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Musica, dal classico al metallaro

Musica in controluce di Gabriele Biancardi

Dal classico al metallaro quando la musica divide

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L’edizione 2021 di Sanremo, ha confermato la teoria, che paradossalmente, vede la musica dividere invece che unire. Secondo l’immaginario collettivo, a partire dal flower power della fine degli anni 60, la musica era il collante più forte, i concerti oceanici, come Woodstock per capirci, i messaggi di amore e fratellanza. Io credo che ci fosse del vero in tutto questo. Ma fu un attimo fugace, una sola estate per l’appunto.

Fin dall’età delle scuole medie i vari generi musicali dividono e spezzano amicizie, si arriva a litigare furiosamente anche con colpi bassi. “Ma tu cosa ascolti di solito?”, ai miei tempi era un approccio abbastanza diffuso, oggi è quasi una sorta di esame. “La Pausini? Ma non capisci una beata...”. “Tu invece?”, “beh, il grande rock. Iron Maiden, Black Sabbath..” “ah capisco, sei un metallaro ignorante”. Ecco, da lì diventa tutto faticoso. Diamo alla musica la facoltà di farci inquadrare chi abbiamo di fronte. Se capiamo essere un amante del genere neo melodico, alla Gigi D’Alessio per farci capire, si parte con lo sputtanamento coatto. Poi ci sono quelli che non vedono l’ora di farti sapere che oltre al jazz non esiste nulla. Tu te li immagini la sera, ascoltare il be-bop di Miles Davis con un calice di barolo invecchiato davanti al fuoco, con il dalmata adagiato mollemente in pantofole di feltro. Vogliamo parlare del cantautorato impegnato? Guccini, Vecchioni, Lolli, sono materia di discussioni che inevitabilmente sfociano nella politica. I metallari, capelloni, giubbotti di pelle con borchie e dai a loro una matrice magari violenta.

Questo perché il metal è duro, possente e non ti fa pensare ad un prato di margheritine. In alto, sul podio, ci metto gli amanti della classica. Per loro, chi ascolta generi “volgari”, non fanno parte forse nemmeno del nostro ecosistema. Al contrario, maglia nera in questa ipotetica e altera classifica, gli amanti del genere liscio, il country italiano. Ecco, questo capita spesso, riusciamo ad essere razzisti anche in un campo artistico che dovrebbe essere soltanto fonte di gioia. Siamo arroccati nel nostro mondo, troviamo che altri generi non meritino la nostra attenzione. Faccio radio da 41 anni, credo di avere fatto oltre 1200 interviste, in tutti i campi musicali. Ho conosciuto artisti veramente rock, tatuati, piercingati, con i volti truci sulle copertine dei loro dischi, che una volta conosciuti, si sono rivelati tra le persone più gentili e disponibili del mondo. D’altro canto, potrei fare qualche nome di cantanti “leggeri”, che praticamente odiano tutto quello che c’è intorno se non riguarda loro e il mondo che ruota intorno. E viceversa ovviamente. L’arte dovrebbe essere democratica, certo, un musicista jazz, potrebbe stare ore a spiegarmi come questo brano contorto di note sia una meraviglia perché le scale pentatoniche si sviluppano ecc ecc. ma sai che c’è, se a me non piace..non piace. Il punto è che non facciamo nessuno sforzo per capire il motivo per cui possa piacere un genere musicale che non ci colpisce. Invece di scambiarci informazioni, tendiamo ad allontanare chi non la pensa come noi. La musica fa gruppo certo, dai “mods”, ai “teddy boys”per arrivare ai “sorcini” di Renato Zero, alle “cartine” di Marco Carta. Io provo un moto di affetto quando vedo, tipo Sanremo, barriere umane fatte da ragazzine di 15 anni, che urlano, piangono per i loro idoli. In questo il mondo non è cambiato per niente. Generazioni antecedenti che oggi sono nonni mansueti e candidi, si sono accalcati intorno alle transenne per i Beatles, Elvis, o più vicino a noi, Morandi, Baglioni. Tutti abbiamo avuto dei poster in camera. Eppure non siamo riusciti a fare quel passo in più. Non siamo stati capaci di perpetuare quel messaggio di unione che la “summer love” aveva proposto. Basta andare sui social e leggere i commenti post festivalieri. Per una generazione di ingrigiti amanti del rock, accostare i Maneskin al sacro pentagramma di gruppi come Led Zeppelin o Who, appare come la peggiore delle bestemmie. Confrontare le liriche cantautorali di Ghemon a Battisti, è passabile di denuncia. La musica non può essere brutta o bella..ma solo suonata male o bene.