechi di acqua, luce, saponi vari! Anche la biancheria si cambiava molto poco, gli odori non ci infastidivano, eravamo tutti nelle stesse condizioni. Al mattino nostra madre ci spediva tutti a trovare la legna necessaria per cucinare. Nulla andava buttato come invece avviene oggi. Ma anche nei decenni successivi, lo stile parsimonioso non era scomparso. Ci si telefonava solo in casi estremi: morti, nascite e poche altre occasioni. E' sconcertante per me ora vedere in ogni luogo tutti smanettare sui tasti degli smartphones, assenti a tutto ciò che li

circonda. La scuola come l'ho conosciuta io era una cosa molto seria anche se la “dotazione” degli studenti era molto scarsa: 2 quaderni, il sussidiario, un piccolo astuccio e tuttalpiù una scatoletta da 6 matite colorate. I libri duravano anni, il figlio maggiore lo passava al fratello minore....Oggi gli studenti hanno decine di libri, alcuni fatti acquistare ma mai aperti in classe. E non parliamo degli abiti! Noi, famiglia numerosa, avevamo solo un armadio a due ante e un paio di comò, non come ora invece che anche i “single” accumulano tante scarpe ed abiti da doverli stipare in garage e soffitte. Anche a noi piaceva vestirci bene e le fotografie dell'epoca dimostrano che umili come eravamo, si aveva un senso dell'eleganza forse maggiore di oggi. Le feste e i divertimenti erano pochi ma molto sentiti e attesi. I mezzi di trasporto fino a 60 anni fa non c'erano, solo qualche corriera con poche corse e al mio paese solo un signore che faceva i mercati possedeva un furgone. C'erano solo qualche bicicletta, tenuta in massimo ordine, mia madre era molto gelosa della sua e ci faceva pulire i raggi uno ad uno per poi riporla con la massima cura. Ora i cortili sembrano parcheggi, una macchina per ogni persona perché nella stessa famiglia c'è qualcuno che va a lavorare a Belluno, un'altro a Feltre e l'altro altrove. I ragazzi oggi non credono a questo modo di vivere e, forse dopo tutto questo odierno benessere, non si adatterebbero mai. Fatto sta che indietro non si può più tornare e così con tutto questo spreco di acqua, gas, luce, cibo, vestiario eccetera il mondo va a rotoli, con scarsa possibilità di poter rimediare.


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figure professionali altamente specializzate e qualificate. in un mercato globale il LOGISTICO identifica quell’indispensabile profilo aziendale che segue le complesse fasi del trasporto delle merci, gestendo attività di prioritaria importanza. Una figura professionale destinataria di continue richieste da parte delle imprese locali e non solo. Per saperne di più abbiamo aperto un dialogo con il Direttore Generale di UPT, dott. Maurizio Cadonna.

Direttore, cosa è la LOGISTICA? Siamo portati a identificare la LOGISTICA con il solo trasporto delle merci. In realtà non è così. La logistica è un sistema molto articolato che gestisce l’intera rete distributiva esterna all’impresa, per assicurare che quanto spedito dall’azienda A, in un qualsiasi punto del mondo, arrivi nel rispetto di modalità e tempi stabiliti all’azienda B, nel luogo in cui si trova. Per ciascun trasporto significa dunque coordinare gli interscambi tra trasporto aereo,


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navale, su gomma e su rotaia; applicare le normative in vigore; adempiere agli atti amministrativi; monitorarne i costi; assicurare buoni standard ambientali e tanto altro ancora. Come ad esempio organizzare il processo di approvvigionamento del magazzino e le successive fasi di consegna. Spesso è proprio dall’ottima funzionalità della logistica che dipende il successo di un’impresa. Ecco perché il LOGISTICO ricopre un ruolo centrale nei moderni contesti aziendali e la sua preparazione è sempre più specializzata. Allora esiste il lavoro del LOGISTICO? Certamente! Così come svolgiamo la professione del geometra, dell’informatico, dell’infermiera c’è quella di LOGISTICO. È quell’impiegato o impiegata che in ufficio con software avanzati

coordina, organizza e supporta le attività di spedizione, ritiro, trasporto, approvvigionamento e consegna delle merci. Prodotti delle più svariate categorie merceologiche, per distribuirli ad imprese, società e privati nei modi e nei tempi concordati. Quindi una figura professionale molto importante e ricercata? Centrale direi. Oggi qualsiasi tipologia di azienda ha bisogno di ordinare materie prime, semi-lavorati e beni oppure ha la necessità di spedire i propri prodotti ad una clientela sempre più vasta e lontana. Stiamo parlando del cuore pulsante dell’economia globale. In Italia ogni giorno vengono movimentati migliaia di container e nel nostro Trentino operano nel settore ben 1053 aziende. Quali competenze deve possedere il LOGISTICO per gestire un mondo “ in continuo viaggio?” Al LOGISTICO è chiesto di avere buone competenze informatiche e digitali per operare con i più moderni gestio-

nali aziendali; applicare le normative di riferimento, affinché le operazioni di trasporto siano conformi ai regolamenti vigenti; tenere la contabilità per monitorare i costi del viaggio; organizzare entrare e uscite dal magazzino per supportare depositi e consegne; rispettare gli standard di qualità ambientale per facilitare tragitti sempre più green; governare le logiche dell’e-commerce per stare al passo con i tempi. Direttore, Lei ha delineato un profilo professionale solido, ambizioso. Ci

sono possibilità concrete di carriera? Ci sono buone possibilità di carriera per i ragazzi e le ragazze che vorranno mettersi in gioco. Che desiderano costruirsi una professionalità spendibile in molti contesti aziendali locali e non solo. Pensiamo al management delle grandi aziende; alle realtà produttive e artigiane che intrattengono scambi a livello nazionale e con l’estero; alle compagnie di trasporto internazionale; alle ditte di import-export; allo sviluppo dell’interporto e dei grandi Hub logistici che offrono percorsi di specializzazione e la possibilità di viaggiare. Direttore, del nuovo percorso formativo cosa vogliamo dire? Lo presenteremo nel numero di maggio di Valsugana News! Ai giovani e alle loro famiglie abbiamo già dato molti stimoli. Grazie 69


Dalla parte del cittadino di Sacchet Orietta- A.E.C.I - FELTRE

Hai mai VERIFICATO LA REGOLARITÀ dei TRATTAMENTI CHE TI RISERVA LA TUA BANCA?

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apita ancora molto spesso, direi troppo spesso, che gli utenti bancari si trovino con operazioni di credito o di debito diverse da quelle che erano state loro prefigurate ovvero da quelle che a loro erano state rappresentate nella fase prodromica alla sottoscrizione di un contratto per un prodotto bancario. E, purtroppo, è già stato appurato che alcune banche hanno talvolta applicato condizioni indebite e non adeguate alla normativa di riferimento sia in termini di applicazione di tassi di interesse che di elementi di trasparenza e di calcolo. E sovente si tratta anche di spese illegittime o di commissioni mai concordate sui servizi e prodotti finanziari quali conti correnti, mutui, leasing e finanziamenti. Purtroppo si deve parlare di operazioni di investimento non adeguate alla tipologia di investitori e talvolta, diremmo spesso, descritte come operazioni sicure e garantite. E spesso, ancora oggi, ci troviamo di fronte a investitori, di piccole o grandi somme, che vivono situazioni già viste. Situazioni, per esempio, come quelle delle banche poste in liquidazione coatta amministrativa, alcune già note, come per esempio quello che è stato uno dei crac bancari recenti.

