Valsugana News n. 5/2015 Settembre

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nel 1998, su una leggenda del Lagorai. Avevo trovato leggende himalaiane praticamente identiche alla leggenda del laghetto Pisorno che racconta della presenza di alcuni spiriti molto vendicativi nel laghetto che, se molestati gettando nell'acqua dei sassi, scatenano una furiosa tempesta. Questo film lo abbiamo regalato al Dalai Lama quando venne per la prima volta a Trento, ed è da lì che poi mi è nata la mia passione di Filmaker. Gli archetipi erano uguali: il bambino alla ricerca della capretta perduta si trova davanti a questo lago del quale si diceva che non poteva essere disturbato. Lui, buttando delle pietre disturba i guardiani del lago che escono fuori ma, vedendo che si trattava di un bambino, invece di fargli del male, mentre questi dorme gli danno un insegnamento. Poi, nel sceneggiare la storia assieme ai bambini abbiamo scritto questo insegnamento sul rispetto della natura. Leggenda molto simile in Himalaya dove anche lì gli elementi naturali, se disturbati si arrabbiano nei confronti dei pastori Himalaiani in cerca degli Yack perduti. Nella realizzazione ci hanno aiutato i bambini di una scuola di profughi tibetani di Shimla, il capoluogo di regione dell’Himachal Pradesh, stato nordoccidentale della confederazione indiana, autori dei disegni delle maschere utilizzate poi nelle riprese. Quel film ha vinto il primo premio de “Il Trentino incontra il mondo”. Ne è nata una relazione d'amicizia tra i miei alunni e i loro coetanei tibetani e nel 2004 con Giorgio Salomon abbiamo realizzato “Nel paese delle nuvole bianche”, acquisito dalla RAI, un documento di sen-

sibilizzazione sulla diaspora di un popolo che, a causa dell'occupazione cinese del Tibet, rischia di estinguersi insieme alle tradizioni culturali e religiose che l'hanno accompagnato per più di mille anni. Vi è stato in seguito un intervento di solidarietà della Provincia autonoma di Trento con il progetto Serkong School. Con Giorgio Salomon ho girato anche il documentario “Yak Zaàri” in Afghanistan nel 2005. Tornando al posto dove vivo, Levico, devo dire che mi piacciono molto le sue bellezze naturali, fin quando verranno preservate. Sono nato in riva al mare e sento molto il bisogno dell'acqua e qua c'è l'acqua, ma nello stesso tempo c'è anche la montagna. La montagna, là dove l'elemento naturale è preservato e dove è molto raro l'elemento “umano”, rappresenta una grande fonte d'ispirazione per me. Nei miei lavori mi accorgo che mi sto allontanando sempre di più dagli “umani” e dalle loro faccende che si ripetono e si ripetono, sempre le stesse. La natura t'insegna molto di più. Dall'uomo si impara come tutto cambia in peggio, quando mette nelle azioni la sua voracità, con una società che sta andando a bruciare se stessa, a mangiare se stessa, in nome dei soldi e del potere. In natura invece, non esiste il giusto e lo sbagliato, ma la conseguenza. Non ci

sono giochi di interesse, tutte le maschere che l'uomo si mette e che simulano il bene nascondendo quasi sempre un secondo fine. Per questo mi interessa molto di più la natura e da essa sola credo si possa trarre ancora un insegnamento. L'enciclica “Laudato sii” di papa Francesco rappresenta per me un grido che ci avvisa di dove stiamo andando e come ci sia bisogno di cambiare, altrimenti sarà la fine, perché il mondo non può ancora sopportare a lungo tutto ciò che sta sopportando. Sto preparando una mostra di fotografie in bianco e nero per quest'inverno, per raccontare il bosco attorno a Levico e la sua bellezza, raccordando le immagini con alcuni testi letterari scelti a proposito. Il mio ultimo lavoro che uscirà prossimamente, “The Benini Family, una storia americana”, è la storia di emigrazione in America di un trentino, figlio di una famiglia partita da Tenno nel 1924 per lavorare nelle miniere in Pennsylvania, Alcide “Bull” Benini, divenuto un eroe militare nel dopoguerra».

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