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Anche oggi gli investitori credono di avere investito in azioni bancarie e, qualche volta, si trovano invece con un portafoglio di azioni svalutate e non quotate e quindi, di fatto, con un prodotto privo di mercato. Rivolgersi per tempo ad un team di specialisti può permettere di agire tempestivamente, valutare le operazioni e le varie situazioni e quindi studiare la migliore strategia al fine di ottenere il miglior risultato. L’esperienza maturata sul campo mi suggerisce che la documentazione bancaria deve essere sempre e tutta analizzata. Talvolta si deve anche ricorrere a perizie econometriche - volte a rilevare la presenza di somme illegittimamente addebitate da restituire all’utente bancario. In altri casi può servire una analisi puntale dei contratti o delle fideiussioni, per verificare la validità delle stesse. Le varie indagini effettuate in questa materia hanno dato risultati spesso sorprendenti che hanno portato alla soluzione di situazioni che sembravano perse in partenza, vedendo anche ribaltata la posizione dei correntisti, privati o aziende, da debitori a creditori delle banche. Anche gli investitori, quando adeguatamente seguiti, sono riusciti ad avere l’an-

nullamento del contratto di investimento e quindi vedersi restituite le somme versate al momento della sottoscrizione. Certamente la materia è ostica, la difficoltà di analisi e di gestione di queste pratiche è senza dubbio importante, ma trovarsi di fronte ad una situazione difficile – che può sembrare impari – non significa doversi scoraggiare e rinunciare a far valere il proprio diritto. Non è giusto ingigantire e non è giusto generalizzare. Ci sono moltissimi istituti bancari e funzionari bancari seri e professionali che seguono la normativa e soprattutto rappresentano la giusta guida per le operazioni di credito. Ci sono però anche situazioni poco trasparenti in cui semplici utenti bancari si trovano a “finanziare” – senza saperlo - una banca non quotata in borsa, oppure devono corrispondere interessi in una misura non adeguata rispetto alla normativa e magari trovarsi di fronte a condizioni ed atteggiamenti avverse alla stessa normativa bancaria. Anche il Sistema Giudiziario, qualche volta, ha riscontrato delle difformità e, quindi, talvolta è possibile giungere a un accordo anche prima di una possibile sentenza.


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Ieri avvenne di Davide Pegoraro

Cà Tasson

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el pieno di una guerra, non si possono trovare parole capaci di descriverla veramente. Si devono però cercare, anche se pochi ne sono capaci, le parole per ricondurre i più verso la dimensione che ogni uomo può auspicare: la Pace. Questa deve necessariamente nascere dal sentimento della pietà; per i compagni morti o feriti sul campo di battaglia, per quelli con i quali si condivide ogni giorno il supplizio che il fronte impone, in un immenso

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Golgota che travolge tutto e tutti. L’umanità è un sentimento che non si presta facilmente ad estensioni oltre la propria trincea. L’avversario è per antonomasia l’espressione delle paure, dell’odio, della ferocia. Il cameratismo (il sentimento di fratellanza, solidarietà e lealtà nei confronti dei propri commilitoni) è l’antitesi di ciò che si prova per il nemico. Eppure, il 18 maggio 1918 fu un giorno del tutto particolare alla “svolta” del Cà Tasson, divenne il giorno in cui i fatti d’arme di primaria importanza che li si svolsero, appariranno ai posteri meno importanti delle parole di un uomo, il dottor Oscar Koref.I fatti avvennero proprio in prossimità di una delle tante curve della strada Cadorna, un tracciato che collegava la pianura con la cima del monte Grappa e che garantiva l’afflusso di uomini e materiali in quota. Il tracciato originale, sfociava presso la Croce dei Lebi e passava appunto anche per il Cà Tasson.

La necessità di difendere il settore fece collocare agli italiani, al bordo della camionabile, delle mitragliatrici protette da un muretto a secco. L’intento degli austroungarici era ovviamente quello di sopraffarle e per evitare che questi potessero farlo con facilità, il comando italiano aveva fatto fortificare un piccolo acrocoro roccioso ad una trentina di metri dalle armi automatiche. Il nemico con prontezza aveva creato un caposaldo dal lato opposto della roccia e così le due posizioni venivano a trovarsi a soli quattro metri di distanza in linea d’aria l’una dall’altra: “i quattro metri della discordia”. La pericolosità di questa situazione (non solo da un punto di vista tattico, ma anche per il rischio sempre possibile di contatti non autorizzati col nemico), fece decidere per un’operazione speciale condotta con i reparti d’assalto al fine di distruggere la posizione degli imperiali. Durante le fasi di osservazione della linea avversaria, ci si accorse casualmente del fatto che alle ore 11 del mattino un individuo vestito di bianco transitava per la trincea di avvicinamento al caposaldo austriaco. La deduzione fu immediata: si trattava di un cuoco in tenuta e questo induceva a pensare che a pochi metri dall’avamposto ci potesse essere la mensa degli ufficiali a comando del nucleo austroungarico. L’azione che ne seguì fu violenta e repentina ed in men che non si dica, gli arditi del capitano Ettore Viola, brillantemente guidati dall’aspirante ufficiale Ermes Aurelio Rosa, si lanciarono oltre i reticolati del caposaldo (passandoci sopra dopo aver gettato ramaglie di abete) e giunti nel bel mezzo del pasto dei nemici, catturarono l’intero presidio e si affrettarono


Ieri avvenne

a far ritorno nelle proprie linee. Nelle parole del dottor Koref, già sottotenente medico del 69° Imperiale e regio esercito austroungarico, scritte da Praga nell’immediato dopoguerra, al padre di Vittorio Biolato (promessa del ciclismo e morto in quell’azione per la quale gli fu concessa la medaglia d’argento al Valor Militare) , tutto il senso di quel che un uomo poteva provare in quei momenti: “ Illustrissimo Signore, un pietoso dovere desidero compiere con questa mia, un dovere di cameratismo, che, quantunque già lungamente rimandato, io riguardo pur sempre, anche dopo così lungo tempo, come a me delegato e come sacro, nella speranza che le comunicazioni che seguono non debbano inasprire il Suo dolore, un po’ quietato dal corso degli anni. Si tratta della morte di Suo figlio, intorno alla quale Ella certo è soltanto in grado di presumere che accadde in prossimità delle nostre linee, cioè delle linee austro-ungheresi. Ma io, come testimonio oculare, posso darLe precisi ragguagli della eroica per lui e per la sua famiglia sempre gloriosa condotta dell’eroe Suo figliuolo. Io credo di non riaccendere l’antico e certo già un po’ temprato Suo dolore: al contrario di lenirlo con la precisa descrizione del

fatto. L’incertezza in cui Ella finora era costretta a vivere per mia colpa desidero distruggerla, per poter anche in tal modo reagire confortevolmente contro il duro destino. Il conforto completo, se un tale conforto è mai in questi casi possibile, potrà il tempo arrecarlo: l’ombra che avviluppa ogni cosa lenirà anche a Lei il peso del Suo dolore, in modo da lasciare soltanto più il ricordo e la memoria del caro scomparso. In un giorno di maggio del 1918, improvvisamente davanti alle nostre posizioni apparve un gruppo d’assalto italiano, e, davanti a tutti Suo figlio, e colse i nostri completamente sorpresi. Dopo che l’assalto era brillantemente riuscito e lo scopo probabilmente anche altrove pienamente raggiunto, gli italiani si disposero ad operare il ritorno. Tuttavia Suo figlio, per cogliere anche i segni ed i trofei della vittoria, saltò risolutamente sopra un vicino posto di mitragliatrici, abbatté due ungheresi là accorsi, si impadronì dell’arma, cercando soltanto allora di ricongiungersi al suo gruppo già distanziato. Ma impedito dalla pesantezza del bottino, non poté affrettare abbastanza la corsa ed il piombo mortale lo raggiunse, attraversandogli a mezzo il cuore

e, silenziosamente, come colpito dal fulmine, cadde l’eroe, spirando, senza tormento e senza dolore, la grande anima sua. La salma del caduto venne sepolta, con tutti gli onori dovuti ai nemici valorosi, lassù, alle Bocchette di Fondo, ad uno sbocco del Grappa, tra Monte Pertica e Monte Prassolan. Egli dorme in una tomba segnata col suo nome. Sia pace alle sue ceneri! Mentre spero, anche dopo così lungo tempo, di aver fatto un opera buona, mi segno con ossequio”. Oggi un tragitto ricco di suggestioni pittoriche e scultoree, ci accompagna attraverso il teatro di quei lontani eventi. Il Bosco degli Eroi, questo il nome scelto per il percorso, vuole essere un occasione per immergersi nella natura, contemplando queste opere, che ci riportano alla violenza generata dalla guerra e alle enormi perdite in vite e in valori da queste rappresentate, vuoto incolmabile e fonte di sofferenze inconsolabili. Chissà se fu proprio l’autore della lettera ad uccidere il giovane ardito, non lo sapremo mai; ma ciò che sappiamo è che il suo gesto ci mostra senz’altro il rimorso provato da chi ha dovuto combattere una guerra terribile.

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A parere mio di Laura Paleari

Il valore dell’“effimero”

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’Italia è un paese di forti contrasti, nonostante abbia un patrimonio artistico e culturale gigantesco e in continua evoluzione, molte volte disdegna le professioni artistiche, considerandole “meno degne” rispetto ad altre quali la medicina, la legge, ecc…; per quanto riguarda la moda poi, non ne parliamo, lei e la frivolezza vanno a braccetto da sempre nell’immaginario comune per moltissimi. Vorrei, proprio per questo, e per le polemiche aperte contro l’ultima Fashion

Week, durante la quale è, purtroppo, scoppiata la terribile guerra tra Russia e Ucraina, in questo articolo, fare alcune semplici riflessioni, poiché, come dice il detto: “non tutto è come appare”. Inizierò spiegando perché la moda non è un semplice passatempo ma una vera e propria industria in cui milioni e milioni di persone lavorano e che apporta alla nostra economia quasi 90 miliardi di euro di fatturato. Legata strettamente alla società, la rappresenta e la influenza, riuscendo a cambiarla in maniera

importante, basti pensare all’enorme rivoluzione dell’abolizione dei corsetti ma non solo; chi fa moda deve essere in grado di capire chi e cosa lo circonda, saper leggere tra le righe per poi dare la propria interpretazione e, come, nella politica, c’è chi è più conservatore e chi più progressista e rivoluzionario; La guerra scoppiata è senza dubbio terribile ed è giusto parlarne, informarsi e aiutare attivamente al meglio delle proprie capacità; ma senza lavoro ed economia, tutto questo non può e non

LA PAROLA AI LETTORI COMUNICATO DI REDAZIONE

Chi fosse interessato alla pubblicazione di uno scritto o un articolo riguardante una opinione personale, un fatto storico, di cronaca o di un qualsiasi avvenimento, può farlo indirizzando una email a: direttore.feltrinonews@gmail.com. Il testo, di massimo 3.500 battute, dovrà necessariamente contenere nome e cognome dell’articolista l’indirizzo di residenza e un recapito telefonico per la verifica. Il direttore si riserva la facoltà della non pubblicazione in caso l’articolo non dovesse rispettare l’etica giornalistica o d’informazione.

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A parere mio potrà mai avvenire. In Italia, a differenza di moltissime altre nazioni, c’è ancora la distinzione tra la lavori di “classe A" e lavori di “classe B” e la moda, secondo questa classifica, rientra nella seconda categoria, se non più in basso. Le critiche riscontrate secondo questa logica, andrebbero quindi estese anche a tutti gli altri lavori non di “primaria importanza” o di informazione: ristorazione, cinema, teatro, televisione… ma, come dice la parola stessa, sono lavori e anche la moda, per quanto scettiche possano essere le persone, è un lavoro, è un’ industria; penso sia difficile poter immaginare quante persone lavorino all’interno di una sola azienda moda senza mai essere entrati in questo mondo ma bloccare questa industria non risolve un conflitto ne’ lo aiuta. Come può una realtà che muove così tante persone, soldi, lavoro ed energie

non essere presa sul serio?! Inviterei ad ascoltare il breve dialogo tra Miranda e Andy sul colore ceruleo di un maglione (è facilmente visibile su Youtube) di un film leggero: “Il diavolo veste Prada” ma che nasconde alcune chicche al suo interno; con le sue parole la terribile direttrice della rivista di moda Runway, smonta una serie di convinzioni e pregiudizi che la protagonista riserva verso questo mondo. Vorrei inoltre ricordare come da sempre la moda si sia impegnata in battaglie a carattere sociale e umanitario ma di questa parte se ne parla molto molto poco, perché? Forse perché, proprio come si fa per la guerra in Ucraina e per molte altre vicende, è d’uso comune per i giornalisti italiani parlare solo di notizie o pseudo tali, di impatto, ossia di tutte quelle che vengono chiamate nel gergo di internet : “acchiappa views”(notizie che “acchiappano” il lettore grazie al titolo provoca-

torio e, in molti casi, gonfiate da fatti non verificati e da informazioni incerte). Purtroppo la guerra ha causato gravi danni non solo umani ma anche economici e uno dei settori più colpiti è stato quello del lusso che, reduce dal periodo pandemico del Covid, stava cercando di riprendersi. Purtroppo a farne le spese sono le famiglie che ci lavorano e, soprattutto le piccole e medie imprese, oltre a tutti i giovani che cercano di affermarsi nel loro piccolo. In conclusione, comunque la si pensi, il dialogo e la scrittura rimangono fondamentali e il fatto che se ne parli e si aprano dibattiti, un ottimo modo per conoscere nuove visioni della realtà e dei fatti; dovremo iniziare a preoccuparci quando tutto questo finirà per uniformarci ad una visone unica del mondo e delle sue dinamiche.

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Racconti d'arte di Daniela Zangrando*

IN TEMPO DI GUERRA: DORIS SALCEDO

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i viene da scrivervi questo racconto d’arte un po’ in fretta e tutto d’un fiato. Vivo il disagio di cui si fa portavoce l’italianista Alessandro Giammei nella rubrica “Cose da Maschi”, che tiene sul Domani. Come si fa a intrattenersi a parlare di letteratura, di poesia – d’arte nel nostro caso – in questi giorni, mentre sugli schermi dei cellulari si affastellano le notifiche delle notizie di una guerra? Come parlare di poesia mentre cadono le bombe? Quasi ci si vergogna. «Ma per citare un verso della poetessa […] Biancamaria Frabotta, anche di vergognarmi mi vergogno.» E torno a pensare, con gli strumenti che padroneggio meglio. E allora oggi vi presento un’o-

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pera di un’artista che con l’idea di guerra ha sempre convissuto. Lei si chiama Doris Salcedo ed è nata nel 1958 in Colombia, a Bogotà. Spesso la sua ricerca si fa vera e propria denuncia delle violenze subite dalle popolazioni vittime di guerre e disuguaglianze sociali, e la vede agire come un’investigatrice, raccogliere testimonianze, informazioni, ricordi, tracce, cui dare forma attraverso oggetti di uso quotidiano e dare respiro attraverso installazioni che toccano e a volta stravolgono gli spazi nei quali vengono ospitate. Nascono opere come “Noviembre 6 y 7” (del 2002), un atto di memoria per ricordare l’assalto al Palazzo di Giustizia di Bogotà del 1985, o “Abyss” (2005), in cui un soffitto di mattoni si abbassa fino a coprire le finestre, porgendoci riflessioni incombenti di sepolture e carcerazioni, o “Shibbolet” (2007), una frattura lunga 167 metri che corre lungo il pavimento della sala della Turbine Hall della Tate Modern di Londra. Una spaccatura importante, dolente, pericolosa, come causata da un bombardamento, o da un terremoto, o comunque da un evento sconvolgente; e nello stesso tempo, da una parte e dall’altra di questa rottura, i confini, evocativi dell’esperienza degli immigrati, della segregazione, dell’odio razziale. O ancora “A Flor de Piel” (2011-2012), un enorme profumatissimo tappeto di petali di rosa cuciti a mano per ricordare un’infermiera colombiana rapita e torturata a morte.

Veniamo alla nostra opera, “Untitled”, realizzata per l’8a Biennale di Istanbul, nel 2003. «Stavo visitando la città e camminando in una zona piena di rovine» – lasciamo sia l’artista a dirci qualcosa intanto – «c’erano davvero tantissime rovine in una zona centrale e ho cominciato a pensarci, perché non aveva nessun senso che in un’area così trafficata ci fossero edifici completamente abbandonati. E la ragione stava nell’eredità di un passato di violenza in cui Ebrei e Greci erano stati costretti ad abbandonare le loro case.» Parte da qui Doris Salcedo, dalla consapevolezza di uno spostamento fisico obbligato. Non uno in particolare. Ma forzato, e ripetuto nel tempo, stratificato, moltiplicato. E ragiona sulla guerra, come strumento parte del quotidiano, che svuota di umanità, che non solo uccide o mutila, ma cambia completamente la visione della vita e della realtà, disorientando proprio per quello strano ubriaco equilibrio tra decisioni razionali, diplomatiche, “fredde”, e la loro ricaduta e controparte caotica, fisica, incontrollabile. E cosa fa? Guardate le immagini. Compie un gesto. Va a chiudere il varco tra due edifici utilizzando delle vecchie sedie, 1550 sedie ammassate fino ad occupare lo spazio di un edificio. È un quadro, complesso, articolato, pieno di segni e linee. Una barricata che ricorda i posti di blocco, ma anche le rivoluzioni. È un ostacolo, un ingombro. Un’articolazione tra due caseggiati. Prima di tutto, è la sommatoria di tante e tante sedie: delle vite delle persone che si sono sedute per mangiare, chiacchiera-


Racconti d'arte re, sognare. Di mondi ormai assenti. Di Doris Salcedo dalla ferma volontà di vuoti. Eppure c’è qualcosa, in questo ricordare. In chiusura ad un’intervista è sempre lei, citando il filosofo accatastarsi, che mi fa pensare anche Giorgio Agamben, ad affermare con alla comunità, ad un dialogo possibile forza che il suo compito di artista è tra elementi, diversità, individualità. quello di portare al presente, di non Che mi fa pensare che sia, certamente, permettere la dimenticanza. Anche una topografia della guerra, ma che se nella consapevolezza, che non ha apra anche alla possibilità di un aver nulla di ingenuo, che quello a cui si luogo comune. Per un istante torno riferisce sia un sussistere di un sogall’impressione serena che mi danno le getto conscio della propria rovina e sedie addossate ai muri fuori dalle case dell’infamia in cui la sua vita è esistita. l’estate, a come raccontino comunicazione e intesa. Il racconto di questo mese ha tinte un Non cadete nella tentazione di credere po’ più cupe del solito. Ma l’arte non che quest’opera sia un gesto gratuito e può fare a meno di registrare anche facile. Non lo è. Per trovare 1550 sedie, le inquietudini del suo tempo. Fa parte della sua natura, delle sue urgenze. organizzarle, ripartirle per colore e Alla prossima. tipologia, capire come tenerle compatte e non farle cadere, confrontarsi con Daniela Zangrando è tecnici e architetti, noleggiare elevatori Direttrice del Museo d'Arte e macchinari – come afferma la critica Contemporanea Burel Angela Vettese – ci vuole una grande di Belluno tenacia. Credo quella tenacia arrivi a Logo con colori quadricromia applicati

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L'Italia in Cina di Andrea Casna

La «colonia» di

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ià nel bel mezzo del suo processo di unificazione l'Italia guardava già con interesse all'espansione coloniale in Africa. Somalia ed Eritrea, a partire dalla fine dell'Ottocento, andavano già a formare il primo e modesto nucleo di questa espansione oltre mare: un'espansione che conobbe una battuta d'arresto negli anni Novanta dell'Ottocento con la sconfitta ad Adua contro le truppe etiope. Non passò però molto tempo per vedere nuovamente il Regno d'Italia pronto a farsi strada verso nuove mete. Questa volta in Cina. Era il 1902 quando il governo di Pechino concesse al Bel Paese, in perpetua proprietà, il settore di Tientsin.

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Tientsin

Ma perché questa concessione? La risposta a tale domanda la si trova nella famosa rivolta dei Boxer, una società segreta cinese originariamente conosciuta come Yihequan («pugni di giustizia e concordia»). Il nome boxer, di origine inglese, deriva dalla boxe: rituale praticato dai membri di questa organizzazione. Si trattava di un movimento politico che nasceva come risposta, anche aggressiva, all'influenza straniera (occidentale) in Cina. Il movimento diede origine, nel 1898, ad una sanguinosa rivolta che portò all'uccisione di stranieri e cristiani cinesi. I ribelli, poi, si spostarono nelle grande città arrivando ad attaccate le legazioni straniere a Pechino.

Il 16 agosto 1900 il vento della rivolta si spense grazie all'intervento armato di Giappone, Russia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Francia, Italia e Germania. In tal caso si trattò di una vera spedizione militare. L'Italia inviò solo un contingente di 2 mila uomini: in termini quantitativi l'Italia si piazzava al penultimo posto per numero di soldati. Germania e Regno Unito inviarono, per fare solo qualche esempio, un numero di soldati dieci volte superiore. Nel 1901, una volta sedata nel sangue la rivolta dei Boxer, fu firmato un protocollo, i cui punti salienti erano il pagamento da parte cinese di una cospicua indennità, la creazione di un quartiere delle legazioni a Pechino riservato agli


L'Italia in Cina stranieri, il diritto delle potenze straniere a mantenervi delle guarnigioni. La concessione di Tientsin. Il 7 giugno 1902 la Cina riconobbe all’Italia l’indennizzo per le spese sostenute nella guerra contro i Boxer e la concessione di Tientsin (l’odierna Tianjin: oggi una importante città portuale della nord-est della Cina dove, in alcuni edifici, si legge ancora la presenza in passato dell'Italia): in poche parole la perpetua proprietà di un terreno di quasi un chilometro di lunghezza e mezzo chilometro di larghezza e con 17.000 abitanti, sulla sponda sinistra del fiume Hai. Si trattava di un territorio scarsamente popolato da stranieri, specie italiani e costituito da ampie porzioni di terreni paludosi e malarici. Tale concessione richiedeva ingenti interventi e finanziamenti. I principali introiti erano costituiti dalle tasse versate dai residenti locali e la sicurezza e l’ordine pubblico erano garantiti da un reparto di Carabinieri aiutato da milizie ausiliarie locali. A sostenere si dall'inizio l'importanza della "nuova colonia in estremo oriente", era il Ministro degli Esteri Antonino di San Giuliano il quale era convinto che l’espansione italiana in Cina avrebbe sicuramente incrementato il prestigio dell’Italia all'estero. Ed è in questo clima politico che iniziarono i primi interventi in campo edilizio con la costruzione dell’Ospedale, di una caserma e del palazzo della Municipalità Italiana. Iniziava anche, grazie a questo riassetto urbanistico, a prendere forma un quartiere residenziale che fondeva l’architettura italiana con gli stilemi dell’architettura cinese. FRA LE DUE GUERRE MONDIALI. Verso la fine della Prima Guerra Mondiale il settore di Tientsin ospitò i soldati trentini (arruolati

nell'esercito austroungarico) reduci dalla prigionia in Russia: alcuni di questi, inoltre, furono arruolati nei Battaglioni Neri per andare a combattere al fianco dell'Armata Bianca Zarista contro l'Armata Rossa di Lienin. Entrando nel dettaglio, con l'inizio della guerra civile in Russia, (all'indomani della rivoluzione del 1917) fra bolscevichi e filo zaristi, le potenze occidentali, fra queste Regno Unito e Italia, intervennero militarmente in Russia per sostenere le forze liberali e democratiche filozariste. A tal fine, nell’estate del 1918, l'Italia istituì un corpo di spedizione in Estremo Oriente impegnato sui fronti eurasiatici contro le armate bolsceviche. Il corpo di spedizione in Estremo Oriente aveva la propria base a Tientsin e comprendeva anche soldati «irredenti italiani»: militari di etnia italiana provenienti dalle terre italiane d'Austria (Trentino e dalla Venezia Giulia). Nel 1932 fu fondata la Lega italo-cinese con il duplice scopo di favorire la conoscenza della cultura cinese in Italia e di monitorare l’adesione dei delegati dell’Estremo Oriente ai valori fascisti. Tra il 1934 e il 1935 venne inaugurata

la prima ambasciata italiana in Cina. Nel 1936 vennero censiti 7.953 abitanti, dei quali 358 di nazionalità italiana. Il ruolo dell'Italia in Cina si indebolì nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Nel 1946 Roma rinunciò definitivamente ai benefici concessi dalla Cina nel 1901, restituendo quindi alla Cina il territorio posseduto a Tientsin. L’avventura coloniale italiana in Estremo Oriente poteva dirsi definitivamente conclusa. E oggi cosa rimane della presenza italiana a Tientsin? Navigando in rete si trovano immagini che mostrano ancora oggi la presenza di edifici costruiti, soprattutto, durante il Fascismo. Fra questi spicca la foto del palazzo della cultura italiana (con tanto di fasci littori), oggi restaurato e trasformato in Centro sportivo. Sempre in rete spiccano foto e cartoline d'epoca che mostrano “l'italianizzazione” di questo piccolo angolo di Cina come, per esempio, edifici del quartiere aristocratico e il monumento commemorativo della prima guerra mondiale in Piazza Regina Elena, oggi Piazza Marco Polo.

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Non solo animali di Monica Argenta

Una rondine può far primavera, forse... La prima rondine venne iersera a dirmi: “E' prossima la Primavera”. Ridon le primule nel prato, gialle, e ho visto, credimi, già tre farfalle. Accarezzandola così ho detto: “Si, è tempo, rondine, vola sul tetto”

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osa altro aggiungere a questa semplice ma eloquente poesia. Tutte le culture del Mediterraneo hanno adorato la rondine, dedicandogli miti, poesie, leggende e fiabe. Per i Greci era dono di Afrodite, per l'Islam simbolo dell'Uccello del Paradiso. La rondine è stata per secoli il simbolo della “buona novella”, e così è stato anche nell' Europa scandita dai ritmi legati all' agricoltura. L'arrivo delle rondini indicava che l'inverno era finalmente finito, che il bel tempo era oramai alle porte: un auspicio, un augurio di buona speranza quindi. Invece, al nostro tempo costituito nella maggior parte da impiegati e burocrati, alle rondini viene normalmente resa difficile la vita. C'è chi si infastidisce se sotto al proprio tetto una rondine costruisce il nido: mannaggia, c'è dello sporco da pulire! Ma, per favore, pulite e fatevene una ragione senza distruggete i nidi di rondine! Ci ritroviamo davanti ad un animale

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Ma perché agli uomini ritorni in viso come nei teneri prati il sorriso, un'altra rondine deve tornare, dal luogo d'esilio, di la del mare. La Pace, o rondine, che voli a sera! Essa è per gli uomini la primavera” (di Giovanni Rodari)

straordinario, piccolo ma capace di percorrere più di 300 km al giorno tra Europa e Africa, su un percorso complessivo di circa 11mila chilometri sulla sua migrazione. Abbiate pazienza, la coppia di rondini, monogame e innamorate, si fermeranno sotto i vostri tetti solo per un periodo limitato e mangeranno fino a 850 mosche o zanzare al giorno mentre le ospiterete. Non esiste insetticida più efficace ed ecologico, e in tal modo ricambieranno il disturbo. Coveranno per una ventina di giorni le loro 4 o 5 uova, per poi lasciare il nido dopo poche settimane. I nuovi nati, prima di partire costruiranno il proprio nido vicino a quello dei genitori per tornare l'anno successivo ma non rischierete il sovrappopolamento poiché la vita media di questo animale è di soli 2-3 anni. Quindi non arrecheranno danno, solo benessere. Fortunatamente sembra che anche

molte amministrazioni comunali se ne siano accorte, da Roma a Belluno, attraverso tutt'intera la penisola ,ora esistono veri e propri provvedimenti pesanti per chi ne distrugge i nidi. Ad esempio il Comune di Belluno vieta e punisce con una multa chi distrugge, rimuove o danneggia i nidi di rondine, belestruccio, rondone comune e affini. Da qualche hanno è coinvolta in un progetto per favorire la ripopolazione di questi uccelli, trovando soluzioni per permettere una sana convivenza rodine-cittadino. Speriamo si associno presto tutte le altre amministrazioni provinciali e, soprattutto, si abbia una coscienza reale su questa questione. “Una rondine non fa primavera” ha iniziato a dire Aristotele nella sua Etica Nicomachea ma ben venga che tutti noi ci si impegni a far vivere e a far tornare nelle nostre case le rondini perché, preservandone anche un solo nido, tutti noi contribuiremo alla primavera, anche a quella descritta da Rodari.


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Il giardino d'inverno di Niccolò Sovilla

LE PIANTE E LE ERBE AROMATICHE

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osmarino, salvia, timo, menta, prezzemolo… Tutti conoscete queste piante ed erbe aromatiche, officinali e profumate da usare in cucina per insaporire i vostri piatti. Insieme al basilico, all’erba cipollina, all’origano e all’alloro sono tra le più note. Eppure, esistono tante piante altrettanto utili e interessanti, e aprile è il mese perfetto per andare a cercarle in giro per vivai e centri per il giardinaggio. Sebbene sia famoso il proverbio “aprile non ti scoprire”, in questo periodo la primavera solitamente si manifesta in tutto il suo splendore. Belle o brutte che siano, queste giornate invogliano gli amanti del giardinaggio e chiunque ami il balcony gardening a darsi da fare.

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L’issopo officinale (Hyssopus officinalis) è un’aromatica appartenente alle Lamiaceae (parente quindi del rosmarino e della salvia), forse meno nota delle sue sopracitate colleghe ma anch’essa molto apprezzabile. Originaria dell’Asia e del Mediterraneo, questa pianta perenne è conosciuta da tempo immemore per le proprietà medicinali, ma può essere utilizzata cruda in insalata o per la preparazione di tisane e liquori alle erbe. Inoltre, i suoi fiori sono ottimi cotti nel ragù, negli intingoli per le carni rosse e nelle zuppe. L’issopo, grazie alle graziose infiorescenze blu-viola e rosa, è adatto nelle aiuole o nei cottage gardens, i giardini “al naturale”. Della stessa famiglia dell’issopo fa parte la santoreggia montana (Santureja montana), un’altra aromatica perenne nativa del Mediterraneo. È caratterizzata da foglie di un verde scuro, lucido, ed infiorescenze estive piccole e bianche o color lavanda pallido. Le ragioni per scegliere di mettere a dimora proprio la santoreggia montana nel proprio giardino o sul terrazzo sono varie. Innanzitutto, è una pianta amica degli insetti impollinatori, in primis delle api: da essa si ricava un miele tanto buono quanto raro. Le sue foglie possono venire impiegate per la preparazione di zuppe e salse, e ben si abbinano ad arrosti, stufati e spezzatini, nonché al pollo e al tacchino. Infine, in giardino è un’ottima alleata per la lotta biologica agli afidi ed altri parassiti delle rose. Molto comune in Italia è la ruta (Ruta graveolens), pianta aromatica con foglie e radici molto profumate. Sotto i mille metri di altitudine la si trova anche spontanea, essendo una pianta dal carattere rustico che si adatta anche a zone caratterizzate da un clima rigido. Fonte di proteine, lipidi, carboidrati, sodio, calcio, ferro e oli essenziali, la ruta è nota in cucina per aromatizzare liquori e grappe, grazie al

sapore piacevole e delicato, ma non è da disdegnare in insalata o per arricchire pesce, carne, oli e aceti aromatici. Infine, perché non impiegarla come pianta ornamentale? Il suo fogliame verde-azzurrato può dare un certo carattere ad un angolo del giardino! Parente tanto del rabarbaro quanto del grano saraceno è invece l’acetosa (Rumex acetosa), utilizzata in cucina e come medicinale già ai tempi dei Romani, a quanto testimonia Virgilio. Erbacea perenne dal carattere infestante, l’acetosa raggiunge anche un metro di altezza e ci regala foglie da aggiungere in piccole quantità

ad insalate, spinaci e verdure cotte. Con esse si possono anche preparare zuppe e salse per accompagnare pesce e carne. In Francia è indispensabile in alcune ricette come il Saumon à l’Oseille, mentre in Piemonte ci si prepara una salsa verde. È fonte di vitamina C, vitamina A, calcio, potassio, zinco. Citiamo infine il tanaceto (Tanacetum vulgare), altra erbacea perenne distribuita più o meno sull’intero territorio italiano, ad eccezione della Sardegna. Quest’Asteracea fiorisce in estate e attira gli insetti impollinatori. Non solo: in giardino è efficace contro nottue, cavolaie e verme del lampone. In cucina, invece, si utilizza per preparare tè casalinghi amari che favoriscono la digestione, liquori, caramelle, frittate ed insalate.


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Quattro passi in tavola di Luca Malinverni

Di grappa ce n’è una sola

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nche se in arabo si chiama ghurabanaan e in cinese Gélā bā jiǔ, la grappa DOC, il cui nome deriva probabilmente dal veneto “graspo”, tralcio d’uva, è un distillato prodotto da vinacce ricavate esclusivamente da uve prodotte e vinificate in Italia, a San Marino o nella Svizzera italiana. Una bevanda antica per ottenere la quale si sono sviluppati metodi di distillazione tra l'VIII e il VI secolo a.C. in Mesopotamia, presto applicati al vino per la preparazione dell'acquavite. Il distillato di vinacce prodotto in altri paesi europei non può essere chiamato grappa, ma assume altri nomi tipici protetti facenti parte della categoria "Acquavite di vinaccia". La grappa deriva dalla distillazione delle vinacce ottenute dalla svi-

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natura di vini rossi, quindi già fermentate e pronte per essere distillate. Grappe di qualità elevata richiedono che si separi, prima della distillazione, dai vinaccioli, cioè i semi dell'uva e dai raspi. Occorre saper distinguere la grappa dall'acquavite d'uva, che è un distillato di mosto e dal Brandy che è invece un distillato di vino, tre bevande alcoliche diverse. Il contenuto alcolico può variare tra il 37,5% e il 60% in volume. Può essere classificata come Giovane, non invecchiata; Aromatica, derivante da uve aromatiche; Invecchiata, minimo 12 mesi in botti di legno; Riserva Invecchiata o Stravecchia, minimo 18 mesi in botti in legno; Aromatizzata, con l'aggiunta di aromatizzanti naturali. Oppure può venire classificata come grappa di monovitigno,

se la grappa ottenuta proviene da una singola varietà di vinaccia, o grappa mista, se contiene più varietà di vinacce. Termini come "affinata" o "barricata" non danno nessuna indicazione del tempo di giacenza nei legni e sono solo per grappe non sotto controllo dello Stato che impone di indicare il periodo di giacenza sull'etichetta. Servita a temperatura ambiente se ne esalta al meglio il profumo e il sapore.


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I SUPPORTI PER TENDE

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uando si parla di arredare e quindi abbellire il proprio appartamento, gli esperti del settore e anche i proprietari, non di rado dedicano particolare attenzione e importanza alle varie tende e tendaggi nelle loro diversità e specifiche funzioni. E tutti sono d'accordo sull'importante ruolo che assumono i “particolari” supporti adibiti a sostegno delle varie tende. Una volta questi supporti erano realizzati in maniera veramente semplice poiché, i più delle volte, erano dei semplici bastoni che permettevano lo scorrimento della tenda ancorata ad anelli di sostegno. Oggi, con il passare del tempo e con i progressi delle tecnica e tecnologia,il tradizionale bastone, anche se è sempre in grado di assolvere egregiamente il suo compito e riesce a dare un tono “classico” all'ambien-

tazione, spessissimo viene sostituito dalla “riloga” che non è da considerarsi un elemento d'arredo bensì un particolare tipo di sostegno, decisamente funzionale, che può essere montato a soffitto ed è particolarmente indicato e suggerito per coloro i quali desiderano che il tendaggio, anche il più pesante, copra interamente la parete dal soffitto a terra. Cosa particolarmente interessante è che quando la tenda è tutta chiusa, la riloga (completa di corde e di tutti gli elementi necessari per il montaggio, risulta non visibile mentre a tendaggio

aperto, anche se parzialmente, è appena visibile e spesso si confonde con il soffitto della stanza. Naturalemente la scelta della riloga ovvero di questo particolare sostegno dipende dal tipo di tendaggio e dalla sue insite caratteristiche. E anche in questo caso da sconsigliare il famoso “fai da te” e quindi è sempre bene rivolgersi agli esperti del settori, che sono gli unici in grado di dare i giusti e appropriati suggerimenti per avere un arredamento funzionale e in grado di soddisfare le proprie esigenze e i propri gusti.

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Curiosità dal mondo di Francesco Scarano

La Pasqua: una festività liturgica dalle più svariate sfumature.

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a Pasqua rappresenta una delle festività più variamente celebrate al mondo, traducendosi in un rito dalle decadenze, dalle consistenze e dai significati più divergenti. Se per la tradizione ebraica, infatti, tale festività è atta a celebrare la liberazione giudaica dalla schiavitù d’Egitto, per quella cattolica essa rappresenta la celebrazione della resurrezione di Cristo e ricade nella prima domenica dopo il plenilunio di primavera, una data mobile che oscilla nel periodo compreso tra il 22 ed il 25 aprile. Per celebrare quella che per i cattolici è il

rinnovamento spirituale reso possibile dalla morte del figlio di Dio, e che per il mondo intero è la rinascita della natura attraverso la primavera, ogni popolo si appresta a preparare funzioni differenti che attingono dal sacro e dal profano, dalla fisica e dalla metafisica, dalla scienza e dal mito, guidati però in questa oscillazione periodica da un perno ben saldo ed inequivocabile, la parola d’ ordine ‘’resurrezione’’, cioè il ‘’sorgere di nuovo’’ della vita dalle tenebre della morte, quella speranza di una nuova possibilità, di sottrarsi al nulla per continuare ad essere. In Francia, ad esempio, tale festività rappresenta una delle ricorrenze più attese dai bambini. Questi ultimi infatti vengono tirati su a suon di filastrocche e storielle

che giustificano l’assenza dei rintocchi delle campane nel Venerdì Santo sostenendo che i bronzei oggetti sono stati dotati magicamente di ali per raggiungere Roma e per poi far ritorno nel ‘’La Grande Nation’’ solo la domenica mattina. Nel Regno Unito, invece, è tipico donare, nelle festività pasquali, beni primari ai meno abbienti e preparare i classici dolci a forma di croce (gli ‘’hot-cross-buns’’) che secondo un’antica leggenda venivano sfornati ogni anno da una mamma non rassegnata alla morte in mare dell’amato figlio. Più brioso appare il rito pasquale in Germania, dove le famiglie si riuniscono per adornare i giardini di disegni e uova colorate e per accendere dei fuochi naturali, cospargendo la terra di cenere in segno propiziatorio per il nuovo raccolto al fine di inscenare il ciclico meccanismo della natura. Nel ‘’Paese dei mulini’’, invece, in tale occasione liturgica le famiglie si dedicano ad un vero e proprio rito agonistico che coinvolge grandi e piccini: una vera e propria caccia al tesoro in natura al fine di accaparrarsi quante più uova possibili, rinvenute nei luoghi più insospettabili.

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Curiosità dal mondo Singolare è poi il rituale della Penisola iberica, dove la celebrazione più rilevante coincide con la Domenica delle Palme per commemorare l’entrata di Gesù a Gerusalemme. Gli spagnoli, infatti, sono soliti apparecchiare i tradizionali ramoscelli d’ ulivo con l’impiego di dolcetti e fiori dal valore apotropaico, per allontanare cioè gli spiriti cattivi, esponendoli sui loro davanzali. Singolare è anche il caso della Danimarca, dove strade e case si vestono di giallo ( simbolo di luce ed energia) o quello di molti Paesi dell’ Est Europa, dove le fanciulle vergini vengono cosparse di acqua limpida per propiziarne la fertilità. Forse più sentito, e sicuramente meno ludico, appare il rituale delle Filippine e di molti Paesi del sud America, dove i fedeli si flagellano durante le processioni al fine di ricordare le sofferenze patite dal Redentore subite per garantire la salvezza dell’intera umanità.

In uno scenario celebrativo così variegato per origini e consistenza, resta di fatti una radice comune: che la Pasqua possa assumere la forma più adattata a permeare le nostre anime e ad arrivare ai cuori di tutti. È innegabile, infatti, anche in virtù degli ultimi accadimenti bellici ed epidemiologici, quanto l’umanità sia bramosa di speranza, di quella luce che squarcia le tenebre, di quell’ uovo dal quale nasce una nuova vita o di quelle campane che emanano rintocchi vibranti e repulsivi di negatività. Siamo infatti speranzosi di udire questo mese suoni di festa, di vittoria, profumi di primavera e di vita, di dolci tradizionali, di colombe, pastiere, bussolanti, tortani, taralli, reste, ciambelle, corone, fugasse ed altre prelibatezze sapientemente preparate grazie alla collaborazione familiare, un vero e proprio gioco di squadra sufficiente e necessario a conferire lo spirito giusto

a questa festività. Sia che tale celebrazione assuma connotati religiosi, sia che rispecchi credenze pagane, l’importante è che riesca a corroborare il nostro attaccamento alla vita e le nostre energie per far sì che il nostro spirito risorga dalle ceneri degli ultimi accadimenti, come l’araba fenice, più forte di prima.

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Lo sapevate che? di Elisa Rodari

E se il BACCALÀ non avesse RADICI ITALIANE?

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na delle pietanze tipiche della cucina veneta e italiana in generale è il famoso baccalà, cucinato poi in modalità differenti a seconda delle tradizioni regionali. Non tutti sanno però che questa tipologia di pesce alla base di molte ricette non è propriamente italiano. Tutto nasce molto più a nord, in terra norvegese. Proprio in Norvegia infatti, un luogo apparentemente ostile per il suo clima rigido, in cui si alternano lande desolate e fiordi, ha origine la storia del baccalà. Fu proprio per via di un evento accidentale che la storia del baccalà ebbe inizio. Durante un viaggio in mare tra l’isola di Creta e le Fiandre per motivi commerciali, l’imbarcazione di un patrizio veneziano di nome Pietro Querini, assieme al suo equipaggio, furono sorpresi da una violenta tempesta lungo il loro tragitto. La furia impetuosa del mare in burrasca, distrusse la nave, costringendo Pietro Querini e il suo intero equipaggio a dividersi, cercando di mettersi in salvo tramite due scialuppe: di una si persero le tracce, mentre l’altra scialuppa, dopo essere andata a lungo alla deriva, toccò terra nel lontano 14 gennaio 1432. In questa data, divenuta poi significativa, l’equipaggio sopravvissuto, insieme a Pietro Querini, approdarono a Røst,

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isola dell’arcipelago norvegese delle Lofoten, a nord del Circolo polare artico. Qui l’equipaggio venne subito accolto dalla popolazione locale: un popolo amichevole, come descrive lo stesso Pietro Querini in una relazione del suo viaggio, dedito alla pesca ed essiccazione del merluzzo, pesce particolarmente abbondante in queste zone. Grazie all’influenza della corrente del Golfo, che incide sulle temperature delle acque e sul clima, rendendolo piuttosto mite rispetto ad altri luoghi situati alla medesima latitudine, i merluzzi trovano il luogo ideale nelle acque delle isole Lofoten per riprodursi. Pertanto, l’abbondanza di merluzzo in questa zona, rende la Norvegia il secondo esportatore di pesce al mondo (primo è l’Islanda). Al giorno d’oggi, il merluzzo viene esportato dai Paesi nordici verso i Paesi dell’Europa meridionale (Italia, Spagna, Portogallo) come anche in alcuni Paesi dell’America Latina, apprezzato per il suo gusto delicato e le notevoli proprietà nutrizionali, tra cui la ricchezza di ferro, calcio, proteine e vitamine. Una volta pescato, il merluzzo attraversa due diversi processi che ne permettono la

conservazione. Parliamo quindi di conservazione per essiccazione o salatura. Riferendosi a uno piuttosto che all’altro tipo di conservazione, il merluzzo si identifica poi con due nomi diversi: “stoccafisso” nel caso del merluzzo essiccato (di cui la Norvegia è prima produttrice al mondo) e “baccalà” parlando di merluzzo conservato sotto sale. Nel caso dello “stoccafisso”, una volta pescato e pulito, il pesce viene poi appeso a delle rastrelliere in legno dedicate all’essiccazione. Questo processo avviene in una prima fase all’aperto ed è la natura stessa a svolgere un ruolo fondamentale, grazie in particolare alle perfette condizioni climatiche che si creano in questo angolo di mondo. Infatti, il clima freddo e secco risulta essere favorevole, permettendo al pesce di mantenere inalterati i suoi principi nutritivi. Al termine del processo di essiccazione della durata di tre mesi (da febbraio ad aprile circa), il pesce viene poi conservato per un altro paio di mesi in un ambiente fresco e ben ventilato. “Baccalà” indica invece il merluzzo con-


Lo sapevate che?

servato sotto sale. Anzi, esistono addirittura due diverse modalità per ottenere il “baccalà”: tramite il processo di salatura oppure salatura ed essiccazione. Il sale permette al merluzzo di perdere completamente l’acqua e dopo ben tre settimane di salatura il pesce, diventato “baccalà”, può essere esportato.

Quella di Pietro Querini è stata la prima testimonianza storica dello “stoccafisso”, quindi merluzzo essiccato. Le navi veneziane, spagnole, portoghesi e anche inglesi (si pensa che la parola “stoccafisso” derivi dall’inglese “stock fish”, ovvero “pesce da stoccaggio”), hanno iniziato a trasportarlo in tutto il mondo, diventando parte integrante della tradizione culinaria come nel caso dell’Italia. Ogni regione ne ha dato una sua interpretazione: in Liguria troviamo lo brandacujun, seguito da baccalà alla piemontese, alla livornese, alla fiorentina, alla napoletana, alla calabrese,

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alla messinese, alla salentina, all’anconetana, alla vicentina e alla veneziana. Insomma, una tradizione lunga secoli che unisce il nord Europa in particolare all’Italia, che ha saputo rendere questa pietanza parte integrante della cultura culinaria di tutta la penisola, adattando poi la ricetta ai vari gusti regionali.

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IL PROGETTO "SPORT 4X4"

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o sport come strumento per valorizzare e promuovere il territorio ed il movimento turistico attraverso un arete composta da associazioni e professionisti del settore. Quattro territori, quattro azioni. Ma anche 24 partner. Uniti per promuovere il turismo, attraverso lo sport. In una frase, ecco il progetto “Sport 4x4” alla cui presentazione ha partecipato anche l’assessore regionale al turismo, Federico Caner. Forte del fatto che propio l'ente regionale finanzia all’80% questa idea

con 506.230,64 euro sull’asse 3 del Por Fesr 2014-2020, con un importo ammissibile di 645mila. Un progetto di rete, che punta a mette-

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re insieme diverse realtà ed esperienze. Partendo da un assunto: il Veneto, e in particolare le sue zone collinari, possono diventare a tutti gli effetti una palestra a cielo aperto per gli appassionati di sport a 360°. Dai più adrenalinici a quelli adatti alle famiglie e a tutte le età. E con un baricentro, l’area del Monte Grappa, che collega due patrimoni Unesco (le Dolomiti e le Colline del Prosecco) e che è esso stesso Riserva della Biosfera. Inoltre attorno all’attività sportiva c’è la

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singola azienda, o marchio, o attività. E questo è lo spirito giusto, che troppo spesso però non viene riconosciuto né praticato». Oltre alla comunicazione e alla realizzazione di un calendario degli eventi condiviso (che impedisca sovrapposizioni, valorizzando quindi le diverse attività), un’azione è prevista nell’ambito del welfare aziendale. «Abbiamo già elaborato le prime proposte di prodotti turistici in questo ambito – spiega Martina Gris, del consorzio turistico Dolomiti Prealpi – che saranno poi inseriti nelle piattaforme di welfare più note, utilizzate sia dalle aziende locali che nazionali, affiancando le proposte dei grandi player internazionali. Lo scopo è di promuovere il territorio partendo dall’interno, dando la possibilità ai dipendenti delle aziende di vivere un’esperienza a 360° in un territorio che può offrire tantissimo».

L’obiettivo è costruire dei prodotti turistici integrati, creati da chi il territorio lo vive e ci lavora quotidianamente. Prodotti che poi potremo aiutare anche a commercializzare", afferma l'asessore Carner. «In Veneto abbiamo tutto, di questo dobbiamo essere consapevoli. Ci sono assolute eccellenze, ma quello che è mancato un po’ finora è stato un vero coordinamento. Ecco perché un progetto di questo tipo per noi è strategico» Diverse le azioni previste. Grande impegno sarà dedicato alla promozione attraverso i social, con la realizzazione e la condivisione di video e post realizzati ad hoc. «Lo scopo – spiega Cristina Crema, coordinatrice attraverso l’Intesa programmatica d’area Terre asolane – Monte Grappa, "è far sì che le aziende non si promuovano da sole, ma si conoscano e collaborino insieme. Ognuna di loro ha investito soldi suoi per promuovere le destinazioni, non la

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li italiani per lungo tempo, e per adempiere i vari e dovuti pagamenti richiesti dalla Stato Italiano, si sono sempre serviti dei famosi specifici bollettini, sia postali sia bancari e di diverso tipo. In questi ultimi anni è stata data, agli italiani, la possibilità di utilizzare anche altre forme di pagamento. In questo 2022 le cose sono decisamente cambiate perchè, dopo diverse deroghe degli anni scorsi, lo Stato Italiano ha deciso che per tutti i pagamenti dovuti alla Pubblica Amministrazione si dovrà usare, il forse poco conosciuto, PagoPA, ovvero un nuovo sistema elettronico per eseguire, tramite i cosiddetti Prestatori di Servizi di Pagamento (PSP) aderenti, i pagamenti verso la Pubblica Amministrazione in una modalità standardizzata. Una nuova piattaforma nazionale che permette di scegliere, secondo le proprie abitudini e preferenze, come pagare tributi, imposte e tutti i dovuti allo Stato. Il tutto per rendere più semplice, sicuro e trasparente qualsiasi pagamento allo Stato. E nello specifico, e per quanto riguarda

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le tasse dovute alla Motorizzazione e al Dipartimento dei Trasporti Terrestri sia per l’area patenti (conseguimento, rinnovo, duplicato, riclassificazione patente di guida o conversione da patente estera e commissione patenti) che per quella veicoli (passaggi di proprietà, duplicati, revisioni, collaudi), dal 1° aprile 2022 non sarà più consentito farlo con i soliti bollettini postali da sempre usati, ma necessariamente occorrerà avvalersi del PagoPA. Prima di tutto è necessario creare il bollettino attraverso il sito www.ilportaledellautomobilista.it accedendo con il proprio SPID, oppure recarsi presso le agenzie pratiche auto che offrono questo servizio. Ma dove e come si potrà pagare con PagoPA? Il sistema permette l’utilizzo di una grande varietà di canali dove effettuare i pagamenti che potranno essere

eseguiti con diversi mezzi come contanti, carte di credito oppure addebito in conto corrente. Nello specifico si potrà pagare: ïdirettamente sul sito PagoPA o sull’applicazione mobile dell’ente (creazione e pagamento). oppure solo pagamento dopo creazione del bollettino: - presso le agenzie della banca - utilizzando l’home banking dei PSP (riconoscibili dai loghi CBILL o PagoPA) - presso gli sportelli ATM abilitati delle banche - presso i punti vendita SISAL, Lottomatica e Banca 5 - presso gli Uffici Postali. E sempre per il rinnovo o il conseguimento della patente di guida, L'Azienda sanitaria comunica che - in deroga alla scadenza fissata il 1° aprile 2022- saranno ancora accettati i pagamenti con i famosi bollettini per coloro i quali hanno effettuato la visita medica prima del 31 marzo 2022. Chi invece è stato sottoposto a vista medica dopo il 31 marzo 2022, i bollettini e i relativi pagamenti, anche se effettuati in precedenza (e di cui si potrà richiedere il rimborso) non saranno considerati validi e quindi si dovrà necessariamente pagare servendosi della modalità PagoPA.


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